SOLIDARIETÀ: UN OPPORTUNITÀ

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1 copertina n4 giugno 2012:copertina.qxd 18/06/ Page 1 IL FILO CONDUTTORE di Ignazio Marino anno X - numero 4 - giugno ,60 euro COPERTINA Interviste con Enrico Letta, Mauro Magatti e Andrea Riccardi INCHIESTA Coesione sociale e innovazione INTERVISTE Luigi Caramiello, Don Luigi Merola e Livia Turco L OPINIONE di Stefano Graziano CALCIO Un mondo in perenne fuorigioco REPORTAGE Ma la Cina di Mao che fine ha fatto SOLIDARIETÀ: UN OPPORTUNITÀ POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, AUT: 049/CBPA-SUD/NA VAL DAL 10/03/2010; ISCRIZIONE AL ROC CONTRO LA CRISI

2 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 1 un filo di ironia giugno 2012 pagina uno

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4 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 3 dinp Direttore responsabile Alfredo Romano alfredo.romano@lagoeilfilonline.it Direttore editoriale Stefano Graziano stefano.graziano@lagoeilfilonline.it Comitato editoriale Enrico Letta, Bruno Tabacci, Roberto Rao, Flavia Nardelli, Stefano Graziano, Marco Follini Segreteria di redazione Mina Praitano mina.praitano@lagoeilfilonline.it hanno collaborato Giampiero Buonomo, Tiziana De Meo, Salvatore Di Palma, Alessio Gallicola, Domenico Graziano, Maria Graziano, Francesco Stefano Grossi, Francesco Indrizzi, Daniele Lo Dico, Gemma R. Ludovisi, Ignazio Marino, Luca Mencacci, Asia Nizzi, Sveva Pacifico, Maria Claudia Pastena, Vincenzo Tarabuso redazione@lagoeilfilonline.it amministrazione@lagoeilfilonline.it Illustrazioni e vignette Alex Di Gregorio, Francesca Vacca Editore Noprofit società cooperativa giornalistica a.r.l. Viale di Val Fiorita, Roma Tel. 06/ Fax: 06/ Stampa Grafica Nappa s.r.l. via Gramsci, Aversa (CE) tel Distribuzione e diffusione S.E.R. srl Via Domenico de Roberto, Napoli Tel. 081/ Iscritto al n.506 del 15/12/2003 del Registro della Stampa del Tribunale di Roma La testata beneficia di contributi diretti di cui alla legge 250/90 e successive modifiche e integrazioni giugno politica CRISI Un piano per ridurre gli esodati dalla vita di Gemma R. Ludovisi pagina 7 ANDREA RICCARDI «Più solidarietà grazie alla recessione» ENRICO LETTA «La politica deve guardare al futuro» MAURO MAGATTI «Trasformare la crisi in opportunità» Un filo obiettivo 4 un filo conduttore Sanità, serve un taglio a sprechi e costi inutili di Ignazio Marino pagina 5 pagina 9 pagina 11 pagina 13 INCHIESTA Coesione sociale e Mezzogiorno di Gemma R. Ludovisi pagina 16 DON LUIGI MEROLA «Al fianco dei giovani contro la camorra» di Asia Nizzi pagina 18 IL LIBRO Come riuscire a sconfiggere il cancro sociale di Francesco Indrizzi pagina 20 CALCIO «Un mondo in perenne fuorigioco» un filo di sommario Ventisei morti, centinaia di feriti e migliaia di sfollati. È questo il tragico bilancio del terremoto che ha duramente colpito soprattutto le province di Modena, Ferrara e Mantova. Dopo la prima violenta scossa, di magnitudo 6,1, del 20 maggio la terra ha continuato a tremare e il 29 maggio si è registrato un nuovo eveno molto violento che ha provocato molte vittime. Tanti i crolli che hanno messo procurato danni a molti centri e che hanno devastato il patrimonio architettonico. Molti problemi per le tante industrie, soprattutto le lattiero-casearie. LIVIA TURCO «Occorre ridare slancio ai servizi sociali» di Asia Nizzi pagina 21 LUIGI CARAMIELLO «La criminalità non deve essere un alibi» pagina 23 L OPINIONE Dopo l emergenza ora occorre una fase propositiva e costruttiva di Stefano Graziano pagina 27 PRIVACY Tra diritto alla riservatezza e sovraesposizione mediatica di Tito Lucrezio Rizzo pagina 28 CORTE COSTITUZIONALE La difficile vita dei decreti legge di Giampiero Buonomo pagina sociale di Luca Mencacci pagina mondo REPORTAGE Ma la cina di Mao che fine ha fatto di Maria Claudia Pastena pagina magazine pagina tre

5 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 4 pagina quattro giugno 2012

6 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 5 un filo conduttore Sanità, serve un taglio a sprechi e costi inutili I di IGNAZIO MARINO presidente della Commissione d'inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale La franchigia, calcolata in base al reddito, che il governo vorrebbe introdurre è un nuovo balzello sulla salute e farà ricadere sui cittadini-pazienti, e sul loro portafoglio, le inefficienze del sistema, sprechi compresi n una stagione di crisi come quella che stiamo fronteggiando far quadrare i conti dello Stato eliminando privilegi, lussi e sprechi, è un obbligo. Avviare un processo di spending review può però rivelarsi anche un opportunità per eliminare il superfluo: spese inutili, duplicazioni di costi. È senz altro il caso della sanità italiana, che può approfittare di una più rigorosa pianificazione della spesa pubblica come di un occasione per ripensare la sua organizzazione. Premesso che l obiettivo doveroso è quello di razionalizzare gli investimenti, allora è saggio cercare non solo di spendere meno, ma soprattutto di spendere meglio, migliorando i servizi senza tagli lineari e garantendo sempre le cure necessarie e appropriate alle persone. Riflettere sulla spesa, per far sì che il Servizio sanitario nazionale sia più efficiente, è del resto un imperativo anche in prospettiva, se teniamo presente che si tratta di una voce di bilancio destinata a crescere nel tempo. Secondo alcune time, calcolate nel rapporto Meridiano Sanità 2011 dello European House Ambrosetti, la spesa sanitaria potrà aumentare fino a superare nel 2050 il 9% del Pil, per una cifra di circa 280 miliardi di euro. È un ipotesi fondata sull invecchiamento della popolazione che nel 2050 sarà composta per un terzo da over 65. Tornando all oggi, accanto alle esigenze di bilancio, c è la necessità di realizzare risparmi per restituire efficienza a servizi sanitari di primaria importanza, in primo luogo i dipartimenti di pronto soccorso. La logica che sottende le misure promosse durante questa legislatura dai governi, anche in campo sanitario, sembra essere sempre quella di chiedere ai cittadini una nuova e maggiore partecipazione alle spese. Questa è anche la filosofia della franchigia che l esecutivo si appresta adesso a introdurre. In farmacia, in ambulatorio, in ospedale, si chiederà una partecipazione limitata e proporzionale al reddito ai costi sostenuti per medicine, analisi diagnostiche, prestazioni terapeutiche o ricoveri. In sostanza, si crea un nuovo balzello sulla salute che smentisce il principio di universalità e gratuità del servizio sanitario pubblico che il nostro Paese ha fin qui promosso e attuato. I l contributo sarà calcolato in base al reddito ma sarà comunque gravoso per un pensionato, o una famiglia monoreddito. Chi si trova in difficoltà economiche sarà costretto, per risparmiare, a rinunciare a una medicina o a una radiografia. Il medico, d altro canto, si troverà inevitabilmente a valutare le prescrizioni non solo in rapporto alla patologia, ma anche alla luce della denuncia dei redditi del paziente e della sua capacità di spesa. Di fatto, al di là delle sottigliezze terminologiche, poco cambia che la quota richiesta al paziente si chiami franchigia o ticket. La nuova misura è a tutti gli effetti una tassa sulla salute che fa ricadere sui cittadini-pazienti, e sul loro portafoglio, le inefficienze del sistema, sprechi compresi. Credo che la filosofia dovrebbe essere opposta: razionalizzare le spese e tagliare sprechi e costi inutili. Esistono voci di spesa che potrebbero, anzi dovrebbero essere ridotte. In primo luogo i ricoveri inappropriati: nel nostro Paese si buttano fiumi di denaro per costose notti di ricovero non necessarie prima di interventi di routine programmati. Un intervento di calcolosi della colecisti, ad esempio, costa tre volte quanto dovrebbe, perché il paziente viene ricoverato di solito per 3-4 giorni invece di entrare in ospedale la mattina dell intervento ed essere dimesso prima di giugno 2012 pagina cinque

