LA SVOLTA DELL ARTICOLO 4

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1 Il Divulgatore N.5/ 2003 Vendita diretta e commercio elettronico LA SVOLTA DELL ARTICOLO 4 Il Decreto Legislativo n. 228 del 2001, noto come Legge d orientamento, delinea un nuovo identikit dell imprenditore agricolo, non più solo impegnato nell attività di produzione e allevamento, ma che ha esteso il suo raggio d azione alla trasformazione dei prodotti e alla fornitura di beni e servizi. Fra questi la vendita diretta, che l articolo 4 intende favorire in un ottica di semplificazione e di libero accesso al mercato. Dario Bigoni DOTTORE COMMERCIALISTA IN FERRARA THE CHANGES DUE TO ART. 4 IMPLEMENTATION The Legislative Decree N 228, dated 2001, also known under the name of counselling law, defines the modern farmer who, nowadays, is not only involved in farming but also in food processing as well as goods and services supply. Among these, there is also direct marketing which is promoted by art. 4 provisions which simplify its implementation and favour free access to open market. The modification of art of the civil code and the increasing number of farm activities, which now include all activities related to farming, implies the adaptation to the provisions of the law in force, both in the field of direct taxation and VAT. Il Decreto Legislativo 18 maggio 2001 n. 228, in materia di orientamento e modernizzazione del settore agricolo, in vigore dal 30 giugno 2001, ha notevolmente ampliato il concetto di imprenditore agricolo adeguandolo alle mutate condizioni economiche in cui le attività agricole oggi vengono svolte (art. 1) e ampliando le possibilità economiche delle aziende agricole mediante l espletamento, oltreché dell attività produttiva propria, anche di altre attività fra le quali quella di vendita diretta al pubblico, il tutto in un ottica di semplificazione e di libero accesso al mercato così come previsto dall art. 4 del D. Lgs. citato. La materia della vendita al pubblico dei prodotti agricoli, infatti, era precedentemente disciplinata dalla legge 09/02/1963 n. 59 la quale, nell esonerare i produttori agricoli dal possesso della licenza commerciale per l esercizio dell attività di vendita, poneva però precisi limiti di natura oggettiva e soggettiva, alcuni dei quali di fatto eliminati dalla giurisprudenza e dai regolamenti comunali, che ne limitavano fortemente le possibilità commerciali. Come approfondiremo più avanti nel proseguo del presente lavoro, la Legge n. 59 non è stata espressamente abrogata dalla Legge di orientamento, per cui ci si chiede in primo luogo se gli attuali titolari dell autorizzazione prevista dalla Legge 59 debbano oggi immediatamente richiedere la nuova autorizzazione di cui all art. 4 oppure possano arrivare alla scadenza della vecchia autorizzazione (in alcuni Comuni è temporanea e soggetta a rinnovo mentre in altri è a tempo indeterminato) o, ancora, debbano attendere la conversione automatica da parte dei Comuni. Sicuramente gli imprenditori che intendono da subito intraprendere la vendita diretta anche di altri prodotti o iniziare nuove forme di commercio dovranno attivarsi per comunicare al Sindaco quanto previsto dai commi 2 e 3; negli altri casi si ritiene che si possa continuare con il documento già in possesso. I prodotti cedibili in base all art. 4 Oggi, in base all art. 4 del D.Lgs. 228 denominato appunto di modernizzazione del settore agricolo Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di cui all art. 8 della legge 29/12/1993 n. 580, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità.

