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1 LA COLPA DELLA P.A. NELLA PERSISTENTE DISARMONIA DI VEDUTE TRA GIURISPRUDENZA NAZIONALE E COMUNITARIA Nota a Consiglio di Stato, Sez. V, 24 febbraio 2011 n di Marco Pennisi La Sezione V del Consiglio di Stato, con sentenza 24 febbraio 2011 n. 1184, ha affrontato la questione della necessarietà o meno della prova della colpa nelle domande di risarcimento dei danni derivanti dalla violazione delle norme sugli appalti pubblici, proposte nei confronti dell amministrazione aggiudicatrice, mostrando di confermare l orientamento finora espresso dalla giurisprudenza nazionale e, al contempo, di disattendere le recenti indicazioni che, in senso contrario, provengono dalla giurisprudenza comunitaria. Prima di esaminare la pronuncia in commento, tuttavia, appare opportuno ripercorrere le tappe del dibattito giurisprudenziale delineatosi in tema di responsabilità e colpa della P.A. In questo senso, è possibile individuare una più risalente posizione che negava ogni risarcibilità alla lesione dell interesse legittimo, per la ritenuta inesistenza di un giudice che avesse cognizione in materia di risarcimento all interesse legittimo leso ed in ossequio alla tradizionale interpretazione restrittiva del danno ingiusto di cui all art c.c., la cui applicabilità si riteneva limitata alla sola lesione di un diritto soggettivo perfetto. Successivamente, in giurisprudenza si sono riscontrate alcune aperture e, in particolare, pur non ammettendosi la risarcibilità dell interesse legittimo pretensivo, veniva di fatto risarcita la situazione giuridica corrispondente all interesse legittimo oppositivo, attraverso la fictio iuris della riespansione del diritto soggettivo compresso dal provvedimento illegittimo. Con riferimento all elemento soggettivo, la giurisprudenza (Cass n. 6542), ai fini dell affermazione di una responsabilità in capo alla P.A., riteneva operante una presunzione assoluta di colpa, considerandola implicita nell adozione di un provvedimento illegittimo.

2 Con la storica sentenza n. 500/99, le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che la responsabilità della P.A. debba essere qualificata come extracontrattuale e, in applicazione dei principi generali (art c.c.), hanno ritenuto che sul privato incombesse l onere della prova anche dell elemento soggettivo della colpa, la quale, tuttavia, veniva intesa come colpa di apparato, da individuarsi nella stessa organizzazione amministrativa e non già in relazione al singolo funzionario, quale violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della P.A. In particolare, la colpa viene ricondotta non alla mera inosservanza di leggi regolamenti, ordini o discipline, secondo la nozione fornita dall art. 43 del codice penale, ma alla violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero a negligenze, omissioni o anche errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili; tra le negligenze inescusabili vengono annoverati i comportamenti sciatti, superficiali, sbrigativi nel compiere operazioni valutative di agevole e semplice esecuzione. L impostazione, tuttavia, si scontrava con l estrema difficoltà, per il ricorrente, di provare la colpa della P.A., in considerazione del fatto che, nella specie, non opera il principio di vicinanza della prova, poiché l onere probatorio è posto a carico della parte che normalmente non dispone degli elementi di prova sufficienti a soddisfare il principio di cui all art c.c. Per questa ragione, una parte della giurisprudenza amministrativa (Cons. di Stato n. 5500; Cons. di Stato n. 3723; Cons. di Stato n. 5772), pur rimanendo fedele alla qualificazione come extracontrattuale della responsabilità della P.A., ha introdotto il c.d. principio dispositivo con onere acquisitivo, che prevede l onere del ricorrente di provare soltanto l illegittimità del provvedimento, rimettendo alla P.A. la prova liberatoria della sussistenza di specifiche circostanze, e cioè l oscurità o la sovrabbondanza della normativa in materia, il repentino mutamento della stessa, l assenza di orientamenti giurisprudenziali univoci o la speciale complessità della questione (Cons. di Stato n del ).

3 Secondo un altra parte della giurisprudenza (Cons. di Stato, sez. IV, n. 1467), la responsabilità della P.A. andrebbe qualificata in termini di responsabilità contrattuale da contatto sociale qualificato, in quanto il rapporto tra il privato e la P.A. non si risolve nell estraneità reciproca e nella mera violazione del principio del neminem laedere, ma si inquadra in un insieme di norme procedimentali che lo disciplinano e che conformano lo svolgimento del procedimento amministrativo e l emanazione del provvedimento conclusivo. In questo senso, il ricorrente è onerato, ex art c.c., della mera prova del titolo del suo diritto e del danno subito, potendo limitarsi semplicemente ad allegare la colpa della P.A. Quest ultima, per esonerarsi da responsabilità, dovrà fornire la prova, anche per presunzioni (art c.c.), della mancanza di colpa e, in particolare, dovrà provare l assenza di suoi comportamenti sciatti, superficiali e sbrigativi nel compiere operazioni valutative di agevole e semplice esecuzione, nonché la circostanza che l illegittimità del provvedimento è stata dovuta all oscurità o al repentino mutamento dell assetto normativo ovvero al contrasto giurisprudenziale nella sua interpretazione. Le due principali impostazioni giurisprudenziali, pertanto, conducono a conclusioni analoghe sotto il profilo del limitato onere probatorio richiesto al ricorrente e della conseguente effettività di tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche lese dal provvedimento illegittimo. Va richiamata, peraltro, anche una tesi minoritaria, la quale qualifica la responsabilità della P.A. in termini di responsabilità precontrattuale, con la conseguenza che sarebbe sufficiente la mera prova, da parte del ricorrente, del comportamento della P.A. che sia stato contrario alla buona fede oggettiva. Tuttavia, questa tesi è stata sottoposta a critiche e non è stata accolta dal Consiglio di Stato, sia perché limita il risarcimento al solo interesse negativo, sia in quanto, prima dell aggiudicazione, non sono ravvisabili trattative tra la P.A. ed il privato (artt e 1338 c.c.).

