DA QUALE ESIGENZA NASCE LA DOTTRINA DELLE IDEE?

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1 DA QUALE ESIGENZA NASCE LA DOTTRINA DELLE IDEE? Con la dottrina delle idee Platone vuole superare il relativismo dei Sofisti. I Sofisti pensavano di poter parlare di tutto in ogni circostanza e di poter far valere la propria verità sulle altre attraverso la retorica e la dialettica. Platone, invece, così come Socrate, afferma l'esistenza di una verità non relativa ma assoluta. Esistono dei principi validi per tutti, validi universalmente (es. Idea di bene, Idea di vero...). Con la dottrina delle idee, che diventerà la base del suo pensiero filosofico, Platone va oltre Socrate. Per Platone la realtà si manifesta in: COSE IDEE entità sensibili -imperfette -mutevoli non sono prodotti del pensiero che esistono solo nella nostra mente -esistono veramente e si trovano in un mondo trascendente chiamato IPERURANIO (oltre il cielo) -perfette -immutabili DUALISMO ONTOLOGICO (dal participio presente òv ontos del verbo èinai=essere; letteralmente ontologia significa discorso sull'essere).

2 TRE TIPI DI IDEE Forme o modelli universali delle cose Idee-valori Idee matematiche Le cose concrete Principi etici, estetici Entità della matematica sono copie e politici (es. bellezza, e della geometria delle Idee. giustizia, bene). (es. uguaglianza quadrato).

3 RAPPORTO TRA IDEE E COSE MIMESI METESSI PARUSIA Le cose concrete sono Rapporto tra gli esistenti Presenza dell'idea copie delle Idee e hanno e le idee-valori. Verso nella realtà sensibile. perciò un rapporto di queste idee, il legame è di Nient'altro rende imitazione (MIMESI) partecipazione (METESSI). bella una cosa, se con l'idea corrispondente. Socrate è un uomo in non la presenza (I banchi che esistono sono quanto imita l'idera di uomo del bello in sè. copie dell'idea di banco). ma è giusto in quanto PARUSIA L'imitazione è sempre partecipa dell'idea di giustizia. (presenza). imperfetta e spiega la Tale distinzione è molteplicità delle cose esistenti. particolarmente importante sul piano logico: l'imitazione definisce l'essenza dell'esistente (l'essenza di Socrate consiste nell'essere uomo, poiché imita questa idea), mentre la partecipazione definisce le qualità (quindi i predicati) dell'esistente. Mentre l'idea imitata è unica, le idee di cui un individuo partecipa sono molteplici.

4 DUALISMO gnoseologico (dal greco gnosis=conoscenza e logos=discorso) La conoscenza è duplice come la realtà Epistème = Scienza Si occupa delle entità immutabili, delle IDEE. E' universale e immutabile (es. l'idea di mela che è necessaria e perfetta). La SCIENZA si divide a sua volta in: Dòxa = Opinione Si occupa delle entità sensibili, delle COSE. E' soggettiva (la mela concreta che è mutevole e imperfetta). L' OPINIONE si divide a sua volta in: Diànoia Nòesis Eikasìa Pìstis Ragionamento: Intelligenza: Immaginazione: Credenza: è la conoscenza è la conoscenza si riferisce alle si riferisce alle matematico-geometrica. delle IDEE. ombre e alle cose concrete, immagini oggetti sensibili. sensibili delle cose. Nel mito della caverna (REPUBBLICA) la teoria della conoscenza è spiegata attraverso la similitudine della linea. Immaginiamo, scrive Platone, di dividere la linea in 2 segmenti disuguali. DOXA EPISTEME Eikasìa Pistis Diànoia Nòesis Il segmento più breve rappresenta il monda della doxa e corrisponde all' opinione, alla

