Risultati degli studi registrativi: lo studio Hokusai-VTE

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1 Risultati degli studi registrativi: lo studio Hokusai-VTE Walter Ageno Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università dell Insubria, Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi, Varese The association of parenteral rapid-onset anticoagulants with oral anticoagulants has become the standard of treatment for venous thromboembolism. Vitamin K antagonists, the most widely used oral anticoagulants, should be administered for at least 3 months or, in some patients, indefinitely. Although this approach is highly effective, it suffers from well known practical limitations. In order to overcome these limitations, a number of studies have assessed the role of novel oral anticoagulant drugs also in this setting. These studies compared standard treatment of venous thromboembolism with the newer compounds that were either administered as a stand alone therapy from the first day or started after an initial course of parenteral therapy. Novel oral anticoagulant drugs have consistently been shown to be as effective as the standard of treatment, and were associated with significantly fewer bleeding events regardless of the study design. The Hokusai-VTE study, the last of these trials to be published, was a randomized controlled trial comparing in more than 8000 patients edoxaban with warfarin in a double blind fashion after an initial course of parenteral treatment with enoxaparin or unfractionated heparin, administered for at least 5 days. We hereby present and discuss the design, the study population, and the results of the Hokusai-VTE trial. Key words. Edoxaban; Oral anticoagulants; Venous thromboembolism. G Ital Cardiol 2014;15(12 Suppl 1):17S-21S 2014 Il Pensiero Scientifico Editore L autore dichiara di aver partecipato ad Advisory Board organizzati da Bayer, Boehringer Ingelheim, Daiichi Sankyo, Pfizer-BMS, e di aver ricevuto supporto per la ricerca da Bayer. Per la corrispondenza: Prof. Walter Ageno Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università dell Insubria, Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi, Viale Borri 57, Varese agewal@yahoo.com STATO DELL ARTE NELLA TERAPIA DEL TROMBOEMBOLISMO VENOSO Nel trattamento del tromboembolismo venoso (TEV) sono indicate 3 fasi, una detta acuta che si riferisce ai primi 7 giorni circa di terapia, nella quale l obiettivo è di prevenire l estensione del trombo, di ridurre il rischio di recidiva o di embolizzazione e di migliorare la sintomatologia; una detta a lungo termine che arriva fino a 3 mesi dall evento acuto, in cui l obiettivo è di ridurre al massimo il rischio di recidiva che rimane ancora particolarmente elevato; ed una di trattamento prolungato che va oltre i primi 3 mesi e che in genere riguarda quei pazienti ritenuti a rischio persistente di recidiva 1. Lo standard terapeutico oggi consiste nell associare durante la fase acuta un farmaco con un rapido inizio d azione somministrato per via parenterale (eparina a basso peso molecolare [EBPM], fondaparinux, eparina non frazionata) ad un farmaco orale (antagonista della vitamina K) e di proseguire nelle fasi successive con l antagonista della vitamina K 1. Questo schema terapeutico si applica alla maggior parte dei pazienti con TEV, con l eccezione dei pazienti che si presentano con embolia polmonare (EP) emodinamicamente instabile, per i quali è prevista una terapia iniziale trombolitica seguita da eparina non frazionata e successivamente da terapia orale 2, e dei pazienti con neoplasia attiva, per i quali è stata dimostrata una superiorità in termini di efficacia dell EBPM rispetto al warfarin almeno nei primi 6 mesi di trattamento 3. Rimane invece incerta la necessità di somministrare una terapia trombolitica anche in quei pazienti con EP che si presentano in condizioni di stabilità emodinamica, ma con segni di disfunzione del ventricolo destro (dilatazione ventricolare destra all ecocardiografia o alla tomografia computerizzata, positività della troponina o del peptide natriuretico cerebrale [BNP]). In questi pazienti la mortalità nelle prime settimane non