OSSIGENO PER L INFORMAZIONE Osservatorio FNSI-Ordine dei Giornalisti sui cronisti sotto scorta e le notizie oscurate in Italia con la violenza

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1 OSSIGENO PER L INFORMAZIONE Osservatorio FNSI-Ordine dei Giornalisti sui cronisti sotto scorta e le notizie oscurate in Italia con la violenza Perchè in Italia per zittire i giornalisti si ricorre a questi mezzi più che in altri paesi europei. Perchè molte minacce restano impunite. I dati I casi del Chi sono i minacciati. Quanti sono. Cosa hanno scritto. Dove vivono. Chi deve proteggerli. Cosa fare per rendere più libera l informazione giornalistica.

2 «PROBLEMI DELL INFORMAZIONE» esce tre volte l anno. I prezzi per il 2012 sono i seguenti: un fascicolo costa 26,50 abbonamento annuo solo carta: per l Italia, 79,50 ( 55,00 privati) per l estero, 131,00 ( 98,00 privati) abbonamento annuo carta + on line mono (solo per enti e società): per l Italia, 103,00 per l estero, 154,50 i fascicoli delle annate arretrate costano 30,50 Riviste web Rivisteweb è l archivio elettronico delle Riviste del Mulino, per le quali: * gli enti (istituzioni, società o biblioteche) possono sottoscrivere: - un abbonamento integrato carta + on line RWmono, che consente di avere accesso anche in rete all annata per la quale si è sottoscritto un abbonamento cartaceo; - un abbonamento integrato carta + on line RWcampus, che dà diritto all accesso a tutte le riviste per le quali si è sottoscritto un abbonamento cartaceo compresi gli archivi da tutta la rete, da parte degli utenti autorizzati; * tutti possono acquistare on line i singoli articoli delle annate arretrate dal Per abbonarsi o per acquistare fascicoli arretrati: Società editrice il Mulino Strada Maggiore Bologna tel fax diffusione@mulino.it oppure: Gli abbonamenti possono essere sottoscritti tramite: versamento su conto corrente postale n bonifico bancario intestato alla Società editrice il Mulino Banca Popolare di Milano (IT50A ) carta di credito (Visa/Mastercard o American Express) Gli abbonamenti decorrono dal gennaio di ciascun anno. Chi si abbona durante l anno riceve i numeri arretrati. Gli abbonamenti non disdetti entro il 31 dicembre si intendono rinnovati per l anno successivo. I fascicoli non pervenuti devono essere reclamati esclusivamente entro 30 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine, si spediscono solo contro rimessa dell importo. Per cambio di indirizzo allegare alla comunicazione la targhetta-indirizzo dell ultimo numero ricevuto. Gli abbonati a «PROBLEMI DELL IN- FORMAZIONE» godono di uno sconto del 15% su tutti i volumi pubblicati dal Mulino, indirizzando l ordine direttamente all editore e precisando la situazione di abbonato. La rivista è in vendita nelle principali librerie italiane. Poste Italiane s.p.a. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bologna.

3 PROBLEMI DELL INFORMAZIONE DIRETTORE Angelo Agostini REDAZIONE Giovanni Cocconi Luca De Biase Claudio Giua Sergio Maistrello Andrea Miconi Peppino Ortoleva Carlo Sorrentino Mario Tedeschini Lalli Vittorio Zambardino COORDINAMENTO REDAZIONALE Giovanni Calore Cavazza Direzione, redazione e amministrazione il Mulino (settore riviste), Strada Maggiore, Bologna direzione: angelo.agostini@iulm.it indirizzo internet:

4 problemi dell informazione Rivista trimestrale fondata da Paolo Murialdi Anno XXXVI, n. 4, dicembre 2011 ossigeno per l informazione/3 Terzo Rapporto Sono gocce, ma scavano il marmo di Alberto Spampinato rapporto 2011 Osservatorio/1 I numeri Da 20 a 95 casi in cinque anni Osservatorio/2 I dati e le interpretazioni Osservatorio/3 Le armi Visibilità, solidarietà, attenzione pubblica...376

5 Osservatorio/4 Il mondo ci guarda Osservatori internazionali sull Italia Osservatorio/5 Agenda Le cose da fare per i giornalisti, per l opinione pubblica, per il Parlamento nei territori Accade in Sicilia di Dario Barà Accade lassù al Nord di Matteo Finco Calabria/1 Storie di ordinaria violenza di Roberta Mani Calabria/2 È spento il vulcano? di Roberto S. Rossi Calabria/3 Direttore posso chiederle... Quattro domande a Piero Sansonetti di Roberto S. Rossi...469

6 ossigeno per l informazione/3 Terzo Rapporto E ccolo qui, il terzo rapporto di Ossigeno. Come i precedenti ( ; prima e seconda parte), anche per il 2011 «Problemi dell informazione» è lieta e onorata di ospitarlo sulle sue pagine, perché poi prenda le libere strade del web. Grazie alla pazienza de «Il Mulino», editore della rivista, siamo anche riusciti a coprire l intero anno passato, fino al 31 dicembre, arrivando nelle librerie e agli abbonati con qualche settimana di ritardo, ma con un rapporto completo. Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno, ha fatto come al solito un lavoro certosino e imponente. Sua è non solo l introduzione, ma la stesura di tutti i cinque capitoli del Rapporto. Suo è stato, soprattutto, l impegno a trovare osservatori (volontari, naturalmente), raccogliere quotidianamente notizie, impostare i rapporti regionali che quest anno, affidati a Dario Barà, Matteo Finco, Roberta Mani e Roberto S. Rossi, coprono come di consueto Sicilia e Calabria, ma si spingono finalmente anche al Nord. Gli aggiornamenti e le edizioni precedenti del Rapporto stanno naturalmente su «Sono gocce, ma scavano il marmo» è il titolo che abbiamo scelto per il Rapporto Ha infatti ragione Spampinato a sottolineare l aumento dei casi di minacce e notizie oscurate da un anno all altro: 54 nel 2010, 95 nel Problemi dell informazione / a. XXXVI, n. 4, dicembre 2011

7 ossigeno per l informazione/3 E tuttavia prendiamo la cautela metodologica di non pensare che negli anni precedenti quei casi fossero realmente in numero inferiore. Può anche essere che sia solo migliorata la rete stesa da Ossigeno per raccogliere notizie e segnalazioni. E allora 95 casi di minacce o aggressioni alla libertà d informazione, possono essere tante rispetto all anno precedente, oppure poche in confronto ad una realtà che può pure sfuggire ai nostri occhi. Resta il fatto che novantacinque gocce di paura e intimidazione rischiano davvero di scavare anche il marmo del giornalismo più duro e coraggioso. 354

