COLTIVAZIONI ERBACEE

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1 Università degli Studi di Milano Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali Produzione, Territorio, Agroenergia Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Agrarie Anno Accademico Appunti delle lezioni di COLTIVAZIONI ERBACEE Luciano Pecetti

2 INTRODUZIONE L agricoltura si identifica con l esercizio dell attività umana destinata alla lavorazione del terreno e alla coltivazione delle piante, all allevamento degli animali, alla conservazione dei prodotti e alla loro eventuale trasformazione entro l azienda. Attraverso le produzioni vegetali ed animali, l agricoltura mira a soddisfare le esigenze della popolazione mondiale fornendo prodotti essenziali per l alimentazione dell uomo e materie prime per l industria. L incremento della popolazione mondiale si è accentuato in maniera esponenziale a partire da circa 250 anni fa, quale conseguenza della migliore disponibilità ed accesso al cibo, del miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, dello sviluppo delle conoscenze in campo medico, e della conseguente diminuzione del tasso di mortalità (slide 1/7 1 ). Indiscutibilmente, l incremento della popolazione è andato di pari passo con l incremento della produzione di cibo, che è stato determinato sia dall aumento della superficie agricola coltivabile che dall aumento della resa, ovvero della quantità di cibo prodotta per stagione sullo stesso appezzamento agricolo. La produzione mondiale di alimenti pro capite è cresciuta di quasi il 25% negli ultimi 40 anni, a fronte di un aumento del 10% delle superfici coltivate, mentre contestualmente la popolazione è quasi raddoppiata (+90%). Su una superficie mondiale di 50.9 miliardi di ha, la superficie disponibile per l agricoltura è di soli 1.5 miliardi di ha. Secondo alcune stime, la superficie utilizzabile per l agricoltura potrebbe essere di 3.2 miliardi di ha, ma bisogna considerare che: i) la superficie disponibile spesso non si trova dove i consumi sono maggiori (ad esempio, in Europa ogni persona dispone di 0.50 ha, ma sarebbe necessario un ulteriore 0.25 ha per compensare le attuali importazioni di prodotti alimentari); ii) le aree oggi coltivate sono quelle più idonee all agricoltura, mentre terreno, clima e topografia limitano le aree coltivabili; iii) l incremento della popolazione e la crescente urbanizzazione stanno determinando una massiccia destinazione ad altri usi dei terreni agricoli. Non vanno poi dimenticati gli effetti di degrado del terreno agricolo, sino alla desertificazione, causati dalla sovrautilizzazione del terreno stesso (sotto la crescente spinta demografica) e dai cambiamenti climatici. La FAO stima una perdita annua di 5-7 milioni di ha a causa di questo degrado. In questa situazione, il ruolo dell agricoltura è quello di permettere un incremento delle rese, in modo da poter continuare a soddisfare le esigenze alimentari della crescente popolazione mondiale (sl. 1/10-11). L evoluzione delle tecniche colturali e la difesa delle colture dalle avversità rappresentano attualmente gli unici strumenti efficaci nel conseguimento di una maggiore quantità di alimenti. COLTIVAZIONI ERBACEE Col termine di Coltivazioni erbacee si indica la disciplina tecnico-scientifica che si occupa delle piante a consistenza erbacea. Le colture erbacee danno un enorme contributo alla produzione mondiale di alimenti energetici, ma anche, e in misura superiore a quanto saremmo portati a ritenere, alla produzione di proteine, sia direttamente che indirettamente come piante per l alimentazione del bestiame, dal quale derivano alimenti proteici come carne, latte e uova. Molte specie vegetali sono inoltre utilizzate per la produzione di materie prime da destinare a industrie di trasformazione. 1 Slide (di seguito, abbreviato in sl.) si riferisce all approfondimento iconografico (foto, figura, grafico, tabella), a corredo dell argomento trattato, che può essere consultato nei file delle slide proiettate a lezione. Il primo numero del riferimento (es. 1/) indica il numero del file corrispondente (da 1 a 26), mentre il secondo numero (es. 7) indica il numero progressivo della/e slide all interno del file. 2

3 Per lunghissimo tempo, le produzioni agricole hanno costituito la voce principale della vita economica di ogni paese, e solo nel secolo scorso sono state sostituite dal rapidissimo sviluppo dei prodotti di attività industriali, che partono anche da materie prime di origine extra-agricola. Le specie vegetali coltivate nel mondo sono oltre 300, ma circa l 85% degli alimenti è fornito da otto specie (frumento, riso, mais, miglio, patata, cassava, patata dolce, soia), e tre di queste (frumento, riso e mais) provvedono a circa il 50% del fabbisogno alimentare mondiale (sl. 1/20). Tra i primi 12 prodotti alimentari per valore commerciale nel mondo, i dati 2009 della FAO (sl. 1/21) indicavano sette colture erbacee (riso, frumento, soia, pomodoro, canna da zucchero, mais e patata) e cinque prodotti derivati dall allevamento di animali la cui alimentazione è basata su colture erbacee (latte bovino, carne bovina, carne di maiale, carne di pollame, uova). Nell esercizio dell attività agricola, un obiettivo di fondamentale importanza è quello di stabilire quali specie e quali varietà di piante agrarie coltivare, quale estensione si debba attribuire ad esse, e quali rapporti debbano intercorrere tra le diverse coltivazioni (successioni colturali). È altresì importante definire, per ogni coltura agraria, una tecnica colturale (comprendente anche la raccolta e la conservazione dei prodotti) che consenta la massima produttività e redditività. Benché l aspetto delle coltivazioni agricole appaia oggi radicalmente mutato rispetto a quello di tempi anche non molto remoti, le caratteristiche essenziali delle coltivazioni sono rimaste praticamente invariate nel corso dei secoli. Come accadeva in passato, i fattori di primaria importanza sono rappresentati da: i) produzione e conservazione della semente; ii) lavorazione del terreno per la preparazione del letto di semina e l eliminazione della flora infestante; iii) scelta delle condizioni migliori per l effettuazione della semina, in relazione alle caratteristiche climatiche e pedologiche; iv) cure colturali e irrigazione; v) raccolta dei prodotti, loro lavorazione e/o conservazione. A questo schema fondamentale si sono poi aggiunti altri fattori, quali la concimazione e la protezione delle colture dalle avversità. Scopo di un corso di coltivazioni erbacee è quello di fornire elementi per la conoscenza delle esigenze ecologico-adattative e delle caratteristiche fisiologiche delle piante oggetto di studio, rilevando i possibili ostacoli che limitano la produttività delle colture trattate e gli interventi sull ambiente e sulle piante ai quali fare ricorso per superare tali ostacoli ed avvicinare così le rese reali a quelle teoriche prevedibili. La resa è infatti l espressione più diretta dell effetto degli interventi tecnici volti a regolare i fattori naturali coinvolti nella produzione vegetale. La resa può essere costituita da prodotti dell accrescimento vegetativo delle piante (ad esempio, fusti e foglie delle piante foraggere) o da prodotti della riproduzione (ad esempio, cariossidi dei cereali o semi delle leguminose). La corretta impostazione e conduzione di una coltura erbacea esige che si conoscano in modo approfondito: l esatta collocazione della specie nel contesto delle colture in atto (avvicendamento colturale); i problemi relativi alla scelta e alla reperibilità di varietà idonee, adatte agli scopi produttivi che si sono prestabiliti; le ragioni e le modalità di esecuzione delle lavorazioni del terreno; le ragioni per le quali è necessario provvedere ad un programma di fertilizzazione del terreno; il tipo di macchine agricole disponibili e le loro caratteristiche di funzionamento; l epoca più appropriata di esecuzione delle varie operazioni (semina, concimazione, irrigazione, trattamenti, raccolta, etc.). La tecnica colturale così definita deve poi dimostrarsi adeguata anche da un punto di vista economico e ciò potrebbe portare alla rinuncia, per eccessivo costo, ad interventi efficaci sotto il profilo tecnico. 3

