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1 Giuseppe Morgese LA PROTEZIONE GIURIDICA DELLE INVENZIONI BIO- TECNOLOGICHE NELL UNIONE EUROPEA II edizione (dispensa finalizzata allo studio dell esame di Elementi di diritto dell Unione europea per le biotecnologie, Facoltà di Scienze biotecnologiche, Università degli Studi di Bari Aldo Moro) si ringrazia la dott.ssa Micaela Lastilla per l aggiornamento di alcune parti della dispensa SOMMARIO: 1. Cenni generali sui diritti di proprietà intellettuale. 2. Il brevetto per invenzione. 3. Introduzione alle invenzioni biotecnologiche. 4. La direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. 5. Cenni alla legge italiana 78/2006 di attuazione della direttiva UE. 1. Cenni generali sui diritti di proprietà intellettuale. Definizioni. Con l espressione proprietà intellettuale si intende sia la categoria della proprietà industriale (marchi, brevetti, disegni industriali, disegni e modelli ornamentali) che quella della proprietà letteraria e artistica (diritto d autore e diritti connessi). Il termine proprietà intellettuale designa in particolare l insieme dei diritti riconosciuti da un determinato ordinamento per la tutela dei c.d. beni immateriali. Beni materiali e immateriali. I beni immateriali sono diversi da quelli materiali, come si vede nella seguente tabella: Beni materiali Sono fisicamente presenti nella realtà anche senza che il sistema giuridico si occupi di loro Esistono in quanto già estrinsecati nella loro materialità Beni immateriali Non sono fisicamente presenti nella realtà ma rappresentano il frutto di una specifica previsione legislativa quanto alla loro stessa fattispecie costitutiva Esistono a prescindere dalla loro estrinsecazione materiale 1

2 Il mezzo fisico è imprescindibile Ogni bene materiale può circolare in un solo unico esemplare, quello cioè che viene fabbricato Il bene materiale non sopravvive alla distruzione dell esemplare fisico Il bene materiale può essere goduto solo da un soggetto alla volta Il bene materiale è suscettibile di immediato godimento economico il mezzo fisico è necessario ma strumentale rispetto alla creazione intellettuale Il bene immateriale può circolare in un numero indefinito di esemplari in ragione della sua virtualmente infinita riproduzione Il bene immateriale sopravvive sia al proprio autore sia al mezzo di estrinsecazione Il bene immateriale può essere goduto da un numero indeterminato di soggetti nello stesso momento in ragione del numero indeterminato delle sue estrinsecazioni materiali Il bene immateriale non è suscettibile di immediato godimento economico perché richiede una realizzazione materiale In linea di massima, al titolare di un diritto di proprietà intellettuale sono riconosciute facoltà esclusive con effetti erga omnes (cioè, nei confronti di tutti gli altri soggetti) in ordine alla produzione e alla commercializzazione dei beni incorporanti tali diritti. Ciò, tuttavia, solo all interno dell ordinamento che riconosce tali diritti e alle condizioni ivi previste. Breve storia. L elaborazione giuridica dei diritti sui beni immateriali è piuttosto recente rispetto alla compiuta elaborazione dei diritti sui beni materiali risalente alla tradizione giuridica romana. La prima legislazione moderna a tutela dei beni immateriali è stata adottata nel campo brevettuale all inizio dell età rinascimentale nella Repubblica di Venezia. La Parte veneziana del 1474 era stata emanata per incoraggiare l attività inventiva dei singoli a fronte del monopolio commerciale delle corporazioni mercantili. Essa prevedeva la concessione di uno speciale privilegio agli inventori, la lettera patente (da cui il termine anglosassone patent); stabiliva inoltre i requisiti oggettivi della novità, della particolare ingegnosità della soluzione e della sua realizzabilità affinché l invenzione potesse essere tutelata. Venivano indicate quali giustificazioni per una simile tutela lo stimolo dell attività inventiva, il compenso delle spese sostenute dall inventore, il diritto sulla creazione e l utilità sociale della stessa. Esigenze di tutela nei confronti delle opere artistiche e letterarie vennero invece in rilievo pochi decenni più tardi, in Inghilterra: con l invenzione della stampa a caratteri mobili, si aveva per la prima volta la possibilità di riprodurre il contenuto intellettuale 2

3 delle produzioni letterarie in un numero virtualmente illimitato di esemplari. All inizio la tutela veniva attribuita (non all autore ma) all editore per lo sforzo economico della pubblicazione. La prima compiuta legge sul diritto d autore che attribuisce tutela all autore è lo Statuto della regina Anna d Inghilterra del Oggetto e giustificazioni della tutela della proprietà intellettuale. Al riguardo, vi sono diverse teorie. La teoria della remunerazione considera che sarebbe ingiusto non ricompensare autori e inventori per il loro sforzo creativo: la remunerazione, che è solamente potenziale, si sostanzia nella garanzia che le possibilità di ritorno economico derivante dallo sfruttamento della creazione intellettuale non vengano pregiudicate da atti di concorrenza sleale e dall appropriazione indebita di terzi. La teoria della incentivazione afferma invece che non vi sarebbe attività creativa in mancanza degli incentivi offerti dal sistema. La teoria economica è parzialmente differente dalla precedente e sostiene che una tutela inesistente renderebbe svantaggiosi eventuali investimenti per sviluppare e commercializzare un invenzione o un opera dell ingegno: questa sembra essere la ragione più fondata per la predisposizione di un sistema di tutela della proprietà intellettuale, almeno nei Paesi industrializzati. La teoria della giustizia naturale si fonda su di un diritto, appunto naturale, dell autore o dell inventore di impedire a terzi la realizzazione della propria opera. Secondo la teoria dello scambio, infine, in mancanza di tutela il creatore non condividerebbe il risultato della sua attività con gli altri consociati. Da un punto di vista strettamente pratico, le ragioni dell apprestarsi di una qualche forma di protezione nei confronti dei beni immateriali risiedono nella semplice constatazione empirica per cui, se essa non vi fosse, la particolare natura di tali beni consentirebbe a chiunque di appropriarsene e utilizzarle economicamente o per altri scopi. Quest ultima considerazione ha da tempo orientato l attività legislativa e giurisprudenziale verso la tutela delle probabilità di guadagno conseguibili attraverso l utilizzazione economica del bene immateriale: questa tutela viene attribuita al creatore del medesimo bene a fronte dell altrui indebita appropriazione e utilizzazione. È peraltro degno di nota il fatto che, da un punto di vista storico, vi sia sempre stato un largo consenso sulla necessità politico-economica di un sistema di tutela della proprietà intellettuale. Limiti ai diritti di proprietà intellettuale. Il ruolo sempre più ampio, in termini economici ma non solo, che i prodotti dell ingegno hanno assunto nel corso dei secoli è stato di stimolo anche all individuazione di determinati limiti nei confronti di una loro eccessiva tutela. Infatti, la tutela dei diritti di proprietà intellettuale deve contemperare l obiettivo di tutelare l autore della creazione intellettuale (finalità statica) con quello di assicurare la continuità dell evoluzione tecnologica e scientifica di una società industriale 3

