Riforma Sanitaria

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1 Riforma Sanitaria Premessa La Regione Piemonte è soggetta a piano di rientro poiché la quota in carico regionale supera il 5% dei finanziamenti aggiuntivi previsti dal patto Stato-Regioni. In particolare la Regione Piemonte ha triplicato il costo per il SSR negli ultimi 15 anni con un trend di crescita superiore a quello nazionale e con un costo che raggiunge l 82% del bilancio regionale, eccessivo in rapporto alla quantità ed alla qualità dei servizi offerti. Contestualmente negli ultimi 10 anni la Regione Piemonte ha stanziato circa 1 miliardo e 500 milioni di senza una vera programmazione in edilizia sanitaria che tenesse conto delle reali necessità territoriali, del superamento della polverizzazione ospedaliera e della vetustà dei singoli presidi, col risultato di classificare la Regione stessa al 12 posto per le carenze infrastrutturali (indice 62,8 dato 100) come dallo studio eseguito dal CERM nel Infine la mancanza di programmazione e l assenza di una configurazione holding della regione stessa al fine di trasmette alle ASL e alle AO non solo,saltuariamente, quello che non si deve fare ma quello che si deve fare, ha comportato una politica della spesa delle risorse umane inappropriato con un eccesso di personale dei 3 ruoli medico,infermieristico ed amministrativo ( terzi in Italia come numero di amministrativi nella sanità) ed un eccesso di punti di erogazione (per lo più di strutture complesse) di circa 200 con differenze tra le varie specialità. ed un impegno regionale per le future figure professionali (numero di specialisti da formare ed introdurre all interno del SSR) con finanziamenti regionali per le borse specialistiche sinora non programmati. Da ultimo l analisi sui piccoli presidi conferma la necessità di una organizzazione reale a rete essendo i medesimi spesso sotto i livelli di appropriatezza sia per ciò che concerne i volumi di attività sia per le dotazioni strutturali e tecnologiche. Ne consegue l inadeguatezza della attuale assetto organizzativo nella risposta ad una medicina del terzo millennio che ragiona su strutture ospedaliere stratificate per intensità di cura e volumi di attività a cui consegue una competenza adeguata secondo standard internazionali. La Riforma Sanitaria La riforma prende ispirazione da indicazioni nazionali, dalle esperienze delle regioni italiane considerate virtuose (Lombardia,Emilia Romagna, Toscana, Veneto,Marche) e da benchmarking internazionali. Le ASL territoriali corrispondono in buona parte ai territori provinciali come da indicazione nazionale, salvo la Città e la Provincia di Torino che sono state suddivise in 4 aree territoriali. Già in precedenza una configurazione vasta in Regione Piemonte era articolata nella concentrazione territoriale ed ospedaliera della Città di Torino (USL 1-23). La configurazione territoriale da noi proposta (11 ASL territoriali) ed è in realtà una configurazione meno forte di quelle di altre

2 Regioni Italiane (Emilia Romagna e Toscana) definite Aree Vaste, nate col fine di razionalizzare e concentrare gli acquisti, la logistica, l Health Technology Assessment, l Ingegneria Clinica e l Edilizia Sanitaria. D altra parte lo stesso Piemonte durante la giunta Ghigo aveva riformulato le aggregazioni territoriali in quadranti per poter svolgere più agevolmente la programmazione sanitaria. In sintesi tutte le regioni stanno orientandosi verso aree territoriali più ampie con l intenzione di costruire economie di scala gestendo in modo centralizzato quanto sopra. Anche la Regione Piemonte nella precedente legislatura aveva di fatto individuato 5 macroaree (Piemonte Orientale, Cuneo, Alessandria-Asti, Torino Nord, Torino Città, Torino Sud) che rappresentano all incirca i riferimenti territoriali degli attuali 6 cluster (Novara, Cuneo, Alessandria-Asti, Città della Salute, Giovanni Bosco, San Luigi-Mauriziano) proprio per razionalizzare ed economizzare evitando acquisti impropri e coadiuvando la programmazione regionale in realtà sinora carente. Di fatto quindi i riferimenti territoriali della Riforma comportano un riferimento provinciale ( o parte di questo) per le ASL territoriali mantenendo quindi l identità territoriale, e la configurazione di 6 Aziende Ospedaliere in cluster secondo il concetto Hub/Spoke (stratificazione secondo intensità di cura) corrispondente alle macroaree ove viene concentrata la partita acquisti, edilizia sanitaria e tecnologica. Dividere il territorio dagli ospedali ha un duplice obiettivo: a) permettere ai futuri direttori generali delle ASL territoriali di dedicarsi solo al territorio mentre prima obbligatoriamente nelle ASL miste l attenzione era rivolta principalmente agli ospedali, essendo questi strutture socialmente più a rischio per il ruolo che svolgono nei confronti delle malattie acute. b) realizzare una vera messa in rete degli ospedali (Cluster) secondo intensità di cura (Hub/Spoke) strappandoli ad interessi locali non più rispondenti alle reali necessità di una medicina moderna La Rete Ospedaliera Una moderna medicina implica che le strutture di ricovero per acuti (e cioè gli ospedali), svolgano volumi di attività annuali che permetta a loro di superare quella che scientificamente viene definita curva di apprendimento, accreditandoli per la qualità del servizio offerto. Tale principio è da tempo assodato nei Servizi Sanitari Occidentali ad alta prestazione (per esempio Francia, Germania, Inghilterra, Olanda), nonché nel mondo anglosassone in generale. Nell accordo che la Regione Piemonte sta attuando con l ospedale di Briancon per esempio per poter accedere da parte dei residenti valsusini e del turismo locale alla struttura francese gratuitamente, abbiamo constatato che recentemente l attività oncologica ordinaria di quell ospedale è stata annullata poiché i casi trattati erano al

