Repubblica Italiana. In Nome del Popolo Italiano. La Corte dei Conti

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1 Repubblica Italiana In Nome del Popolo Italiano La Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale d'appello per la Regione Siciliana composta dai magistrati: dott. Salvatore Cilia dott. Luciana Savagnone dott. Salvatore Cultrera dott. Pino Zingale dott. Valter Camillo Del Rosario Presidente Consigliere relatore Consigliere Consigliere Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA N. 92/A/2012 sul ricorso in appello, iscritto al numero 3938/AC del registro di segreteria, proposto dall I.N.P.D.A.P., in persona del rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall avv. Maria Grazia Sparacino contro - l Agenzia del Territorio, in persona del legale rappresentante protempore; - A. M., elettivamente domiciliata a Palermo, presso lo studio dell avv. Manfredi Carriglio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Leonardo Cardella e Rosa Basiricò del foro di Trapani avverso la sentenza n. 136/2011 del 12 gennaio 2011, pubblicata il 19 gennaio 2011, del Giudice unico della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana. 1

2 Uditi alla pubblica udienza del 12 gennaio 2012 il relatore, consigliere dott.ssa Luciana Savagnone, l avv. Maria Grazia Sparacino ed il rappresentante dell Agenzia del Territorio. Esaminati gli atti ed i documenti della causa. Fatto Con ricorso depositato l 8 aprile 2010, la sig.ra A. M., ex dipendente dell Agenzia del territorio di Trapani in quiescenza, impugnava, nei confronti della stessa agenzia e dell'i.n.p.d.a.p., il provvedimento di pensione definitiva, calcolata in misura inferiore rispetto a quella provvisoria di cui aveva goduto per oltre 13 anni nonché la nota con la quale le si chiedeva la restituzione dell'importo di ,03 per somme corrisposte in più nel periodo dal 1 giugno 1996 al 31 marzo Con sentenza n. 136/2011, il Giudice Unico delle pensioni dichiarava irripetibili le somme corrisposte dall I.N.P.D.A.P. alla ricorrente, affermando, conformemente alla sentenza delle SS.RR. n. 7/2007/QM, che il diritto del pensionato al mantenimento delle maggiori somme percepite sussiste se l'amministrazione, come nel caso in oggetto, ha protratto il procedimento oltre il termine di cui all'art. 2, l.n. 241/1990. Rigettava, tuttavia, la domanda di ripristino della pensione definitiva nella misura di quella provvisoriamente liquidata. Dichiarava, infine, il difetto di giurisdizione sulla domanda di rivalsa proposta dall I.N.P.D.A.P. contro l Agenzia del Territorio per l eventuale recupero nei suoi confronti, affermando che detta questione non presentava profili di rilevanza in ordine al diritto del pensionato a trattenere le maggiori somme percepite. 2

3 Avverso questa sentenza l'i.n.p.d.a.p., con ricorso depositato il 27 luglio 2011, ha proposto appello sostenendo preliminarmente la giurisdizione della Corte dei conti sulla domanda di rivalsa, sulla quale ha sostenuto essersi instaurato il contraddittorio. Nel merito, ha affermato che il ritardo nella liquidazione della pensione è da imputare totalmente all Agenzia del territorio, che solo dopo dieci anni ha provveduto ad emettere il decreto definitivo di pensione. Ha chiesto, quindi, che sia affermata la giurisdizione e, nel merito, la totale responsabilità dell Agenzia per la tardiva emissione del provvedimento. Con memoria depositata il 31 dicembre 2011 si è costituita in giudizio l Agenzia del territorio che, preliminarmente, ha eccepito la inammissibilità ed improcedibilità del ricorso in appello, derivante dal mancato accertamento definitivo da parte del giudice di primo grado dell esatta misura della pensione da liquidare. Sempre in via preliminare, l appellata ha argomentato sul difetto di giurisdizione, sostenendo l esattezza della pronuncia, mancando l inerenza al diritto previdenziale della questione tra i due enti. Nel merito, ha eccepito il difetto di legittimazione passiva dell Agenzia in relazione al provvedimento di recupero del 1996, in quanto a quell epoca l Agenzia non era ancora stata istituita. Ha contestato, poi, il ritardo colpevole nell emanazione del provvedimento di pensione e la mancanza di certezza, liquidità ed esigibilità dell importo della pensione definitiva, non accertato dal giudice di primo grado. Con memoria depositata il 5 dicembre 2011, la sig.ra A. si è costituita in giudizio a mezzo degli avv.ti Leonardo Cardella e Rosa Basiricò, chiedendo 3

