Reati tributari: omessi versamenti N

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1 Reati tributari: omessi versamenti N Crisi di liquidità dell impresa Omessi versamenti Esimente della forza maggiore Regime probatorio

2 Sommario Sommario 1. Introduzione Omesso versamento di ritenute certificate Esimente della forza maggiore Motivazione sentenza di condanna Annullamento... 6 Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 7 febbraio 2014, n Omesso versamento delle ritenute certificate Crediti vantati verso la P.A. non riscossi - Punibilità... 7 Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 4 febbraio 2014, n Omesso versamento delle ritenute certificate Clienti che non pagano Sequestro per equivalente - Fumus... 9 Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 11 dicembre 2014, n Omesso versamento delle ritenute certificate Non punibilità del liquidatore Cattiva gestione degli amministratori Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 26 febbraio 2014, n Omesso versamento ritenute certificate Fallimento - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 23 gennaio 2014, n Omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali Crisi di liquidità culminata nel fallimento - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 28 gennaio 201, n Omessa IVA Debiti pregressi Crisi di liquidità Forza maggiore Carenza di prova - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 1 aprile 2014, n Omessa IVA per l anno 2005 Entrata in vigore fattispecie incriminatrice - Crisi liquidita Scelte compiute dall imprenditore - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 10 giugno 2014, n Omessa IVA Crisi per circostanze eccezionali e imprevedibili Mancato incasso non è scriminante - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 5 maggio 2015, n Omessa IVA Crisi acuta per colpa di clienti e banche Accertamento del giudice - Assoluzione Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 3 aprile 2014, n

3 12. Omessa IVA Motivazione sentenza di condanna Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 9 settembre 2014, n Omessa IVA Nuovo amministratore Assunzione della carica senza controllo della documentazione fiscale Dolo eventuale - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 27 gennaio 2014, n Omessi versamenti di IVA o di ritenute Assunzione carica liquidatore senza controllo della documentazione fiscale Dolo eventuale - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 27 gennaio 2014, n Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 20 marzo 2015, n

4 1. Introduzione Il rapporto tra crisi d impresa e mancato adempimento degli obblighi tributari e previdenziali è stato spesso al centro del dibattito giurisprudenziale. In particolare, è stata la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione a pronunciarsi ripetutamente sulla questione della invocata possibilità che situazioni di gravissima illiquidità finanziaria incidano sulla punibilità dei reati: di omesso versamento delle ritenute certificate - ex 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000 di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali - ex 2 del D.L. n. 463 del 1983, convertito nella legge n. 638 del 1983; di omesso versamento dell IVA dovuta in base alla dichiarazione ex art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000. Art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000 Omesso versamento di ritenute certificate Art. 10-ter D.Lgs. n. 74/2000 Omesso versamento di IVA Art. 2 D.L. 463/1983 (L. conv. n. 638/1983) Reati tributari È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d imposta. La disposizione di cui all'articolo 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa l'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo. Reato del datore di lavoro (Comma 1) Le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ivi comprese le trattenute effettuate ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 L. n. 153/1969, devono essere comunque versate e non possono essere portate a conguaglio con le somme anticipate, nelle forme e nei termini di legge, dal datore di lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali, e regolarmente denunciate alle gestioni stesse, tranne che a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro. (Comma 1-bis) L'omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1 è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032,91. Il datore di lavoro non è punibile se provvede al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione. 3

5 Riguardo all'elemento soggettivo del reato di omesso versamento delle ritenute certificate, la Cassazione ha chiarito che la fattispecie è integrata dal dolo generico (Cass. Sez. III, n. 3663/2014), richiedendosi la mera consapevolezza della condotta omissiva ed essendo dunque irrilevante il fine perseguito dall'agente, in particolare non essendo necessario, a differenza di altre fattispecie, che il comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evadere le imposte. Analoghe considerazioni valgono: sia per la fattispecie parallela di cui all art. 2 del D.L. n. 463 del 1983 (L. n. 638 del 1983) sia per quanto riguarda la fattispecie di omesso versamento di IVA ex art. 10 ter D.Lgs. 74/2000. La Suprema Corte, infatti, ritiene che la fattispecie di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti è integrata, siccome a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti (tra le altre, Cass. Sez. III, n. 3705/2014) e che, per la contemporaneità dell'obbligo retributivo e di quello contributivo, il datore di lavoro è tenuto a ripartire le risorse esistenti all'atto dell'erogazione degli emolumenti in modo da poter assolvere al debito para-fiscale, anche se ciò comporti l'impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare (Cass., Sez. IIII, n / 2014). In Sez. III, n. 3663/2014, la Corte, pur ribadendo che la fattispecie delittuosa di cui all art. 2 D.L. 463/1983, per la sua configurabilità, richiede il dolo generico, consistente nella volontarietà dell'omissione, con la conseguenza che, accertata tale volontarietà, non è necessaria una esplicita motivazione sull'esistenza del dolo, ha precisato tuttavia che la mera mancanza di diligenza nell'adempimento degli obblighi contributivi e la colposa discontinuità nei versamenti periodici all'istituto previdenziale, non integrano la fattispecie del dolo generico; l'accertamento del quale è rimesso alla valutazione del giudice di merito che, esaminando le peculiarità del caso di specie (quali, in ipotesi, l'importo contenuto delle somme non versate o l'episodicità delle inadempienze) può pervenire al convincimento della mancanza dell'elemento soggettivo, attribuendo la condotta inadempiente a comportamento colposo, sanzionato in sede civile. In relazione al reato di omesso versamento dell IVA, la Suprema Corte ha invece specificato che la condotta contemplata dall art. 10-ter è punibile a titolo di dolo generico, essendo sufficiente a integrarlo la coscienza e volontà di non versare all'erario le ritenute effettuate nel periodo considerato, nella consapevolezza che il tributo evaso supera la soglia di punibilità di 50mila euro individuata dalla disposizione incriminatrice (Sez. III, n /2014). L articolo 10-ter, precisamente, punisce chiunque non versi l'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo: cosicché il momento consumativo del reato è individuato alla scadenza del termine previsto per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, fissato al 27 dicembre dall art. 6, co. 2, L. 405 del 1990 (ex multis, Sez. III, n /2014). Ebbene, quanto alla questione dell incidenza della crisi economica sulla punibilità dei reati di omesso versamento delle ritenute e dell IVA, la giurisprudenza di legittimità è giunta all arresto che essa non costituisca una scriminante salvo che non siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene la crisi di liquidità, dovranno investire non solo l'aspetto della non imputabilità a chi abbia omesso il versamento della crisi economica che ha investito l'azienda o la sua persona, ma anche la prova che tale crisi non sarebbe 4