3 di sotto dei 30 interventi/anno per tipologia tumorale considerata soglia minima per poter svolgere tale attività. La configurazione in rete delle Aziende ospedaliere permetterà: a) di stratificare l attività concentrandone i volumi secondo intensità di cura b) di modellare la rete delle emergenze in rapporto alla nuova configurazione e viceversa c) di rivedere ed integrare le reti delle patologie più diffuse quali quella dell infarto, dell ictus, oncologica e pediatrica. In definitiva negli Hub (Novara, Cuneo, Alessandria-Asti, Città della Salute, Giovanni Bosco e San Luigi-Mauriziano) sono e saranno esplicitate le alte specialità (cardiochirurgia, neurochirurgia, trapianti, etc.) ed il secondo livello delle attività specialistiche a più ampia diffusione. Contemporaneamente tali strutture saranno sede di dipartimento di emergenza ed accettazione di 2 livello. Gli spoke (secondo livello per complessità) saranno sede di specialità ad alta diffusione (chirurgia, ortopedia, ginecologia, pediatria etc.) con attività preferibilmente di primo livello e meno complesse e saranno sede di dipartimento di primo livello e/o pronto soccorso. I piccoli ospedali saranno sede di medicina a bassa intensità, attività di postacuzie extraospedaliera, poliambulatori, sedi di associazionismo di medicina generale e sede di pronto soccorso e/o sede di punto di primo interevento. Gli indici nazionali frutto di benchmarking tra rapporto minimo e massimo di numero di punti di erogazione per specialità in rapporto agli abitanti, ci confermano che il Piemonte ha un numero eccessivo di strutture complesse (primariati) per cui si dovrà procedere nei prossimi anni ad una graduale riduzione ragionata di circa 200 strutture complesse. Infine il Piemonte secondo i dati di una analisi commissionata dalla giunta precedente (kpmg) e mai applicata ha un numero di strutture complesse con meno di 10 posti letto nell ordine del 40%. Un accorpamento di strutture con divisioni con più di 20 posti letto condurrebbe ad un significativo risparmio in termini di personale infermieristico mantenendo la medesima quota di attività assistenziale esistente. In quanto alle dimensioni delle Aziende Ospedaliere, pare giusto ricordare che le Molinette, il San Martino di Genova, ed alcuni Policlinici avevano ed alcuni ancora hanno numero di posti letto similari alle neonate aziende piemontesi, città della salute compresa. Il benchmarking con grandi realtà universitarie europee (Karolinska Hospital di Stoccolma, UZ di Bruxelles, DRK di Berlino, Bellvitge di Barcellona, King s College di Londra) ed americane ( Mayo Clinic di Rochester-USA, Houston Medical Center-Houston USA etc.) ci dicono inoltre che le dimensioni sono in ambiti correnti e similari alle grandi realtà ospedaliere internazionali di alta complessità.

