Guido Vassallo. Come le tessere di un puzzle

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5 Guido Vassallo Come le tessere di un puzzle 5

6 Il presente volume è opera di fantasia. Eppure ogni riferimento a persone o cose non è per nulla casuale. 6

7 Le persone fanno così, saltano. Sperando che Dio li faccia volare. Perché altrimenti cadiamo giù, come sassi. E mentre precipitiamo ci chiediamo: Ma perché diavolo sono saltato giù? Ma eccomi qua. Precipito. E c è una sola persona che mi fa sentire in grado di volare. E sei tu. Will Smith in Hitch. Lui sì che capisce le donne 7

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9 1 Chi sarà? lle quattro del mattino, a tremila metri sopra il livello del mare, circondati da alte vette, sul rimorchio aperto di un camion, non fa certo caldo. La strada sterrata e piena di buche rende il viaggio piuttosto scomodo. Ma appena si intravedono i primi chiarori dell aurora, e le sagome imponenti delle Ande cominciano a tingersi di rosa, tutto acquista un senso nuovo. La levataccia nella notte e il freddo pungente non sembrano più così assurdi, e i dodicimila chilometri che li separano dalle loro case non appaiono più ai quindici ragazzi siciliani una distanza siderale. Infagottati nei sacchi a pelo, con le felpe che gli coprono il volto, si stringono contro le pareti del camion per non prendere il vento, e sembrano strane creature venute da un altro mondo. Sarà il freddo, saranno le giornate incredibili che stanno 9

10 trascorrendo in Perù, tra loro c è una confidenza nuova. «Non-si-può-dire non è quella giusta» sussurra Enrico, una voce dal buio, confermando a Giuseppe che era fondato il suo sospetto che non dormisse proprio, e per questo si muoveva così tanto. É stata soprannominata Non-si-può-dire per uno strano pudore, per evitare che la notizia della sua storia giunga alle orecchie di chi non deve sapere, anche se la mamma certamente se ne è accorta sin dal primo giorno, che suo figlio ha delle simpatie per una ragazza. Non-si-può-dire Giuseppe la conosce appena e la ricorda poco. È ancora poco più che una bambina, ha i capelli neri e un carattere timido. Si frequentano da qualche mese, ma tutti, gli amici, sono d accordo che non può funzionare. Ma certe volte si è un po ciechi per colpa dell amore. O almeno miopi. «Lo penso anche io» gli dice senza guardarlo. Accanto a loro Michele si agita nel sonno, come una larva. «Sì, mi piace, mi vuole bene, ma non può essere la madre dei miei figli» continua Enrico coprendosi le orecchie con il cappellino del Catania Calcio, testimone della sua fede calcistica anche qui, dove del campionato italiano non gliene frega niente a 10

11 nessuno, perché la gente è molto più impegnata a capire cosa mangerà nel pasto successivo. Giuseppe capisce che la discussione si fa seria. Ma non dice niente, non c è niente da dire. La notte porta consiglio? «Quella che sto cercando deve essere una donna energica, che non si spaventa davanti alle sfide, che siano più le volte che sorride di quelle che piange, che ami i bambini, che abbia tanti amici, che non si fermi davanti agli ostacoli ma cerchi una via per superarli, in ogni modo. Una che sia tosta e allo stesso tempo molto femminile. Che ami lavorare ma sappia divertirsi. E deve avere una bella famiglia alle spalle, come la mia. E deve studiare e laurearsi. E poi» «E tu pensi di trovare tutte queste cose in una persona sola?» lo interrompe l amico. «Forse se ne metti insieme tre o quattro puoi farcela». Il sole sta sorgendo e in lontananza si intravede un ghiacciaio. Il villaggio dove si stanno recando dista ancora un paio d ore e chissà quante botte sulla schiena. Li portano lì perché gli abitanti di questa piccola comunità andina hanno deciso di costruire una piccola chiesa. Il loro camion trasporta alcuni attrezzi che serviranno a prendere misure e dare il via ai lavori. Il loro apporto sarà minimo: come in 11

12 altri luoghi daranno sì una mano al geometra, ma soprattutto faranno giocare i bambini, forniranno un poco di assistenza medica (c è anche un medico vero con loro) e faranno festa. Già, perché lassù mancano le comodità più elementari, ma la voglia di far festa e divertirsi, quella non manca mai. Poi se ci sono gli italiani che sono venuti da un altro continente (che neanche sanno dove sia ) c è un motivo in più. E anche la speranza di sopravvivere a quest altra lunga giornata. Ma Enrico non ci pensa. L alba adesso è chiara. Lui ha un idea chiara. E anche a Giuseppe una cosa è chiara: Enrico la troverà la donna che cerca, perché è un tipo tosto anche lui, uno che non si ferma davanti a nulla. Queste pagine raccontano la storia di questo incontro e di tutto quello che è successo dopo. Ma prima di arrivare a quel momento devo fare un passo indietro e cominciare dall inizio 12

13 2 Vicini prima di conoscersi nnanzi tutto devo dire due parole su di me. In realtà non sarebbe necessario, perché mi conoscono tutti, anche se nessuno mi ha mai visto. Io sono quello che c era prima di ogni cosa, e ci sarà anche alla fine di tutto. Quello che ha dato l avvio a tutto ciò che esiste, ne segue con apprensione gli sviluppi, interviene qua e là per mettere una pezza dove è necessario e sa tutto di tutti. Insomma, io sono quello che per alcuni è il buon Dio, per altri un essere lontano che sta chissà dove tra le nubi. Per questo posso raccontare questa storia, che è la storia di due persone ma è anche la storia di due famiglie, di due città, di molti amici, perché ogni vita è collegata ad altre vite con legami fortissimi. Ma non voglio precorrere i tempi. Nel mio ufficio, che si trova da qualche parte in cielo, c è un po di confusione. É da diversi millenni che non metto ordine, ma a me piace così, perché 13

14 mi piace avere tutto a portata di mano e questo è l unico modo. Qua e là, sparsi sul pavimento e stipati negli armadi carichi oltre misura, ci sono migliaia di progetti dei mondi possibili, vagliati e scartati a suo tempo. C era di tutto: uno monocolore nelle sue infinite sfumature di blu, che infonde gran serenità ma alla fine mi era sembrato troppo piatto e noioso; uno dove tutti gli esseri cantavano una melodia trovando la propria voce che si intrecciava insieme alle altre in modo meraviglioso, ma che alla fine avevo scartato perché il silenzio secondo me era necessario per un mondo che si rispetti. Poi c era un piccolo mondo, grande quanto una casa, nella quale gli inquilini si susseguivano uno dopo l altro e ciascuno era un poco uguale e un poco diverso dal precedente, ma che avevo scartato quando mi ero accorto che dopo un poco cominciavano a ripetersi caratteri e situazioni già viste, e questo mi sembrava monotono. E tanti altri che avevo concepito allora e che avevo deciso di conservare, perché c era sempre qualcosa che mi piaceva e che avevo poi riciclato per il progetto che alla fine si era rivelato quello definitivo. Per esempio da uno di questi progetti avevo tirato fuori l idea, che mi era piaciuta un sacco, di una città distesa alle pendici di un grande vulcano, 14