2 La novità di maggior rilievo consiste nella possibilità riconosciuta agli imprenditori agricoli di vendere direttamente al dettaglio sia prodotti provenienti dalle proprie imprese sia prodotti acquistati all esterno delle stesse. Si possono pertanto configurare diverse tipologie di vendita, relative alle seguenti categorie di prodotto: 1. prodotti agricoli propri, provenienti dalla coltivazione del fondo e dall allevamento di animali; 2. prodotti normalmente non agricoli, ma in ogni caso derivanti dalla lavorazione, trasformazione, preparazione, manipolazione confezionamento o da altri processi produttivi connessi, di prodotti agricoli provenienti dal proprio fondo (come nel caso della carne macellata); 3. prodotti agricoli acquistati da altri produttori agricoli, ma appartenenti al medesimo settore merceologico; 4. prodotti agricoli acquistati da altri produttori agricoli, ma non appartenenti al medesimo settore merceologico; 5. prodotti agricoli acquistati da altri soggetti non produttori agricoli (ad esempio commercianti). In base poi al tenore letterale della norma si potrebbe altresì rinvenire una possibile volontà semplificatoria, volta a concedere al produttore agricolo la possibilità di vendere altri prodotti, non necessariamente agricoli, quali: a. prodotti non agricoli ma strettamente connessi con la vendita di prodotti agricoli quali, ad esempio, concimi e anticrittogamici da parte di un ortoflorovivaista; b. prodotti non agricoli non strettamente connessi con la vendita di prodotti agricoli, al solo fine commerciale di completare un offerta di prodotti (si pensi ad esempio alla vendita di gelati confezionati, cibo in scatola e quant altro normalmente esposto in un normale negozio di generi alimentari). La provenienza aziendale deve essere prevalente Per quanto riguarda i prodotti di cui al punto 1) e 2) problemi di ordine civilistico non dovrebbero sussistere; in ordine invece ai prodotti di cui ai punti 3), 4) e 5), sulla base dell architettura normativa, l unico limite di riferimento è rappresentato dalla prevalenza, nel senso che la cessione di detti prodotti non può prevalere sulla cessione di prodotti propri. A nostro avviso il parametro per misurare la prevalenza dovrebbe essere il riferimento ai ricavi conseguiti attraverso la vendita dei prodotti propri rispetto alla vendita dei prodotti acquistati dall esterno, in quanto il ricavo è un elemento certo, documentato, lineare e facilmente verificabile; di contrario avviso è invece l Agenzia delle Entrate che, con la Circ. 14/05/02 n. 44/E, sottolinea come la prevalenza debba essere misurata in termini quantitativi all interno dei beni appartenenti allo stesso comparto agronomico e specie. Il riferimento alla quantità però non rende giustizia tra il diverso valore aggiunto conseguente alla vendita di un prodotto rispetto ad un altro e inoltre obbligherebbe a tenere tante distinte contabilità in termini quantitativi, tante sono le tipologie di prodotti venduti. Il riferimento poi al corrispettivo è insito nell ultimo comma dell art. 4, laddove viene stabilito che l imprenditore agricolo decade dai benefici di detto articolo, qualora nell anno precedente abbia conseguito ricavi derivanti dalla vendita di prodotti non prevenienti dalla propria azienda superiore a 80 milioni di lire se ditta individuale o 2 miliardi se società. A riguardo dei prodotti di cui al punto 4) non sembra esservi alcuna pregiudiziale a che, per esempio, un produttore di mele venda anche prodotti agricoli appartenenti ad altri settori merceologici cioè per esempio vino; viceversa, forti perplessità potrebbe generare la vendita di prodotti agricoli acquistati da non agricoltori (punto 5). In realtà le obiezioni potrebbero interessare, a giusta ragione, gli aspetti fiscali, mentre, considerando la stesura letterale e lo spirito di apertura e modernizzazione della legge, è da ritenere legittima la vendita anche di questi prodotti. Dubbia l interpretazione sui prodotti non agricoli La cessione dei prodotti non agricoli di cui ai punti a) e b) non è stata sinora fatta oggetto di analisi da parte della dottrina più autorevole, né tantomeno della prassi amministrativa, che ritengono probabilmente tale possibilità impraticabile per le caratteristiche giuridiche dell imprenditore agricolo, la cui condizione matura per effetto dell esercizio di attività agricole di cui all art c.c. Concedere