4 avanzata (finalità dinamica). Era dunque necessario trovare un compromesso tra queste due finalità. Nel campo delle invenzioni, il conflitto tra l interesse privato allo sfruttamento esclusivo del bene immateriale e quello della collettività all appropriazione dei benefici derivanti dalla creazione è stato risolto riconoscendo a tale creazione le prerogative del diritto assoluto di proprietà ma limitandolo nel tempo, imponendo al titolare l obbligo di utilizzo e ammettendo determinate eccezioni quali la possibilità di autorizzare la concessione di licenze obbligatorie (atti con cui la pubblica amministrazione assegna a se stessa o a terzi, senza il consenso del titolare, tutte o determinate facoltà contenute nel diritto di proprietà intellettuale). Nell àmbito del diritto d autore, invece, il conflitto è tra l interesse privato allo sfruttamento delle opere e il beneficio per la società derivante dalla promozione del progresso culturale oltre che della libertà di espressione e di confronto delle idee: qui il compromesso ha consigliato di riconoscere a tale creazione le prerogative del diritto assoluto di proprietà ma la tutela viene limitata (a differenza che nel sistema brevettuale) alla creazione artistica e non all idea sottostante. Ruolo delle imprese. Soprattutto a partire dagli anni 70 del secolo scorso, accanto agli autori o agli inventori e alla collettività in senso ampio, si è assistito alla crescente importanza assunta nel settore della proprietà intellettuale dalle imprese quali soggetti dell attività economica. Di fronte alla diversificazione produttiva e commerciale, al sempre più difficile accesso del singolo al capitale, e al volume degli interessi economici coinvolti, l attenzione si è spostata sempre di più dalla tutela del creatore dell opera dell ingegno alla protezione della componente economico-commerciale. Oggigiorno, è l impresa il vero centro di interessi meritevoli di tutela nel settore dei beni immateriali, essendo il luogo di incontro della domanda e dell offerta artistica e tecnologica. La figura dell inventore solitario è ormai quasi un retaggio del passato, sostituito sempre più dall attività di ricerca scientifica e tecnologica svolta all interno delle società commerciali spesso multinazionali. Anche la figura dell autore soggiace nella maggior parte dei casi alla volontà dell industria dell entertainment, capace di meglio interpretare e indirizzare i gusti dei consumatori. Ciò ha però comportato la progressiva scissione tra il creatore (o i creatori) e il soggetto che organizza e finanzia la ricerca (o promuove lo sviluppo dell opera artistica) in vista di un suo sfruttamento commerciale. Questo fenomeno è ormai talmente rilevante da far riflettere sullo stesso titolo di acquisto del diritto di proprietà intellettuale: ci si potrebbe chiedere, infatti, se i diritti concernenti lo sfruttamento economico del bene immateriale appartengano non tanto al creatore quanto al soggetto che si è assunto il rischio economico dell attività di ricerca. La dimensione internazionale. Quanto detto sinora trova conferma nell evoluzione che la tutela della proprietà intellettuale ha avuto sul piano 4

5 internazionale. Il diritto d autore ha infatti per sua natura vocazione transnazionale, atteso da un lato l interesse dell autore alla maggiore diffusione possibile delle sue opere e dall altro quello della collettività alla promozione e divulgazione della cultura nell àmbito di un libero flusso delle informazioni. Ma anche le invenzioni industriali tradizionalmente circolano da Paese a Paese per gli stessi motivi: inoltre, le particolari esigenze dei Paesi meno sviluppati ne fanno mezzo imprescindibile di miglioramento economico e sociale. Il principio di territorialità. Ciò ha posto l esigenza di individuare forme appropriate di tutela transnazionale dei diritti sui beni immateriali. Nella sua dimensione internazionale, però, una tutela della proprietà intellettuale che voglia dirsi efficace implica la necessità di dare soluzione al problema della territorialità. Quando si parla di territorialità, si fa riferimento alla circostanza per cui le norme nazionali (o UE) in materia di diritti sui beni immateriali sono solite determinare la sfera di efficacia spaziale di questi ultimi come coincidente con il territorio dello Stato di brevettazione, di registrazione o di pubblicazione. Ciò non solo nel senso che la tutela concessa dal Paese X è limitata ai beni immateriali creati sul territorio nazionale X; ma anche nel senso che la tutela del Paese X è indipendente da quella accordata o negata in altri ordinamenti Y o Z. I maggiori problemi derivano in particolare dalla insuscettibilità della creazione intellettuale (al contrario della sua estrinsecazione materiale) ad essere localizzata da un punto di vista spaziale. Infatti, possono essere localizzati nello spazio i negozi giuridici che abbiano a oggetto detta creazione (acquisto, cessione, ecc.) e i relativi soggetti sono collegabili a un determinato ordinamento giuridico. Al contrario, la creazione intellettuale come tale può essere invece simultaneamente disciplinata da diversi ordinamenti: ad un unica creazione dell ingegno possono in realtà corrispondere una pluralità di beni immateriali, in relazione alla possibilità che ogni ordinamento giuridico nazionale consenta o meno, e a diverse condizioni, di costituire un bene immateriale sulla medesima creazione intellettuale. Dato il carattere intrinsecamente territoriale dei diritti sui beni immateriali, si è sentita in maniera sempre più pressante l esigenza di superare i vincoli delle delimitazioni nazionali e quindi di accordare tutela ai titolari di diritti nazionali di proprietà intellettuale anche negli ordinamenti di altri Paesi. Le Convenzioni di Berna e Parigi. Per questo motivo sono state adottate, alla fine del XIX secolo, due specifiche convenzioni: la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (1886) e la Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale (1883). Le due Convenzioni non creavano un autonomo diritto di proprietà intellettuale ma erano basate sul principio del trattamento nazionale, sul principio di priorità e su poche altre regole specifiche. Esse permettevano al titolare cittadino di uno Stato parte di godere in un altro Stato parte della tu- 5