4 L integrazione con le reti specialistiche La Rete Oncologica La Rete Oncologica piemontese è nata per migliorare la rete della presenza delle terapie oncologiche nel territorio, ed anche di concentrare le patologie oncologiche per raggiungere un volume di attività consono ad un servizio che offra qualità e sicurezza delle cure. Considerando che le specialità oncologiche rappresentano le discipline a più alta complessità e diffusione insieme a quella cardiovascolare, e che la curva di apprendimento per chirurgo dovrebbe essere di 30 casi/anno, pur abbassando il numero e considerandolo per equipe dai dati CPO del 2009 si evince che in Regione Piemonte: a) 17 ospedali trattano meno di 30 tumori alla mammelle/anno b) 9 ospedali trattano meno di 20 tumori al colon/anno c) 15 ospedali trattano meno di 8 polmoni/anno d) 25 ospedali trattano meno di 20 tumori ginecologici/anno e) 25 ospedali trattano meno di 20 tumori della laringe/anno f) I trattamenti di tumori dell esofago,dello stomaco e delle vie biliari sono minimali e sparsi in vari presidi salvo eccezioni g) I trattamenti dei tumori urologici hanno una migliore distribuzione anche se alcuni centri sono al limite. Vi sono dati sorprendenti quali una urologia con alti numeri all ospedale di Carmagnola senza rianimazione e numeri minori negli altri ospedali del cluster salvo le Molinette h) L ospedale Martini tratta quasi lo stesso numero di tumori laringei delle Molinette ove vi sono 3 otorinolaringoiatrie Emerge quindi l assoluta necessità di mettere realmente in rete i presidi secondo intensità di cure, gradualmente centralizzando le procedure oncologiche per raggiungere un livello minimo nella qualità e sicurezza delle prestazioni erogate, evitando localismi che impattano contro le reali esigenze di una moderna medicina. A tal proposito alcune considerazioni preliminari possono essere azzardate: a) Con i numeri attuali basterebbe un unico centro per le neoplasie dell'esofago alle Molinette (60-70 interventi anno). b) Negli ospedali Hub sono da concentrare anche interventi sulle neoplasie del fegato, vie biliari e pancreas. c) Considerando la curva di apprendimento anche per i carcinomi del laringe potrebbero essere individuati centri Hub con interventi l'anno d) E' necessario che non vi sia dispersione degli interventi per neoplasie toraciche, ma che questi vengano eseguite nei centri di chirurgia toracica. d) Vanno individuati le sedi adeguate per istituire breast unit in cui andranno ricollocate tutte le attività di cura per i tumori della mammella

5 e) Vanno tolte le autorizzazioni ad eseguire interventi su tumori alla mammella,colon,ginecologici, e laringei che sono al di sotto dei volumi di attività citati all inizio concentrandoli negli spoke o negli hub Per ciò che concerne le erogazioni di trattamenti chemioterapici, come da piano di rientro, vanno riportate tali erogazioni per il 50% in attività ambulatoriale e non più di Day Hospital, vanno incrementati il numero degli hospice e diminuiti i posti letto nelle divisioni oncologiche. Inoltre va applicati il rimborso condizionato dei farmaci oncologici ad alto costo dato il preoccupante livello di inappropriatezza della prescrizione di tali farmaci, compreso l applicazione del risk sharing (ti pago solo se il farmaco funziona). E in atto uno studio per individuare i nodi della rete oncologica centrati sulla riorganizzazione hub/spoke. Malattie cardiovascolari: la rete dell infarto (STEMI) Allo stato attuale la distribuzione delle emodinamiche che rappresentano il pilastro principale della cura dell infarto miocardio è disomogenea con scarsa utilizzazione di molte di esse. Contando che una emodinamica dovrebbe funzionare h 24 e che il paziente con infarto dovrebbe essere trattato da subito in ambulanza e se necessario arrivare direttamente in emodinamica senza passare neanche dal pronto socorso oggi abbiamo 23 emodinamiche di cui necessarie solo 17. Di queste 23 emodinamiche 3 sono praticamente chiuse, e 5-6 sono sotto utilizzate. I cardiologi piemontesi hanno messo a punto un ipotesi di rete per l infarto per una riorganizzazione delle medesime tarato sulla organizzazione in cluster degli ospedali. PROBLEMI PER QUADRANTI 1 TO Ciriè, Chivasso, Ivrea: Queste 3 Emodinamiche sono tutte nella stessa area Canavesana. Una di queste tre è ridondante. Le 2 residue sono sufficienti. Ciriè è già esistente e deve fare un modesto reintegro di personale infermieristico Ivrea avrebbe le caratteristiche per area geografica a coprire l alto Canavese, ma manca completamento di personale medico ed infermieristico Chivasso è molto vicino all area di Torino ed a Cirié. E la meno indicata a iniziare la sua attività. 2 NO-VC Verbania: laboratorio non esistente al momento. L ospedale ricovera circa 150 STEMI/anno e quelli da riperfondere sono ampiamente meno di 100/anno. Al momento non si riconosce l esigenza di apertura. Vercelli: non raggiunge le 400 PCI totali/anno quale minimo di qualità e va potenziata