4 la sua estromissione dal giudizio e, comunque, l accertamento della sua estraneità all azione di rivalsa esercitata. All udienza dibattimentale, l avv. Maria Grazia Sparacino ed il rappresentante dell Agenzia del Territorio, hanno ribadito le rispettive domande ed eccezioni. Diritto Rileva, preliminarmente, il Collegio che la costituzione dell appellata A. è inammissibile poiché la sua rappresentanza in giudizio non ha avuto luogo a mezzo di avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione. Ai sensi dell art. 3, 1 comma, l. n. 161 del 1953, infatti, gli appelli e i ricorsi alle Sezioni riunite della Corte dei conti devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, dalle parti ricorrenti e da un avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione. Nel 2 comma del medesimo articolo, poi, è previsto che in tutti i giudizi di competenza della Corte dei conti le parti non possono comparire alla pubblica udienza se non a mezzo di un avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione. La disposizione di tale secondo comma, a seguito dell entrata in vigore dell art. 1, comma 5-ter (aggiunto dall'art. 1, D.L. 23 ottobre 1996, n. 543), del d.l. n. 453 del 1993, è stata modificata nel senso che nei giudizi dinanzi alle sezioni giurisdizionali regionali il patrocinio legale può essere esercitato da avvocati iscritti nei relativi albi professionali. L obbligo di essere assistiti da un avvocato cassazionista è, quindi, rimasto solo per i giudizi che si svolgono in appello e dinanzi alle Sezioni riunite. In definitiva, pertanto, poiché i difensori dell appellata non risultano essere ammessi al patrocinio in Corte di cassazione, la costituzione deve essere 4

5 dichiarata inammissibile. Ancora in via preliminare, occorre precisare che la statuizione relativa alla irripetibilità delle somme corrisposte in più a titolo di trattamento pensionistico alla sig.ra A. è passata in giudicato, non essendo stato proposto contro di essa alcun motivo di appello. Ugualmente, non è stato impugnato, dalla parte privata interessata, il capo della sentenza con il quale il giudice di primo grado ha dichiarato l infondatezza della domanda di riconoscimento del diritto alla pensione della signora A. nel maggiore importo in precedenza attribuitole in via provvisoria. La controversia all esame di questo giudice riguarda, quindi, esclusivamente il rapporto debitorio tra l ente erogatore della pensione e l ente di appartenenza del pensionato, in relazione al quale il giudice di primo grado si è pronunciato, pur se sulla domanda di rivalsa proposta dall I.N.P.D.A.P. non si era instaurato alcun contraddittorio mancando la rituale notifica alla controparte, negando la giurisdizione della Corte dei conti. Ritiene, quindi, il Collegio che, dal punto di vista logico-giuridico, si deve anzitutto affrontare il tema relativo alla giurisdizione, preliminare ad ogni altra questione. Occorre premettere che la sentenza impugnata, anziché decidere la fattispecie in base alla normativa di settore in materia di recuperi di indebiti pensionistici, ha fondato la pronuncia di irripetibilità delle somme percepite in più dal pensionato sulle disposizioni dettate dalla legge n. 241/1990, sostenendo che, decorso il termine per l emanazione del provvedimento definitivo di pensione, l amministrazione non può più procedere al recupero (conforme Sezioni Riunite n. 7/2007/QM). 5