15 proprio in riva al mare. Una città nervosa e produttiva, dove si potesse nello stesso giorno passeggiare sulla neve o addirittura sciare e la sera prendere una pizza in riva al mare o passeggiare su una scogliera di lava, tutta nera. Da un altro invece avevo preso un luogo che fosse una sintesi assoluta di ingredienti diversissimi: le lande desolate del Far West, la paludata cultura greca, la grande industria petrolchimica. Dopo aver messo insieme tutti questi elementi e averli shakerati per bene mi era venuta fuori una miscela esplosiva, una città popolosissima, con strade polverose ma senza una libreria, un mare cristallino ma alte ciminiere fumanti, saggezza genuina e grande laboriosità. Ebbene sì, quando avevo messo insieme i pezzi del progetto di mondo a me più congeniale mi erano piaciuti i contrasti forti, i chiaroscuri, le tinte accese. Alla fine avevo scelto il progetto più semplice. L idea era buona: fare una cosa con pochi elementi iniziali (alcune leggi che regolano il movimento, equilibri di luci e ombre, forme concave e convesse, reazioni chimiche e fisiche elementari, poco altro) e affidarlo poi a qualcuno, interno al progetto stesso, che lo sviluppasse a suo piacimento. Così era nato un piccolo pianeta azzurro al centro di un vastissimo universo. Alcune immagini di come era all inizio le conservo appese alle pareti dell ufficio e 15

16 ogni tanto me le vado a guardare per confrontarle con lo stato attuale e notare tutti cambiamenti che sono venuti nel corso del tempo. La parte divertente era cominciata con un uomo e una donna. È stato bello in tutto questo tempo stare ad osservare cosa ne hanno fatto, del mio progetto. Cose incredibili. Non è questo, però, il luogo per ripercorrere la storia, perché vorrei concentrarmi invece su alcune figure che interessano a noi oggi, e che sono oggetto del mio racconto. Ma che comunque c entrano con tutto questo, anche se può sembrare assurdo. Faccio un esempio. Alcuni millenni fa, proprio all inizio dello sviluppo di questo mondo un po in fieri, avevo messo in movimento migliaia di pianeti e miliardi di stelle, che si muovevano ognuna in modo diverso, più o meno velocemente. Certe volte sparivano perché esplodevano, altre volte collassavano e davano origine ad altri corpi celesti. Tutto si muoveva comunque in modo coordinato, girava nello spazio ed era interessante da osservare, perché c era sempre qualcosa da scoprire. Era in un angolo di questo infinito spazio che si era sviluppata la vita del piccolo pianeta azzurro cui accennavo prima e vicino al quale (anche se vicino forse non è la parola più corretta) c erano altri corpi 16

17 celesti, come una stella caldissima, chiamata sole, e un pezzo di roccia e sabbia freddo, chiamato luna. Questi due corpi avevano vagato per millenni nel cielo secondo rotte regolari ma senza ovviamente incontrarsi mai. E stavano lì a girare, e anche il piccolo pianeta girava con loro. Ebbene quello che interessa la nostra storia accadde nel Fu in quell anno, e precisamente il 9 agosto, che da una certa zona del pianeta azzurro si poteva osservare uno strano fenomeno: la luna pur essendo molto più piccola, per uno strano gioco di prospettive passando davanti alla stella caldissima la coprì completamente. Fin qui nulla di strano perché il fenomeno si era già verificato e tante altre volte si sarebbe verificato. Ma qui viene il bello. Quel giorno nelle piazze di molte città d Italia la gente usciva a guardare il suggestivo spettacolo. Pisa. Nel Campo dei Miracoli i bianchi marmi dei monumenti si stagliano sull azzurro del cielo e sul verde inglese dei prati perfettamente pettinati. Come ogni giorno, folle di turisti si assiepano intorno alla Torre più famosa e più storta d Italia, al Battistero e al Duomo. A un certo punto tutti cominciano a alzare il naso all insù, verso il sole. Intorno si diffonde una strana luce che assomiglia al crepuscolo, benché sia da poco passato il mezzogiorno. I più attrezzati tirano fuori da borse e 17

18 zaini binocoli, occhiali da sole particolari e vetri scuri. Altri hanno in mano le radiografie del femore della nonna o di un polso slogato giocando a pallavolo. Con l aiuto di questi filtri è facile guardare la luna che pian piano passa davanti al sole, fino ad oscurarlo completamente. È un coro di Ohhh! e Guarda! È meraviglioso! Senza il minimo pudore ci si passa le lastre di arti rotti o lesionati per riparare gli occhi dai raggi ultravioletti. In mezzo a questa platea ci sono persone che si conoscono da tempo, persone che non si conoscono e mai si conosceranno e due persone che ancora non si conoscono ma stanno per conoscersi. Sono un ragazzino di sedici anni e una ragazzina di quattordici. Nessuno dei due sa che l altro è lì, in mezzo alla folla. Sono venuti con amici o familiari. Sono sconosciuti, come la maggior parte delle persone lì presenti. Ma come insegnano il sole e la luna, che si sono dati appuntamento da secoli alle del 9 agosto 1999 per allinearsi sulla stessa traiettoria, nulla avviene per caso. E, cinque anni dopo, anche le due orbite di queste persone, che per alcuni minuti, in quella piazza dei miracoli, sono state vicinissime, torneranno a incontrarsi. Ma questa è un altra storia 18

19 3 Come le tessere di un puzzle o un debole per i puzzle. Fare un puzzle è una cosa molto vicina al creare. L unica differenza è che quando si crea prima non c era nulla, e poi le cose cominciano ad esistere, mentre quando fai un puzzle i pezzi sono tutti lì davanti a te. È che sono tutti scombinati, un ammasso informe di tessere di cartoncino colorato, nulla di più. E sulla scatola c è una splendida immagine, lo skyline di una grande città, non so, New York, per esempio, oppure una spiaggia tropicale, le palme che, accarezzate dal vento, si sporgono su un mare celeste intenso, e una piroga che sembra sospesa nel vuoto, come sulle coste del Madagascar. E tu sai che in quel mucchietto di pezzi si nasconde quel luogo meraviglioso. E vuoi metterli insieme, perché ricreare quella immagine è un po come portarla in vita, e il tempo che ci vorrà per ricostruirla forse è 19