5 conoscenza dei sensi (nel mito: la caverna) e quello più lungo corrisponde alla episteme, alla scienza, alla conoscenza intellettuale (nel mito: il mondo fuori dalla caverna). Ogni segmento è diviso a sua volta in due parti. CONOSCENZA DELLE IDEE Il dualismo gnoseologico (della conoscenza) deriva dal DUALISMO ONTOLOGICO MONDO SENSIBILE: il mondo delle cose. Si può conoscere attraverso i sensi. IPERURANIO: Il mondo delle idee. Si può conoscere attraverso l'intelletto. Ma come può l'uomo, pur vivendo in un mondo imperfetto, concepire le idee? Platone risolve questo problema affermando che la conoscenza delle idee è un'anamnesi, cioè una forma di ricordo di ciò che esiste da sempre nella nostra anima. Secondo Platone l'anima è immortale e prima di calarsi nel nostro corpo, ha conosciuto tutta la realtà, compreso il mondo delle Idee. La caduta in un corpo è per l'anima un fatto traumatico, perciò dimentica di aver contemplato le idee che restano comunque nell'anina e possono essere recuperate. (Nel Menone, Platone fa un esperimento maieutico: interroga uno schiavo che non sa nulla di geometria, e riesce a fargli risolvere, solamente interrogandolo socraticamente, una complessa questione di geometria, che implicava la conoscenza del teorema di Pitagora. Poicheè lo schiavo non aveva mai studiato geometria, e pochè non gli era stata fornita da nessuno la soluzione, non resta che concludere che egli l'ha tratta da sé stesso, dalla propria anima, ossia che se ne è ricordato) MITO DEL DEMIURGO Come nasce il mondo sensibile? In origine esistevano sole le Idee e la CHORA= materia caotica e senza forma. Un dio-artefice, chiamato Demiurgo, per amore del bene, ha plasmato la CHORA prendendo come modello il mondo delle idee, creando così il mondo delle cose. Il mondo sensibile è perciò costituito da copie imperfette e immutabili.

6 LA DOTTRINA DELL'ANIMA Per Platone l'uomo è costituito da anima e corpo ed è un dualismo analogo a quello tra Idee e cose (così come la realtà è costituita da idee immateriali e cose materiali, allo stesso modo l'uomo è costituito da un'anima immateriale e da un corpo materiale). Il rapporto anima-corpo in realtà non riproduce esattamente il rapporto idee-cose: mentre tra le idee e le cose sensibile esiste un rapporto di imitazione e partecipazione, tra l'anima e il corpo esiste un rapporto di opposizione (Platone riprende dai Pitagorici e dall'orfismo la dottrina della metempsicosi e del corpo come carcere o tomba dell'anima). Dunque per Platone l'anima è immortale e, per spiegare il suo destino separato dal corpo, utilizza due miti: il mito della biga alata e il mito di Er. IL MITO DELLA BIGA ALATA (nel FEDRO): l'anima è paragonata a un carro alato guidato da un auriga e da due cavalli uno bianco e uno nero -buono -cattivo -corrisponde all'anima -corrisponde all'anima irascibile concupiscibile -rappresenta le passioni -rappresenta le passioni più basse spirituali, quelle più elevate Dopo la separazione dal corpo, la biga (o carro) alata, cioè l'anima, sale verso il cielo, oltre il quale c'è il mondo delle Idee, l'iperuranio. I due cavalli, soprattutto quello nero, vorrebbero però scendere verso la terra per reincarnarsi in un corpo e soddisfare le proprie passioni. L'auriga cerca soprattutto di tenere a freno il cavallo nero e di guidare il carro verso il mondo delle idee per poterle contemplare. Riuscirà a tenere a bada a lungo il cavallo nero se sarà più forte di lui, in caso contrario verrà riportato verso il basso quasi subito. Qual è il significato di questo mito? Se usiamo la ragione e riusciamo a liberarci dalle passioni più basse, abbiamo la possibilità di osservare le idee più a lungo e la nostra anima pootrà ricordarne un numero maggiore ogni volta che si reincarna in un altro corpo (vedi LA CONOSCENZA DELLE IDEE). Il mito della biga alata è stato visto come un'anticipazione alla teoria dell'anima umana tripartita, che Platone sviluppa ne IV libro della Repubblica. L'auriga rappresenta la parte razionale dell'anima, prerogativa dei governanti dello Stato ideale; il cavallo bianco rappresenta l'anima irascibile o passionale dei guerrieri, custodi della città; infine l'anima meno virtuosa, simbolizzata dal cavallo nero, è quella concupiscibile, propria degli artigiani e dei lavoratori. Simbolicamente, l'anima razionale è situata nella testa, quella passionale o irasibile nel petto, quella concupiscibile nel basso ventre.