8 Sono gocce, ma scavano il marmo di Alberto Spampinato G occiola un liquido lurido e appiccicoso. Cade a gocce. A gocce piccole, a volte a goccioloni. Può cadere una sola goccia in due giorni. Possono caderne tante in una volta sola. Ultimamente ne sono cadute di più. Queste gocce rovinano i vestiti. Arrossano la pelle. Non c è modo di ripararsi. È un gran problema. Fino a poco tempo fa non era così. Il gocciolio c era, ma così lento e raro che pochi l avevano notato. Ci eravamo accorti di quelle strane macchie sui vestiti, sulla pelle, sul terreno. Strane macchie, davvero. Indelebili. Lasciano aloni iridescenti sulla stoffa e piccole screpolature sulla pelle. Abbiamo notato le prime cinque anni fa. Ne abbiamo contate una ogni diciotto giorni. Una ventina in tutto l anno. Solo in un secondo tempo abbiamo collegato le macchie al liquido che gocciola, che ancora non avevamo notato. È stato facile collegare causa ed effetto. Quando abbiamo cominciato a parlare della nostra scoperta, altri ci hanno segnalato le macchie che avvistavano. E il numero è aumentato. Tre anni fa abbiamo contato 54 strane macchie in dodici mesi, nel 2011 siamo arrivati a 95. Da venti a novantacinque. Un bel salto. Ma non è la quantità che preoccupa. Novantacinque gocce non riempiono neppure un bicchiere. Ne cadessero pure centomila non rischieremmo il diluvio. Ciò che preoccupa è la natura del liquido, più corrosivo delle piogge acide, più inquinante dei gas 355 Problemi dell informazione / a. XXXVI, n. 4, dicembre 2011

9 ossigeno per l informazione/3 di scarico. Le gocce infiammano la pelle, corrodono il marmo e infettano l aria. A terra, intorno alle macchie, c è una moria di piante e moscerini. Non si può restare a guardare. Bisogna fare qualcosa. Dobbiamo scoprire l origine e la natura del fenomeno e trovare il modo di arrestarlo. Dobbiamo capire se, in realtà, come sostiene qualcuno, cadono più gocce di quelle che riusciamo a contare. Sembra che molte si confondano con la pioggia e con la brina. Dobbiamo assolutamente scoprire perché cadono quelle gocce e fermarne la caduta. In Italia piovono consigli non richiesti, avvertimenti, intimidazioni, minacce. Piovono come gocce infette e corrosive. È una delle questioni più urgenti da affrontare per garantire una effettiva libertà di stampa e di espressione. Il 29 dicembre 2011, alla conferenza stampa di fine anno, il presidente dell Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, ha indicato la questione in questi termini, rivolgendosi al presidente del Consiglio, Mario Monti, dal quale ha ottenuto un segnale di attenzione che fa sperare. Lascia perdere. Non pubblicare. Chi te lo fa fare? 356 Il problema è evidente. In Italia molti giornalisti ricevono strani «consigli» ogni volta che sono alle prese con le notizie più scomode e delicate, in particolare con quelle sgradite a qualcuno che conta. Spesso in questi casi qualcuno si fa avanti e dice al cronista: «Lascia perdere. Non pubblicare questa notizia. Chi te lo fa fare?». Accade anche quando si tratta di una notizia sacrosanta, di innegabile interesse pubblico. C è sempre qualcuno che mette in dubbio che quella sia una notizia meritevole di essere pubblicata. Alcuni si spingono ancora più in là: chiedono al giornalista di valutare la notizia in base a criteri che non c entrano nulla con il giornalismo: la convenienza personale, i fastidi che potrebbe causare, i guai che potrebbe passare chi la diffonde... I consigli non richiesti piovono. Alcuni li danno alla leggera. Alcuni con competenza, con le migliori intenzioni e con sincera immedesimazione. Altri li danno per formulare intimidazioni belle e buone. Bisogna fare più attenzione a questa pioggia di consigli. Bisogna capire bene, ogni volta, perché qualcuno ci dà un consiglio, che cosa comporta seguirlo o non seguirlo, perché in Italia centinaia

10 Sono gocce, ma scavano il marmo di giornalisti sono vittime di consigli interessati: chi li segue si trova imbavagliato; chi non li segue subisce ritorsioni, violenze, trattamenti punitivi, denigrazioni, processi strumentali, l isolamento. I tentativi di ostacolare il lavoro dei giornalisti con la violenza, con minacce subdole, con indebite intromissioni si sono moltiplicati negli ultimi anni. Le intimidazioni sono cresciute a un ritmo preoccupante, con la cadenza ed effetti simili al gocciolamento che abbiamo descritto. Finora si è prestata scarsa attenzione a questo fenomeno. Ora non è più possibile fare finta di niente. Le intimidazioni travestite da buoni consigli, le minacce vere e proprie, quelle della criminalità organizzata, quelle di personaggi pubblici che non accettano critiche, quelle degli imprenditori che operano nella zona grigia degli abusi e dell illegalità, sono diventate un grosso problema italiano. Un problema che non si può trascurare. Il problema non riguarda solo i giornalisti, riguarda i diritti e quindi tutta la società. Perché le intimidazioni oscurano notizie importanti, compromettono il diritto dei cittadini di essere informati e di fare scelte consapevoli. Questo Rapporto dà conto della preoccupante evoluzione del fenomeno nel 2011 e indica i possibili rimedi, fra cui alcune riforme legislative che si possono realizzare a costo zero e con alto profitto per la libertà e la democrazia. Come lavora Ossigeno, come sono classificati i casi L Osservatorio Ossigeno per l Informazione tiene conto degli episodi segnalati all Osservatorio dai diretti interessati, o segnalate al sindacato, all Ordine dei Giornalisti, ad associazioni, enti, giornalisti e altre persone che collaborano con l attività di monitoraggio. L Osservatorio verifica i singoli casi e scarta quelli la cui attendibilità non può essere dimostrata. L Osservatorio rende pubblici gli episodi verificati quando ha il consenso delle vittime o quando i fatti sono già conosciuti pubblicamente. 357

