Capitolo 1. Quel pomeriggio Stella era di turno in reparto. Ci sarebbe rimasta fino a tarda sera, quando sarebbe stata l unica

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1 1 SE QUESTO È AMORE

2 Capitolo 1 Torino, 24 marzo 2006 Quel pomeriggio Stella era di turno in reparto. Ci sarebbe rimasta fino a tarda sera, quando sarebbe stata l unica del piano. Aveva cominciato a lavorare al mattino presto e sentiva un fastidioso cerchio alla testa. Non si era fermata nemmeno un attimo, non era riuscita a mangiare nulla e lo stomaco glielo stava facendo pesare, brontolando rumorosamente. Stava cercando di sistemare gli esami dei pazienti nelle cartelle cliniche, quando l altoparlante annunciò: «La dottoressa Caminiti è desiderata al telefono». Sbuffò tra sé e per l ennesima volta in quella giornata percorse il lungo corridoio grigio in direzione dell infermeria. Sollevò la cornetta senza sapere cosa aspettarsi. L odore acre del disinfettante intensificava il dolore che sentiva alla testa. «Pronto, chi parla?» «Buongiorno, dottoressa Caminiti.» «Oh Sofia.» Sofia era la giovane brasiliana che da qualche anno a quella parte faceva da tata ai suoi figli. Quando suo marito se ne era andato di casa si era trasferita a vivere con loro, diventando una sorta di alter ego di Stella. 2

3 «La devo disturbare per una questione urgente» La voce della ragazza tremava leggermente. Sembrava piuttosto agitata. La sua ansia si trasmise a Stella come una scossa elettrica. «Che succede? I bambini è tutto a posto?» domandò. Il cuore aveva iniziato a battere all impazzata. Il dolore alle tempie stava diventando intollerabile. «I bambini stanno bene, è che sono arrivati degli uomini della guardia di finanza e vorrebbero parlarle.» Stella sbiancò. Cosa c entrava la guardia di finanza con lei? Aveva sempre pagato regolarmente tutti i contributi, compresi quelli di Sofia. Che si trattasse di qualche guaio in cui l aveva lasciata il suo ex marito? Sofia le passò uno degli agenti. «Buongiorno» disse, sforzandosi di tenere a bada l ansia. «Che succede?» «Buongiorno, dottoressa. Sono il maresciallo Rolle devo chiederle di tornare subito a casa» L uomo che le rispose aveva una voce roca. Stranamente autoritaria. «Ma non posso!» rispose. «Sono di guardia fino a stasera. Posso sapere che succede?» 3

4 Aveva iniziato a torcersi nervosamente una ciocca di capelli tra le dita. «Purtroppo per telefono non possiamo fornirle alcuna informazione. Dobbiamo perquisire la sua abitazione. Se non può venire lei, deleghi il suo legale Ma faccia in fretta, perché dobbiamo procedere. Le possiamo concedere mezz ora di tempo per organizzarsi, poi cominceremo la perquisizione, con o senza di lei.» Il suo tono di voce non concedeva alcuna possibilità di replica. Stella si resse con fatica alla scrivania. Si sentiva mancare. 4

5 Capitolo 2 Torino, 10 luglio 1989 «Ciao Stella, sono Sara! Ci sei stasera a cena? Ho invitato anche Giovanni mi sembra di aver notato una certa simpatia fra voi due.» Sara era l insegnante di danza di Stella, un affascinante cinquantenne che dimostrava assai meno della sua età per via della costante attività fisica. Aveva formato un gruppo di teatro e danza di cui Stella faceva parte insieme alla sorella minore, Cristina, e ad altre studentesse universitarie. Anche se studiava medicina, la danza restava la sua vera passione, molto più che una semplice attività fisica. «Ci sarò. Va bene per le venti? Porto il gelato!» Per tutto il pomeriggio Stella non aveva fatto altro che pensare alla serata. Si era preparata con cura scegliendo un abitino da sera rosso, piuttosto scollato sul davanti, che metteva in risalto il suo bel seno. L aveva usato la notte di Capodanno e aveva riscosso un grande successo. Si era truccata e pettinata con una cura quasi maniacale, restando per ore chiusa in bagno, cosa che aveva mandato in 5

6 bestia sua sorella, che attendeva il proprio turno bussando nervosamente alla porta. «Ne hai ancora per molto?» «Ho quasi finito!» rispondeva Stella, serafica. Probabilmente, pensava, mentre si preparava al ballo con il Principe, Cenerentola si era sentita proprio come lei, persa nei suoi sogni. Come sempre da Sara c era un sacco di gente. C era Leone, l assessore, accompagnato dall onnipresente segretario alla ricerca di qualche nuova fanciulla da accalappiare; c era Marco, l amico di Giovanni, indolente impiegato di banca e scrittore a tempo perso; c erano poi tutte le ragazze del gruppo, compresa Lara, la compagna di Sara. L appartamento di Sara si trovava nel cuore della città. Piuttosto piccolo, possedeva però un salone accogliente al cui centro era stata allestita una tavolata piena di ogni ben di Dio, da cui ci si serviva a buffet. La serata si preannunciava piacevole, proprio come Stella si era immaginata. Era una graziosa biondina dagli occhi verdi e la corporatura esile, ma muscolosa. All epoca aveva un fidanzato, o meglio, come lo definiva lei, un accompagnatore. Lorenzo. Eppure Giovanni la intrigava come mai nessuno prima. Quella sera si accorse con un certo sgomento di pendere letteralmente dalle sue labbra. 6

7 «Faccio il giornalista freelance. Mi occupo prevalentemente di politica estera» stava raccontando alle ragazze del gruppo di danza. «Per quali testate giornalistiche?» chiese Stella, superando la timidezza. «Beh, diverse. Vendo i miei pezzi a chi li paga meglio.» «Sicuramente viaggerai moltissimo per lavoro» si inserì Mara, una graziosa brunetta. «Eh, sì! Sono stato in molti Paesi dell Est europeo, in Polonia al tempo di Lech Walesa, poi in Unione Sovietica, in Jugoslavia. Qualche volta ho persino rischiato di essere arrestato Sono luoghi pericolosi per un giornalista che vuole raccontare la verità.» Intorno a Giovanni si era creato un cordone di persone interessate ai suoi racconti. Stella non aveva mai conosciuto un uomo così brillante. Lo ascoltava rapita, senza perdersi una sola parola. La sua attenzione cresceva febbrilmente mentre Giovanni elencava una serie di personaggi famosi che aveva conosciuto e intervistato. Non sognava nemmeno di poter catturare l interesse di un uomo come lui. Del resto la sua vita era così scontata. Figlia primogenita, rimasta orfana di padre in tenera età, aveva trascorso l adolescenza in un paesino di provincia; si stava laureando in Medicina con ottimi risultati, è vero, ma per il resto... Restò in silenzio per il resto della serata. 7