7 IL MITO DI ER (nella REPUBBLICA): un soldato di nome Er rimane come morto per tre giorni, avendo così la possibilità di compiere un viaggio nell'aldilà e di poterlo poi raccontare. Egli ha visto le anime stare in una grande vallata con 4 vie: 2 portano in paradiso e 2 in una specie di purgatorio, dove le anime possono purificarsi di colpe commesse in vita. Terminato il periodo del premio o del castigo, le anime, prima di reincarnarsi, vengono condotte davanti alla moira LACHESI che mostra loro diversi modelli di vita, dopo getta a terra dei numeri per stabilire l'ordine con cui dovranno reincarnarsi: il numero che toccherà a ciascuna anima sarà quello che cadrà più vicino a ciascuna di loro. Le prime anime avranno maggiori possibilità di scelta, ma anche per le ultime ci sarà la possibilità di sciegliere una vita buona. Le anime sono libere di scegliere, ma lo fanno in base alle conoscenze acquisite nelle vite precedenti. IL SIMPOSIO (da syn=con e pìno=bevo) Il titolo significa letteralmente bere insieme. In Grecia, durante i banchetti, si usava inizialmente mangiare e bere acqua, e in una seconda parte bere vino e discutere. Il Simposio è ambientato nella seconda parte del banchetto e il tema trattato è l'amore. Ci troviamo nella casa di Agatone, un tragediografo che, per festeggiare la vittoria ad una gara, aveva organizzato un banchetto. -Pausania, uno dei partecipanti al banchetto, fa una distinzione tra l'eros volgare e l'eros celeste; il primo si rivolge ai corpi, il secondo alle anime. -Il medico Erissimaco vede nell'amore la forza che crea armonia nell'uomo e nella natura. -Aristofane, famoso commediografo, espone il mito degli androgini: un tempo esistevano 3 generi di essere umani: maschio, femmina e androgino (che aveva caratteristiche sia maschili che femminili). I maschi discendevano dal sole, le femmine dalla terra e gli androgini dal sole e dalla terra. Gli androgini avevano una forma rotonda, perfetta, con 4 gambe, 4 braccia, 2 teste e 2 organi sessuali. Per via della loro potenza, gli esseri umani tentarono di sfidare gli dei. Zeus, che non poteva accettare una cosa del genere, decise di punirli dividendoli a metà. Indeboliti da questa divisione, ogni essere umano (ciascuna metà) cercava continuamente la propria parte mancante senza riuscire a fare nulla senza l'altra, sino a morire di fame e di accidia. Zeus allora, impietosito dalla loro condizione trasferì i loro genitali davanti, dando così loro la possibilità di appagarsi (o procreare) e di tornare così alla loro vita e al loro lavoro. Significato del mito: dalla divisione nasce negli uomini il desiderio di ricreare la loro antica unità. La relazione erotica tra due esseri umani non avviene per raggiungere un fine come la procreazione, ma ha valore per se stessa. L'amore è visto come desiderio di completezza, di ricongiunzione. -Partendo dal carattere di insufficienza dell'amore, inizia a parlare Socrate: l'amore desidera qualche cosa che non ha ed è quindi mancanza. Inizia a narrare un mito che ha sentito dalla