20 lo stesso che sarebbe necessario per raggiungere quel luogo esotico. Si comincia dalla cornice e poi via via, dividendo i pezzi per colore, si completano le diverse parti. E sai che ogni tessera ha un solo posto ben preciso, pensato da sempre, e può stare solo lì, incastrato tra altre quattro tessere, di forme molto diverse ma dal destino comune. Sono questa unicità e questo legame che mi affascinano. Ogni tessera dà un senso a quella che gli sta accanto. Uno dei puzzle che ho fatto, però, non rappresenta luoghi esotici. Non ci sono palme, non ci sono grattacieli né ponti di Brooklyn. Anzi, a dire il vero ci sono poche cose che si elevano più di pochi metri sul suolo. Qualche casa di due piani dal prospetto scalcinato, i pali della luce. Sui tetti piccole foreste di antenne storte e qualche parabola. Intorno lande desolate, terreni incolti sui quali sono parcheggiate senza ordine utilitarie sgangherate o ingombranti e pesanti vecchie glorie dell Alfa o della Lancia. Strade asfaltate incrociano strade non asfaltate, e tutte non hanno i marciapiedi. Davanti agli ingressi delle case la biancheria stesa senza pudore parla di una vita senza segreti. Le signore chiacchierano sedute su sedie di paglia davanti alle case. Gli uomini passeggiano e fumano. Ci si saluta da un 20

21 lato all altro della strada, ci si capisce con un cenno. Quasi tutti sono parenti. Il mondo, tra queste strade, sembra rallentare il suo ritmo, abbandonando le disumane corse contro il tempo per tornare a camminare alla velocità giusta, seguendo il battito del cuore. È la periferia di Gela. Ma non è un luogo dimenticato da Dio. Anzi. Settefarine ha un anima. E quest anima si chiama don Franco Cavallo. Don Franco è uno di quegli uomini che quando se ne vanno lasciano dietro di sé una scia luminosa. Quando si è insediato nella parrocchia di San Sebastiano martire, nella zona non c era quasi nulla, neanche la parrocchia. Le celebrazioni si svolgevano in un garage, e quasi tutto quello che si vedeva intorno era abusivo. Quando è andato via, Settefarine aveva una chiesa con tanto di campanile, uno spazio per attività all aperto con i ragazzi e un gruppo giovanile che animasse queste attività, una scuola, un grest. Ma soprattutto mille speranze, seminate come semi fecondi in altrettanti cuori giovani del quartiere. 21

22 È stato don Franco, col suo fare deciso e al contempo paterno, a credere in una ragazza che i professori, a scuola, non hanno mai giudicato molto sopra la sufficienza. Le regole le vanno strette, perché arginare la sua energia non è facile. Va piuttosto incanalata. Don Franco ne è stato capace e ha trovato in lei una valida collaboratrice per la catechesi dei bambini e per l animazione del gruppo estivo. Chiara lo segue perché nel suo abbraccio paterno e nella sua mano ferma vede una guida sicura. Forse è all ombra di questo frondoso spirito che germoglia una passione per l educazione, che fiorirà a suo tempo. È un giorno di sole. La scuola è finita da poco e molti ragazzini giocano nella piazzetta, appena fuori dalla chiesa. Il sole ha cominciato a scendere sull orizzonte e il piccolo mondo di Settefarine è avvolto in quella luce rosa che fa sembrare tutto bello, tutto poetico. Alcune ragazze un po più grandi cercano di organizzare il gioco dei più piccoli per allontanare la sopraffazione e la smodata voglia di rivalsa. Tra loro c è Chiara, che sa come farsi rispettare. 22

23 Don Franco ha appena terminato di celebrare Messa e dalla sagrestia, mentre ripone i paramenti e gli arredi della celebrazione, osserva la scena dalla finestra. «Quella è una ragazza tosta» dice tra sé e sé. «Nell immenso puzzle della storia ognuno ha un ruolo, e in quel ruolo è insostituibile. Se solo avessimo una visione d insieme potremmo apprezzare il meraviglioso panorama che si va costruendo, pezzo dopo pezzo». E una preghiera silenziosa si leva al cielo per tutti i suoi parrocchiani, che per lui sono come dei figli. Ma è tempo di andare avanti con la nostra storia. 23

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25 4 Intermezzo sui nomi llora mi sono messo al computer e sono andato su Wikipedia. Premetto che non avrei dovuto averne bisogno, perché io ne so infinitamente di più di Wikipedia. Si potrebbe dire che nella mia testa ci siano molte wikipedie messe insieme, e forse anche di più. D altronde è naturale: se uno ha visto evolversi il mondo da quando alcuni organismi unicellulari sono venuti fuori dalle acque per diventare forme di vita sempre più complesse e poi ingigantirsi più e più. E poi ha visto i dinosauri scannarsi a vicenda. E la terra congelarsi e scongelarsi numerose volte fino allo stato attuale. E poi ha assistito all evolversi di tutte le civiltà, e tutte le guerre, da quelle per la carcassa di un bufalo a quelle per una donna, a quelle per i territori, a quelle di religione, a quelle mondiali, a quelle fredde, eccetera eccetera. Ditemi voi se uno così, che per di più conosce il futuro e sa 25

26 anche quando finirà il mondo, ha bisogno di andare su Wikipedia. Ad ogni modo le riflessioni fatte sul rimorchio di un camion e nel quartiere periferico di Settefarine hanno solleticato la mia curiosità e così sono andato a cercare e a spulciare. Ed ecco cosa ho trovato sull enciclopedia telematica: Enrico. Nome molto antico, di origine tedesca. È il nome di quattro Re di Castiglia e quattro Re di Francia, sette imperatori del Sacro Romano Impero (di cui uno santo, vissuto prima dell anno Mille), otto Re d Inghilterra (non tutti proprio santi, invece, specialmente l ottavo ), più altri sovrani sparsi qua e là per l Europa e per i secoli. E poi capisco il perché. Pare che il nome voglia dire proprio potente in patria, indica insomma quello che comanda Chiara. Nome latino, che richiama purezza, limpidezza, chiarezza. Reso famoso dalla santa di Assisi. Pare che sia la protettrice della televisione perché quando morì san Francesco, essendo malata e non potendo andare alla cerimonia delle esequie, 26