è trascurabile, ma i risultati di un recente studio randomizzato e controllato non hanno evidenziato un beneficio clinico convincente dalla somministrazione della terapia trombolitica 4. Dati di studi osservazionali su ampie popolazioni non selezionate ci fanno vedere come oggi solo una minoranza di pazienti con TEV viene trattata con trombolitici (circa l 1% dei pazienti con EP), mentre la maggior parte dei pazienti riceve una terapia iniziale con EBPM (circa il 90% dei pazienti) seguita dagli antagonisti della vitamina K (circa il 70% dei pazienti) 5. TRIAL DI FASE III CON I FARMACI ANTICOAGULANTI ORALI DIRETTI Negli ultimi anni è stata valutata la possibilità di migliorare il trattamento dei pazienti con TEV utilizzando i farmaci anticoagulanti orali diretti. Grazie al loro rapido picco d azione e alla possibilità di essere somministrati a dosi fisse senza necessità di monitoraggio di laboratorio, questi farmaci hanno la possibilità di semplificare la terapia di questa patologia, favorendone anche il trattamento domiciliare o riducendo in molti casi la degenza ospedaliera e il numero di visite ambulatoriali successive 6. Tra il 2009 e il 2014 sono stati pubblicati 6 trial clinici che hanno confrontato dabigatran, rivaroxaban, apixaban ed edo- 17S

2 W AGENO xaban con la terapia standard nel trattamento acuto della trombosi venosa profonda (TVP) e dell EP Il disegno e i principali risultati degli studi sono riportati nella Tabella 1. La principale differenza tra questi studi è rappresentata dal braccio sperimentale nella prima settimana circa di terapia, costituito da un farmaco parenterale negli studi RE-COVER e Hokusai-VTE 7,11,12 e dalla sola terapia orale con rivaroxaban o apixaban a dosaggio aumentato rispetto alla successiva dose di mantenimento negli studi EINSTEIN o AMPLIFY In tutti gli studi, ciascuno dei farmaci anticoagulanti orali diretti è risultato essere altrettanto efficace della terapia standard, con un incidenza di eventi emorragici significativamente ridotta I risultati positivi degli studi hanno portato all autorizzazione all immissione in commercio di rivaroxaban e dabigatran, mentre a breve si attende l approvazione anche per apixaban ed edoxaban. LO STUDIO HOKUSAI-VTE Disegno dello studio Lo studio Hokusai-VTE 11 è uno studio randomizzato, controllato in doppio cieco che ha confrontat o eparina non frazionata ed edoxaban con la terapia standard in pazienti con TVP e/o EP sintomatiche. Tutti i pazienti eleggibili arruolati nello studio ricevevano un iniziale trattamento in aperto con enoxapari- na o eparina non frazionata per almeno 5 giorni oltre ad edoxaban/placebo o warfarin/placebo somministrati in doppio cieco. Il trattamento orale veniva proseguito per un minimo di 3 mesi ed un massimo di 12 mesi, la durata individuale era stabilita dallo sperimentatore locale. Lo studio è stato disegnato per dimostrare la non inferiorità di EBPM/eparina non frazionata-edoxaban rispetto al trattamento di controllo nell incidenza di recidiva di TEV sintomatico (TVP, EP fatale o non fatale), mentre l outcome di sicurezza principale era definito dall incidenza combinata di emorragie maggiori definite secondo il criterio dell International Society on Thrombosis and Haemostasis (calo dei livelli di emoglobina di almeno 2 g/dl, trasfusione di almeno 2 unità di emazie, emorragia in sede critica o fatale) e di emorragie non definibili maggiori, ma ritenute clinicamente rilevanti (emorragia che richiede la necessità di intervento medico, interruzione del farmaco o che impatta sulle normali attività quotidiane). La valutazione dell analisi di efficacia è stata fatta a 12 mesi per tutti i pazienti indipendentemente dalla durata del trattamento. Per dimostrare la non inferiorità di edoxaban, in base ad un calcolo del campione determinato da un numero di almeno 220 eventi clinici documentati necessari per fornire allo studio una sufficiente potenza statistica, è stato calcolato un campione di popolazione di almeno 7500 pazienti. Quando è stato raggiunto il numero previsto di pazienti, un totale di 8292 pazienti era stato arruolato. Tabella 1. Disegno e risultati degli studi di fase III che hanno confrontato i