3 la possibilità a costoro di effettuare cessioni di prodotti non agricoli, secondo tale possibile orientamento, potrebbe aprire la strada all abusivismo e sarebbe lesivo della libertà di concorrenza tra agricoltori e commercianti, in quanto i secondi si troverebbero ad esercitare sotto la disciplina della Legge n. 114 del 31/03/98 (c.d. legge Bersani). A sostegno di questa tesi ci sarebbe il comma 5 dell art. 4 che afferma che la presente disciplina si applica anche nel caso di vendita di prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell impresa. L utilizzo di anche inteso come rafforzativo e il riferimento al completamento del ciclo produttivo dell impresa stessa potrebbero indurre a ritenere che solamente ed esclusivamente in detta ipotesi si possano applicare le agevolazioni dell art. 4. Rafforza questo orientamento anche il disposto del comma 2, del medesimo articolo, laddove viene affermato che La vendita di prodotti agricoli in forma itinerante A nostro avviso, tuttavia, e in base a una possibile interpretazione, il D. Lgs. 228/2001 potrebbe integrarsi con la legge Bersani, in quanto quest ultima ha formalmente liberalizzato il commercio al dettaglio, nel senso del superamento delle licenze commerciali contingentate e rilasciate dai Comuni, per cui chiunque può aprire un esercizio di vicinato con una superficie fino a 150 m2 per i Comuni fino a abitanti e con superficie fino a 250 m2 per tutti gli altri comuni; gli unici vincoli recati dalla vigente legge sul commercio attengono infatti al requisito professionale (ex R.E.C.) e agli orari di apertura. Se lo spirito della legge 228/01 è appunto quello di liberalizzazione e modernizzazione del settore agricolo, escludere la vendita dei prodotti non agricoli sarebbe limitativo, giacché al medesimo risultato l agricoltore ci perverrebbe egualmente aprendo un esercizio di vicinato, mentre nell ambito dell art. 4 del D. Lgs 228/01 l imprenditore agricolo è già soggetto al limite quantitativo dell ultimo comma dell art. 4 come già specificato. Anche gli esonerati dal Registro delle imprese Dal punto di vista soggettivo l agevolazione di cui all art. 4 del D. Lgs. 228 è riservata agli imprenditori, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di cui all art. 8 della legge 29/12/1993, n. 580, il quale ha trovato applicazione con il regolamento di cui all art. 7 del D.P.R. 07/12/1995 n. 581 in base al quale sono iscritte nel registro delle imprese, tra gli altri, tutti i tipi di società, ivi incluse le società semplici, i piccoli imprenditori di cui all art. 2083, gli imprenditori agricoli di cui all art c.c., i consorzi di cui all art L art. 2, comma 3 della legge 25 marzo 1997, n. 77 prevede la non obbligatorietà dell iscrizione per gli imprenditori agricoli esonerati di cui all art. 34 comma 4 (ora sostituito dal comma 6) del Dpr 633/2, ovverosia coloro che hanno conseguito nell anno solare precedente un volume d affari non superiore a 5 milioni di lire, costituito per almeno due terzi da cessione di prodotti agricoli, elevato a 15 milioni nel caso l attività venga esercitata nei comuni montani con meno di mille abitanti e nelle zone con meno di cinquecento abitanti ricompresi negli altri comuni montani individuati dalle rispettive regioni. In questo caso l imprenditore agricolo che si è avvalso della possibilità di non iscriversi nel Registro delle Imprese, non potrebbe godere dei benefici previsti dall art. 4 del D. Lgs. 228/01, né potrebbe richiedere l autorizzazione alla vendita diretta di prodotti agricoli. Francamente appare una limitazione fortemente penalizzante nei confronti di un soggetto, l esonerato, già di per sé di modestissime dimensioni e che tutto il contesto normativo tende ad agevolare, tranne però la normativa in commento: si presenta come una forte contraddizione in termini. Inoltre l articolo 4 disciplina esclusivamente le ipotesi di: a. commercio itinerante; b. commercio elettronico; c. commercio su aree pubbliche con posteggio; d. commercio in locali aperti al pubblico.

