Lo statuto dei lavoratori (Legge n 300, G.U )

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1 Modulo 2 > DOCUMENTI 2 Lo statuto dei lavoratori (Legge n 300, G.U ) TITOLO I Della libertà e dignità del lavoratore Art. 1. Libertà di opinione. I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge. Art. 2. Guardie giurate. Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio decreto 18 giugno 1931, numero 773, soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale. Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale. È fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza sull attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non possono accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma. In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle disposizioni di cui al presente articolo, l Ispettorato del lavoro ne promuove presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte del prefetto nei casi più gravi. Art. 3. Personale di vigilanza. I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati. Art. 4. Impianti audiovisivi. È vietato l uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l uso di tali impianti. Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall entrata in vigore della presente legge, dettando all occorrenza le prescrizioni per l adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti. Contro i provvedimenti dell Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale. 1

2 Mod 2 > DOCUMENTI > Lo statuto dei lavoratori Art. 5. Accertamenti sanitari. Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico. Art. 6. Visite personali di controllo. Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti. In tali casi le visite personali potranno essere effettuate soltanto a condizione che siano eseguite all uscita dei luoghi di lavoro, che siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano con l applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori. Art. 7. Sanzioni disciplinari. Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano. Art. 8. Divieto di indagini sulle opinioni. È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell attitudine professionale del lavoratore. Art. 9. Tutela della salute e dell integrità fisica. I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l elaborazione e l attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica. Art. 10. Lavoratori studenti. I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali. 2

3 Mod 2 > DOCUMENTI > Lo statuto dei lavoratori Art. 13. Mansioni del lavoratore. L articolo 2103 del codice civile è sostituito dal seguente: «Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all attività svolta, e l assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario è nullo». TITOLO II Della libertà sindacale Art. 14. Diritto di associazione e di attività sindacale. Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all interno dei luoghi di lavoro. Art. 15. Atti discriminatori. È nullo qualsiasi patto od atto diretto a: a) subordinare l occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte; b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero. Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basata sull orientamento sessuale o sulle convinzioni personali. Art. 18. Reintegrazione nel posto di lavoro. Ferme restando l esperibilità delle procedure previste dall articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell articolo 2 della predetta legge o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni si applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che nell ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro. Ai fini del computo del numero dei prestatori di lavoro di cui primo comma si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale, per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità 3

4 Mod 2 > DOCUMENTI > Lo statuto dei lavoratori lavorative fa riferimento all orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di cui al secondo comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie. Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata l inefficacia o l invalidità stabilendo un indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell effettiva reintegrazione; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno così come previsto al quarto comma, al prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell invito del datore di lavoro non abbia ripreso il servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell indennità di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetti. La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva. Nell ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. L ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile. L ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa. Nell ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all articolo 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all importo della retribuzione dovuta al lavoratore. TITOLO III Dell attività sindacale Art. 19. Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali. Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell ambito: a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale; b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell unità produttiva. Nell ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento. Art. 20. Assemblea. I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità produttiva in cui prestano la loro opera, fuori dell orario di lavoro, nonché durante l orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le quali verrà corrisposta la normale retribuzione. Migliori condizioni possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva. 4