27 le immagini di ciò che avvenne si proiettarono sulla parete come delle ombre cinesi. Una sorta di tv medievale. Di sovrane con questo nome non c è memoria, ma non ho dubbi: prima o poi ne verrà una, se non altro l imperatrice della sua casa, e la regina della famiglia. Però. Enrico & Chiara Chiara & Enrico suona bene. Ci si può lavorare. Allora ho spento il pc e mi sono messo a riflettere. Stelle e oroscopi non mi interessano, ci credo poco che i segni zodiacali influiscano sul comportamento degli uomini. Non credo al caso. Quello che conta veramente sono le scelte che si fanno, gli impegni che si prendono, gli amori che si intessono. Quello sì che conta. E questi due uhm sì, la cosa può funzionare, mi sono detto. Mettiamoci al lavoro 27

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29 5 L incontro a riprendiamo il filo del racconto. Ecco, quindi, come le due orbite sono entrate in rotta di collisione. «Allora, Enrico, stasera vieni a trovare le ragazze?» Leandro, fedele compagno di mille avventure sin dagli anni del liceo, ha giri interessanti di amiche. Da qualche tempo frequenta un gruppo di studentesse fuori sede che ha conosciuto all università e che abitano insieme. «Non so, sono stanco». «Dài, si sta un po insieme, si mangia una pizza, si vede un film. Ci si racconta la vita. Niente di impegnativo». 29

30 «Sai, ieri sono andato a giocare a calcio, l altro ieri ho mangiato la carne di cavallo da Achille, e il giorno prima» «Sì, lo capisco. Ma la compagnia è simpatica, e non facciamo tardi». Leandro non molla. Detto fatto. L appartamento non è lontano e, dopo una prima serata simpatica, diventa un luogo piacevole dove trascorrere le serate in amicizia, una volta ogni tanto. Passano i mesi, viene l estate, si rimescolano le carte. Come spesso capita nelle comitive di universitari c è chi si laurea, chi parte per l Erasmus, chi cambia casa. Nel frattempo ci si perde un po di vista, si studia, si danno gli esami. Poi ci si ritrova. Come va? Tutto a posto, tu? Ok. Che fai in questo periodo? Perché non vieni a trovarci? Ma certo, uno di questo di giorni, con piacere. Dài, ti aspettiamo. Passa altro tempo. Esami. Lavoro. Sport. Studio. Ehi, che si dice da voi? Tutto vecchio? Be sì, qualcosa è cambiato. Abbiamo una nuova coinquilina. Si chiama Chiara. Dovresti conoscerla, è una tosta. È di Gela. Per il resto niente, si studia. Appena possibile si torna al paesello. 30

31 Una tosta. Se si squadernano i progetti del mondo, che all inizio era molto semplice e adesso è diventato tremendamente complesso, ci si imbatte in interessanti curiosità. Si scopre per esempio che ci sono alcuni fenomeni apparentemente lontanissimi tra di loro che invece seguono leggi molto simili. Alcune cose che avvengono a livello macroscopico hanno analogie con processi microscopici. Il moto dei pianeti, ad esempio, funziona in modo analogo a quello delle particelle infinitesimali che si agitano all interno dell atomo. E le operose formiche nel formicaio non lavorano forse con una organizzazione simile a quella di una grande fabbrica? Nella natura, per come è stata progettata, ci sono molti più fenomeni comprensibili di quelli incomprensibili. Questa è una delle cose che più mi è piaciuta quando, prima dell inizio dei tempi, ho scelto su cosa investire il mio potere e la mia mens divina. Dicevo che ci sono delle somiglianze tra cose apparentemente lontanissime tra loro. Un esempio? Si dice che i ragazzi siano attratti dalle ragazze come le api dal miele. Una bella immagine, riferita 31

32 alla vita delle api. Chiunque abbia vissuto in campagna, tanto più chi ci lavora, sarà stato affascinato dall organizzazione di un alveare e dalla vita strutturata delle sue abitanti. Ognuna ha il suo compito, e poi hanno un linguaggio proprio per cui si avvisano a vicenda del pericolo, si segnalano le une le altre la presenza di ghiotti cibi, difendono le loro regine, producono una cera utilissima. E poi c è un momento interessante nella vita di un alveare che è quando la regina esce dalla sua cella e assume il suo ruolo di regina. Allora deve scegliere il suo compagno e succede una cosa incredibile. Comincia a volare verso l alto, sempre più in lato, sempre su. E dietro i possibili pretendenti che si lanciano al suo inseguimento per conquistarla, e man mano che si sale alcuni si scoraggiano e tornano indietro, o si perdono. E solo quello che resiste fino alla fine è il prescelto. Insomma la regina è quello che si potrebbe definire una tipa tosta. E ci vuole un tipo tosto per raggiungerla. Un appartamento di studentesse è come un alveare attorno al quale c è un grande ronzio. Zzzzzz. Zzzzz. 32

33 Una tosta. Mmmm, interessante. E passano le settimane, i mesi. Il novembre catanese porta il freddo in città. Il solarium di Ognina è già smontato da tempo e le granite sul lungomare sono un bel ricordo dell estate ormai passata. Il vulcano si copre delle prime nevi, ancora effimere. I lidi della Playa, poco tempo prima affollati come un bus nell ora di punta, ora sono battuti dal vento e deserti: la musica dei dj tace, il gelsomino è seccato, le sdraio riposano nei magazzini insieme ai pedalò e le onde del mare si mangiano metri di battigia. Ci sono altri sfoghi, per fortuna: la carne di cavallo arrostita in mezzo al traffico di via Plebiscito, i locali del centro storico, le partite al Massimino (o a casa su Sky), la festa di sant Agata, con le sue processioni infinite, l emozione della sira ru tri, le urla devote per le strade, le candelore monumentali, il freddo di piazza Borgo in attesa dei fuochi più belli. E poi le serate trascorse tra amici, a chiacchierare, a bere una birra ad ascoltare musica. 33

34 L appartamento delle ragazze è ancora un punto di riferimento ed Enrico vi si reca con Alessandro, una sera di novembre, per fugare la noia dell ennesima serata in cui il tempo per fare qualcosa è rubato completamente dal tempo impiegato per decidere cosa fare. Entrando nel portone incrociano una ragazza che esce frettolosamente e non li degna di uno sguardo. Lei, minuta, una matricola che ha da poco lasciato il paese natio e la casa di mamma e papà per andare a vivere in città. Loro grandi e grossi, scuri, intabarrati nei loro giubbotti pesanti, il cappellino di lana calato sulla fronte per difendersi dal freddo, la barba di tre giorni. Un po spavaldi, anche. Lei, una tipa tosta, non li guarda neanche, forse rimuginando qualche raccomandazione della mamma sulla prudenza nelle frequentazioni. Loro non sanno ancora che lei viene dal posto dove stanno andando. Saranno pure un po bruti, ma non sono malvagi, e le rivolgono un cenno di saluto. Le orbite sono sempre più vicine. Il volo verso l alto è cominciato. Zzzzz. Zzzzz. 34

