AZIONI PER I RIFUGIATI IL DIRITTO D ASILO. Evoluzione storica e convenzioni internazionali

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1 IL DIRITTO D ASILO Evoluzione storica e convenzioni internazionali Quando è nato il diritto d asilo? In Italia i mass media hanno cominciato a parlare più diffusamente di rifugiati in tempi molto recenti, ma il diritto di asilo non è un invenzione moderna! Esso nasce in tempi lontani, su basi e principi molto diversi da quelli di oggi che si sono poi evoluti nel corso dei secoli. I greci e i romani Già negli antichi diritti greco, romano, ebraico, esisteva il diritto di asilìa, che consisteva nella possibilità per il criminale comune (salvo che si fosse macchiato di delitti particolarmente gravi) di rifugiarsi in un luogo sacro, nel quale poteva trovare protezione da parte della divinità. Chi si rifugiava in un luogo protetto dall asilìa (non tutti i luoghi sacri godevano di questo status) non poteva dunque essere perseguito dalla legge. La violazione di questo diritto veniva considerata un sacrilegio. L asilo cristiano Con l affermarsi del cristianesimo vennero riconosciuti come luoghi di asilo le chiese cristiane. Fondamento dell asilo cristiano era però non tanto (o non solo) il rispetto dovuto ai luoghi sacri, quanto la caritas cristiana, l esigenza di attenuare il rigore della pena. Le autorità ecclesiastiche avrebbero così consegnato il rifugiato solo dopo che una magistratura avesse giudicato della sua colpevolezza, ed intercedendo affinché la pena fosse la più mite possibile. 1

2 Gli Stati assoluti Con la fine del medioevo ed il nascere degli Stati assoluti l istituto dell asilo religioso cominciò ad entrare in crisi: quasi tutti i nascenti Stati non erano disposti a tollerare al proprio interno delle oasi di impunità e soprattutto la conseguente limitazione al potere assoluto dello Stato. L asilo religioso, che continuava invece a venire affermato dalle autorità della Chiesa, fu quindi abolito. E a questo punto della storia che l asilo comincia a cambiare completamente natura. Con l affermarsi dello Stato moderno, l asilo non è più la protezione all interno di un luogo sacro, ma protezione al di fuori del proprio Paese, da parte di uno Stato diverso dal proprio. Il nuovo asilo era la conseguenza del monopolio di autorità che gli Stati pretendevano di avere su tutto ciò che si trovava al proprio interno, cose e persone. Ben presto, però, le monarchie assolute limitarono il diritto di asilo ai soli criminali comuni, rifiutandolo a chi fosse imputato o condannato per delitti politici. Chi aveva commesso reati politici veniva consegnato alle autorità del Paese dal quale era fuggito. In questo modo le monarchie cooperavano tra di loro nel punire chiunque mettesse in discussione il principio di autorità assoluta dello Stato. Il principio che stava alla base dell asilo era esattamente opposto rispetto a quello odierno. La rivoluzione francese E con l affermarsi delle idee illuministe, e con la rivoluzione francese, che il diritto di asilo compì un ulteriore modificazione, ribaltando la concezione fatta propria dagli Stati assoluti e cominciando ad avvicinarsi alla forma con cui lo conosciamo oggi. Il diritto di asilo doveva ora essere garantito proprio a chi lottasse per la libertà e contro la tirannide, mentre doveva essere negato a chi si fosse macchiato di delitti comuni. Così l art. 120 della Costituzione giacobina del 1793 prevedeva che il popolo francese concede l asilo agli stranieri banditi dalla loro patria per la causa della libertà, e lo rifiuta ai tiranni. Il diritto di asilo diventava dunque uno strumento nella lotta contro gli Stati dell ancien régime. 2