11 ossigeno per l informazione/3 Oltre alle minacce di morte, alle aggressioni fisiche, alle intrusioni nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro, ai danneggiamenti alle cose che si configurano come reati previsti dal Codice Penale Ossigeno tiene conto di altre forme di intimidazione. Ad esempio, l Osservatorio considera atti intimidatori: - le indagini investigative sui giornalisti svolte senza mandato giudiziario; - il sequestro di archivi, computer e altri strumenti di lavoro e di memorizzazione dei giornalisti; - le perquisizioni invasive, i fermi giudiziari, le incriminazioni di giornalisti ordinate dalla magistratura per scoprire le fonti confidenziali che i giornalisti intendono tenere riservate in base alle prerogative riconosciute ai giornalisti dalla legge istitutiva dell Ordine e, in modo contraddittorio, dalla legge sulla stampa e dal Codice Penale. Ossigeno considera atti intimidatori anche i gravi insulti rivolti in pubblico a giornalisti da rappresentanti delle istituzioni, da pubblici amministratori, da chi ha incarichi politici o rappresenta un potere economico. Sono altresì considerati atti intimidatori alcuni particolari abusi della legislazione: - le querele per diffamazione fondate su presupposti palesemente pretestuosi; - le citazioni giudiziarie in sede civile per ottenere risarcimenti in denaro quando siano presentate in modo strumentale, con motivazioni pretestuose ed infondate, allo scopo di bloccare la pubblicazione di notizie ed inchieste; - le richieste di oscuramento di blog e siti web avanzate con intenti analoghi. Per ogni episodio che rientra in questa casistica, l Osservatorio registra i nomi dei giornalisti direttamente minacciati e conteggia il numero di quelli coinvolti indirettamente, con una stima per difetto della consistenza della redazione o del gruppo di lavoro. Occorre precisare che Ossigeno non si occupa solo degli iscritti all Albo dei Giornalisti, ma di tutti coloro che subiscono minacce e ritorsioni mentre svolgono concretamente mansioni di tipo giornalistiche, attività collegate strettamente al lavoro di cronaca, all acquisizione e alla diffusione di informazioni di valenza giornalistica. Dunque nelle statistiche di Ossigeno entrano i blogger, i fotoreporter, i cameramen, i programmisti e registi televisivi impegnati nei servizi di cronaca. Ossigeno tiene il conto, registra i nomi delle vittime e racconta ogni settimana le loro storie drammatiche, angosciose. Le storie dei giornalisti minacciati, per ciò che rappresentano, per i diritti colpiti, certamente riguardano in primo luogo i giornalisti, ma non solo loro. Riguardano 358

12 Sono gocce, ma scavano il marmo davvero tutti i cittadini. Nei paesi democratici quando si minaccia un giornalista, si intacca la libertà di stampa e si riduce la libertà di tutti. Nei paesi democratici impedire a un giornalista di fare il suo lavoro equivale a interrompere un servizio di pubblica utilità. In ogni società democratica l informazione giornalistica è una infrastruttura sociale, è un attività di interesse collettivo. I cittadini hanno diritto di muoversi liberamente e hanno anche il diritto di essere informati. Questo diritto è tutelato dall articolo 21 della Costituzione, dall articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell Uomo e dall articolo 11 della «Carta Europea dei Diritti Fondamentali». Essere informati correttamente, tempestivamente, senza omissioni, senza parzialità e senza censura è il presupposto necessario per prendere decisioni consapevoli, per fare scelte basate sulla conoscenza dei fatti. 359

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14 rapporto 2011 Osservatorio/1 I numeri Da 20 a 95 casi in cinque anni Le intimidazioni ai giornalisti accertate da Ossigeno sono aumentate da 20 a 95 l anno in soli cinque anni. I giornalisti coinvolti sono passati da 40 a 325 l anno. Ancora cinque anni fa, le intimidazioni nei confronti dei giornalisti erano episodi singoli e rari, o almeno tali apparivano. Proprio come le gocce della nostra metafora. Fra il 2006 e il 2008 se ne sono registrate mediamente venti ogni anno: tante ne ha contate Ossigeno per l Informazione in seguito ad una osservazione indiretta fatta attraverso la lettura dei comunicati di solidarietà e i ritagli di giornale disponibili. Poi, nel 2009, Ossigeno ha cominciato a fare una ricerca più attiva dei casi, e ha scoperto che il fenomeno è più esteso. Nel 2010 le intimidazioni accertate nominativamente sono state 54. Nel 2011 sono state ben 95. L aumento è dovuto in buona parte al cambiamento del metodo di osservazione, alla ricerca più attenta, più attiva e sistematica dei casi. Tenuto conto di tutto ciò, siamo di fronte ad una progressione allarmante. Ed è ancor più allarmante se si tiene conto del fatto che alcune di queste intimidazioni colpiscono gruppi di giornalisti, a volte intere redazioni. 361 Problemi dell informazione / a. XXXVI, n. 4, dicembre 2011

15 rapporto 2011 Sono le intimidazioni che Ossigeno definisce «collettive». Queste intimidazioni sono cioè come colpi di lupara che oltre al singolo giornalista scelto come bersaglio raggiungono anche chi gli sta intorno. Ossigeno definisce «giornalisti coinvolti» questi bersagli collaterali e li considera vittime quanto il bersaglio principale. I giornalisti «coinvolti» sono tantissimi. Il loro numero è aumentato di undici volte in cinque anni: dai 30 del 2006, ai 150 del 2009, ai 250 del 2010, ai 324 del Tab. 1 Anno Numero intimidazioni Giornalisti coinvolti % % ( 1) (2) ,04 0, ,05 0, ,09 0, ,14 0, ,22 0, ,30 0, ,84 2,06 (1) % dei coinvolti rispetto agli iscritti all'ordine dei Giornalisti (2) % dei coinvolti rispetto ai giornalisti «attivi» iscritti all'ordine 362 Il lato in ombra Quanto è esteso in Italia il fenomeno delle intimidazioni ai giornalisti? Ha le dimensioni allarmanti che abbiamo indicato con queste prime cifre? O in realtà è più vasto? Ossigeno ha approfondito la questione e ha concluso che indubbiamente il fenomeno è molto più esteso, ma è difficile valutare con precisione l intera estensione, perché un lato rimane in ombra: è intenzionalmente tenuto in ombra con la violenza. Perché una delle finalità di chi intimidisce i giornalisti è proprio quella di nascondere all opinione pubblica queste violenze e questi abusi, che perderebbero efficacia se fossero conosciuti. Da questo punto di vista l intimidazione violenta contro un giornalista per costringerlo a tacere una notizia somiglia molto all imposizione del «pizzo» a un commerciante. In entrambi i casi i violenti impongono un comportamento alla vittima e fra l altro lo minacciano di ritorsioni se denuncerà il sopruso. È evidente