5 Mod 2 > DOCUMENTI > Lo statuto dei lavoratori Art. 27. Locali delle rappresentanze sindacali aziendali. Il datore di lavoro nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti pone permanentemente a disposizione delle rappresentanze sindacali aziendali, per l esercizio delle loro funzioni, un idoneo locale comune all interno dell unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa. Nelle unità produttive con un numero inferiore di dipendenti le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne facciano richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni. TITOLO IV Disposizioni varie e generali Art. 28. Repressione della condotta antisindacale. Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore ( 1 ) del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti. L efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il pretore ( 1 ) in funzione di giudice del lavoro definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo. Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti opposizione davanti al pretore ( 1 ) in funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile. Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai sensi dell articolo 650 del codice penale. L autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall articolo 36 del codice penale. [Se il comportamento di cui al primo comma è posto in essere da una amministrazione statale o da un altro ente pubblico non economico, l azione è proposta con ricorso davanti al pretore ( 1 ) competente per territorio.] [Qualora il comportamento antisindacale sia lesivo anche di situazioni soggettive inerenti al rapporto di impiego, le organizzazioni sindacali di cui al primo comma, ove intendano ottenere anche la rimozione dei provvedimenti lesivi delle predette situazioni, propongono il ricorso davanti al tribunale amministrativo regionale competente per territorio, che provvede in via di urgenza con le modalità di cui al primo comma. Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti allo stesso tribunale, che decide con sentenza immediatamente esecutiva.] (1) Ora tribunale in composizione monocratica. Lo Statuto dei lavoratori è consultabile integralmente al seguente indirizzo: 5

6 Modulo 2 > DOCUMENTI 2 Normativa sulla tutela della maternità e della paternità DECRETO LEGISLATIVO 26 MARZO 2001, N. 151 Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile Supplemento Ordinario n. 93) GARANZIE A TUTELA DELLA LAVORATRICE MADRE Art. 6. Tutela della sicurezza e della salute (decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 1; legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 9) 1. Il presente Capo prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio, che hanno informato il datore di lavoro del proprio stato, conformemente alle disposizioni vigenti, fatto salvo quanto previsto dal comma 2 dell articolo La tutela si applica, altresì, alle lavoratrici che hanno ricevuto bambini in adozione o in affidamento, fino al compimento dei sette mesi di età. 3. Salva l ordinaria assistenza sanitaria e ospedaliera a carico del Servizio sanitario nazionale, le lavoratrici, durante la gravidanza, possono fruire presso le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, con esclusione dal costo delle prestazioni erogate, oltre che delle periodiche visite ostetrico-ginecologiche, delle prestazioni specialistiche per la tutela della maternità, in funzione preconcezionale e di prevenzione del rischio fetale, previste dal decreto del Ministro della sanità di cui all articolo 1, comma 5, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, purchè prescritte secondo le modalità ivi indicate. Art. 7. Lavori vietati (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 3, 30, comma 8, e 31, comma 1; decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 3; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 12, comma 3) 1. È vietato adibire le lavoratrici al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri. I lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono indicati dall articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, riportato nell allegato A del presente testo unico. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, provvede ad aggiornare l elenco di cui all allegato A. 6

7 Mod 2 > DOCUMENTI > Normativa sulla tutela della maternità e della paternità Art. 8. Esposizione a radiazioni ionizzanti (decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, art. 69) 1. Le donne, durante la gravidanza, non possono svolgere attività in zone classificate o, comunque, essere adibite ad attività che potrebbero esporre il nascituro ad una dose che ecceda un millisievert durante il periodo della gravidanza. 2. È fatto obbligo alle lavoratrici di comunicare al datore di lavoro il proprio stato di gravidanza, non appena accertato. 3. È altresì vietato adibire le donne che allattano ad attività comportanti un rischio di contaminazione. Art. 14. Controlli prenatali (decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 7) 1. Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbono essere eseguiti durante l orario di lavoro. 2. Per la fruizione dei permessi di cui al comma 1 le lavoratrici presentano al datore di lavoro apposita istanza e successivamente presentano la relativa documentazione giustificativa attestante la data e l orario di effettuazione degli esami. Art. 17. Estensione del divieto (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, commi 2 e 3, 5, e 30, commi 6, 7, 9 e 10) 1. Il divieto è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino all emanazione del primo decreto ministeriale, l anticipazione del divieto di lavoro è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. Art. 53. Lavoro notturno (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 5, commi 1 e 2, lettere a) e b) 1. È vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. 2. Non sono obbligati a prestare lavoro notturno: a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa; b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni. 3. Ai sensi dell articolo 5, comma 2, lettera c), della legge 9 dicembre 1977, n. 903, non sono altresì obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni. 7