35 6 Con me non si gioca! C hissà come, Enrico spunta sempre quando Chiara arriva da Gela. Le coinquiline all inizio non se ne sono accorte, ma dopo un po cominciano a notare strane coincidenze. La mattina Chiara, che frequenta il primo anno di Scienze della formazione, viene da Gela e il pomeriggio, come per miracolo, appare Enrico. I miracoli esistono, questo è vero (e io posso confermarlo ), ma in questo caso non c è bisogno di scomodare i fenomeni paranormali. E neanche di pensare alla poesia di un amore telepatico. La cosa è molto più semplice, basta fare due più due: l appartamento è al primo piano, la valigia vuota sta sopra l armadio, la finestra è aperta, Enrico ha 35

36 l occhio lungo e per tornare a casa sua passa col motorino da via Fava A volte basta alzare lo sguardo per notare certe cose e le conferme arrivano! Inizia così un periodo di faticoso corteggiamento. Le armi del corteggiamento, nella storia, sono state le più diverse, sofisticate alcune, più semplici altre: i duelli cavallereschi, i fiori, l oro, i film al cinema, le cene a lume di candela, le passeggiate al tramonto, le parole romantiche. Tra i meno poetici, ma non per questo meno efficaci, ci sono le calorie. Se il primitivo portava alla primitiva una costola di bufalo da spolpare a mani nude; se il medievale conquistava la medievale con il fagiano alle spezie orientali; se l uomo del futuro conquisterà la sua donna del futuro con pillole superliofilizzate e superenergetiche, Enrico ha capito che Chiara ha un debole per le pizzette del panificio santa Rita, e così apre un conto presso il piccolo locale e comincia a presentarsi all appartamento delle ragazze con la sua mercanzia per far breccia nel cuore della sua bella. Una breccia che verrà aperta a colpi di questa nuova irresistibile arma: le pizzette del panificio santa Rita. L amore va messo all ingrasso, altrimenti deperisce e si spegne. E poi ingrassare in due è sempre più bello che ingrassare 36

37 da soli. Sono le fatiche del corteggiamento. Prima fase. Passano le settimane. Dopo un po di tempo però la pizzetta non basta più e, come spiegano i più fini teorici dell amore, occorre passare a qualcosa di più sofisticato. Si entra allora nella seconda fase: le coppette di gelato fragola e panna. Ah, la panna! Quale più dolce alleata e più gentile consolazione nelle pene d amore? Quale più candida amica, con cui condividere le confidenze di un cuore ferito? A questo punto i tempi sono maturi per la terza e ultima fase, la più difficile, ma anche la più decisiva: le pietanze cucinate di proprio pugno. Lì Enrico dà fondo a tutta l esperienza acquisita in famiglia, alla scuola di mamma Enza, la Maestra: la salsiccia con la polenta, la caponatina leggera leggera, l insalata di riso super-condita, e tanto altro. Il successo è assicurato. Le ultime difese cedono (mentre le maniglie dell amore crescono), la confidenza tocca i vertici più alti (e anche la lancetta della bilancia), l intesa è quasi assoluta (come la necessità di mettersi a dieta). A quel punto anche le ultime resistenze sono vinte e i segnali della resa sono evidenti. Il linguaggio dell amore è semplice e 37

38 lineare: tocca a Chiara, questa volta, preparare una cena, la cena del sì, adesso stiamo insieme. Detto, fatto. Lei si rimbocca le maniche e si mette ai fornelli: qualche consiglio della mamma, un aiuto delle amiche e imbandire una cenetta romantica non è poi così difficile. Ma ogni amore deve fare i conti con altri amori, e il giorno della cena fatidica è una domenica. Il Catania gioca in casa e ci sono dei doveri da onorare. Enrico si presenta con due ore di ritardo, e non sarà la rosa che porta a mitigare l imbarazzo. Occorre mettere le cose in chiaro e ci pensa Chiara, che, come tutte le ragazze toste, tra le sue qualità conta anche quella, rara e preziosa, di dire sempre tutto quello pensa. Non servono lunghi discorsi, bastano poche parole: «Mettiti bene in testa una cosa: con me non si gioca!» Bene. Per Enrico occorre rivedere l ordine delle priorità. Chiara batte Catania Calcio 1-0. E palla al centro. 38

39 7 Un viaggio llora, mi accompagni o no?» «È che la mia mamma non sa niente, non so se me lo permetterebbe» «Ma dai, basta non dirle niente. Abbiamo finito gli esami, le lezioni non sono ancora riprese. Cosa abbiamo di meglio da fare?» Chiara ci pensa un po su e la tentazione è forte. «A Roma? In auto? Ma sì dai, andiamo!» «Ottimo! Così ti voglio!» Chissà perché infrangere le regole ha tutto questo fascino. È come per i bambini: quando gli dici di non fare una cosa stai sicuro che proveranno a farla, e la faranno appena volti le spalle. Allo stesso modo nasce in Chiara ed Enrico la voglia di fare qualcosa di nascosto da tutti. Una cosa innocua, ma c è il fascino della segretezza. L occasione è data dal 39

40 fatto che Enrico deve accompagnare in macchina Rino a Roma, dopo le ferie della Pasqua, e non ha voglia di tornare giù da solo. Quale compagnia migliore di Chiara? Non c è molto da pensare: i suoi pensano che sia a Catania, lei va un paio di giorni a Roma, che male c è? Nessuno lo verrà a sapere. E così i tre lasciano il capoluogo etneo una mattina all alba. Il viaggio è lungo, ma la primavera da poco iniziata rende tutto più luminoso e allegro. La natura sorride, i mandorli sono in fiore, le strade non troppo affollate. E un piacevole senso di libertà rende il viaggio piacevole. Sul traghetto, mentre si attraversa lo Stretto, si ha sempre una forte impressione di distacco; ma non c è il tempo di far maturare in cuore la nostalgia: il viaggio è così breve, il panorama così bello, che ci si perde nella contemplazione e si tocca terra prima ancora di rendersi conto di essere salpati. Il tempo passa osservando le case da una parte e dall altra, riconoscendo le montagne, cercando di vedere i delfini e facendo foto con tutti i capelli scompigliati dal vento, che soffia sempre gagliardo su quelle acque agitate. Poi c è la Calabria, infinita e dispettosa con la sua autostrada tutta buche e deviazioni. E Napoli, abbarbicata sul vulcano, cugino piccolo dell Etna, ma pur sempre fascinoso. E gli ultimi duecento 40