16 Osservatorio/1-I numeri che queste minacce inducono la maggior parte dei ricattati a tenere segreta la vicenda di cui è vittima. È difficile disobbedire a un violento che maneggia un arma, che può dare fuoco a un negozio o a una redazione, che può prendersela con i familiari del minacciato. È difficile rompere il silenzio in queste condizioni, ma è possibile. È possibile, come vedremo, a condizione che si osservino certe cautele, che si costruisca una rete di solidarietà. Sarà sempre più possibile se si dimostrerà che chi denuncia i violenti ottiene giustizia, ottiene la punizione dei ricattatori. Tab. 2 Giornalisti minacciati nel 2011 (fra parentesi il dato 2010) Episodi individuali % episodi in un anno Episodi collettivi Episodi in totale Giornalisti coinvolti % coinvolti in un anno 55 (32) + 170% 40 (12) 95 (54) 324 (250) + 125% Tab. 3 Modalità di minacce nel 2011 (fra parentesi il dato 2010)* Aggressioni fisiche Danneggiamenti Per lettera o a voce Azioni legali 18 (7) 6 (8) 48 (17) 23 (8) * I dati 2010 sono calcolati sulla media del biennio È difficile disobbedire a qualcuno che dice «zitto o sparo!», ma i giornalisti di cui si occupa questo Rapporto sono riusciti a denunciare le intimidazioni e in alcuni casi hanno ottenuto giustizia. Ancora i giornalisti che riescono a rompere il silenzio fanno parte di una esigua minoranza. Secondo le stime di Ossigeno, per ognuno che ci riesce, che vince la paura, almeno altri dieci subiscono l imposizione del silenzio. Il lato che rimane in ombra è dunque molto esteso. Perciò bisogna leggere con attenzione i dati di Ossigeno. Bisogna leggerli immaginando cos altro c è dietro a ciò che riusciamo a vedere con i nostri occhi, oltre le cifre che riusciamo ad elencare. 363

17 rapporto 2011 Ecco di cosa si deve tenere conto quando si parla dei giornalisti minacciati in Italia, quando si chiede di fare qualcosa per rendere impraticabili le intimidazioni. Proviamo ad immaginare cosa significano oltre diecimila vittime dirette o indirette di intimidazioni in sei anni, su una popolazione di giornalisti iscritti all Ordine; di cui meno della metà trae un reddito dal proprio lavoro. Significa una incidenza enorme: è la temperatura di un paese in cui l intimidazione nei confronti dei giornalisti è una pratica diffusa, in cui l informazione giornalistica è solo «parzialmente libera», come ha certificato dal 2004 Freedom House, uno dei più autorevoli osservatori internazionali. Tab. 4 Anno Intimidazioni Giornalisti coinvolti % (1) % (2) Lato in ombra coinvolti % (3) % (4) % (5) ,04 0, , 3 0, 8 1, ,05 0, , 5 1, 3 1, ,09 0, , 9 2, 2 2, ,14 0, , 3 3, 3 3, ,22 0, , 7 5, 5 6, ,30 0, , 9 7, 2 7, ,84 2, , 0 22, 0 22, 6 (1) % dei coinvolti rispetto agli iscritti all'ordine dei Giornalisti (2) % dei coinvolti rispetto ai giornalisti «attivi» iscritti all'ordine (3) % dei convolti che non denunciano rispetto agli iscritti all'ordine (4) % dei coinvolti che non denunciano rispetto ai giornalisti «attivi» iscritti all'ordine (5) % coinvolti + non denuncianti rispetto ai giornalisti attivi 364 Riconoscere le intimidazioni e denunciarle Non bisogna confondere le discussioni animate con le minacce. Ma non bisogna cadere neppure nell errore opposto. Perciò è importante comprendere dove comincia e dove finisce un legittimo contrasto di opinioni. La discussione, il diverbio che un giornalista può avere con qualcuno scontento delle notizie che scrive, per quanto possa essere animato, spiacevole, non è niente di grave se si svolge con rispetto reciproco. Non c è da gridare all interferenza indebita neppure se colui che si lamenta per un articolo scrive una lettera di protesta

18 Osservatorio/1-I numeri al direttore del giornale. È la dialettica. I giornalisti devono accettarla e anzi incoraggiarla. Finché accadono queste cose, ognuno fa la sua parte e non c è nessun allarme da lanciare. È giusto che ognuno dica la sua. La minaccia è un altra cosa, è un reato, è una grave violazione delle regole della pacifica convivenza civile, è il tentativo di far prevalere la propria tesi incutendo il timore di una rappresaglia. È un delitto previsto dall art. 612 del Codice Penale, che dice: «Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 51,00. Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell art. 339 Codice Penale, la pena è della reclusione fino a un anno e si procede d ufficio». Alcune intimidazioni configurano anche altri reati, spesso quello di violenza privata previsto dall art. 610 del Codice Penale: «Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a 4 anni». È importante che un giornalista denunci le minacce che riceve. Per denunciarle deve superare la soggezione e la paura di ritorsioni che rendono questa scelta difficile. Denunciare è l unico modo di difendersi senza scendere a compromessi. Denunciare è una scelta di solito pagante: il giornalista che sceglie questa strada può fare condannare chi lo ha minacciato, anche se a minacciarlo sono stati esponenti della camorra o della ndrangheta. Denunciare le minacce è necessario, utile e doveroso. Bisogna riconoscere e contrastare le intimidazioni, in qualunque forma si presentino, sapendo che spesso si presentano con un aspetto diverso da quello classico che conosciamo, sapendo che a volte hanno un aspetto vago e sfuggente, sembrano un altra cosa, qualcosa di meno grave. Non bisogna farsi ingannare. In certi casi, proprio per andare a segno, le intimidazioni si devono sforzare di sembrare un altra cosa, devono cercare di non farsi riconoscere. Devono sembrare buoni consigli, inezie, atti dovuti, perfino rivendicazioni di un sacrosanto diritto, anche quando sono solo abusi. Bisogna sapere che alcune intimidazioni si mimetizzano con mezzi sofisticati, come i virus, che sfuggono agli anticorpi mutando il Dna senza attenuare il potenziale offensivo. 365

