Contributi, finanziamenti e servizi per le associazioni di volontariato Aggiornamento 2013

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1 Contributi, finanziamenti e servizi per le associazioni di volontariato Aggiornamento 2013 Riccardo Bemi Firenze, maggio 2013

2 Premessa Rafforzare il ruolo del volontariato significa migliorare la nostra società, poiché le associazioni costituiscono una risorsa fondamentale per dare risposta ai bisogni emergenti delle comunità. Il Cesvot è chiamato a fornire esperienza e professionalità, apportando un originale contributo alla crescita delle comunità in cui operano le associazioni in modo innovativo e nel rispetto delle mission delle singole realtà. Tutto ciò è generato dalla consapevolezza che l auspicato dopo crisi non sarà la riproposizione della situazione ex ante, ma porterà anche alla ridefinizione quali-quantitativa dei valori per i singoli, per le associazioni e per la collettività. Proprio guardando al futuro, il Cesvot continua a promuovere e ad aggiornare questo quaderno - giunto ormai alla quinta edizione - che è divenuto nel tempo un punto di riferimento per gli operatori del volontariato che desiderano conoscere ed eventualmente sperimentare nuovi canali di finanziamento per le loro associazioni. Si propone quindi come guida operativa di primo orientamento per le associazioni di volontariato per la ricerca e la selezione delle principali fonti di risorse. La prima pubblicazione (Quaderno n Le opportunità finanziarie e reali per le associazioni di volontariato toscane) risale al mese di dicembre 2004, la seconda (Quaderno n Contributi e finanziamenti per le associazioni di volontariato) è uscita nel mese di gennaio 2008, la terza (Quaderno n. 48 Contributi e finanziamenti per le associazioni di volontariato) nel mese di aprile 2010, mentre nel mese di dicembre 2011 è stato effettuato il primo aggiornamento on line. Anche con questo aggiornamento, chiuso al mese di maggio 2013, si conferma una certa periodicità a tale strumento informativo e gestionale in un settore quello finanziario sempre più variegato, complesso e competitivo, soprattutto quando si manifestano, come in questo periodo storico, crisi finanziarie generali che investono, inevitabilmente, anche il sistema non profit e il comparto del volontariato. Pur conservando la struttura essenziale delle precedenti due ultime edizioni, il primo capitolo introduttivo, quello dedicato alla gestione finanziaria, è stato quasi del tutto rivisto anche per recepire i nuovi contributi che la letteratura ha offerto in questo periodo di crisi. Il secondo capitolo é dedicato al canale finanziario privato, ordinario ed etico, e si sofferma sul tema del microcredito che ha trovato, anche nel nostro Paese, una collocazione normativa. Il terzo e il quarto capitolo, invece, trattano dei veri e propri contributi finanziari, rispettivamente di origine privata (persone fisiche, imprese, fondazioni ed altri enti privati) e di natura pubblica, dall Unione europea agli enti locali. Relativamente ai contributi europei, essendo ancora in fase di definizione il nuovo periodo di programmazione ( ), sono state anticipate solo alcune novità di rilievo per il terzo settore. Infine, il tema meno conosciuto ma di crescente importanza quello cioè dei sostegni non finanziari ( reali ) è trattato nell ultimo capitolo che ha, fra l altro, ispirato l integrazione del titolo di questa guida, appunto rivolta anche ai servizi a supporto della gestione delle associazioni di volontariato. Per rendere fruibile e di agevole lettura il Quaderno, il rinvio ai siti web e ai referenti territoriali è stato mantenuto e aggiornato. Sono state invece eliminate le schede relative alle zone socio sanitarie, in attesa della definizione del futuro ruolo delle Società della Salute. Le appendici sono formate da un glossario e da una bibliografia, arricchite in questa edizione anche da una sitografia essenziale. Si ringraziano i referenti delle banche, delle imprese, delle fondazioni, degli enti locali toscani e di tutte le altre realtà che sono state contattate in questi ultimi mesi per l aggiornamento delle schede dedicate ai finanziamenti e contributi territoriali. Si ringraziano anche tutti i partecipanti al Laboratorio Raccolta Fondi 2013 organizzato dal Cesvot, per gli interessanti stimoli e suggerimenti che sono stati inseriti nel primo capitolo. 2

3 Il testo aggiornato e/o modificato, rispetto alla precedente edizione, è stato evidenziato con questo diverso carattere. Un ringraziamento particolare va alle collaboratrici dell Associazione Intesa, Lucia Tarantino e Roberta Mirabelli, che hanno contribuito a curare l aggiornamento anche attraverso il contatto con i referenti locali degli enti intervistati. È risaputo o così dovrebbe essere che è soprattutto il capitale di connessione (connective capital), molto più del capitale umano, ad allargare lo spettro delle capacità produttive di una economia, determinando in tal modo significativi aumenti di produttività e perciò di competitività. Ebbene, il Terzo Settore non è secondo a nessun altro ente nella generazione di capitale di connessione. Stefano Zamagni 3

4 Capitolo 1 La gestione finanziaria Lo sviluppo del terzo settore in Italia va di pari passo ad una crescente attenzione su più aspetti relativi alla gestione delle organizzazioni che lo compongono. Gli enti non profit, infatti, presentano caratteristiche peculiari che richiedono approfondimenti specifici con riferimento all organizzazione, all amministrazione, alla comunicazione, alle risorse umane e, non ultima, alla sfera finanziaria. Come in tutte le organizzazioni, anche in quelle non profit, la gestione finanziaria riveste un ruolo cruciale nel salvaguardare la continuità e lo sviluppo, con un elmento di criticità aggiuntivo dato dal fatto che spesso tali enti praticano prezzi di cessione dei loro servizi inferiori a quelli di mercato, proprio perché guidati da finalità istituzionali di tipo etico-sociale. Nelle associazioni di volontariato l analisi delle problematiche finanziarie e la valutazione dell'impatto degli aspetti finanziari nella loro gestione (finanza o financing) è ancora generalmente carente. Come è stato messo in evidenza da Gerardo Pastore nel capitolo dedicato alle risorse finanziarie del Quaderno Cesvot n. 60 ( Il volontariato inatteso ): Quello del reperimento dei fondi è un problema con il quale tutte le organizzazioni di volontariato sono chiamate a confrontarsi, al di là della specifica mission associativa. Non si tratta di mettere in secondo piano gli elementi motivazionali, il complesso delle risorse umane e la natura non lucrativa delle diverse organizzazioni prerequisiti indispensabili e indubbiamente fondativi dell agire volontario ma di riconoscere che, talvolta, il perseguimento degli obiettivi delle OdV e la sopravvivenza delle stesse sono strettamente connessi ad una adeguata disponibilità economica. Molte OdV, infatti, sono di frequente costrette a rivedere in maniera consistente i propri impegni proprio in virtù della scarsità dei finanziamenti ad esse destinati. Se le organizzazioni di volontariato intendono consolidare la loro posizione all'interno del loro settore sociale di riferimento e raggiungere livelli di qualità e di efficacia soddisfacenti per dare una risposta adeguata ai bisogni del territorio, è necessario che raggiungano livelli di programmazione, culturali, organizzativi e professionali quantomeno analoghi, in termini di preparazione economico finanziaria, a quelli adottati dalle imprese, dalle quali si devono naturalmente differenziare nei fini ma non nella strumentazione e tecnica di analisi e di studio. Infatti, la maggiore attenzione e sensibilità da parte della comunità territoriale di riferimento verso il volontariato si accompagna a richieste sempre più esigenti di qualità: dei servizi, delle iniziative, delle attività e dei progetti. Le associazioni di volontariato stanno assumendo quindi un ruolo sociale sempre più rilevante poiché sono sempre più impegnate nella concertazione sociale, oltre che nella definizione delle politiche sociali, culturali e ambientali. In questo scenario, tuttora in trasformazione, le teorie e le metodologie del lavoro si sono evolute e il volontariato si è trovato ad affrontare una nuova sfida: qualificare (senza snaturare) i propri interventi e inserirsi nei meccanismi di finanziamento attualmente vigenti. Purtroppo, il volontariato è un soggetto che ha storicamente relazioni difficili con il settore finanziario. Quindi, per le associazioni soprattutto quelle di piccole dimensioni - la possibilità di ricorrere a finanziamenti bancari, a contributi pubblici o privati non è sempre agevole e ciò rende tali enti ancora più vulnerabili in termini di sviluppo. Da segnalare, a proposito, che da una recente indagine di Unicredit Foundation - citata in bibliografia - si evidenzia un importante cambiamento nella composizione delle entrate degli enti non profit, con un calo significativo dei fondi provenienti dalla Pubblica Amministrazione, in larga misura risultato delle funzioni di advocacy, sicuramente dovuto alle condizioni in cui versa il bilancio pubblico aggregato. Calo che però non ha significato una diminuzione complessiva delle entrate, anche grazie ad una complessiva miglior capacità di mettere in campo nuove iniziative di fund raising. 4

