Georg Wilhelm Friedrich Hegel ( )

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1 Georg Wilhelm Friedrich Hegel ( ) PARTE 2 6. LA DIALETTICA Se i romantici, sostiene Hegel, hanno ragione nel dire che occorre andare oltre la limitata attività dell intelletto - il quale sarebbe capace di cogliere solo determinazioni finite, e non la Realtà e il Vero, l'assoluto infinito - sbagliano però nel ritenere che l'infinito si possa cogliere con l'intuizione, il sentimento, la fede. A suo avviso, è falso che ci sia un sapere immediato, un sapere privo di mediazione : la conoscenza dell'assoluto si può attingere solo mediante un metodo, quello che Hegel chiama dialettica. Questo termine, dialettica, vi è noto sin dalla terza: essa è nata con Zenone di Elea, sviluppata da Platone e Aristotele, l abbiamo ritrovata nella Critica della ragione pura di Kant. Ad avviso di Hegel, il limite della dialettica platonica ed Aristotelica consiste nel fatto che i loro concetti restano come congelati, bloccati in una rigida quiete, mentre la realtà è per essenza dinamica, movimento. La realtà e il pensiero continuamente divengono e ogni divenire presuppone una regola secondo la quale esso accade: Hegel chiama dialettica tale regola o legge e la sua caratteristica principale viene definita utilizzando il termine tedesco Aufhebung 1. La dialettica è, a un tempo, legge ontologica, cioè una legge di sviluppo della realtà, e legge logica, cioè una legge di comprensione, legge che guida il pensiero che comprende e contempla la realtà medesima. Hegel, e non è un caso, non delinea mai una teoria sistematica della dialettica: la dialettica non è una sorta di procedura astraibile, separabile dalla realtà, ma si dà solo come immanente alla realtà medesima (e al pensiero che tale realtà comprende!). La dialettica prende consistenza, quindi, solo nella realtà medesima e lo fa in modi diversi: nell ordine del mondo naturale, per esempio, essa si manifesta diversamente che nel divenire storico della civiltà umana. Ora vediamo in che modo Hegel articola la dialettica. Ogni aspetto della realtà (e anche del pensiero che la comprende, ricordiamolo sempre!) è caratterizzato da una sorta di movimento interno, la cui molla è la negazione. 1 Il termine, di difficile traduzione in italiano, indica al tempo stesso superamento (o rimozione ) e conservazione. Aufhebung indica il fatto che ciò che sorge, diciamo il nuovo, supera e rimuove la situazione precedente, conservandone però l esperienza. Facciamo un esempio: una persona giunta all età adulta ha superato e, in qualche modo, rimosso i periodi dell infanzia e dell adolescenza. Queste esperienze di vita, però, rimangono presenti all interno della nuova condizione. 1

2 Tesi Nel primo momento dialettico, quello della tesi, la negazione costituisce prima di tutto la determinazione: omnis determinatio est negatio (ogni determinazione, cioè ogni affermazione di una cosa per ciò che essa è, è negazione). La determinazione di una cosa, dunque, definisce la cosa (anche) per quello che essa non è. 2 Un fenomeno è determinato solo in quanto esclude gli altri. Nella determinazione (la tesi), la negazione si presenta nella sua forma più immediata: come entità statica e isolata rispetto agli altri fenomeni del reale. Il pensiero che Hegel chiama astratto o intellettuale si ferma a questo primo aspetto: vede solo una pluralità di determinazioni rigide. Accade che l intelletto è quella facoltà umana che astrae contenuti determinati e lì si ferma. Esso distingue le cose fra loro, continuando a vedere la realtà come un insieme di oggetti fra loro separati. Questa attività è essenziale ed Hegel la loda grandemente: senza questa facoltà non vi sarebbe alcun concetto astratto e il nostro sapere rimarrebbe fermo al livello di sapere sensibile, che riguarda solo il singolo oggetto concreto: insomma saremmo come gli altri animali. Nonostante ciò, la conoscenza cui l intelletto conduce deve essere superata: essa è, infatti, inadeguata al reale. Antitesi In un secondo momento, l antitesi, la