6 stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell'imprenditore, a idonee misure da valutarsi in concreto (non ultimo, il ricorso al credito bancario). In sostanza, quindi, il soggetto che voglia giovarsi in concreto di tale esimente: dovrà dimostrare che non gli è stato altrimenti possibile rintracciare le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo compiuto tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili. Alla stregua di questi principi, in Sez. III, n /2014, la Corte ha ritenuto corretta la decisione di assoluzione adottata dal giudice del merito sulla base di risultanze probatorie che dimostravano come l imputato (titolare di un impresa che aveva sviluppato rapporti con pochi grossi clienti che pagavano con sistematico e grave ritardo le loro prestazioni), oltre ad aver assolto parzialmente l'onere di versamento mensile dell'iva, pagato i dipendenti e i relativi debiti contributivi, avesse fatto un ricorso massiccio allo sconto bancario delle fatture; strumento risultato tuttavia insufficiente a ragione esclusiva dell ulteriore massiccio ritardo nella pagamento delle fatture vantate dall impresa, così da far registrare (nell esercizio di bilancio relativo al periodo in contestazione) disponibilità liquide modestissime, a fronte di un'impennata dei crediti esigibili. La Corte ha pure reputato esente da vizi l assoluzione di un soggetto, nominato come liquidatore, cui era stato contestato l'omesso versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per l annualità d imposta immediatamente successiva alla sua nomina: secondo Sez. III, n. 9264/2014, le particolari circostanze nel cui contesto maturò l'omesso versamento - l aver cioè dovuto fronteggiare una situazione di grave crisi dell'impresa, attribuibile alla precedente amministrazione (che aveva portato con sé una fortissima carenza di liquidità, la presenza di crediti per lo più inesigibili e di debiti particolarmente onerosi, tra l'altro essendo in corso accordi sindacali per la tutela dei lavoratori e un impegno di rientro rateale del debito verso l'inps), uniti all accertato tentativo del soggetto di acquisire liquidità provando infruttuosamente a vendere l'unico immobile di proprietà della società dimostrano che l'imputato non aveva un'alternativa ragionevolmente esigibile rispetto alla condotta tenuta. 5

7 2. Omesso versamento di ritenute certificate Esimente della forza maggiore Motivazione sentenza di condanna Annullamento Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 7 febbraio 2014, n Il giudice di merito non può limitarsi a escludere l'assenza del dolo senza valutare le prove offerte dall'imprenditore imputato del reato di omesso versamento delle ritenute certificate. L imprenditore può dimostrare l assenza dell elemento soggettivo del reato, allegando una causa di forza maggiore che gli abbia impedito di compiere l azione prescritta dall articolo 10 bis del D.Lgs. n. 74 del La Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, ha parzialmente accolto il ricorso per cassazione del legale rappresentante di una società di capitali che, dopo aver pagato le retribuzioni ai dipendenti, non ha versato le ritenute entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d imposta. La sentenza di condanna, oggetto del ricorso per cassazione, è stata censurata dalla S.C. nella parte in cui la Corte d appello non ha motivato in maniera esaustiva sul perché abbia ritenuto sussistente l elemento soggettivo del reato di cui all articolo 10 bis D.Lgs. n. 74/2000, laddove invece l imputato deduce la carenza del dolo, per crisi di liquidità al momento della scadenza del termine lungo per la dichiarazione. In tal modo, prima ancora che in un vizio motivazionale, il giudice di secondo grado è incorso in violazione di legge. Dopo essere stato condannato in primo grado alla pena della reclusione (quattro mesi), l imprenditore in questione ha proposto appello affidato a un unico motivo, che in sostanza prospettava il difetto dell elemento soggettivo e comunque la carenza di antigiuridicità, per impossibilità di porre in essere l azione imposta dalla norma. Tale prospettazione difensiva è stata disattesa dalla Corte territoriale nei termini che seguono: Che pagate le retribuzioni nette l appellante non abbia avuto la disponibilità per i versamenti delle ritenute è cosa priva di rilievo, come già ritenuto dal primo giudice. Ebbene, la concisa frase del Corte Territoriale ha fatto ritenere meritevole di accoglimento il ricorso dell imputato perché se intesa in rapporto al dettato dell articolo 45 c.p., osservano gli Ermellini, manifesta una violazione di legge, poiché non può essere irrilevante la causa della indisponibilità del denaro occorrente ai versamenti delle ritenute. L esimente della forza maggiore (ex art. 45 c.p.), chiariscono dal Palazzaccio, configura un ipotesi generale in cui la causa della condotta criminosa non è attribuibile a chi materialmente espleta la condotta stessa. Anche nel reato di cui all articolo 10 bis d.lgs. 74/2000, pertanto, non può escludersi in assoluto che la omissione possa derivare in toto da una causa di forza di maggiore, la quale, tenuto conto della conformazione del reato, ragionevolmente può anche configurarsi, a seconda dei casi concreti, in una imprevista e imprevedibile indisponibilità del necessario denaro non correlata in alcun modo alla condotta della gestione dell imprenditore. La colpevolezza può quindi essere esclusa laddove si dimostri che la crisi di liquidità è intervenuta al momento della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d imposta e che essa non è stata causata dalla scelta del datore di lavoro sostituto d imposta di non far debitamente fronte al suo obbligo organizzativo. 6