5 Al fine di acquisire elementi conoscitivi nell ambito della gestione finanziaria delle organizzazioni di volontariato, tramite la ricerca curata da Andrea Salvini e Luca Corchia (i cui risultati sono stati pubblicati nel citato quaderno Cesvot n. 60), è stato chiesto ai responsabili delle realtà coinvolte nell indagine di indicare di quali tipi di entrate si sono avvalse per lo svolgimento delle loro attività, nell anno Dalle risposte fornite risulta che una quota consistente di risorse finanziarie proviene dall autofinanziamento dei soci (40,6%), rimanendo in ogni caso vitali e particolarmente determinanti il sostegno economico degli enti pubblici (39,5%) e quello connesso all intervento di banche, fondazioni, imprese o donazioni da privati (39,3%). Considerando le distinzioni per settori è stato rilevato che tra i rispondenti del settore sanitario il 46,1% ha dichiarato di avere ottenuto nell anno 2009 risorse dagli enti pubblici, nel 41,6% dei casi sono state segnalate entrate provenienti da fonti private; per quanto concerne gli interpellati del settore socio-sanitario l entrata pubblica è stata segnalata dal 42,6%, quella privata dal 40,4 %; nel caso delle associazioni del sociale le entrate esplicitate sono riconducibili per il 23,3% a fonti pubbliche, per il 29,5 % a sponsorizzazioni private. Venendo, infine, ai dati per delegazioni, a segnalare maggiori entrate pubbliche sono i rispondenti compresi nelle delegazioni di Empoli e di Massa (53,8%), seguiti in ordine da quelli di Lucca (47,3%), di Livorno (46,6%), di Pisa (43,2%) e di Firenze (41,0%). 1. La finanza delle associazioni di volontariato La maggior parte delle associazioni di volontariato si trova quotidianamente a fare i conti con la scarsa disponibilità di fondi per garantire il proprio sviluppo e, talvolta, la propria stessa sopravvivenza: il problema della carenza di risorse finanziarie può portare a rinviare il perseguimento dei propri obiettivi o, in alcuni casi, anche al drastico ridimensionamento degli stessi. In questo contesto, si può notare che le dinamiche ambientali relative al finanziamento del settore non profit sta cambiando velocemente; sta diventando cioè un processo sempre più difficile da gestire in cui saranno premiate le associazioni con le migliori idee progettuali in rete. Quale spazio dunque ha oggi il terzo settore, e il volontariato in particolare, per attrarre risorse? In effetti, se esaminassimo la questione solamente sotto il profilo tradizionale, relativo cioè alla dimensione quantitativa delle risorse finanziarie messe a disposizione dagli enti pubblici e privati, i margini di azione delle associazioni, come di qualsiasi altra organizzazione non profit, sarebbero veramente ridotti. Si invitano, pertanto, i dirigenti delle organizzazioni di volontariato a guardare a questa fase storica da un altra prospettiva, quella qualitativa, cioè quella che stimola l ingegno, la creatività, la collaborazione e la ricerca anche nell ambito della gestione delle risorse finanziarie. Quindi, per affrontare questo periodo può essere utile seguire un approccio dinamico che si basa su almeno 4 significativi cambiamenti di rotta i quali, probabilmente, aiutano a spostare l attenzione dalla fonte (o canale di finanziamento) alla metodologia, in una prospettiva di medio lungo periodo. 1.1 Dalle reti settoriali alle reti territoriali In un periodo in cui i bandi e le relative risorse a disposizione diminuiscono, la concorrenza aumenta e così pure la quota di co-finanziamento richiesta, la probabilità che si riesca a vincere un bando e che si assicuri la continuità di un servizio è davvero limitata. Una partnership effettiva e comunitaria, invece, presuppone una chiara definizione e soddisfazione di una sorta di reciprocità dei bisogni, tra associazione, partner (per lo più imprese) e beneficiari finali. 5

6 E forse il passaggio più importante e delicato per uscire dalla gestione di azioni poco efficaci e altamente competitive. E quello, cioè, che consente di distaccarsi da un mercato della solidarietà per arrivare ad una reale e quanto mai opportuna condivisione di risorse comunitarie. In questo senso le reti territoriali possono essere sperimentate anche ad un livello progettuale e finanziario - nelle macro o micro comunità in cui le associazioni stesse operano. Fare sistema all interno di una rete settoriale che costituisce il primo passo necessario - significa presentarsi agli interlocutori finanziari come gruppo di associazioni invece che come singole realtà, creare strumenti di gestione integrata delle disponibilità/necessità finanziarie e predisporre strumenti comuni di garanzia. In questa direzione, le forme di aggregazione svolgono un'importante funzione di supporto tecnico, economico, finanziario e di conoscenza che permette di far crescere le istituzioni di primo livello ed in particolare quei soggetti di piccole dimensioni che sono, di conseguenza, i più deboli. In questi ultimi anni sono state create delle strutture operative per scopi comuni, costruite reti per agire insieme, sebbene i soggetti interessati siano diversi a volte tra loro. In campo finanziario, la creazione di reti favorisce la raccolta di informazioni e, ancor più importante, l'affidamento a soggetti noti proprio per l'appartenenza a tale rete. Ma anche le reti territoriali sono possibili nella misura in cui l interesse delle associazioni e dei cittadini non è in contrapposizione con quello delle imprese. Ad esempio, la tutela ambientale può rivelarsi indispensabile per poter usufruire di forniture di qualità, la formazione professionale per assicurarsi collaboratori validi e consumatori capaci di utilizzare prodotti, le soluzioni per le esigenze dei disabili possono trasformarsi in innovazioni che permettono di vincere la concorrenza nel mercato dei c.d. normodotati. Una volta individuati tali valori condivisi e definita l intersezione fra l interesse privato e il beneficio pubblico, la rete può rivelarsi una modalità efficiente per mobilitare ulteriori risorse e per dar vita ad iniziative che la singola impresa o la singola associazione da sole non sarebbero in grado di realizzare per i costi e i rischi collegati. Le partnership non sono più quindi semplicemente un modo per esprimere la propria gratitudine nei confronti di una comunità che ci ha messo in condizione di aver successo, ma diventano strumento per creare queste condizioni, evitando che un ambiente degradato si trasformi in una zavorra insostenibile. In tutto ciò, la vera sfida consiste nell evitare che la necessaria introduzione di metodologie in grado di aumentarne efficienza, efficacia ed economicità non corrompa l identità peculiare del volontariato. 1.2 Dalla gestione occasionale alla gestione abituale E opportuno anche passare dalla gestione occasionale, sporadica, personalistica e frammentata di eventi e/o bandi all implementazione, nelle associazioni, di una vera e propria funzione di progettazione e fund raising, cioè una vera e propria funzione finanziaria sorretta da un orientamento strategico, integrata con altre funzioni associative come quella progettuale o di gestione delle risorse umane. Il passaggio decisivo è, in definitiva, quello dalla spontaneità alla professionalità dell agire, possibilmente avvalendosi di risorse interne e volontarie. Infatti, quando si parla di finanza, anche nelle associazioni di volontariato, è necessario avere una piena consapevolezza dell importanza delle varie fasi e attività in cui la gestione finanziaria si articola nel tempo e dell ampio oggetto di cui si occupa. La finanza negli enti non profit non può essere ridotta cioè all applicazione di una tecnica o logica di raccolta di fondi, organizzando, ad esempio, un evento occasionale o partecipando ad un bando pubblico; é necessario osservare questa gestione in una dimensione più ampia e temporalmente più estesa (non solo nel breve periodo, ma anche nel medio- lungo periodo). 6