19 rapporto 2011 Le intimidazioni interrompono un servizio pubblico Il trend. Che cosa è cambiato dal 2010 al Chi intimidisce un giornalista causa un danno personale e insieme un danno sociale. Questo aspetto sociale non deve essere mai trascurato. È ciò che motiva la necessità di norme specifiche di tutela. L informazione giornalistica è un infrastruttura essenziale della società democratica. Senza informazione libera e indipendente non c è trasparenza e non può esserci consapevole partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Intimidire un giornalista intento al suo lavoro è una violenza più grave di quella compiuta contro un privato cittadino, come insultare, minacciare, ostacolare un magistrato, un sindaco, un pubblico ufficiale, un vigile urbano è più grave di insultare, minacciare, ostacolare un privato cittadino. Proprio per questo, per proteggere queste categorie, nei codici c è il reato di oltraggio, che agisce da deterrente. Sarebbe assurdo invocare l oltraggio contro chi insulta, offende, minaccia un giornalista. Sarebbe invece ragionevole ed utile una diversa specifica sanzione per chi deliberatamente e consapevolmente ostacola l informazione giornalistica, per chi «dirotta» le notizie destinate all opinione pubblica. Sarebbe inoltre opportuna una aggravante specifica per i reati di violenza già esistenti nei codici, da applicare ogni volta che siano eseguiti allo scopo di ostacolare l informazione giornalistica. Il 2011 non è stato un anno tranquillo per i giornalisti italiani. In dodici mesi Ossigeno ha registrato 95 episodi di minacce, intimidazioni, gravi abusi compiuti contro di loro, con 324 giornalisti coinvolti. Alcuni episodi sono stati gravissimi: in particolare, le nuove minacce di morte indirizzate in due riprese a Lirio Abbate, e l assalto alla redazione del quotidiano «Metropolis» di Castellammare di Stabia seguito da un raid che ha impedito agli edicolanti la vendita del giornale. Numerose sono state le aggressioni fisiche a cronisti, fotografi, operatori televisivi impegnati a seguire fatti di cronaca. C è stato uno stillicidio di minacce, lettere minatorie, invio di proiettili. Alcune sentenze clamorose hanno confermato le difficoltà che nascono da una normativa lacunosa e arretrata: la condanna in appello del blogger Carlo Ruta per il reato di stampa clandestina; la condanna della pubblicista di Enna, Giulia

20 Osservatorio/1-I numeri Martorana, a venti giorni di carcere per favoreggiamento, per non aver rivelato la fonte delle notizie; la condanna per diffamazione di tre giornalisti di Pescara a un anno di detenzione senza condizionale. L insieme dei casi descrive una crescente intolleranza per il lavoro di cronaca e di inchiesta dei giornalisti. Dati caratterizzanti sono: - la proliferazione delle richieste di risarcimento e delle querele per diffamazione, spesso infondate, presentate da uomini politici e pubblici amministratori di piccoli e grandi comuni che non tollerano informazioni negative sul loro operato: i casi più clamorosi sono quelli del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, dell assessore regionale siciliano alla sanità, Massimo Russo, del presidente del Senato Schifani, del presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti. - le reazioni punitive di alcuni magistrati nei confronti di giornalisti che criticano la loro attività. Significativi i casi di Ferrara, Vicenza, Perugia. Il 2011 ha però fatto registrare anche un generale orientamento illuminato della magistratura, aperto alle ragioni della libera informazione e del diritto di critica. Orientamento che si è riflesso in numerose sentenze assolutorie di giornalisti, in particolare in quella del Tribunale di Roma che a settembre ha respinto la richiesta di risarcimento di un milione di euro chiesto da Silvio Berlusconi, che si sentiva diffamato e danneggiato da «la Repubblica» che gli ha insistentemente posto per sei mesi le stesse famose «dieci domande» formulate da Giuseppe D Avanzo. Altri riflessi della stessa apertura si sono visti con inchieste giudiziarie sviluppate in seguito a iniziative giornalistiche di coraggiosi giornalisti, che proprio per questo sono stati minacciati (in Molise, a Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta, a San Marino e altrove), e con l impegno investigativo della Procura di Reggio Calabria che ha fatto scoprire gli autori delle minacce a Pietro Comito e Antonino Monteleone, e degli investigatori di Napoli che hanno scoperto gli aggressori dei giornalisti di «Metropolis» e di un operatore di Sky. Alcune sentenze positive 367

21 rapporto 2011 Fig. 1 La cartina mostra la distribuzione territoriale dei 95 episodi di minacce, intimidazioni e gravi abusi nei confronti di giornalisti italiani accertati nel 2011 dall Osservatorio Ossigeno per l Informazione. Di questi 95 episodi, 55 sono stati compiuti nei confronti di singoli giornalisti, 40 nei confronti di gruppi di giornalisti (minacce collettive). I giornalisti coinvolti sono stati Fare i conti con i dati La casistica rivela un aumento superiore al 100% rispetto ai due anni precedenti: i 95 casi del 2011 si confrontano infatti con i 78 del conteggiati insieme. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale delle minacce, il Mezzogiorno continua a detenere il triste, imbattibile primato con 58 episodi su 95, seguito dal Centro con 19 casi e dal Nord con 17. Nella classifica regionale ci sono stati importanti cambia-

22 Osservatorio/1-I numeri menti. La maglia nera, indossata nel dalla Calabria con 20 episodi su 78, è passata alla Campania con 22 casi su 95 (erano stati 10 nel ). In Calabria si sono registrati in tutto 7 episodi, con una evoluzione a cui questo Rapporto dedica un approfondimento. ll Lazio scende al terzo posto con 13 casi (16 nel ). La Sicilia conquista il terzo posto con 16 episodi, una triplicazione su base annuale rispetto ai 10 del Al quarto posto si conferma la Lombardia con 9 casi (erano 9 nel ). Sono dati assoluti. Le graduatorie cambiano se si tiene conto della popolazione residente e del numero dei giornalisti regione per regione: la situazione migliora soprattutto per Lazio e Lombardia, e peggiora per il Molise, dove i giornalisti sono pochi e da un episodio si è passati a tre. Tutti i giornalisti sono a rischio di minaccia. Ma alcuni giornalisti sono più a rischio di altri, a causa delle mansioni che svolgono. I più a rischio sono sempre stati gli inviati in guerra e i cronisti di mafia. Da qualche tempo a loro si sono aggiunti i cronisti locali. In tutto il mondo, sempre più spesso e più numerosi i nomi dei cronisti locali appaiono nelle liste dei giornalisti uccisi o minacciati. Il loro lavoro sembra diventato più rischioso che mai, perché il giornalismo locale si spinge sempre più avanti, racconta vicende di malaffare che prima erano oscurate dalla censura e dall autocensura. Anche in Italia raccontare con onestà ciò che accade in una delle mille periferie è rischioso. Questo Rapporto conferma con l evidenza dei nomi, dei luoghi e delle statistiche quanto ciò sia vero. Chi corre più rischi 369