8 Sapeva di potersi reputare una ragazza carina, quello sì, ma anche ben poco interessante. Giovanni invece aveva il fuoco vivo addosso. Brioso, irriverente, spumeggiante: sembrava una bottiglia di champagne appena aperta. «A tempo perso scrivo romanzi Harmony sotto pseudonimo» «Non ci posso credere!» esclamò Cristina. «Non me ne perdo uno!» «Sì, è una ragazza molto romantica» ironizzò Stella, con palese disgusto. Secondo lei quel genere di romanzi era quanto di più adatto ci fosse per ragazzine sdolcinate e senza un briciolo di cervello, il cui unico scopo nella vita era accaparrarsi un marito. Subito dopo però si sarebbe morsa la lingua. Che cretina! Invece di lodarlo, tra le righe aveva fatto capire a Giovanni che disprezzava quel che faceva. Si sarebbe presa a schiaffi da sola. «Scrivere quel genere di libri rende molto bene» ribatté lui, senza scomporsi più di tanto. Non solo era bello come un Dio Greco, ma probabilmente guadagnava anche bene. Non gli mancava assolutamente nulla per essere considerato il classico buon partito, il sogno di ogni ragazza, rifletteva Stella, convincendosi sempre più che Giovanni non si sarebbe mai interessato a una come lei. Come avrebbe potuto catturare la sua attenzione? Non le veniva in mente niente. E poi lui continuava a pavoneggiarsi con le altre ragazze del gruppo, versando loro da bere e facendo vagamente il cascamorto, 8

9 senza mai degnarla di uno sguardo. Si sentiva parte del mobilio. Una parte del tutto trascurabile, per giunta. Insolitamente triste, decise di ritornarsene a casa anzitempo. Proprio al momento dei saluti, però, Giovanni le andò incontro. Stava infilandosi il soprabito, quando si voltò e all improvviso se lo trovò davanti. «Posso accompagnarti io?» 9

10 Capitolo 3 Torino, gennaio 1990 Per circa sei mesi, Giovanni e Stella avevano giocato agli innamoratini di Peynet. Si sentivano telefonicamente più volte al giorno e il sabato di solito lui la invitava a cena in qualche locale romantico del centro storico cittadino. Ogni volta che si vedevano riusciva a catturare l attenzione di Stella con le sue storie di viaggi, luoghi e personaggi conosciuti; il tempo con lui passava veloce: era brillante e ferrato su qualsiasi argomento, mai banale, di una cultura fuori dal comune. Parlavano tanto, di ogni cosa, e il mondo intorno a loro cessava di esistere. Una sera Giovanni le fece una rivelazione che la lasciò sgomenta. «Sai, Stella, quando ero molto giovane sono stato sposato. Ero molto innamorato di mia moglie. Era bella, intelligente, la mia donna ideale Le ho donato tutto me stesso, ma dopo due anni lei mi ha lasciato. È scappata all estero senza darmi spiegazioni!» Gli si erano inumiditi gli occhi. «Da allora non l ho più vista, né sentita. Ancora oggi non so perché l abbia fatto. Per anni ho vissuto nella disperazione, ma ora ho incontrato te, un Angelo che è entrato a far parte della mia vita E non lo lascerò scappare. Sei troppo importante!» 10

11 Stella trattenne il fiato. Erano passati mesi, ma ancora non riusciva a credere che Giovanni fosse lì, accanto a lei, e che la tenesse per mano fissandola con aria adorante. Provava un intensa attrazione per quell uomo. Era qualcosa di fisico, certo, ma andava ben oltre. Era un sentimento che la toccava nel profondo, confondendola. Alto, moro, muscoloso, Giovanni aveva grandi occhi castani che quando la osservavano con attenzione, come in quel momento, le facevano quasi tremare le gambe. La storia della sua ex moglie l aveva colpita più di quanto fosse disposta ad ammettere: condivideva la sua sofferenza, ma soprattutto si chiedeva come fosse possibile per una donna abbandonare un uomo così meraviglioso. Giovanni riusciva a sorprenderla anche con le piccole cose, come quando per strada si fermava a raccogliere un fiore da donarle. Lo sai che la margherita in realtà si chiama leuchanteum vulgare, ossia fiore bianco? Simboleggia amore fedele e pazienza. Un tempo le fanciulle che la ricevevano in dono accettavano una promessa di amore, la stessa che io voglio fare a te! Ed ecco che all improvviso, come per magia, la storia di quel piccolo vegetale si trasformava in fiaba, e agli occhi di Stella acquisiva la dignità di un diamante. Conoscendolo meglio, scoprì che Giovanni era anche dolce, premuroso, molto diverso dai ragazzi che aveva frequentato fino allora. Era tenero, sensibile, amava gli animali, la natura, ed era terribilmente romantico. Le faceva provare emozioni che lei nemmeno immaginava 11

12 esistessero. Una sera aveva insistito per portata al parco. Si erano seduti su una panchina e tenendosi per mano avevano guardato il tramonto, mentre Giovanni le sussurrava nell orecchio parole dolcissime. «Mia stupenda principessa, ti adoro. Da quando ti conosco penso che nulla sia impossibile per noi.» Poi l aveva baciata a lungo, appassionatamente. Con una tenerezza infinita. Stella aveva ricambiato, abbracciandolo forte, e gli aveva detto che lo amava. Era un sentimento vero, intenso, ed era la prima volta che provava qualcosa del genere. Da quel momento Giovanni aveva preso a scriverle lunghe lettere, e lei si era sentita sempre più attratta da qualcosa immensamente più grande di lei. Cara Stella, più ti conosco, più i miei dubbi e le mie paure svaniscono. Dopo tanto tempo sento nascere in me un sentimento nuovo, fortissimo, che rischia di travolgermi. Da principio ne avevo paura, perché so quanta angoscia, quanta tristezza può causare un amore finito male Ma ora che ci sei tu, io sono tornato ad avere fiducia. Istintivamente. Mi sto innamorando di te e non voglio che questo sentimento sia solo questione di pelle, voglio che si trasformi in qualcosa di più forte. Voglio passare tutta la vita con te, capisci? Non sto cercando una fidanzata qualsiasi, ma una donna speciale cui dedicare tutto ciò che posso, tutto ciò che possiedo e che 12