6 3 CN Alba:attualmente non è autonoma come personale mentre Savigliano è autonomo. Il numero di STEMI afferenti ad Alba é comunque superiore rispetto a quelli afferenti a Savigliano. Alba ricovera 180 STEMI (anno 2008) mentre Savigliano ricovera 121 STEMI. Sarebbe sufficiente un solo laboratorio in quella area della 3 per riperfondere circa STEMI/anno. Per area geografica e per numerosità di popolazione si ritiene Alba come polo da potenziare e mantenere Savigliano quale EMO non HUB. Savigliano non raggiunge il minimo di 400 PCI totali/anno. 4 AL-AT Acqui Terme: non esiste laboratorio anche se geograficamente lontana. Gli STEMI afferenti ad Acqui Terme sono stati 76 nel 2008 e quelli da riperfondere sarebbero 40-50/anno. Non si ravvisa che il centro abbia al momento un significato per una nuova EMO HUB. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE Nella Regione Piemonte il numero complessivo degli Infarti Miocardici (STEMI) si aggira tra i 5200 e 5500 per anno, questi dati si riferiscono agli anni e provengono dalle diagnosi SDO. Questi dati SDO sono più elevati dell' attesa media di STEMI da riperfondere che si aggira sui circa. Le motivazioni di questa discrepanza sono state valutate come molteplici e comunque non hanno una risposta definitiva. I Pazienti riperfusi, quasi tutti mediante PPCI, angioplastica primaria sono cresciuti dal 47 % del 2007 al 53% del La mortalità Ospedaliera dei Pazienti riperfusi è variabile dal 4.6 al 5.8% con distinzione tra i due sessi : le donne hanno mortalità 7.1% e gli uomini hanno il 4.4% (dati del 2009). La mortalità ospedaliera totale di tutti i Pazienti con STEMI è invece circa il 13 % comprendono i non riperfusi e i riperfusi. Il numero delle Angioplastiche primarie (PPCI) valutato con i dati SDO è arrivato intorno

7 alle per anno, mentre secondo i dati GISE (Società Scientifica Cardiologica) sono circa Pazienti. Il dato SDO deriva da una diagnosi conclusiva di un ricovero, in qualsiasi Reparto sia avvenuto, mentre il dato GISE deriva dal registro del Laboratorio di Emodinamica al quale il Paziente giunge. A volte la definizione di STEMI può non giungere al Laboratorio in termini di acuzie e la registrazione nel Laboratorio di Emodinamica può non essere ben definita. Inoltre questa differenza di circa 700 Pazienti trattati con PPCI verosimilmente in maniera.tardiva o senza una classe di categorizzazione inviati ai vari Laboratori di Emodinamica potrebbe spiegare un'anomala allocazione di quei 700 Pazienti riperfusi mediante terapia trombolitica Sicuramente abbiamo una quota di Pazienti TROMBOLISATI, ma di impossibile quantificazione dai dati SDO (cartelle di dimissione), perchè la LISI può essere effettuata in sedi diverse ( Ambulanza, DEA, UTIC, Territorio) e quindi non risultare sulla SDO della dimissione. Questo può essere giustificato da : 1. Diagnosi tardiva 2. Età avanzata e non ritenuto idoneo a terapia riperfusiva 3. Controindicazioni a qualsiasi terapia riperfusisa 4. Mancata possibilità di avere accesso al Laboratorio di Emodinamica per vari motivi: trasporto secondario impossibile, Laboratorio con disponibilità temporaneamente limitata, comunicazione scadente. 5. Rifiuto del Paziente alla terapia invasiva 6. Dato amministrativo in qualche maniera impreciso sia nel Laboratorio di Emodinamica, sia nella compilazione della SDO 7. Manca un DATA BASE REGIONALE COMUNE delle Emodinamiche, che permetterebbe di averne un puntuale monitoraggio delle attività, delle procedure, dei flussi di Pazienti.

8 Quasi tutti i Laboratori hanno un data base personalizzato, ma che non entra in rete, quindi non permette valutazioni sulla qualità e sulla entità delle attività dei Laboratori della Regione. Questo problema sicuramente può trovare una soluzione, almeno in gran parte, se la organizzazione diagnostica non è dispersa sui Centri diversi e i trasporti hanno una sicurezza sia di esistenza, sia di riferimento su Emodinamiche che tutti i giorni dell'anno sono funzionanti in modo puntuale. L'altro grande problema è l'attuale sottoutilizzazione del 118, che rimane sul circa 28 % di modalità di accesso. Questo ridotto utilizzo del 118 nei vari anni dimostra che la popolazione non ha avuto nessun stimolo dall'organizzazione della RETE e che i vari Operatori Sanitari ( Medici di famiglia, Ospedali) non hanno ancora la fiducia su un robusto sistema quale il 118 RETE IMA deve avere. Osservando i soli dati del 2009, si osserva che l'incidenza dell'infarto miocardico ha una diversa distribuzione in relazione al sesso e una diversa mortalità sempre in relazione al sesso. Le donne hanno una maggiore incidenza di eventi nell'età più avanzata e ne consegue una aumentata mortalità. In relazione alla aumentata mortalità entra in gioco la più difficile diagnostica dell'infarto nella donna per sintomatologia molto più complessa e a volte più difficile da riconoscere.