4 L aumento delle produzioni agricole è dipeso, e continua a dipendere, dalla disponibilità di numerosi fattori, come il lavoro (manuale e meccanico), i fertilizzanti, i fitofarmaci, l irrigazione e le varietà migliorate. Il conseguimento di rese più elevate è un risultato derivante dai progressi compiuti da numerose scienze, quali la genetica, la chimica (della fertilizzazione e della difesa fitosanitaria), la meccanica e l idraulica, e l agricoltura moderna dipende dalle acquisizioni esterne determinate da tali scienze (sl. 1/33-35). A partire dal XIX secolo sono comparse macchine agricole che hanno semplificato e facilitato numerose operazioni. Grazie alla genetica, nel XX secolo sono state ottenute varietà nuove e migliorate, e circa il 40% dell aumento delle rese è da imputare a tale fattore. La chimica ha messo a disposizione fertilizzanti inorganici, erbicidi e fitofarmaci. Notevoli progressi sono stati compiuti nella tecnologia dell irrigazione, e sebbene solo il 18% dei terreni coltivati sia irrigato, questi producono il 40% degli alimenti. Le frontiere del XXI secolo sono la tecnologia informatica, che potrà portare ad una diffusione sempre maggiore dell agricoltura di precisione e le biotecnologie. Queste ultime potrebbero contribuire alla continua crescita delle produzioni agricole mediante la propagazione clonale di piante prive di malattie e l identificazione ed isolamento di geni di interesse, in particolare l identificazione di regioni cromosomiche che codificano importanti caratteri multigenici (Quantitative Trait Loci, QTL). Un contributo all aumento delle produzioni potrebbe venire inoltre dall ingegneria genetica per caratteri di interesse agronomico (resistenza a stress biotici ed abiotici), per composti nutritivi, per la riduzione delle perdite dopo la raccolta, o per l ottenimento di parentali maschiosterili per facilitare la produzione di varietà ibride. Su di essa pesa ancora però nel nostro paese più che in altri l incertezza dovuta alla diffusa non accettazione delle piante geneticamente modificate per fattori di natura etica e sociale. Le acquisizioni tecnologiche che hanno così evidentemente migliorato le produzioni agricole mondiali stanno cominciando a suscitare alcuni timori per i loro possibili effetti negativi sull ambiente. Tali effetti possono andare dalla degradazione del terreno sia per effetto di cambiamenti fisici (erosione), che di cambiamenti chimici (acidificazione, salinizzazione, impoverimento di nutrienti, inquinamento delle falde) all accumulo di molecole tossiche contenute in fitofarmaci ed erbicidi, alla perdita di biodiversità vegetale a causa delle coltivazioni sempre più geneticamente uniformi. Gli effetti dell agricoltura intensiva sugli ecosistemi stanno suscitando preoccupazioni sulla sostenibilità dell agricoltura stessa. Esistono diverse definizioni di sostenibilità, più o meno tutte coerenti tra di loro nella sostanza. Per esempio, è definito sviluppo sostenibile lo sviluppo che soddisfa le necessità del presente senza compromettere le capacità delle generazioni future di soddisfare le loro. Agricoltura sostenibile è definita la gestione e utilizzazione dell ecosistema agricolo in una maniera che mantiene la sua diversità biologica, produttività, vitalità, funzionalità e capacità di affrontare avversità esterne (resilienza), e che non produce danni ad altri ecosistemi. Un importante implicazione della sostenibilità sulla tecnica colturale, ed in particolare sulla scelta varietale, è che deve essere la varietà ad adattarsi all ambiente e non l ambiente a doversi modificare in funzione della varietà. Ovvero, cultivars diverse devono essere selezionate ed utilizzate per rispondere ad ambienti diversificati invece di alterare l ambiente (con input costosi e/o ad alto impatto ambientale) per ospitare cultivars non adatte a specifiche condizioni. Un importante aspetto su cui la moderna agricoltura ha appena cominciato ad interrogarsi è quello relativo al suo impatto sul cambiamento climatico. La maggior parte degli studi stima il contributo delle emissioni agricole di gas ad effetto serra (greenhouse gases, GHG) quelle generate dalla sola attività primaria tra l 11 e il 4

5 15% del totale. La gran parte di queste emissioni è generata da pratiche agricole di tipo industriale, caratterizzate dall uso di fertilizzanti chimici e di macchinari agricoli potenti alimentati da energia fossile, e da allevamenti zootecnici altamente concentrati, che liberano nell aria grandi quantità di metano. L industrializzazione dell agricoltura era basata sul presupposto che la fertilità del terreno potesse essere mantenuta attraverso l uso di concimi chimici, mentre un attenzione marginale era posta sull importanza della sostanza organica nel terreno. Numerosi studi indicano che i suoli coltivati hanno perduto un elevata percentuale della loro sostanza organica nel corso del XX secolo e si stima che tra il 25 e il 40% dell attuale eccesso di CO 2 nell atmosfera provenga dalla distruzione della sostanza organica dei suoli. L espansione delle superfici agricole rappresenta circa il 70-90% dell eliminazione globale di copertura forestale e ciò comporta ulteriori emissioni di GHG dovute al cambiamento nell uso dei suoli indotto dall agricoltura. La maggiore fonte di deforestazione è costituita dall espansione su enorme scala di piantagioni di derrate quali soia, canna da zucchero, palma da olio, mais e colza, destinate alla produzioni di mangimi o di agrocarburanti. Dal 1990, la superficie coltivata con queste commodity è cresciuta del 38%, mentre è diminuita l area destinata a coltivazioni di primaria importanza per l alimentazione globale, quali frumento e riso. Una quota importante di emissioni, stimata nel 15-20% del totale, è da attribuire alle fasi della filiera agroalimentare che intercorrono tra l uscita dei prodotti dall azienda agricola e l arrivo sulla tavola dei consumatori. L agroalimentare rappresenta il più grande settore economico mondiale, ed è stimato che la sola movimentazione degli alimenti equivalga ad almeno il 6% delle emissioni complessive di GHG. Il resto è prodotto nelle fasi di trasformazione, confezionamento, conservazione e commercializzazione. SISTEMI COLTURALI E SISTEMI GESTIONALI Le differenti combinazioni delle colture nello spazio e nel tempo, associate alle rispettive tecniche colturali, costituiscono i sistemi colturali. Nello spazio si può avere una monocoltura, quando una sola specie è presente in una unità aziendale o campo, o una consociazione (che può essere temporanea o permanente) quando più specie sono presenti contemporaneamente in un campo. Nel tempo, si può avere una monosuccessione, quando la specie precedentemente coltivata segue a sé stessa nella sequenza colturale, o una rotazione o avvicendamento, quando si ha la sequenza colturale di più specie (sl. 1/48-51). In generale, si tende ad alternare colture miglioratrici (che aumentano la fertilità del terreno) e colture depauperanti (che tendono invece a diminuire la fertilità rispetto a quella presente al momento del loro impianto). Ad esempio, leguminose azotofissatrici dovrebbero essere alternate a graminacee che utilizzano molto azoto. Lo stato fisico del suolo e gli aspetti biologici (legati alla presenza di infestanti, insetti e microrganismi patogeni) sono altri fattori da tenere in considerazione nel definire un ordinamento colturale. Rotazione o avvicendamento tendono ad essere usati come sinonimi, anche se la prima dovrebbe indicare una sequenza colturale di più specie in un ordine fisso, e il secondo una sequenza colturale senza un ordine fisso. Le tecniche colturali (che assumono ruoli diversi a seconda delle colture) viste nell insieme aziendale costituiscono i sistemi gestionali. I possibili sistemi gestionali adottabili da un azienda agraria sono numerosi e molto diversificati tra di loro. In riferimento ai sistemi, oggi si tende a parlare di agricoltura convenzionale, sostenibile, integrata, conservativa (o blu), di precisione, biologica (e biodinamica), 5