13 riuscirò a dare. Per questo ti faccio tante domande: avrei voluto conoscerti da bambina, o da adolescente. Voglio avere stima di te, rispettare ogni tuo vezzo, ogni abitudine più ti conosco, più mi convinco che tu sia una persona meravigliosa, molto più di quanto avrei mai potuto immaginare. Eppure le mie mille paure non mi lasciano in pace nemmeno adesso. Ti piaccio? Continuerò a piacerti? Chi sono, io, per essere amato da te? Sei giovane, bella, circondata da persone più interessanti di me, che fanno cose più importanti, che ti sono più simili e che ti potrebbero assicurare una vita più tranquilla di quella che avresti al mio fianco persone che si accontenterebbero più facilmente. Io non mi accontento: voglio darti il massimo, rischiare il massimo, perché desidero che tutta la nostra vita sia al massimo. Desidero dividere con te le gioie e le tristezze che il futuro ci riserva, esserti utile come lo è la tua famiglia, il tuo lavoro. Per questo sono geloso. Vorrei che tu contassi su di me come conti su di loro, anche solo per appoggiare la testa sulla mia spalla in un attimo di tristezza. Voglio esserti necessario. Scrivere a te, Stella, per uno che fa il mio mestiere è un piacere egoista, ma voglio che tu sappia quanto stai rendendo felice la mia vita in questo momento. Di te mi piace tutto: la tua intelligenza, il tuo buonsenso di provincia, la dolcezza e ogni curva del tuo corpo. Lasciati amare, Stella. Prestami il tuo viso e il tuo corpo. Anche 13

14 solo per un attimo. Anche solo per l eternità, affinché io li faccia danzare (purtroppo quest ultima frase non è mia, ma di Marco). Tuo, Giovanni Sorridendo, Stella piegò la lettera e la ripose nel cassetto della scrivania, che ormai conteneva decine e decine di lettere di Giovanni. A quel punto non poteva più sottrarsi all inevitabile. Tentennò ancora un po, poi con un sospiro alzò la cornetta e compose il numero di Lorenzo. Erano giorni che rimandava quella telefonata. «Mi dispiace, ma non posso più stare con te. Io non ti amo.» Un annuncio frettoloso, lapidario, che non gli lasciò il tempo di replicare. Mise giù che quasi le mancava il fiato per il dolore e lo sconcerto. Per la prima volta nella sua vita, Stella si sentiva un verme. Non aveva avuto neanche il coraggio di comunicargli la sua decisione guardandolo negli occhi. Aveva preferito tenersi a distanza, ricorrendo a quella diavoleria tecnologica, per evitare uno sguardo che non avrebbe retto. Eppure non era mai stata innamorata di Lorenzo, non aveva mai pensato seriamente a un futuro insieme Ma questi pensieri non le impedivano di sentirsi colpevole. Sapeva che Lorenzo aveva intuito da tempo come stavano davvero le cose, e soffriva in silenzio. Sperava che prima o poi Stella sarebbe tornata da lui, comprendendo quanto profondo e sincero fosse il suo sentimento. Ma si sbagliava. Ormai per Stella esisteva solo Giovanni. 14

15 Quell uomo l aveva coinvolta totalmente, senza appello. 15

16 Capitolo 4 A sua madre Maria, Giovanni non piaceva per niente. «C è qualcosa nel suo modo di fare che non mi convince» aveva commentato una sera mentre parlavano al telefono. Il tono lapidario era di quelli che non ammettevano repliche, proprio come quando Stella e sua sorella erano bambine. «Sei solo gelosa!» aveva ribattuto lei, infastidita. «Il tuo è un sentimento naturale, devi imparare a conviverci e a farti una ragione del fatto che ormai io e Giovanni stiamo insieme». Aveva continuato, sicura della sua diagnosi. Non solo Giovanni era d accordo con lei, ma più volte le aveva ripetuto che era ora di tagliare il cordone ombelicale una volta per tutte. Nel modo di pronunciare quell espressione era implicito che al ragazzo il legame così forte che Stella aveva con sua madre appariva un po insano per sua età. Del resto anche lei si stava gradualmente convincendo che fosse proprio così. Nonostante la vita l avesse messa a dura prova, Maria era una donna ancora piacente. Sposatasi in giovane età, era rimasta vedova a soli ventisette anni con due bambine piccole da crescere e aveva dovuto rimboccarsi le maniche per laurearsi e dare avvio alla sua carriera professionale. Era riuscita a ottenere una cattedra alle scuole medie, un mestiere che le garantiva una certa 16

17 autonomia. Nonostante l apparente bonarietà, era una donna dal piglio deciso: le difficoltà che aveva dovuto affrontare avevano affinato il suo fiuto per le incognite che la vita riservava anche laddove uno non se le aspettava, ma Stella, complice la sua giovane età, credeva che fosse tipico di una madre vedere pericoli ovunque. Quando la figlia le aveva presentato Giovanni, Maria non aveva potuto fare a meno di notare alcuni particolari che l avevano turbata. Una sera Stella lo aveva invitato a cena per farglielo conoscerlo, così lei aveva preparato il bollito con salse miste, il piatto che la figlia le aveva detto essere il preferito del suo nuovo fidanzato. Aveva apparecchiato la tavola con cura, scegliendo una tovaglia di lino bianca che usavano solo nelle occasioni importanti. Dalla cucina si spargeva il delizioso profumo della carne e Maria era impaziente di conoscere il giovanotto di cui sua figlia si era innamorata. Quella sera a cena c era anche la nonna di Stella, Onorina, che, abitando da sola, mangiava spesso a casa della figlia. Quella sera Stella era molto nervosa. Dentro di sé avvertiva un senso d inquietudine che non riusciva a spiegarsi. Nemmeno la presenza della nonna, cui era molto legata, riusciva a mitigare la sua ansia. Sapeva quanto fosse arguta e talora inopportuna, perciò le fece mille raccomandazioni. «Per favore, nonna, non farmi fare brutte figure con il mio ragazzo!» la implorò mentre aspettavano Giovanni. 17

18 Stranamente lui si presentò in ritardo. Sembrava trafelato. «Ho avuto un impegno di lavoro che mi ha trattenuto oltre l orario previsto», disse, scusandosi. Ed effettivamente aveva un espressione colpevole. Di primo acchito, Maria lo trovò semplicemente strano. Durante la cena lo aveva invitato a parlare di sé. I denti in disordine, le unghie un po sporche, ma soprattutto il fatto che raramente la guardava negli occhi quando le parlava della sua professione non mancarono di metterla immediatamente su chi va là. Nonostante i continui apprezzamenti sul cibo da parte di Giovanni, l atmosfera si fece presto irrespirabile. L iniziale diffidenza di Maria non tardò a trasformarsi in aperta ostilità, e, cosa ancor peggiore, era impossibile non accorgersene: non gli toglieva gli occhi di dosso, e quando gli rivolgeva la parola lo faceva con un tono di voce stridulo, a stento garbato. Imbarazzatissima, Stella cercava invano le gambe di sua madre per darle un calcio. Poi sorrideva forzatamente, cercando una battuta che smorzasse la tensione. Prima di congedarlo, aveva stretto forte le mani di Giovanni in segno di complicità. Ben sapendo di mentire e consapevole che lui se ne sarebbe accorto gli aveva detto: «Sei piaciuto moltissimo alla mia famiglia! A domani». 18