7 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 6 una medicina di qualità, occorre trovare la forza politica, la volontà, per chiudere questi piccoli e fragili centri di cura. Appare quanto mai singolare che il numero più alto di degenze di tutta Europa in rapporto al numero di abitanti si registri in Campania, proprio la regione che ha la popolazione più giovane di tutto il continente sera. E se ogni giorno di ricovero inutile costa circa 1000 euro, il paziente, che è costretto a passare 3 giorni lontano da casa e dalla famiglia, non ne beneficia in alcun modo. Nella regione più virtuosa, il Friuli Venezia Giulia, il malato viene ospedalizzato la notte prima del 'intervento; nel Lazio i giorni aumentano fino a tre, nel Sud arrivano anche a 4-5. Sempre riguardo ai ricoveri ospedalieri, perché non compiere un monitoraggio sulla loro quantità e appropriatezza? Appare quanto mai singolare che il numero più alto di degenze di tutta Europa in rapporto al numero di abitanti si registri in Campania, proprio la regione che ha la popolazione più giovane di tutto il continente. Perché non compiere delle verifiche e introdurre gli strumenti adeguati per eliminare le degenze non necessarie? U n ulteriore razionalizzazione dei costi si otterrebbe avendo il coraggio di chiudere le strutture sanitarie piccole, spesso poco sicure, non in linea con norme e parametri nazionali e internazionali. Tra queste, i piccoli ospedali che hanno meno di cento posti letto ed in particolare quelli senza la presenza ventiquattro ore al giorno della figura dell'anestesista-rianimatore. Si tratta quasi sempre di presidi non sufficientemente attrezzati, dove di frequente una persona affetta da gravi patologie viene ricoverata per poi essere trasferita altrove, rischiando di subire gravi complicanze o di perdere la vita durante il trasporto. Se si vuol risparmiare, se si vuole offrire Ci sono altre strutture non efficienti o non utili che andrebbero chiuse. I centri per i trapianti che nel nostro Paese non effettuano il numero minimo di interventi previsto ogni anno o che non rispettano le indicazioni del ministero della Salute. Il più recente rapporto del Centro Nazionale Trapianti rivela che meno della metà degli oltre cento centri trapianto in Italia raggiunge gli standard di attività clinica annuale, parametri fissati da norme frutto di una lunga esperienza scientifica internazionale. I centri per il trapianto di fegato di Bari e Genova, ad esempio, dovrebbero essere chiusi e i cinque centri romani dedicati allo stesso tipo di trapianto ridotti al massimo a due. Nessuno di essi esegue il numero minimo di 25 trapianti l anno. Quanto ai trapianti di rene, sono almeno 15 le strutture italiane che non rispettano le indicazioni del ministero della Salute. Mentre dei 16 centri per il trapianto di cuore, solo tre rispettano le norme. M olto potrebbe essere risparmiato sospendendo l autorizzazione ai centri con un basso tasso di attività che costano moltissimo e non offrono servizi adeguati; le risorse risparmiate potrebbero essere redistribuite ai centri di eccellenza. Questa sarebbe una decisione di politica sanitaria, davvero basata sul merito e sull'appropriatezza, che rispetterebbe i cittadini e gli sforzi economici che sono stati già chiesti loro. pagina sei giugno 2012

8 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 7 un filo di politica Un piano per ridurre gli esodati dalla vita Lservizi e interviste di GEMMA R. LUDOVISI e notizie che da troppo tempo, ormai, occupano le prime pagine dei giornali, non lasciano spazio a dubbi: la crisi economica ha portato gli italiani sull orlo di una vera e propria crisi di nervi. E purtroppo c è chi quell orlo lo supera, lo scavalca decidendo di porre fine alla disoccupazione e alla povertà. Due suicidi al giorno in Italia sono legati al mondo del lavoro. Uno, indirettamente, perché riguarda i disoccupati; l altro, più direttamente, perché riguarda chi il lavoro ce l ha ma rischia di perderlo. La crisi ormai trasformatasi in recessione ha indebolito gli anticorpi della società e, dopo i disoccupati (362 nel 2010 superando i 357 casi del 2009), i più esposti al rischio sono i lavoratori autonomi. Imprenditori e liberi professionisti, artigiani e commercianti, categorie spesso assai distanti anche in termini culturali o di filosofia di vita, di fronte al problema di fatturare e riscuotere si scoprono simili e fragili. Secondo l Eures, Istituto di ricerche Economiche e Sociali, nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 suicidi tra gli imprenditori e i liberi professionisti. Totale 336 vittime (7 in meno che nel 2009), per il 90% uomini. Solo tra i disoccupati lo specifico indice statistico è più alto. E il biennio non sarà migliore. Se da un lato ci si domanda se non vi sia piuttosto una maggiore attenzione dei media, dall altra si può chiaramente notare che in effetti una situazione così disperata in Italia non si viveva da molti anni. Esodati dal lavoro, ma anche - per propria decisione - dalla vita. Secondo i dati del secondo rapporto Eures sui suicidi in Italia, nell ultimo biennio, , si è verificato un importante aumento dei casi di suicidio in tutte le fasce d età, minori esclusi, con un particolare riferimento a quella anni, nella quale si concentra appunto il problema dei cosiddetti esodati, ovvero di quei lavoratori usciti dal mercato del lavoro attraverso canali di protezione sociale e che l attuale riforma Monti-Fornero del sistema pensionistico, rischia di lasciare in parte privi di reddito. In particolare, secondo il Rapporto, che analizza il suicidio nelle sue interconnessioni con la crisi economico-finanziaria in atto, il fenomeno più rilevante è costituito proprio dalla crescita dei suicidi nella fascia anni (+5,8% nel 2010 rispetto al 2009 e +16,8% rispetto al 2008), una fascia particolarmente vulnerabile in termini occupazionali, ovvero di opportunità di ri-collocazione una volta perduto il lavoro. Ma al di là dell evidente criticità sociale, c è chi ritiene che il bombardamento mediatico di notizie di questo tipo, rischi dal canto suo di incoraggiare coloro che, soffrendo già di depressione, possono trovare man forte nel compiere questo gesto. Non a caso Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze presso l Ospedale Fatebenefratelli di Milano, parla di un rischio effetto domino. Quello che è certo è che il senso di frustrazione, il disorientamento e la mancanza di punti fermi che accompagnano le persone in questo particolare periodo storico possono condurre a vere e proprie psicopatologie che si riflettono in un disagio psicosociale di ampia portata. L accettazione e la tolleranza della precarietà lavorativa è un percorso che non è per tutti spontaneo, ma attraverso cui si sente l esigenza di essere supportati e accompagnati. E sono scesi in campo anche gli enti territoriali. Inclusione sociale, giovani, promozione e innovazione delle imprese, attrazione culturale: sono questi i punti dell azione che il governo ha messo in campo e che prevede investimenti per 2,3 miliardi di euro giugno 2012 pagina sette