4 Parrebbe esclusa da detta disciplina, perciò, la semplice vendita di prodotti agricoli sul campo, la quale quindi parrebbe accessibile a tutti gli imprenditori agricoli, ivi compresi quelli esonerati e non iscritti al Registro delle Imprese, per i quali dovrebbe continuare ad applicarsi la Legge n. 59 del L uso del condizionale è comunque d obbligo perché la coesistenza tra la Legge n. 59 del 09/02/63 e l attuale D. Lgs. 228/01 non è così pacifica: se è vero che il D. Lgs. 228 non ha espressamente abolito la legge 59, autorevoli autori (Alessandro Selmin - Sole 24 Ore del 21/08/01) sostengono che la stessa dovrebbe di fatto essere considerata abolita, poiché l art. 4 disciplina interamente la materia; anche qui siamo di fronte a una formulazione infelice della norma, in quanto essa disciplina esclusivamente quattro tipologie di cessione e quindi, di fronte a eventuali diverse forme di vendita, l art. 4 potrebbe non applicarsi. Nell interpretazione dell art. 4, permangono perplessità a proposito dell individuazione dei soggetti destinatari di detta norma: il comma 1 infatti nel citare espressamente Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, parrebbe rivolgersi semplicemente a tutti gli imprenditori agricoli. In questo caso il riferimento è a tutti coloro che svolgono direttamente le attività previste dall art del c.c., così come novellato dall art. 1 del D. Lgs. 228/01, siano essi imprenditori individuali o società; con la nuova formulazione viene esteso peraltro il riconoscimento (art.1, comma 2) anche alle cooperative di imprenditori agricoli e ai loro consorzi (solo i consorzi tra cooperative agricole possono acquisire lo status di imprenditori agricoli e non anche i consorzi tra semplici imprenditori agricoli). Per le associazioni fra produttori agricoli Tornando perciò ai soggetti beneficiari di cui al comma 1 dell art. 4, non è chiaro se per imprenditori agricoli associati il legislatore abbia voluto far riferimento alle società, ma in tal caso sarebbe stato pleonastico in quanto le società che svolgono attività agricola sono già imprenditori agricoli, o se invece abbia voluto far riferimento a una Organizzazione tra imprenditori agricoli che svolga alcune fasi del ciclo produttivo dei singoli associati. Ora, poiché oggetto dell art. 4 è la vendita di prodotti agricoli, normalmente la cessione di tali prodotti per conto dei propri associati o soci è posta in essere dalle cooperative tra produttori agricoli: anche in questo caso tuttavia il riferimento letterale della norma è pleonastico perché le cooperative tra imprenditori agricoli sono già considerate imprenditori agricoli. Quando poi il legislatore ha voluto far riferimento alle società, lo ha fatto in modo puntuale come risulta dal dettato dell ultimo comma del più volte citato art. 4. A questo punto viene lecito pensare che per imprenditore agricolo associato, il comma 1 dell art. 4 abbia voluto fare riferimento a una Organizzazione tra produttori agricoli, diversa dalla cooperativa, avente per oggetto la commercializzazione dei prodotti agricoli per conto dei propri associati. Il riferimento più immediato è alla forma giuridica del consorzio con attività esterna o società consortile, di cui agli art e 2615 bis del c.c., o anche a un qualsiasi tipo di società commerciale, sia essa di persone o di capitali (a questo riguardo si nutrono forti perplessità), avente per oggetto la commercializzazione dei prodotti agricoli coltivati o allevati dai soci. Che il legislatore abbia inteso riferirsi ad una tale struttura può essere sostanziato dal contenuto dello stesso art. 26 del D. Lgs. 228/01 il quale, nel definire la funzione delle Organizzazioni dei produttori precisa che queste hanno lo scopo, tra l altro, di commercializzare la produzione degli associati. Le predette Organizzazioni tuttavia, al fine del riconoscimento, devono avere limiti dimensionali di produzione e di associati abbastanza consistenti, quali ad esempio un numero minimo di associati pari a 50 (in alcuni casi fino a 100). È fuor di dubbio che le stesse, la cui forma giuridica può essere quella di società di capitali, di cooperative e di consorzi costituti tra imprenditori agricoli, possono essere considerate imprenditori agricoli associati di cui all art. 4 e usufruire dei benefici previsti; perplessità sorgono invece per quelle associazioni o consorzi tra imprenditori agricoli che non raggiungono i limiti dimensionali per avere la qualifica di Organizzazioni di produttori. Frequente può essere il caso di più produttori agricoli, in special modo quelli che operano in settori di nicchia come il biologico, che decidono di associarsi per commercializzare, oltre a prodotti propri, anche i prodotti di altri produttori agricoli collegati, al fine di