8 3. Omesso versamento delle ritenute certificate Crediti vantati verso la P.A. non riscossi - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 4 febbraio 2014, n Nei casi di delitti di omesso versamento non si può escludere in astratto l'assenza di dolo o l'assoluta impossibilità di assolvere l'obbligazione tributaria per la crisi di liquidità. Occorre tuttavia che siano stati assolti gli oneri di allegazioni che, per quanto attiene la crisi di liquidità, si risolvono nella dimostrazione della non imputabilità all imprenditore della crisi economica e che la crisi stessa non ha potuto essere fronteggiata adeguatamente tramite il ricorso a idonee misure da valutarsi in concreto. Occorre cioè dimostrare, che non sia stato possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo poste in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili. Gli Ermellini hanno reso definitiva la condanna alla pena di mesi quattro di reclusione inflitta a un imprenditrice leccese per il reato di cui all articolo 10 bis del D.Lgs. n. 74 del L imputata aveva versato in ritardo le ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti per un ammontare di euro per il periodo d imposta Ad avviso della Corte d appello, l addebito non poteva ritenersi escluso, per difetto del dolo o per forza maggiore, anche se la condotta omissiva era stata generata da carenza di liquidità, a sua volta provocata dall inadempienza dell ASL nel pagamento di somme di cui era creditrice la società. In altre parole, la condotta omissiva contestata all imputata, contrariamente agli assunti della difesa, non poteva essere giustificata dall esistenza di ingenti crediti verso l azienda sanitaria, poiché lo stato di dissesto dell impresa, la quale prosegua l attività senza adempiere l obbligazione tributaria, non esonera dall adempimento tributario che è indipendente dalle vicissitudini finanziarie dell imprenditore. Ebbene, la severa interpretazione del quadro normativo di riferimento offerta dal giudice di merito è stata avvalorata dalla Terza Sezione Penale del Palazzaccio. Nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, afferma la S.C., la prova del dolo è insita nella duplice circostanza del rilascio della certificazione al sostituito e della presentazione della dichiarazione annuale (mod. 770), che riporta le trattenute effettuate. Il debito verso l Erario, concernente il versamento delle ritenute, è collegato con quello dell erogazione degli emolumenti ai collaboratori. Ogni qual volta il sostituto d imposta provvede alle erogazioni, sorge a suo carico l obbligo di accantonare le somme dovute al Fisco, organizzando le ricorse disponibili in modo da adempiere all obbligazione tributaria. Ciò non toglie che il giudice del merito possa, con apprezzamento insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ravvisare l assenza del dolo e l assoluta impossibilità di adempiere l obbligazione erariale. Occorre tuttavia che siano stati assolti gli oneri di allegazioni che, per quanto attiene la crisi di liquidità, si risolvono nella dimostrazione della non imputabilità all imprenditore della crisi economica e che la crisi stessa non ha potuto essere fronteggiata adeguatamente tramite il ricorso a idonee misure da valutarsi in concreto. 7

9 Occorre cioè DIMOSTRARE, puntualizza la S.C., che non sia stato possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo poste in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili. Nel caso di specie, osservano gli Ermellini, l imputata non ha minimamente osservato gli oneri di allegazioni a suo carico, il che ha consentito alla Corte d appello di ritenere violato il predetto obbligo di accontamento delle somme dovute all Erario. E infatti: o non è risultato che il pagamento in ritardo delle ritenute sia avvenuto in virtù di crediti liquidi ed esigibili in precedenza non riscossi; o non è stata dimostrata la natura dei crediti vantati; o non è stata dimostrata l improvvisa crisi di liquidità, che invece è apparsa consolidata dai bilanci di esercizio prodotti e richiamati nel ricorso; o non è stato dimostrato che la ricorrente avesse organizzato le risorse disponibili in modo da poter adempiere all obbligazione tributaria né che si sia altrimenti attivata per assolverla, essendosi invece appropriata si legge in sentenza delle somme che avrebbe dovuto accantonare distogliendole dalla loro specifica destinazione. Alla luce di tali considerazioni la Suprema Corte ha respinto il ricorso dell imputata, condannandola anche al pagamento delle spese processuali. 8