3 Il Novecento All'inizio del Novecento, la nascente comunità internazionale si trovò per la prima volta di fronte al problema di migrazioni di intere popolazioni, costrette a fuggire dai loro Paesi a causa delle persecuzioni subite. Venero così firmate, dal 1920 in poi, delle Convenzioni internazionali per assicurare protezione di volta in volta alle vittime di tali persecuzioni (come gli armeni, i russi, gli assiri, i turchi, i tedeschi, gli austriaci). Non esisteva però ancora alcuno strumento giuridico che si occupasse del problema dei rifugiati in generale. Solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, nell ambito dell Organizzazione delle Nazioni Unite, si affrontò finalmente il problema dei rifugiati in un ottica più generale, con la costituzione nel 1950 dell Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (l organismo O.N.U. che ancora oggi si occupa della situazione dei rifugiati nel mondo) e con la firma, nel 1951, della Convenzione di Ginevra sullo Status dei Rifugiati. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell Uomo del 1948 Il 10 giugno del 1948 viene proclamata dall Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Dichiarazione Universale dei Diritti dell Uomo. Quello che oggi sembra un documento quasi scontato era all epoca un assoluta novità sul piano della legislazione internazionale, essenzialmente per tre motivi. Innanzitutto è uno strumento giuridico non vincolante che ha soprattutto un valore morale, di affermazione di diritti universali, più che di preciso impegno per gli Stati. In secondo luogo, è stato il primo documento a sancire i diritti umani in modo universale, cioè valido e applicabile ovunque e in qualunque epoca. Infine, la Dichiarazione ha per la prima volta assegnato la titolarità dei diritti all essere umano in quanto tale e non in virtù della sua appartenenza ad uno Stato. La Dichiarazione Universale riconosce tra i diritti dell uomo quello di cercare rifugio e asilo in un Paese diverso dal proprio. L articolo 14.1 della Dichiarazione infatti recita: ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni. Essa rappresenta ancora oggi la cornice di riferimento in cui bisogna porre tutta la legislazione internazionale sui rifugiati prodotta successivamente. 3

4 La Convenzione di Ginevra del 1951 Dopo un periodo preparatorio in seno alle Nazioni Unite di circa due anni, il 28 luglio 1951 viene presentata a Ginevra la Convenzione sullo Statuto dei Rifugiati, attualmente sottoscritta da 144 Stati. Arrivare alla stesura definitiva del documento non fu affatto facile e richiese lunghe discussioni e trattative sulla difesa dei diritti degli stati sovrani. Primo merito della Convenzione di Ginevra è di aver definito cosa si intende con il termine di rifugiato, o, volendo essere più precisi, a chi la comunità delle Nazioni Unite riconosce questo status. L articolo 1.2 stabilisce infatti che tale stato giuridico può essere attribuito a chiunque, nel giustificato timore d essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato. Un altro merito della Convenzione è di aver stabilito il principio di non refoulement (ovvero non respingimento ) dei rifugiati. L articolo 33 vieta agli Stati contraenti di espellere o respingere un rifugiato verso il suo Paese o verso Paesi terzi in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero in pericolo. Decreta inoltre che gli Stati non possano intraprendere azioni legali contro i rifugiati che, fuggendo da un territorio in cui la loro vita o la loro libertà erano minacciate, entrano o risiedono illegalmente nel Paese. Rimane comunque necessario presentarsi quanto prima alle autorità competenti per formalizzare la domanda d asilo. La Convenzione di Ginevra indica poi quali sono i diritti del rifugiato (riguardo, ad esempio, all istruzione, al lavoro, all accesso all abitazione), una volta che lo Stato lo abbia riconosciuto come tale. Anche la Convenzione di Ginevra, nonostante rappresenti una pietra miliare del diritto internazionale e sia a tutt oggi il documento centrale del diritto dei rifugiati, ha limiti e difetti. Uno degli snodi fondamentali spesso al centro del dibattito è proprio la stessa definizione di rifugiato. Volendo essere universale non può essere troppo dettagliata e precisa: proprio per poter essere applicata a una molteplicità di casi deve essere quanto più generale e flessibile possibile. Di conseguenza, però, i termini che utilizza, quali timore giustificato, persecuzione, appartenenza a un gruppo sociale, sono molto vaghi. La caratteristica della flessibilità, se da un lato rende la 4