negazione che ha dato alla determinazione la sua qualità specifica, ne mette in crisi la staticità, la chiusura, immettendola in un processo che demolisce il sua carattere irrelato. Questo secondo aspetto è colto dal pensiero dialettico o negativo-razionale. È la fase in cui la determinazione (tesi) si scopre unilaterale e limitata, tendendo per questo a negarsi (antitesi), a rovesciarsi cioè nella determinazione opposta. La Ragione, consente di superare la rigidità delle determinazioni intellettuali, dei concetti, fluidificandola. Hegel ritiene che per cogliere tutta la ricchezza della realtà occorre concepirla come organizzata secondo opposizioni e contraddizioni, è il principio della pensabilità della contraddizione, o principio del negativo, o negazione determinata. Accade che ogni concetto intellettuale, entrando in relazione con gli altri concetti, perde la sua rigidità e tende a rovesciarsi nel suo opposto. Facciamo un esempio: il concetto di uno, quando non lo guardo più solo nel suo isolamento (tesi), richiama quello di molti (antitesi), cioè si nega in quello di moltiˮ, e dunque risulta legato ad esso. Non è possibile pensare in modo rigoroso l uno prima di averlo legato ad altri concetti, segnatamente quello che, appunto, lo nega, molti! Il medesimo vale per ogni concetto e per ogni cosa: l uguale richiama per negazione il diverso, il particolare richiama per negazione l universale, ecc. 2 Per esempio, se qualcuno mi dicesse Potresti andare in sala professori a prendere la mia borsa? È quella nera di pelle. accadrebbe che la determinazione delle caratteristiche della borsa in questione l essere fatta di pelle di colore nero escluderebbero, cioè negherebbero, anche se in modo solo implicito, altre possibilità: marrone, di tessuto, ecc. 2

3 il negativo è insieme anche positivo, ossia che quello che si contraddice non si risolve nello zero, nel nulla astratto, ma si risolve essenzialmente solo nella negazione del suo contenuto particolare; vale a dire che una tal negazione non è una negazione qualunque, ma la negazione di quella cosa determinata che si risolve, ed è perciò negazione determinata. Hegel Scienza della logica Il rovesciamento operato dalla Ragione nel momento dell antitesi, ricordatelo bene, non è da intendersi come rilevante solo in ambito intellettuale: è, per Hegel, la realtà tutta che funziona in questo modo! Tutto ciò che ci circonda può essere pensato come momento della dialettica afferma Hegel. Sintesi Ogni cosa, nel momento dialettico, quello in cui lascia l astratto isolamento e si misura con le altre cose, si scopre manchevole, limitata. Proprio tale manchevolezza è ciò che funge da ulteriore spinta verso il terzo momento, quello della sintesi. Ecco che il compito più alto della Ragione non è negativo, ma positivo. Esso consiste nel concepire non l opposizione, ma l unità delle determinazioni che si contraddicono. È una negazione della negazione, una affermazione: la sintesi. Hegel definisce dialettico (in senso stretto) solo il momento negativo della ragione, quello dell antitesi, mentre a quello positivo attribuisce la definizione di speculativo. In senso allargato, quello che assume dopo Hegel, la dialettica comprende entrambi i momenti, quello negativo e quello positivo. Dal punto di vista della sintesi il movimento della dialettica si configura non tanto come negazione e contraddizione, ma come affermazione e conciliazione, come l espressione del dispiegarsi necessario e assoluto dello spirito, che tutto risolve e concilia entro il proprio orizzonte unificato e ideale. Il momento speculativo coglie la superiore unità che caratterizza delle opposizione emerse con l antitesi. L elemento speculativo nel suo vero senso è ciò che contiene in sé come superate quelle opposizioni a cui si ferma l intelletto (e quindi anche l opposizione tra soggettivo e oggettivo) e proprio così mostra di essere come concreto e come totalità Per esempio, si scopre che la realtà non è né l unità in astratto né la molteplicità in astratto, ma una unità che si presenta