nuovi anticoagulanti orali con la terapia standard nei pazienti con tromboembolismo venoso acuto. Studio Farmaco Dosaggio Tempistica Durata del Outcome Eventi trattamento primario emorragici (mesi) di efficacia maggiori RE-COVER I 7, 2009 Dabigatran 150 mg x 2 Dopo 5 giorni di ENF 6 30/1274 (2.4%) 20/1274 (1.6%) Warfarin INR Embricato con 5 giorni di ENF 27/1265 (2.1%) 24/1265 (1.9%) EINSTEIN 8, 2010 Rivaroxaban 15 mg x 2 per 21 giorni, Dal primo giorno 3, 6 o 12 36/1731 (2.1%) 14/1718 (0.8%) poi 20 mg/die di terapia Enoxaparina/ 1 mg/kg x 2 per 5 giorni Dal primo giorno 51/1718 (3.0%) 20/1711 (1.2%) EINSTEIN-PE 9, 2012 Rivaroxaban 15 mg x 2 per 21 giorni, Dal primo giorno 3, 6 o 12 50/2419 (2.1%) 26/2412 (1.1%) poi 20 mg/die di terapia Enoxaparina/ 1 mg/kg x 2 per 5 giorni Dal primo giorno 44/2413 (1.8%) 52/2405 (2.2%) AMPLIFY 10, 2013 Apixaban 10 mg x 2 per 7 giorni Dal primo giorno 6 59/2609 (2.3%) 15/2676 (0.6%) seguito da 5 mg/die di terapia Enoxaparina/ 1 mg/kg x 2 per 5 giorni Dal primo giorno 6 71/2635 (2.7%) 49/2689 (1.8%) Hokusai-VTE 11, 2013 Edoxaban 60 mg/die o 30 mg/die Dopo 5 giorni di ENF 3, 6 o /4118 (3.2%) 56/4118 (1.4%) Warfarin INR Embricato con 5 146/4122 (3.5%) 66/4122 (1.6%) giorni di ENF RE-COVER II 12, 2014 Dabigatran 150 mg x 2 Dopo 5 giorni di ENF 6 30/1279 (2.3%) 15/1280 (1.2%) Warfarin INR Embricato con /1289 (2.2%) 22/1288 (1.7%) giorni di ENF AVK, antagonisti della vitamina K; EBPM, eparina a basso peso molecolare; ENF, eparina non frazionata; INR, international normalized ratio. 18S

3 LO STUDIO HOKUSAI-VTE Edoxaban è stato iniziato al termine della terapia parenterale alla dose di 60 mg/die in un unica somministrazione. I pazienti con insufficienza renale moderata definita da una clearance della creatinina compresa tra 30 e 50 ml/min, con un peso corporeo 60 kg o in terapia con forti inibitori della glicoproteina P hanno invece ricevuto una dose di 30 mg/die. Popolazione arruolata Tutti i pazienti maggiorenni con TVP prossimale degli arti inferiori e/o EP sintomatica erano eleggibili, con l esclusione di quei pazienti con neoplasia attiva e indicazione a sola terapia con EBPM a giudizio dello sperimentatore, dei pazienti con indicazione a terapia trombolitica o a trattamenti invasivi del TEV a giudizio dello sperimentatore, dei pazienti in terapia con aspirina a dosi >100 mg/die o con doppia terapia antiaggregante, dei pazienti con insufficienza renale definita da una clearance della creatinina <30 ml/min, dei pazienti con epatite acuta, epatite cronica attiva o cirrosi epatica e delle donne in gravidanza o allattamento. Risultati generali Le caratteristiche generali dei pazienti arruolati nello studio Hokusai-VTE sono riassunte nella Tabella 2. I pazienti arruolati nello studio hanno ricevuto la terapia parenterale per una durata mediana di 7 giorni. La durata del trattamento orale è stata di 3 mesi in circa il 12% dei pazienti, fino a 6 mesi in circa il 26% dei pazienti, dai 6 mesi ad 1 anno nel 60% circa dei pazienti. Circa il 17% dei pazienti è stato trattato con la dose ridotta di 30 mg. Nei pazienti trattati con edoxaban l aderenza al trattamento è stata superiore all 80%, mentre nei pazienti che hanno ricevuto warfarin il 63.5% dei valori di INR era nel range terapeutico. Al termine del periodo di osservazione di 12 mesi, si sono verificate recidive sintomatiche di TEV nel 3.2% dei pazienti trattati con edoxaban e nel 3.5% dei pazienti trattati con warfarin, con un hazard ratio (HR) con edoxaban di 0.89, intervallo di confidenza (IC) al 95% compreso tra 0.70 e 1.13, che corrispondeva ad una valore di p altamente significativo per la non inferiorità di edoxaban nei confronti di warfarin. L incidenza di Tabella 2. Caratteristiche della popolazione arruolata nello studio Hokusai-VTE. Caratteristiche Edoxaban Warfarin N. pazienti Età media (anni) Età 75 anni (%) Sesso maschile (%) Peso corporeo (%) 60 kg >100 kg CrCl ml/min (%) Solo TVP TEV non provocato (%) TEV secondario a fattori di rischio rimuovibili (%) TEV secondario a neoplasia maligna (%) Precedente TEV (%) CrCl, clearance della creatinina; TEV, tromboembolismo venoso; TVP, trombosi venosa profonda. eventi durante il