19 Mentre aiutava a sparecchiare, Stella inveì contro la madre: «Ti sei resa conto di aver sottoposto Giovanni a una specie di macchina della verità? Gli hai fatto il quarto grado!». Maria si asciugò con cura le mani. Non voleva ferire sua figlia, ma al tempo stesso non poteva tacere. «Non mi piace, Stella. Quel ragazzo non mi piace per niente» ripeté, convinta. «Ma non deve mica piacere a te! Perché non vuoi che io sia felice?» urlò Stella, sfogando il nervosismo accumulato durante quella terribile serata. Poi abbandonò la tavola ancora imbandita e corse a rifugiarsi in camera sua. Maria sentì sbattere la porta. Costernata, si mise a sedere su una poltrona e passandosi ripetutamente le dita tra i capelli, come faceva quando doveva prendere una grave decisione, cominciò a chiedersi come tutelare sua figlia senza farsi odiare da lei. La nonna per tutta la cena non aveva parlato, limitandosi a osservare. Dopo che Stella si era ritirata in camera sua, però, aveva commentato con la figlia: «Questo ragazzo più che un giornalista, mi sembra un giornalaio». I discorsi acculturati di Giovanni non erano riusciti ad ammaliare Onorina. 19

20 Dopo quella cena, Maria cominciò a tormentare costantemente Stella, sempre più infastidita dai continui interrogatori cui sua madre la sottoponeva. Forse Giovanni aveva ragione, pensava la ragazza. Era ora di diventare autonomi dalla famiglia, sia economicamente che emotivamente. D altra parte poteva permetterselo. Studiava ancora, è vero frequentava il corso di specializzazione post lauream ma aveva la sua borsa di studio, e poi guadagnava qualche soldino lavorando come medico presso alcuni centri estetici. Sì, avrebbe potuto farcela. Nell estremo tentativo di far ragionare sua figlia, Maria aveva cercato di coinvolgere amici e conoscenti. Ma più di tutti aveva puntato su sua madre, la nonna che Stella adorava. Capelli canuti su un viso disteso e poche rughe a segnare una vita dura, ma tutto sommato serena, Onorina era una donna decisa. La guerra e le dolorose vicende familiari che avevano visto un patrimonio immenso sgretolarsi dopo la morte del padre, l avevano resa una roccia, un generale, come la definivano spiritosamente i suoi figli. Si era sposata con un uomo buono e docile, uno stimato medico di paese, e l aveva dominato per tutta la vita. 20

21 Maria era la figlia maggiore nata dalla loro unione, così chiamata in onore della Vergine. Dopo la morte del marito, invecchiando Onorina si era addolcita. Stella la ammirava per la sua lungimiranza: dopo la laurea, sua nonna aveva insistito per pagarle un corso di medicina estetica. «Così potrai lavorare e mantenerti da sola agli studi di specializzazione» le aveva suggerito. E così era stato. Quando sua figlia Maria aveva deciso di sposarsi con un uomo che non corrispondeva ai suoi canoni perché squattrinato e di umili origini, aveva fatto fuoco e fiamme. Solo l intervento del marito aveva messo pace. Le aveva chiesto: «Se quando Maria è nata ti avessero detto che si sarebbe sposata con un medico, saresti stata contenta?». Così l aveva spiazzata. Alla morte del marito, Maria aveva accolto in casa la figlia e le nipoti, alle quali aveva fatto un po da seconda mamma. Per questo Stella le era così affezionata. Anche lei non vedeva di buon occhio il nuovo fidanzato della nipote, ma rispetto a sua figlia era molto più scaltra. Sapeva che a nulla sarebbe valso osteggiare l amore tra i due giovani. Per cui, almeno apparentemente, non si era mai messa contro la nipote. Si limitava a lavorare dietro le quinte, 21

22 aiutando Maria nelle sue indagini. A Stella faceva domande all apparenza innocue. Ogni tanto le chiedeva: Sei felice con il tuo ragazzo?. Ma certo, nonna! Mi tratta come una regina, rispondeva Stella, sicura. Sono contenta per te, tesoro! Sai, ora che sono vecchia ti posso svelare un segreto: una coppia è stabile quando ci sono sincerità e rispetto. Purtroppo la passione prima o poi si spegne Stella apprezzava i consigli della nonna, e mai e poi mai avrebbe intuito che anche lei nutriva forti sospetti nei confronti Giovanni. 22

23 Capitolo 5 Stava studiando, quando fu interrotta dal telefono che squillava. «Avevo ragione io!» strillò sua madre, agitata, senza nemmeno salutarla. «Giovanni non è un giornalista!» «Come?! E tu come fai a saperlo?» «Ho i miei informatori. E lui non è nell albo dei giornalisti!» Non aveva mai sentito sua madre così alterata. Sembrava un indemoniata. «Mamma, ma ci vogliono anni prima che un giornalista venga iscritto all Albo!» «Ma lui ha raccontato di avere anni di esperienza! Com è che non risulta ancora iscritto?» «Smettila, stai esagerando!» «Stella, tu sei innamorata, non riesci a vedere lucidamente la realtà!» Solo allora Stella si rese conto di quello che sua madre aveva fatto. Un andata d indignazione la travolse e per qualche secondo le impedì di parlare. 23

24 «Come ti sei permessa?» La sua voce vibrava di rabbia. «Come hai potuto metterti a indagare sul mio fidanzato senza avvertirmi? Senza che io ti avessi dato l autorizzazione?!» «Dai retta a me e alla mia esperienza!» insistette sua madre. Ma lei non la ascoltava più. Non ricordava di essere mai sentita così in collera, fuori di sé e con intenzioni bellicose; lei, che in genere era così mite e che non aveva mai dato alcun problema né in casa, né fuori. Ma era troppo tempo che quella storia andava avanti, e lei era giunta al culmine della sopportazione. «Ascoltami bene, mamma. Io sono innamorata di Giovanni e, che tu lo voglia o no, porterò avanti questa storia Ognuno ha il diritto di fare le proprie esperienze!» Mentre parlava, le sue pupille si chiusero a spillo come quelle di un serpente a sonagli, le mani le sudavano copiosamente. «Un giorno, Stella, quando la passione finirà, capirai» continuò Maria, senza capire che stava innescando un meccanismo senza via d uscita. Stella sentiva la rabbia crescere ancora e ancora. «Basta! Non voglio più vederti né sentirti! Voglio vivere la mia vita senza che tu interferisca ancora. Addio!» 24