9 Rete dell Ictus Cerebrale A) Criteri metodologici I criteri utilizzati per la costruzione della rete assistenziale per l ictus si basano sulle seguenti premesse elementari: i percorsi assitenziali devono permettere a ogni cittadino, di ricevere la migliore assistenza possibile, indipendentemente dall area territoriale in cui si verifica l evento acuto, dall ora, dal mese e dal giorno della settimana, dall età della persona e dalla sua situazione sociale, economica e culturale. la rete assistenziale deve dare accesso alle migliori cure, secondo quanto stabilito dalle linee guida internazionali e nazionali - accreditate e condivise dalle società scientifiche neurologiche e di patologia cardiocerebrovascolare - raccolte sulla base di evidenze scientifiche (EBM). Le linee guida SPREAD, tra quelle nazionali, in questo momento sono quelle più rispondondenti ai suddetti criteri. le linee guida devono tradursi in percorsi assistenziali definiti e condivisi, e devono essere adattate alla situazione specifica della nostra regione e delle sue diverse parti, alle rete per l emergenza (118), alla rete ospedaliera ed a quella dell assitenza territoriale e di base. senza voler limitare l applicazione dei precedenti criteri, non deve essere trascurata la sobrietà e l economicità del sistema, evitando l eccessiva frammentazione o l eccessiva concentrazione dei servizi, facendosi guidare, anche sotto questo aspetto, dai criteri elaborati dalle principali linee guida scientifiche attenzione deve essere posta anche alla creazione di un sistema sufficientemente flessibile e per quanto possibile adattabile ai futuri sviluppi scientifici e tecnologici. B) Criteri scientifici Contro la patologia cerebrovascolare i maggiori risultati derivano dalla corretta applicazione dei criteri di prevenzione primaria e secondaria, dalla diffusione di adeguati stili di vita, e dal contrasto all ipertensione, al diabete, al fumo, all obesità, alla sedentarietà e ad altri specifici fattori di rischio. I dati numerici relativi al 2009 sembrano indicare finalmente una riduzione, sia pure limitata, del numero d ictus e TIA verosimilmente da attribuire alla applicazione degli indirizzi di prevenzione (soprattutto controllo dell ipertensione, diabete, dislipidemia). Per quanto riguarda il trattamento in fase acuta, gli interventi che, in base ai dati di letteratura internazionale hanno dimostrato maggiore efficacia sono: 1. la trombolisi sitemica (entro le 3 ore dall esordio dei sintomi)

10 2. il ricovero in Stroke Unit I risultati con maggiore significatività (riduzione del danno residuo) sul singolo soggetto si ottengono dalla trombolisi, ma sulla popolazione complessiva prevale l efficacia delle Stroke Unit; questo è dovuto al fatto che, mentre tutti i soggetti possono beneficiare del ricovero in stroke unit, solo una ridotta percentuale di essi è elegibile per la trombolisi. Una nota particolare va fatta sulle analogie e sulle differenze tra il trattamento in fase acuta della patologia cerebrovascolare e di quella cardiovascolare: il tessuto encefalico sanguina molto più facilmente ed è soggetto agli effetti dell ischemia più precocemente e in modo meno irreversibile rispetto al muscolo cardiaco; questi fatti hanno importanti conseguenze anche sul modello organizzativo. L efficacia e la relativa sicurezza della trombolisi sono documentate per le prime 3 ore dall esordio dei sintomi; nelle ore successive aumentano i rischi di sanguinamento e si riduce progressivamente l utilità. Più presto si interviene più tessuto cerebrale viene riosparmiato: time is brain! Sono in corso studi per la trombolisi fino alle 4 ore e mezza o alle 6 ore, ma è provato che in queste fascie temporali il richio di sanguinamento aumenta e l efficacia si riduce. Importanti differenze vi sono anche per i trattamenti endovascolari: mentre nella patologia cardiaca vi è stata la ben nota e notevolissima espansione dell angioplastica, dello stenting, dei by pass e di altri tattamenti invasivi, nell ictus ischemico tutti questi trattamenti sono agli esordi, mancano per il momento di certezze trasferibili alla medicina basata sull evidenza (EBM), sono di applicazione assai complessa e vi sono pochissimi operatori preparati in tal senso. La stroke unit è un area in cui convergono molte competenze sull ictus e dove si riesce massimamente a ridurre le complicanze ed a creare un ambiente adatto alla riabilitazione precoce del movimento, del linguaggio, delle funzioni mentali, della deglutizione, delle funzioni sfinteriche. Si tratta di aree semintensive non solo per la presenza di monitors e di altre apparecchiature di allarme sulle funzioni vitali, ma per la presenza di personale medico molto esperto nella diagnoi e enlal cura dell ictus e infermieri, trapisti, logopedisti, nutrizionisti, attenti in modo continuativo all aiuto del paziente nella ripresa di tutte le funzioni elementari. Non si tratta dunque di aree di tipo semintensivo nella comune acccezione. La rete di I livello per l assitenza all ictus ischemico in fase acuta, dati i tempi strettissimi di intervento, va strutturata in modo capillare sul territorio per quanto riguarda la trombolisi sistemica e l assitenza in stroke unit, mentre, per il momento, la rete per i trattamenti endovascolari (rete di II livello), essendo limitata a limitate e particolari situazioni, deve prevedere pochi punti di intervento ed un organizzazione flessibile del sistema, in attesa di nuove evidenze scientifiche e della formazione di nuovi operatori.