solo attraverso la molteplicità. Riassumendo: la tesi afferma un concetto astratto, cioè limitato, nella sua statica determinazione; l antitesi consiste proprio nella negazione di questo concetto come limitato e finito e nel passaggio, nel movimento verso un concetto ad esso opposto; la sintesi è l unificazione delle precedenti determinazione e negazione, in una sintesi, appunto, positiva, che unisce le due cose. La sintesi, poi, potrà divenire il momento iniziale (una nuova tesi, dunque) per un ulteriore ampliamento del processo in un movimento a spirale che, via via, si allarga e approfondisce. In effetti, Hegel ha molto sottolineato l essenza oppositiva del reale, ma ha anche mostrato come ogni opposizione può e deve essere superata: la realtà è, al fondo, omogenea e unitaria. 3

4 La dialettica, in effetti, illustra il principio della risoluzione del finito nell infinito: nella realtà nulla sussiste separatamente, ogni cosa finita per porsi in quanto tale deve opporsi a qualcosa d altro, entrando in una trama di relazioni che, nella sua sintesi totale, è il tutto infinito, tutto dinamico del quale la dialettica è appunto l incessante movimento. In termini schematici: DIALETTICA 1 TESI (pensiero "astratto" o intellettuale ) 2 ANTITESI (pensiero dialettico o negativo-razionale ) 3 SINTESI (pensiero speculativo o positivo-razionale) TESI TESI ANTITESI ANTITESI SINTESI SINTESI 4

5 7. LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO (1807) Questa è la prima opera in cui Hegel esprime il suo pensiero in modo sistematico e approfondito. Il termine fenomenologia (che nel XX secolo indicherà, come forse vedremo, un intera corrente di pensiero), come noto, deriva dal verbo greco phaìnesthai, che significa apparire, manifestarsi. Potremmo, quindi, tradurre il termine fenomenologia con l espressione scienza di ciò che appare e, in effetti, in quest opera Hegel intende delineare il successivo manifestarsi dello Spirito nelle sue varie tappe di sviluppo razionale. Il vero è l intero. Ma l intero è soltanto l essenza che si completa mediante il suo sviluppo. Dell Assoluto devesi dire che esso è essenzialmente Risultato, che solo alla fine è ciò che è in verità. Hegel Fenomenologia dello Spirito (prefazione) In questa breve citazione ritroviamo alcuni dei capisaldi del sistema hegeliano, eccoli: 1 La ricerca filosofica si occupa della Verità e dell Assoluto; 2 La Verità non si identifica mai con qualcosa di parziale, ma si acquisisce solo comprendendo l intero, la totalità. 3 L intero non è una cosa, un dato, ma un ideale ( essenza ) che si realizza dinamicamente, è cioè un risultato (di un processo). 4 L Assoluto non è immobile oggettività, ma soggetto che diviene. L intero si deve sviluppare, ma ciò accade secondo una circolarità: esso cioè presuppone all inizio la propria fine come propria fine. il Vero infatti è il divenire di se stesso: se così non fosse anche Hegel ricadrebbe nel cattivo infinito che rimprovera a Fiche! Il Vero, l Assoluto, è una realtà che è in quanto si realizza, e si realizza percorrendosi, approfondendo e dispiegando tutti i propri momenti. Il divenire dell intero, la dinamica processualità dell Assoluto, può essere considerato in due modi. Su un piano speculativo, esso è la storia del graduale manifestarsi della realtà come spirito secondo un itinerario ideale che ne evidenzi la logica e la sistematicità. Questo piano speculativo verrà da Hegel affrontato nell Enciclopedia delle scienze filosofiche. Su un piano, invece, che potremmo definire antropologico, quello privilegiato nella Fenomenologia dello spirito, il divenire dell intero è la storia del progressivo manifestarsi della razionalità del reale così come appare dal punto di vista della coscienza. 5