8 sacerdotessa Diotima: secondo questo mito Eros è stato concepito durante i festeggiamenti degli dei per la nascita di Venere. Una donna di nome Penia (Povertà) approfitta del dio Poros (Ingegno, Espediente) ubriaco e addormentato e ha un rapporto con lui. Eros è figlio di Povertà e di Poros ed è quindi un demone, un semidio, non ha la bellezza ma la desidera; e la bellezza si desidera perchè è bene, il fine e l'oggetto dell'amore. Ma la bellezza ha gradi diversi: la prima cosa che attrae l'uomo è la bellezza di un corpo poi passa ad amare tutta la bellezza corporea sopra la bellezza cosporea c'è la bellezza dell'anima ancora più su la bellezza delle istituzioni e delle leggi infine la bellezza in sé, l'idea della bellezza, che è eterna, perfetta e fonte di ogni altra bellezza. REPUBBLICA Il tema politico è trattato da Platone nella Repubblica. La sua è una riflessione sullo Stato, sul suo grande progetto utopistico ed è un'attenta analisi della giustizia. Nel I libro Trasimaco (un sofista) definisce la giustizia come l'utile del più forte. Socrate confuta diversi aspetti di questa tesi, ma il libro si chiude senza arrivare a una definizione comune di giustizia. Nel libro successivo si esamina lo Stato, che viene considerato come un individuo in grande : si stabilisce così un parallelismo tra: INDIVIDUO e STATO anima anima anima governatori guerrieri produttori razionale, irascibile, concupiscibile, filosofi virtù: sapienza virtù:coraggio virtù: temperanza vizi: orgoglio e vizi: ira e vizi: ingordigia e pigrizia invidia lussuria Affinchè lo Stato funzioni secondo giustizia sono necessarie tre classi e per ogni classe esiste una virtù specifica: GOVERNATORI FILOSOFI GUERRIERI PRODUTTORI la SAPIENZA, virtù propria il CORAGGIO, virtù la TEMPERANZA, virtù dell'anima razionale propria dell'anima propria dell'anima irascibile concupiscibile. Per Platone la diversità tra gli individui e la loro differente destinazione sociale dipendono dalla preponderanza di una parte dell'anima sulle altre. Gli indivudui prevalentemente razionali sono portati al governo, quelli prevalentemente impulsivi sono portati ad essere guerrieri, quelli prevalentementi soggetti al corpo e ai suoi desideri sono portati al lavoro manuale. Per Platone la divisione degli individui in classi non dipende quindi da un fatto ereditario, cioè dall'essere nati in una certa classe, ma da un fatto antropologico e psicologico, ossia da come si è come uomini. Nell'ideale città di Platone gli uomini si distinguono tra di loro non per diritti di nascita ma per