41 chilometri di spaziosa e retta autostrada, riposante. E l entrata a Roma col tramonto sulla campagna laziale, che se non ci fossero le case sembrerebbe di essere tornati ai tempi di Cicerone e Seneca, che passeggiavano tra i pini discettando di politica e filosofia con i loro discepoli. Due o tre giorni a Roma, con la persona che ami, lontano dalle preoccupazioni della vita di ogni giorno, una casa d appoggio, il clima mite. E soprattutto senza che nessuno lo sappia. Ci può essere felicità più grande? Eppure succede l imponderabile. Il 2 aprile, alle 21.37, muore il Papa. Ma non un Papa qualsiasi. È un uomo santo, che tutto il mondo ha potuto conoscere da vicino perché ha visitato i cinque continenti incontrando milioni di persone. È entrato nel cuore di tutti per la sua profonda umanità. Ha scritto cose profonde, ha fatto sport, ha subito un attentato, ha sofferto durante la seconda guerra mondiale, ha lottato contro il regime comunista, ha pregato in tutti i santuari mariani, ha incontrato soprattutto i giovani, ha trasformato la piazza di san Pietro in una casa per tutti i cattolici del mondo che per anni sono venuti a Roma per vederlo e ascoltarlo. 41

42 La notizia fa il giro del pianeta e tutti hanno l impressione di avere perso un padre. Tanto che centinaia di migliaia di persone di ogni ceto sociale e di ogni cultura sentono il bisogno di recarsi a Roma per rendere omaggio a un così grande uomo. I suoi resti mortali vengono esposti nella basilica vaticana per l ultimo saluto e all esterno della basilica si forma una coda di persone che attraversa la piazza, percorre la via della Conciliazione a giunge fino al Tevere. Una fila composta in cui la gente è disposta ad attendere ore e ore pur di vedere per pochi secondi il Pontefice e recitare una preghiera devota. Nella coda ci sono anche Enrico e Chiara. Erano giunti a Roma in massima segretezza e ora, improvvisamente, tutti i mass media del mondo si sono concentrati nello stesso luogo: 300 televisioni, 2500 giornalisti, centinaia di fotografi e cronisti coprono ogni istante di quelle giornate intense di preghiera. È un fenomeno mai visto. Ma non è esattamente ciò che si potevano aspettare due persone intenzionate a nascondersi da occhi indiscreti... Sicché nelle otto ore trascorse nella coda ogni volta che passano davanti a una telecamera, o che un giornalista passa accanto alle transenne per intervistare i pellegrini giunti da ogni angolo del mondo, Chiara deve nascondersi sotto un 42

43 giubbotto, dietro gli occhiali scuri, con un cappello calato fin sugli occhi. Non sia mai che a qualcuno dei familiari, che certamente seguono le dirette da casa in tv, non capiti di vederla lì, sapendola a Catania. Stare nella coda è una bella esperienza di fede e di umanità. Ognuno ha un racconto di quando ha visto il Papa nel suo paese, o di quando ha avuto la possibilità di ascoltarlo. Ciascuno ricorda un momento importante dei suoi ventisette anni di pontificato. Molti ragazzi hanno partecipato alle giornate mondiali della gioventù e cantano le canzoni che hanno appreso lì. Tanti religiosi e religiose devono a lui la loro vocazione. Ma in quella folla ordinata e raccolta c è di tutto: anziani, bambini, famiglie con i passeggini, atei, ebrei, curiosi, poveri. Si prega, si canta, si fanno amicizie. «Sai che quando era giovane il Papa era un appassionato di teatro?» domanda una ragazza coi capelli tinti di rosso a un ragazzo con un cappellino di lana dai lunghi copriorecchi. «Sì, avevo sentito una cosa del genere». Sono vestiti in modo eccentrico, saranno attori anche loro. «Faceva l attore in una compagnia che praticava un teatro un po minimalista, in cui la scena era ridotta 43

44 all osso e contava tantissimo la parola. Si chiamava la parola viva o qualcosa del genere». «Ecco, ora mi spiego perché aveva questa capacità di stare senza imbarazzo davanti a tanta gente» risponde lui avanzando di qualche passo. Si avanza di uno o due metri ogni dieci minuti. «Non che io fossi un suo grande fan, lo confesso. Ma mi faceva simpatia». «Era una cosa un po filosofica, con poca azione. Ma molto suggestiva». «E di, Monica, tu come fai a sapere queste cose? Tu che non metti piede in una chiesa da almeno cinque anni» «Che c entra!? Se vuoi saperlo quando andavo a scuola abbiamo fatto un laboratorio di teatro e la nostra maestra ci ha fatto preparare un operetta sull amore. Si chiamava La bottega dell orefice. Ho scoperto dopo che l aveva scritta il Papa, prima che fosse prete s intende» «E di che parlava?» «Era una cosa un po frammentaria, con diversi dialoghi poetici. Mi ricordo solo che all inizio c erano due che si innamoravano e poi decidevano di sposarsi e c era un orefice un po filosofico. A un certo punto questi due si fermavano davanti alla vetrina del suo negozio e guardavano delle fedi d oro. Mi ricordo ancora quel dialogo. Se vuoi te lo recito, vuoi?» 44

45 «E sì, dai, tanto da qui non scappo» fa lui guardando le centinaia di persone che li circondano da ogni lato. «Se non ti vergogni, però» «No che non mi vergogno! Allora, i due protagonisti si chiamavano Andrea e Teresa. Vediamo, fammi ricordare. Recitava più o meno così, la parte che ricordo: Le fedi che stanno in vetrina ci dicono qualcosa con strana fermezza. Per ora sono solo oggetti di metallo prezioso ma lo saranno soltanto fino a quando io ne metterò una al dito di Teresa e lei metterà l altra al mio. Da quel momento saranno loro a segnare il nostro destino. Ci faranno sempre rievocare il passato come fosse una lezione da ricordare, ci spalancheranno ogni giorno di nuovo il futuro allacciandolo con il passato. E insieme, in quel momento, serviranno a unirci invisibilmente, come gli anelli estremi di una catena. Guardando le fedi nuziali ci ha colto una commozione silenziosa». Alcuni dei vicini che hanno ascoltato accennano un piccolo applauso. C è un bel clima in quella coda, 45