8 Mod 2 > DOCUMENTI > Normativa sulla tutela della maternità e della paternità Art. 54. Divieto di licenziamento (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, commi 1, 2, 3, 5, e art. 31, comma 2; legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, comma 4; decreto legislativo 9 settembre 1994, n. 566, art. 2, comma 2; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 18, comma 1) 1. Le lavoratrici non possono essere licenziate dall inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal Capo III, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino. 2. Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza, e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il divieto, è tenuta a presentare al datore di lavoro idonea certificazione dalla quale risulti l esistenza all epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano. 3. Il divieto di licenziamento non si applica nel caso: a) di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro; b) di cessazione dell attività dell azienda cui essa è addetta; c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine; d) di esito negativo della prova; resta fermo il divieto di discriminazione di cui all articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e successive modificazioni. 4. Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l attività dell azienda o del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia autonomia funzionale. La lavoratrice non può altresì essere collocata in mobilità a seguito di licenziamento collettivo ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni. 5. Il licenziamento intimato alla lavoratrice in violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, è nullo. 6. È altresì nullo il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore. 7. In caso di fruizione del congedo di paternità, di cui all articolo 28, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino. Si applicano le disposizioni del presente articolo, commi 3, 4 e L inosservanza delle disposizioni contenute nel presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire cinque milioni. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta di cui all articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di adozione e di affidamento. Il divieto di licenziamento si applica fino a un anno dall ingresso del minore nel nucleo familiare, in caso di fruizione del congedo di maternità e di paternità. IL CONGEDO DI MATERNITÀ Art. 16. Divieto di adibire al lavoro le donne (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, comma 1 e 4) 1. È vietato adibire al lavoro le donne: a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all articolo 20; b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto; c) durante i tre mesi dopo il parto; d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto. 8

9 Mod 2 > DOCUMENTI > Normativa sulla tutela della maternità e della paternità 1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180 giorno dall inizio della gestazione, nonchè in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l attività lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute. (1) (1) Comma aggiunto dall articolo 2 comma 1 del Decreto Legislativo 18 luglio 2011, n. 119 Art. 17. Estensione del divieto (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, commi 2 e 3, 5, e 30, commi 6, 7, 9 e 10) 1. Il divieto è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino all emanazione del primo decreto ministeriale, l anticipazione del divieto di lavoro è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio Art. 22. Trattamento economico e normativo (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 6, 8 e 15, commi 1 e 5; legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 3, comma 2; decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, commi 4 e 5) 1. Le lavoratrici hanno diritto ad un indennità giornaliera pari all 80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, anche in attuazione degli articoli 7, comma 6, e 12, comma2. 2. L indennità è corrisposta con le modalità di cui all articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, ed è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia. CONGEDO DI PATERNITÀ Art. 28. Congedo di paternità (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, commi 1 e 2) 1. Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. 2. Il padre lavoratore che intenda avvalersi del diritto di cui al comma 1 presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n

10 Mod 2 > DOCUMENTI > Normativa sulla tutela della maternità e della paternità CONGEDO PARENTALE Art. 32. Congedo parentale (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, e 7, commi 1, 2 e 3) 1. Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete: b) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità di cui al Capo III, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi; c) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma 2; d) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi. 2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a undici mesi. 3. Ai fini dell esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di preavviso non inferiore a quindici giorni. 4. Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l altro genitore non ne abbia diritto. Art. 33. Prolungamento del congedo (legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, commi 1 e 2; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 20) 1. Per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento dell ottavo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all articolo 32, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore. (3) 2. In alternativa al prolungamento del congedo possono essere fruiti i riposi di cui all articolo 42, comma Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l altro genitore non ne abbia diritto. 4. Il prolungamento di cui al comma 1 decorre dal termine del periodo corrispondente alla durata massima del congedo parentale spettante al richiedente ai sensi dell articolo 32. (4) (3) Comma così sostituito dall articolo 4, comma 1 del Decreto Legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (4) Comma così modificato dall articolo 4, comma 1 del Decreto Legislativo 18 luglio 2011, n. 119 Art. 34. Trattamento economico e normativo (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 15, commi 2 e 4, e 7, comma 5) 1. Per i periodi di congedo parentale di cui all articolo 32 alle lavoratrici e ai lavoratori è dovuta fino al terzo anno di vita del bambino, un indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi. L indennità è calcolata secondo quanto previsto all articolo 23, ad esclusione del comma 2 dello stesso. 2. Si applica il comma 1 per tutto il periodo di prolungamento del congedo di cui all articolo Per i periodi di congedo parentale di cui all articolo 32 ulteriori rispetto a quanto previsto ai commi 1 e 2 è 10