5 diversificare l offerta merceologica e creare una sorta di circuito commerciale, nel rispetto ovviamente del limite di prevalenza previsto dal comma 1 dell art. 4. Le forme associative precedentemente richiamate si reputano dunque anch esse destinatarie delle disposizioni di cui all articolo 4 in materia di commercializzazione dei prodotti, in virtù di una interpretazione razionale della norma e in ragione della manifesta volontà del legislatore di dare dignità anche a queste forme aggregative altrimenti escluse dalla liberalizzazione del mercato; diversamente da ciò verrebbe privata di ogni significato la definizione di imprenditori agricoli associati. Validi tutti gli obblighi igienico-sanitari Altro aspetto di estrema delicatezza riguarda gli adempimenti vigenti in materia di igiene e sanità; l apparente deregulation insita nell art. 4 potrebbe trovare forti limiti nei regolamenti comunali di igiene e sanità degli alimenti, regolamenti che in taluni casi sono rigidi e non ammettono deroghe. Il locale aperto al pubblico, lo stand per la vendita della frutta, il processo produttivo per la produzione della marmellata o della passata di pomodoro potrebbero non ottenere l autorizzazione o il nulla-osta sanitario a seconda del regolamento comunale, a prescindere dal soggetto - industriale o agricolo - che pone in essere la vendita o la trasformazione. Peraltro non bisogna dimenticare il disposto di cui al D. Lgs. 26/05/1997 n. 155, recante norme igieniche per garantire la sicurezza e la salubrità dei prodotti alimentari (HACCP): tali disposizioni interessano ogni soggetto, pubblico o privato, con o senza fini di lucro che esercita tutte le fasi successive alla produzione primaria e precisamente: la preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la manipolazione, la vendita o la fornitura, compresa la somministrazione, al consumatore. Come si vede quindi il campo di applicazione di queste norme è assai ampio e non prevede esclusione né per dimensione né per tipologia aziendale, includendovi anche le aziende agricole. Adempimenti amministrativi Gli adempimenti da porre in essere nei confronti del Comune consistono in una semplice comunicazione nella quale devono essere indicati i dati del richiedente, gli estremi dell iscrizione nel Registro imprese, la specificazione dei prodotti che si intende commercializzare e le modalità con cui si intende operare. Detta comunicazione oggi prende la forma di un apposito modello elaborato dall ANCI e disponibile presso il relativo sito Internet o presso il Comune di residenza. Se la vendita verrà posta in essere in forma itinerante, la comunicazione deve essere inviata al Comune ove ha sede l azienda e l attività potrà iniziare decorsi 30 giorni dall invio della stessa. Negli altri casi la comunicazione deve essere inviata al Comune ove si intende esercitare l attività di vendita; in questo caso, tenuto conto che manca il riferimento al termine temporale dei 30 giorni, si ritiene che l attività possa iniziare immediatamente, previa, naturalmente, l osservanza di tutte le norme e i regolamenti comunali come prima descritto. Per la vendita al dettaglio su aree pubbliche occorre inoltre ottenere l assegnazione di un posteggio ai sensi dell art. 28 del D. Lgs. 31/03/98 n In presenza quindi di tutti i requisiti previsti dall art. 4, l attività di vendita da parte di produttori agricoli potrà essere esercitata al di fuori dei vincoli e obblighi posti dal D. Lgs. n. 114/98 (Legge Bersani) di regolamentazione del commercio: in particolare non è richiesto il requisito professionale (ex R.E.C.) ottenibile oggi con la frequentazione di un apposito corso né deve essere rispettato alcun vincolo di orari. Decadenza dai benefici e divieti Il produttore agricolo decade dai benefici previsti dall articolo 4, nel caso non venga rispettata la condizione di prevalenza e comunque quando i ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalla rispettive aziende nell anno solare precedente sia stato superiore, rispettivamente, a 80 milioni di lire per le ditte individuali e a 2 miliardi per le società; differenziazione che appare obiettivamente eccessiva atteso che il limite dei 2 miliardi vale per tutti i tipi di società, incluse quindi anche le società semplici. Costituisce presupposto obbligatorio per effettuare la vendita diretta