6 multifunzionale, o biotecnologica. L agricoltura integrata, conservativa, biologica e di precisione possono essere tutte considerate sfaccettature di un sistema gestionale sostenibile. Agricoltura convenzionale È il tipo di agricoltura al quale siamo storicamente abituati. Sotto il profilo della dimensione, si identifica col comparto produttivo primario, in grado di dare il maggior contributo per assicurare la sicurezza alimentare nel mondo. Ha sempre fatto ricorso a tutte le tecnologie agronomiche disponibili nelle varie epoche, ma oggi, come detto, il settore ha preso coscienza della necessità di un maggiore rispetto per l ambiente e, pur continuando ad usare i comuni mezzi tecnici, fondamentali per garantire elevati standard produttivi e qualitativi, ha cominciato a considerare un loro più attento impiego, anche alla luce di un atteggiamento più sensibile agli aspetti economici (costi di produzione). Le dinamiche agricole future, con scenari al momento ancora in via di definizione, potranno essere sicuramente modificate dai cambiamenti in corso per quanto riguarda la politica agricola comunitaria (PAC) ed il relativo sistema di pagamento degli aiuti. Come è noto, la PAC si basa sui cosiddetti due pilastri, ovvero il sostegno diretto al reddito e lo sviluppo rurale. La riforma appena conclusa del primo pilastro, che ha inserito nuove componenti per il calcolo dei premi e che diventerà attuativa a partire da questo anno, potrà avere conseguenze sulla struttura e la gestione delle aziende agricole al di là di possibili aiuti accoppiati ancora da definire soprattutto per effetto della componente cosiddetta di greening, ovvero il pagamento per pratiche agricole benefiche per il clima e l ambiente. Questa componente degli aiuti diretti assorbirà il 30% della dotazione finanziaria nazionale per gli aiuti al reddito, e il mancato rispetto delle pratiche previste comporterà l applicazione di sanzioni a carico dell agricoltore inadempiente. In particolare, per avere diritto al premio di greening l agricoltore è tenuto al rispetto di tre diverse pratiche agronomiche benefiche per l ambiente: i) la diversificazione delle colture; ii) il mantenimento dei prati permanenti; e iii) la costituzione di zone di interesse ecologico pari al 5% delle superfici a seminativo (sl. 1/57-60). Come indicato in queste slides, l applicazione di queste pratiche potrà influenzare la superficie destinate ad alcune delle colture che saranno trattate in questo corso, come, ad esempio, le colture foraggere, le colture azotofissatrici, il riso e i boschi cedui a rotazione rapida (short rotation coppicing, SRC), oltre che, ovviamente, i prati permanenti. Per le aziende agricole che già attuano comportamenti e pratiche che hanno risvolti positivi in termini sostenibilità ambientale è previsto un sistema di equivalenza al greening. Ad esempio, rientrano nell ambito dell equivalenza le aziende biologiche. Il regolamento comunitario contiene un allegato che elenca una serie di interventi che possono essere considerati equivalenti al greening (sl. 1/61). Agricoltura sostenibile Come già accennato, l agricoltura sostenibile è quell agricoltura che persegue: i) un utilizzo più consapevole nella produzione agricola dei processi naturali, quali il ciclo dei nutrienti, la fissazione dell azoto e le relazioni insetti-predatori; ii) un ridotto utilizzo dei mezzi esterni ad alto rischio per l ambiente o per la salute degli agricoltori e dei consumatori; iii) un utilizzo ottimale (più produttivo) delle potenzialità biologiche e genetiche delle specie vegetali e animali; iv) un migliore accordo tra le modalità di coltivazione, il potenziale produttivo e le limitazioni fisiche degli ambienti agricoli; v) 6

7 in definitiva, una produzione proficua ed efficiente, incentrata sul miglioramento della gestione delle aziende agricole e sulla conservazione dei terreni, delle acque, dell energia e delle risorse biochimiche. L agricoltura sostenibile si pone l obiettivo di soddisfare le esigenze economiche senza compromettere l ambiente, patrimonio di tutti e risorsa per le future generazioni. Essa utilizza il più possibile i processi naturali e le fonti energetiche rinnovabili disponibili in azienda, riducendo così l impatto ambientale dovuto all uso di sostanze chimiche di sintesi, alle lavorazioni intensive del terreno, alle monocolture e monosuccessioni, nonché allo smaltimento indiscriminato dei rifiuti di produzione. Il passaggio dall agricoltura convenzionale a quella sostenibile ha dei costi: a tal fine può essere creato un legame diretto tra reddito e protezione ambientale (ad esempio con regolamenti comunitari, come il CE 2078/92), grazie al quale gli agricoltori sono pagati per fornire servizi ambientali che vanno oltre la buona pratica agricola, e sono compensati per eventuali costi aggiuntivi e possibili perdite di produzione. Obiettivo del sostegno comunitario è quello di ridurre l impatto dell esercizio agricolo sull atmosfera, sul suolo, sull acqua e sulla biodiversità. I sistemi agricoli svolgono funzioni fondamentali a beneficio della collettività, e un importante compito dei ricercatori e dei tecnici agricoli è fare in modo che cresca la consapevolezza dell importanza di questi servizi ambientali all interno della società. Questo può essere perseguito attraverso una maggiore comunicazione ed una corretta informazione scientifica tra ricercatori, tecnici, politici ed agricoltori. Soltanto se la società riconoscerà agli agricoltori il ruolo che certamente compete loro di prestatori di servizi agroambientali, la sostenibilità economica potrà coincidere con la sostenibilità ambientale, e gli agricoltori saranno motivati ad adottare sistemi colturali compatibili con una corretta gestione dell ambiente. Non esiste un unico modello di agricoltura sostenibile universalmente valido: compito dell agricoltore è quello di adattare i risultati della ricerca alla propria realtà aziendale. I sitemi di agricoltura integrata, conservativa, di precisione, biologica e multifunzionale, di seguito descritti, sono tutti sistemi che contribuiscono ad aumentare (o, per lo meno, si pongono anche questo obiettivo) la sostenibilità agricola. Agricoltura integrata L agricoltura integrata, o produzione integrata, è un sistema agricolo di produzione sostenibile, in quanto prevede l uso coordinato e razionale di tutti i fattori della produzione allo scopo di ridurre al minimo il ricorso a mezzi tecnici che hanno un impatto sull ambiente o sulla salute dei consumatori. In particolare, il concetto di agricoltura integrata prevede l utilizzazione delle risorse naturali nella misura in cui queste sono in grado di surrogare adeguatamente i mezzi tecnici adottati nell agricoltura convenzionale, e il ricorso a questi ultimi solo quando sono reputati necessari per ottimizzare il compromesso fra le esigenze ambientali e fitosanitarie e le esigenze economiche. In merito alle tecniche disponibili, a parità di condizioni, la scelta ricade prioritariamente su quelle di minore impatto e, in ogni modo, esclude quelle di elevato impatto. Gli ambiti di applicazione dei principi dell agricoltura integrata sono principalmente quattro: fertilizzazione, lavorazioni del terreno, controllo delle infestanti e difesa dei vegetali. La fertilizzazione è condotta secondo criteri conservativi della fertilità chimica, e il ricorso alla concimazione minerale è ammesso per mantenere alti i livelli di produttività delle colture. I criteri dell agricoltura integrata si applicano, in generale, sfruttando nei limiti del possibile il ciclo della sostanza organica, ricorrendo a tecniche 7