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26 Capitolo 6 Torino, marzo 1990 Qualche giorno dopo Stella traslocò a casa di Giovanni, una mansarda nel pieno centro storico di Torino. Era piccola una bomboniera, come la definiva lei e aveva i muri un po scrostati, costantemente umidicci; Giovanni fumava a dismisura e nell aria aleggiava un forte odore di sigarette, ma era intrisa di storia, e questo la rendeva affascinante nonostante tutti i suoi difetti. Chissà chi ci aveva abitato prima di loro, quali amori e quante vicende si erano intrecciati, consumandosi in quei pochi metri quadri A poca distanza da loro abitava Marco assieme alla sua famiglia. Una sera di qualche anno prima, Giovanni aveva sentito suonare il campanello. Era andato ad aprire e si era trovato davanti un uomo sulla cinquantina, di bell aspetto, coi capelli brizzolati e una barba incolta da bohémien. Era Marco. «Mi scusi, volevo chiederle se il suo alloggio è in vendita.» «Non è di mia proprietà» rispose Giovanni, perplesso. 26

27 «Non è che per caso ha intenzione di andarsene? Non che lei mi sia antipatico, ma mi farebbe comodo appropriarmi del suo alloggio.» «Appropriarsi del mio alloggio?» «Sì. Confina con il mio, quindi potrei allargarmi. Sa, ora che ho avuto una figlia, il mio appartamento comincia a essere un po troppo piccolo per tre persone» «No, ma neanche per sogno! Tutto ciò che posso fare per lei è offrirle una birra, le va?» Da quel momento in poi erano diventati buoni amici. Marco era un personaggio piuttosto singolare, fumatore accanito di tutto ciò che si poteva fumare: pipe, sigari, cigarillos e sigarette. Amava comporre poesie simboliste e scrivere canzoni impegnate, stile cantautore, che canticchiava durante i dopo cena con gli amici, accompagnandosi con la chitarra. A tempo perso, come diceva spesso sua moglie, dal momento che l uomo in realtà lavorava presso la filiale di una banca. Lui e Giovanni spesso si scontravano perché Marco non condivideva le sue idee politiche di estrema sinistra. Discutevano su tutto, ma non litigavano mai. Le loro serate si concludevano quasi sempre con grandi bevute, fumando fino a tarda notte stecche di Malboro. Ben presto Stella fece amicizia con Clara, la moglie di Marco, una donna minuta, dal sorriso aperto e dal carattere dolce e paziente. Di mestiere faceva la disegnatrice presso la Fancetti, una famosa 27

28 ditta di giocattoli. E poi c era Titty, la loro deliziosa figlioletta di appena quattro anni, con grandi occhi neri e un carattere vispo. Spesso s intratteneva con lei al parco giochi. Nei primi tempi Stella portò una vera e propria rivoluzione nel piccolo appartamento di Giovanni. «Giovanni, ti piace il nuovo copri divano? L ho visto oggi al mercato e mi è subito piaciuto!» «Sì tesoro, mi piace moltissimo. E poi il colore s intona con quello delle pareti.» «Giovanni, mi aiuti a spostare i mobili? Ho pensato a una nuova disposizione che farà apparire l ambiente più spazioso.» «Va bene, Stella Sono ai tuoi ordini, mia regina!» Con quell attività frenetica, che le ricordava i gesti compiuti quotidianamente da sua madre quando ancora vivevano insieme, cercava di cacciare in fondo all anima il dolore per quella loro brutale separazione. Con la sorella era invece rimasta in buoni rapporti. Di lì a poco, Cristina si sarebbe sposata. Stava allestendo casa a Milano con il futuro marito, dunque aveva altri pensieri per la testa. Stella sentiva quasi tutti i giorni anche nonna Onorina, che cercava disperatamente di mettere pace tra mamma e figlia. «È vero, tua madre è stata troppo protettiva, troppo impulsiva, ma ti ha sempre voluto bene!» 28

29 «Se mi avesse voluto davvero bene, avrebbe accettato il mio amore per Giovanni proprio come hai fatto tu quando lei si è innamorata di mio padre.» «Non essere così dura, con lei. Ricordati che la sua non è stata affatto una vita facile.» La voce della nonna era dolce, comprensiva. «Ma perché le è così difficile accettare che io sia felice? Non riesco a perdonarla per come ha trattato Giovanni.» «Stella, la nostra vita non ritorna indietro e non si ferma a ieri. Pensa alla tua mamma con l affetto e l amore di un tempo.» «Non ce la faccio, nonna» La voce le si spezzava in gola. «Tesoro, non rincorrere le nuvole trascurando la luce del sole. Ricordati che noi siamo, e rimarremo sempre, la tua famiglia.» Dopo ogni telefonata con la nonna, Stella si chiudeva in bagno a piangere. Quelle parole le toccavano il cuore, più di quanto non volesse ammettere. Ma era troppo ostinata, e pur di dimostrare di aver ragione era decisa a non mollare. Ma il vuoto restava, e anzi si faceva sempre più profondo. Cercava di riempirlo organizzando cene con gli amici di sempre, ma si accorgeva che loro, dopo aver conosciuto Giovanni, si allontanavano da lei ed evitavano ulteriori uscite inventandosi le scuse più disparate. Con lei Giovanni era sempre dolce, ma stava diventando anche possessivo. Proprio nelle ultime settimane le 29

30 aveva fatto ripetutamente notare come gli altri uomini la guardassero quando indossava abiti troppo scollati. Una sera le aveva fatto una scenata epocale. «Hai visto come ha sbirciato la tua scollatura il vicino quando ti ha incrociato sulle scale?» «Quale vicino?» «Non fare la finta tonta! Il negro che abita al terzo piano.» Giovanni si accese una sigaretta con un gesto nervoso, espirando la prima boccata di fumo sul viso di Stella. «Ma non è vero!» protestò lei. Cercò inutilmente di allontanare il fumo con le mani. «Fai finta di non essertene accorta? Sbirciava proprio il tuo decolté! Non voglio che tu indossi abiti succinti. Ora stai con me, perciò vedi di non comportarti da troietta.» Quell affermazione ferì profondamente Stella. «Non usare certi termini con me, Giovanni. Non me lo merito!» «E allora piantala di provare in tutti i modi a farmi ingelosire!» Parlando si tormentava il lobo dell orecchio destro. «A che cosa ti stai riferendo?» Stella era sempre più perplessa. Non si era mai comportato così, prima d allora, e quel che era peggio è che le sue accuse erano completamente campate per aria. Il vestito che indossava quel giorno era quanto di più lontano 30