6 Abbiamo detto che per Hegel il reale è, in essenza, Spirito: ecco che la Fenomenologia segue le diverse e successive tappe di manifestazione dello Spirito. Abbiamo già detto anche che per Hegel la coscienza, l io, non può essere un primum assoluto auto-fondantesi (come accade, invece, in Fichte): ecco, non a caso, che nella Fenomenologia Hegel mostra il costituirsi e il trasformarsi della coscienza in stretta connessione con i suoi rapporti con la realtà (realtà che, a sua volta, acquista significati sempre più complessi in rapporto al crescere della coscienza medesima!). Se è vero, dunque, che l io è il centro di ogni possibile esperienza (come già Kant sottolineava), è anche vero che nessuna esperienza reale può svolgersi e concludersi entro i limiti di un io determinato. Quanto segue è, in schema, l itinerario seguito nella Fenomenologia dello Spirito: 1. Coscienza (in senso stretto: ovvero coscienza di qualcosa ) 2. Autocoscienza 3. Ragione 4. Spirito 5. Religione 6. Sapere assoluto Si tratta di un cammino a tappe che parte dalla coscienza empirica, caratteristica di qualunque essere umano, per elevarla sino al livello dell Assoluto. Ogni coscienza è autocoscienza, la quale si scopre come ragione che si realizza in quanto spirito che raggiunge il sapere religioso e poi il suo vertice nel sapere assoluto. Ognuna di queste tappe è costituita da momenti, o figure, tutte inadeguate e incomplete le quali, secondo un processo dialettico, trapassano l una nell altra. L apparire cui la Fenomenologia allude è l apparire dello Spirito che, a partire dalla coscienza empirica, si eleva a livelli sempre più alti. Tale percorso caratterizza tanto lo Spirito come Assoluto, quanto il singolo individuo (che dell Assoluto è un momento determinato). Il singolo deve ripercorrere i gradi di formazione dello Spirito universale, anche secondo il contenuto, ma come figure dello Spirito già deposte, come gradi di una via già tracciata e spianata. È un po come, per fare un banale esempio, quando percorriamo un sentiero: il sentiero è già tracciato davanti a noi (l Assoluto è già divenuto), ma proprio percorrendo il sentiero, noi stessi lo ri-tracciamo, lo approfondiamo (la coscienza singola ripercorre le tappe dello Spirito). 6

7 1 a tappa: la Coscienza Prima tappa è la Coscienza in senso stretto o gnoseologico: il soggetto è cosciente di [qualcosa], conosce l oggetto, il mondo, come altro da sé, come separato da sé. La Coscienza si dispiega nei tre momenti o figure della certezza sensibile, della percezione e dell intelletto. [1] La certezza sensibile (tesi), è ciò che appare per la coscienza come un dato originario. La certezza sensibile però, avverte Hegel, non è mai semplice, immediata, per quanto appaia a prima vista tale. Essa, invece, è sempre complessa: anche la sensazione più immediata implica infatti la presenza di determinazioni (il qui, l ora, quindi lo spazio e il tempo, l unità dell oggetto...) non immediate (tali implicazioni sono, infatti, categorie). Tutto questo significa che l esperienza, la conoscenza del mondo, anche quella più semplice, richiede un passaggio da un approccio puramente sensibile (tesi) a uno intellettuale (intelletto, sintesi). Tale passaggio avviene attraverso la mediazione della [2] percezione (antitesi). [3] Giunta al livello dell intelletto (sintesi) la coscienza pensa il mondo come una realtà fenomenica dietro la quale stanno leggi fisse. Si tratta, a questo livello, di superare i meri fenomeni cogliendone le leggi di sviluppo. Questa prima tappa, che si completa con l intelletto, non è però soddisfacente. Essa infatti esibisce un mondo scisso in due parti (fenomeni da una parte e leggi dall altra) ed è un mondo in parte statico. A un livello ancora più elevato, dunque, la Coscienza deve cogliere il mondo nella sua profonda unità e dinamismo. Occorre giungere a pensare le leggi del mondo come forme immanenti ad esso, ovvero a interpretare il mondo come qualcosa che diviene e si fa in sé. Ma visto che il processo del reale si determina secondo regole sue proprie, allora esso è in qualche modo cosciente di sé. È per questo che, dice Hegel, il reale va pensato secondo il modello dell Autocoscienza. Detto altrimenti: colgo con i miei sensi un mondo fatto di cose, poi mi accorgo che tali cose divengono tramite leggi, ma queste hanno senso solo in una dimensione intellettuale e non meramente cosale-sensibile! 