8 che favoriscono una lenta e costante mineralizzazione (per ridurre le perdite) e che apportano al terreno materiali organici, e integrando i fabbisogni delle colture con la concimazione chimica. Per quanto concerne quest ultima, le dosi, l epoca e la tecnica di distribuzione devono essere approntate con l obiettivo di prevenire i fenomeni di dilavamento e il conseguente inquinamento delle falde acquifere. Le lavorazioni del terreno devono essere condotte con l obiettivo di prevenire la degradazione della struttura del terreno e l erosione. Nonostante non ci siano preclusioni alle lavorazioni tradizionali, trovano un inserimento ottimale tecniche conservative quali la lavorazione minima (minimum tillage), la semina su sodo (sod seeding), l inerbimento, etc. Tali tecniche sono spesso imposte dai disciplinari di produzione integrata nei terreni declivi oltre certe pendenze, al fine di prevenire l erosione e il dissesto idrogeologico. Il controllo delle piante infestanti va fatto sfruttando tecniche che limitano il ricorso al diserbo chimico. Sono compatibili con questo obiettivo, ad esempio, le false semine, le rotazioni colturali, il diserbo meccanico, etc. Il diserbo chimico si adotta impiegando principi attivi a basso impatto, poco persistenti o con un azione residuale limitata, soprattutto per evitare possibili effetti residui nel terreno e l inquinamento delle falde. La difesa dei vegetali è l ambito in cui la produzione integrata ha trovato una più larga applicazione. La strategia di difesa si basa sull impiego integrato di mezzi di difesa biologici, chimici, biotecnici, agronomici. La lotta integrata sfrutta nei limiti del possibile la lotta biologica e richiede il monitoraggio della dinamica delle popolazioni dei fitofagi e dell andamento delle infestazioni al fine di intervenire solo al superamento della soglia di intervento, secondo i criteri della lotta guidata. Ricorre inoltre ai mezzi biologici (es. tecnica del maschio sterile, confusione sessuale, etc.) e biotecnici (trappole per monitoraggio e cattura massale con impiego di feromoni o altri attrattivi, reti antinsetto, etc.). L uso dei fitofarmaci è improntato all obiettivo di ridurre complessivamente il quantitativo di prodotti chimici liberati nell ambiente, ridurre al minimo il rischio per la salute dei consumatori e ridurre al minimo l impatto sugli organismi ausiliari (predatori, parassitoidi, pronubi, etc.). La scelta dei principi attivi ricade necessariamente su prodotti a basso spettro d azione o ad alta selettività, a bassa persistenza e a basso rischio di induzione di fenomeni di resistenza. Agricoltura conservativa (blu) Nei sistemi agricoli, le operazioni di lavorazione del terreno sono considerate basilari. Tuttavia, esse rappresentano un costo elevato per gli agricoltori in termini di macchinari, costi energetici e manodopera. Inoltre c è una cresente evidenza sperimentale che esse possano determinare anche degli effetti negativi sul terreno stesso, sotto forma di aumento dell erosione, compattamento e diminuzione della biodiversità del suolo, oltre che contribuire all emissione di GHG. Con il termine di agricoltura conservativa vengono indicate tecniche agricole alternative e sostenibili tendenti a conservare per il futuro la fertilità del suolo coltivato. Queste comprendono: i) la riduzione delle operazioni di lavorazione del terreno, fino alla non lavorazione (semina su sodo), al fine di preservare la struttura, la fauna e la sostanza organica del suolo; ii) il mantenimento della copertura permanente del suolo mediante colture dedicate (cover crops), residui colturali e coltri protettive; iii) una migliore gestione dell avvicendamento colturale, per favorire i microrganismi del suolo e combattere le erbe infestanti, i parassiti e i patogeni delle piante; iv) una più appropriata gestione dei fertilizzanti e dei fitofarmaci. 8

9 Dall applicazione dell agricoltura conservativa derivano molti vantaggi, alcuni dei quali (aumento delle rese e della biodiversità) diventano evidenti quando il sistema entra a regime e si stabilizza. Le riserve di carbonio organico, l attività biologica, la biodiversità aerea e sotterranea e la struttura del suolo riscontrano tutte un miglioramento. Le emissioni di CO 2 diminuiscono a seguito del ridotto utilizzo di macchinari e del maggiore accumulo di carbonio organico. Generalmente occorre un periodo di transizione di 5-7 anni prima che un sistema di agricoltura conservativa raggiunga l equilibrio, e nei primi anni si può assistere ad una riduzione delle rese. Gli agricoltori devono inoltre effettuare un investimento iniziale in macchinari specializzati e devono poter disporre di sementi di cover crops adatte alle condizioni locali. Agricoltura di precisione È la gestione agronomica sito-specifica o localizzata dei processi di produzione. Essa consiste nell applicazione di tecnologie, principi e strategie per una gestione spaziale e temporale della variabilità associata agli aspetti della produzione agricola, ossia nell esecuzione di interventi colturali (ad esempio le concimazioni) in relazione alle reali necessità dell appezzamento e alla loro variabilità spaziale e temporale. La maggior parte dei sistemi opera mediante un ricevitore GPS collegato al mezzo agricolo (trattore o mietitrebbiatrice), uno specifico software e un cosiddetto Sistema di Supporto delle Decisioni Aziendali (SSDA). Fino ad oggi, con l esecuzione di un intervento agricolo uniforme, si è sempre trascurata la variabilità presente in campo, ossia l insieme delle differenze (ad esempio, di fertilità o di presenza di infestanti) che possono interessare il singolo appezzamento. Ridurre i costi di produzione comporta invece l eliminazione degli sprechi e la massimizzazione dell efficienza degli interventi colturali, agendo in campo solamente se è veramente necessario e con la pratica colturale o la dose di mezzo tecnico più adatta alle esigenze delle diverse parti del campo. L Unione Europea mostra una sempre maggiore attenzione allo sviluppo e all applicazione di sistemi di precisione, poiché l elevato costo degli input esterni rende sempre meno competitive le produzioni agricole europee. D altra parte, per quanto riguarda i principali elementi nutritivi come azoto e fosforo, l agricoltura europea è quasi totalmente dipendente da prodotti importati o da produzioni industriali costose e che generano GHG con conseguenti effetti negativi sull ambiente e sul cambiamento climatico. Nelle attuali pratiche agronomiche, i concimi minerali sono spesso usati in maniera non appropriata o in misura eccessiva, causando una possibile perdita economica agli agricoltori ed un danno ambientale (in termini di emissioni e di inquinamento delle falde e dei terreni) soprattutto nelle aree ad agricoltura più intensiva. Agricoltura biologica Secondo l IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements) l agricoltura biologica include tutti i sistemi agricoli che promuovono una produzione di cibo e fibre sicura dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Per questi sistemi la fertilità del suolo è centrale per la riuscita produttiva. L agricoltura biologica riduce drasticamente gli input esterni rinunciando all impiego di fertilizzanti, pesticidi e farmaci di chemosintesi. Secondo la Commissione Codex Alimentarius della FAO e dell Organizzazione Mondiale della Sanità, l agricoltura biologica è un sistema olistico di gestione della produzione che promuove e sviluppa la salute dell agro-ecosistema. Essa favorisce l uso di pratiche di gestione interne all agro-ecosistema invece di ricorrere ad input esterni. 9

10 Questo si realizza utilizzando, dove possibile, metodi agronomici, biologici o meccanici in sostituzione di materiali sintetici per qualunque specifica funzione entro il sistema. Che i cibi prodotti da agricoltura biologica siano più salutari od organoletticamente migliori di quelli prodotti con sistemi tradizionali resta ancora un affermazione da validare scientificamente. Quello che invece appare certo è il vantaggio per il clima globale dell agricoltura biologica rispetto a quella convenzionale. Studi su ampia scala hanno dimostrato che il contenuto di carbonio nei terreni coltivati con sistemi biologici è molto più elevato rispetto a quello dei terreni coltivati con agricoltura industriale e che l accumulo di carbonio continua progressivamente nel tempo. Produrre secondo il metodo biologico non è un semplice ritorno all applicazione di vecchie pratiche agricole ma, al contrario, un sistema complesso che può consentire produzioni economicamente vantaggiose. Il sistema biologico comporta una riorganizzazione aziendale basata sull alternanza colturale (rotazioni) o su di un allevamento con un equilibrato carico di capi di bestiame per ettaro ed un integrazione tra produzioni agronomiche e produzioni zootecniche. I punti critici della tecnica colturale per le produzioni biologiche sono, soprattutto, la scelta varietale (varietà adatte alle specifiche condizioni), la disponibilità di reperire semente certificata biologica (o la possibilità di utilizzare sementi convenzionali in deroga), il controllo delle infestanti e delle fitopatie, una adeguata fertilizzazione organica che consenta di mantenere livelli produttivi e qualitativi soddisfacenti (problema di particolare rilievo per il frumento). Nella scelta varietale bisogna fare ricorso a varietà con adattabilità alle condizioni pedo-climatiche dell ambiente e resistenti a tutte le condizioni di stress che possono influire negativamente sulla produzione e sulla qualità. La sperimentazione varietale ha evidenziato che esistono moderne varietà in grado di dare rese comparabili in coltura convenzionale e biologica, mentre differenze sono emerse per l aspetto qualitativo (soprattutto nei cereali) perché il livello proteico ottenuto con la sola concimazione organica non sempre è sufficiente per l estrinsecazione del potenziale qualitativo delle moderne varietà. L uso di vecchie varietà, da più parti proposto, non risulta sempre essere una buona soluzione, per la loro intrinsecamente più bassa produttività rispetto alle moderne varietà La fertilità e l attività biologica del suolo devono essere mantenute mediante coltivazione di leguminose, di concimi verdi (sovescio) e di specie aventi apparato radicale profondo, nell ambito di un adeguato programma di rotazione pluriennale, o mediante incorporazione nel terreno di materiale organico prodotto da aziende che operano nel rispetto delle norme vigenti. Il ciclo colturale di alcune colture (ad esempio i cereali autunno-vernini) copre periodi dell anno in cui la mineralizzazione dell azoto organico è molto limitata (periodo invernale) o in ritardo rispetto ai momenti critici della coltura (fase di levata). Inoltre, i fertilizzanti organici presentano titoli di N, P, K non sempre in equilibrio con le esigenze delle colture, rendendo difficile la copertura dei fabbisogni. Sono quindi possibili caarenze nutrizionali durante alcune fasi del ciclo vegetativo con conseguente influenza sulla produzione e sulla qualità. Agricoltura multifunzionale La multifunzionalità dell agricoltura rappresenta una chiave di valorizzazione del settore. All agricoltura viene infatti assegnato non soltanto il ruolo di produttrice di beni ed alimenti primari, ma anche di servizi a favore dell ambiente e del benessere sociale, in una visione multiuso del territorio agricolo. In tal senso, la multifunzionalità viene vista dal settore agricolo come una opportunità economica per le aziende: infatti essa 10