9 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 8 Nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti. Totale vittime 336 (7 in meno che nel 2009), per il 90% uomini Potenziare e riqualificare i servizi sociali. Questo hanno chiesto le Regioni al governo e, circa un mese fa in una lettera indirizzata al ministro dell Economia Mario Monti e delle Politiche sociali Elsa Fornero, esprimendo ' forti preoccupazioni sulla tenuta del sistema di welfare. Nella lettera che il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome Vasco Errani ha inviato al governo, le Regioni si chiede un forte impegno istituzionale per difendere i diritti dei più deboli, con particolare riferimento ai bambini e agli anziani '. Hanno proposto un riassetto dei servizi sociali, puntando su tre obiettivi strategici: infanzia; lotta alla povertà, emergenza abitativa e disagio. Il sistema sociale per ripartire - scrivono i rappresentanti delle Regioni nel documento sulla situazione delle politiche sociali in Italia - ha bisogno di almeno 1,5 miliardi, e considerando il triennio 2013/2015, il Fondo Nazionale delle politiche sociali dovrebbe ammontare a complessivi 2,4 miliardi (1 per il 2013, 800 milioni per il 2014 e 600 milioni per il 2015). L'impegno alla fine del triennio è di riportare le politiche sociali allo 0,50 di un punto Pil, come erano nel 2009, con un lieve incremento dello 0,25 di punto. I tecnici sembra abbiano recepito la proposta delle Regioni con lo stanziamento di più di 2 miliardi di euro per il Sud. Lo prevede la riprogrammazione della spesa disposta dalla Fase II del piano del governo Monti. La Fase II del Piano di azione coesione - si legge in una nota di Palazzo Chigi - sposta fondi sottoutilizzati o allocati su interventi inefficaci o ormai obsoleti, di programmi operativi nazionali o programmi operativi interregionali e quindi gestiti dalle amministrazioni centrali dello Stato, per un valore pari a 2,3 miliardi di euro. Quattro le priorità indicate dal piano: inclusione sociale, giovani, promozione e innovazione delle imprese, attrazione culturale. Ma per la crescita non basta risanare i conti pubblici. Ne è convinta la Bce che nel bollettino mensile di maggio è tornata a sottolineare l importanza di riforme strutturali che stimolino la concorrenza nei mercati di beni servizi e aiutino a creare nuovi posti di lavoro. Se da un lato la necessaria azione di riequilibrio complessivo dei conti grava sull espansione economica nel breve periodo, dall altro la sua riuscita attuazione contribuirà alla sostenibilità delle finanze pubbliche e quindi alla riduzione dei premi per il rischio sul debito sovrano si legge nel documento dell Eurotower secondo cui un contesto di maggiore fiducia nella situazione dei conti pubblici promuoverebbe anche l attività nel settore privato, favorendo gli investimenti privati e la crescita a medio termine. Al tempo stesso, però, insieme al risanamento dei conti pubblici, bisogna incrementare la crescita e il suo potenziale nell area dell euro attuando riforme strutturali incisive. In questa direzione riveste importanza cruciale agevolare le attività imprenditoriali, la nascita di nuove imprese e la creazione di posti di lavoro. Occorrono politiche intese a rafforzare la concorrenza nei mercati dei beni e servizi e la capacità di aggiustamento salariale e occupazionale delle imprese favoriranno l innovazione, la creazione di posti di lavoro e le prospettive di crescita a più lungo termine. Attuare riforme in questi ambiti, rileva ancora la Bce, è particolarmente rilevante per quei Paesi che hanno subito significative perdite di competitività di costo e devono stimolare la produttività e migliorare i risultati commerciali. Del resto, Francoforte non ha dubbi: regna ancora l incertezza nell area dell euro. Se è vero che durante il 2012 l economia dell eurozona registrerà un graduale recupero, favorito dalla domanda estera, dai tassi di interesse a breve termine molto contenuti nell area e da tutte le misure adottate per promuovere il buon funzionamento dell economia dell area restano però alcuni nodi che frenano la dinamica di fondo della crescita: le tensioni residue in alcuni mercati del debito sovrano dell area dell euro e il loro impatto sulle condizioni di credito, il processo di aggiustamento dei bilanci nei settori finanziario e non finanziario e l elevata disoccupazione. Dal rapporto Eures sui suicidi in Italia, che analizza le connessioni con la crisi in atto, emerge l aumento di vittime nella fascia anni (+5,8% nel 2010 rispetto al 2009 e +16,8% rispetto al 2008) pagina otto giugno 2012

10 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 9 un filo di politica «Più solidarietà grazie alla recessione» I n Italia c è un grave aspetto della crisi che deve essere considerato: «La rarefazione delle reti sociali, dei legami che comportano l'infragilimento della famiglia, sulla quale si scaricano le difficoltà». Insomma, «famiglie stressate che diventano ammortizzatori sociali, che diventano vulnerabili». Il ministro per la Cooperazione e l Integrazione, Andrea Riccardi, delinea i tratti di una società, quella italiana, permeata ormai dalla solitudine, in cui i vincoli comunitari, familiari e associativi si sono fortemente allentati. Al contrario, «per anni è stato fatto credere che l individualismo fosse il presupposto per fare carriera, per raggiungere il successo personale. Il risultato è invece una palpabile crescita dell isolamento e dello smarrimento». E qualche responsabilità, il fondatore della Comunità di Sant Egidio, la attribuisce anche alla politica che avrebbe smesso da troppo tempo di stare tra la gente, di ascoltare i bisogni e le speranze del popolo. Secondo il ministro, un tale disinteresse ha provocato una disaffezione nei riguardi dei partiti, con la esponenziale crescita dell astensione e del voto di protesta, che ha trovato conferma nelle ultime elezioni amministrative. Ma Riccardi è fiducioso nelle capacità dell esecutivo targato Monti. «La politica, in questa fase di governo tecnico, ha una grande occasione di riformarsi, di ritrovare l autorevolezza necessaria per parlare di nuovo con i cittadini. E di ricostruire una visione del futuro, senza la quale non si va lontano». Ministro, è evidente che il disagio sta permeando molti ambiti della società. Crede che la causa sia solo la mera equazione tra crisi economica e qualità della vita? La percezione si è acuita da poco, ma la crisi si è sviluppata già da qualche anno. Tutte le fasce sociali sono state colpite, più o meno duramente. Sui giornali si parla di crisi economica. Ma c è un livello nascosto che incide maggiormente sulla vita quotidiana: la scomparsa delle reti sociali. Noto, girando per l Italia, tanta solitudine: le persone non riescono più a trovare interlocutori attenti con cui condividere il proprio disagio. I vincoli comunitari, familiari e associativi si sono fortemente allentati. Per anni è stato fatto credere che l individualismo fosse il presupposto per fare carriera, per raggiungere il successo personale. Il risultato è invece una palpabile crescita dell isolamento e dello smarrimento. È l augurio di Andrea Riccardi: «Per anni è stato fatto credere che l individualismo fosse il presupposto per raggiungere il successo personale. Il risultato è invece una crescita dell isolamento e dello smarrimento» giugno 2012 pagina nove