trattamento attivo è stata invece dell 1.6% e dell 1.9%, rispettivamente (HR 0.82, IC 95% ). Non si sono riscontrate differenze nell incidenza di eventi o nell effetto dei farmaci tra pazienti con TVP o EP. L incidenza di eventi emorragici maggiori e clinicamente rilevanti, ma non maggiori, outcome principale di sicurezza, è stata significativamente inferiore nel gruppo trattato con edoxaban (8.5%) rispetto al gruppo trattato con warfarin (10.3%) (HR 0.81, IC 95% ). L incidenza di emorragie maggiori è risultata essere di 1.4% e 1.6%, rispettivamente (HR 0.84, IC 95% ). Tra queste, le emorragie fatali sono state 2 nel gruppo edoxaban e 10 nel gruppo warfarin, le emorragie intracraniche complessivamente 5 e 18, rispettivamente. L incidenza di eventi cardiovascolari è stata molto bassa e non vi sono state differenze tra i due gruppi. Non si sono infine documentate alterazioni della funzionalità epatica suggestive di un possibile danno tossico farmacologico. Risultati per sottogruppi Analisi prespecificate dello studio Hokusai-VTE hanno fornito risultati per alcuni importanti sottogruppi di pazienti. Per tutti i pazienti con EP sintomatica all esordio era previsto il dosaggio di un marcatore laboratoristico di disfunzione ventricolare destra, la porzione N-terminale del probnp (NTproBNP). In studi precedenti, la positività di questo marcatore è risultata essere predittiva di un aumentato rischio di mortalità nelle prime settimane dalla diagnosi di EP 13. Questo esame di laboratorio è stato eseguito in circa il 90% dei pazienti (1484 trattati con edoxaban e 1505 trattati con warfarin) ed è risultato essere alterato con un valore 500 pg/ml nel 27.5% e nel 29% dei pazienti. Tra i pazienti con NT-proBNP positivo, l incidenza di recidive nel periodo di osservazione è stata del 3.3% nei pazienti trattati con edoxaban e del 6.2% nei pazienti trattati con warfarin (HR 0.52, IC 95% ). Collateralmente, al fine di validare questo approccio utilizzando un altro parametro indicativo di disfunzione ventricolare destra, un valutatore indipendente e all oscuro del trattamento ricevuto dai pazienti ha misurato il diametro dei ventricoli all angio-tomografia del torace eseguita per la diagnosi di EP in un campione selezionato casualmente di 1002 pazienti. Anche in questo caso, i pazienti trattati con edoxaban che avevano un rapporto tra diametro del ventricolo destro e diametro del ventricolo sinistro 0.9, criterio che indentificava la presenza di disfunzione ventricolare destra, hanno avuto meno recidive rispetto ai pazienti trattati con warfarin (HR 0.42) anche se la differenza non raggiungeva in questo caso la significatività statistica (IC 95% ). Nei pazienti che hanno ricevuto la dose ridotta di edoxaban 30 mg/die l incidenza di recidive tromboemboliche è stata del 3% nel gruppo edoxaban e del 4.2% nel gruppo warfarin (HR 0.73, IC 95% ), mentre l incidenza di emorragie maggiori e clinicamente rilevanti, non maggiori è stata di 7.9% e 12.8%, rispettivamente (HR 0.62, IC 95% ). In questo sottogruppo le emorragie maggiori sono state ridotte del 50% con edoxaban, anche se la differenza non ha raggiunto la significatività statistica. Un altra analisi per sottogruppi è stata eseguita in pazienti definiti fragili (di età 75 anni, peso corporeo 50 kg o clearance della creatinina ml/min) confermando sostanzialmente l analisi principale dello studio. 19S

4 W AGENO COMMENTI Lo studio Hokusai-VTE è lo studio di maggiori dimensioni per numero di pazienti arruolati tra gli studi di fase III con i farmaci anticoagulanti orali diretti e presenta alcune importanti differenze che meritano di essere considerate. La prima è rappresentata dalla presenza di un trattamento parenterale nella fase acuta del trattamento, analogamente agli studi RE-COVER con dabigatran 7,12 e diversamente dagli studi EINSTEIN e AMPLIFY con rivaroxaban e apixaban Con questo tipo di disegno edoxaban risulta essere l unico farmaco somministrato una volta al giorno con un unico dosaggio dall inizio del trattamento. Si tratta pertanto di un approccio pratico e solidamente validato che si applica a tutti coloro che continueranno a ricevere per alcuni giorni la terapia eparinica, sia