31 ci fosse dall essere un abito sexy, o anche solo vagamente provocante. La sua risposta la lasciò senza parole. «A Lorenzo. Mi dà terribilmente fastidio pensare che lui ti abbia baciata, che ti abbia toccata, che abbia fatto l amore con te!» Che Giovanni non stesse scherzando era evidente dall espressione seria e imbronciata, e dal modo in cui fumava, a scatti nervosi, mentre camminava su e giù per la minuscola stanza che costituiva il loro soggiorno. «Ma Lorenzo è acqua passata Come puoi essere geloso di lui?» «Hai continuato a frequentarlo per mesi, mentre io ti sbavavo dietro!» le rinfacciò. «Ma poi l ho lasciato per stare con te! Giovanni, io ti amo, come faccio a fartelo capire?» «Io sono geloso di ogni uomo che ti avvicina, lo capisci?» le urlò quasi in faccia, gettando la sigaretta a terra e schiacciandola con un piede. «Ma non ce n è motivo! Comunque, se ti dà fastidio che indossi questo abito, non lo metterò più.» «Tu sei mia, per ora e per sempre.» Il suo tono suonava quasi minaccioso, ma non ebbe tempo di rendersene conto. 31

32 All improvviso Stella si sentì afferrare i capelli e rovesciare la testa all indietro. La bocca di Giovanni s incollò alla sua. Cominciò a baciarla avidamente, come a suggellare un unione che nessuno avrebbe mai potuto dividere. Quella notte fecero l amore con passione e furore, mordendosi e graffiando la pelle, e il mattino successivo, come sempre da quando abitavano insieme, lui le portò la colazione a letto. Era quella la cosa che più adorava, in lui. Giovanni la riempiva di attenzioni: la cullava tra le braccia quando non riusciva ad addormentarsi, cucinava per lei i suoi piatti preferiti, le sbucciava persino la frutta, facendola sentire una regina. La svegliò con un bacio profondo, infinitamente più tenero di quelli che si erano scambiati durante la notte. «Ma tu lo capisci quanto ti amo?» le sussurrò all orecchio. «Anch io ti amo da impazzire!» Era vero. Stella era perdutamente, irrimediabilmente innamorata di lui, e sapeva di non poterne più fare a meno. 32

33 Capitolo 7 Una sera, qualche mese dopo l inizio della loro convivenza, Giovanni invitò Stella a cena all Hosteria Mamutones, un ristorante sardo nel centro storico di Torino, i cui proprietari lo conoscevano piuttosto bene. Ordinarono cozze marinate, spaghetti allo scoglio e fritto di mare, il tutto annaffiato da un buon vino bianco secco. Al momento del dolce, Stella si alzò per andare in bagno. Al suo ritorno, trovò Giovanni che la aspettava in piedi: tra le braccia teneva un enorme cuore rosso formato da decine di palloncini. Su ciascuno di essi, disegnata con un pennarello blu, c era una lettera che contribuiva a formare la scritta: Mi vuoi sposare? Ti amo da morire!. Tutti gli avventori del locale si erano voltati a fissare la scena, e Stella si sentiva al tempo stesso felice e imbarazzata. Subito dopo fecero il loro ingresso due suonatori di fisarmonica che attaccarono Strangers in the Night. Giovanni la invitò a ballare e lei gli si strinse contro, facendosi più piccola che poteva, felice di non doversi più guardare intorno, incrociando gli occhi curiosi della gente. Giovanni aveva lo sguardo languido e gli occhi lucidi. «Voglio che tu diventi mia moglie, e che rimanga con me per sempre» le ripeté con urgenza, quasi le parole scritte sui palloncini non bastassero. 33

34 Con le guance in fiamme e un filo di voce, Stella gli sussurrò all orecchio: «Anch io lo voglio». Quella sera non tornarono subito a casa. Andarono a godersi lo spettacolo della luna piena su una panchina del parco, stretti l uno contro l altra, un po intorpiditi dal gelo che si faceva via via più intenso, penetrando nelle ossa. A Stella sembrava che anche il suo cuore fosse infreddolito. Provava una strana mescolanza di gioia e di dolore, come quando stai vivendo in un bellissimo sogno che non puoi condividere con la persona più importante della vita. Sua madre, la sua unica famiglia. «Mi piacerebbe che ci sposassimo in chiesa.» Questo fu l unico desiderio che espresse. Giovanni era già stato sposato, ma solo civilmente, perciò il matrimonio religioso era possibile. «Ma sai che sono ebreo» obiettò lui. «Domenica potremmo andare a trovare don Carlo e chiedergli se sono possibili riti misti Per favore, Giovanni, accontentami!» gli chiese con voce petulante da bambina. Lui le aveva ripetuto più volte di essere ebreo, motivo per cui un matrimonio cristiano avrebbe potuto rappresentare un problema. Quando le aveva raccontato la storia della sua famiglia, le aveva parlato a lungo di come i suoi nonni materni erano stati perseguitati durante il fascismo proprio a causa della loro discendenza. Per fortuna gli erano stati risparmiati i campi di concentramento. 34

35 Ogni volta che si recavano al cimitero per trovare i parenti defunti, Giovanni depositava sulla loro tomba un sassolino. La prima volta che l aveva visto compiere quel gesto, Stella l aveva osservato rapita. «Che significa?» aveva chiesto. «Gli ebrei lasciano un sasso sulla tomba dei loro cari come testimonianza della visita fatta» le aveva spiegato Giovanni. Da allora anche Stella, trovando questo gesto pregno di significato, aveva preso la stessa abitudine. 35

36 Capitolo 8 I genitori di Giovanni erano persone molto ospitali. Di origine veneta, dopo il matrimonio si erano trasferiti a Torino. Il padre era stato funzionario delle Ferrovie dello Stato, e una volta in pensione aveva aperto un agenzia di assicurazioni nella quale lavorava anche la moglie. Anche Giovanni, insieme alla sua prima moglie, ogni tanto aveva dato una mano. Stella aveva avuto modo di incontrare i genitori di Giovanni qualche tempo dopo la proposta di matrimonio, la prima volta in cui erano stati invitati a cena da loro. La casa in cui abitavano era arredata con uno stile essenziale ma accogliente; si trovava in un quartiere popolare della città, costruito intorno agli anni Sessanta. Stella aveva cercato di aiutare la madre di Giovanni a preparare la tavola e aveva subito notato quanto fosse poco loquace. Non aveva rifiutato l aiuto, ma era come se si sentisse in imbarazzo. Era una donna esile, dall aspetto curato. Avrà all incirca una settantina di anni, pensò Stella, osservandola con curiosità. I capelli erano di un biondo artefatto, dalle sfumature che andavano dal miele al color cenere; era chiaro che si faceva la tinta in casa, senza ricorrere alla parrucchiera. Tuttavia erano in perfetto ordine, e Stella si chiedeva come facesse a mantenerli in quello stato, mentre lei, nonostante tutte le attenzioni, aveva i capelli sempre spettinati. 36