11 cerca di tradurre queste funzioni in forme di remunerazione che consentano la sostenibilità economica del settore. L agricoltura, sotto questa nuova veste, è in grado di svolgere diverse funzioni associate al settore primario: funzioni produttive (sicurezza e salubrità degli alimenti, valorizzazione delle risorse naturali e colturali); funzioni territoriali (cura del paesaggio e del territorio); funzioni sociali (vitalità delle aree rurali, argine allo spopolamento, recupero delle tradizioni); funzioni ambientali (biodiversità, controllo delle emissioni di GHG). Agricoltura biotecnologica L ingegneria genetica, o modificazione genetica delle colture, è emersa come una rilevante tecnologia agraria a partire dalla metà degli anni 90, soprattutto in nord America, Cina, Brasile e Argentina (sl. 1/96). Oggi (dati 2013) colture geneticamente modificate (GM) sono presenti in 29 paesi, di cui 10 paesi indistrializzati e 19 paesi in via di sviluppo (sl. 1/97). Nel 2005, soia, mais, cotone e colza rappresentavano il 99% della superficie mondiale a colture GM (sl. 1/98). Attualmente si stanno diffondendo varietà GM anche di papaia e barbabietola da zucchero (sl. 1/99). Per alcune specie, la percentuale di coltivazione di varietà GM a livello mondiale è già rilevante (sl. 1/100), ma negli USA tale percentuale ha ormai superato (stime dati 2012) l 80-90% della superficie totale di coltivazione per mais (86% su 38 milioni di ha totali), soia (93% su 30 milioni di ha totali) e cotone (95% su 5 milioni di ha totali). Sebbene i caratteri oggetto di modificazione genetica siano di varia natura (resistenza a insetti e malattie, tolleranza a stress abiotici, resa, qualità nutrizionale, etc.), la tolleranza agli erbicidi e la resistenza ad alcuni insetti dominano il mercato delle colture GM (sl. 1/107). È in corso un complesso dibattito globale sul ruolo che la tecnologia delle colture GM ha nell affrontare i problemi dell agricoltura, e sul fatto che gli agricoltori abbiano ottenuto o meno dei benefici dalle colture GM. Le colture GM devono sostenere una mole di controversie di natura tecnica, politica, ambientale, di proprietà intellettuale, di biosicurezza e commerciale. I favorevoli citano gli incrementi di potenziale produttivo delle colture, la maggiore sostenibilità derivante dalla riduzione di fitofarmaci, la maggiore adattabilità colturale e il miglioramento nutrizionale dei prodotti. I critici citano a loro volta i rischi ambientali e l ampliamento delle disparità sociali, tecnologiche ed economiche derivanti dall introduzione delle colture GM. Le preoccupazioni riguardano, tra l altro, i flussi genici dalle colture GM, la riduzione della diversità colturale, la resistenza agli erbicidi, la perdità della sovranità degli agricoltori sulle sementi, e la mancanza di accesso alla proprietà intellettuale detenuta dal settore privato. Nei paesi occidentali, soprattutto europei, dove l opinione pubblica è stata più volte esposta a crisi sulla sicurezza degli alimenti (come quella della BSE, ad esempio) gli studi sottolineano i sentimenti contrastanti nei confronti degli organismi GM. Più in generale, i cittadini sembrano preoccupati a proposito dell integrità e dell adeguatezza degli attuali modelli di regolamenti governativi e, in particolare, a proposito delle assicurazioni scientifiche di sicurezza. Una migliore scienza al riguardo è necessaria, ma potrebbe non essere sufficiente a risolvere la diffusa incertezza sugli effetti delle nuove tecnologie. 11

12 PROSPETTO DEL CORSO Le piante che verranno esaminate in questo corso sono le principali specie erbacee di grande coltura, con esclusione, quindi, delle specie ortive, floricole e officinali. Le colture erbacee possono essere raggruppate sulla base di diversi sistemi di classificazione proposti: - a seconda della famiglia botanica di appartenenza (sl. 1/116); - a seconda della parte della pianta utilizzata (semi, foglie, radici) (sl. 1/117); - a seconda della prevalente destinazione d uso (piante alimentari, piante foraggere, piante saccarifere, piante oleoproteaginose, piante da fibra, piante aromatiche) (sl. 1/118). Sulla base di quest ultimo sistema di classificazione, le specie trattate nel corso verranno suddivise in: - cereali (microtermi: frumento tenero, frumento duro, farro, orzo, triticale; macrotermi: mais, sorgo, riso); - leguminose da granella (soia, pisello); - piante oleaginose (girasole); - piante da tubero (patata); - piante da bio-energia; - foraggere (erbai, prati avvicendati, prati permanenti, pascoli). Per ogni coltura, verranno affrontati i seguenti temi: - cenni sull importanza economica; - origini e storia della coltura; - principali caratteristiche botaniche ed inquadramento tassonomico; - adattamento ecologico; - varietà ed obiettivi di miglioramento genetico; - tecnica colturale; - cenni sull utilizzazione e la conservazione, in misura variabile in funzione della rilevanza della coltura e dell importanza relativa dei temi per ciascuna coltura. I dati ISTAT ricavati dal censimento dell agricoltura 2010 rivelano che 5.7 milioni (M) di ha, pari al 44.4% della SAU italiana di 12.8 M ha, è stata destinata a seminativi di colture erbacee appartenenti ai gruppi di specie qui considerati, di cui 3.1 M ha a cereali e 2.1 M ha a foraggere (comprendendo in queste ultime anche le colture di mais per l insilamento). La percentuale sale al 54.4% della SAU considerando anche le superfici coltivate a specie orticole e floricole. Se poi si aggiungono anche le superfici a prati permanenti e pascoli, si raggiungono i 10.4 M ha, pari all 80.9% della SAU nazionale (sl. 1/120). 12