11 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 10 «La famiglia ha funzionato da sempre come grande ammortizzatore sociale, nella crescita dei figli, nella cura degli anziani e dei disabili e nel sostegno economico ai giovani. Lo Stato non ha mai brillato per politiche familiari incisive» Quali sono le fasce sociali e le categorie secondo lei più colpite? Difficile fare classifiche. A livello generale direi gli anziani soli e le famiglie numerose o con situazioni di difficoltà. C è anche il dramma di chi ha perduto l occupazione e non riesce più a rientrare nel mondo del lavoro. Non molti sanno che in Italia ci sono 650mila bambini in condizioni di povertà assoluta e 2 milioni e mezzo di famiglie in povertà relativa. E nel resto d Europa, crede ci siano stesse dinamiche o l italianità in questo caso aiuta? Ogni Paese ha le sue specificità. Da noi è la famiglia a essere più in affanno. In Italia ha funzionato da sempre come grande ammortizzatore sociale, nella crescita dei figli, nella cura degli anziani e dei disabili e nel sostegno economico ai giovani. Lo Stato italiano non ha mai brillato in passato a raffronto con altri Paesi europei per politiche familiari incisive. E oggi è la famiglia a sentire maggiormente i morsi della crisi. Sul piano più generale, tutti i Paesi europei scontano la crisi del welfare, che deve però essere rimodulato e non cancellato. È stata una grande conquista sociale, politica e culturale e deve continuare a essere il tratto distintivo di noi europei. Quanto inciderebbe sulla ripresa economica del paese una maggiore e migliore integrazione? Gli immigrati pagano la crisi economica come e quanto gli italiani. C è uno stereotipo diffuso, ovvero che gli immigrati ruberebbero il lavoro agli italiani, ma non è così. In realtà gli immigrati regolari pagano le tasse, sostengono l Inps, aprono conti correnti nelle banche italiane, cominciano persino ad assumere dipendenti italiani. Integrazione vuol dire tante cose: tra queste anche la legalità, la sicurezza e l emersione del sommerso. Sono elementi che contribuiscono notevolmente alla ripresa economica Quali sono le colpe, se colpe ce ne sono, della politica in questo periodo di recessione economica? Di aver smesso di stare tra la gente, di non averne ascoltato più i bisogni e le speranze. Ne è derivata una disaffezione nei riguardi dei partiti, con la esponenziale crescita dell astensione e del voto di protesta, che ha trovato conferma nelle ultime elezioni amministrative. Ma la politica, in questa fase di governo tecnico, ha una grande occasione di riformarsi, di ritrovare l autorevolezza necessaria per parlare di nuovo con i cittadini. E di ricostruire una visione del futuro, senza la quale non si va lontano. Ministro, ci dà una sua previsione per il futuro? Non faccio previsioni. Ma esprimo un augurio. Che la crisi che stiamo vivendo serva a farci riscoprire il senso profondo della convivenza e della solidarietà: tra le persone, tra le generazioni e tra i Paesi del mondo. g.r.l. Il ministro per la Cooperazione e l Integrazione denuncia la scomparsa delle reti sociale e aggiunge: «C è tanta solitudine: le persone non riescono più a trovare interlocutori con cui condividere il proprio disagio» pagina dieci giugno 2012

12 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 11 un filo di politica «La politica deve guardare al futuro» «A bolizione del porcellum, con l istituzione di una nuova legge elettorale che garantisca rappresentanza, governabilità e dimezzamento del finanziamento pubblico ai partiti». Enrico Letta fissa gli obiettivi che la politica avrà il dovere di raggiungere, prima della pausa estiva, per riattivare quel circolo virtuoso che da troppo tempo ristagna nelle sabbie mobili. Per il vicesegretario del Pd, mai come oggi, c è un bisogno vitale di unità e collaborazione. «Lo scontro, la logica da derby permanente, il popolismo e la demagogia - dice - sono concausa della crisi del Paese, non ininfluenti corollari». E toccando anche il tema dell Europa e di come il nostro Paese si inserice nelle logiche ecomiche e politiche della Ue, l ex sottosegretario a palazzo Chigi ribadisce quanto sia illusorio pensare di poter fare a meno delle istituzioni comunitarie rivendicando «un malinteso e obsoleto concetto di sovranità nazionale quando tutto intorno a noi dimostra che gli Stati da soli non ce la fanno a reggere l urto delle trasformazioni globali epocali». Onorevole Letta, è evidente che la politica in questo governo di tecnici, ha fatto un passo indietro. Ma non trova che lo abbia fatto anche nell interessarsi dei problemi dei cittadini? La politica è in difficoltà. Non lo scopriamo oggi e senza dubbio non è stato il governo dei tecnici a usurpare il suo perimetro d azione. Al contrario, l esecutivo guidato da Mario Monti è nato anche per permettere alla politica stessa - in una fase di profondissima crisi del Paese, con l economia italiana a un passo dal baratro - di trovare il tempo e le modalità per recuperare credito presso la pubblica opinione e ricostruire un circolo virtuoso tra eletti ed elettori. Circolo virtuoso lei dice? Non le pare che qualcosa si sia già rotto? In tal senso, e ammettendo che questo circolo virtuoso si è oggettivamente interrotto, credo che l unico rimedio per riattivarlo nell immediato sia riscrivere insieme le regole del gioco. Non c è più spazio per distinguo o dilazioni. Dunque, subito, abolizione del porcellum, con una nuova legge elettorale che garantisca rappresentanza e governabilità. E i soldi ai partiti? E subito dimezzamento del finanziamento pubblico ai partiti. Le condizioni per incardinare entrambe le riforme prima della pausa estiva ci sono. È fondamentale non gettare alle ortiche questa possibilità. Dopo potrebbe essere troppo tardi. Disoccupazione, degrado sociale, aumento dei suicidi e irrigidimento del credito alle aziende. Sono solo alcuni aspetti di questo difficile momento storico che stiamo attraversando. Come e perché ci si è arrivati? Al netto di alcune singole misure di politica economica adottate nell ultimo decennio evidentemente fuori bersaglio, la mia impressione è che le responsabilità siano imputabili anzitutto a un approccio distorto nei confronti del futuro. Per anni la pratica politica in Italia è stata schiacciata da una vera e propria ossessione per il presente e da una rincorsa quotidiana al consenso spicciolo dell'ultima ora. Nessuna visione, nessun progetto Paese, nessuna scelta di riformismo e modernizzazione focalizzata sulle generazioni a venire. E un debito pubblico disastroso Enrico Letta, vicesegretario del Partito democratico: «Lo scontro, la logica da derby permanente, il popolismo e la demagogia sono concausa della crisi del Paese, non ininfluenti corollari» giugno 2012 pagina undici

13 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 12 «Il governo Monti è nato anche per permettere alla politica stessa di trovare il tempo e le modalità per recuperare credito presso la pubblica opinione e ricostruire un circolo virtuoso tra eletti ed elettori» Letto in quest ottica, anche l accumulo colossale di debito pubblico, di cui ora così drammaticamente paghiamo il prezzo, assume un significato che va ben al di là del rimpallo stucchevole delle colpe tra destra e sinistra. Quanto avviene oggi, acuito certamente dalla drammaticità di una crisi senza precedenti, è il risultato di un simile, miope, presentismo. Dov era la politica in questi anni? Solo nei Palazzi o anche tra la gente? Non lo so dov era la politica, ammesso che la si possa intendere in questo caso come un corpo unico e indistinto. Però che un distacco con la gente ci sia stato mi pare fuor di dubbio. L aspetto paradossale, tuttavia, è che, anche quando la politica era al suo posto, essa non ha saputo cogliere i segnali che pure arrivavano forti e chiari dal mondo del lavoro e dell'impresa, ad esempio. A che cosa si riferisce in particolare? Penso al tema del rischio-declino dell industria italiana: per anni nei convegni, nelle campagne elettorali, nei nostri tour nei distretti produttivi abbiamo ascoltato analisi molto plausibili sulla crisi in arrivo per l economia reale e il lavoro. Per anni abbiamo discusso dei fattori di svantaggio competitivo su cui bisognava intervenire per sbloccare la crescita. Analisi tante, ma soluzioni zero, pare di capire. Eppure, di quelle analisi e di quei segnali d allarme è rimasto poco più che una generica indicazione di rotta. Segno che il sistema nel suo complesso, così com era strutturato nella Seconda Repubblica, pagava tutto insieme lo scotto di meccanismi decisionali inefficaci, oltreché naturalmente il peso dell inadeguatezza di una buona fetta della nostra classe dirigente. In questa prospettiva, tutti - non solo la politica - devono fare autocritica. Quanto il Pd approva le scelte che questo governo sta facendo per affrontare la crisi economica? Il Pd sostiene con grande convinzione lo sforzo di ricostruzione del Paese di cui il governo Monti è espressione. Lo fa sin dal principio perché non poteva e non può sottrarsi alla responsabilità del bene comune. È nel nostro dna. Piena aderenza al progetto Monti... A questa piena aderenza al progetto di Monti si accompagna, tuttavia, la volontà di correggere l azione dell esecutivo laddove necessario e di indirizzarla in funzione di una maggiore equità. L esempio più calzante mi sembra l azione a tutela delle pensioni più basse nel corso dell approvazione del decreto salva- Italia. Crede ci sia più bisogno di unità politica o di un produttivo incontro-scontro tra le varie forze politiche? Mai come oggi c è un bisogno - vitale, direi - di unità e collaborazione. Lo scontro, la logica da derby permanente, il popolismo e la demagogia sono concausa della crisi del Paese, non ininfluenti corollari. Pensare di affrontare le sfide che abbiamo dinanzi perpetuando queste dinamiche mi sembra semplicemente da dissennati. E il Paese non ce lo perdonerebbe, oltretutto. Secondo lei l Italia ce la farà solo se trainata dall Europa, oppure esistono i presupposti per uscire da soli dalla recessione? Sono convinto, e da molto tempo, che l Europa rappresenti l unica prospettiva per ricostruire, su basi nuove, il nostro futuro. Illusorio pensare di poter fare a meno delle istituzioni comunitarie e rivendicare un malinteso e obsoleto concetto di sovranità nazionale quando tutto intorno a noi dimostra che gli Stati da soli non ce la fanno a reggere l'urto di trasformazioni globali epocali. In un contesto tutto europeo, quindi. Suicida, soprattutto per un Paese come l Italia, illudersi di essere in grado di uscire dalla crisi senza agire nel contesto europeo e tenendo conto dei pesi e dei contrappesi dell'integrazione comunitaria. Crisi irreversibile o occasione da cogliere al volo? All inverso, ritengo che questo passaggio così delicato costituisca un occasione storica irripetibile per premere finalmente l acceleratore sulla costruzione dell Europa politica. È quello l orizzonte verso cui tendere, anzitutto promuovendo in tutte le sedi una maggiore democratizzazione delle istituzioni comunitarie, in primo luogo attraverso l elezione diretta del presidente dellaue che accorpi in sé le funzioni del presidente della Commissione e di quello del Consiglio. Che cosa rappresenterebbe questa modifica? Sarebbe realmente un grande salto di qualità. Una rivoluzione, peraltro, possibile senza procedere alla modifica dei Trattati. g.r.l. «Per anni la pratica politica è stata schiacciata da una ossessione per il presente e da una rincorsa al consenso spicciolo. Nessun progetto, nessuna scelta di riformismo e modernizzazione per le nuove generazioni» pagina dodici giugno 2012