11 C) Epidemiologia L ictus è tra le più patologie più diffuse e più gravi: è la prima causa di invalidità permanente, la seconda causa di demenza (dopo l Alzheimer) e la terza causa di morte (sommata alla patologia cardiovascolare sale al primo posto). L incidenza annua in Italia è di 1.79/2,92 nuovi casi per mille abitanti. Di questi, circa l 80% è rappresentato da ictus ischemici, il 20% da eventi emorragici (intracerebrali, subaracnoidei, subdurali o epidurali). Spesso è citato il dato riportato dallo SPREAD, relativo ai rilievi del 1999, secondo cui in Italia ogni anno occorrono circa ictus, per l 80% nuovi episodi e per il 20% recidive. Il numero di soggetti colpiti da ictus (sulla popolazione del 1999) e ad esso sopravvissuti con esiti più o meno invalidanti, era, in Italia, di circa Il rischio di ictus aumenta con l età: in pratica raddoppia ogni 10 anni. Il Piemonte è tra quelle con i più alti livelli di mortalità per ictus rispetto alla media nazionale, all opposto di quanto avviene per l infarto miocardico- Tali considerazioni hanno dato impulso allo sviluppo di un più attento monitoraggio del fenomeno ed alla elaborazione di nuovi modelli organizzativi. In particolare questa nuova attenzione è sfociata in una DGR dell ottobre 2008 che ha reso possibile la copertura di alcune macroscopiche inadempienze (si citi ad es. la mancanza di una stroke unit nel più importante ospedale della regione), ma che per molti versi è ancora tutta da applicare, soprattutto per la carenza di risorse umane. Va aggiunto infine che la delibera stessa appare oggi meritevole d integrazioni in alcune parti (ad es. come tratatre l ictus negli ospedali minori che non dispongono di neurologia e di stroke unit). Sintesi del modello organizzativo, necessità e proposte Il 118: porta gli ictus all HUB più vicino. Nei casi in cui sia esclusa a priori l indicazione a trombolisi il 118 può contattare il centro Hub più vicino per stabilire la destinazione (centro spoke o centro Hub) Centri SPOKE Definizione: gli ospedali privi di stroke unit che tuttavia hanno organizzato un percorso interno per gli ictus e un collegamento attivo H24 con un centro Hub. Tali centri sono ancora da definire. Gli ictus sono assistiti tramite stroke team interni o a partenza dall HUB più vicino, almeno in fase iperacuta. Il ricovero avviene in area medica o in neurologia (quando presente). Centri HUB di I livello Definizione: le neurologie con stroke unit e che praticano la trombolisi endovenosa H24

12 Ora 22 sedi. Dodici in provincia di Torino (Molinette, Mauriziano, Martini, Maria Vittoria, Giovanni Bosco, Rivoli, San Luigi, Pinerolo, Moncalieri, Ivrea, Ciriè, Chivasso). Quattro nel quadrante di Alessandria (Alessandria, Asti, Novi, Tortona) Tre nel quadrante di Novara (Novara, Biella, Domodossola) Tre nel quadrante di Cuneo (Cuneo, Alba, Savigliano). Neurologo presente o reperibile (ora presenza H24 solo alle Molinette, Cuneo, Novara; per il resto H12). Ricovero in stroke unit. In fase iperacuta ricovero nei letti di stroke unit a maggiore intensità assitenziale dove è: un infermiere dedicato sulle 24 ore e la possibilità di monitoraggio dei parametri vitali. Lo stesso infermiere partecipa alla trombolisi fin dall ingresso del paziente in ospedale. Tutti i centri debbono disporre di consulenza H 24 da parte del neurochirurgo, del neuroradiologo, del chirrugo vascolare Centri HUB di II livello Definizione: gli ospedali con disponibilità di trattamento endovascolare per i casi di l ictus ischemico e di Neurochirurgia + trattamento endovascolare nei casi di ictus emorragico con potenziale indicazione ad intervento (ESA, MAV, particolari ematomi). I pazienti vi accedono direttamente o per invio dai centri di I livello. Attualmente 6 centri: Molinette, CTO, Giovanni Bosco, Cuneo, Alessandria,Novara. Alcuni in via di costituzione (manca la neuroradiologia). Centri selezionati e attentamente monitorati, anche privi di neuroradiologia propria, potranno adeguare sale di emodinamica già operative per la cardiologia, per interventi endovascolari negli ictus ischemici tramite equipe mobili di neuroradiologia interventistica provenienti dagli Hub di II livello. La rete della chirurgia vascolare è già ora sufficientemente organizzata, con copertura di tutto il territorio H 24. Necessità principali e proposte Per l intero territorio Campagna di informazione sul fatto che l ictus è una emergenza Per il 118 dotazione di mezzi per i trasporti secondari (dagli Hub di I livello a quelli di II livello) Per i centri Hub di I livello