13 CEREALI Col termine cereali si indica un gruppo di specie, quasi tutte appartenenti alla famiglia delle Graminacee, che producono frutti (cariossidi) amilacei, farinosi e commestibili e, come già visto, costituiscono la base energetica della dieta di gran parte dell umanità, occupando circa la metà delle superfici coltivate a livello mondiale. Una serie di positive caratteristiche hanno determinato il successo dei cereali come specie agrarie e piante alimentari rispetto ad altre specie: - hanno grande adattabilità a diversi ambienti, dai climi temperati e freddi ai climi tropicali, dagli ambienti aridi a quelli umidi; - il loro prodotto ha un basso contenuto di umidità (13-14%) ed è quindi facilmente trasportabile e conservabile; - hanno l attitudine a formare, tramite macinazione, farine che, impastate con sola acqua, producono importanti alimenti; - il loro sapore è neutro, quindi non stanca e si presta a fornire la base dell alimentazione quotidiana; - la quota energetica digeribile è molto alta, intorno almeno al 70%, ed è rappresentata da carboidrati, in particolare da amido. Al contrario, il contenuto in componenti indigeribili (cellulosa, lignina) è molto basso (sl. 2/7). Dal punto di vista nutritivo, l unico limite dei cereali è la scarsa presenza di alcuni amminoacidi essenziali quali lisina e triptofano. Oltre che per l alimentazione umana, i cereali sono largamente utilizzati anche per l alimentazione zootecnica e per alcune produzioni industriali (bevande, amido, plastica, combustibili). Si stima che circa il 49% della granella di cereali complessivamente prodotta nel mondo sia destinata ad usi alimentari, il 37% ad usi zootecnici ed il 10% ad usi industriali, mentre il restante 4% è impiegata come semente in agricoltura (sl. 2/13). I cereali possono essere distinti in microtermi e macrotermi sulla base delle loro esigenze termiche. I primi vengono coltivati in Italia principalmente con ciclo autunno-vernino, mentre i secondi sono coltivati solamente nel periodo primaverileestivo. I principali cereali microtermi sono il frumento tenero, il frumento duro, l orzo, l avena e la segale, mentre le principali specie macroterme coltivate in Italia sono il riso, il mais ed il sorgo. Morfologia Apparato radicale È costituito da una (riso, sorgo) a 3-7 (frumento, mais) radici primarie che si originano dall embrione del seme e che normalmente arrestano la crescita nelle prime fasi di sviluppo e da radici avventizie che si sviluppano, dopo l emergenza, dai nodi basali del culmo e svolgono le funzioni di assorbimento di acqua e nutrienti e ancoraggio al suolo. In genere l apparato radicale è piuttosto superficiale, fascicolato e molto esteso. 13

14 Culmo È il tipico fusto delle graminacee, generalmente cilindrico e senza ramificazioni, con interno cavo oppure ripieno di midollo. Comprende una serie di nodi compatti dai quali prendono origine le foglie i quali a loro volta delimitano una serie di internodi di lunghezza generalmente crescente dalla base del culmo verso l apice (sl. 2/19). L accestimento è il processo mediante il quale dai nodi basali, molto ravvicinati, si formano nuovi culmi, determinando così la crescita in larghezza della pianta e la formazione di cespi più o meno compatti. Foglie Le foglie sono alterne ed opposte, con una foglia per nodo, senza picciolo e composta da varie parti: guaina, lamina, ligula e auricole. La guaina è la parte a stretto contatto con il culmo, al quale si può abbracciare anche completamente, ed ha consistenza più o meno membranosa. La lamina è la parte più appariscente della foglia, in diretta comunicazione con la guaina, di forma allungata e con nervature parallele. La ligula è una piccola membrana che si trova alla congiunzione tra lamina e guaina: può assumere un diverso sviluppo a seconda della specie e può essere anche assente. Le auricole sono delle piccole appendici di diverso sviluppo e forma, poste alla base della lamina. Insieme con la ligula rappresentano degli importanti caratteri morfologici per il riconoscimento delle specie graminacee in fase vegetativa, compresi alcuni cereali. Ad esempio, in frumento la ligula è corta e le auricole larghe e pelose; in orzo la ligula è allungata e le auricole sono lunghe e tipicamente amplessicauli; in avena la ligula è dentata, corta e di forma piuttosto ovale mentre le auricole sono assenti; in segale sia la ligula che le auricole sono corte (sl. 2/23). Infiorescenza Nelle graminacee esistono fondamentalmente due tipi di infiorescenza: la spiga, con spighette sessili inserite direttamente sul rachide, e il panicolo o pannocchia, con spighette inserite sul rachide mediante un peduncolo più o meno sviluppato (sl. 2/25-30). Le spighette, sessili o peduncolate, possono essere monoflore, ma più spesso contengono due o più fiori inseriti su un asse denominato rachilla. Ciascuna spighetta porta alla base due glume mentre ciascun fiore è avvolto da due glumette, di cui quella inferiore è detta lemma e quella superiore palea (sl. 2/34). La lemma può essere mutica (senza resta) o aristata (con resta). Glume e glumette possono presentare dorsalmente una carena, la quale può rappresentare un importante carattere di riconoscimento botanico nella famiglia. Cariosside È il tipico frutto secco indeiscente delle graminacee, che porta un solo seme concresciuto e saldato con il pericarpo. A maturazione, le glumette possono aderire alla cariosside che, in questo caso, viene detta vestita; se la cariosside matura non risulta avvolta dalle glumette è definita nuda. La cariosside delle graminacee può presentare varie dimensioni e forme (ovoidale, globosa, appiattita, etc.) ma è spesso caratterizzata da un solco laterale. La parte non occupata dall embrione è l endosperma, composto in prevalenza da amido. L embrione è attaccato all endosperma mediante l unico cotiledone, detto scutello. Nell embrione si distinguono il coleoptile e la coleoriza che racchiudono, rispettivamente, la piumetta e la radichetta (sl. 2/35-36). Le proporzioni 14

15 relative delle varie parti costituenti la cariosside possono variare in funzione delle specie: ad esempio, le glumette sono assenti dalle cariossidi di frumento, mais e sorgo (specie a cariossidi nude), ma possono rappresentare sino al 20-25% del peso della cariosside in riso e avena; l endosperma varia da circa il 60% della cariosside in avena ad oltre l 80% in frumento, mais e sorgo; l embrione solitamente non supera il 3% del peso della cariosside nei cereali vernini ma raggiunge il 10-12% in mais e sorgo. La forma, le dimensioni ed il peso della cariosside variano in funzione della specie (sl. 2/38-39). I principali cereali coltivati nel mondo sono otto: frumento, riso, mais, orzo, sorgo, miglio, avena e segale, per un totale di oltre 600 M ha ed una produzione di oltre 2 miliardi di tonnellate. Dal punto di vista biologico ed agronomico, i cereali possono essere distinti in tre sottogruppi: il sottogruppo del frumento ed affini (frumento, orzo), il sottogruppo del mais ed affini (mais, sorgo) ed il sottogruppo del riso. 15