23 rapporto 2011 Osservatorio/2 I dati e le interpretazioni 370 Negli ultimi cinque anni Ossigeno ha censito 925 giornalisti colpiti, direttamente o indirettamente, da minacce fisiche, intimidazioni, rappresaglie o gravi abusi legali. Gli episodi sono elencati sul sito di Ossigeno. Ma, come abbiamo visto i giornalisti italiani effettivamente colpiti da questo genere di intimidazioni sono almeno diecimila. A questa apparentemente incredibile cifra si arriva elaborando i dati raccolti dall Osservatorio, prendendo in considerazione la dimensione collettiva dei singoli episodi e tenendo conto del fatto che il fenomeno di cui stiamo parlando è in gran parte sommerso, come lo sono gli episodi di estorsione e di usura. Per descrivere l effettiva dimensione del fenomeno, o almeno indicare una dimensione prossima alla realtà, bisogna perciò moltiplicare gli episodi conosciuti per un parametro correttivo. Ossigeno ha stimato che il parametro vale all incirca dieci. Per calcolare il valore di questo parametro correttivo Ossigeno ha tenuto conto delle seguenti circostanze: - il numero delle intimidazioni che l Osservatorio ha conosciuto ma non ha potuto registrare e documentare in quanto è mancato il consenso degli interessati: questo numero è più alto del numero degli episodi verificati e documentati; Problemi dell informazione / a. XXXVI, n. 4, dicembre 2011

24 Osservatorio/2-I dati e le interpretazioni - moltissimi episodi di violenza e di abuso emergono a distanza di anni, di solito dopo che un giudice ha pronunciato la sentenza; - una parte dei casi sfugge a qualsiasi percezione; - gli strumenti di indagine dell Osservatorio permettono di controllare solo in parte ciò che accade nelle singole realtà territoriali; - le istituzioni non forniscono nessun dato; - manca una specifica raccolta di dati statistici. Il fenomeno ha dunque queste caratteristiche e queste dimensioni. Risulta più esteso di quanto si sia creduto finora. Il dato di Ossigeno dice che in Italia le minacce ai giornalisti e gli abusi contro di loro sono molto diffusi: sono strumenti impiegati con elevata frequenza per impedire la pubblicazione di notizie ed inchieste sgradite. Il ricorso a questi metodi si è diffuso grazie all impunità per gli autori delle minacce e delle ritorsioni, che è stata finora pressoché assoluta; considerazioni analoghe valgono per spiegare il moltiplicarsi degli abusi del diritto, abusi che comportano rischi bassi e costi limitati per chi li commette. Fra le notizie più oscurate ci sono state in questi anni proprio quelle che riguardano i giornalisti minacciati. Ancora oggi se un giornalista viene minacciato, è raro che i giornali e le tv a diffusione nazionale riferiscano la notizia. Silenziosamente, senza che nessuno lo abbia annunciato, si è affermata questa prassi che non ha giustificazione alcuna nei canoni del giornalismo: ogni giornale si occupa solo dei suoi giornalisti minacciati, non dice niente degli altri, non dice che l episodio non è isolato. Sono rarissimi i casi in cui si dà all opinione pubblica il quadro complessivo del fenomeno. Neanche questo è secondario. Dire: «un giornalista è stato minacciato» è una cosa. Dire che è uno dei 925 che hanno subito intimidazioni nel corso del 2011 sarebbe tutt altra cosa. Avrebbe un impatto infinitamente maggiore. Non si dice ed è un modo di minimizzare. Un ulteriore modo di minimizzare queste notizie consiste nel confinarle nelle pagine delle cronache locali, anche se indubbiamente hanno una rilevanza generale. La circolazione della notizia in ambito esclusivamente locale ne riduce l effetto e la circolazione e l impatto sull opinione pubblica. È una tecnica di disinfor- Giornalista minacciato? Non fa notizia 371

25 rapporto 2011 mazione ben nota nei regimi autoritari. Dovrebbe essere messa al bando in ogni paese civile. 372 Il caso italiano Il condizionamento violento dell informazione è un fenomeno esteso in tutto il mondo. In Russia negli ultimi venti anni sono stati uccisi oltre duecento giornalisti. In Messico negli ultimi cinque anni c è stata un ecatombe di giornalisti. Minacce, intimidazioni, bavagli sono molto frequenti nei paesi autoritari o di giovane e incerta democrazia. In Italia, per fortuna, siamo lontani da questi livelli. Non per niente l Italia è un paese democratico che pratica e riconosce i diritti umani e si batte affinché siano rispettati in tutto il mondo. Eppure in Italia negli ultimi cinquant anni sono stati assassinati undici giornalisti per fatti di mafia e terrorismo, l ultimo nel Eppure in Italia ci sono centinaia di giornalisti imbavagliati e minacciati. Sono certamente meno di quelli che subiscono gli stessi trattamenti in Bielorussia o in Turchia. Ma in Europa e nel resto del mondo si parla del «caso italiano»: se ne parla perché è strano, insolito, inspiegabile che ciò avvenga in un paese democratico di lunga tradizione; se ne parla perché niente di simile accade in paesi paragonabili all Italia, in Stati di diritto di consolidata democrazia, in Occidente, nel cuore dell Europa. Il «caso italiano» consiste proprio nel fatto che in Italia l informazione giornalistica è ostacolata da gravi impedimenti, diffusi più che in qualunque altro paese europeo di consolidata democrazia e con una storia e un sistema legislativo analoghi. Il «caso italiano» consiste nell incapacità di porre rimedio a una così diffusa minaccia alla libertà di informazione. Se negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia, in un altro paese occidentale avvenisse qualcosa di lontanamente paragonabile a ciò che accade in Italia, se in queste democrazie si verificasse un problema di questa natura, sia pure di minori proporzioni, si griderebbe che la democrazia è in pericolo e la cosa sarebbe presa drammaticamente sul serio. Ecco perché il «caso italiano» fa impressione a livello internazionale, fa discutere, suscita interrogativi e richiami. L Italia vive con imbarazzo e con un senso di vergogna questa condizione. Lo dice anche l inspiegabile silenzio che avvolge la