10 4. Omesso versamento delle ritenute certificate Clienti che non pagano Sequestro per equivalente - Fumus Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 11 dicembre 2014, n All imprenditore è contestabile il reato di cui all articolo 10 bis del D.Lgs. n. 74/2000 anche laddove l illiquidità sia dovuta ai clienti che non pagano: il mero verificarsi di una situazione di crisi finanziaria non comporta automaticamente la sussistenza dell esimente della forza maggiore, assumendo rilevanza le cause e la tempistica di una simile evenienza, nonché le scelte in concreto operate dal soggetto agente. Il Tribunale di Sassari ha revocato il provvedimento di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, disposto dal GIP - fino alla concorrenza della somma di 82mila euro - sui beni di Tizio, soggetto indagato del reato di omesso versamento, entro il termine per la presentazione della dichiarazione Mod. 770, delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciate ai dipendenti. La Procura ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, sotto il profilo del fumus commissi delicti, la volontarietà della scelta dell indagato di non effettuare i versamenti, desumibile dai documenti allegati dalla difesa dai quali emergeva che la rateizzazione del debito con l Agenzia delle Entrate non era avvenuta spontaneamente, ma solo dopo l invio dell avviso bonario. Investita della questione, la Cassazione ha accolto il ricorso della Procura con rinvio per nuovo esame. Il Tribunale, nel ritenere insussistente il fumus del reato ipotizzato, ha ravvisato una causa di forza maggiore, individuata nella sopravvenuta illiquidità conseguente alla mancata riscossione di crediti vantati verso terzi, e ha escluso la volontarietà della condotta dell indagato, visto l accordo con l Erario. Ebbene, ad avviso della S.C., l assunto del Tribunale contrasta con i principi più volte espressi dalla giurisprudenza della stessa Corte. Ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000, osservano gli Ermellini, l'elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, che richiede la mera consapevolezza della condotta omissiva, mentre l esimente della forza maggiore si legge in sentenza - è individuabile in un evento di origine naturale o umana imprevedibile o, anche se preveduto, inevitabile. Ne deriva che la forza maggiore non è invocabile nel caso in cui l agente si sia posto in condizioni d illegittimità, ponendo in essere una condotta contraria alla legge o alle regole generali di prudenza e diligenza. Inoltre incombe, su chi invoca l applicazione dell esimente, un onere di allegazione di elementi precisi e specifici che consentano al giudice di verificare l esistenza della forza maggiore o del caso fortuito (cfr. Cass. n /2013). Non può infatti escludersi in assoluto che l omissione possa derivare in toto da una causa di forza di maggiore, la quale, tenuto conto della conformazione del reato in questione, ragionevolmente può anche configurarsi, a seconda dei casi concreti, in un imprevista e imprevedibile indisponibilità del necessario denaro non correlata in alcun modo alla condotta della gestione dell imprenditore (cfr. Cass. n. 5905/2014). Con specifico riferimento alla rilevanza, ai fini dell applicabilità dell articolo 45 c.p., delle difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente, si è detto che esse non possono essere ricondotte al concetto di forza maggiore, il quale, presupponendo la sussistenza di un fatto imponderabile, imprevisto e ineluttabile, che esula del tutto dalla condotta dell agente, tanto da rendere inevitabile dell evento, non può conseguentemente ricollegarsi a un azione o omissione cosciente e volontaria dell agente medesimo (cfr. Cass. n /2013). 9

11 E allora sono state ritenute non rilevanti, ai fini della non punibilità per forza maggiore o stato di necessità, le diverse ipotesi in cui si ritenga di privilegiare il pagamento delle retribuzioni per evitare i licenziamenti, si sia dovuto pagare i debiti ai fornitori, pena il fallimento della società, oppure si sia verificata la mancata riscossione (come nella specie) di crediti vantati e documentati, spesso nei confronti dello Stato (cfr. Cass. n /2014, n /20014, n /2014, tra le altre). Di questi principi non ha fatto buongoverno il Tribunale del riesame di Sassari, al quale spetterà rivalutare i presupposti per la conferma del provvedimento di sequestro preventivo dei beni dell indagato. 10

12 5. Omesso versamento delle ritenute certificate Non punibilità del liquidatore Cattiva gestione degli amministratori Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 26 febbraio 2014, n Non è punibile per il reato di cui all articolo 10 bis del D.Lgs. n. 74/2000 il liquidatore di società che non ha versato le ritenute per la mancanza delle risorse necessarie a causa della cattiva gestione degli amministratori. L articolo 10-bis citato punisce con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta. Il reato, nel caso di specie, è stato addebitato al liquidatore di una società, che è però stato assolto dal Tribunale. Da qui il ricorso in Cassazione della Procura Generale della Repubblica, secondo cui il Tribunale aveva errato nell escludere la ricorrenza dell'elemento psicologico del reato, sulla base della crisi economica dell'impresa, essendo irrilevante tale crisi, in ragione dell'obbligo di accantonare le risorse necessarie per il pagamento delle ritenute regolarmente operate. I giudici penali del Palazzaccio hanno rigettato il ricorso. Il Tribunale ha accertato che, al momento della nomina, l imputato aveva ereditato una perdita di esercizio molto elevata. La società, inoltre, era priva di risorse finanziarie liquide, fonte di molti debiti. Come se non bastasse, i crediti vantati erano per la maggior parte inesigibili. Stando così le cose, il liquidatore aveva tentato di ricavare denaro liquido dalla cessione del marchio e dalla vendita dell unico immobile della società. Questi tentavi, tuttavia, non avevano dato i risultati sperati, sicché si era imposta la scelta di rispondere solo a taluni debiti, tra i quali quelli assunti verso i dipendenti licenziati, poiché tutti in gravi difficoltà economiche. Secondo la sentenza in epigrafe, nella fattispecie, è fuori discussione l esistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato, consistente nella coscienza e volontà di omettere i versamenti, è mancato, tuttavia, il collegamento tra la condotta tenuta dal liquidatore e il reato, in quanto la violazione è stata determinata da comportamenti pregressi (dei precedenti amministratori) che hanno reso impossibile al liquidatore di osservare i previsti adempimenti fiscali. In conclusione, la Suprema Corte offre una via d uscita a chi, una volta assunto l incarico di liquidatore, si sia trovato a dover gestire una situazione finanziaria difficile causata dalla mala gestione dei precedenti amministratori. In questi casi sembra potersi escludere la responsabilità penale in capo ai soggetti terzi che abbiano fatto del proprio meglio nel gestire la fase di liquidazione. 11