46 perché tutti sanno di essere lì per lo stesso motivo e si sentono un po come una famiglia, pur essendo tutti sconosciuti. Stando in compagnia il tempo passa più rapido ed Enrico e Chiara arrivano presto dentro la basilica di s. Pietro e sfilano in silenzio davanti al corpo di Giovanni Paolo II. È un momento molto emozionante. Ognuno in cuor suo prega per ciò che gli sta a cuore, e chiede a quell uomo santo di proteggere dal Cielo le persone care. Visto dall alto dei Cieli quelli sono tra i giorni in cui più intenso è stato il traffico di preghiere che si sono levate da uno stesso punto della terra nell unità di tempo. Un vero e proprio bombardamento. Peccato che avvenga ogni morte di papa Uscendo, è quasi sera, e Chiara ed Enrico decidono di fermarsi per il funerale, che avrà luogo nella piazza poche ore dopo. Molti autobus arriveranno da tutti gli angoli d Italia, anche da Gela e Catania, pieni di fedeli che vogliono partecipare alla cerimonia. Chiara ha detto ai suoi che ha intenzione di salire a Roma con uno di questi (e così regolarizzare la sua posizione ai loro occhi ). Tutto alla fine si sistema. Passano la notte insieme 46

47 insieme a un milione di polacchi, distesi sui freddi marciapiedi di Roma, i corpi avvolti nelle coperte sintetiche messe a disposizione dalla Caritas, in attesa dell apertura dei cancelli per accedere alla piazza di s. Pietro. 47

48 48

49 8 Le case di Chiara Q uando si guardano le cose dall alto, le distanze si accorciano e anche il tempo sembra passare velocemente. I mesi che seguono, fatti di migliaia di ore, milioni di minuti e miliardi di secondi mi sembrano correre rapidissimi, come i treni superveloci che hanno inventato i giapponesi e che viaggiano su un cuscinetto d aria. Li guardo dall alto e mi sembrano un soffio, perché dimentico spesso che per me il tempo non esiste e un secondo è identico all eternità. È quello che succede anche nell amore: quando si ama il tempo vola e un attimo insieme è come se durasse per sempre, e il sempre è un po la misura su cui si vorrebbe misurare la vita insieme. Questo dicono i poeti, questo provano gli amanti di tutto il mondo. E questo penso anche io, quando mi fermo a considerare le storie degli uomini, una per una. 49

50 Ma per chi nella vita c è dentro fino al collo, ogni giorno è una conquista, ogni mese sono trenta conquiste e gli anni che passano una meravigliosa costruzione. Così è per i due protagonisti di questa storia. Ognuno ha i suoi modi per misurare il tempo. Loro lo misurano in case di Chiara. Già, perché questo è il destino degli studenti fuori sede: passare da una casa all altra. Una è grande, una è piccola, una è fredda, una è calda, una è rumorosa, un altra è lontana dalla facoltà E così con una certa frequenza è necessario traslocare. E siccome i soldi sono pochi (e per fortuna le cose da trasferire anche ) per questo tipo di operazioni non è necessario noleggiare mezzi pesanti: basta lo scooter di Enrico, un SH 125 modello container su cui, con qualche equilibrismo e un po di arte di arrangiarsi, può stare tutto: libri, valigie, lampada da tavolo, scarpe, peluche, ecc. Le case di Chiara. Questi luoghi che segnano il tempo sono teatro di mille piccole avventure raccolte negli annali ma che è impossibile 50

51 ripercorrere nelle poche pagine di questo racconto. Alcune però meritano almeno un accenno. Una di esse, per esempio, è l episodio che la storia ricorda come il ballo di Kledi e Kledina. Era una sera invernale, uno di quei momenti in cui, tolti i freni alla razionalità e resi allegri dalla compagnia, si ride su tutto. È quella situazione quasi onirica che in Italia chiamano ridarella e a Catania prende il nome di liscìa. È ancora in studio quale sia la reale natura di questa condizione che si impadronisce dell uomo in certi momenti della vita. I sintomi sono una totale disconnessione da ogni tipo di preoccupazione psicologica o materiale, una euforia totale, la capacità di ridere per qualsiasi cosa, quanto più sciocca meglio. È come quando ti senti mancare il terreno sotto i piedi, come tentare di pattinare senza avere la minima idea di come si faccia, ma la cosa non ti preoccupa, perché intorno a te tutto è positivo, divertente, trascinante. Come il sapone, che fa scivolare ogni cosa e rende tutto più semplice e il mondo più profumato. Insomma, è la liscìa. Si dice che è in uno stato simile che Paolo Villaggio abbia inventato il personaggio di Fantozzi e che Mary Poppins abbia coniato la parola magica supercalifragilistichespiralidoso (termine che, 51

52 secondo il film che narra le avventure della babysitter volante, genera quasi automaticamente l euforia, sintomatica di liscìa). Nella classifica dei fenomeni legati al riso la liscìa si trova in posizione diametralmente opposta al cosiddetto humour inglese: intellettuale questo, incontrollata quella; questo si esprime in un leggero increspamento del labbro superiore che assomiglia a un sorriso, quella scoppia in risate da sganasciarsi; questo è composto ed elegante, quella è sguaiata e irrefrenabile; lo humour è grigio come il fumo di Londra, la liscìa azzurra come il mare di Ognina e rossa come il fuoco che sgorga dal vulcano. Era dunque d inverno e in televisione davano una trasmissione in cui, tra una cosa e l altra, un ballerino, un certo Kledi, di origini albanesi, danzava per intrattenere il pubblico. Dopo una pizza tra amici, in casa di Chiara, si stava lì a chiacchierare, ridendo e scherzando tra amici. La liscìa regnava sovrana. E da cosa nasce cosa, da scherzo nasce scherzo, ci si ritrova a ballare goffamente. Enrico, che tra le sue molteplici qualità non annovera certo quella della grazia nei movimenti, invita a ballare la sua Kledina. E la fa volteggiare negli spazi stretti, la solleva in aria, la strapazza. Finché, in uno di questi volteggi un po 52

53 troppo audace lei gli sfugge di mano e va a finire contro il muro. Ma chiamarlo muro forse non è corretto, per fortuna o per sfortuna. Per fortuna. Perché non essendo un vero muro, ma un semplice tramezzo di cartongesso, lei non si è fatta davvero male. Quale sarebbe stato l imbarazzo, presentandosi al pronto soccorso, a dover spiegare: il mio ragazzo mi ha spiaccicato contro il muro (altro che ape regina!) Per sfortuna. Perché non essendo un vero muro, ma un semplice tramezzo di cartongesso, si è sfondato, rimanendo esattamente come nei cartoni animati, con la sagoma delle dimensioni di una Kledina. Ovviamente terminato l anno accademico è stato necessario cambiare casa. Quello che gli annali non riportano è l espressione stupita del proprietario dell appartamento che, tempo dopo, spostando un armadio che non ricordava di avere sistemato in quella stanza, ha trovato nella parete quel buco a forma di ragazza 53