6 Secondo il giudice di primo grado, quindi, la causa del mancato recupero delle somme a carico del pensionato consiste nel ritardo colposo con cui si è proceduto a determinare e liquidare la pensione definitiva. Uguale fondamento ha l azione di rivalsa esercitata dall I.N.P.D.A.P., che, infatti, chiede che le somme irripetibili siano poste a carico dell ente datore di lavoro a cui tale ritardo deve addebitarsi. Accertato che questa è la domanda sulla quale l I.N.P.D.A.P. chiede a questo giudice di pronunciarsi, ritiene il Collegio che essa esuli totalmente dalla giurisdizione della Corte dei conti. Come è noto, ai sensi dell art. 8, 2 comma, D.P.R. n. 538 del 1986 qualora, per errore contenuto nella comunicazione dell'ente di appartenenza del dipendente, venga indebitamente liquidato un trattamento pensionistico definitivo o provvisorio, diretto, indiretto o di riversibilità, ovvero un trattamento in misura superiore a quella dovuta e l'errore non sia da attribuire a fatto doloso dell'interessato, l'ente responsabile della comunicazione è tenuto a rifondere le somme indebitamente corrisposte, salvo rivalsa verso l'interessato medesimo. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che si sono più volte espresse affermando la giurisdizione della Corte dei conti in materia (Cass. civ., Sez. Unite, 16/11/2007, n ), hanno specificato che trattasi di un'azione di ripetizione che si articola non direttamente tra l'ente erogatore e l'accipiens, ma tra il primo e l'ente che ha effettuato la comunicazione errata e, soltanto in un secondo momento, tra questi e l'accipiens. Che questa sia la natura giuridica dell'azione accordata emerge dal fatto che l'ente erogatore della pensione, in caso di errata comunicazione di dati, da parte dell'ente di 6

7 appartenenza del pensionato, gli può chiedere di "rifondere" "le somme indebitamente corrisposte al pensionato", con la conseguenza che in questa fattispecie di errata comunicazione datoriale l ente non ha azione di ripetizione nei confronti del pensionato. Nei confronti di quest'ultimo solo l'ente datore di lavoro ha, invece, azione di "rivalsa" per il pagamento delle somme indebitamente corrispostegli. Solo ritenendo che tutto il procedimento (sia pure nelle due fasi: quella nei confronti dell'ente di appartenenza e poi la rivalsa di questo nei confronti del pensionato) ha natura restitutoria di indebito pensionistico, ha un senso la rivalsa nei confronti del pensionato per le somme indebitamente percepite, che non sarebbe, invece, concepibile se si trattasse di azione di risarcimento del danno causato dall'ente di appartenenza con l'errata comunicazione, poichè in questo caso l'ente, datore di lavoro, avrebbe pagato un debito (risarcitorio) suo, causato da un errore a lui ascrivibile. Osserva, quindi, il Collegio che, mentre appartiene alla giurisdizione della Corte dei conti, come sopra rilevato, la domanda di rivalsa proposta dall ente previdenziale nei confronti dell ente datore di lavoro del pensionato per errate comunicazioni, disciplinata dal citato art. 8 del D.P.R. n. 538/1986, lo stesso non può dirsi per l azione esercitata in questo giudizio dall I.N.P.D.A.P.. Invero, secondo l insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, la giurisdizione si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto della stessa, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il "petitum" sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in 7

8 funzione della "causa petendi", ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (Cass. civ., Sez. Unite, 16/05/2008, n ; Cass. civ., Sez. Unite, 27/11/1998, n ). Nella fattispecie la domanda proposta dall I.N.P.D.A.P. ha una natura giuridica del tutto diversa dalla natura restitutoria di indebito pensionistico dell azione di rivalsa sopra descritta, in quanto l appellante, seguendo la logica del giudice di primo grado, ha trasformato l azione di ripetizione di indebito pensionistico in azione risarcitoria. La richiesta di condanna a carico dell Agenzia del territorio formulata dall appellante, quindi, fondata non sulle comunicazioni datoriali eventualmente errate, ma sulla colpa nel ritardo nell emanazione del trattamento pensionistico definitivo, ha una causa petendi del tutto diversa dall azione restitutoria, e non può rientrare nella cognizione del giudice delle pensioni, il quale per decidere dovrebbe accertare, non l esattezza delle componenti la base pensionabile come comunicate fra i due enti, ma il responsabile del colpevole ritardo. In definitiva, quindi, l appello deve essere respinto, mentre sussistono giusti motivi in considerazione della complessità della fattispecie per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale d'appello per la Regione Siciliana, definitivamente pronunciando RIGETTA 8

9 l appello proposto dall I.N.P.D.A.P. avverso la sentenza in epigrafe. Spese compensate. Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 12 gennaio L'ESTENSORE F.TO (Luciana Savagnone) IL PRESIDENTE F.TO (Salvatore Cilia) Depositata oggi in segreteria nei modi di legge Palermo, 07/03/2012 Il direttore della segreteria F.TO (dott. Nicola Daidone) 9