13 6. Omesso versamento ritenute certificate Fallimento - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 23 gennaio 2014, n Il fallimento della società appena qualche giorno dopo la scadenza del termine per il versamento delle ritenute certificate non integra, di per sé, la causa di non punibilità della forza maggiore. Gli Ermellini hanno confermato la sentenza con cui la Corte d Appello di Brescia ha riconosciuto l'amministratore di una società, poi fallita, responsabile del reato di cui all articolo 10 - bis del D.Lgs. n. 74/2000. Per come ricostruito dai giudici della Corte territoriale, l imputato aveva omesso il versamento delle ritenute effettuate e certificate per un ammontare complessivo di euro, ossia per un importo di molto superiore della soglia di punibilità fissata per legge (50 mila euro). La sentenza di condanna è stata criticata sotto più profili. In particolare, il difensore dell imputato ha lamentato l assenza di prova circa il pagamento delle retribuzioni, nonché la mancata applicazione della causa di non punibilità della forza maggiore (ex art. 45 cod. pen.), attesa l impossibilità di effettuare il pagamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, essendo stato dichiarato il fallimento della società solo pochi giorni dopo la scadenza del termine utile per eseguire il prescritto versamento. Inoltre, nel momento in cui l'imputato aveva assunto l'incarico di amministratore, l'indebitamento dell impresa era irreversibile con gravissima mancanza di liquidità. Le rimostranze della difesa non hanno fatto breccia presso i giudici con l ermellino che hanno mantenuto fermo il verdetto della Corte d appello di Brescia. Ad avviso della Terza Sezione Penale del Palazzaccio, la circostanza che la dichiarazione di fallimento fosse avvenuta a pochi giorni di distanza dall'omesso versamento non integrava alcuna causa di forza maggiore perché le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente non possono essere fatte rientrare nel concetto di forza maggiore, il quale, al contrario, presuppone l'individuazione di un fatto ASSOLUTAMENTE IMPREVISTO E IMPREVEDIBILE. La S.C., poi, esclude che l'imputato si trovasse in una situazione di involontarietà poiché, quando aveva assunto la carica di amministratore, la società si trovava già in una condizione d indebitamento irreversibile con gravissima mancanza di liquidità. Di conseguenza, il mancato pagamento era una circostanza conosciuta dall imputato, con la conseguenza che la relativa omissione deve considerarsi il risultato di una decisione consapevole. Infine, circa la prova dell avvenuta erogazione delle retribuzioni ai sostituiti, la S.C. osserva che nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova del rilascio delle certificazioni (e quindi del pagamento delle retribuzioni) può essere fornita dal PM attraverso la produzione del modello

14 7. Omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali Crisi di liquidità culminata nel fallimento - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 28 gennaio 201, n Le difficoltà economiche dell azienda, culminate nel fallimento, non escludono la responsabilità penale dell imprenditore che ha omesso di versare le ritenute previdenziali sulle retribuzioni erogate ai dipendenti. Quando l imprenditore, in presenza di una situazione economica difficile, decida di dare la preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute, non può addurre a propria discolpa l assenza dell elemento psicologico del reato, ricorrendo in ogni caso il dolo generico. I giudici con l ermellino hanno annullato la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Brescia nei confronti del legale rappresentante di una società di persone, accusato del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali (articolo 2 comma 1 bis D.L. n. 463/1983). Secondo il giudice del merito difettava l'elemento soggettivo del reato poiché nel periodo in contestazione la società versava in gravi difficoltà finanziarie, poi culminate nel fallimento, intervenuto dopo l'omesso versamento. La Procura generale presso la Corte d appello di Brescia ha proposto ricorso per saltum evidenziando come il reato in questione, per costante giurisprudenza di legittimità, sia caratterizzato da dolo generico e integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, essendo irrilevante che il sostituto attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte ai debiti ritenuti più urgenti. Investita dell esame della controversia, la Terza Sezione Penale del Palazzaccio ha appoggiato la linea dura della Procura, poiché rispondente all orientamento maggioritario formatosi in tema di omesso versamento di ritenute previdenziali (Sez. III, sentenze n /2011, n /2011, n /2011 e n /1999). La giurisprudenza già esistente in materia ha specificato che il reato di cui all articolo 2 comma 1 bis D.L. n. 463/1983 è configurabile anche nel caso in cui si accerti l esistenza del successivo stato di insolvenza dell imprenditore, in quanto è onere di quest'ultimo ripartire le risorse esistenti al momento di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori dipendenti, in modo da poter adempiere all'obbligo di versamento delle ritenute, anche se ciò possa riflettersi sull'integrale pagamento delle retribuzioni medesime (Sez. III sentenze n /2007 e n /2001). In definitiva, a fronte della contestualità e indefettibilità del sorgere dell obbligazione di versamento con il fatto stesso del pagamento della retribuzione, manca ogni presupposto per invocare l impossibilità di adempiere l obbligazione dovendo, la punibilità della condotta, essere individuata proprio nel mancato accantonamento delle somme dovute all INPS. Pertanto, non si può ipotizzare l impossibilità di versamento per fatti sopravvenuti, come appunto una pretesa situazione di illiquidità della società rappresentata (cfr. Cass. Sez. III n /1995, con riferimento alle ritenute non versate dal sostituto d imposta). Nel caso di specie, osserva la S.C., il giudice del merito ha escluso il dolo sul solo presupposto delle gravi difficoltà economiche comprovate dai procedimenti per decreto ingiuntivo e dai protesti subiti dalla società, senza esporre alcun altro elemento che potesse consentire di ritenere motivatamente escluso l elemento soggettivo del reato in capo al rappresentante legale. 13