per motivi clinici che per motivi organizzativi. La seconda differenza è rappresentata dalla possibilità di ridurre il dosaggio in pazienti fragili, mantenendo un simile profilo di efficacia, ma aumentando il profilo di sicurezza in pazienti altrimenti più suscettibili di complicanze emorragiche, in particolare quando la funzione renale è parzialmente compromessa, come frequentemente capita nei pazienti anziani. Una terza differenza è rappresentata dalla durata variabile del trattamento utilizzata in questo studio con una valutazione dell endpoint principale al termine dello studio, indipendentemente dalla durata stessa della terapia. Questa peculiarità del disegno, che riproduce maggiormente in questo modo quanto avviene nella vita reale, deve essere tenuta in considerazione quando si confrontano i dati sull incidenza di recidive di TEV tra gli studi, in quanto nell Hokusai-VTE circa il 60% dei pazienti ha interrotto il trattamento prima della fine del periodo di osservazione di 12 mesi ed è pertanto stato esposto ad un maggior rischio di recidiva per un periodo che poteva arrivare anche a 9 mesi. Tuttavia, ciò che è di maggior importanza da un punto di vista clinico è che l efficacia di edoxaban era presente non solo durante il trattamento, ma anche tra coloro che lo avevano precedentemente interrotto. La quarta differenza, infine, è rappresentata dal tentativo, per la prima volta effettuato in modo prespecificato in questo tipo di studi, di identificare una popolazione di pazienti con EP potenzialmente a maggior rischio di mortalità e pertanto possibilmente più delicata nel trattamento con un nuovo farmaco. Con i limiti di un analisi per sottogruppi, i risultati dello studio Hokusai-VTE supportano chiaramente l efficacia di edoxaban in questo tipo di popolazione, suggerendo che dopo un iniziale trattamento parenterale anche questi pazienti, se si mantengono emodinamicamente stabili, possono essere trattati con un farmaco orale di nuova generazione. In conclusione, edoxaban è il quarto farmaco di questa nuova generazione di anticoagulanti orali diretti ad essere stato confrontato con la terapia standard nel trattamento del TEV, dimostrando simile efficacia e un miglior profilo di sicurezza rispetto al warfarin con una monosomministrazione giornaliera. È anche il primo farmaco per il quale è stata dimostrata l efficacia in pazienti con EP e segni di disfunzione ventricolare destra e per il quale è disponibile una dose ridotta validata per i pazienti più fragili. PROSPETTIVE Con la disponibilità di 4 nuovi farmaci per il trattamento del TEV si aprono nuovi possibili scenari in questo ambito clinico. Sicuramente i medici avranno la possibilità di individualizzare la terapia molto di più di quanto non fosse possibile prima, identificando i pazienti più idonei ad un farmaco o ad una strategia terapeutica. Le scelte potrebbero essere guidate da caratteristiche come età, funzionalità renale ed epatica e stabilità clinica, ma anche dalla preferenza del medico e soprattutto dei pazienti per una singola somministrazione giornaliera o una doppia somministrazione giornaliera e dalla necessità o opportunità di mantenere una terapia parenterale nei primi giorni di trattamento. Nei prossimi anni vedremo soprattutto dai risultati di studi osservazionali e studi di fase IV quali saranno gli approcci più comunemente scelti, con possibili differenze geografiche legate anche ad aspetti economici. In questo senso, sarà interessante valutare se i nuovi farmaci avranno un impatto sulla durata dei ricoveri, soprattutto nei pazienti con EP, ma anche sulla durata della prevenzione secondaria. È possibile infatti che la maggior semplicità di utilizzo e il minor rischio emorragico evidenziato in modo molto consistente da tutti gli studi pubblicati potranno portare un maggior numero di pazienti con un primo evento tromboembolico venoso ad essere trattati a lungo termine, anche tutta la vita. Sicuramente, i numerosi vantaggi offerti da questa nuova classe di farmaci facilmente porterà molti pazienti, in particolare, ma non solo quelli ancora in età lavorativa, a preferire questi nuovi farmaci rispetto alla terapia con warfarin. RIASSUNTO