16 FRUMENTO Con circa 180 milioni di ettari coltivati, il frumento è una delle specie erbacee più diffuse ed importanti nel mondo. La produzione mondiale stimata nel 2008 è stata pari a circa 640 milioni di tonnellate, a fronte di una stima di consumo mondiale di 630 milioni di tonnellate nel Previsioni di stima sui prossimi 20 anni indicano in 890 M t il fabbisogno mondiale di frumento, sottolineando la necessità di incrementare le produzioni per far fronte alle future richieste. L Asia e l Africa saranno i grandi consumatori di domani, ma in questi continenti il fabbisogno è e resterà superiore all offerta. Le scorte di frumento dei 5 maggiori Paesi esportatori mondiali (Argentina, Australia, Canada, UE e USA) sono diminuite drasticamente negli ultimi anni, sia per effetto della maggiore domanda che, almeno in alcuni casi, della minore produzione. Dei 640 M di tonnellate raccolti nel mondo, 610 M t sono state di frumento tenero (Triticum aestivum) e 30 M t di frumento duro (T. durum). In Italia, sul totale di oltre 2.7 M ha coltivati con cereali autunno-vernini (dati 2008), oltre 1.5 M ha erano destinati a frumento duro, con una produzione di 5.4 M tonnellate, e 700 mila ha a frumento tenero, con una produzione di 3.95 M tonnellate. L Emilia-Romagna, il Veneto ed il Piemonte sono state le regioni italiane in cui la superficie coltivata a frumento tenero ha superato i 100 mila ettari (sl. 3/10, 17). La superficie a frumento tenero in Italia è diminuita di circa il 40% negli ultimi 20 anni. Circa i tre quarti del frumento tenero prodotto o importato in Italia vengono impiegati nella panificazione, di cui il 90% è ancora sotto forma di produzioni artigianali (sl. 3/11). Origine La tassonomia dei frumenti coltivati, e del genere Triticum più in generale (sl. 3/19), è stata storicamente oggetto di complesse indagini. Una svolta nella classificazione del frumento avvenne con la determinazione del numero cromosomico di base pari a 7 e con l individuazione di frumenti con numero cromosomico pari a 2n=14, o 2n=28, o 2n=42. Sulla base del numero cromosomico, le specie furono distinte in diploidi (2n=2x=14), tetraploidi (2n=4x=28) ed esaploidi (2n=6x=42). Molte ricerche si sono susseguite per chiarire le relazioni filogenetiche tra specie selvatiche, forme primitive di frumenti coltivati e attuali frumenti coltivati. Una spiegazione sull origine delle forme coltivate si è avuta attraverso valutazioni morfologiche, genetiche, citogenetiche e molecolari, in particolare mediante il grado di appaiamento alla meiosi dei cromosomi omeologhi. I cromosomi omeologhi sono quelli derivanti da genomi (insiemi di cromosomi) diversi e, pur possedendo geni con funzioni simili, non si appaiano tra di loro durante la meiosi, come avviene invece per i cromosomi omologhi (appartenenti allo stesso genoma). Attraverso lo studio dell appaiamento cromosomico alla meiosi è stato possibile stabilire che i frumenti diploidi contengono un genoma indicato come AA, mentre i tetraploidi contengono due genomi, definiti AABB, e gli esaploidi contengono i tre genomi AABBDD (sl. 3/28). I frumenti tetraploidi ed esaploidi sono quindi degli allopoliploidi. Si ritiene che il capostipite dei frumenti sia la specie selvatica T. boeoticum (AA), dal quale sarebbe derivata la specie coltivata T. monococcum (AA) (sl. 3/30). I frumenti tetraploidi sarebbero derivati per incrocio (seguito dal raddoppiamento del corredo cromosomico che rese fertili gli ibridi) tra un frumento diploide ed una specie selvatica. La specie donatrice del genoma BB dovrebbe essere stata una specie affine all Aegilops speltoides (sl. 3/32) o una forma ancestrale di questa stessa, il cui genoma SS è molto simile al genoma BB dei frumenti polipoidi, oggi non presente in 16

17 nessuna specie di Aegilops conosciuta. Dai frumenti tetraploidi sarebbero derivate le specie esaploidi a seguito di incrocio con una specie diploide selvatica e successivo raddoppiamento del corredo cromosomico. La specie donatrice del genoma DD è stata identificata in Aegilops squarrosa (sinonimo, T. tauschii) in cui tale genoma è appunto presente (sl. 3/31). T. macha sarebbe stata la forma ancestrale dei frumenti esaploidi, da cui, per accumulo di mutazioni, sarebbe derivato T. spelta, e per ibridazione tra questo e T. macha (oppure per mutazione da T. spelta) si sarebbero formati i frumenti riferibili a T. aestivum. Sulla base del pionieristico lavoro di Vavilov sui centri di origine delle specie coltivate, proseguito da Sinskaya e successivamente confermato da Dorofeev e colleghi, l origine dei frumenti coltivati è il cosiddetto Antico Mediterraneo, comprendente la regione mediterranea e l Asia sud-occidentale. Più in particolare, l area di domesticazione dei frumenti, coincidente con la regione di origine dell agricoltura, è la cosiddetta Mezzaluna fertile, compresa tra Palestina, Anatolia meridionale e Mesopotamia (sl. 3/37). I frumenti sono stati un elemento basilare per l umanità per circa anni e si sono diffusi in tutto il mondo (sl. 3/40). La domesticazione e la successiva millenaria storia evolutiva del frumento come pianta coltivata hanno determinato delle profonde modificazioni nella morfo-fisiologia della pianta, la quale si presenta oggi molto diversa da quella dei progenitori selvatici (sl. 3/42-46). La gamma di variabilità che è derivata per effetto del tempo e dello spazio di coltivazione è sorprendente e la formazione di nuove entità infraspecifiche (varietà botaniche) è stato un processo continuo durante la diffusione della specie. L allopoliploidia ha avuto un enorme importanza nella creazione di tale variabilità: è stato dimostrato infatti che la variabilità e la distribuzione geografica dei frumenti diploidi sono minori rispetto a quelle dei tetraploidi e degli esaploidi. Nell evoluzione delle piante coltivate, la poliploidia ha sempre svolto un ruolo importante, in quanto ha aumentato le possibilità di adattamento ad un ampio ventaglio di ambienti e la sopravvivenza in condizioni climatiche instabili. Morfologia Radici L apparato radicale è di tipo fascicolato. Nel primo periodo del ciclo vegetativo si sviluppano 5-7 radici embrionali o primarie, che restano vitali per tutto il ciclo anche se vengono presto sopravanzate in sviluppo ed importanza dalle radici secondarie o avventizie, che si originano dai nodi basali del culmo principale e, in misura minore, dei culmi di accestimento. La formazione delle radici avventizie avviene generalmente dalla fase di terza foglia in poi. In relazione al tipo di suolo e alle condizioni ambientali, lo sviluppo in profondità dell apparato radicale può essere assai vario, raggiungendo anche 1.5 m e oltre. La massima densità radicale è comunque in genere in corrispondenza dello strato attivo del terreno (30-40 cm di profondità) interessato dalla maggior parte delle lavorazioni. Culmo Il fusto del frumento, detto culmo, può variare notevolmente in altezza in funzione delle varietà e delle condizioni ambientali di crescita. Le vecchie varietà coltivate potevano anche raggiungere e superare i 180 cm di altezza, mentre oggi vengono coltivate per lo più varietà semi-nane che di solito non superano i cm di altezza. L altezza del culmo è un carattere molto importante, perché legato inversamente alla resistenza al 17

18 fenomeno dell allettamento, che è la piegatura dei fusti causata dall azione del vento e della pioggia. Il fusto del frumento è eretto, cilindrico, con circa 5-8 internodi generalmente cavi. Nella fase giovanile il culmo non è appariscente, in quanto gli internodi non sono ancora sviluppati. Successivamente, il meristema di cui è fornito ogni nodo determina l allungamento dell internodo sovrastante. Il germoglio primario non resta unico: sui nodi basali, all ascella delle foglie più basse, sono presenti e possono svilupparsi altri apici vegetativi che danno origine a culmi secondari e terziari, in numero variabile a seconda delle varietà e delle condizioni ambientali (spazio, concimazione, umidità, etc.). Questo fenomeno è detto accestimento ed è descritto più avanti. Foglie L unico cotiledone è rappresentato dallo scutello, che è uno strato pluricellulare disposto tra l endosperma e l embrione e avente la funzione di trasferire a quest ultimo le sostanze nutritive (le cellule dello scutello sono infatti ricche di enzimi diastasici e proteolitici). Il coleoptile embrionale è la prima foglia, che fuoriesce dal terreno incappucciando e proteggendo la piumetta, la quale presenta 3-4 foglie già abbozzate. La prima foglia perfora il coleoptile dopo alcuni giorni ed inizia la fotosintesi. Le foglie sono inserite sui nodi del culmo con disposizione alterna, ed ognuna comprende guaina, lamina, ligula ed auricole. Infiorescenza L infiorescenza dei frumenti è una spiga, che ha l asse principale, o rachide, sinuoso e formato da corti internodi che, nelle specie coltivate, sono resistenti alla rottura e disarticolazione. Le spighette sono sessili, disposte alternativamente e ai lati opposti sui nodi del rachide. Il numero e la densità delle spighette possono essere molto variabili. In condizioni normali, il numero medio di spighette per spiga è di circa Ogni spighetta è costituita da un breve asse articolato, detto rachilla, con due file di fiori alterni e solitari, ognuno protetto da due brattee dette glumette, di cui l inferiore (lemma) porta all ascella il fiore. La lemma ha forma di navicella e l estremità superiore può essere dentata, a punta o aristata. Frumenti assolutamente mutici sono del tutto eccezionali: perciò col termine mutico si intende un frumento che ha ariste (o reste) molto ridotte. Forme mutiche sono frequenti in frumento tenero, in cui si trovano anche tipi semi-aristati, ovvero con reste non presenti in tutte le spighette. Le spighe mutiche sono invece rarissime in frumento duro. Le reste possono essere bianche, rossicce o nere: queste ultime sono frequenti in frumento duro ma molto rare nel tenero. La glumetta superiore è detta palea. Alla base della spighetta vi sono due brattee opposte, rigide, di forma carenata, dette glume, che in tutti i frumenti eccetto T. polonicum sono più corte delle glumette. Glume e glumette possono essere variamente pigmentate e/o pubescenti. Il numero di fiori in ogni spighetta può variare da 3 a 9, ma uno o più tra i fiori superiori sono di norma imperfetti e sterili. Spesso il fiore terminale manca e le glumette sono poco sviluppate. Il fiore perfetto ha tre stami con antere bilobate ed un ovario. I filamenti degli stami si allungano rapidamente dopo la fioritura. Dall ovario sorgono due stili piumosi e ricurvi. All antesi, due minute squame alla base interna delle glumette, dette lodicole, si gonfiano rapidamente per breve tempo, divaricando le glumette, esponendo gli stili e permettendo la fuoriuscita delle antere: l operazione facilita così l eventuale impollinazione del fiore nel caso in cui la fecondazione (cleistogama per circa il 97-99%) non fosse ancora avvenuta (sl. 3/67-68). 18