54 È in un altra casa che è avvenuto, invece, l episodio che potrei chiamare del diluvio universale casalingo. Questi i fatti. Estate. Torrida estate catanese. Quando il caldo ci si mette può dare alla testa e portare a gesti che sfuggono alla rigorosa logica della ragione per sfociare nella irrazionalità più totale. Le sinapsi si rallentano, il sudore scorre irrefrenabile, manca l aria e la notte brucia come il giorno. È un fenomeno diverso dalla liscìa, questo, ma che può avere effetti analoghi e difficilmente prevedibili. In una di queste sere di gran caldo il solito gruppo di amici si riunisce in casa di Chiara. Nessuno prevede quello che sta per succedere. È un po come nelle grandi guerre: una piccola scintilla scatena un incendio. Un uomo rapisce una donna bellissima e tutti gli eroi della Grecia vanno in Asia Minore a recuperarla. I pirati sequestrano una nave e una flotta intera si mobilita per recuperarla. Succede più o meno lo stesso. Il solito, innocuo, scherzo del bicchiere di carta sulla porta semichiusa. La apri di scatto e ti piombano addosso quattro gocce d acqua. Poi, però, il bicchiere diventa una bottiglia, la bottiglia diventa un 54

55 secchio, il secchio diventa una bacinella. In poche battute si scatena una delle più grandi battaglie di acqua che le case di Chiara ricordino. Ci si apposta sotto i letti, dietro le ante degli armadi, negli angoli bui delle stanze. I gavettoni fischiano nell aria come le pallottole nei film di James Bond. E in men che non si dica il livello dell acqua comincia a salire, centimetro dopo centimetro, come a Venezia quando c è l acqua alta. Si sguazza, si scivola, si naviga. Poi viene firmata la pace, una pace bagnata. Non si sa più chi sono i vincitori e chi i vinti, perché tutti sono ugualmente zuppi. I materassi vengono stesi sul balcone, nella speranza che si asciughino perché non si dorme bene nella puzza di muffa. Quello che gli annali non riportano è l espressione stupita del proprietario dell appartamento che, tempo dopo, non riusciva a spiegarsi le tracce di umidità diffuse un po in tutta la casa e non giustificate da tubi rotti o infiltrazioni. Sprovveduti quei proprietari che affittano le loro case a delle studentesse! Si potrebbe pensare che le 55

56 trattino meglio, ma non è necessario essere degli scienziati per sapere che intorno a un alveare c è sempre un gran via vai di persone 56

57 9 Home sweet home S eguo con molto interesse le avventure di tutti gli uomini e le donne che brulicano sul pianeta azzurro. Le seguo con apprensione e con occhio paterno. In particolare amo le avventure di quelli che sono poveri e ultimi, perché i ricchi e famosi hanno già chi gli dedica attenzione, sono sempre sotto le luci della ribalta, i loro nomi viaggiano sulla bocca di tutti, le foto e i video tappezzano i muri delle città, e i flash dei fotografi fanno splende i loro volti belli e vincenti. Ma quanto interessanti, invece, sono le vicende di chi si alza al mattino presto per mettersi al lavoro di gran lena senza l approvazione del pubblico, a mezzogiorno si siede a tavola circondato dai suoi cari con cui divide il pane a fatica guadagnato, e alla sera può andare a dormire con il cuore sereno, perché ha speso un altra giornata alla ricerca del bene suo e della sua famiglia. Quelli che lavorano in 57

58 campagna e sanno che il tempo e la natura sono i migliori alleati per far crescere verdure e frutta; quelli che entrano in aula ogni giorno e insegnano, e che anch essi in qualche modo sono dei coltivatori, ma di anime e vita; quelli che dietro una scrivania mandano avanti la vita di un ufficio, o anche di una grande azienda, con piccoli gesti per nulla appariscenti come fare le fotocopie, rispondere al telefono, battere a macchina una relazione, mettere in ordine la posta. Queste persone sono le mie preferite e gli farei un monumento, una statua per celebrare l ordinarietà. Passo delle ore ad osservare la vita di tutte queste persone e mi compiaccio quando vedo la tenacia e la grinta con cui superano gli ostacoli e non si lamentano delle sconfitte, ma si rialzano sempre. Non voglio perdermi nessuna puntata di questo grande spettacolo con milioni di personaggi e situazioni, migliore della migliore fiction che mente umana possa pensare, perché la vita reale ha questo di bello, che è reale, e non la puoi spegnere con un telecomando. Un giorno, però, devo essermi addormentato per qualche ora, e quando mi sono svegliato era successo di tutto. Ma andiamo con ordine. 58

59 Nel condominio di via Mario Rapisardi 134 (quello di fronte a Menza, per capirsi), come in tutti i condomini, le notizie girano, ci si incontra in ascensore, sulla scala, in portineria. In qualche modo ci si conosce tutti. Ma che i signori del terzo piano scala B volessero vendere l appartamento del quarto piano non era trapelato minimamente. Enrico, scala B anche lui, l ha scoperto, quasi per caso, vedendo un Vendesi apparso dal nulla, una mattina, accanto al portone. Va detto che da quando lavora nella Santagati Immobiliare con Paolo e Sergio ha una certa sensibilità per questo tipo di cartelli. Ma che dovesse trovarne uno così interessante, in una mattina invernale, ha del provvidenziale. È il 14 febbraio 2010, domenica. Enrico esce per andare a comprare il pane e mentre si chiude il portone alle spalle un fulmine lo colpisce: Appartamento luminoso, doppi servizi, 170 mq, vendesi. Rientra. Il proprietario è un conoscente del palazzo, con il quale non c è mai stata tanta confidenza. Ma il numero di cellulare era pubblicato nell avviso. «Signor Sciuto?» «Sì sono io». 59

60 «Buongiorno. Sono Enrico Amato, il figlio del dottore Amato, quello del 4 piano». «Mi dica». «Sarei interessato all appartamento che vendete» «Ah, sì. Mi spiace. Abbiamo già un acquirente interessato, e» «Capisco, ma non potrei vederlo? Anche a me interesserebbe molto, e chissà che non si possa trovare un accordo». «Mi sembra difficile, l abbiamo quasi venduto. E poi oggi è domenica» «Sì ma noi abitiamo nel palazzo. Insomma, almeno vederlo». «E va bene. Vediamoci tra un ora». «Grazie, mille grazie. A più tardi!» Un ora dopo sul pianerottolo c è il proprietario circondato non da una famiglia, ma da un clan. Un tamtam di sms ha convocato tutti coloro che possono avere voce in capitolo: Enrico, papà Antonio e mamma Enza, gli zii Nitto e Cettina che potrebbero essere tra i finanziatori dell operazione, i padrini Luigi e Maura, sempre presenti nel momento del bisogno, qualche amico intimo che si 60

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