14 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 13 un filo di politica «Trasformare la crisi in opportunità» «C ontrazione è l opposto di espansione. E questo è già di per sé significativo: la logica di fondo del periodo che dobbiamo attraversare sarà molto diversa da quella della fase che è alle nostre spalle. Non è detto che sia un male... Trasformare la crisi in opportunità: è questa la responsabilità che oggi abbiamo». Il professore Mauro Magatti, sociologo ed economista, preside della Facoltà di Sociologia dell Università Cattolica di Milano, non usa mezzi termini per raccontare i retroscena che la crisi internazionale porta con sé. «L idea di una crescita illimitata e puramente meccanica in grado di sussistere anche senza il contributo dello spirito umano si è ormai svelata per quello che era: un illusione che ci ha portato fuori strada». I sogni chimerici dell abbondanza, lasciano oggi spazio alla realtà con cui la crisi internazionale ci ha costretti a fare i conti. L Italia può farcela, ma a patto che si tengano ben presenti le vie del riscatto personale e nazionale alla luce degli errori perpetrati fino ad oggi. Nel suo nuovo libro, dal titolo La grande contrazione. I fallimenti della libertà e le vie del suo riscatto edito da Feltrinelli e uscito a maggio nelle librerie, Mauro Magatti, partendo dalla ricostruzione critica del modello di sviluppo affermatosi negli ultimi vent anni, approfondisce le origini culturali e sociali della crisi in atto. Il tema viene affrontato a partire da una domanda di solito rimossa: come mai dopo un lungo periodo di crescita i paesi occidentali si ritrovano indebitati, invecchiati, disuguali e depressi? Al di là degli aspetti finanziari ed economici, Magatti ci spiega come la crisi segna la fine del tecno-nichilismo. Per quanto faticosa, difficile e rischiosa, la crisi tuttavia è anche un opportunità. «Il problema non si risolve semplicemente attraverso interventi tecnici, ma tornando a chiedersi che cosa sia la crescita. Ciò è possibile a condizione però di mettere in discussione l immaginario della libertà che si è affermato nei paesi occidentali, imprigionati in una concezione radicalmente individualista. Iniziando da qui, si può cominciare a declinare diversamente il rapporto tra economia e società, superando un economia basata sul consumo per entrare in un economia basata sul valore». Professore, come definirebbe il periodo storico e culturale che stiamo vivendo? Possiamo inserire la condizione sociale, economica e valoriale che stiamo vivendo, nel quadro della crisi storica che chiude il clima che si era preparato negli anni 80 e che poi si dispiega tra la caduta del muro di Berlino e la recente crisi finanziaria. E l Italia? Entro questa crisi, che ha ripercussioni planetarie, si colloca quella italiana che declina le radici di quella crisi, in relazione al modo in cui l Italia è stata dentro questi vent anni. Per essere molto sintetici, direi che quella che è stata chiamata genericamente Seconda Repubblica ha di fatto semplicemente gestito un equilibrio di marginalità. Che cosa intende per equilibrio di marginalità? La Seconda Repubblica ha in larga misura sponsorizzato una marginalità che ha permesso agli italiani di non impegnarsi in maniera consapevole rispetto alle sfide che la nuova fase portava con sé. L analisi di Mauro Magatti: «La Seconda Repubblica ha sponsorizzato una marginalità che ha permesso agli italiani di non impegnarsi in modo consapevole rispetto alle sfide che la nuova fase portava con sé» giugno 2012 pagina tredici

15 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 14 «La crisi finanziaria, economica, sociale, istituzionale e spirituale nella quale siamo immersi pone fine ad un trentennio per lasciare spazio a una nuova stagione più interessata al polo della socialità» Interessante, ci spieghi. Per un primo periodo, il debito pubblico è stato un po il galleggiante di questo equilibrio di marginalità, ma poi negli ultimi anni, soprattutto a seguito dell entrata in vigore dell euro e delle conseguenze di questa entrata, progressivamente il debito pubblico da galleggiante è diventato il peso, la pietra che ha spinto verso il basso l economia della società italiana. Infine la crisi internazionale. Lo scoppio della crisi internazionale ha poi definitivamente provocato il collasso di quell equilibrio di marginalità. Ci troviamo, oggi di fatto, a ereditare una lunga stagione in cui non abbiamo ffrontato le sfide storiche che il tempo alle nostre spalle ha portato con sé. Potremmo dire che la realtà, in questo momento, sta superando la fantasia degli italiani Nell ultimo anno, l Italia è andata vicinissima al default mentre la crisi economica ha cominciato a mordere i bilanci familiari, i destini individuali, la coesione sociale. Dopo gli anni della vacanza, la realtà, con tutta la sua ruvidezza, torna a fare capolino costringendoci a riflettere su di noi, sul nostro passato e il nostro futuro. Tante le illusioni che ci hanno portato fin qui. L idea di una crescita illimitata e puramente meccanica in grado di sussistere anche senza il contributo dello spirito umano si è ormai svelata per quello che era: un illusione che ci ha portato fuori strada. E, con qualche fatica, gli italiani tornano a pensare che, per stare nella globalizzazione, sia necessario darsi una regolata. Per quanto riguarda i comportamenti individuali e quelli collettivi. Un clima sociale di questo tipo è tanto delicato quanto prezioso. Per questo, non va sprecato. Se preso sul serio, esso può consentire di riguadagnare rapidamente il terreno perduto. Nell ultimo Rapporto Censis si mette in luce l esistenza di un risorgente tratto culturale tipico dell Italia che va dal valore della famiglia fino alla religione. Lei cosa ne pensa? Questo è un risvolto tipico dei momenti di difficoltà: per non sprofondare nel gorgo della lotta di tutti conto tutti, si riscopre la propria identità che costituisce un punto di riferimento imprescindibile. Da qui, quindi, la forza per risalire... I dati del Censis ci dicono di una italianità diffusa che avrebbe solo bisogno di essere ascoltata, riscoperta e valorizzata. Come a dire che, una volta superata la fase acuta della crisi, occorrerà ripartire da qui, dai caratteri della società italiana, correggendone le patologie e rafforzandone i punti di forza. In questo panorama sociale, lei ritiene ci sia una correlazione tra crisi economica e crisi dei valori? Il modo in cui io interpreto la crisi internazionale, la crisi storica di cui parlavo prima, è esattamente nella chiave non dei valori genericamente intesi ma come più propriamente una crisi dello spirito. L errore più grave? Lo spirito del capitalismo di questi ultimi venti anni, quello che per la precisione ha alimentato l idea di una crescita basata su una logica tecnica prima di tutto finanziaria, pensata da un punto di vista oggettivo come infinita e dal lato soggettivo, invece, come un espansione del sé e dei consumi ugualmente infiniti. Ecco, questo spirito del capitalismo è entrato in crisi con la crisi economica internazionale. Un crisi spirituale ancor prima che economica insomma Si tratta di una crisi spirituale nel senso weberiano e quell equilibrio di marginalità di cui parlavo prima, fa sì che la crisi spirituale, particolarmente in Italia, sia molto profonda. Premesso che l aspetto impegnativo della globalizzazione e dell espansione degli ultimi vent anni, è l aspetto più impegnativo di questa fase storica, dobbiamo comunque evidenziare come nel nostro Paese si sia invece calcata la mano sulla soggettività e sull espansione del sé, tutto sommato senza un costrutto. Pensa a un modello particolare che si è imposto nel nostro Paese? Ritengo che il berlusconismo sia stato l epicentro dell equilibrio di marginalità perché ha espresso simbolicamente, più di chiunque, lo spirito del capitalismo marginale, dedito al godimento e assai poco dedito a costruire le basi del suo futuro. Ma è solo colpa di Berlusconi? Non è solo colpa di Berlusconi, diciamo che il si- «L allarme suicidi di questo periodo segnala che la crisi, adesso, colpisce l ordinaria vita di molte persone: dal piccolo imprenditore, al giovane disoccupato o al 50enne che perde il lavoro» pagina quattordici giugno 2012