11 Mod 2 > DOCUMENTI > Normativa sulla tutela della maternità e della paternità dovuta un indennità pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell interessato sia inferiore a 2,5 volte l importo del trattamento minimo di pensione a carico dell assicurazione generale obbligatoria. Il reddito è determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l integrazione al minimo. 4. L indennità è corrisposta con le modalità di cui all articolo 22, comma I periodi di congedo parentale sono computati nell anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia. 6. Si applica quanto previsto all articolo 22, commi 4, 6 e 7. RIPOSI E PERMESSI Art. 39. Riposi giornalieri della madre (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10) 1. Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore. 2. I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall azienda. 3. I periodi di riposo sono di mezz ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa. Art. 40. Riposi giornalieri del padre (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-ter) 1. I periodi di riposo di cui all articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore: a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente; d) in caso di morte o di grave infermità della madre. CONGEDO PER MALATTIA DEL FIGLIO Art. 47. Congedo per la malattia del figlio (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, 7, comma 4, e 30, comma 5) 1. Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni. 2. Ciascun genitore, alternativamente, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i tre e gli otto anni. 3. Per fruire dei congedi di cui ai commi 1 e 2 il genitore deve presentare il certificato di malattia rilasciato da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato. 11

12 Mod 2 > DOCUMENTI > Normativa sulla tutela della maternità e della paternità 4. La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento per i periodi di cui ai commi 1 e Ai congedi di cui al presente articolo non si applicano le disposizioni sul controllo della malattia del lavoratore. 6. Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l altro genitore non ne abbia diritto. PERMESSI E CONGEDI PER FIGLI CON HANDICAP GRAVE Art. 42. Riposi e permessi per i figli con handicap grave (legge 8 marzo 2000, n. 53, articoli 4, comma 4-bis, e 20) 1. Fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in situazione di gravità e in alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale, si applica l articolo 33, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, relativo alle due ore di riposo giornali2. Il diritto a fruire dei permessi di cui all articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, è riconosciuto, in alternativa alle misure di cui al comma 1, ad entrambi i genitori, anche adottivi, del bambino con handicap in situazione di gravità, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell ambito del mese. GENITORI ADOTTIVI E AFFIDATARI Art. 26. Adozioni e affidamenti (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 1) 1. Il congedo di maternità come regolato dal presente Capo spetta, per un periodo massimo di cinque mesi, anche alle lavoratrici che abbiano adottato un minore. 2. In caso di adozione nazionale, il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice. 3. In caso di adozione internazionale, il congedo può essere fruito prima dell ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all estero richiesto per l incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito entro i cinque mesi successivi all ingresso del minore in Italia. Il testo completo della legge si può reperire ai seguenti indirizzi:

13 Modulo 2 > DOCUMENTI 2 Le pari opportunità fra uomo e donna (D. Lgs. n. 198/2006) LE AZIONI POSITIVE L aspetto più innovativo di questa normativa è costituito proprio dalla previsione di azioni positive che, pur non essendo esattamente definite dalla legge, sono descritte come misure atte a rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione delle pari opportunità tra uomo e donna nel lavoro. La legge determina gli obiettivi da raggiungere, ma lascia ampia libertà di azione nella scelta degli strumenti. I principali ambito di intervento sono: Accesso al lavoro Progressione di carriera Formazione scolastica e professionale Imprenditoria femminile Inserimento nelle attività e nei settori professionali in cui le donne sono sottorappresentate Decreto Legislativo 11 aprile 2006, n. 198 Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246 LIBRO I Disposizioni per la promozione delle pari opportunità tra uomo e donna TITOLO I Disposizioni generali Art. 1. Divieto di discriminazione tra uomo e donna (legge 14 marzo 1985, n. 132, articolo 1) 1. Le disposizioni del presente decreto hanno ad oggetto le misure volte ad eliminare ogni distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza, o come scopo, di compromettere o di impedire il riconoscimento, il godimento o l esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo. Capo II Divieti di discriminazione Art. 27. Divieti di discriminazione nell accesso al lavoro (legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 1, commi 1, 2, 3 e 4; legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4, comma 3) 1. È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale. 13

14 Mod 2 > DOCUMENTI > Le pari opportunità fra uomo e donna 2. La discriminazione di cui al comma 1 è vietata anche se attuata: a) attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza; b) in modo indiretto, attraverso meccanismi di preselezione ovvero a mezzo stampa o con qualsiasi altra forma pubblicitaria che indichi come requisito professionale l appartenenza all uno o all altro sesso. 3. Il divieto di cui ai commi 1 e 2 si applica anche alle iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale, per quanto concerne sia l accesso sia i contenuti, nonché all affiliazione e all attività in un organizzazione di lavoratori o datori di lavoro, o in qualunque organizzazione i cui membri esercitino una particolare professione, e alle prestazioni erogate da tali organizzazioni. 4. Eventuali deroghe alle disposizioni dei commi 1, 2 e 3 sono ammesse soltanto per mansioni di lavoro particolarmente pesanti individuate attraverso la contrattazione collettiva. 5. Nei concorsi pubblici e nelle forme di selezione attuate, anche a mezzo di terzi, da datori di lavoro privati e pubbliche amministrazioni la prestazione richiesta dev essere accompagnata dalle parole «dell uno o dell altro sesso», fatta eccezione per i casi in cui il riferimento al sesso costituisca requisito essenziale per la natura del lavoro o della prestazione. 6. Non costituisce discriminazione condizionare all appartenenza ad un determinato sesso l assunzione in attività della moda, dell arte e dello spettacolo, quando ciò sia essenziale alla natura del lavoro o della prestazione. Art. 28. Divieto di discriminazione retributiva (legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 2) 1. La lavoratrice ha diritto alla stessa retribuzione del lavoratore quando le prestazioni richieste siano uguali o di pari valore. 2. I sistemi di classificazione professionale ai fini della determinazione delle retribuzioni debbono adottare criteri comuni per uomini e donne. Art. 29. Divieti di discriminazione nella prestazione lavorativa e nella carriera (legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 3) 1. È vietata qualsiasi discriminazione fra uomini e donne per quanto riguarda l attribuzione delle qualifiche, delle mansioni e la progressione nella carriera. Art. 30. Divieti di discriminazione nell accesso alle prestazioni previdenziali (legge 9 dicembre 1977, n. 903, articoli 4, 9, 10, 11 e 12) 1. Le lavoratrici, anche se in possesso dei requisiti per aver diritto alla pensione di vecchiaia, possono optare di continuare a prestare la loro opera fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini da disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali, previa comunicazione al datore di lavoro da effettuarsi almeno tre mesi prima della data di perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia. Art. 31. Divieti di discriminazione nell accesso agli impieghi pubblici (legge 9 febbraio 1963, n. 66, articolo 1, comma 1; legge 13 dicembre 1986, n. 874, articoli 1 e 2) 1. La donna può accedere a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, nei vari ruoli, carriere e categorie, senza limitazione di mansioni e di svolgimento della carriera, salvi i requisiti stabiliti dalla legge. 14