6 tela concessa ai nazionali di quest ultimo Paese. Secondo il principio del trattamento nazionale, infatti, ogni Stato parte doveva garantire ai titolari di diritti di proprietà intellettuale cittadini delle altre Parti contraenti un livello di tutela non dissimile a quello accordato ai propri cittadini. Il principio della priorità implicava invece, per il soggetto che richiedeva in uno Stato parte la protezione prevista per un diritto di proprietà intellettuale, la possibilità di disporre di un certo periodo di tempo per chiedere la stessa tutela in altri Stati contraenti, in modo tale che le successive domande si considerassero depositate retroattivamente alla data della prima e, di conseguenza, al riparo da eventuali depositi fraudolenti da parte di terzi. Le due convenzioni soffrivano però di alcuni limiti. Anzitutto, l obbligo del trattamento nazionale evitava unicamente le disparità di trattamento tra beneficiari ma non obbligava ogni Stato parte a parte alcuni diritti sanciti nelle convenzioni, quando effettivamente applicati a garantire un livello adeguato in assoluto di tutela a tutti i titolari di diritti di proprietà intellettuale. Esse poi erano carenti anche sotto il profilo sostanziale: soprattutto, non venivano definite alcune questioni fondamentali (come, tra gli altri, i criteri per la brevettazione di un invenzione) e non trovavano ovviamente riconoscimento alcuni nuovi prodotti dell ingegno (quali ad esempio i software e i circuiti integrati) che andavano assumendo sempre maggior importanza nel corso del XX secolo. Dagli anni 60 agli anni 90. La situazione non cambiò neanche con l istituzione nel 1967 della Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (OMPI), che aveva sin dall inizio compiti generici e non prevedeva alcuna procedura per la risoluzione delle controversie tra gli Stati. Dagli anni 60, poi, si affacciarono sulla scena internazionale i nuovi Stati excoloniali che avanzavano diverse pretese anche in materia di proprietà intellettuale, la qual cosa provocò significativi contrasti con i Paesi industrializzati. In particolare, si determinava una crescita esponenziale dei fenomeni di contraffazione e pirateria. In questo contesto, i principali Paesi industrializzati agirono prima in maniera isolata e frammentaria: in particolare gli Stati Uniti, a partire dalla seconda metà degli anni 70, iniziarono a condizionare la concessione di agevolazioni commerciali ai Paesi in via di sviluppo a una effettiva tutela della proprietà intellettuale. In sèguito, con la creazione nel 1994 dell Accordo TRIPs nell àmbito del sistema dell Organizzazione mondiale del commercio (OMC), tutti i Paesi membri dell OMC e soprattutto i Paesi pirata e contraffattori hanno dovuto progressivamente introdurre nei loro ordinamenti interni numerose norme a tutela dei diritti di proprietà intellettuale, quali la protezione stringente dei brevetti e la tutela delle opere artistiche. Oggigiorno, l Accordo TRIPs contiene la disciplina minima uniforme in materia di proprietà intellettuale per un importante numero di Paesi. 6

7 2. Il brevetto per invenzione. L istituto del brevetto per invenzione trova le sue radici nella necessità di tutelare i risultati della innovazione tecnologica. Nell economia moderna vi è infatti uno stabile eccesso di offerta rispetto alla domanda: pertanto, non è possibile attuare solo una concorrenza di prezzo ma è necessario sviluppare una concorrenza di innovazione. L innovazione può attenere sia alla fase della produzione industriale (es. un nuovo prodotto industriale oppure un nuovo procedimento per ottenere un vecchio prodotto a costi più bassi) sia a quella della commercializzazione (es. nuove modalità di vendita come quella a rate o quella per corrispondenza). La maggior parte delle innovazioni tecnologiche investe ancor oggi la fase della produzione industriale. La tutela dell innovazione produttiva può essere ottenuta in due maniere: mediante il segreto commerciale (che ha il vantaggio di tutelare virtualmente per sempre, ma una volta rivelato o scoperto non protegge più l inventore dalla concorrenza degli altri soggetti) oppure con lo strumento del brevetto per invenzione (che ha il vantaggio di proteggere adeguatamente l inventore dalla concorrenza degli altri soggetti, ma la cui tutela è limitata nel tempo). Il brevetto per invenzione, quindi, è l istituto giuridico attraverso il quale un ordinamento assicura all inventore (o ad altri soggetti autorizzati da quest ultimo) il diritto di vietare agli altri l utilizzazione dell invenzione per un certo periodo di tempo. In sostanza, il brevetto rappresenta un patto tra l inventore e la collettività, patto ispirato alla logica della rivelazione. Di regola, il brevetto è capace di proteggere solo le invenzioni industriali, mentre per le invenzioni organizzative o commerciali rimane la tutela (debole) del segreto. Fino a qualche decennio fa, il brevetto era strutturato per dare tutela quasi esclusivamente alle invenzioni nel campo della meccanica. L emergere di nuovi settori della tecnica (la chimica, l elettronica, l informatica, la biotecnologia) ha provocato tuttavia la necessità di adattare le regole tradizionali. Nei nuovi settori, laddove non si applicano regole speciali in considerazione delle peculiarità di ogni settore, rimangono tuttavia applicabili in via residuale le regole generali. Scoperta e invenzione. La tradizionale linea di demarcazione tra ciò che è brevettabile e ciò che non lo è risiede nella distinzione tra scoperta e invenzione. La scoperta attiene a tutte le realtà che sono già presenti in na- 7

8 tura ma non sono fino a quel momento conosciute. L invenzione può essere invece definita come la soluzione nuova e originale a un problema tecnico. Nel campo della meccanica, questa distinzione permette di tracciare una sicura linea di confine tra le invenzioni brevettabili e le scoperte non brevettabili. Nei nuovi settori, invece, ciò non sempre è possibile. Ad esempio, nel settore biotecnologico si ha a che fare con materiale biologico, per definizione sempre esistente in natura, e quindi la tradizionale distinzione qualora applicata senza alcun adattamento non permetterebbe di qualificare in nessun caso quelle biotecnologiche come invenzioni. Anche per questo motivo è preferibile una distinzione tra scoperte in sé considerate (che sono quelle che attengono a realtà già presenti in natura ma non conosciute, e che inoltre rivestono un carattere solo teorico perché non svolgono alcuna funzione: cioè, non c è alcuna attività dell uomo e per questo non sono brevettabili) e invenzioni (intese come qualunque ritrovato meccanico, chimico e anche biotecnologico che, con l intervento dell uomo, sia in grado di svolgere in concreto una funzione, di dare una soluzione originale a un problema preesistente, anche se il medesimo ritrovato è già presente in natura: in questo modo, sono brevettabili). Tipologia di invenzioni. Si distingue tradizionalmente tra invenzioni di prodotto (che hanno a oggetto un bene materiale, ad es. uno strumento meccanico, una macchina, un composto chimico, un microorganismo) e invenzioni di procedimento (che invece consistono in tecniche di produzione di beni o realizzazione di servizi). Dunque, vi può essere una nuova invenzione di procedimento per fabbricare un prodotto già esistente. Indicazione dell uso. Entrambi i tipi di invenzioni devono indicare almeno un uso del prodotto o del procedimento. Infatti, il problema tecnico per la cui soluzione viene richiesto un brevetto è quello che deve essere risolto attraverso l uso del prodotto o procedimento. Nessun problema per le invenzioni di procedimento: finora non è mai capitato che la domanda di brevetto per un invenzione di procedimento non indicasse anche il suo uso (cioè, il risultato finale del procedimento stesso). Nessun problema neanche per le invenzioni di prodotto nel campo della meccanica: in genere viene richiesto un brevetto per un invenzione che consente la realizzazione di un prodotto di cui si conosce almeno un uso. Per quanto riguarda le invenzioni di prodotto nel campo della chimica e della biotecnologia, invece, vi sono maggiori problemi: capita infatti che si richieda un brevetto per un composto chimico nuovo di cui ancora non si sia individuato un possibile uso; oppure che si richieda un brevetto per la decodifica di un virus senza che si sappia proporre un uso di tale informazione. Ciò viene fatto per un motivo pratico: il brevetto di prodotto tutela l inventore per tutti i possibili usi di quel prodotto, passati presenti e futuri. Per evitare pertanto di limitare oltre misura l innovazione successiva, bisogna indicare almeno un uso del pro- 8