9 differenti attitudini naturali. I mali politici non cesseranno mai, egli afferma, finchè i filosofi non si impadroniranno del potere o finchè coloro che lo detengono non diverranno i filosofi. Si tratta di uno scandalo, perchè i greci del tempo di Platone (e non solo loro) consideravano i filosofi come personaggi bizzarri, astratti, con la testa tra le nuvole, magari innocui ma certo inetti a governare lo stato. I filosofi al potere, dunque. E le donne filosofe. Qui sta il secondo scandalo platonico. Contro le convinzioni correnti del suo tempo, Platone ritiene che non ci sia nessuna ragione per la quale una donna, se opportunamente educata, non possa sviluppare le stesse doti intellettuali e morali di un uomo, e quindi accedere alle sue stesse responsabilità. Ma per questo è necessario che la donna sia liberata dalle cure familiari che tradizionalmente la rinchiudevano nello spazio ristretto della casa-famiglia. E tutto questo prepara il terzo e forse maggiore scandalo proposto da Platone nella Repubblica. Finchè i governanti disporrano di patrimoni e di familiari privati, finchè potranno dire cioè questo è mio di beni, di mogli e di figli, non sarà possibile che il loro potere sia davvero disinteressato e rivolto al bene comune. È dunque necessario estirpare la dimensione privata dalla vita della città, o almeno di quella parte dello Stato che è destinata a guidarlo e a custodirlo. A questa parte non sarà consentito possedere beni privati né una famiglia. Al suo sostentamento provvederà la comunità compensando i governanti con un salario per il servizio pubblico che essi rendono. Maschi e femmine si uniranno ogni anno, accoppiandosi secondo un sorteggio, per generare figli. Ma nessuno potrà riconoscere i figli come propri: essi verranno immediatamenti sottratti alle madri e allevati dallo Stato. Ogni adulto considererà come propri figli tutti i giovani della generazione nata durante il suo periodo fecondo, e ognuno dei giovani di questa generazione considererà padri e madri tutti gli adulti della generazione precedente. L'essenza del comunismo platonico consiste dunque nell'eliminazione della proprietà privata e della famiglia. E questa tesi era destinata a suscitare le più dure critiche, a partire da Aristotele sino ai giorni nostri. Ogni uomo, diceva Aristotele costruisce la propria identità sulla base di ciò che costituisce la sua sfera privata, di ciò di cui può appunto dire: questo è mio. Nella Repubblica si trova il famosissimo mito della caverna: immaginiamo vi siano degli schiavi incatenati in una caverna sotterranea e costretti a guardare solo davanti a sé. Sul fondo della caverna si riflettono immagini di statuette che sporgono al di sopra di un muricciolo alle spalle dei prigionieri e raffigurano tutti generi di cose. Dietro il muro si muovono, senza essere visti, i portatori delle statuette, e più in là brilla un fuoco che rende possibile il proiettarsi delle immagini sul fondo. I prigionieri scambiano quelle ombre per la sola realtà esistente. Ma se uno di essi riuscisse a liberarsi dalle catene, voltandosi si accorgerebbe delle statuette e capirebbe che esse, e non le ombre, sono la realtà. Se egli riuscisse in seguito a risalire all'apertura della caverna scoprirebbe, con ulteriore stupore, che la vera realtà non sono nemmeno le statuette, poiché queste ultime sono a loro volta imitazioni di cose reali, rese visibili dal sole. Dapprima, abbagliato da tanta luce, non riuscirà a distinguere bene gli oggetti e cercherà di guardarli riflessi nell'acqua. Solo in un secondo momento li osserverà direttamente. Dopo un po' sarà finalmente in grado di fissare il sole di giorno e di ammirare lo spettacolo scintillante delle cose reali. Ovviamente lo schiavo vorrebbe rimanersene sempre là, a godere di quel mondo di superiore bellezza, ma se egli, per far partecipi i suoi antichi compagni di schiavitù di ciò che ha visto, tornasse alla caverna, i suoi occhi sarebbero offuscati dall'oscurità e non saprebbero più discernere le ombre: perciò sarebbe deriso dai compagni che, accusandolo di avere gli occhi guasti continuerebbero ad attribuire i massimi onori a coloro che sanno vedere le ombre nella caverna. E alla fine, infastiditi dal suo tentativo di liberarli e di portarli fuori dalla caverna, lo ucciderebbero (come è successo a Socrate).

10 La simbologia filosofica di questa mito è ricchissima: la caverna oscura= il nostro mondo; gli schiavi incatenati= gli uomini; le catene= l'ignoranza e le passioni che ci inchiodano a questa vita; le ombre delle statuette= l'immagine superficiale delle cose, corrispondente al grado della conoscenza dell'immaginazione (eikasìa); le statuette=le cose del mondo sensibile corrispondenti al grado della credenza (pistis) il fuoco= il principio fisico con cui i primi filosofi spiegarono le cose; la liberazione dello schiavo= l'azione della conoscenza e della filosofia; il mondo fuori della caverna= le idee il sole= l'idea del Bene che tutto rende possibile e conoscibile; lo schiavo che vorrebbe starsene sempre là : la tentazione del filosofo di chiudersi in una torre d'avorio; lo schiavo che ritorna nella caverna= il dovere del filosofo-politico di far partecipi gli altri delle proprie conoscenze.

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