15 Mod 2 > DOCUMENTI > Le pari opportunità fra uomo e donna Art. 32. Divieti di discriminazione nell arruolamento nelle forze armate e nei corpi speciali (decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24, articolo 1) 1. Le Forze armate ed il Corpo della guardia di finanza si avvalgono, per l espletamento dei propri compiti, di personale maschile e femminile. Art. 35. Divieto di licenziamento per causa di matrimonio (legge 9 gennaio 1963, n. 7, articoli 1, 2 e 6) 1. Le clausole di qualsiasi genere, contenute nei contratti individuali e collettivi, o in regolamenti, che prevedano comunque la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio sono nulle e si hanno per non apposte. Art. 42. Adozione e finalità delle azioni positive (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 1, commi 1 e 2) 1. Le azioni positive, consistenti in misure volte alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità, nell ambito della competenza statale, sono dirette a favorire l occupazione femminile e realizzate l uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro. 2. Le azioni positive di cui al comma 1 hanno in particolare lo scopo di: a) eliminare le disparità nella formazione scolastica e professionale, nell accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa e nei periodi di mobilità; b) favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne in particolare attraverso l orientamento scolastico e professionale e gli strumenti della formazione; c) favorire l accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e la qualificazione professionale delle lavoratrici autonome e delle imprenditrici; d) superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei confronti dei dipendenti con pregiudizio nella formazione, nell avanzamento professionale e di carriera ovvero nel trattamento economico e retributivo; e) promuovere l inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate e in particolare nei settori tecnologicamente avanzati ed ai livelli di responsabilità; f) favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro, delle condizioni e del tempo di lavoro, l equilibrio tra responsabilità familiari e professionali e una migliore ripartizione di tali responsabilità tra i due sessi. Art. 43. Promozione delle azioni positive (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 1, comma 3) 1. Le azioni positive di cui all articolo 42 possono essere promosse dal Comitato di cui all articolo 8 e dalle consigliere e dai consiglieri di parità di cui all articolo 12, dai centri per la parità e le pari opportunità a livello nazionale, locale e aziendale, comunque denominati, dai datori di lavoro pubblici e privati, dai centri di formazione professionale, delle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali, anche su proposta delle rappresentanze sindacali aziendali o degli organismi rappresentativi del personale di cui all articolo 42 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n

16 Mod 2 > DOCUMENTI > Le pari opportunità fra uomo e donna Art. 44. Finanziamento (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 2, commi 1, 2, 4 e 5) 1. A partire dal 1 ottobre ed entro il 30 novembre di ogni anno, i datori di lavoro pubblici e privati, i centri di formazione professionale accreditati, le associazioni, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali possono richiedere al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di essere ammessi al rimborso totale o parziale di oneri finanziari connessi all attuazione di progetti di azioni positive presentati in base al programma-obiettivo di cui all articolo 10, comma 1, lettera c). Capo I Azioni positive per l imprenditoria femminile Art. 52. Principi in materia di azioni positive per l imprenditoria femminile (legge 25 febbraio 1992, n. 215, articolo 1, commi 1 e 2) 1. Il presente capo indica i principi generali volti a promuovere l uguaglianza sostanziale e le pari opportunità tra uomini e donne nell attività economica e imprenditoriale, e, in particolare, i principi diretti a: a) favorire la creazione e lo sviluppo dell imprenditoria femminile, anche in forma cooperativa; b) promuovere la formazione imprenditoriale e qualificare la professionalità delle donne imprenditrici; c) agevolare l accesso al credito per le imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile; d) favorire la qualificazione imprenditoriale e la gestione delle imprese familiari da parte delle donne; e) promuovere la presenza delle imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile nei comparti più innovativi dei diversi settori produttivi. Art. 56. Pari opportunità nell accesso alla carica di membro del Parlamento europeo (legge 8 aprile 2004, n. 90, articolo 3) 1. Nell insieme delle liste circoscrizionali aventi un medesimo contrassegno, nelle prime due elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all Italia, successive alla data di entrata in vigore della legge 8 aprile 2004, n. 90, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati; ai fini del computo sono escluse le candidature plurime; in caso di quoziente frazionario si procede all arrotondamento all unità prossima. Il testo integrale del decreto legislativo è disponibile al seguente indirizzo: 16