7 La gestione finanziaria delle associazioni di volontariato deve quindi avere un orientamento di lungo periodo, cioè realizzato attraverso una vera e propria strategia, poiché non si può prescindere da un assetto finanziario consolidato, continuo e sicuro per l'implementazione integrata delle altre funzioni gestionali operative. Infatti, senza flussi finanziari prevedibili, presumibilmente certi e continui, risulta difficile elaborare strategie di medio-lungo periodo che connotano l'esistenza, lo sviluppo e il consolidamento di un ente non lucrativo in una dimensione strategica del suo operare. La scarsità di risorse finanziarie può determinare alcune difficoltà nell'onorare le obbligazioni, l impossibilità di programmare lo sviluppo e tensioni interne. Anche l abbondanza di risorse finanziarie può presentare rischi quali: gestione non oculata delle risorse, euforia da finanza, sottovalutazione della necessità di garantire un equilibrio economico e finanziario dell organizzazione, il dedicarsi alla conservazione delle disponibilità finanziarie anziché utilizzarle per fini di solidarietà. Da tutto ciò ne consegue che è necessario concepire la finanza come una vera e propria funzione gestionale, indispensabile per il mantenimento dell'organizzazione di volontariato, per la continuità operativa - che passa anche e soprattutto attraverso investimenti - nonché per l'erogazione di servizi di qualità. In particolare, la propensione verso scelte di investimento migliora con l aumento della prevedibilità dei flussi finanziari in entrata; della interdipendenza tra scelte di gestione operativa e scelte di gestione finanziaria e della flessibilità delle scelte di finanziamento. Dall'integrazione fra la gestione strategica finanziaria e la gestione dell'operatività, l associazione trae un assetto di equilibrio aziendale che aumenta la capacità di perseguire gli obiettivi prefissati in una logica di economicità coerente con gli aspetti di solidarietà che la contraddistinguono. 1.3 Dalla specializzazione alla diversificazione finanziaria Una associazione può conseguire meglio la propria mission se ricerca ed utilizza risorse finanziarie provenienti da più fonti; quindi, non solo risorse pubbliche ma anche private, non solo risorse finanziarie bensì quelle c.d. reali (beni, servizi e conoscenze). Non si può inoltre guardare soltanto ai canali tradizionali di finanziamento (bandi dei centri servizi per il volontariato e delle fondazioni bancarie, risorse a pioggia degli enti locali, 5 per mille,.) in quanto si dovrebbero approfondire alcuni canali innovativi da sperimentare nel prossimo futuro, quali i bandi diretti europei relativi al nuovo periodo di programmazione e i fondi e le risorse progettuali messe a disposizione dalle fondazioni di impresa. La difficoltà per le associazioni di volontariato di orientarsi verso differenti fonti di finanziamento dipende, oltre che dal ricorso agli strumenti tradizionali, anche dalla carente cultura finanziaria che contraddistingue queste realtà e dalla contenuta attenzione rivolta alla predisposizione di progetti validi, da un punto di vista economico e sociale, ed idonei ad ottenere adeguati contributi o finanziamenti. Maggiore è la dipendenza da un'unica fonte di finanziamento, più elevati sono i rischi di crisi per una organizzazione: l unico finanziatore può, ad esempio, approfittare della sua posizione di monopolio per stabilire le regole che desidera e condizionare le attività dell organizzazione. Questo è quello che in genere accade nel momento in cui l ente pubblico è costretto a razionalizzare la spesa esternalizzando il risparmio sulle attività dei soggetti convenzionati. Organizzazioni abituate ad essere finanziate da un unico ente per molti anni possono interiorizzare facilmente schemi cognitivi e culturali che portano a sottostimare il rischio di dipendenza dalle risorse e di vulnerabilità nei confronti del finanziatore. In parte, questo è ciò che è successo nel caso di molte associazioni di volontariato che da anni operavano in convenzione diretta con un Comune (o altro ente pubblico) e improvvisamente, a causa del cambio di una Giunta o di un incremento di ristrettezze economiche dell ente, hanno dovuto trovare altri canali di finanziamento, per lo più privati, spesso non essendo attrezzate ad esperirli con successo. 7

8 Per limitare la dipendenza dalle risorse, le associazioni di volontariato possono perseguire diverse strade. In passato, la strategia predominante è stata la pressione politica sul finanziatore pubblico anche attraverso le aggregazioni o reti di rappresentanza. Negli ultimi anni, tale strategia ha incontrato crescenti difficoltà a essere realizzata per via, da un lato, della crisi della finanza locale e, dall altro, dell incremento della concorrenza tra i fornitori in particolare nei settori di maggiore interesse per la spesa pubblica. La minore sensibilità del sistema politico nei confronti delle richieste delle associazioni di volontariato, fa emergere l esigenza di perseguire la via della differenziazione delle risorse, utilizzando canali in larga parte sottovalutati e utilizzati fino ad oggi da una minoranza di organizzazioni del terzo settore, specie quelle aventi una più spiccata vocazione imprenditoriale. Un altra strada che può essere perseguita per differenziare le risorse, consiste nello sviluppo dell offerta nei confronti della domanda pagante. La contrazione dell offerta dei servizi pubblici registrata nel corso degli ultimi anni non ha ancora favorito lo sviluppo di mercati sociali privati di grandi dimensioni e, laddove questo è accaduto, come nel caso dei servizi domiciliari per i non autosufficienti, essi sono stati intercettati in larghissima parte da servizi più flessibili e a basso costo (ad esempio, quelli forniti dalle badanti). Tuttavia, alcune aree di mercato privato si sono rese reperibili anche per le organizzazioni di servizi, come ad esempio quella dei servizi all infanzia; in prospettiva, è probabile che le trasformazioni del welfare produrranno un progressivo allargamento del welfare pivato, anche se all interno di una tradizione che rimane quella del welfare state di tipo europeo caratterizzata da forme di privatizzazione dall alto piuttosto che non dal basso. Le associazioni di volontariato potrebbero dunque attrezzarsi non solo per rendere maggiormente differenziato e produttivo il rapporto con gli enti pubblici, ma anche per accedere a questi nuovi mercati o per estendere e solidificare la propria presenza ed offerta. Questo implica una strutturazione gestionale e organizzativa superiore a quella necessaria per fornire servizi alle Asl o agli enti locali, perché la domanda privata è in genere più esigente di quella pubblica ed è necessario pertanto sviluppare stili di gestione congruenti. Da quanto detto, emerge che il fattore che porebbe favorire condizioni di sviluppo duraturo delle associazioni di volontariato, limitando eventualmente i rischi connessi con entrate sicure ma dai tempi incerti o con finanziamenti discontinui, legati alla maggiore o minore visibilità (e predisposizione dei donatori, e concorrenzialità), sia l adozione di politiche di diversificazione delle fonti di finanziamento. Il ricorso congiunto a più interlocutori, sia pubblici che privati, potrebbe infatti garantire una maggiore tranqullità ed una maggiore sicurezza nella gestione economicofinanziaria di tali organizzazioni. 1.4 Dal breve al medio lungo periodo Un altro passo concreto che dovrà essere compiuto dalle organizzazioni di volontariato per coprire meglio il proprio fabbisogno finanziario, è quello relativo all ottica temporale di riferimento. Nel breve termine, la costituzione di un piccolo gruppo di lavoro, anche nelle singole associazioni locali, potrebbe consentire lo sviluppo di progetti mirati alla partecipazione di bandi, l organizzazione di semplici (ma con alla base una vera e propria attività progettuale) eventi di raccolta fondi e il coinvolgimento di imprese locali in piccoli progetti di responsabilità sociale. Nel medio lungo termine potrebbe essere utile, almeno per le reti provinciali e regionali del volontariato, quelle cioè coordinate da movimenti, federazioni, associazioni di secondo livello e aggergazioni similari:. fare una ricognizione, nella propria rete interna, delle competenze disponibili e delle migliori prassi di ricerca fondi, propedeutica alla costituzione di una sorta di ufficio nazionale del fund raising ;. selezionare uno o più eventi intesi come occasioni di co-progettualità, sperimentandoli con partner esterni alla rete; 8