13 Necessità di dotazione di infermieri per istituire il turno aggiuntivo per l area di stroke unit a maggiore intensità assistenziale. Necessità di circa 80 infermieri complessivamente. Completare la pianta organica neurologica nelle situazioni più critiche (Moncalieri, Rivoli). Trasferire un alcuni letti da altre specialità o dalle medicine alla neurologia nelle sedi in cui i ricoveri di ictus avvengono ancora fuori delle stroke unit (Biella, Mauriziano, Molinette, Rivoli, Moncalieri, ed altri). Si tratterebbe in tutta la Regione di letti, ma è ipotizzabile che un ottimale dotazione organica permetterebbe alle stroke unit di ridurre la degenza degli ictus e quindi la necessità complessiva di letti. E possibile inoltre ipotizzare alcune aggregazioni fra stroke unit vicine per creare meno centri, ma dotati di presenza neurologica H24 (ipotesi in tal senso sono state avanzate ad esempio per Novi-Tortona, Chivasso-Ivrea, ed altre possono crearsi) Per i centri Hub di II livello Necessità di : Ridefinizione dei territori di riferimento per le neurochirrugie per gli interventi in acuzie. Potenziamento della SC di neuroradiologia presso la clinica Neurologica delle Molinette l unica oggi autonoma nel fornire l intera gamma di trattamenti endovascolari. Dotare le Molinette di un moderno apparecchio biplanare. Prevedere due fasi per adeguare la rete neuroradiologica: I fase (2-3 anni) utilizzo delle risorse esistenti (tutti gli operatori in gardo di agire come I o II operatore) messe in un unico pool per coprire le 24 ore (dove necessario con due operatori in contemporaneità) sull intero territorio regionale. Prevedere adeguati finanziamenti per compensare gli straordinari derivanti da tali attività. Formare nel frattempo 10 nuovi operatori di neuroradiologia interventistica (a partire da radiologi interventisti, neurochirurghi, neurologi) II fase (fra 2-3 anni) immettere i nuovi operatori nel lavoro autonomo o semiautonomo e vedere se autonomizzare le diverse sedi o continuare col modello della grande guardia a Rotazione. Istituire sistema trasmissioni immagini basato su server DICOM (Patatrac è insufficiente)

14 Sintesi estrema delle risorse necessarie infermieri 8 neurologi per le stroke unit finanziamento di adeguati compensi straordinari per i pochi neuroradiologi interventisti attualmente operativi 10 medici (radiologi, neurochirughi o neurologi) da formare poer la neuroradiologia un apparecchio biplano per le Molinette potenziamento 118 per trasporti secondari spostare in alcune sedi letti dalla medicina alla neurologia sistema di trasmissione immagini DICOM Fratture di femore La Regione Piemonte si colloca tra gli ultimi nella percentuale di intervento su fratture di femore per anziani nelle 48 ore come stabilito dall inchiesta S.Anna di Pisa. Solo la messa in rete dei presidi stabilendo i livelli di intensità di cura ed intervento può risolvere il problema. Negli anni precedenti le fratture di femore al CTO per esempio avevano una media di ricovero pre intervento di 4-5 giorni. Negli ultimi 3 mesi grazie anche all apporto della cattedra di Ortopedia, il 95% è operato entro le 48 ore. Al CTO storicamente per accordo sindacale e convenienza diffusa le sale operatorie sono chiuse alle 13 con nessuna attività programmata al pomeriggio!! La distribuzione delle fratture di femore nei vari ospedali è anomala. Le Molinette per esempio ricovero il 30% in meno delle fratture di femore con una ortopedia del CTO che però ha 7 ortopedie!! Il risultato sono la distribuzione delle fratture di femore in tutti i reparti delle Molinette ed una attesa per l intervento insostenibile. Con una sola azienda si può riequilibrare attivando anche le sale operatorie del CTO al pomeriggio. La messa in rete degli ospedali permetterà una più attenta distribuzione delle fratture di femore ed una necessaria concentrazione degli interventi protesici in centri specializzati considerando un minimo di 100 protesi per centro che corrispondono ad uno standard internazionale di 50 interventi per ortopedico considerando 2 ortopedici per centro in grado di offrire prestazioni a buon livello. La necessità emerge anche dal fatto che non tutti i centri ortopedici sono in possesso di sale operatorie ISO 5 con impianti di ricambio dei flussi utili ad assicurare una sterilità adeguata per gli interventi protesici, cardiochirurgici e trapianti. La centralizzazione in pochi centri superando la soglia delle 100 protesi/anno permetterà di migliorare la qualità e di abbassare le infezioni (dati AReSS)