16 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 15 un filo di politica «Sebbene ci troveremo costretti a vivere altri anni difficili, alla fine probabilmente e sperabilmente ci sarà una nuova stagione di crescita e di sviluppo diversa da quella che abbiamo alle spalle» stema politico della Seconda Repubblica ha ruotato intorno a Berlusconi anche perché tutti gli sono corsi dietro, compresi i partiti di opposizione. Che ruolo ha avuto e quanto avrebbe potuto fare la politica in questi anni? Se per politica si intende la capacità di costruire dei quadri, prima di tutto simbolici e poi anche concreti ma che partano dai quadri simbolici di riferimento, la politica della Seconda Repubblica è stata assai poco capace di offrire punti di riferimento e di determinare le azioni conseguenti. Direi, certamente, un fallimento storico. E dal punto di vista dei corsi e ricorsi storici, crede ci troviamo in una fase di passaggio o in una delle fasi che ciclicamente ritornano? Penso che la stagione che si era preparata con la crisi degli anni 70, le cui premesse si erano poste negli anni 80 e che si è dispiegata dall 89 fino alla crisi del 2008, si sia conclusa. Credo che sia cominciata, dagli ultimi quattro anni, una lunga fase di transizione. Secondo lei, questa transizione sarà ancora lunga? Credo anche che, sebbene ci troveremo costretti a vivere altri anni difficili, alla fine probabilmente e sperabilmente ci saranno dei punti di svolta che volgeranno verso una nuova stagione di crescita e di sviluppo diversa da quella che abbiamo alle spalle. Naturalmente il rischio opposto, è che ci si avvii verso il tracollo. Il rischio è reale, comporta delle responsabilità collettive e paesi come la Grecia dimostrano come i tracolli economici e sociali della democrazia, possono poi intervenire con una repentinità che tendiamo a sottovalutare. A proposito della Grecia, crede che l atteggiamento degli italiani possa essere differente o, tendenzialmente, al tracollo finanziario si reagisce tutti allo stesso modo? Credo che non abbiamo dei particolari antidoti. Peraltro con l Europa così debole e a rischio di saltare per aria, non possiamo illuderci di avere qualcosa che ci protegga dai rischi. No. Credo anzi che il Paese sia sotto la pressione fortissima di situazioni molto gravi dal punto di vista sociale: come le disuguaglianze forti tra Nord e Sud e il problema dei giovani che non trovano lavoro. Non penso, in sostanza, che abbiamo una protezione di qualche tipo che attiene al nostro carattere nazionale. L aumento dei suicidi che si è registrato nel nostro Paese negli ultimi mesi, è reale o solo una forzatura mediatica? Premettendo che non dispongo di tali dati, ritengo che sicuramente l effetto mediatico ha il suo peso perché, come al solito, i media enfatizzano alcuni processi reali. E cioè il fatto che la crisi finanziaria è diventata crisi dell economia reale e quest ultima è diventata crisi esistenziale che può diventare in senso pieno crisi delle democrazie. Che segnali sono questi? Diciamo che l allarme suicidi segnala che la crisi, adesso, colpisce l ordinaria vita di molte persone. Il piccolo imprenditore, il giovane disoccupato o il 50enne che perde il lavoro. C è la possibilità che il ritorno ai valori possa in qualche modo salvarci da questa deriva autolesionista? De Rita, nel Rapporto Censis, parla dei primi segni di un cambio di clima, segnato dal ritorno ai valori, alla religione, all attenzione all altro. E lei che cosa pensa? Anch io penso che,secondo la logica pendolare che caratterizza la vita sociale, la crisi finanziaria, economica, sociale, istituzionale e spirituale nella quale siamo immersi pone fine a un trentennio nel quale, con esiti e intensità diverse, l individuo ha sostituito il principale polo attrattore per lasciare spazio ad una nuova stagione più interessata al polo della socialità. Ma, per mordere il tempo, questa inversione di tendenza ha bisogno di due condizioni. E quali sono? Sul piano culturale, un nuovo pensiero della libertà che sia capace di includere il tema dell altro, tema completamente rimosso dalla cultura iperindividualistica degli ultimi decenni. Sul piano sociale, l apertura di una grande stagione di innovazione economica e istituzionale che abbia l ambizione di sperimentare soluzioni nuove e piste non ancora battute. Qualcuno ce la farà più degli altri a uscire dal guado? Dopo una lunga stagione individualistica, nelle nuove condizioni storiche nelle quali ci troviamo a vivere definibili come seconda globalizzazione sopravvivranno quei gruppi, quelle comunità, quei territori che sapranno stringere nuove alleanze per mettersi in relazione all intero pianeta. A livello continentale, nazionale, locale, famigliare. g.r.l. «Con l'europa così debole e a rischio di saltare per aria, non possiamo illuderci di avere qualcosa che ci protegga dai rischi. Il Paese è sotto la pressione fortissima di situazioni molto gravi dal punto di vista sociale» giugno 2012 pagina quindici