17 Mod 2 > DOCUMENTI > Le pari opportunità fra uomo e donna Riferimenti normativi e norme di collegamento Legge n. 7/1963 Divieto di licenziamento in caso di matrimonio Legge n. 903/1997 Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro Legge n. 132/1985 Divieto di discriminazione tra uomo e donna Legge n. 874/1986 Divieto di discriminazione nell accesso agli impieghi pubblici Legge n. 125/1991 Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna Legge n. 215/1992 Azioni positive per l imprenditoria femminile Decreto legislativo n. 24/2000 Divieto di discriminazione nell arruolamento nelle forze armate e nei corpi speciali, nonché nelle carriere militari Legge n. 90/2004 Pari opportunità nell accesso alla carica di membro del Parlamento europeo Legge n. 246/2005 Semplificazione e riassetto normativo per l anno 2005 Le principali direttive comunitarie sulla parità uomo-donna Direttiva n. 76/207/CE del 9 febbraio 1976 Attuazione del principio di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l accesso al lavoro, la formazione professionale e le condizioni di lavoro Direttiva n. 79/7/CE del 19 dicembre 1978 Graduale attuazione del principio di parità di trattamento fra uomini e donne in materia di sicurezza sociale Direttiva n. 86/613/CE del11 dicembre 1986 Applicazione del principio dell parità fra uomini e donne che esercitano un attività economica, comprese quelle nel settore agricolo, nonché tutela della maternità Direttiva n. 92/85/CE del 19 ottobre 1992 Miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodi di allattamento 17

18 Modulo 2 > DOCUMENTI 2 Normativa di riferimento per la tutela dei lavoratori disabili Nel nostro ordinamento giuridico la tutela dei lavoratori con ridotte capacità lavorative ha lo scopo di favorire il loro inserimento nel mondo del lavoro, sia mediante l utilizzo di strumenti tesi a valutare adeguatamente le loro abilità e competenze, sia attraverso azioni positive volte a risolvere problemi connessi con l ambiente o le relazioni interpersonali, al fine di occuparli nel posto più idoneo. La legge n. 68 del 1999, che disciplina il diritto al lavoro dei disabili ha abrogato e sostituito la precedente L. n.482/1968, determinando il passaggio dal collocamento obbligatorio al collocamento mirato. Legge 12 marzo 1999, n. 68 Norme per il diritto al lavoro dei disabili pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 23 marzo Supplemento Ordinario n. 57 Capo I Diritto al lavoro dei disabili Art. 1. (Collocamento dei disabili). 1. La presente legge ha come finalità la promozione dell inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Essa si applica: a) alle persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell invalidità civile in conformità alla tabella indicativa delle percentuali di invalidità per minorazioni e malattie invalidanti approvata, ai sensi dell articolo 2 del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509, dal Ministero della sanità sulla base della classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dalla Organizzazione mondiale della sanità; b) alle persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento, accertata dall Istituto nazionale per l assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL) in base alle disposizioni vigenti; c) alle persone non vedenti o sordomute, di cui alle leggi 27 maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e 26 maggio 1970, n. 381, e successive modificazioni; d) alle persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni. 18