9 dotto per la cui invenzione si richiede un brevetto. In mancanza, non è possibile ottenere un brevetto di prodotto. Requisiti per la brevettabilità. Per essere brevettabile, un invenzione deve possedere (o non possedere) alcuni requisiti, quali la novità, l attività inventiva, l applicazione industriale, la liceità e la sufficiente descrizione. Segue: novità. È considerato nuovo tutto ciò che non fa parte dello stato della tecnica. Questa dizione comprende qualsiasi tipologia di divulgazione. Quando viene depositata la domanda di brevetto, l invenzione cioè non deve essere già stata resa disponibile al pubblico con una descrizione scritta o orale, con una utilizzazione o qualsiasi altro mezzo. Anche la predivulgazione da parte dell inventore ne pregiudica lo stato di novità rendendola non più brevettabile. Tuttavia, in base all operare della regola della Convenzione di Parigi, la novità non viene pregiudicata qualora si eserciti il diritto di priorità di 6 mesi. Segue: attività inventiva (o originalità). Un invenzione soddisfa tale requisito se, per una persona esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica. A differenza della novità, l attività inventiva è un requisito soggettivo ed interpretabile secondo il punto di vista degli esaminatori delle domande di brevetto. A livello europeo esistono delle linee-guida da seguire per garantire un esame oggettivo dell attività inventiva. In Italia, invece, mancano simili linee-guida: una domanda di brevetto viene esaminata da un tecnico, esperto del settore di appartenenza dell invenzione che, soggettivamente, valuterà l attività inventiva della stessa. Segue: applicazione industriale. Un invenzione è considerata atta ad avere applicazione industriale se il suo oggetto può essere fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere d industria. In sostanza, ciò implica la c.d. ripetibilità del processo di fabbricazione per un numero non finito di volte con risultati costanti. In questo assume fondamentale importanza, come si è detto in precedenza, l uso (cioè, almeno un uso) per il quale l invenzione viene brevettata. In Europa vige il sistema delle c.d. rivendicazioni, che vengono allegate alla domanda di brevetto e permettono di conoscere la finalità dell invenzione di cui si richiede il brevetto. Nel settore dei brevetti biotecnologici, poi, l indicazione dell uso diventa requisito indispensabile: non è infatti possibile brevettare alcun tipo di materiale biologico se non legato ad almeno una specifica funzione. Segue: liceità. L invenzione è lecita quando il suo sfruttamento non è contrario all ordine pubblico ed al buon costume. Anche se il brevetto non attribuisce al proprio titolare il diritto di attuare l invenzione, ma solo quello di vietare a terzi di utilizzarla, questo limite alla brevettabilità è presente in 9

10 tutte le legislazioni europee. Come vedremo, nel settore delle biotecnologie questa clausola assume particolare rilevanza. Segue: sufficiente descrizione. È necessario, perché sia valida, che l invenzione sia descritta in modo sufficientemente chiaro e completo in modo che una persona esperta del settore possa attuarla senza dover fare ulteriori ricerche e senza nemmeno dover separare le informazioni utili da altre inutili. Questo requisito, a differenza dei precedenti, non riguarda l invenzione stessa ma la domanda di brevetto. Nel settore delle biotecnologie, questo requisito assume particolare rilevanza, in quanto è possibile soddisfare questo requisito depositando un campione, ad esempio, del microorganismo. Esclusioni dalla brevettabilità. Di regola, non sono brevettabili le scoperte in sé considerate; le teorie scientifiche e i metodi matematici; i piani, i principi e i metodi per attività intellettuali, per giochi o per attività commerciali ed i programmi per elaboratore (in Europa, il software soggiace alla differente tutela del diritto d autore); le presentazioni di informazioni in quanto tali; i metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale e i metodi di diagnosi applicati al corpo umano o animale (questa disposizione non si applica però a determinati prodotti, in particolare alle sostanze o alle miscele di sostanze, quali i farmaci, per l attuazione di uno dei metodi nominati); le razze animali ed i procedimenti essenzialmente biologici per l ottenimento delle stesse (sono invece brevettabili, come vedremo, i procedimenti microbiologici ed i prodotti ottenuti mediante questi procedimenti); tutto ciò che non è prodotto dell invenzione umana ed è esistente in natura, come il genoma umano o le vitamine. Contenuto del diritto di brevetto. Il titolare di un brevetto di prodotto ha il diritto esclusivo di vietare a terzi, salvo suo consenso, a) di produrre il prodotto in questione (a prescindere dal procedimento utilizzato) limitatamente all uso spiegato nella domanda e agli usi c.d. equivalenti ; b) di usare il prodotto in questione limitatamente all uso spiegato nella domanda e agli usi c.d. equivalenti (pertanto, è possibile brevettare autonomamente il nuovo uso non-equivalente di un prodotto già brevettato; ciò vale soprattutto per i nuovi usi di composti chimici o di trovati biotecnologici, ove spesso il rapporto struttura-funzione non è perfettamente chiaro al momento della domanda di brevettazione e quindi lascia margini ulteriori di brevettazione per la ricerca successiva); c) di mettere in commercio il prodotto in questione limitatamente all uso spiegato nella domanda e agli usi c.d. equivalenti ; d) di vendere il prodotto in questione limitatamente all uso spiegato nella domanda e agli usi c.d. equivalenti ; e) di importare il prodotto in questione limitatamente all uso spiegato nella domanda e agli usi c.d. equivalenti. 10