17 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 16 Coesione sociale e Mezzogiorno T di GEMMA R. LUDOVISI re interviste per capire che forme prende il disagio sociale in una regione del Mezzogiorno come la Campania. Un prete sotto scorta, don Luigi Merola impegnato nel difficile quartiere Arenaccia, una senatrice del Pd da sempre impegnata nel sociale, Livia Turco e un sociologo dell Università Federico II di Napoli, Luigi Caramiello. Tre visioni, per una regione che rappresenta alcuni dei tanti problemi che continuano ad affliggere il Sud, emblema di un Italia ancora troppo spaccata e lontana dalla tanto acclamata unità. E tutte queste problematiche si inseriscono nella più ampia crisi generale che pone dei limiti, viste le scarse risorse economiche, in settori legati al sociale, che vengono vissuti come meno urgenti e con problemi che possono attendere. Quindi aiuti più scarsi alle associazioni che lavorano sul territorio, alle associazioni che collaborano con le famiglie di disabili e progetti che inevitabilmente si fermano o semplicemente non partono. In un contesto del genere la povertà assoluta diventa la prima emergenza ed è per questo che il governo ha deciso di correre ai ripari. È quindi partita una vera e propria caccia ai fondi per far ripartire la ripresa, lottare contro la povertà e garantire la coesione del Paese recuperando i fondi europei destinati al Mezzogiorno e magari parcheggiati per iniziative obsolete. Sono spuntati così 2,3 miliardi da destinare per la maggior parte alle regioni del Sud (e in piccola parte al territorio nazionale) per alimentare progetti innovativi sia di protezione sociale (come nel caso di giovani e anziani), sia di promozione delle iniziative imprenditoriali. Si tratta della fase due del Piano di Azione-Coesione partito l anno scorso inizialmente per evitare di perdere i fondi europei. Ora gli stessi fondi puntano anche a favorire la crescita. Le cifre le ha fornite durante una conferenza il ministro per la Coesione sociale, Fabrizio Barca: l operazione per il solo Sud prevede una grossa fetta sull inclusione sociale (850 milioni euro), e una seconda grossa parte per la crescita da 1 miliardo e 500 milioni. Quindi all incirca 2,3 miliardi. Di questi il piano contro la vulnerabilità prevede un investimento nelle regioni meridionali (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania) di 850 milioni complessivi. E altri 167 milioni saranno destinati all intervento nazionale. Molti i capitoli di spesa rivisti, molti gli obiettivi del nuovo intervento, fra cui spiccano i 50 milioni di euro per la nuova sperimentazione della social card, come annunciato dal ministro del Welfare, Elsa Fornero. Si va da interventi per potenziare la rete degli asili nido (solo 1 bambino su 10 gode di questo servizio pubblico), fino a programmi di assistenza personalizzati per gli anziani non autosufficienti. Ma si punta anche a interventi per rafforzare la legalità in aree a elevata dispersione scolastica. E si punta anche allo sviluppo attraverso lo stimolo all autoimpiego e all autoimprenditorialità. Un percorso che sarà anche corredato dal ricorso più massiccio alla tecnologia (ad esempio il processo telematico per i tribunali nel Mezzogiorno) e di uno stimolo alla ricerca. Coinvolta nel progetto anche il ministro Fornero, che ha parlato di interventi da «Paese civile e avanzato» raccontando, ad esempio, che nel piano del governo «c è un approccio un po diverso che è quello di filiera: le persone non autosufficienti vengono prese in carico. Si fa un esame dei bisogni e delle loro disponibilità. Si considera il tipo di La Campania vista da: un prete sotto scorta, don Luigi Merola, una senatrice del Pd da sempre impegnata nel sociale, Livia Turco e un sociologo dell Università Federico II di Napoli, Luigi Caramiello pagina sedici giugno 2012

18 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 17 un filo di politica Dalle ricerche sulla condizione del Sud emergono le notevoli differenze soprattutto per quello che riguarda l universo femminile: le giovani donne risultano particolarmente sacrificate nel mercato del lavoro servizi adeguati e si fa un piano personalizzato di cura. È previsto anche un piano-sicilia che è un aiuto alla regione per un assistenza tecnica qualificata di monitoraggio per l introduzione di meccanismi di qualità nell offerta formativa regionale. Insomma - ha aggiunto Fornero - dobbiamo aiutare le regioni meridionali a spendere meglio». Anche perché intanto le famiglie italiane - ha affermato il ministro per l Integrazione Andrea Riccardi - sono diventate «fragili e vulnerabili e dentro la crisi c è un altra crisi che è una crisi umana». Così si contano tutte le risorse disponibili e si tenta di impiegarle al meglio. Tra le iniziative anche la valorizzazione di 20 poli culturali, sul modello del Grande Progetto Pompei, il bonus per le assunzioni nel Sud (già approvato in Stato-Regioni il decreto di attuazione). Ma anche interventi dedicati all Università come il progetto Angels per far crescere una nuova classe dirigente del Sud più moderna e consapevole. Forse qualcosa, quindi, si sta muovendo. Ma resta il problema dei tanti fondi che negli anni sono addirittura rimasti inutilizzati. È il caso, ad esempio, del Fondo sociale europeo. Se in tutte le nostre regioni è stato impegnato appena il 35,5% di quel capitolo finanziario, che vale oltre 7,6 miliardi, la Sardegna si è fermata al 24,08%, con pagamenti appena superiori al 20% del totale. Una situazione, dice la Corte dei conti, che deve «attribuirsi sia alla tardiva partenza della programmazione comunitaria in Sardegna, sia, in massima parte, alla mancata accelerazione dell azione regionale nel corso del 2010, che proprio il ritardato avvio avrebbe reso necessaria». Il Sud, insomma, sembra sempre fare la figura del Pierino di turno, sempre indietro e pronto a farsi riprendere da tutti. Un altro tasto dolente, toccato in parte anche dagli intervistati, è stato quello delle donne e del loro ruolo nel mondo del lavoro. La Svimez (Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno), in un rapporto presentato lo scorso febbraio, ha sottolineato proprio come la crisi possa essere analizzata secondo le ricadute per differenze di genere. E questo perché affrontare le questioni del Mezzogiorno al femminile permette una migliore messa a fuoco dei problemi e delle opportunità. Se, infatti, esiste una questione al femminile nel nostro Paese è essenzialmente una questione meridionale, si legge nel rapporto. E, al tempo stesso, il problema della coesione economica e sociale dell Italia dipenderà dalla capacità di inserire a pieno titolo nel sistema produttivo il potenziale di conoscenza e competenza delle donne, soprattutto giovani. In Italia, secondo il rapporto della Svimez, la percentuale di donne disoccupate sfiora il 9,1 per cento contro il 6,8 per cento degli uomini. Nel Mezzogiorno, però, i numeri cambiano notevolmente, perché nel terzo trimestre del 2011, il periodo preso in esame, le donne disoccupate sfiorano il 15,4 per cento, cinque punti in più dei maschi (10,7 per cento) e più del doppio delle donne del settentrione (6,9 per cento). Nel confronto con l Europa, la disoccupazione delle italiane è comunque alta, ma il divario all interno del Paese dovrebbe far riflettere e molto. E a pagare maggiormente questa situazione, è la popolazione delle giovani donne che risulta particolarmente sacrificata sul mercato del lavoro: nel Mezzogiorno, meno di una ragazza su 4 ha una occupazione. Questi dati allarmanti, però, cozzano terribilmente con il fatto che le donne del Sud rappresentano un importante punta di modernizzazione perché hanno investito in un percorso di formazione e di conoscenza e allo stesso tempo sono vittime designate di una società più immobile che altrove. Insomma, il Sud e le sue donne sembrano avere tutte le chiavi in regola per crescere ed emanciparsi, ma è come con la questione dei bei paesaggi: molte città del Sud potrebbero vivere di turismo grazie, eppure, mancano le strade, mancano le ferrovie e tutte quelle strutture necessarie al turismo. Allo stesso modo il Sud ha investito in formazione, ma poi non sfrutta le persone formate e in particolar modo le donne. E se fossero le donne a salvare l Italia? Potrebbe essere un importante segnale per uscire dalla crisi. Di certo, un inversione di tendenza in questo campo farebbe cambiare idea a quanti continuano a parlare di un Italia a due velocità. Il governo ha rivisto molti capitoli di spesa e gli obiettivi del nuovo intervento, fra cui spiccano i 50 milioni di euro per la nuova sperimentazione della social card, come annunciato dal ministro del Welfare, Elsa Fornero giugno 2012 pagina diciassette