2 a tappa: l Autocoscienza L Autocoscienza è per Hegel propria essenzialmente del mondo umano (anche se già nel mondo animale possiamo ritrovarne degli elementi). L autocoscienza è quella maniera di esperire il mondo che la coscienza acquisisce quando impara a dire io. Dapprima, l autocoscienza tende a far dipendere tutto da sé medesima, considerando tutto ciò che appare altro da sé come separato, inessenziale, negativo: solo io sono soggetto, tutto il resto del mondo è oggetto per me! Questa individualità, però, deve venir superata e ciò accade quando l autocoscienza si incontra/scontra con le altre autocoscienze e le riconosce come tali. 7

8 Insomma: prima capisco che ci sono io (pensate al bambino piccolo il quale, appena comincia a dire io, vive come se lui fosse il centro del mondo), poi capisco anche che ci sono gli altri. Chi sono gli altri? Essi sono degli altri io, altri sì, ma altri come me! Altro elemento fondamentale: l uomo diviene pienamente autocoscienza, ovvero impara a dire io, solo nella misura in cui viene riconosciuto da un altra autocoscienza. Ciò significa che ogni coscienza è obbligata a esperire, oltre a se stessa nella propria soggettività, anche se stessa nella propria oggettività (che è il modo in cui le altre coscienze la vedono, che è poi il modo in cui io vedo le altre coscienze). In ciò consiste il superamento della mera individualità verso l acquisizione della dimensione sociale. Diciamo anche altrimenti: l autocoscienza, per essere tale, ha costitutivamente bisogno dell altra autocoscienza, infatti non può trovare appagamento nei meri oggetti sensibili (così diversi dal sé), ma solo in un altra autocoscienza (uguale a sé). Il reciproco riconoscimento, però, non avviene tramite l amore, ma attraverso il conflitto. La società è essenzialmente conflitto. La lotta non si conclude, in generale, con la morte dei contendenti nel loro tentativo di affermare la propria indipendenza, ma con il subordinarsi di alcuni sotto altri. In questo contesto si inscrive la celebre analisi del rapporto servo-padrone. Una autocoscienza (che può essere, per esempio, una intera classe sociale: magari la borghesia imprenditoriale) lottando si è affermata come libera e indipendente, cioè come padrone, rispetto alle altre (diciamo il proletariato ) che sono divenute il servo. Il servo pare non avere le opportunità di sviluppo aperte al signore, ma questa è solo apparenza, è solo una figura determinata e parziale. In realtà le cose cambiano, si trasformano dialetticamente: ecco che il servo, costretto a compiere il lavoro che il padrone non compie, alla lunga diviene dominante (solo lui, infatti, sa fare ciò di cui l altro ha bisogno!). Il servo acquisisce, tramite la complessa esperienza del lavoro (che è un processo di umanizzazione delle cose), tutta una serie di cognizioni e di tecniche. Il padrone tenderà a indebolirsi e impoverirsi nell inerzia, il servo si arricchirà e fortificherà. La dinamica del rapporto servo-signore è dunque destinata a mettere capo a una inversione di ruoli: il signore, prima indipendente, finisce per rendersi dipendente dal servo. Nel proprio compimento, signoria e servitù si mostrano l opposto di ciò che sono immediatamente. APPROFONDIMENTO (solo da leggere) L acquisizione di progressiva indipendenza da parte del servo avviene, guarda caso, attraverso tre momenti: la paura della morte (in virtù di tale paura, lo schiavo avverte il suo essere indipendente dal mondo della realtà e certezze naturali che prima gli appariva immobile e con cui si identificava; la realtà si fluidifica per mezzo di tale paura), il servizio (in esso la coscienza si autodisciplina e impara a vincere i suoi impulsi naturali immediati), il lavoro (con esso il servo imprime alle cose una forma di opera, che rappresenta il riflesso dell indipendenza che il servo ha raggiunto). Questa analisi illustra la tesi generale della conflittualità dei rapporti intersoggettivi, inoltre fa irrompere per la prima volta nel discorso teorico una vicenda pratica. 8