11 Il titolare di un brevetto di procedimento ha invece il diritto esclusivo di vietare a terzi, salvo il suo consenso, a) di applicare il procedimento brevettato; b) di usare, mettere in commercio, vendere o importare il prodotto direttamente ottenuto con il procedimento in questione (è dunque possibile brevettare autonomamente un nuovo procedimento per l ottenimento di un prodotto già brevettato, a meno che non esista già anche un brevetto di prodotto). Si possono richiedere contemporaneamente un brevetto di prodotto e uno di procedimento relativi alla medesima invenzione. Procedura di brevettazione in Italia. Chi intende ottenere un brevetto deve presentare una domanda all Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM). Questo ufficio svolge una ricerca di anteriorità (che serve a stabilire se l invenzione per cui si richiede il brevetto è nuova o no, e viene effettuata per conto dell UIBM dall Ufficio Europeo dei Brevetti o UEB) e un esame di brevettabilità per verificare se la domanda di brevetto risponde agli altri requisiti. In questa fase, il richiedente del brevetto può presentare osservazioni alle eventuali obiezioni dell esaminatore e anche modificare la domanda di brevetto. Non è però consentito estendere il contenuto della domanda di brevetto oltre quanto originariamente presentato nelle rivendicazioni. Se i requisiti di brevettabilità sono soddisfatti, l UIBM concede il brevetto. In Italia, la durata del brevetto è di venti anni dalla data del deposito della domanda, a patto che vengano pagate le prescritte tasse annuali per il mantenimento in vita del brevetto. Se queste tasse non vengono pagate per tempo, il brevetto decade prima della sua scadenza ventennale e l invenzione diviene di dominio pubblico, cioè liberamente riproducibile da chiunque. Se entro tre anni dalla concessione del brevetto l invenzione non viene realizzata, chiunque può chiedere che gli venga concessa una licenza (obbligatoria, ma non gratuita) per realizzare l invenzione. Una tale licenza obbligatoria può essere richiesta anche dal titolare di un brevetto successivo, se questa invenzione rappresenta un importante progresso tecnico rispetto a quella del brevetto da cui dipende, e non possa essere attuata senza pregiudizio dei diritti del titolare del brevetto anteriore. Se infine l invenzione è creata dal lavoratore nell esecuzione di contratto di lavoro subordinato, questi ha diritto ad un equo compenso solo e soltanto se l impresa per la quale lavora non remunera nello stipendio dell inventore la sua attività inventiva. Brevetto europeo. Per quanto riguarda invece il brevetto europeo, esso è stato istituito con la Convenzione di Monaco sul brevetto europeo (CBE) del Gli Stati che aderiscono alla CBE sono 37 (e cioè i 27 Stati dell Unione europea più l Islanda, il Liechtenstein, il Principato di Monaco, la Svizzera, la Croazia, San Marino, la Turchia, l Ungheria, la Repubblica di Macedonia e l Albania). A questi si aggiungono alcuni Stati non aderenti che però riconoscono i brevetti europei su richiesta (Bosnia e Herzegovina, Montenegro e Serbia). Sebbene si parli di brevetto europeo come se fosse un titolo unitario, in effetti non è così: si è semplicemente uniformata la 11

12 procedura di valutazione delle domande di brevetto tra i Paesi che fanno parte della CBE. Per questo motivo, il titolo europeo, una volta rilasciato, non è altro che un insieme di brevetti nazionali: in sostanza, esso conferisce al titolare gli stessi diritti che gli verrebbero conferiti se venissero richiesti e concessi tutti i diversi brevetti nazionali degli Stati designati. Questo vuol anche dire che entrambi i tipi di brevetti, quelli nazionali e quello europeo, coesistono. I brevetti europei sono esaminati e concessi secondo una procedura gestita dall Ufficio europeo dei brevetti (UEB), con sede a Monaco, dopo un accurata ricerca dello stato della tecnica e un esame di merito che ne verifica i requisiti di brevettabilità. I requisiti principali di brevettabilità nella CBE sono la novità, l attività inventiva, l applicabilità industriale, la chiarezza delle rivendicazioni, e la descrizione che deve permettere la riproducibilità dell invenzione. Un brevetto europeo convalidato in 13 Paesi può costare fino a 20mila euro, di cui quasi 14mila per le sole traduzioni nelle lingue di ciascun Paese. Ciò significa che in Europa un brevetto è dieci volte più oneroso che negli Stati Uniti, dove costa all incirca l equivalente di 1900 euro. Il progetto di brevetto comunitario. Nello specifico àmbito dell allora Comunità europea, era stato creato il brevetto comunitario, titolo brevettuale unitario valevole per l intero territorio comunitario. Esso era stato istituito con la Convenzione di Lussemburgo del 1975 (da tutti quelli che allora erano gli Stati membri CE). Non intendeva essere un fascio di brevetti nazionali, come il brevetto europeo, ma un unico titolo valido in maniera unitaria negli Stati che vi avevano partecipato. La Convenzione del 1975 non è però mai entrata in vigore per via delle resistenze di alcuni Paesi (Danimarca ed Irlanda su tutti) manifestate dopo la sottoscrizione. Nel corso degli anni numerosi sono stati i tentativi di superare la situazione di stallo legata soprattutto all attribuzione esclusiva al giudice comunitario della competenza di decidere sulla nullità del brevetto. Una soluzione a questo problema è stata data nel dicembre 1988 con la sottoscrizione di un nuovo testo modificato: ma anche in questo caso la convenzione non è stata ratificata a causa di problemi di prestigio nazionale legati alla lingua nella quale dovrebbe essere redatta la domanda di brevetto. Nel 2000 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sul brevetto comunitario. Essa per lungo tempo non è stata approvata a causa della questione della traduzione delle rivendicazioni di brevetto. Il testo originale della proposta prevedeva che le rivendicazioni di brevetto fossero tradotte in tutte le lingue ufficiali dell UE. Successivamente, la Commissione ha optato per una soluzione fondata su tre lingue: inglese, tedesco e francese. L Italia, supportata da altri Paesi, si è opposta al regime del trilinguismo perché considerato discriminatorio. L Italia ha proposto l utilizzo del sistema pentalinguistico 12

13 (anche italiano e spagnolo) oppure della sola lingua inglese, incontrando l opposizione soprattutto di Francia e Germania. Segue: la cooperazione rafforzata e il pacchetto brevetti del Lo scontro in sede di Consiglio UE si è acuito quando la maggior parte dei Paesi (in primis, Francia e Germania) ha proposto di ricorrere al meccanismo della cooperazione rafforzata. Italia e Spagna si sono subito opposte. Nel marzo 2011 il Consiglio ha autorizzato la cooperazione rafforzata con decisione 2011/167/UE, superando l obiezione di Italia e Spagna. Sulla base di questa decisione, nel 2012 è stato adottato il pacchetto sul brevetto unitario: si tratta dei due regolamenti 1257/2012 e 1260/2012 e dell Accordo sul Tribunale unificato dei brevetti (TUB), che entreranno in vigore nei prossimi anni. I regolamenti 1257/2012 e 1260/2012 contengono le norme relative all attribuzione del c.d. effetto unitario ai brevetti europei rilasciati dall UEB nel quadro della CBE. Tale effetto si aggiunge a quelli tipici del brevetto europeo tradizionale ed è facoltativo, dovendo essere richiesto espressamente dal titolare. Una volta concesso, al brevetto unitario si garantisce tutela uniforme e pari efficacia in tutti i 25 Stati partecipanti: in tal modo, diventa superflua la fase nazionale di convalida tipica del brevetto europeo tradizionale, inclusa la traduzione nelle lingue nazionali. Quest ultima non viene più richiesta, infatti, qualora il brevetto europeo per il quale si richiede l effetto unitario sia stato pubblicato in una lingua ufficiale dell UEB (inglese, francese o tedesco): ciò rappresenta un notevole risparmio per i titolari, se paragonato alla richiesta di traduzione in ciascuna delle lingue nazionali dei Paesi per i quali si chiede la convalida di un brevetto europeo tradizionale. A sua volta, l Accordo TUB istituisce un tribunale comune agli Stati contraenti per la composizione delle controversie sui brevetti europei (unitari e tradizionali), oltre che su altri titoli brevettuali. Il trilinguismo del sistema brevettuale unitario ha registrato la dura opposizione di Italia e Spagna: mentre il nostro Paese non partecipa alla cooperazione rafforzata ma ha firmato l Accordo TUB, quello iberico si è posto al di fuori dell intero sistema. 3. Introduzione alle invenzioni biotecnologiche. Il settore delle invenzioni biotecnologiche ha alcune caratteristiche peculiari. Anzitutto, ha dei costi di ricerca elevatissimi; in secondo luogo, vi sono rischi altrettanto elevati di insuccesso nella ricerca e nello sviluppo di tali invenzioni; infine, promette grandi benefici per la collettività ma allo stesso tempo solleva forti preoccupazioni per i possibili effetti negativi im- 13