26 Osservatorio/2-I dati e le interpretazioni vicenda dei giornalisti minacciati. Una vicenda che finora si è tentato di esorcizzare negandola. Quando Ossigeno ha pubblicato il Rapporto 2010 in inglese, spagnolo, tedesco e cinese alcuni giornalisti italiani ai quali è stato chiesto di diffonderlo all estero hanno obbiettato: non è bello fare conoscere problemi che fanno fare brutta figura all Italia. Questa obiezione, oltre all imbarazzo con cui si affronta il problema, rivela anche un certo provincialismo. Ossigeno considera utile e necessario che i problemi, anche questo problema, siano conosciuti e discussi per quel che sono. Tacere non risolve il problema. Il primo passo da fare per affrontare il problema consiste proprio nel parlarne, nel rompere il tabù che impedisce di discuterne, nello scoprire che anche altri hanno o hanno avuto gli stessi problemi. Far conoscere a livello internazionale il caso italiano con le sue effettive connotazioni aiuta a rompere il tabù e lo dice l esperienza di Ossigeno aiuta altri paesi a scoprire e a curare malattie latenti o in incubazione sul proprio territorio. Si può e si deve parlare dei giornalisti minacciati senza disconoscere i meriti dell Italia e del giornalismo nostrano. L Italia può legittimamente vantare un giornalismo di qualità, ha grandi e storiche testate, ha firme che il mondo ci invidia, ha un patrimonio di alte professionalità; ha giornali vivaci e vitali radicati sul territorio. Tutto ciò è un vanto dell Italia che nessuno può negare. Ma bisogna parlarne senza retorica ed ammettere che il grande giornalismo italiano ha anche dei problemi. Innanzitutto è penalizzato da una legislazione sulla stampa carente, arretrata, contraddittoria, punitiva nei confronti dei giornalisti, che mette giornali e giornalisti in una posizione di svantaggio rispetto alle pretese di qualsiasi potere. I giornalisti devono parlarne e battersi affinché questa legislazione sia riformata ed allineata agli standard europei e ai livelli normativi delle grandi democrazie occidentali, come chiedono sempre più spesso le Nazioni Unite e osservatori internazionali come Reporters Sans Frontières, l IPI di Vienna e Article 19 di Londra. In Europa, il sistema italiano dell informazione è da tempo sottoposto ad una sorveglianza speciale, sia a causa di quello che 373

27 rapporto 2011 sinteticamente viene definito «il caso Berlusconi» (concentrazione delle proprietà editoriali e televisive e conflitto di interessi fra politica ed editoria), sia per l elevato numero di giornalisti minacciati, sia per la sostanziale impunità di cui gode chi condiziona i giornalisti con la violenza, sia per gli abusi permessi da leggi e comportamenti pubblici inadeguati, in particolare dalla legge sulla diffamazione che produce condanne che la Corte Europea di Giustizia ha clamorosamente rettificato. Del caso italiano si è parlato a gennaio del 2010 al Consiglio d Europa. In quella sede il relatore del Rapporto McIntosh (vedi Rapporto Ossigeno 2010), nel chiedere un maggior impegno a tutti i Paesi membri e ai loro governi per garantire l incolumità dei giornalisti, ha citato i nomi di alcuni giornalisti italiani costretti da tempo a vivere sotto scorta armata. Di particolare interesse per la situazione italiana è stato anche il richiamo lanciato il 25 marzo del 2010 dall UNESCO, con l ultimo rapporto biennale dell IPDC (Programma Internazionale per lo Sviluppo delle Comunicazioni) sui giornalisti che hanno perso la vita nel mondo a causa del loro lavoro. Il Rapporto elenca 125 giornalisti uccisi in 28 nazioni nel (tre in più rispetto al biennio precedente) e sollecita provvedimenti e iniziative per mettere fine alla sostanziale impunità di cui gode chi minaccia, aggredisce o uccide un giornalista. 374 Il Rapporto UNESCO Il Rapporto UNESCO aiuta a comprendere tre aspetti essenziali: 1. sono i giornalisti impegnati nella cronaca locale quelli che corrono i rischi più gravi. Infatti l 80% dei giornalisti uccisi nel mondo nel non apparteneva alla categoria dei corrispondenti di guerra. Questi giornalisti non lavoravano in paesi in guerra, ma in paesi in pace come l Italia; si occupavano di cronaca, erano corrispondenti locali dei giornali a diffusione nazionale; 2. per ogni giornalista ucciso ce ne sono molti altri minacciati, esposti a gravi violenze. Per l UNESCO, la sostanziale «impunità» di cui gode generalmente chi minaccia o uccide un giornalista, deve essere debellata perché contribuisce a rendere i cronisti «facili bersagli». In altre parole, se minacciare un giornalista

28 Osservatorio/2-I dati e le interpretazioni comporta un rischio basso, «chi vuole impedire che un giornalista indaghi e riveli informazioni di pubblico interesse«si fa meno scrupoli a colpirlo. 3. Il terzo aspetto messo in luce dal Rapporto UNESCO riguarda gli effetti di un clima intimidatorio: «L assenza di minacce ai giornalisti è la condizione essenziale per tutelare il diritto dei cittadini ad avere informazioni attendibili e per proteggere, allo stesso tempo, il diritto dei giornalisti di fornirle senza timore per la loro sicurezza personale. L uccisione dei giornalisti, sebbene costituisca il più grave attacco alla libertà di stampa» si legge nel Rapporto UNESCO «è solo la punta di un iceberg. Gli informatori professionali devono fronteggiare molte altre forme di violenza, quali minacce, intimidazioni, rapimenti, molestie e aggressioni fisiche, come fanno notare le istituzioni professionali dei giornalisti e i centri per la libertà di stampa, con i quali l UNESCO ha rapporti ufficiali, come Reporters Sans Frontières, il Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ) e la Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ). Queste fonti hanno segnalato inoltre attacchi alle organizzazioni dei media e iniziative che mirano a distruggere i loro beni». Queste affermazioni smentiscono convinzione errate, molto radicate, circa la natura dei soggetti che, fra i giornalisti, corrono i rischi più gravi. È strano che non abbiano destato maggiore attenzione, soprattutto in Italia, dove il problema si presenta proprio in questi termini, e con una particolare gravità. 375