37 Quando si erano finalmente seduti a tavola, aveva notato quanto differenti fossero tra loro i genitori di Giovanni. Il padre, anche lui sulla settantina, sembrava lontano anni luce dalla moglie sia per l aspetto era calvo, di corporatura massiccia sia per la personalità. L aveva subito messa a suo agio con un paio di battute sui torinesi: aveva rotto il ghiaccio e durante tutta la cena si era mostrato socievole. Era chiaro che era una persona di compagnia. Stella se lo immaginava a una di quelle feste di paese, dove ci sono grandi tavolate, in cui si mangia e si beve a dismisura, intento a ridere e a scherzare con gli altri commensali. La madre aveva cucinato la polenta con gli uccellini scappati, una specialità veneta. Consisteva in un piatto di polenta e carne in cui non c era traccia di uccellini proprio perché erano scappati! Avevano riso e scherzato sul nome di quel piatto delizioso, e Stella si era sentita subito a suo agio. Dopo la cena e dopo qualche bicchiere di un buon vino rosso, si erano spostati in salotto, dove, come da tradizione, le avevano mostrato gli album fotografici che ritraevano la famiglia al completo. Compariva anche Paolo, il fratello maggiore di Giovanni. «Lo sai, Stella, che Paolo dopo la laurea è diventato il manager di una grossa multinazionale?» le raccontò con orgoglio il padre. «Lo vediamo poco perché è sempre così impegnato è sposato, e ci ha dato un nipotino!» Nel nominarlo gli brillarono gli occhi. 37

38 «Altro che nipotino» s intromise la moglie. «Ormai è un adolescente! Ha già tredici anni, il nostro paciughino!» E intanto le mostravano le immagini del nipotino da piccolo, con ancora il ciuccio, e poi più grandicello, durante una cerimonia, insieme a dei genitori palesemente orgogliosi. Stella ebbe la netta impressione che ai loro occhi Paolo fosse il figlio perfetto. Tra le foto, ecco comparire quelle del battesimo di Giovanni in cui lui, contrariato per l acqua che gli era appena stata versata sulla testolina rotonda, strillava tra le braccia del padrino. All improvviso Giovanni divenne molto nervoso. «Ma che volete che importi a Stella delle nostre foto di famiglia!» commentò, acido, torcendosi nervosamente le mani. «Dai! Si è fatto tardi. Andiamocene» Si alzò bruscamente, tirandola per un braccio. L espressione dei suoi occhi era cambiata, sembrava che da un momento all altro potessero prendere fuoco dalla collera. Ma anche l umore di Stella era cambiato all improvviso. Prima ancora che arrabbiata, era incredula: non c era alcun dubbio che Giovanni le avesse mentito, visto che non era affatto ebreo. 38

39 Capitolo 9 Quando arrivarono a casa, Stella non riuscì a trattenersi. «Sei un bugiardo, mi hai mentito su una questione così importante!» urlò con voce incrinata dal pianto. Si sentiva così delusa! A fatica sfilò gli stivali e li gettò a terra. I polpacci si erano gonfiati, le vene dei piedi erano dilatate e le dolevano, e a questo c era da aggiungere il suo amor proprio ferito, che faceva male più di tutto il resto. «E io, stupida, che ci ho creduto ti ho portato persino da don Carlo!» Sentiva che le sue corde vocali s infiammavano sempre più, disabituate com erano a urlare. «E poi la messa in scena di quando deponevi i sassolini al cimitero! Mi fai schifo!» Era così presa dalla sua rabbia che non riusciva nemmeno a voltarsi per guardarlo. Sentì solo uno schiaffo arrivarle in pieno volto. Alzò gli occhi un istante, sbalordita, poi non ebbe più tempo di rendersi conto di nulla. Accadde tutto in un lampo. Giovanni aveva il viso paonazzo, livido, sfigurato in una maschera di rabbia. Si sentì prendere per i capelli e trascinare a terra. Poi, in 39

40 maniera frenetica, incontrollata, cominciarono ad arrivarle addosso i pugni e gli schiaffi. Una ferocia inaudita, una violenza così inaspettata da lasciarla tramortita. Non riusciva a reagire in alcun modo, non riusciva a difendersi. Sentiva i colpi percuoterle il corpo, ma non il viso, come se Giovanni cercasse di evitarlo di proposito. Passò del tempo non avrebbe saputo dire quanto prima che riuscisse a parlare. «Bastardo, piantala! Cosa stai facendo?» urlò, a metà tra i singhiozzi e un lungo gemito di dolore. Ben presto si accorse che le sue urla lo eccitavano ancora di più, proprio come succede al toro nell arena di fronte al drappo rosso. S impose di tacere, sperando che lui si calmasse da solo. Dov era finito il Giovanni romantico, quello che l accarezzava dolcemente, sussurrandole parole d amore? A che razza di uomo aveva lasciato il posto? Sfinita dalle botte, s impose di non reagire. Sarebbe rimasta muta, immobile, un animale che cerca di difendersi dal suo carnefice fingendosi morto. Forse in questo modo sarebbe riuscita a calmarlo, a far sì che la lasciasse perdere. E difatti poco dopo Giovanni mollò la presa. Stella sentì di aver scampato un pericolo mortale. Ricordava quando da bambina, in preda a un raptus di rabbia, aveva lanciato dei sassi contro una finestra, spaccandola. Solo in un secondo momento si era resa conto di quel che aveva 40

41 combinato e delle possibili conseguenze di quell atto. In quel momento il suo cervello era andato in tilt, proprio come doveva essere successo a Giovanni. Si trascinò sul pavimento, dolorante e sfinita, cercando di raggiungere la camera da letto. Non capiva dove fosse finito lui; di certo era uscito dalla stanza. Era terrorizzata, non sapeva cosa fare. Doveva andarsene da lì prima possibile, questo era chiaro. In camera, indossò velocemente il pigiama e si infilò sotto le coperte. Chiuse gli occhi e spense la luce, non perché volesse dormire, ma perché non voleva vedere più nulla. Dopo tutto quel che era successo non sarebbe mai riuscita ad addormentarsi, ne era sicura. Sentì il rumore dell acqua scrosciare nel bagno. Giovanni si stava facendo la doccia. Sperava che decidesse di dormire sul divano e non accanto a lei, perché non sarebbe riuscita a sopportarlo. L acqua scrosciava e scrosciava ininterrotta, ma lui non usciva mai. Che stava succedendo ancora? Il tempo scorreva senza che lei ne avesse la percezione, senza che si rendesse conto quanti minuti fossero passati o forse erano ore? Una, due di più? quando all improvviso sentì aprirsi la porta. Trattenne il respiro nel buio sentendo che si stava avvicinando al letto. Fece finta di dormire, ma aveva il cuore in 41