9 La realtà, in questo caso l Autocoscienza, non si arresta di fronte al livello cui è portata dall esperienza del servo. Il limite di tale tappa consiste nel fatto che il servo, in relazione al lavoro, è ancora dipendente dalle cose. Le tappe successive esprimono la libertà dell autocoscienza : libertà dalla dipendenza dalle cose stesse. Essa si esprime tramite riflessioni e programmi di carattere spirituale: affrancata dai vincoli del mondo materiale, l autocoscienza può elaborare in modo autonomo il proprio orizzonte. Per illustrare questo livello di sviluppo Hegel si riferisce a dottrine appartenenti alla tradizione storica e culturale: storia e cultura costituiscono infatti la dimensione più propria dell autocoscienza. APPROFONDIMENTO (solo da leggere) La prima tappa in cui si esprime la libertà dell autocoscienza è rappresentata dalla concezione stoica: lo stoico afferma la propria libertà, ma al prezzo di distaccarsi astrattamente dalla realtà del mondo (distacco dalle passioni, dalle ricchezze...). La seconda tappa è rappresentata dalla concezione scettica: lo scettico è consapevole della mutevolezza del reale, ma valuta il mondo reale come una nullità (sospende il giudizio su tutto, si distacca da tutto ciò che è ritenuto reale). La terza tappa è emblematizzata dalla coscienza cristiana: essa è la cosiddetta coscienza infelice perché consapevole sia della mutevolezza di sé e del mondo che della immutabilità del divino al quale aspira, senza però riuscirci, ad unirsi. La separazione fra Dio e mondo sia manifesta dapprima nell ebraismo (il cui Dio è trascendente, inaccessibile, dal quale l uomo dipende: traduzione religiosa del rapporto servo-signore), poi nel cristianesimo (Dio viene qui proposto in una realtà effettuale, Cristo, tentativo destinato però al fallimento perché Cristo appare comunque qualcosa di separato dalla coscienza e, per i posteri, appare troppo lontano). 3 a tappa: la Ragione Dal punto più basso della coscienza infelice, si trapassa dialetticamente in quello più elevato: la coscienza, nella vana ricerca di Dio, si accorge di essere lei stessa Dio, cioè l Universale o soggetto assoluto (cosa che avviene non nel Medioevo, ma nel Rinascimento e nell età moderna). Vi è, insomma, una progressiva scoperta che l immutabile e il divino abitano nell autocoscienza: da qui nasce la terza tappa, da Hegel denominata Ragione. La Ragione come soggetto assoluto è propriamente la coscienza ormai consapevole di essere ogni realtà. Ora essa sa che il mondo, naturale e umano, non è alterità, esteriorità, separazione, ma è manifestazione dell Assoluto, manifestazione di ciò che la Ragione stessa è al massimo grado! La Coscienza come Ragione, comprende di essere unità di pensiero e di essere. Non siamo ancora al traguardo finale: tale comprensione infatti ha bisogno di una giustificazione, una verificazione, diciamo una maggiore consapevolezza, quella che Hegel chiama la sua verità. 9

10 All inizio, credendo di cercare l essenza delle cose, la Ragione che cerca se stessa si cerca nella natura (naturalismo rinascimentale, empirismo). La ricerca si inoltra così nel regno delle cose (dapprima con la semplice osservazione e, in seguito, con l'esperimento scientifico). Qui la ragione cerca il suo Altro, afferma Hegel, sapendo che in ciò essa non possiederà nient'altro che se stessa; essa cerca soltanto la sua propria infinità. Poi la Ragione cerca se stessa nel regno degli organismi viventi e, in ultimo, in quello della coscienza (psicologia; a questo proposito Hegel esamina due sedicenti scienze di moda nel suo tempo: fisionomica e frenologia, che pretendono di derivare il carattere dell individuo rispettivamente dalla fisionomia dell'individuo e dalla forma del cranio). Quanto viene trovato, però, appare sempre astratto e imperfetto, inadeguato alla Ragione medesima. A questo punto, la Ragione cerca di riconoscersi non più nelle cose del mondo, ma negli atti e nelle vicende umane. Ciò significa che non si vuole più immediatamente trovare, ma