19 Cariosside Il peso della singola cariosside, di morfologia tipica, varia in funzione delle varietà, oltre che delle condizioni ambientali, ed è generalmente compreso tra 30 e 50 mg. La superficie della cariosside è liscia, ma quando la maturazione non avviene regolarmente per effetto di squilibri idrici nella pianta, la cariosside si presenta più o meno striminzita e grinzosa (il sintomo è definito stretta della cariosside). La cariosside è costituita dall embrione (2-4% del peso), dall endosperma (87-89%) e dagli involucri (circa 8%). L endosperma comprende uno strato aleuronico periferico a contatto col tegumento seminale (testa) e il parenchima con amido e proteine di riserva (glutine) (sl. 3/72-73). La concentrazione di sostanza proteica e minerali (ceneri) cresce dal centro verso la periferia del parenchima, mentre il contrario avviene per l amido. Il carattere farinoso della cariosside è dovuto alla formazione di pori capillari tra le cellule dell endosperma durante la maturazione. Tali pori generalmente mancano nelle cariossidi di frumento duro, che presentano quindi un aspetto compatto e vitreo. All estremità della cariosside opposta a quella in cui è localizzato l embrione è presente un ciuffo di brevi e sottili peli. Biologia (sl. 3/78) Germinazione Con acqua a disposizione per l assorbimento (fino in ragione del 40% del peso della cariosside) e in condizioni favorevoli di temperatura ed ossigenazione, il seme germina. La temperatura ottimale di germinazione è di circa 20 C, ma la germinazione può avvenire, seppure lentamente, già a 2-4 C (temperatura minima di germinazione). Per prima fuoriesce la radichetta embrionale centrale, poi il coleoptile e infine le altre radici primarie. La profondità ottimale di semina è intorno a 3-4 cm: una semina più profonda costringerebbe la plantula ad allungare il primo internodo (detto rizoma) per spingere in alto il coleoptile e farlo emergere, causando un consumo delle riserve embrionali e la nascita di una pianta esile e stentata. Con una semina troppo superficiale, invece, il seme appena germinato potrebbe disseccarsi od essere predato. Dopo l uscita del coleoptile dal terreno, la prima foglia lo rompe ed esce espandendosi fino a raggiungere la dimensione normale. Accestimento Allo stadio di 3-4 foglie, all ascella della prima foglia si forma un germoglio, quindi ne compare un altro all ascella della seconda foglia, e così via, dando vita al fenomeno dell accestimento (sl. 3/82-83), che termina quando l apice vegetativo principale si differenzia in organo riproduttivo. Un accestimento estremo è da evitare, poiché questo comporterebbe una scalarità di fioritura protratta nel tempo a causa della dominanza del germoglio primario sui germogli di accestimento primario, e di questi sui germogli di accestimento secondario. L accestimento dipende da molteplici fattori, tra cui la varietà, la precocità (effetto positivo), le dimensioni del seme (effetto positivo), la profondità di semina (effetto negativo), la densità delle piante (effetto negativo), la dotazione in elementi nutritivi del terreno, soprattutto in azoto (effetto positivo), la temperatura (effetto negativo con temperature elevate), l epoca di semina (effetto positivo con semine precoci). Come detto, tecnicamente è desiderabile un ridotto accestimento unito ad un elevata fittezza per avere un raccolto uniforme. 19

20 Sotto l influenza della temperatura e del fotoperiodo, ad un certo punto l apice vegetativo non differenzia più i primordi delle foglie ma differenzia gli abbozzi delle future spighette. Questo stadio corrisponde al passaggio della pianta dalla fase vegetativa a quella riproduttiva ed è indicato come viraggio (sl. 3/85-86). È importante che al momento del viraggio la pianta sia in buone condizioni nutritive per garantire un elevato numero di spighette future. Per numerose varietà, il viraggio è condizionato dall aver subito per qualche tempo lo stimolo delle basse temperature (vernalizzazione). Si hanno così varietà autunnali (o non alternative) che, esigendo la vernalizzazione, vanno sempre seminate in autunno, e varietà primaverili (o alternative) in cui la fioritura è indotta prevalentemente dal fotoperiodo e che possono essere quindi seminate anche in primavera. Levata Avvenuto il viraggio, quando la temperatura dell aria raggiunge circa 12 C, le piante iniziano la fase di levata, con l allungamento degli internodi per proliferazione del tessuto meristematico alla base di ciascun nodo. L accrescimento è acropeto a partire dall internodo più basso. Quando è in corso l allungamento dell ultimo internodo, la spiga, già completamente formata, viene spinta attraverso la guaina dell ultima foglia, determinandovi un tipico rigonfiamento: è questo il cosiddetto stadio di botticella. Pochi giorni dopo si ha l uscita della spiga, o spigatura, e dopo altri 5-6 giorni si ha la fioritura, stadio a cui la pianta raggiunge la massima altezza (sl. 3/87). Durante la levata la pianta assorbe grandi quantità di elementi nutritivi e di acqua ed ha una notevole attività fotosintetica. Temperature più basse di quelle ottimali (15-20 C) e carenza di acqua nel terreno riducono l allungamento degli internodi. Una scarsa illuminazione, come si ha nelle semine troppo fitte, stimola invece l allungamento degli internodi più bassi, riducendone però l ispessimento e la tolleranza all allettamento. Durante la levata, la pianta diventa molto sensibile alle gelate (a differenza della fase di accestimento) le quali devitalizzano per congelamento i tessuti teneri e acquosi degli internodi in allungamento. Per questo, la fase di levata non deve essere troppo precoce. Fioritura Circa 5-6 giorni dopo la spigatura avviene la fecondazione cleistogama del fiore. Aprendo le glumette in quella fase si osserverebbe che l ovario è ingrossato e gli stami sono gialli e maturi. La fioritura e la fecondazione sono ostacolate dall eccesso di umidità, dalla pioggia e dai ritorni di freddo. Temperature inferiori a 15 C possono già essere dannose; temperature sotto lo zero possono provocare la devitalizzazione del polline (castrazione fisiologica). Impropriamente viene definita fioritura il momento in cui le glumette si aprono e lasciano fuoriuscire le antere: in realtà, in condizioni normali ciò avviene quando la fecondazione è avvenuta, e si dovrebbe perciò parlare più propriamente di sfioritura. La fioritura inizia dalle spighette mediane della spiga e procede poi verso quelle basali e infine verso quelle apicali. In ciascuna spighetta, il primo a fiorire è il fiore più basso, seguito poi via via dai fiori superiori. La fioritura inizia nella spiga del culmo principale e prosegue in quelli secondari secondo l ordine della loro formazione sulla pianta. La fioritura si completa in circa 3-4 giorni su una spiga, e sono necessari circa 6-8 giorni per la fioritura completa in una pianta. Non tutti i fiori formati danno origine a cariossidi: in condizioni non troppo ottimali, solo il primo e il secondo fiore di ogni spighetta producono una cariosside, mentre in condizioni ottimali anche il terzo e quarto 20

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