6 attraverso la semplice comunicazione il possesso dei requisiti di onorabilità, che devono sussistete sia in capo all imprenditore individuale, che per tutti i soci o per tutti gli amministratori, nel caso di forme associative. Costoro, all atto della domanda, dovranno dichiarare di non aver riportato condanne passate con sentenza passata in giudicato, per delitti in materia di igiene e sanità o di frode nella preparazione degli alimenti nel quinquennio precedente all inizio dell esercizio dell attività. Come la vede il fisco La normativa fiscale, sia in tema di imposte dirette che di Iva, è sempre stata direttamente connessa alla definizione di imprenditore agricolo o di attività agricole come risultanti dall art del Codice Civile. La modifica di tale articolo e l ampliamento del novero delle attività agricole, comprendenti ora anche le attività connesse, richiedono un adeguamento delle disposizioni attualmente in vigore. Dario Bigoni DOTTORE COMMERCIALISTA IN FERRARA In tema di Iva, l imprenditore agricolo è normalmente soggetto al regime speciale di cui all art. 34 del Dpr 633/72, in base al quale l Iva da portare in detrazione è forfetizzata in misura pari all imposta che deriva applicando le aliquote Iva di compensazione alla medesima base imponibile che risulta dalle vendite; l Iva sugli acquisti è dunque totalmente irrilevante. Affinché si possa applicare detto regime è necessaria la contestuale presenza di un imprenditore agricolo, come definito ai sensi dell art del c.c., che ceda solo ed esclusivamente i prodotti agricoli elencati nella prima parte della Tabella A allegata al Dpr 633/72; fino all entrata in vigore della legge di orientamento il regime speciale si applicava solamente alle cessioni di prodotti agricoli direttamente coltivati dall imprenditore stesso, di modo che il viticolture che coltivava l uva e produceva il vino utilizzando altresì uve o mosti acquistati da terzi per migliorare il prodotto finale, poteva forfetizzare l Iva solo per quella parte di vino riferibile alle uve direttamente coltivate, mentre l altra parte di vino veniva considerata ai fini Iva operazione diversa. Lo stesso discorso valeva per colui che coltivava olive e produceva olio o per l allevatore di animali da latte che produceva altresì formaggi e prodotti derivati; ovviamente l imprenditore agricolo che acquistava dall esterno prodotti agricoli finiti e li rivendeva nello stato originario solo per migliore la propria offerta dal punto di vista quantitativo, non poteva usufruire del regime speciale sulle cessioni dei prodotti acquistati dall esterno. I confini del regime speciale Iva Oggi invece, con la modifica dell art introdotta dalla legge di orientamento, l imprenditore agricolo può vendere sia prodotti propri sia prodotti acquistati da terzi in modo non prevalente,senza far nessun distinguo se detti prodotti vengono preventivamente lavorati e trasformati o venduti nello stato originario; in quest ottica la disciplina Iva si potrebbe aprire al concetto che tutte le cessioni di prodotti oggettivamente indicati nella Tabella A prima parte, ceduti da un imprenditore agricolo di cui all art. 2135, possono usufruire del regime speciale Iva, venendo a cadere la pregiudiziale della diretta e totale coltivazione da parte dell agricoltore. Su questo tema però è intervenuta l Agenzia delle Entrate con la citata circ. n. 44/E del 14/05/02 la quale, oltre a definire il mutato contesto normativo, in un primo momento parrebbe recepire le novità come da noi anticipate per terminare poi in senso negativo affermando che la nuova formulazione dell art del c.c. recepisce il carattere di strumentalità funzionale rispetto all attività agricola principale, allorquando permette all imprenditore agricolo di svolgere le suddette attività connesse anche utilizzando, entro certi limiti, prodotti acquisiti da terzi, al fine di migliorare la qualità del prodotto finale e di aumentare la redditività complessiva dell impresa agricola; non si evidenzia invece un legame di accessorietà e strumentalità rispetto ad una attività agricola tipica, nell attività svolta

7 dall imprenditore agricolo che si limita a commercializzare, parallelamente ai beni di propria produzione, altri prodotti acquistati presso terzi. Oggi quindi solo l azienda vitivinicola, il produttore di olio e di formaggi che acquistando da terzi beni agricoli i quali, attraverso un processo di lavorazione e trasformazione, contribuiscono a migliorare qualitativamente il prodotto finale e quindi la redditività dell azienda, possono usufruire del regime speciale Iva su tutto il vino, l olio e i formaggi ceduti a terzi. La mera commercializzazione di beni agricoli acquistati da terzi anche in modo non prevalente, è ammessa ai fini civilistici, ma ai fini Iva la successiva vendita genera operazioni diverse da assoggettare a Iva nei modi ordinari. Da aggiornare la disciplina Irpef Ai fini delle imposte sui redditi, ai sensi dell art. 29 del DPR 917/86, sono considerate attività agricole e attività