19 Mod 2 > DOCUMENTI > Normativa di riferimento per la tutela dei lavoratori disabili Art. 2. (Collocamento mirato). 1. Per collocamento mirato dei disabili si intende quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione. Art. 3. (Assunzioni obbligatorie. Quote di riserva). 1. I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui all articolo 1 nella seguente misura: a) sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti; b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti; c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti. Capo III Avviamento al lavoro Art. 7. (Modalità delle assunzioni obbligatorie). 1. Ai fini dell adempimento dell obbligo previsto dall articolo 3 i datori di lavoro assumono i lavoratori facendone richiesta di avviamento agli uffici competenti ovvero attraverso la stipula di convenzioni ai sensi dell articolo 11. Le richieste sono nominative per: a) le assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti, nonché i partiti politici, le organizzazioni sindacali e sociali e gli enti da essi promossi; b) il 50 per cento delle assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano da 36 a 50 dipendenti; c) il 60 per cento delle assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano più di 50 dipendenti. Art. 9. (Richieste di avviamento). 1. I datori di lavoro devono presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione entro sessanta giorni dal momento in cui sono obbligati all assunzione dei lavoratori disabili. 2. In caso di impossibilità di avviare lavoratori con la qualifica richiesta, o con altra concordata con il datore di lavoro, gli uffici competenti avviano lavoratori di qualifiche simili, secondo l ordine di graduatoria e previo addestramento o tirocinio da svolgere anche attraverso le modalità previste dall articolo La richiesta di avviamento al lavoro si intende presentata anche attraverso l invio agli uffici competenti dei prospetti informativi di cui al comma 6 da parte dei datori di lavoro. 4. I disabili psichici vengono avviati su richiesta nominativa mediante le convenzioni di cui all articolo 11. I datori di lavoro che effettuano le assunzioni ai sensi del presente comma hanno diritto alle agevolazioni di cui all articolo Gli uffici competenti possono determinare procedure e modalità di avviamento mediante chiamata con avviso pubblico e con graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro; la 19

20 Mod 2 > DOCUMENTI > Normativa di riferimento per la tutela dei lavoratori disabili chiamata per avviso pubblico può essere definita anche per singoli ambiti territoriali e per specifici settori. 6. I datori di lavoro, pubblici e privati, soggetti alle disposizioni della presente legge sono tenuti ad inviare agli uffici competenti un prospetto dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero ed i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva di cui all articolo 3, nonché i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori di cui all articolo 1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Conferenza unificata, stabilisce con proprio decreto, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui all articolo 23, comma 1, la periodicità dell invio dei prospetti e può altresì disporre che i prospetti contengano altre informazioni utili per l applicazione della disciplina delle assunzioni obbligatorie. I prospetti sono pubblici. Gli uffici competenti, al fine di rendere effettivo il diritto di accesso ai predetti documenti amministrativi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, dispongono la loro consultazione nelle proprie sedi, negli spazi disponibili aperti al pubblico. 7. Ove l inserimento richieda misure particolari, il datore di lavoro può fare richiesta di collocamento mirato agli uffici competenti, ai sensi degli articoli 5 e 17 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, nel caso in cui non sia stata stipulata una convenzione d integrazione lavorativa di cui all articolo 11, comma 4, della presente legge. 8. Qualora l azienda rifiuti l assunzione del lavoratore invalido ai sensi del presente articolo, la direzione provinciale del lavoro redige un verbale che trasmette agli uffici competenti ed all autorità giudiziaria. Art. 10. (Rapporto di lavoro dei disabili obbligatoriamente assunti). 1. Ai lavoratori assunti a norma della presente legge si applica il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi. 2. Il datore di lavoro non può chiedere al disabile una prestazione non compatibile con le sue minorazioni. Capo IV Convenzioni e incentivi Art. 11. (Convenzioni e convenzioni di integrazione lavorativa). 1. Al fine di favorire l inserimento lavorativo dei disabili, gli uffici competenti, sentito l organismo di cui all articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall articolo 6 della presente legge, possono stipulare con il datore di lavoro convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali di cui alla presente legge. 2. Nella convenzione sono stabiliti i tempi e le modalità delle assunzioni che il datore di lavoro si impegna ad effettuare. Tra le modalità che possono essere convenute vi sono anche la facoltà della scelta nominativa, lo svolgimento di tirocini con finalità formative o di orientamento, l assunzione con contratto di lavoro a termine, lo svolgimento di periodi di prova più ampi di quelli previsti dal contratto collettivo, purché l esito negativo della prova, qualora sia riferibile alla menomazione da cui è affetto il soggetto, non costituisca motivo di risoluzione del rapporto di lavoro. Art. 12. (Cooperative sociali). 1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 9 e 11, gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di cui all articolo 3, con le cooperative sociali di cui all articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, e con i disabili liberi 20

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