9 . infrastrutturare una banca dati per monitorare meglio i bandi e le opportunità finanziarie per la rete interna. 2. Le risorse finanziarie Quando si parla di risorse delle associazioni di volontariato non si può pensare soltanto a quelle di natura finanziaria. Queste ultime, senza una solida cultura finanziaria e senza adeguate competenze e professionalità nell ambito della programmazione, amministrazione e progettazione, risultano abbastanza sterili. Ad esempio, possono rimanere sottoutilizzate o, al contrario, impiegate in progetti più o meno devianti rispetto alla propria mission e valori associativi. Lo sviluppo di una associazione di volontariato è garantito, quindi, dal raggiungimento di un vero e proprio equilibrio generale (non solo di tipo finanziario inteso come copertura delle spese con le entrate), assicurato certamente dal denaro ma anche e soprattutto da risorse umane (volontari, ragazzi/e in servizio civile, dipendenti, collaboratori, ) e risorse materiali (attrezzature, automezzi, impianti, mobili e arredamento, immobili, ) efficientemente utilizzate nell organizzazione. In particolare, i volontari, al di là del fondamentale valore intrinseco costituente il presupposto essenziale per la nascita e la crescita di qualsiasi associazione di volontariato, sono i soggetti che anche in una logica prettamente di tipo finanziario - donando il loro tempo/lavoro, indirettamente finanziano l'associazione. In questo modo l'organizzazione è in grado di sostenere i costi di erogazione di servizi ove non esistono assetti finanziari sufficienti per coprire tali costi. 2.1 La provenienza delle risorse Le risorse di una qualsiasi organizzazione (anche non profit) possono provenire dalla stessa organizzazione, dai soci oppure dai terzi. Naturalmente, per le associazioni di volontariato, la fonte di finanziamento naturale e tipica è l ultima indicata poiché il ruolo dell avanzo di gestione (utile) è diverso e strumentale, così come è impropria la funzione di capitalizzazione. Le risorse di una associazione di volontariato possono provenire, in definitiva, da un soggetto pubblico e/o da un soggetto privato. 2.2 Il sostegno pubblico Il sostegno pubblico è definibile come il beneficio economico (denaro o prestazione) che deriva dall'intervento di un soggetto pubblico (Stato o istituzioni sovranazionali come l Unione europea, la Banca mondiale, l Unesco, l Onu,.) e assume diverse forme. Si distinguono, a proposito, le seguenti tipologie di intervento: - erogazione di un contributo pubblico generico senza alcun corrispettivo di scambio puntuale in termini di erogazione di servizi (o produzione di beni) da parte dell associazione; - erogazione di un contributo pubblico specifico all'associazione finalizzato e dedicato rispetto a specifici progetti che l associazione intende realizzare; - corrispettivo per servizi resi al soggetto pubblico da parte dell associazione, in particolare attraverso forme di convenzionamento; - attribuzione ai potenziali fruitori di buoni d'acquisto (voucher) di beni e servizi spendibili presso l associazione; - istituzione di un fondo finanziario per realizzare un progetto cui l'associazione e altri soggetti (anche profit) partecipano; - attribuzione di una quota del ricavato dell'imposizione fiscale all associazione sulla base dell'indicazione del contribuente (ad esempio, il 5 per mille); 9

10 - attribuzione all associazione di una quota del ricavato di una specifica iniziativa speculativa (ad esempio, di una lotteria); - utilizzo, da parte dell associazione, di un bene o di un servizio pubblico a titolo gratuito o a prezzo non di mercato; - agevolazioni fiscali: o dirette: esenzioni da talune imposte dirette e indirette (ad esempio, sui beni produttivi e non di cui l'associazione è proprietaria e, più in particolare, in riferimento alle attività economiche svolte dalla stessa purché a fini non lucrativi); o indirette: agevolazioni alle donazioni, in forma di riduzioni dell'imponibile o riduzione dell'imposta in capo al donante. È da tenere in considerazione anche l'eventualità di concedere agevolazioni non ai soggetti donanti, bensì agli enti che ricevono le donazioni: ciò probabilmente consentirebbe un miglior controllo sulla gestione dei fondi raccolti (soprattutto nelle ipotesi di modiche donazioni, nelle quali spesso il donante, a fronte della tenuità del beneficio ottenibile, omette di affrontare le formalità necessarie per ottenere in capo a sé l'agevolazione fiscale). Soggetti pubblici finanziatori Organismi internazionali Commissione europea e agenzie europee Ministeri e dipartimenti Amministrazioni periferiche dello Stato Regione ed enti regionali Enti sanitari Enti Locali 2.3 Il sostegno privato Il sostegno privato è definibile come il beneficio economico (denaro o prestazione) che deriva dall'intervento di un soggetto privato. Anche in tale caso assume di fatto diverse forme: - il sostegno dall interno dell associazione: o quote associative; o vendita di beni e servizi, anche a prezzi inferiori a quelli di mercato; o prestazione gratuita di attività da parte degli associati. - il sostegno dall esterno dell associazione: o il sostegno da parte dell'impresa, in varie forme: donazioni di denaro; sponsorizzazioni e royalties; attribuzione di una quota del ricavato dell'attività di impresa una tantum; fornitura di beni o servizi a prezzi inferiori a quelli di mercato, o gratuitamente; da parte di imprese bancarie, attribuzione di finanziamenti a tassi agevolati; o il sostegno da parte del privato non imprenditore: donazione di denaro; donazione di beni; concessione in uso di beni a prezzi inferiori a quelli di mercato o gratuitamente; prestazione gratuita di attività da parte di volontari non membri dell'ente. 10

11 Soggetti privati finanziatori Persone fisiche Associazioni e comitati Imprese e relative fondazioni Compagnie assicurative e relative fondazioni Banche e relative fondazioni Fondazioni di altri enti Centri servizio per il volontariato 11