14 previsti. Per questo motivo, il settore biotech ha avuto bisogno più di altri di specifici interventi legislativi per stimolare le attività e al contempo prevenire i rischi. C è da dire che l intervento dell uomo sulla realtà organica si realizza da millenni attraverso le tecniche tradizionali di ibridazione, le cui basi scientifiche sono state poste da Gregor Mendel nella seconda metà del XIX secolo. L incrocio e la selezione tuttavia dànno risultati altamente casuali. Nascita della moderna biotecnologia. La nascita della biotecnologia moderna risale al 1953, in occasione della pubblicazione del lavoro dei due scienziati Watson e Crick, i quali individuano la struttura a doppia elica del DNA. Si scopre così che la complessità della sostanza vivente può essere ridotta ad alcune strutture di base, assolutamente identiche. Solo alcune differenze nella loro combinazione provocano l apparire di realtà diverse. E infatti, il genotipo (la struttura interna del DNA) interagisce con l ambiente e condiziona il fenotipo (la struttura esterna dell organismo vivente), di modo che a modificazioni della struttura interna corrispondono modifiche della struttura esterna. Di conseguenza, si comprese che l individuazione della sequenza del DNA responsabile del carattere di un fenotipo, assieme alla disponibilità di una tecnica di manipolazione di quella sequenza, avrebbe consentito una modificazione mirata del fenotipo attraverso la manipolazione del genotipo. Com è noto, sono molteplici gli scenari della ricerca aperti dallo sviluppo delle biotecnologie attraverso la modifica del DNA. I kit diagnostici e vaccini vengono creati dopo la decodificazione del genoma dell agente patogeno (virus, batterio o altro microrganismo). Vi sono poi le nuove proteine create attraverso tecniche di c.d. DNA ricombinante. Le proteine sono sostanze complesse presenti in natura all interno di fluidi o secrezioni organiche oppure in individui morti, ma non è sempre agevole estrarle con un sufficiente grado di purezza e in quantità significative; d altro canto, non sempre possono essere sintetizzate per via chimica. Le tecniche biotecnologiche hanno permesso di risolvere il problema: si individua la sequenza di DNA che decodifica per una determinata proteina, che viene tagliata con enzimi di restrizione (cioè, sostanze catalitiche capaci di tagliare una molecola in punti specifici) e la si introduce nel DNA di una cellula recettiva (es. un batterio); le molecole modificate si replicano come minicromosomi funzionali e avviano la produzione di proteine (es. l insulina e l eritropoietina). Si ricordano inoltre i vaccini in vegetali transgenici (questi vegetali modificati possono produrre proteine che immunizzano verso specifiche malattie); gli organi per xenotrapianti (che potrebbero risolvere il problema del rigetto dei trapianti tradizionali e quello del mercato nero degli organi umani); il trattamento delle patologie geneticamente motivate (malattie provocate da errori in uno o più geni, come il diabete, l emofilia, l alzheimer o la sclerosi multipla); le cellule staminali (quest area di ricerca deriva dalla scoper- 14

15 ta che le cellule embrionali dei mammiferi possono essere coltivate in vitro in modo da proliferare in uno stato indifferenziato: essendo c.d. pluripotenti, possono svilupparsi nella forma di qualunque tipo di cellula dell organismo); le innovazioni nell agricoltura (le biotecnologie permettono di creare nuove varietà di piante più produttive, più nutrienti, meglio resistenti agli stress ambientali e agli agenti patogeni e parassiti, più durevoli nel tempo, ecc.); la protezione delle piante contro i fitovirus; la creazione di animali transgenici (animali che presentano almeno un gene addizionale rispetto alla loro specie, gene introdotto nelle cellule germinali dell animale stesso; resta famoso il caso Oncomouse dell Università di Harvard: nel 1988 venne rilasciato un brevetto per un topo geneticamente modificato mediante l inserimento di un gene aggiuntivo che provocava un elevatissima capacità di sviluppare tumori, e in questa maniera si intendevano testare farmaci antitumorali data l elevata analogia tra topo ed essere umano quanto alla reazione a molti agenti patogeni); la creazione di nuovi materiali (es. quelli altamente biodegradabili per lo smaltimento dei rifiuti, o quelli che migliorano lo sfruttamento delle fonti di energia esistenti). Situazione negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti la tutela delle invenzioni biotecnologiche esiste dal 1980, a sèguito della famosa sentenza della Corte suprema nel caso Diamond v. Chakrabarty (1980). Il signor Chakrabarty, microbiologo indiano, lavorava per la General Electric e mediante una tecnica di ingegneria genetica aveva sviluppato a partire dai ceppi di quattro batteri diversi un batterio unico capace di scindere catene di idrocarburi rendendo il petrolio biodegradabile nelle acque marine. Perciò aveva chiesto un brevetto su questo batterio al Patent and Trademark Office degli Stati Uniti (USPTO), che però glielo rifiutava dicendo che non poteva considerarsi invenzione brevettabile una entità vivente, anche se nuova. L organo d appello del USPTO confermava il rifiuto, mentre la Corte d Appello per la dogana e i brevetti ribaltò la decisione e diede ragione a Chakrabarty. Infine, la Corte suprema confermò la brevettabilità del batterio, affermando la celebre frase secondo cui è invenzione brevettabile «anything under the sun that is made by man». Il criterio di distinzione non è tra cose viventi e inanimate, bensì tra prodotti della natura (viventi o meno) e prodotti dell uomo. Da quel momento, negli Stati Uniti è stato possibile brevettare gli organismi viventi creati con l intervento tecnico dell uomo. Tuttavia, il quadro USA ha subìto un significativo mutamento in tempi recenti, a sèguito della sentenza della Corte suprema federale nel caso Myriad del 13 giugno 2013, sulla quale si tornerà più avanti. I ritardi europei. Col passare degli anni, il divario scientifico e tecnologico tra USA ed Europa nel campo delle biotecnologie si è acuito: ciò non solo perché in Europa non esisteva una normativa unica a tutela delle biotecnologie, ma soprattutto in quanto in molti Paesi europei vi era una radicata avversione ideologica all utilizzo delle biotecnologie. Questa avversione 15