vuole produrre se stessa tramite la sua attività, diviene cioè Ragione attiva. Non si tratta più solo della Ragione che osserva, ma della ragione che agisce. APPROFONDIMENTO (solo da leggere) Anche qui però la verità, come significato razionale e universale di quanto accade, appare inafferrabile, e lo è fino a che ha la forma di un semplice sforzo individuale. Essa viene cercata innanzitutto nella prima figura della ragione attiva, quella del piacere la verità in apparenza più immediata e positiva (l individuo, deluso dalle scienze, cerca solo il piacere) ma che alla fine delude a sua volta (perché incontra il destino, che travolge ogni piacere...). Poi la verità viene cercata nell eroismo di chi accetta il proprio destino come scelta individuale o legge del cuore (esperienza votata alla sconfitta sempre per il suo individualismo e dunque la sua parzialità... forse qui Hegel si riferisce ai romantici). Infine anche la virtù, concepita come mediazione fra il singolo e gli altri, azione che vuole andare oltre le inclinazioni soggettive, risulta una via errata a causa della sua astrattezza (virtù come bene vagheggiato astrattamente). Se ci si pone dal punto di vista dell individuo, insomma, si è condannati a non raggiungere mai l universalità. Il limite di queste vie appena viste consiste nella non adeguata comprensione della realtà umana: l uomo singolo non può constatare né vivere nella sua immediatezza la razionalità piena e dispiegata, ma essa va realizzata in una struttura oggettiva, sociale, storica, che Hegel chiama ethos. L eticità è proprio la Ragione che si incarna nelle concrete strutture giuridiche, politiche ed economiche di una concreta comunità (anche le leggi etiche più indubitabili come dire la verità, amare il prossimo risultano astratte se manca uno Stato che possa determinarne l'effettivo contenuto). La vera Ragione non è dunque quella del singolo individuo, ma quella dello Stato, che per Hegel è sostanza nel senso etimologico, ciò che regge e rende possibile ogni atto della vita individuale. L individuo è fondato dalla realtà storica-sociale e non viceversa. 10

11 4 a tappa: lo Spirito La Ragione che si realizza concretamente in un popolo e nelle sue istituzioni è, appunto, lo Spirito. Lo Spirito ha dunque una dimensione intersoggettiva, sociale, che sempre supera il singolo individuo: esso è Io che è Noi, Noi che è Io. Da qui in avanti, il restante itinerario della Fenomenologia dello Spirito è quello della Storia: solo in essa lo Spirito si perde, si ritrova, si realizza. APPROFONDIMENTO (solo da leggere) Anche lo Spirito compie un itinerario complesso, che lo vede realizzato in un primo momento in modo immediato e dunque inadeguato (lo Spirito in sé come eticità: lo si vede nell'antichità della polis greca, all'interno della quale ben presto sorgono contrasti che possiamo vedere rappresentati nella figura sofoclea di Antigone). Il secondo momento è quello dello Spirito che si estranea da sé: è il momento della scissione dei singoli individui, momento che culmina nell'età moderna con il difficile rapporto uomo - società. Il terzo momento è quello dello Spirito che riacquista certezza di sé tramite la moralità (partendo dal dovere per il dovere di Kant). 5 a tappa: la Religione A questo livello, quello della Religione (ultimo passaggio verso la meta del sapere assoluto), lo Spirito prende piena coscienza di sé riconoscendosi come Assoluto, anche se ancora nella forma imperfetta della rappresentazione e non del concetto. Anche questa tappa presenta tre diversi passaggi: la religione naturaleorientale (che rappresenta l'assoluto in guida di cose o animali), la Religione greca (ove l'assoluto viene rappresentato in forma umana), la Religione cristiana. La religione è comunque una forma di conoscenza rappresentativa: in essa l Assoluto è rappresentato, ma non pensato concettualmente. Ciò accade solo con la sesta e ultima tappa, quella del Sapere assoluto, di cui diremo parlando della filosofia dello Spirito. 11

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