12 Capitolo 2 I finanziamenti privati Le associazioni di volontariato si trovano abitualmente a dover gestire problemi legati al proprio equilibrio finanziario. Equilibrio spesso posto in discussione dai ritardi nei pagamenti delle prestazioni e dalle difficili relazioni con le banche, con la conseguenza di una precaria salute dell equilibrio delle stesse organizzazioni e delle loro missioni. Missioni di tipo solidale, ma non per questo meno bisognose di raggiungere un equilibrio economico e finanziario a valere nel tempo. La finanza dovrebbe rappresentare il punto di incontro tra chi ha necessità di capitali per le proprie attività e chi ha una momentanea disponibilità di denaro. Le banche, in particolare, hanno storicamente assolto la funzione di raccogliere denaro presso le famiglie e altri soggetti con propensione al risparmio per finanziare le imprese e le altre organizzazioni che avevano bisogno di capitali, agendo da volano per l economia. Prima dell accordo di Basilea 2, la valutazione del merito creditizio si incentrava sulla stima della solidità patrimoniale e reddituale dell organizzazione e, in particolare, sulla conoscenza personale, o sull'esistenza di un preesistente rapporto con la banca, derivante dall'appartenenza ad un determinato gruppo di enti dell istituto di credito o ad associazioni di categoria. La conoscenza personale (da parte, soprattutto, del direttore della filiale) era ritenuta presupposto necessario per l'avvio della pratica, anche se la concessione del prestito era comunque subordinata alla valutazione del merito tecnico e creditizio. Basilea 2 ha apportato notevoli cambiamenti influenzando profondamente il rapporto banca-cliente. In effetti, tale accordo ha imposto alle banche di rivedere l'insieme delle informazioni da richiedere alla propria clientela ai fini della formulazione delle valutazioni sul merito creditizio. Viene misurata, normalmente, l'attitudine dell'ente a produrre un reddito adeguato rispetto alle situazioni di rischio dei settori di appartenenza. Ma questa impostazione non è consona agli enti del terzo settore. L'impossibilità di dimostrare la redditività necessaria per rimborsare il finanziamento produce, come diretta conseguenza, il posizionamento dell'ente in una classe di rischio maggiore a cui il credito verrà erogato ad un tasso di interesse più alto. L'elemento che in tale processo di rivisitazione ha subito una forte evoluzione è sicuramente la componente qualitativa. L'obiettivo principale dell'informazione qualitativa è quello di definire gli obiettivi dell'ente ed i mezzi che utilizza per raggiungerli, tenendo conto dell andamento dell'economia in generale e del settore di riferimento. L'esperienza degli istituti di credito si è sempre fondata sull'analisi di bilancio (quantitativa) e non vi è ancora una completa standardizzazione dei fattori che influiscono sulla valutazione qualitativa, così come richiesto dalla Banca d Italia. Il principale strumento che le banche utilizzano per la raccolta dei dati è il questionario qualitativo che peraltro risulta comunque rivolto all'impresa profit e non integra i metodi tradizionali con elementi importanti per l ente non profit. Poiché la motivazione che ha portato alla costituzione ed allo sviluppo di un ente senza scopo di lucro è generalmente di tipo ideale, la misurazione corretta della loro eccellenza dovrebbe risiedere nella assegnazione di un rating sociale basato su indicatori di efficacia sociale dell'attività svolta, attraverso l'attivazione di grandezze che non possono essere solo parzialmente rappresentate dai numeri del bilancio. Sarebbe necessario, quindi, un nuovo sistema di regole per riportare la finanza alla sua funzione originaria: un mezzo al servizio dell economia, che ponga il rispetto dei diritti 12

13 umani e dell ambiente al centro del proprio operato, attenta alle conseguenze non economiche delle proprie azioni e nella quale la trasparenza sia un valore fondamentale. La crisi che stiamo vivendo mostra che queste richieste rappresentano oggi una strada obbligata per il mondo finanziario, per evitare che si venga a creare una sorta di doppio binario che preveda per le organizzazioni non profit una sorta di finanza residuale orientata a fare il bene (la nascita della finanza etica da molti è considerata un esperienza di nicchia, poco più di una testimonianza di solidarietà e di attenzione all ambiente) e per le imprese il tradizionale mondo della finanza tout court, preponderante. 1. Il credito ordinario Il credito proveniente da banche ordinarie - a breve, medio, lungo termine - (Società per azioni, Popolari, Banche di credito cooperativo, ), non può essere limitato al solo scoperto di conto corrente. Esistono, almeno sulla carta, altri strumenti potenzialmente utilizzabili anche dalle associazioni di volontariato: apertura di credito ipotecario, castelletto Riba (Ricevute bancarie), castelletto cambiali, anticipo su fatture, factoring e cessione di credito varie, leasing finanziario mobiliare. I prestiti a lungo termine costituiscono una forma di finanziamento che permette lo sviluppo di attività associative. In particolare, tali prestiti sono importanti per quelle iniziative che hanno possibilità di avere un flusso di entrate adeguato a rimborsare il prestito, interessi compresi, anche se quest'ultimi vengono generalmente conteggiati in misura minore rispetto a quelli di mercato. I principali criteri di scelta dei vari strumenti sono: costo (tasso d interesse), garanzie richieste (reali, personali), tempi di erogazione (istruttoria), modalità di erogazione (scaglionate nel tempo), verifica alternative alle banche di credito ordinario. 1.1 Il sistema bancario Nell ultimo decennio il sistema bancario italiano è cambiato profondamente, nelle dimensioni, nel modo di operare e negli assetti organizzativi. La maggiore integrazione finanziaria nell Unione europea ha favorito, soprattutto negli anni più recenti, l apertura del mercato agli intermediari finanziari comunitari e la proiezione internazionale di quelli italiani. Il rapido progresso nelle tecnologie della comunicazione e dell informazione, l innovazione finanziaria, la crescente apertura internazionale, i cambiamenti nella domanda di servizi bancari e finanziari hanno innalzato il livello della concorrenza e dato impulso ad un vasto processo di concentrazione tra gli intermediari e di razionalizzazione delle strutture produttive. Le operazioni di aggregazione e concentrazione delle imprese bancarie hanno determinato un aumento della dimensione media degli intermediari finanziari, una maggiore complessità e articolazione delle strutture organizzative dei gruppi, una diversificazione delle strategie e dei canali di contatto con la clientela. Il numero di banche in attività si è sì ridotto, ma la notevole espansione della rete degli sportelli ha consentito di mantenere elevato il tenore concorrenziale nei mercati locali del credito. All interno di un settore in rapida evoluzione, le Banche di credito cooperativo (Bcc) hanno consolidato le proprie posizioni, privilegiando la crescita interna, interpretando con successo il ruolo della banca locale caratterizzata da stretti rapporti con il tessuto delle piccole e medie imprese. Dall altro, le Banche popolari più grandi hanno privilegiato la crescita esterna, intraprendendo estesi programmi di aggregazione, sia all interno della categoria, sia all esterno, mediante l acquisizione di ex casse di risparmio, banche in forma di società per azioni a vocazione locale, banche di credito cooperativo, intermediari specializzati. Si sono così formati gruppi di media e grande dimensione, con un raggio di 13