dirette alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici, ancorché non svolti sul terreno, che rientrino nell esercizio normale dell agricoltura secondo la tecnica che lo governa e che abbiano per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dal terreno e dagli animali allevati su di esso. In tale contesto normativo, in primo luogo è necessario che le attività connesse abbiano un nesso di normalità nell ambito dell agricoltura, ovvero che esse non richiedano un capitale investito ed un personale impiegato eccedente rispetto a quello impiegato in agricoltura e che la tecnica di produzione e trasformazione non sia particolarmente innovativa tanto da presumere che essa sia un attività industriale o artigianale piuttosto che una mera lavorazione posta in essere da un semplice produttore agricolo. In secondo luogo la sola commercializzazione non è un attività connessa, ma lo diventa se essa è complementare a un attività di manipolazione o trasformazione, essendo la vendita la fase terminale di ogni processo produttivo. Ai sensi delle imposte dirette il quadro normativo è dunque restrittivo in quanto tutto ciò che esula dalla normalità e la pura commercializzazione non sono considerate operazioni agricole ma bensì redditi diversi. Con la legge di orientamento il legame con il ciclo normale dell agricoltura è venuto meno e la stessa commercializzazione ha assunto una dignità propria e autonoma, essendo l unico parametro vincolante la mera prevalenza; la disciplina Irpef risulta quindi obsoleta e non rispecchia il nuovo stato giuridico dell imprenditore agricolo. In questo contesto la stessa Amministrazione Finanziaria, nella citata circolare, ha preso atto del problema, ma ha affermato che solo un successivo intervento del legislatore potrà porre rimedio al problema: al momento attuale quindi la legge di orientamento non esplica nessun effetto sulla normativa Irpef. L orientamento prevalente che si sta portando avanti è quello di prevedere dei regimi forfetari ad hoc, così come avviene per l agriturismo, per tutte o per parte di quelle attività agricole connesse come risultano in base alla nuova disciplina dell art Adempimenti in materia di certificazione L articolo 12, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, stabilisce l esonero dall emissione della certificazione fiscale Iva (scontrino, ricevuta, fattura) per i produttori agricoli in regime speciale, ex art. 34, che effettuano cessioni dei propri prodotti, ricompresi nella Tabella A, parte prima allegata al Dpr 633/72, nei confronti di consumatori finali. Costoro sono obbligati ad annotare l ammontare dei corrispettivi giornalieri nell apposito registro previsto dall articolo 24 del Dpr 633/72, entro il giorno successivo non festivo a quello cui i corrispettivi si riferiscono, distinti secondo l aliquota applicabile. L esonero viene meno nel caso il produttore agricolo rinunci all applicazione del regime speciale Iva per determinare l imposta nei modi ordinari (requisito soggettivo) ovvero nel caso in cui la cessione riguardi prodotti diversi da quelli agricoli rientranti nella già richiamata Tabella A parte I, allegata al Dpr 633/72 (requisito oggettivo). Nulla sostanzia, viceversa, il fatto che il produttore agricolo adotti modalità di vendita diverse (in forma itinerante, in luogo aperto al pubblico, in arre mercatali attrezzate, ecc.); permanendo entrambe le

8 condizioni è chiamato ad assolvere agli obblighi imposti dalla disciplina Iva esclusivamente attraverso l annotazione riepilogativa sul registro dei corrispettivi. Qualora la vendita riguardi prodotti diversi da quelli propri e rientranti nell apposita tabella, il corrispettivo riscosso deve essere certificato attraverso il rilascio di adeguata documentazione fiscale, quale può essere lo scontrino fiscale (elettronico o manuale), la ricevuta fiscale, la fattura. In questa ipotesi le operazioni per le quali viene rilasciato lo scontrino fiscale, possono essere registrate cumulativamente, nell apposito registro dei corrispettivi, entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui sono state effettuate (art. 6, comma 4, Dpr 9 dicembre 1996, n. 695).

Oggetto: chiarimenti in materia di vendita diretta dei prodotti agricoli (art. 4 d.lgs. n. 228 del 2001 e art. 4 del d.lgs. n. 99 del 2004).

Oggetto: chiarimenti in materia di vendita diretta dei prodotti agricoli (art. 4 d.lgs. n. 228 del 2001 e art. 4 del d.lgs. n. 99 del 2004). Oggetto: chiarimenti in materia di vendita diretta dei prodotti agricoli (art. 4 d.lgs. n. 228 del 2001 e art. 4 del d.lgs. n. 99 del 2004). Sono pervenute allo scrivente Servizio molteplici richieste

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