15 Quanto all omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali, la Suprema Corte ha sostenuto che lo stato di dissesto dell imprenditore - il quale prosegua ciononostante nell attività d impresa senza adempiere all obbligo previdenziale e neppure a quello retribuivo - non elimina il carattere di illiceità penale dell omesso versamento dei contributi. Infatti i contributi non costituiscono parte integrante del salario, ma un tributo, in quanto tale da pagare comunque e in ogni caso, indipendentemente dalle vicende finanziarie dell azienda. Ciò trova la sua ratio nelle finalità, costituzionalmente garantite, cui risultano preordinati i versamenti contributivi e anzitutto la necessità che siano assicurati i benefici assistenziali e previdenziali a favore dei lavoratori (sentenza n del 2011). Anche quando versa in uno stato di crisi, l impresa deve pagare i contributi ai dipendenti, in quanto le ritenute previdenziali sono una componente obbligatoria del salario che il datore deve corrispondere ai lavoratori. L INPS, pertanto, vanta un credito verso il datore di lavoro per il semplice fatto che questi abbia assunto dei lavoratori alle proprie dipendenze (sentenze n del 2010 e n del 2007). Questa linea dura, a tutt oggi, permane. 14

16 8. Omessa IVA Debiti pregressi Crisi di liquidità Forza maggiore Carenza di prova - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 1 aprile 2014, n I debiti pregressi, anche quando abbiano determinato l inadempimento tributario, non escludono la ricorrenza dell elemento soggettivo del reato di cui all articolo 10-ter del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74 (omesso versamento dell IVA). L imprenditore non è punibile solo se dimostra che le condizioni economiche precarie sono state determinate da eventi eccezionali o di rilevanti dimensioni. La Corte d appello di Brescia ha accolto il ricorso della Procura, avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo che aveva mandato assolto un imprenditore dal reato di omesso versamento di IVA. Il giudice di prime cure aveva ritenuto assente l elemento soggettivo del reato, ossia il dolo, poiché l imputato, quale legale rappresentante di una ditta individuale, non aveva potuto fare fronte al pagamento delle somme dovute all Erario unicamente perché versava in una situazione di carenza di liquidità, dovuta a debiti pregressi. Di diverso avviso il giudice dell appello, che ha quindi condannato il contribuente alla pena di mesi quattro di reclusione (pena sospesa e non menzione). Investiti dell esame della controversia, i giudici del Palazzaccio hanno confermato il verdetto di colpevolezza espresso dalla Corte territoriale. Gli Ermellini bollano come infondata la doglianza difensiva inerente alla sussistenza dell elemento soggettivo del reato perché, spiegano, le asserite difficili condizioni economiche che avrebbero determinato la carenza di liquidità sono state solo prospettate, ma non provate in modo univoco, specifico e certo. Rilevata tale carenza probatoria, dal Palazzaccio osservano che, comunque, le precarie condizioni economiche salvo che le stesse non siano determinate da eventi eccezionali e di rilevante dimensione - non costituiscono di per sé solo un caso fortuito o di forza maggiore (ex art. 45 c.p.), come tale idoneo a escludere la punibilità o quantomeno il dolo del reato di cui all'articolo 10-ter D.Lgs. 74/2000. L'eventuale crisi di liquidità economica - nell'ambito dell'attività di impresa - di norma non costituisce un evento imprevedibile e come tale insuperabile. La crisi di liquidità, al contrario, rappresenta un evento possibile, concretizzando lo stesso un rischio inerente all'attività di impresa, cui occorre far fronte tempestivamente con opportuni interventi sul cosiddetto flusso di cassa dell'azienda, quali: a) i tempestivi e frazionati accantonamenti; b) il ricorso all'acquisizione di ulteriori somme erogate da istituti bancari e/o finanziari e altri. In fondo alle motivazioni, pertanto, la Terza Sezione Penale afferma la sussistenza dell elemento soggettivo del reato contestato, poiché il ricorrente era pienamente consapevole di omettere il pagamento dell'iva esposta a debito ( ,00) nel prescritto termine del 27/12/2006. L asserita crisi di liquidità è stata pertanto ridimensionata a motivo personale e soggettivo del contribuente che non può assolutamente giustificare, dal punto di vista giuridico, il mancato pagamento del tributo nel termine prescritto. 15