14 attività che supera i confini regionali. In alcuni casi, lo sviluppo dimensionale ha comportato mutamenti negli assetti proprietari determinando una maggiore apertura al mercato e l ingresso in nuove aree di business. La funzione bancaria di motore dello sviluppo tende ad essere abbandonata o comunque sempre meno valorizzata. A riprova di questo si ha che, attualmente, per il sistema bancario i ricavi provengono solo per metà dall attività creditizia, mentre l altra metà è costituita da commissioni, in particolare su derivati e titoli strutturati. Per alcune banche, la tradizionale attività di raccolta del risparmio e il suo impiego in attività produttive sta diventando addirittura marginale. Il rischio principale, in parte già verificato, è che il denaro circoli in ambiti sempre più ristretti ed escluda dalle sue traiettorie non solo i soggetti tradizionalmente non bancabili, come le associazioni di volontariato, ma tutti coloro che non sono in grado di portare (per dimensioni delle operazioni, frequenza,.) un adeguata redditività alla banca. C è il serio rischio, dunque, che alle forme di emarginazione tradizionali si associ una nuova forma di esclusione sociale, di matrice finanziaria anche se il settore non profit movimenta attualmente oltre 67 miliardi di euro in termini di entrate. Affinché il sistema bancario possa intermediare al meglio queste risorse, occorre una conoscenza reciproca e non occasionale, e già ora qualcosa si sta muovendo. Durante la crisi economicofinanziaria gli istituti di credito hanno toccato con mano la funzione anticiclica delle organizzazioni non profit. L impressione è però che ancora non si comprenda il valore del capitale sociale di cui il mondo non profit è portatore, e che quindi non si sia in grado tanto di elaborare quanto di richiedere prodotti finanziari specifici. Incentivare un buon rapporto con le banche sarà indispensabile anche con Basilea 3 - che sarà pienamente a regime il 1 gennaio 2019 con l'intento di perfezionare la preesistente regolamentazione prudenziale del settore bancario ( Basilea 2 ), l'efficacia dell'azione di vigilanza e la capacità degli intermediari di gestire i rischi che assumono - poiché gli istituti di credito dovranno rafforzare la capitalizzazione e osservare criteri più rigorosi nell erogazione dei prestiti, e purtroppo uno dei problemi che affligge la piccola impresa italiana è la scarsa patrimonializzazione e capitalizzazione, e le organizzazioni non profit in questo senso non fanno eccezione. 1.2 Le recenti ricerche UBI Banca, con il supporto scientifico di AICCON, ha realizzato la II^ edizione dell Osservatorio UBI Banca su Finanza e Terzo Settore nel 2013, prima realtà in Italia che si propone come punto di riferimento per l elaborazione e la diffusione di dati relativi al fabbisogno finanziario del Terzo Settore. L indagine ha sviluppato due focus: il primo relativo alle cooperative sociali (campione di 250 imprese) ed il secondo relativo al mondo dell associazionismo italiano (500 associazioni, di cui l 87% organizzazioni di volontariato e il 13% associazioni di promozione sociale). Tutto il terzo settore, pur con significative differenze tra le organizzazioni a vocazione produttiva e quelle di natura volontaristica o redistributiva, è sempre stato caratterizzato da un basso coefficiente di indebitamento e, di conseguenza, di un modesto ricorso ai canali bancari. Un fattore di rilevante novità, però, è maturato nel corso degli ultimi due anni: i servizi di accompagnamento o di assistenza che gli istituti creditizi (meglio le loro branch dedicate al terzo settore) sono in grado di offrire, incontrano un crescente gradimento, tanto da essere considerate un valido supporto dalla maggioranza delle organizzazioni. 14

15 Il quadro d insieme conferma tutti i fattori di crisi che stanno minando anche la crescita del terzo settore: in particolare, il calo delle entrate pressoché generalizzato, che induce alla massima prudenza nelle scelte gestionali. Per quanto riguarda le associazioni, il 64% delle realtà sondate non hanno intenzione di fare alcun investimento nella seconda parte del 2013 e tra quelle che si dichiarano pronte ad assumere iniziative, il 72% sceglie l autofinanziamento come modalità principale di copertura del fabbisogno finanziario; soltanto il 5,1% prevede il ricorso al canale bancario. I servizi maggiormente utilizzati sono quelli classici dell operatività corrente, con percentuali di utilizzo superiori da parte delle associazioni di promozione sociale nell internet banking e nelle coperture assicurative, mentre le organizzazioni di volontariato si caratterizzano per il ricorso al canale bancario in occasione di campagne di raccolte fondi. La Ricerca sul valore economico del Terzo Settore in Italia effettuata da Unicredit Foundation nel 2012 evidenzia che la quasi totalità degli enti non profit ha in attivo un rapporto con almeno un istituto bancario; meno del 5% la percentuale di coloro che non ha ancora maturato questo bisogno. Ciò riguarda nello specifico le istituzioni di advocacy, organizzazioni che, sia per la recente nascita, sia per la loro minor forza all interno del tessuto sociale, probabilmente sono ancora piccole e hanno una gestione di cassa molto limitata. Non bisogna tuttavia dimenticare che esiste la possibilità che il partner finanziario di riferimento di queste istituzioni sia non bancario (per esempio Poste Italiane). Nel rapporto con la banca, le funzioni produttiva ed erogativa rivelano la loro maggior complessità, dichiarando per più di due terzi degli enti l esistenza di relazioni con più di un istituto (rispettivamente, 70,6% e 77,3% a fronte di un 30,4% del campione totale). Fino ad oggi, per quanto riguarda l incontro tra domanda e offerta, ha prevalso una impostazione non lineare e in un certo senso casuale : da parte delle banche, la percezione di avere a che fare con un soggetto ibrido (né famiglia, né impresa), e la conseguente mancanza di un modello di servizio specifico; da parte delle organizzazioni, il fare affidamento unicamente su servizi tradizionali, forse anche a causa dell assenza di specifiche competenze finanziarie che permetterebbero loro di richiedere prodotti più sofisticati o comunque di valorizzare la propria progettualità. Le banche con le quali viene instaurata una relazione, sono principalmente quelle di tipo tradizionale (67,6% dei rispondenti); probabilmente, come di fatto succede per i singoli utenti, la maggior capillarità e prossimità ne condizionano la scelta. Ancora poco diffuso il rapporto con istituti creditizi specificamente dedicati al mondo non profit (9,4%). Le organizzazioni non profit, infatti, preferiscono rapportarsi con chi le conosce meglio e/o offre loro servizi dedicati. Trascurabile l utilizzo della banca on-line (1,1%). Tra i prodotti finanziari posseduti da coloro che hanno in essere un rapporto con la banca, compare innanzitutto il conto corrente standard (94,7%), al quale si affianca, nell 8,4% dei casi, un conto corrente specifico per la raccolta delle donazioni, strumento diffuso soprattutto tra gli enti produttivi (16,6%) ed erogativi (22,7%), ossia dove è maggiormente strutturata l attività di fund raising. La quota alquanto ridotta di istituzioni non profit che non possiedono conti correnti finalizzati esclusivamente alla raccolta di donazioni segnala che la banca non è percepita come un partner nell attività di fund raising o, in alternativa, che è considerata soprattutto per i servizi che tradizionalmente offre alla clientela for profit. Complessivamente meno diffuse altre tipologie di prodotti finanziari tradizionali, come la carta di credito standard (17,2%) e prepagata (6%) e il fido bancario (15,4%). Si distingue nuovamente la funzione produttiva anche in termini di maggior richiesta di servizi bancari di tipo tradizionale, soprattutto per quanto riguarda i finanziamenti, che coinvolgono il 53,7% degli enti di questo cluster. Le organizzazioni produttive quindi dimostrano ancora una volta la necessità di ricevere servizi articolati che possano supportarla nell offerta di beni sul mercato: svolgendo un attività imprenditoriale, necessitano degli stessi strumenti finanziari utilizzati dalle aziende for profit, avendo anch esse forti esigenze di fondi e liquidità. Anche la funzione erogativa si caratterizza per 15