5 definizione potenzialmente meglio utilizzabile, dall altra lascia zone d ombra che forniscono un certo margine d'azione a chi nella pratica deve poi riconoscere lo status, cioè gli Stati di accoglienza e di arrivo delle persone in cerca di asilo. Questo margine può essere sì utilizzato per delle aperture, in modo da comprendere al suo interno una più ampia varietà di esperienze e realtà diverse, ma può anche essere impiegato per limitazioni e chiusure restrittive anche a seconda delle posizioni politiche dello Stato in questione in tema di migrazioni e delle oscillazioni della politica interna. Bisogna avere ben chiaro che la Convenzione è comunque uno strumento molto più severo di quello che l opinione pubblica ritiene: la storia di ogni singolo richiedente asilo, le persecuzioni subite e il loro fondato timore vengono valutate individualmente in modo molto incisivo. Vengono considerati legittimamente aspiranti allo status di rifugiato, secondo la Convenzione, solo coloro che sono individualmente e personalmente perseguitati. Questo esclude automaticamente chi teme di subire danni a causa di una situazione di violenza generalizzata, ad esempio una guerra o una guerra civile. Sono però proprio gli ambiti caratterizzati da violenza diffusa e guerra civile ad essere divenuti negli ultimi decenni più frequenti, soprattutto in Africa e Asia: anche se non a causa di persecuzioni rivolte direttamente alla singola persona in quanto tale, rimanere in alcune di queste zone mette comunque a rischio la vita delle persone. Di fronte a questa evoluzione del contesto la comunità internazionale non si è mossa in modo compatto, ma ha invece imboccato due strade diverse: alcuni Stati hanno scelto di creare nuove forme di protezione per coloro la cui vita verrebbe messa a repentaglio in caso di ritorno in patria, pur non rientrando nella definizione classica di rifugiato; altri hanno optato per l estensione della definizione di rifugiato, in modo da comprendere al suo interno anche queste nuove figure di persone in fuga. L Europa ha scelto la prima opzione. Sono quindi state create due forme di protezione alternative, tipi di status che permettono di rimanere nel Paese di accoglienza finché non sia calato il picco di violenza nello Stato di origine. Sono forme di protezione meno impegnative per gli stati di accoglienza, perché chi le ottiene non ha tutti i diritti che spettano ad un rifugiato. Inoltre, anche chi ottiene lo status di rifugiato vero e proprio, spesso non riesce a godere dei diritti che, sulla carta, gli sarebbero garantiti. Per i rifugiati il riconoscimento e la fruizione dei diritti continuano comunque a passare attraverso gli Stati nazionali, che sono chiamati a rendere effettivo ciò che altrimenti rimane solo formale e astratto. Inizialmente la Convenzione conteneva una limitazione temporale ed una geografica. Essa era valida solo per chi fuggiva a causa di eventi avvenuti prima del 1951 in Europa. Tale data limite 5

6 corrisponde al desiderio dei governi di limitare i propri obblighi alle persone già rifugiate e a coloro che possono diventarlo in base ad avvenimenti già verificatisi. Queste limitazioni, poi abolite con un Protocollo firmato a New York nel 1967, rispondevano al desiderio di alcuni Stati di non assumere obblighi la cui portata fosse imprevedibile, poiché era impossibile prevedere l evolversi della situazione dei diritti umani a livello mondiale negli anni futuri e il conseguente numero di persone che sarebbero state costrette a fuggire dal proprio Paese. La Convezione Europea sui Diritti dell Uomo del 1952 La Convenzione Europea sui Diritti dell Uomo del 1952, pur non trattando direttamente del diritto di asilo, prevede che nessuno possa essere sottoposto a torture o pene inumane o degradanti (art. 3). Questo articolo è stato più volte utilizzato per vietare l espulsione di un cittadino straniero che affermi di avere subito in patria persecuzioni proprio in quanto il rimpatrio avrebbe come conseguenza il rischio che l interessato sia sottoposto nel suo Paese a torture o a pene inumane o degradanti. Bibliografia di riferimento Amnesty International (2005), Lampedusa: ingresso vietato. Le deportazioni degli stranieri dall Italia alla Libia, Torino, EGA editore. ASGI (2005), Scheda storica sul diritto d asilo, Torino, ASGI. Bolzoni Magda (2009), Oltre l'approccio umanitario. Rifugiati somali e congolesi tra Torino e Cape Town, tesi di laurea non pubblicata, Interfacoltà di Sociologia, Università di Torino. Evangelisti Elena (2009), La condizione del rifugiato in Italia. Accoglienza e integrazione nel caso di Torino, tesi di laurea non pubblicata, Facoltà di Scienze Politiche, Università di Torino Macioti Maria Immacolata e Pugliese Enrico (2003), L esperienza migratoria. Immigrati e rifugiati in Italia, Roma-Bari, Editori Laterza. 6

7 Marchetti Chiara (2006), Un mondo di rifugiati. Migrazioni forzate e campi profughi, Bologna, EMI. Neri Livio (2004), Il diritto d asilo. Profili sostanziali: Lo status di rifugiato,in Diritto degli stranieri (a cura di Bruno Nascimbene), CEDAM, Padova. Nicholson Frances, a cura di (1999), Refugee Rights and Realities. Evolving International Concepts and Regimes, Cambridge, Cambridge University Press. Sassen Saskia (1996), Migranten, Sielder, Flüchtlinge. Von der Massenauswanderung zur Festung Europa, Frankfurt am Main, Fischer Taschenbuch Verlag; ed. italiana: (1999), Migranti, coloni, rifugiati. Dall emigrazione di massa alla fortezza Europa, Milano, Feltrinelli. UPM Torino (2009), Richiedenti asilo e rifugiati, Quaderno No.5, Torino, Ufficio Pastorale Migranti. 7

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