17 9. Omessa IVA per l anno 2005 Entrata in vigore fattispecie incriminatrice - Crisi liquidita Scelte compiute dall imprenditore - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 10 giugno 2014, n La crisi di liquidita non scrimina il reato di omessa IVA se è conseguenza delle scelte compiute dall imprenditore. Il caso di specie ha riguardato un imprenditore leccese riconosciuto responsabile del reato di cui all articolo 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000 in relazione all IVA dovuta in base alla dichiarazione per l anno La difesa ha lamentato la mancanza di dolo, avendo avuto il contribuente solamente sei mesi per accantonare le risorse necessarie all adempimento dell obbligazione tributaria, posto che l articolo-10 ter era entrato in vigore il 4 luglio 2006 con perfezionamento della nuova fattispecie delittuosa alla data del 27 dicembre In ogni caso la difesa ha fatto presente che la società amministrata dall imputato si trovava in una grave crisi economica ampiamente documentata, tanto che il giudice del merito avrebbe dovuto rilevare la scriminate della forza maggiore ex art. 45 cod. pen. Ebbene, la Suprema Corte è rimasta insensibile alle doglianze del ricorrente, confermando a suo carico la condanna alla pena della reclusione per tre mesi, con il riconoscimento dell attenuante di cui all articolo 13 del D.Lgs. 74/2000. In fondo alle motivazioni della sentenza in epigrafe, la S.C. ripete un concetto già espresso con altre pronunce in materia di omessa IVA, ossia che non può escludersi, in astratto, l assenza di dolo e l assoluta impossibilità di adempiere l obbligazione tributaria. È tuttavia necessario che siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene la crisi di liquidità, dovranno investire non solo l'aspetto della non imputabilità a chi abbia omesso il versamento della crisi economica che ha investito l'azienda o la sua persona, ma anche la prova che tale crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell'imprenditore, a idonee misure da valutarsi in concreto (non ultimo, il ricorso al credito bancario). Detto in altri termini, il contribuente che voglia giovarsi in concreto di tale esimente - evidentemente riconducibile alla forza maggiore dovrà dare prova si legge in sentenza - che non gli è stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili (cfr. Cass. Sez. III pen. n. 5467/2014; n /2014). Nel caso in esame, con motivazione logica e congrua, il giudice di merito ha rilevato il mancato assolvimento del descritto onere probatorio. L imputato, osservano gli Ermellini, ha fatto riferimento a una crisi di liquidità, senza nulla aver provato in ordine alla stessa, che quindi è rimasta allo stadio di mera enunciazione. Il ricorrente ha pure sostenuto che, se avesse saputo per tempo di andare incontro a sanzione penale, non avrebbe destinato nel primo semestre del 2006 ingenti risorse al pagamento di altri debiti fiscali e tributari. Ma si tratta di una tesi poco convincente, perché anche i documentati pagamenti per contribuzioni e tributi operati nel primo semestre del 2006 avevano, con tutta evidenza, il carattere dell obbligatorietà ; e - aggiungono gli Ermellini indipendentemente dalla previsione di una sanzione penale tale carattere aveva anche il versamento di 16

18 quanto dovuto per l IVA del Sul punto la sentenza della Corte territoriale ha evidenziato, giustamente, che la consapevolezza dell omesso versamento sussiste anche per l anno 2005 pur se il contribuente ha avuto pochi mesi per organizzare le risorse, per ragioni collegate all entrata in vigore della norma incriminatrice. Tale conclusione è confortata dalla giurisprudenza della Sezioni Unite (n /2013) e da quella della Consulta, la quale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell articolo 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000, in relazione all articolo 3 Cost., anche se i contribuenti, per l anno 2005, hanno usufruito di un termine decisamente minore rispetto agli anni successivi per accantonare le somme necessarie a far fronte all obbligazione tributaria (C. Cost. n. 224/2011 e n. 25/2012). 17

19 10. Omessa IVA Crisi per circostanze eccezionali e imprevedibili Mancato incasso non è scriminante - Punibilità Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 5 maggio 2015, n Il reato di omesso versamento dell IVA si configura anche quando i corrispettivi fatturati non sono stati incassati. Le dedotte pessime condizioni economiche in cui versa l impresa devono essere supportate da allegazioni specifiche. Con la sentenza in epigrafe è stata confermata la condanna inflitta nel merito a un imprenditore lombardo per il reato di omesso versamento IVA di cui all articolo 10-ter del D.Lgs. n. 74 del L imputato non è riuscito a dimostrare la dedotta carenza dell elemento soggettivo del reato, essendosi limitato ad allegare, in modo assolutamente generico, lo stato d illiquidità della società da lui amministrata. Per gli Ermellini è possibile escludere, in astratto, l assenza di dolo e l assoluta impossibilità di adempiere l obbligazione tributaria. È tuttavia necessario che siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene la crisi di liquidità, dovranno investire non solo l'aspetto della non imputabilità a chi abbia omesso il versamento della crisi economica che ha investito l'azienda o la sua persona, ma anche la prova che tale crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell'imprenditore, a idonee misure da valutarsi in concreto (non ultimo, il ricorso al credito bancario). Detto in altri termini, il contribuente che voglia giovarsi in concreto di tale esimente - evidentemente riconducibile alla forza maggiore (ex art. 45 c.p.) dovrà dare prova si legge in sentenza - che non gli è stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili (cfr. Cass. Sez. III pen. n. 5467/2014). Insomma, l impossibilità ad adempiere, quando è dovuta al dissesto economico aziendale e personale, configura l esimente della forza maggiore. Ma tale impossibilità, evidenziano i giudici della Terza Sezione Penale, va dimostrata, e nel caso di specie ciò non è avvenuto. Il ricorso dell imprenditore è stato pertanto respinto. 18