16 un maggior uso dei prodotti bancari standard, tra cui spiccano quelli di investimento (10,7%), risultato non sorprendente, dato che proprio i proventi da capitale costituiscono una voce importante delle entrate utilizzate per lo svolgimento della attività di queste istituzioni. 1.3 Le banche di credito ordinario Sul fronte dell'indebitamento possiamo constatare che, tradizionalmente, le organizzazioni del terzo settore in Italia si sono trovate a interagire soprattutto con il sistema bancario, anche in considerazione del fatto che le iniziative specializzate costituiscono un fenomeno recente e ancor oggi non esteso. Secondo gli ultimi dati di Banca d Italia disponibili, a settembre 2011 il tasso di decadimento annualizzato dei finanziamenti per cassa (calcolato prendendo a riferimento il numero dei rapporto in essere) delle organizzazioni senza scopo di lucro, era pari allo 0,6% contro il 2,6% registrato presso le società non finanziarie e il 2,1% delle famiglie produttrici. Organizzazioni forse piccole ma indubbiamente numerose e, soprattutto, caratterizzate da performance creditizie e capacità di ripagare il debito sostanzialmente migliori rispetto a quelle delle imprese profit. Le associazioni di volontariato, che non hanno patrimonio proprio, sono in difficoltà a vedersi assegnare importi a credito (piccoli prestiti, utili per anticipi su contributi pubblici, mutui per investimenti o semplici fideiussioni), in quanto: - spesso le somme richieste sono di importi ridotti, il che comporta spese di gestione proporzionalmente più elevate; - le garanzie offerte, soprattutto quelle patrimoniali, sono generalmente scarse o nulle; - la redditività dei progetti è spesso debole e la redditività sociale, che può essere anche molto elevata, non viene considerata, in quanto l esperienza bancaria nei settori di intervento di tali enti è minima; - i richiedenti, non essendo il più delle volte imprenditori tradizionali, hanno difficoltà nell elaborare e presentare un progetto che contenga molte informazioni idonee a valutarne il rischio. Emerge quindi la necessità di risposte nuove ai bisogni espressi dalle associazioni, perché le risposte date sino ad ora dalle banche di credito ordinario sono largamente insufficienti. Il terzo settore, negli ultimi anni, ha analizzato i propri processi e compreso che non è possibile farcela da solo. Gli investimenti sono superiori alla capacità di capitalizzazione del sistema; vi è quindi la necessità di condividere la responsabilità dello sviluppo della comunità con gli stakeholder presenti ed in particolar modo con le banche. E indispensabile trasformare un rapporto, quello tra banca e organizzazioni non profit, squisitamente commerciale, in una partnership finalizzata alla realizzazione di un progetto comune di sviluppo in cui ogni partner giochi un ruolo coerente alla propria missione ed alla propria organizzazione. Le numerose sollecitazioni ad un maggior impegno del sistema bancario nel sostegno allo sviluppo del volontariato e del terzo settore in generale, sino a oggi non sembrano aver sortito grandi effetti né in termini di un più consistente volume di finanziamenti, né tanto meno sul piano dell'individuazione di criteri di valutazione del merito di credito diversi da quelli tradizionali e idonei alla corretta valutazione delle prospettive di crescita delle organizzazioni non profit e della capacità di rimborso che ne consegue. L'azione che il sistema bancario tradizionale, nel suo complesso, ha sino ad oggi svolto nell'ambito del terzo settore non è stata particolarmente incisiva. Ciò nonostante, negli ultimi anni, le banche si stanno avvicinando al terzo settore, rompendo quell uniformità alla quale avevano ceduto. A riprova di questo, è stato sottoscritto, il 18 gennaio 2011, un importante Accordo quadro tra l'abi e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per il miglioramento dell'accesso e della qualità del credito alle organizzazioni non profit. L Accordo si iscrive nel quadro degli obiettivi definiti dal Libro Bianco sul welfare per favorire lo 16

17 sviluppo del settore. Riconosce il ruolo cruciale del terzo settore in Italia e l'affidabilità economica dimostrata da gran parte delle organizzazioni senza scopo di lucro e di utilità sociale e prevede l'impegno da parte delle banche per mettere a punto idonei strumenti finanziari capaci di facilitare l'accesso al credito necessario per l'ulteriore sviluppo del non profit italiano. In particolare, si prevedono facilitazioni nell'accesso al credito per le organizzazioni destinatarie del 5 per 1000 versato dagli italiani con la dichiarazione dei redditi: le anticipazioni degli importi da parte delle banche permettono infatti di rendere i fondi ricevuti immediatamente disponibili per le organizzazioni beneficiarie anche quando i tempi di erogazione da parte dello stato si allungano. Agevolazioni sono previste anche per le organizzazioni che necessitano di ottenere fideiussioni bancarie al fine di ottenere le anticipazioni dei contributi pubblici previsti dalle leggi n. 266/1991 e n. 383/2000 a favore degli enti di promozione sociale impegnati in sperimentazioni innovative, in processi di internazionalizzazione, informatizzazione e formazione. Seguono, a solo titolo di esempio, le iniziative di alcune banche. Banca Popolare di Milano Banca Popolare di Milano intende contribuire a realizzare una società in cui i bisogni non siano di ostacolo alle aspettative individuali e collettive. Infatti la Banca, che per sua tradizione e vocazione è legata alla comunità e al territorio di riferimento, assecondando la naturale spinta mutualistica, dedica da sempre particolare attenzione al terzo settore, non solo sostenendolo, ma offrendo anche soluzioni concrete. A tale proposito, uno strumento che nel tempo ha acquisito sempre più valore è Faresolidale : una serie di prodotti e servizi dedicati e il sito rappresenta uno spazio di visibilità e di incontro per le organizzazioni non profit. Binter Binter (Banca interregionale) nasce dalla volontà di un gruppo di professionisti, di imprenditori e di rappresentanti di organizzazioni non profit, che si sono uniti con un obiettivo comune: quello di dare vita ad una nuova banca orientata a dare una risposta su misura alle esigenze di sviluppo e di servizi del territorio, delle famiglie, delle piccole e medie imprese. Binter si presenta in Toscana con filiali a Pisa, San Giovanni Valdarno e Pistoia - con una strategia volta alla strutturazione di un offerta di prodotti e servizi bancari, assicurativi e del parabancario tali da soddisfare le necessità più diversificate della potenziale clientela. In particolare, BinterArcobaleno è un conto corrente gratuito con un buon tasso di rendimento, corredato dei servizi di base, come ad esempio l home banking, dedicato alle associazioni di volontariato, sportive, culturali, di arte, musica e spettacolo e a tutte le associazioni riconosciute senza finalità di lucro. 17

18 UBI Banca UBI Banca (Unione di Banche Italiane), nata nel 2007 dalla fusione delle Banche Popolari Unite e Banca Lombarda e Piemontese, è un Gruppo cooperativo presente in Italia con circa filiali. A dicembre 2012, sul totale dei depositi del Gruppo, il 3,6% apparteneva alle organizzazioni non profit, rispetto al 1,7% a livello di sistema; mentre per gli impieghi, l incidenza era dello 0,84%, rispetto allo 0,52% per il sistema. Nel corso del 2011 la Banca ha lanciato UBI Comunità modello di servizio dedicato alle organizzazioni non profit che offre diversi prodotti e servizi che possono riguardare l operatività quotidiana (conto non profit, gestione della liquidità, bonifico solidarietà, pos, coperture assicurative), la finanza per la gestione corrente (entrate enti privati, entrate enti pubblici, fidejussioni non profit, anticipo contributo 5x1000), per esigenze progettuali e per la crescita (sostegno attività, investimenti). Inoltre, esistono soluzioni dedicate alle persone coinvolte, a vario titolo, nelle organizzazioni non profit come un conto corrente tradizionale, una carta prepagata ricaricabile dotata di IBAN e prestiti personali e mutui. Infine, si segnala il prodotto di investimento Social Bond UBI Comunità, che ha ottenuto il Premio ABI 2013 per l Innovazione nei servizi bancari (categoria La banca solidale ). I Social Bond sono titoli obbligazionari emessi dalla Capogruppo e dalle Banche appartenenti al Gruppo finalizzati al sostegno di iniziative di grande valore sociale. Il Gruppo UBI Banca ha collocato, fino ad ora, 22 Social Bond per un controvalore di 256,53 milioni di euro, a cui corrisponde la devoluzione di contributi a titolo di liberalità per 1,29 milioni di euro. Di particolare rilevanza è il Social Bond di Capogruppo UBI Comunità per l'imprenditoria sociale del sistema CGM, che ha reso possibile la costituzione di un plafond con dotazione di 17,552 milioni di euro destinato all'erogazione di finanziamenti a medio-lungo termine in favore di consorzi, imprese e cooperative sociali associate a CGM - Consorzio Nazionale della Cooperazione Sociale Gino Mattarelli. UniCredit Universo Non Profit è il nuovo modello di servizio UniCredit dedicato alle organizzazioni del terzo settore. Lanciato nel 2009, è stato pensato per rispondere ai bisogni tipici di queste organizzazioni con l offerta di prodotti e servizi prettamente bancari e con l offerta di servizi complementari a quelli bancari in senso stretto. Presenta due elementi di distintività. Anzitutto, un offerta di prodotti completa ed innovativa costituita da tre diversi tipi di conto corrente, cinque nuove forme di finanziamento, oltre a nuovi strumenti, concepiti per supportare la loro attività di raccolta fondi. Inoltre, una larga diffusione/copertura degli sportelli sul territorio nazionale: agenzie e 350 Centri Piccole Imprese della Rete UniCredit. Dal 2011 UniCredit ha attivato il sito che è un sito internet dove viene favorito l'incontro tra le organizzazioni non profit e tutti coloro che vogliono dare un aiuto concreto. Ciascuna organizzazione ha la possibilità di scrivere autonomamente le pagine ad essa dedicata. Le organizzazioni non profit, per entrare a far parte dell'iniziativa ilmiodono, devono rispettare determinati requisiti, tra cui, ad esempio, essere costituite da almeno 3 anni, avere sede in Italia, essere comprese, da almeno 3 anni, nell'ambito di applicazione della legge nota come Più dai meno versi (L. n. 80/2005) come potenziali destinatari di donazioni fiscalmente deducibili; tutto ciò per garantire un adeguato livello di selezione delle organizzazioni presenti nel sito e tutelare i potenziali donatori nonché la reputazione del sito stesso. 18