16 ideologica si è spostata anche sulle questioni brevettuali, e ha comportato il notevole ritardo nella predisposizione e nell attuazione di una direttiva UE sul brevetto biotecnologico. Le tappe della direttiva 98/44. Nell ottobre 1988 la Commissione presenta una prima proposta di direttiva, approvata dal Consiglio. Nel marzo 1995 però il Parlamento europeo respinge la posizione comune del Consiglio quanto ad alcuni aspetti relativi alla brevettabilità di elementi della materia vivente in quanto tali, che non erano stati sufficientemente approfonditi. Secondo il Parlamento, infatti, alcune espressioni della proposta non erano sufficienti a rispettare i limiti tra scoperta e invenzione. Nel gennaio 1996 la Commissione presenta una seconda proposta di direttiva, che nel luglio 1997 è approvata dal Parlamento anche se con ben 64 emendamenti. Nell agosto 1997 la Commissione accetta tutti gli emendamenti tranne uno, mentre nel successivo novembre il Consiglio adotta la posizione comune accogliendo pressoché tutti gli emendamenti del PE accettati dalla Commissione. E così, tra il maggio e il giugno 1998 sia il Parlamento che il Consiglio approvano definitivamente la proposta, pur se con il voto contrario dei Paesi Bassi e le astensioni di Italia e Belgio. Nel luglio 1998 è pertanto pubblicata in Gazzetta ufficiale la direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. La posizione italiana. Già nel corso dei lavori preparatori in sede comunitaria, l Italia si era mossa per la salvaguardia di alcuni principi fondamentali, quali quello dell intangibilità dell essere umano, della nonbrevettabilità del corpo umano, del divieto della terapia genica germinale e del non-intervento sulle cellule germinali (spermatozoi e ovociti) contenute nelle ghiandole riproduttive. Nel novembre 1997, in una riunione del Consiglio UE, l Italia chiede una moratoria per approfondire il dibattito su questi punti. La richiesta di moratoria viene però respinta. Nel marzo 1998, un ordine del giorno del Senato impegna il governo ad astenersi nella votazione sulla direttiva. In occasione del voto in Consiglio, nel giugno 1998, l Italia si astiene dall approvare lo strumento normativo. Il ricorso per annullamento della direttiva. Nell ottobre del 1998, i Paesi Bassi presentano un ricorso per l annullamento della direttiva 98/44. Tra i sei motivi di rinvio, spiccava quello per cui la direttiva ledeva i diritti umani fondamentali. Nelle sue conclusioni del giugno 2001, l Avvocato generale ricordava che la direttiva 98/44 riguardava la protezione delle invenzioni biotecnologiche e non la loro utilizzazione; che conteneva sufficienti disposizioni atte a salvaguardare gli aspetti etici; e che aveva lo scopo di tutelare i risultati della ricerca sul materiale biologico. La Corte di giustizia, nella sentenza del 9 ottobre 2001, causa C-377/98, respingeva il ricorso e quindi non annullava la direttiva. Quanto alla lesione della dignità umana, la Corte ha affermato che «La concessione di un brevetto non pregiudica even- 16

17 tuali limitazioni o divieti legali riguardanti la ricerca di prodotti brevettabili o lo sfruttamento di prodotti brevettati, così come ricordato nel quattordicesimo considerando della direttiva. Scopo della direttiva non è quello di sostituirsi alle disposizioni restrittive che garantiscono, al di fuori della sfera di applicazione della direttiva, il rispetto di taluni principi etici tra i quali rientra il diritto alla consapevole autodeterminazione delle persone». 4. La direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. Specialità della direttiva. La direttiva 98/44 non intende creare un diritto del brevetto biotecnologico che sia diverso da quello dei brevetti tradizionali, ma si limita ad aggiungere regole speciali alle regole generali. Secondo il considerando n. 8, infatti, «la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche non richiede la creazione di un diritto specifico che si sostituisca al diritto nazionale in materia di brevetti; [ ] il diritto nazionale in materia di brevetti rimane il riferimento fondamentale per la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, ma [ ] deve essere adeguato o completato su taluni punti specifici, in conseguenza dei nuovi ritrovati tecnologici che utilizzano materiali biologici e che possiedono comunque i requisiti di brevettabilità». Anche l art. 1, par. 1 ricorda che «Gli Stati membri proteggono le invenzioni biotecnologiche tramite il diritto nazionale dei brevetti. Essi, se necessario, adeguano il loro diritto nazionale dei brevetti per tener conto delle disposizioni della presente direttiva». Qualcuno ha contestato questa scelta, sostenendo che fosse necessario un diritto speciale che coprisse tutta la materia. Tuttavia, la disciplina speciale della direttiva 98/44, benché limitata solo a una parte della materia brevettuale, per quella parte è esaustiva e impedisce l applicabilità di norme nazionali divergenti (come evidenziato anche nella sentenza Monsanto Technology: vedi oltre). In sostanza, dunque, la disciplina brevettuale nazionale può regolare autonomamente solo le questioni non disciplinate dalla direttiva 98/44. Definizioni. La direttiva fornisce alcune definizioni importanti. Per materiale biologico si intende (art. 2, par. 1, lett. a) «un materiale contenente informazioni genetiche, autoriproducibile o capace di riprodursi in un sistema biologico». Il procedimento microbiologico (art. 2, par. 1, lett. b) è invece «qualsiasi procedimento nel quale si utilizzi un materiale microbiologico, che comporta un intervento su materiale microbiologico, o che produce un materiale microbiologico». Il procedimento essenzialmente biologico (art. 2, par. 2) è «Un procedimento di produzione di vegetali o di animali è essenzialmente biologico quando consiste integralmente in fenomeni naturali quali l incrocio o la selezione» (cioè, sono quei procedimenti che consistono sostanzialmente in fenomeni naturali anche quando sono ac- 17

18 compagnati dall intervento dell uomo). La definizione di varietà vegetale è invece ricavabile dall art. 5 regolamento 2100/94, secondo cui «per varietà si intende un insieme di vegetali nell àmbito di un unico taxon botanico del più basso grado conosciuto, il quale, a prescindere dal fatto che siano o meno soddisfatte pienamente le condizioni per la concessione di un diritto di protezione delle nuove varietà vegetali, possa essere: - definito mediante l espressione delle caratteristiche risultante da un dato genotipo o da una data combinazione di genotipi, - distinto da qualsiasi altro insieme vegetale mediante l espressione di almeno una delle suddette caratteristiche e - considerato come un unità in relazione alla sua idoneità a moltiplicarsi invariato». In altri termini, la varietà vegetale ricomprende ogni singolo gruppo vegetale il cui genoma sia distinguibile da quello di altri gruppi e che abbia le caratteristiche della novità, dell omogeneità e della stabilità. Le nuove varietà vegetali vengono disciplinate a parte in quanto il regolamento 2100/94 crea un diritto di proprietà intellettuale distinto dal brevetto. Rispetto dei trattati internazionali. La direttiva 98/44 impone il rispetto dei trattati internazionali stipulati dagli Stati membri UE (trattati sia precedenti che successivi alla direttiva). Secondo l art. 1, par. 2 «La presente direttiva non pregiudica gli obblighi degli Stati membri derivanti da accordi internazionali, in particolare dall Accordo TRIPS e dalla Convenzione sulla diversità biologica». L Accordo TRIPS è l Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, e rappresenta uno degli accordi che fanno parte dell OMC. La Convenzione sulla diversità biologica è stata firmata a Rio de Janeiro nel 1992 (vedi dispensa su ambiente e OGM). Bisogna poi fare riferimento anche ad altre convenzioni non espressamente richiamate. Tra queste ricordiamo la Dichiarazione universale UNESCO sul genoma umano e i diritti umani del 1997, secondo cui «Ogni individuo ha diritto al rispetto della propria dignità e dei propri diritti, qualunque siano le sue caratteristiche genetiche» (art. 2); «Il genoma umano nel suo stato naturale non può dar luogo a profitto» (art. 4); «Pratiche contrarie alla dignità umana, come la clonazione a scopo di riproduzione di esseri umani, non devono essere permesse» (art. 11); «[Gli Stati] dovrebbero incoraggiare le ricerche destinate ad identificare, a prevenire e a curare le malattie di natura genetica o quelle influenzate dalla genetica, in particolare le malattie rare come pure le malattie endemiche che colpiscono una parte importante della popolazione mondiale» (art. 17). Rileva anche la già ricordata Convenzione di Monaco sul brevetto europeo (in quanto tutti gli Stati UE sono anche Stati parte della CBE); la Carta dei diritti fondamentali di Nizza che è parte integrante dei trattati UE e inoltre con la riforma di Lisbona è diventata vincolante (si ricorda l art. 3, Diritto all integrità della persona: «1. Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. 2. Nell àmbito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: - il consenso libero e informato della persona interessata, secondo 18