19 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 18 «Al fianco dei giovani contro la camorra» Q di ASIA NIZZI uello di don Luigi Merola sembra essere un curriculum di guerra. E se vivi in Campania, contrastando la camorra, creando sogni e speranze, sei davvero in un teatro di guerra quotidiana. Da otto anni sotto scorta, dopo aver lavorato dal 2000 al 2007 nel quartiere di Forcella, nella chiesa di San Giorgio Maggiore, don Luigi Merola racconta di non essersi pentito di niente e che rifarebbe tutto allo stesso modo. E mentre racconta quello che fa quotidianamente con la sua fondazione A voce d è creature nel quartiere Arenaccia, sorride animato da un sentimento che se non salverà Napoli, ha salvato finora ben centocinquanta bambini riportandoli sui banchi di scuola e strappandoli a un futuro già segnato come manovalanza della camorra. Che cosa ha trovato nel 2007 quando ha creato la fondazione nel quartiere dell Arenaccia e cosa vede oggi a distanza di cinque anni? Ho trovato un deserto ma oggi, invece, ci sono dei fiori. Napoli, in questo, è stata per me una città sempre amata ma che mi ha dato anche molte sofferenze. Non a caso la chiesa per anni ha dovuto fare un po il supplente delle amministrazioni. Abbiamo dovuto fare noi la scuola, la ludoteca, prima con l aiuto della chiesa e poi con la fondazione A voce d è creature. Quali obiettivi vi siete prefissi con la Fondazione? Il primo obiettivo raggiunto è stato quello di contrastare l abbandono scolastico. A Napoli abbiamo dodicimila ragazzi che non vanno più a scuola e la fondazione ne ha riportati sui banchi centocinquanta. È ancora una goccia ma in questo modo la fondazione toglie manovalanza alla camorra, creando e portando cultura. Peccato che lo Stato e le amministrazioni in genere non investano nella prevenzione. Quando si va in carcere è già troppo tardi. Camorra e mafia, ma anche... Operando sul territorio ci rendiamo conto che il problema della Campania e dell Italia più in generale non è solo la mafia o la camorra, ma l ignoranza. Ho visitato più di mille scuole in tre anni da Nord a Sud come referente della legalità, come Miur e poi oggi come Commissione Antimafia, ma mi rendo conto che siamo ancora molto indietro. In che senso, scusi? In Campania abbiamo soltanto il 7 per cento delle scuole che fanno il tempo prolungato e dovremmo averne almeno il 90 per cento. A Nord, nel Veneto, siamo al 47 per cento, e questo dà la dimensione di un Italia ancora così divisa e spaccata. Le istituzioni, quindi, non capiscono quanto sia importante investire in cultura? Ho l impressione che il sistema che si è creato negli anni con la camorra giovi anche allo Stato. Quando in un territorio si censiscono quindicimila famiglie a reddito zero, bisogna ricordarsi che quelle stesse famiglie a Napoli vivevano con il contrabbando delle sigarette. Un affermazione grave, non le pare? Lo Stato ha contrastato il contrabbando e loro, per sopravvivere, si sono messi a vendere droga. Sembra quasi che lo Stato veda nella camorra un ammortizzatore sociale. Avevamo il reddito di cittadinanza stanziato dalla Regione Campania che tre anni fa è stato Da otto anni sotto scorta, dopo aver lavorato dal 2000 al 2007 nel quartiere di Forcella, don Luigi Merola racconta di non essersi pentito di niente e che rifarebbe tutto allo stesso modo pagina diciotto giugno 2012

20 n 4 giugno 2012:2-marzo.qxd 18/06/ Page 19 un filo di politica Con la sua fondazione A voce d è creature, molto attiva a Napoli, è riuscito a riportare sui banchi di scuola centocinquanta ragazzi e dice: «È la beneficienza ci dà una grande mano, non le istituzioni» tolto. La somma ammontava a quattrocento euro al mese e anche se sembrano niente, il risultato è che ora, quelle stesse persone che prima beneficiavano di quel contributo, vengono a chiedere aiuto alla fondazione. E aprire loro le porte vuol dire evitare che bussino a quelle dei camorristi. Come interviene la camorra? La camorra offre servizi: paga le bollette, fa la spesa, e allora l obiettivo della fondazione è stato anche quello di dire non andate più da loro, venite da noi. E in un contesto generale di crisi economica la richiesta aumenta e la stessa fondazione sta avendo problemi economici. Come si sostiene la fondazione? Ora contiamo molto sul 5X1000, ma è la beneficienza che ci dà una grande mano. Non abbiamo mai avuto un euro dalla Regione o dalla Provincia. Noi abbiamo solo la Provvidenza. La legalità non va solo predicata, va anche praticata. Per questo abbiamo pubblicato il nostro bilancio, anche se non è obbligatorio. Una bella dimostrazione di trasparenza. Purtroppo però abbiamo troppi tifosi della legalità, ma pochi giocatori della stessa. Con l esercito dei miei educatori, molti dei quali sono insegnanti andati in pensione e che stanno con me a titolo gratuito, con questi uomini di buona volontà possiamo sconfiggere la camorra. Quanto appeal ha ancora la camorra sui giovani? Il camorrista c è sempre. Basta leggere il tema di una ragazzina il cui sogno è quello di sposare un camorrista perché ha la villa, l automobile, l ultimo cellulare o le scarpe firmate. Ma io ho sempre detto ai ragazzi di ricordarsi che il camorrista non ha una vita lunga e gli ho fatto vedere che la media di vita di un camorrista è di anni perché poi o finisce in carcere o viene ammazzato. E che consigli riesce a dare? Dico sempre loro di innamorarsi di una persona che abbia cultura perché la cultura rende sicuri e padroni della propria vita. È importante leggere. Bisognerebbe, inoltre, far capire ai ragazzi che le dipendenze non sono solo quelle da alcol o da droga, ma anche da internet. Quanti ragazzi trascorrono giornate intere davanti ai computer. Chi salverà questi ragazzi, don Luigi? Noi stiamo lavorando per aiutare questi ragazzi a diventare cittadini. Napoli non la salveranno le istituzioni. Napoli la salveranno i napoletani, ecco perché è necessario creare una squadra. Una squadra per quelli che saranno i nuovi amministratori della città. Come? Sono convinto che fra tre anni potrò realizzare la Libera università della politica: vorrei formare trenta ragazzi ogni anno che si impegneranno in politica. Abbiamo, purtroppo, anche politici incapaci. Paolo VI ha sempre detto che la politica è la forma più alta della carità cristiana. E io un domani desidero preparare anche la classe politica. Ci sono dei valori che ritrova in realtà come queste e che possono essere dei buoni punti di partenza? Il valore che ritrovo nei miei ragazzi è la generosità. La fondazione è diurna ma spesso dobbiamo mandare via i ragazzi che si trattengono fino a sera tardi. Ci sono ragazzi che desiderano stare accanto a persone che gli danno un esempio positivo. Questi ragazzi se riescono ad innamorarsi del bene non lo lasceranno mai più. E invece, non sempre va così... Purtroppo per ora hanno conosciuto solo il male. Noi dobbiamo creare degli uomini dentro ma dobbiamo anche creare attorno un contesto bonificato e fatto di valori positivi. La nostra battaglia è quella di recuperare questo vuoto educativo. Dobbiamo far capire ai ragazzi quanto sia importante alzarsi la mattina e darsi da fare, per evitare che qualcuno gli rubi i sogni. E facciamo tutto questo con i nostri strumenti che sono gli educatori, gli insegnanti, con i corsi di musica e di sport. E lo sport e la musica sono i due grandi valori che allontanano i miei ragazzi dai cattivi maestri. Quali iniziative che vorreste ancora attivare? Vorrei occupare le piazze di spaccio della droga. Vorrei ogni sabato e domenica stare lì con i ragazzi per far capire loro che il territorio è nostro. Per spiegare che la strada non è sempre cattiva maestra, ma che la strada può essere un luogo dove fare sport, dove fare musica, dove c è aggregazione e dove dare fastidio a chi si è preso il nostro territorio. E chi se lo è preso? A Napoli ci sono ben 102 clan attivi secondo i dati della procura. Per contrastare questi clan non abbiamo bisogno solo di carabinieri e magistrati, ma abbiamo bisogno del lavoro attivo dei cittadini. Lei vive tuttora sotto scorta. Ci sono cose che non rifarebbe o che farebbe diversamente? Ormai siamo ad otto anni di scorta. Rispetto a Roberto Saviano, dico, io rifarei tutto. Lui si è pentito della vita blindata. Io rifarei tutto perché Napoli va salvata da «Ho sempre detto ai ragazzi di ricordarsi che il camorrista non ha una vita lunga e gli ho fatto vedere che la media di vita di un camorrista è di anni perché poi o finisce in carcere o viene ammazzato» giugno 2012 pagina diciannove

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