15 Medicina di Famiglia L attuale giunta è per incentivare l associazionismo dei medici di famiglia non fornendo soldi (2 mila in più per ogni medico associato al mese e 4 mila per il coordinatore!!) a pochi gruppi, come da sperimentazione in atto, ma dando omogeneamente a disposizione locali, personale ed informatizzazione nelle strutture già proprietà della Regione Piemonte favorendo la progressiva richiesta che deve mantenersi entro ambiti spontanei senza perdere la capillarità territoriale ed il rapporto medico/paziente caratteristico della medicina di famiglia La Regione potrà fornire personal infermieristico ed amministrativo poiché se concentriamo i primariati in divisioni con più di 20 posti letti conseguiamo un esubero di personale infermieristico ed amministrativo che potrà essere utilmente riutilizzato in ambito territoriale. I dipartimenti di Postacuzie e della Fragilità assistenziale presenti negli ospedali, ma gestiti ed in carico alle ASL territoriali con la presenza di uno Sportello Unico Sanitario/Assistenziale assicureranno la continuità terapeutica tra ospedali e territorio, prendendosi carico del paziente/cittadino per ogni sua esigenza extraospedaliera e coordinando permanentemente le necessità assistenziali territoriali e territorio/ospedale in caso di riacutizzazione. Ricoveri post acuzie Il Piemonte ha un eccesso di letti post acuzie (1.2 versus 0.7/1000 abitanti) ma incredibilmente non si riesce a dimettere dagli ospedali i pazienti che necessitano un proseguimento cure nel post ricovero con gradualità diverse, comportando una degenza media regionale ospedaliera superiore di un giorno della media nazionale. Questo perché vi è un eccesso di posti letto di riabilitazione ortopedica di primo livello convenienti alle strutture convenzionate ma esuberanti le reali necessità con una degenza che è doppia di quella nazionale, e pochi di post acuzie extra ospedaliera che prenda in carico il paziente prima di una ricollocazione domiciliare qualunque essa sia (casa, RSA etc.). Rivedere la norma ci permetterà di favorire la dimissione dagli ospedali di pazienti non più acuti, di diminuire i posti letto per acuti e riabilitazione di primo livello (eccesso disomogeneo di circa 2000 posti letto), facendo funzionare meglio il sistema post acuzie e riabilitativo con conseguenti risparmi a parità di prestazioni. Alcuni piccoli ospedali saranno riconvertiti in quest ottica data la necessità impellente di mettere in rete il sistema extraospedaliero con l introduzione di un CUP territoriale per macroaree e/o regionale.

16 Laboratori, logistica ed acquisti Primo compito dei cluster sarà quella di concentrare i laboratori, i magazzini, i punti di diagnostica di secondo livello (anche radiologici) eliminando doppioni e favorendo economie di scala. Per esempio nella Città della Salute andranno rivisti il numero dei laboratori, delle radiologie (7 primariati ale Molinette!!!), delle sale operatorie. Le sale operatorie sono ancora sottoutilizzate a livello regionale. Tali dovrebbero essere operative 12 ore al giorno per l attività ordinaria, e 24h per le urgenze, sale di radiologia interventistica, emodinamica e ed endoscopica comprese. Ne basterebbero di meno ma saturate a tempo pieno. Tali utilizzazione virtuosa sarà tra i punti focali della riforma grazie alla messa in rete degli ospedali. Edilizia Sanitaria La mancanza di programmazione ha comportato una spesa di circa 1,5 miliardi di per la riqualificazione delle strutture sanitarie ma con iniziative lasciate alle singole ASL e AO senza tenere conto di priorità come da studio dell indice di vetustà pubblicato dall AReSS, a cui va aggiunta la necessità della messa anorma delle strutture seconda la legge 626. Vi sono quindi aree del Piemonte in cui si è costruito (area sud) anche senza una vera priorità assoluta, ed aree come quella torinese (città e provincia) ove le strutture sono ad alto rischio di vetustà con gravi carenze infrastrutturali. La spesa in tecnologia ha spesso seguito logiche inverse essendo la componete finanziaria parte della stessa voce di spesa (beni e servizi). Il programma di riforma prevede un graduale ricupero delle strutture con una programmazione seria basata su indici obiettivi e date le scarse risorse a disposizione, con l utilizzo di parternariato pubblico/privato (project financing etc.) come da esperienze consolidate in altre regioni (Emilia, Toscana, Lombardia etc.) Informatizzazione La Regione Piemonte sta perseguendo il cammino già intrapreso precedentemente verso una graduale informatizzazione sanitaria omogenea regionale. Sono in corso applicativi per il fascicolo sanitario, portale della salute, centralizzazione degli acquisti, interoperabilità, pagamenti on line, e telemedicina che porranno la regione all avanguardia nel panorama italiano. Rapporti Pubblico/Privato Il privato convenzionato ed accreditato rappresenta una risorsa utile del sistema regionale seppur marginale. La giunta ha intenzione di inserire il privato

17 convenzionato nella programmazione sanitaria regionale, così come avverrà per le strutture universitarie, al fine di evitare doppini e duplicazioni di servizi e di spesa. L ottica permane di una saturazione del pubblico prima di procedere all utilizzazione del privato se necessario

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