La terapia standard del tromboembolismo venoso consiste nell associazione di una terapia parenterale a rapido inizio d azione con una terapia orale. Quest ultima, costituita dagli antagonisti della vitamina K, viene proseguita per un minimo di 3 mesi e, in alcuni pazienti, anche per il resto della vita. Questo approccio è altamente efficace, ma presenta noti limiti pratici per ovviare ai quali sono stati negli ultimi anni valutati anche in questo ambito i nuovi farmaci anticoagulanti orali. Gli studi hanno confrontato la terapia standard con i nuovi farmaci iniziati sin dalla prima giornata senza terapia parenterale o dopo una settimana circa di terapia parenterale. In tutti gli studi, ciascuno dei farmaci anticoagulanti orali diretti, indipendentemente dal disegno dello studio, è risultato essere altrettanto efficace della terapia standard, con un incidenza di eventi emorragici significativamente ridotta. Lo studio Hokusai-VTE, ultimo di questi trial ad essere pubblicato, è uno studio randomizzato che ha confrontato in oltre 8000 pazienti edoxaban e warfarin in doppio cieco dopo un iniziale trattamento in aperto con enoxaparina o eparina non frazionata per almeno 5 giorni. I dati relativi al disegno, alla popolazione e ai risultati di questo studio sono presentati e discussi. Parole chiave. Anticoagulanti orali; Edoxaban; Tromboembolismo venoso. BIBLIOGRAFIA 1. Kearon C, Akl EA, Comerota AJ, et al.; American College of Chest Physicians. Antithrombotic therapy for VTE disease: antithrombotic therapy and prevention of thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians evidence-based clinical practice guidelines. Chest 2012;141(2 Suppl): e419s-94s. 2. Konstantinides SV, Torbicki A, Agnelli G, et al.; ESC Committee for Practice Guidelines (CPG) ESC Guidelines on the diagnosis and management of acute 20S

5 LO STUDIO HOKUSAI-VTE pulmonary embolism: the Task Force for the Diagnosis and Management of Acute Pulmonary Embolism of the European Society of Cardiology (ESC) endorsed by the European Respiration Society (ERS). Eur Heart J 2014 Aug 29 [Epub ahead of print]. 3. Lyman GH, Khorana AA, Kuderer NM, et al. Venous thromboembolism prophylaxis and treatment in patients with cancer: American Society of Clinical Oncology clinical practice guideline update. J Clin Oncol 2013;31: Meyer G, Vicaut E, Danays T, et al.; PEI- THO Investigators. Fibrinolysis for patients with intermediate-risk pulmonary embolism. N Engl J Med 2014;370: Lecumberri R, Alfonso A, Jiménez D, et al.; RIETE Investigators. Dynamics of case-fatality rates of recurrent thromboembolism and major bleeding in patients treated for venous thromboembolism. Thromb Haemost 2013;110: Ageno W, Gallus AS, Wittkowsky A, Crowther M, Hylek EM, Palareti G; American College of Chest Physicians. Oral anticoagulant therapy: antithrombotic therapy and prevention of thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians evidence-based clinical practice guidelines. Chest 2012;141(2 Suppl):e44S-88S. 7. Schulman S, Kearon C, Kakkar AK, et al.; RE-COVER Study Group. Dabigatran versus warfarin in the treatment of acute venous thromboembolism. N Engl J Med 2009;361: Bauersachs R, Berkowitz SD, Brenner B, et al.; EINSTEIN Investigators. Oral rivaroxaban for symptomatic venous thromboembolism. N Engl J Med 2010;363: Buller HR, Prins MH, Lensin AW, et al.; EINSTEIN-PE Investigators. Oral rivaroxaban for the treatment of symptomatic pulmonary embolism. N Engl J Med 2012;366: Agnelli G, Buller HR, Cohen A, et al.; AMPLIFY Investigators. Oral apixaban for the treatment of acute venous thromboembolism. N Engl J Med 2013;369: Buller HR, Décousus H, Grosso MA, et al.; Hokusai-VTE Investigators. Edoxaban versus warfarin for the treatment of symptomatic venous thromboembolism. N Engl J Med 2013;369: Schulman S, Kakkar AK, Goldhaber SZ, et al.; RE-COVER II Trial Investigators. Treatment of acute venous thromboembolism with dabigatran or warfarin and pooled analysis. Circulation 2014;129: Lega JC, Lacasse Y, Lakhal L, Provencher S. Natriuretic peptides and troponins in pulmonary embolism: a metaanalysis. Thorax 2009;64: S

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