19 le modalità definite dalla legge, - il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone, - il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro, - il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani»); e infine la Convenzione di Oviedo per la protezione dei diritti dell uomo e della dignità dell essere umano riguardo all applicazione della biologia e della medicina del 1997 (che viene espressamente menzionata nella legge italiana di attuazione della direttiva 98/44) Distinzione tra protezione e utilizzazione. In linea con il diritto tradizionale dei brevetti, la direttiva 98/44 riafferma la distinzione tra protezione e utilizzazione di un invenzione biotecnologica. Il considerando n. 14 ricorda che «un brevetto di invenzione non autorizza il titolare ad attuare l invenzione, ma si limita a conferirgli il diritto di vietare ai terzi di sfruttarla a fini industriali e commerciali e [ ], di conseguenza, il diritto dei brevetti non può sostituire né rendere superflue le legislazioni nazionali, europee o internazionali che fissino eventuali limiti o divieti, o dispongano controlli sulla ricerca e sull utilizzazione o sulla commercializzazione dei suoi risultati, con particolare riguardo alle esigenze di sanità pubblica, sicurezza, tutela dell ambiente, protezione degli animali, conservazione della diversità genetica e relativamente all osservanza di alcune norme etiche». Ciò significa che le normative nazionali a tutela dell ordine pubblico, della pubblica sicurezza e della salute pubblica possono essere di ostacolo allo sfruttamento di qualunque invenzione biotecnologica, anche se brevettata. Le invenzioni biotecnologiche brevettabili. Regola generale. La direttiva 98/44 riprende la nozione classica di brevetto, pur con alcune importanti precisazioni. Secondo le sue disposizioni, viene a tracciarsi pertanto una distinzione tra scoperte (quelle che rivestono un carattere solo teorico, in cui non c è alcuna attività dell uomo), che non sono brevettabili, e invenzioni (qualunque trovato biotecnologico che, con l intervento dell uomo, sia in grado di svolgere in concreto una funzione e pertanto di dare una soluzione originale a un problema preesistente, anche se il medesimo trovato è già presente in natura). E infatti l art. 3, par. 1 afferma che «sono brevettabili le invenzioni nuove che comportino un attività inventiva e siano suscettibili di applicazione industriale, anche se hanno ad oggetto un prodotto consistente in materiale biologico o che lo contiene, o un procedimento attraverso il quale viene prodotto, lavorato o impiegato materiale biologico». Il successivo art. 3, par. 2 specifica che «Un materiale biologico che viene isolato dal suo ambiente naturale o viene prodotto tramite un procedimento tecnico può essere oggetto di invenzione, anche se preesisteva allo stato naturale». Segue: la brevettabilità di piante e animali. Storicamente, nel diritto dei brevetti esiste il principio del divieto di brevettabilità delle varietà vege- 19

20 tali e delle razze animali. Una varietà vegetale è tale perché caratterizzata dal suo intero genoma e ha un individualità che la rende chiaramente distinguibile da altre varietà. Una razza animale è invece l insieme tassonomico immediatamente al di sotto di una specie o sottospecie, i cui membri differiscono da altri membri della specie o sottospecie per caratteristiche minori ma permanenti o ereditarie. È possibile brevettare piante e animali solo se non si limitano a una sola varietà o razza. In altri termini, sono brevettabili solo se l introduzione in un organismo di sequenze di DNA provenienti da altro organismo (o create artificialmente) non è tecnicamente limitata a una specifica razza o varietà ma può essere effettuata trasversalmente su più ampi raggruppamenti tassonomici: di qui il procedimento noto come eseguibilità tecnica trasversale. L art. 4, par. 2 afferma pertanto che «Le invenzioni che hanno quale oggetto piante o animali sono brevettabili se l eseguibilità tecnica dell invenzione non è limitata ad una determinata varietà vegetale o razza animale», ma per l appunto è trasversale. Segue: la brevettabilità dei prodotti e procedimenti microbiologici. A differenza dei procedimenti essenzialmente biologici, che non sono brevettabili, i prodotti e procedimenti microbiologici (definiti dall art. 2, par. 1, lett. b) sono brevettabili. Secondo l art. 4, par. 3, infatti, «[Il divieto di brevettabilità] non riguarda la brevettabilità di invenzioni che abbiano ad oggetto un procedimento microbiologico o altri procedimenti tecnici ovvero un prodotto ottenuto direttamente attraverso siffatti procedimenti». Segue: la brevettabilità del corpo umano o dei suoi elementi. È la questione che ha sollevato i maggiori problemi di carattere etico nella predisposizione della direttiva 98/44. La regola è quella del divieto, in quanto il corpo umano e la mera scoperta di uno dei suoi elementi non sono brevettabili. Così si esprime il considerando n. 16 («il diritto dei brevetti dev essere esercitato nel rispetto dei principi fondamentali che garantiscono la dignità e l integrità dell uomo; [ ] occorre ribadire il principio secondo cui il corpo umano, in ogni stadio della sua costituzione e del suo sviluppo, comprese le cellule germinali, la semplice scoperta di uno dei suoi elementi o di uno dei suoi prodotti, nonché la sequenza o sequenza parziale di un gene umano, non sono brevettabili; [ ] tali principi sono conformi ai criteri di brevettabilità previsti dal diritto dei brevetti, secondo i quali una semplice scoperta non può costituire oggetto di brevetto») e soprattutto l art. 5, par. 1, secondo il quale «Il corpo umano, nei vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo, nonché la mera scoperta di uno dei suoi elementi, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, non possono costituire invenzioni brevettabili». C è però una deroga al divieto che, altrimenti, sarebbe assoluto: l intervento dell uomo mediante un procedimento tecnico relativo a un elemento del corpo umano (non l intero corpo umano) trasforma tale elemento 20

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