29 rapporto 2011 Osservatorio/3 Le armi Visibilità, solidarietà, attenzione pubblica 376 L a cronaca locale è la frontiera più esposta del giornalismo italiano. Il maggior numero di minacciati si conta proprio fra i cronisti, i redattori e i collaboratori dei giornali di provincia, fra i corrispondenti che passano le notizie alle redazioni centrali. Mediamente questi giornalisti subiscono più condizionamenti di quelli che lavorano nelle grandi città. Nelle piccole città chi osserva la realtà e racconta ai cittadini ciò che ha visto con i propri occhi, corre più rischi perché i condizionamenti sono diretti e pesanti ed è difficile evitarli. Spesso in provincia il prevaricatore di turno fa parte della cerchia delle conoscenze, agisce a distanza ravvicinata, tratta il cronista che lo mette in difficoltà rivelando verità scomode come un nemico personale, compie attacchi ben mirati per denigrarlo, isolarlo e neutralizzarlo. L isolamento del cronista attaccato si manifesta in vari modi, innanzitutto con la negazione della solidarietà, con la solidarietà finta, stiracchiata dei suoi colleghi, con le note di solidarietà ufficiali emesse malvolentieri e in ritardo, firmate con la mano sinistra, svalutate dal comportamento degli stessi firmatari. È facile riconoscere la finta solidarietà: ha il suono fiacco di una moneta falsa. Chi vuole dare una solidarietà vera si mette accanto alla vittima, si identifica con lui, sfida il prevaricatore a prendersela Problemi dell informazione / a. XXXVI, n. 4, dicembre 2011

30 Osservatorio/3-Le armi con lui, condivide il pericolo, come fecero a Locri, a ottobre del 2005, dopo l assassinio di Francesco Fortugno, i cittadini che sfilarono per le strade con lo slogan «E adesso ammazzateci tutti». È raro che i giornalisti facciano qualcosa del genere per i loro colleghi minacciati. È raro, ma qualche volta l hanno fatto. Il caso più celebre resta la passeggiata di solidarietà con Lirio Abbate minacciato di morte, che centinaia di giornalisti di ogni parte d Italia fecero a Palermo, a settembre del Sembrò il debutto di un modo di reagire più adeguato e consapevole e invece è rimasto un atto isolato sebbene non siano mancate le occasioni per ripetere quel gesto collettivo. I colleghi del giornalista minacciato trovano mille ragioni per non fare niente del genere, per negare quella «scorta mediatica» che più volte da allora è stata indicata come la difesa più efficace che si può dare a un cronista minacciato. Di solito si fanno mille distinguo. Per prima cosa gli altri giornalisti mettono in dubbio le minacce. Quando le considerano attendibili, possono mettere in dubbio la condotta della vittima. Alcuni apertamente rivolgono al malcapitato le fatidiche domande: «Ma dovevi proprio darla, quella notizia?», lasciando sottinteso il resto della frase: «Potevi fare come me, potevi fingere di non saperne nulla». Spesso il malcapitato che osa mettere in discussione questa filosofia della notizia viene aggredito con altre frasi ricorrenti: «Ma chi ti credi di essere? Non vedi che ci metti tutti in pericolo?». E così, con vari pretesti, il minacciato può finire in stato d accusa ed essere chiamato a giustificarsi presso gli organi disciplinari della categoria. Non va sempre così, ma accade. Si dice Italia, ma l Italia è un insieme di tante realtà diverse, anche per quanto riguarda l informazione giornalistica. C è una parte centrale del territorio nazionale illuminata a giorno dall informazione giornalistica e intorno c è una grande periferia scarsamente illuminata. C è l Italia delle città e dei grandi capoluoghi, in cui sono concentrate le redazioni dei maggiori giornali e dei notiziari radiotelevisivi, in cui due o più quotidiani e altri media ad alta audience si contendono lettori e ascoltatori a colpi di Dove il giornalismo è più debole 377

31 rapporto 2011 notizie, in cui la popolazione dei giornalisti di professione è numerosa, in cui un giornalista in difficoltà può andare a lavorare per un altra testata, in cui (quasi) tutto ciò che avviene viene messo un piena luce dal giornalismo. E c è il resto d Italia, e cioè una grande parte del paese in cui l illuminazione giornalistica è fioca e lascia molte zone in ombra o proprio al buio. Questa grande periferia del giornalismo comincia nei quartieri delle grandi città. È suddivisa in contrade assegnate ciascuna all influenza di un editore dominante che, come un signorotto feudale, ha il monopolio della cronaca locale, spesso in virtù di patti di cartello con altri editori, patti che l Antitrust sanzionerebbe se fossero stipulati nell Italia ben illuminata. Chi lavora nei giornali dell Italia poco illuminata deve selezionare le notizie con criteri diversi da quelli indicati nei manuali di giornalismo. I giornalisti che lavorano in questa «periferia» e in questi giornali non hanno gli stessi diritti generalmente riconosciuti ai giornalisti metropolitani. È fonte di problemi che in Italia aree così differenziate possano coesistere. Ed è strano che si faccia così poco per far prevalere le regole del buon giornalismo in tutto il territorio nazionale. Denaro pubblico e buon giornalismo 378 Eppure si potrebbe fare molto, qualcosa anche subito, ad esempio aggiornando le regole del finanziamento pubblico all editoria, lo strumento pubblico più potente e più incisivo in campo editoriale, che dovrebbe servire soprattutto ad incoraggiare il buon giornalismo. Mentre le difficoltà di bilancio dello Stato costringono a ridurre questi finanziamenti e a varare nuove regole di erogazione, tenendo conto di esigenze di bonifica e moralizzazione, si dovrebbe cogliere l occasione per fare di queste risorse un uso finalizzato a incoraggiare il giornalismo di qualità e di servizio, ad esempio chiedendo a chi richiede contributi pubblici per l editoria alcuni impegni solenni: a rispettare la libera concorrenza, il pluralismo dell informazione e il diritto dei cittadini di essere informati correttamente in modo completo e imparziale, a produrre le notizie avvalendosi in misura pressoché assoluta di professionalità giornalistiche, a svolgere una funzione informativa di servizio pubblico pubblicando senza omissioni le notizie di inte-

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