20 11. Omessa IVA Crisi acuta per colpa di clienti e banche Accertamento del giudice - Assoluzione Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 3 aprile 2014, n Nell ambito di un processo per il reato di omessa IVA, se il giudice del merito ha, con motivazione logica e adeguata, appurato l assenza del dolo o l assoluta impossibilità del contribuente di far fronte all obbligazione tributaria, la Cassazione non può che confermare la sentenza di assoluzione eventualmente impugnata dalla Procura. I giudici di Milano hanno mandato assolto un imprenditore imputato del reato di cui all articolo 10 ter del D.Lgs. n. 74/2000, ritenendo, sulla base degli esiti dell istruttoria dibattimentale, non configurabile l elemento soggettivo del reato (o quantomeno vi era la presenza di un ragionevole dubbio sulla sussistenza del dolo), sul rilievo dell esistenza di una obiettiva situazione di illiquidità della società di cui l imputato era legale rappresentante, dovuta peraltro ai sistematici e gravissimi ritardi nei pagamenti da parte dei clienti. Nel caso di specie, per il Tribunale di Milano, la crisi di acuta illiquidità aveva comportato una effettiva mancanza della volontà dell omissione in considerazione di una sorta di causa di impossibilità relativa, da valutarsi in relazione a quanto umanamente esigibile dal soggetto su cui incombe il dovere di adempiere. Ebbene, gli Ermellini rigettano il ricorso della Procura della Repubblica, confermando, per l effetto, la sentenza di assoluzione. Da un lato, l imputato ha assolto gli oneri di allegazione e di prova per quanto attiene alla dedotta crisi di liquidità, dall altro, lo scrutinio compiuto dal Tribunale è risultato ineccepibile. E infatti il giudice del merito, con logica e adeguata motivazione, come tale insindacabile in sede di legittimità (v. Cass. n. 5467/13), ha ritenuto che il comportamento dell imputato fosse caratterizzato dall assenza di profili di rimproverabilità perché - a fronte di un obbligo tributario che, all epoca dei fatti, sorgeva dalla semplice emissione della fattura (a prescindere quindi dall effettiva riscossione del credito per la prestazione eseguita) e a fronte dei sistematici, gravissimi ritardi dei fornitori nel pagamento delle fatture stesse - il ricorso massiccio al credito bancario e, per certi versi, anche a causa dell ulteriore, conseguente aggravamento degli oneri passivi determinati dalle percentuali trattenute dalle banche per lo sconto delle fatture, comportò che l imputato dovette fronteggiare una gravissima carenza di liquidità, certamente non ascrivibile a sua colpa, ma derivante dalla micidiale combinazione dei due fattore indicati pocanzi, entrambi non dipendenti da lui. Di conseguenza, l imputato fu costretto a non pagare il debito erariale da un comportamento omissivo e dilatorio di soggetti che avrebbero dovuto saldare fatture per forniture e prestazioni ricevute per ingenti importi. Insomma, a giudizio degli Ermellini, l imprenditore è riuscito a dimostrare che non gli è stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili. Solo a fronte del raggiungimento di tale prova, infatti, i giudici con l Ermellino ritengono che possa configurarsi l assenza di dolo con riguardo al reato di omesso versamento dell IVA (da ultimo, Cass. sentenze n. 2614/14 e n /14). Il ricorso della Procura Generale è stato pertanto respinto. 19

21 12. Omessa IVA Motivazione sentenza di condanna Cassazione Sezione Terza Penale sentenza 9 settembre 2014, n È illegittima la condanna per l omessa IVA che non tiene conto del fatto che l imputato ha tentato di fare fronte al debito con l Erario, dapprima con risorse di altre società e poi con mezzi propri. La Suprema Corte ha accolto il ricorso di un imprenditore e annullato con rinvio la sentenza che lo aveva condannato per il reato di omesso versamento dell IVA ex art. 10 ter D.Lgs. n. 74/2000. Gli Ermellini censurano il percorso decisionale del giudice di merito perché l'imputato aveva espressamente dedotto l'assoluta irreperibilità di risorse economiche cercando di ripianare i debiti contratti dapprima con risorse di altre società e poi impiegando danaro di sua personale disponibilità e aveva altresì rilevato che il debito IVA non era l'unico che la società aveva verso l'erario, ma era l'unico rimasto insoluto: a fronte di una tale tesi difensiva, che tendeva, evidentemente, a escludere l'intento di privilegiare altre classi di creditori piuttosto che il fisco, il giudice di merito avrebbe dovuto spiegare perché riteneva non plausibile il tentativo di pagare tutti i debiti verso l'erario non riuscito per una dedotta impossibilità oggettiva, non potendo fondare il suo giudizio sul solo dato del volume di affari (indicato in di euro) e sulla ricezione di pagamenti mensili per importi superiori a euro in relazione agli stati di avanzamento dei lavori, anche perché il debito Iva ammontava ad euro ,00. In conclusione i giudici penali del Palazzaccio ritengono necessario un nuovo giudizio che tenga conto della giurisprudenza di legittimità in base alla quale l'imprenditore non è perseguibile penalmente se l omesso versamento dell IVA è dipeso da una grave crisi di liquidità determinata da circostanze eccezionali e non preventivabili, ossia per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili. Secondo i più recenti pronunciamenti in materia di omessa IVA, è possibile escludere, in astratto, l assenza di dolo e l assoluta impossibilità di adempiere l obbligazione tributaria. È tuttavia necessario che siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene la crisi di liquidità, dovranno investire non solo l'aspetto della non imputabilità a chi abbia omesso il versamento della crisi economica che ha investito l'azienda o la sua persona, ma anche la prova che tale crisi non sarebbe stata altrimenti fronteggiabile tramite il ricorso, da parte dell'imprenditore, a idonee misure da valutarsi in concreto (non ultimo, il ricorso al credito bancario). Detto in altri termini, il contribuente che voglia uscire indenne dal processo penale dovrà dimostrare che non gli è stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili (ex multis: Cass. n /14 e n. 5467/2014). 20

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