19 1.4 Le banche di credito cooperativo (Bcc) Identità Nel panorama del sistema bancario tradizionale italiano esiste un soggetto rilevante nel sostegno finanziario al terzo settore costituito dalle Banche di credito cooperativo (Bcc) e dalle Casse rurali (Cr). Il Credito Cooperativo è un sistema strutturato su una rete composta da oltre 400 Banche di credito cooperativo - Casse rurali (Casse Raiffeisen in Alto Adige) con 442 sportelli, soci e dipendenti, da strutture associative e da imprese che garantiscono al sistema, coerentemente con i suoi valori e con la sua identità cooperativa, un offerta di prodotti diversificata e completa. La caratteristica principale delle Bcc è quella di essere società cooperative per azioni, mutualistiche e locali. Originariamente, le Bcc vedono la luce come Casse rurali ed artigiane - nel periodo a cavallo tra la fine dell'800 e il nuovo secolo - ad opera di cooperatori ispirati dal Magistero sociale della Chiesa cattolica: esse ebbero un ruolo determinante nello stimolare le fasce umili delle popolazioni rurali (soprattutto agricoltori ed artigiani, allora categorie prevalenti e particolarmente fragili) per affrancarsi dalla miseria e dal fenomeno diffuso dell'usura. Le Bcc nascono dunque da una necessità e da un'utopia. La necessità di permettere al maggior numero possibile di persone di ottenere prestiti a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle praticate dalle banche tradizionali. L'utopia di riuscire a far procedere insieme, ogni giorno, impresa e solidarietà, attenzione alle persone e capacità di autofinanziamento. Da allora, le Casse rurali ed artigiane hanno mantenuto uno strettissimo rapporto con il territorio di riferimento, intrecciando la propria storia con quella delle comunità, tanto da conquistarsi a pieno titolo l'appellativo di banca locale. Capillarmente diffuse in Italia, svolgono il loro ruolo di banche del territorio, assolvendo a una funzione specifica, quella di promuovere sviluppo e di rispondere alle necessità economiche e sociali delle comunità locali, così come espresso nell art. 2 dello Statuto delle Bcc: La Banca ha lo scopo di favorire i soci e gli appartenenti alle comunità locali nelle operazioni e nei servizi di banca, perseguendo il miglioramento delle condizioni morali, culturali ed economiche degli stessi e promuovendo lo sviluppo della cooperazione e l'educazione al risparmio e alla previdenza nonché la coesione sociale e la crescita responsabile e sostenibile del territorio nel quale opera. La Società si distingue per il proprio orientamento sociale e per la scelta di costruire il bene comune. In queste parole c è l identità, la cultura d impresa, l essenza del Credito Cooperativo. La Bcc è infatti una banca con una doppia anima: svolge la funzione di intermediario creditizio con la fondamentale attività di raccolta di risparmio e di finanziamento e di impresa a responsabilità sociale. Ciò significa che le Banche di credito cooperativo Casse rurali offrono tutti i servizi bancari tipici del mercato creditizio e delle altre banche, ma presentano, rispetto alle altre banche, alcune specificità. A partire dagli obiettivi stessi che si prefiggono, che possono essere individuati nel perseguimento del benessere dei soci e nello sviluppo dei territori in cui operano. Struttura La struttura delle Bcc si snoda tra la dimensione e l appartenenza locale, ed una nuova tensione ad un contesto globale, inteso non in quanto indirizzo a più ampi mercati, quanto alla valutazione della propria realtà in un ambito non solo relativo ai soci, ma anche al contesto esterno (legato alla relazionalità verso gli stakeholder). Il coordinamento e l operatività nell ambito locale, con un radicamento notevole ed un forte processo di prossimità, serve da stimolo alla partecipazione civile nelle attività della cassa. In chiave gestionale, questi caratteri inducono a politiche di intervento efficaci nella socializzazione dei costi fissi. La rapida transizione di informazioni e il continuo feed back con una realtà non 19

20 virtuale, ma interna alla struttura, implica una produzione di valori relazionali fiducia che comportano l abbassamento della soglia di controllo (e dei relativi costi connessi) legati a comportamenti di asimmetria informativa e razionalità limitata degli individui. Pur agendo in contesti locali, le Bcc non possono isolarsi in situazioni autonome. Risulta quindi importante la congiunzione di intenti verso altre realtà in linea con i valori espressi, e da qui la formalizzazione di network e reti di appartenenza. Il Credito Cooperativo è un sistema nazionale che si articola in due versanti: associativo e imprenditoriale. Il versante associativo è suddiviso in tre livelli: locale, regionale e nazionale. Le Bcc aderiscono alle Federazioni locali (che rappresentano una o più regioni e in totale sono 15) che, a loro volta, sono associate a Federcasse, la Federazione Italiana delle Bcc-Cr, che svolge funzioni di rappresentanza e tutela della categoria e di assistenza di carattere legale, fiscale, organizzativo, di comunicazione, di formazione a favore di tutto il Sistema del Credito Cooperativo. Il versante imprenditoriale è costituito dal Gruppo bancario Iccrea, rappresentato dalla Capogruppo, Iccrea Holding, e dalle società da questa controllate, che predispongono prodotti e servizi a beneficio esclusivo delle Bcc e Cr. I servizi e i prodotti alle Bcc e Cr sono anche erogati da Cassa Centrale Banca, che opera in stretta collaborazione con le Federazioni locali e le società informatiche del nord est e Cassa Centrale Raiffeisen dell Alto Adige, che offre alle Casse Raiffeisen associate una serie di servizi di supporto alla gestione bancaria e finanziaria attraverso i suoi reparti commercio, finanza, tesoreria e sistemi di pagamento. Il Credito Cooperativo italiano è parte del più grande sistema della cooperazione italiana e internazionale. A livello nazionale, aderisce alla Confcooperative. Nel più ampio contesto del Credito Cooperativo internazionale, le Bcc partecipano all'unico banking Group e all'eacb, l Associazione delle Banche Cooperative Europee. Il Credito Cooperativo, inoltre, partecipa all Unione Internazionale Raiffeisen (IRU). Il Credito cooperativo offre ai propri soci servizi creditizi a condizioni vantaggiose, rende più facile l accesso all offerta anche agli operatori minori, che notoriamente incontrano maggiore difficoltà nell ottenere ascolto. La Bcc si rivolge soprattutto alle comunità in cui si è insediata ed impiega le risorse laddove le raccoglie, creando così un circolo economico virtuoso in cui si possono inserire e sovrapporre i piccoli e piccolissimi operatori. 20

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