42 subbuglio. Batteva così forte da dolerle, temeva che lui lo sentisse. Con crescente sgomento, si rese conto che Giovanni era nudo. Le labbra attaccate al suo orecchio, le bisbigliò: «Ricordati che tu sei mia». Poi la prese, spogliandola con brutalità, e cominciò a fare sesso con lei. Non c era amore nei suoi gesti. Avvertiva chiaramente come desiderasse solo scaricare in lei i suoi impulsi più bestiali, ma rimase inerme. Sapeva di essere impotente. Si sentiva usata, ferita nella sua dignità di donna. Quando lui infine crollò sul materasso, soddisfatto, si sentiva sporca, nel corpo e nell anima. Scese dal letto e si precipitò in bagno per lavare via da sé tutta la vergogna e la rabbia che provava, anche se non sarebbe mai stato possibile, lo sapeva. Durante la notte non riuscì a chiudere occhio. Le botte che aveva preso cominciavano a farle male. Sentiva delle fitte sul torace, sulle braccia e sulle gambe. Sentiva anche un peso sullo stomaco, una gran voglia di vomitare. La testa era pesante, le tempie pulsavano dolorosamente. Mamma, pensò, dove sei? Ho bisogno di te! Perché non ti ho dato retta? Nella sua testa rivedeva le immagini di sua sorella, della nonna e degli amici di un tempo, gli stessi che a causa della sua relazione con Giovanni si erano gradualmente allontanati da lei. Si sentiva in 42

43 colpa per non aver saputo comprendere i loro segnali d allarme. O forse aveva compreso, ma aveva preferito non vedere. Era la prima volta che qualcuno le metteva le mani addosso, che la violentava, e mai in vita sua Stella avrebbe immaginato che un esperienza simile sarebbe toccata proprio a lei. Stesa, con gli occhi sbarrati, inerte di fianco al suo aguzzino, meditò un piano. Sapeva che una volta presa la decisione di abbandonare quella casa non avrebbe potuto portare via le sue cose, ma quello che Giovanni le aveva appena fatto era talmente orribile che la paura cancellava qualunque altro dettaglio materiale. Grazie alla scappatoia offertale dal suo lavoro, il mattino seguente uscì da quella casa per non rientrarvi più. 43

44 Capitolo 10 Stella si rivolse alla sua migliore amica. Quando Veronica le aprì la porta di casa e la ragazza rivide i suoi lunghi capelli scuri, il bel viso dall ovale perfetto, ornato da dolci occhi azzurri e labbra carnose, sempre sorridenti, si sentì quasi rinascere. In un certo senso poteva considerarsi nuovamente a casa, se per casa s intendeva un luogo in cui essere al sicuro. Era certa che in quel paesino Giovanni non sarebbe riuscito a trovarla. In quel momento non pensava alle mille peripezie che l uomo aveva messo in atto per scovare e riconquistare l ex moglie. «Ti ricordi di quello che ti ho raccontato della prima moglie di Giovanni?» chiese a Veronica una sera, mentre sorseggiavano una tazza di tè davanti alla televisione. «Sì quella ragazza che l ha abbandonato andandosene all estero senza dargli spiegazioni, giusto?» «E se anche lei fosse una vittima di Giovanni?» Quel pensiero la terrorizzava. «Già. È possibile che sia fuggita per non subire più le sue angherie.» 44

45 «Altro che povero marito abbandonato Giovanni è un aguzzino, e quella donna è stata una sua vittima!» Alla luce di quella considerazione, molte cose all improvviso acquisivano un senso. E poi accadde l inevitabile. Una domenica pomeriggio Veronica si trovò Giovanni sulla soglia di casa. L espressione afflitta, lo sguardo basso, teneva tra le mani un enorme mazzo di rose rosse. Dal soggiorno, Stella riusciva a udire distintamente il loro vocio. «Stella non desidera vederti» continuava a ripetere Veronica. Poi, indignata: «Mi ha raccontato ogni cosa: le bugie che le hai raccontato e tutto il resto». Studentessa in diritto penale, la sua amica sapeva bene a quali rischi poteva ancora andare incontro se lo avesse rivisto, e non voleva in alcun modo che Giovanni entrasse in casa per incontrare Stella. Ma non ci fu verso di fermarlo. «Devo vederla» insistette l uomo. «Anche solo per un attimo! Non puoi fermarmi, ho assolutamente bisogno di parlarle.» Spintonando Veronica, riuscì infine a raggiungere il salotto. Stella era seduta su un divano angolare di pelle rossa; si era appena scottata la lingua sorseggiando una tisana. Quando vide entrare Giovanni, le mani le tremarono e rovesciò parte del liquido caldo sui pantaloni. Non riusciva a parlare. 45

46 Lui le si gettò letteralmente ai piedi, implorandola di perdonarlo, proprio come aveva fatto Cyrano di fronte a Rossana, poco prima di morire. «Stella, dimentica quello che è successo! Non ho osato dirti la verità perché non volevo sposarti in chiesa!» disse, cercando di afferrarle le mani. Stella non parlava. Aveva la bocca secca, l animo in subbuglio. Avrebbe solo voluto scomparire. «Ma ora ho capito!» continuò lui. «L amore infinito che provo per te mi ha cambiato» Mentre le giurava che mai, mai più si sarebbero ripetuti episodi di violenza, con lo sguardo cercava gli occhi verdi di Stella, che invece cercavano disperatamente di evitarlo. «Ti sposerò in chiesa o anche sulla luna, se lo vuoi. Purché tu, amor mio, ritorni con me e con me rimanga per sempre!» In quel momento Stella si accorse che Veronica batteva un piede a terra a ritmo serrato, come per richiamarla alla realtà. Ma Giovanni continuava, imperterrito. «Sulla terra non ci sarà mai spazio per un amore grande come il nostro Stella, non troverai mai un uomo che ti ami come ti amo io!» Lei gli ripeté meccanicamente che non sarebbe tornata indietro e che no, non avrebbe cambiato idea. La sua voce era quasi ferma, 46

47 ma qualcosa dentro di lei aveva iniziato a vacillare. E intanto cercava complicità negli occhi azzurri di Veronica, quegli occhi limpidi, coraggiosi, che lei le aveva sempre invidiato. In cuor suo già sapeva di stare mentendo, e avvertiva tutta la disapprovazione dell amica. Torino 31 dicembre 1990 «Dai, Stella! Non puoi rimanere a casa anche stasera!» Veronica era seriamente preoccupata per l amica, che si era chiusa in un isolato mutismo. Non se la sentiva di vedere nessuno, non aveva voglia di parlare con nessuno. Con la scusa dello studio, stava sempre chiusa in casa. Non si era più comprata abiti nuovi, preferendo vestire tute extra-large. «Veronica, non insistere! Non ne ho voglia!» piagnucolò Stella in risposta. Proprio non se la sentiva di partecipare a una festa. Non c era nulla da festeggiare. «Questa volta non demordo. Hai bisogno di uscire e conoscere gente nuova!» La voce di Veronica era ferma. Le poggiò le mani sulle spalle, cominciando a massaggiarla. 47

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