4 Va, invece, osservato come la tesi maggioritaria della responsabilità extracontrattuale sembra essere confermata dall art. 30 comma 2 del Codice del processo amministrativo, il quale, disciplinando l azione risarcitoria, fa riferimento al danno ingiusto derivante dall illegittimo esercizio dell azione amministrativa. In controtendenza rispetto al dibattito giurisprudenziale nazionale, si è posta la Corte di Giustizia Europea, la quale ha interpretato la direttiva n. 89/665/CEE, nel senso che la responsabilità dell amministrazione aggiudicatrice per i danni derivanti dalla violazione della normativa sugli appalti pubblici, prescinde dalla prova della colpa, risolvendosi, pertanto, in una forma di responsabilità oggettiva. In particolare, in un primo arresto (Corte di Giustizia , causa C- 275/03 Commissione c/ Portogallo), la Corte aveva escluso la compatibilità con la richiamata direttiva di una normativa nazionale che prevedesse l onere, per il ricorrente, di provare il carattere colpevole del comportamento dell amministrazione aggiudicatrice. Successivamente, questa impostazione è stata recentemente ribadita e precisata da Corte di Giustizia causa C-314/09, la quale ha affermato che il contrasto con il diritto comunitario sussiste anche nel caso in cui la normativa nazionale preveda che il carattere colpevole del comportamento formi oggetto di una presunzione di colpevolezza. Infatti, la direttiva n. 89/665/CEE argomenta che l apertura degli appalti pubblici alla concorrenza comunitaria imponga un aumento delle garanzie di imparzialità e trasparenza, con la conseguenza che è necessaria la previsione normativa di mezzi di ricorso, anche cautelari, che siano efficaci, rapidi e funzionali all annullamento dell aggiudicazione e/o al risarcimento dei danni, quali rimedi alla violazione della disciplina comunitaria o nazionale di recepimento in materia di appalti pubblici. D altra parte, la direttiva ammette che gli ordinamenti nazionali, da un lato, possano prevedere dei termini di decadenza per l impugnazione del

5 provvedimento o anche escludere che l annullamento del provvedimento illegittimo sia preliminare alla domanda di risarcimento; dall altro, possano determinare quali siano gli effetti dell annullamento dell aggiudicazione, potendo anche escludere la produzione di effetti sul contratto concluso, limitandoli al solo risarcimento del danno subito. La Corte di Giustizia ritiene che la possibilità di prevedere il solo risarcimento dei danni, quale rimedio all annullamento dell aggiudicazione illegittima, debba misurarsi con il principio di effettività ed efficacia della tutela del ricorrente. In questo senso, secondo la Corte, il principio risulta frustrato da una normativa che subordini l accoglimento della domanda risarcitoria alla prova del carattere colpevole del comportamento dell amministrazione aggiudicatrice, e ciò tanto nel caso in cui tale prova debba essere fornita dal ricorrente, quanto nel caso in cui sussista una presunzione normativa di colpevolezza, atteso che, in entrambe le ipotesi, sussiste il rischio che il ricorrente rimanga privo di ogni tutela. L orientamento della Corte di Giustizia, secondo una parte della nostra dottrina, avrebbe confermato la tesi della natura contrattuale da contatto sociale qualificato della responsabilità della P.A., in quanto sarebbe sufficiente che il privato provi il titolo del proprio diritto risarcitorio; secondo altra parte della dottrina, avrebbe invece confermato la tesi della natura extracontrattuale, poiché sarebbe sufficiente che il ricorrente fornisca il mero elemento di prova, come prevede il principio dispositivo con onere acquisitivo. La risposta della giurisprudenza nazionale all orientamento espresso dalla Corte di Giustizia, tuttavia, non è stata univoca. In senso conforme, si pone TAR Lombardia, Brescia n. 4552, secondo cui il rilievo della sussistenza della colpa viene meno alla luce della giurisprudenza comunitaria, secondo cui gli Stati membri non possono subordinare il risarcimento del danno alla sussistenza del carattere colpevole, anche soltanto presunto, della violazione della normativa sugli appalti.

6 In senso contrario si pone la pronuncia in commento del Consiglio di Stato, la quale, senza richiamare le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Giustizia, le ha disattese, affermando come la sussistenza della colpa o del dolo sia imprescindibile ai fini dell accoglimento della domanda risarcitoria. Questa sentenza, infatti, affronta il problema della configurabilità o meno della responsabilità dell amministrazione aggiudicatrice, muovendo dai presupposti della responsabilità civile ex art c.c., che annoverano l elemento psicologico del dolo o della colpa quale requisito necessario per la risarcibilità del danno ingiusto, salve le ipotesi di responsabilità oggettiva previste da specifiche norme di legge. Così facendo, il Consiglio di Stato si uniforma all orientamento maggioritario della giurisprudenza nazionale che configura la responsabilità della P.A. in termini di responsabilità extracontrattuale, sia pure con il temperamento del principio dispositivo con onere acquisitivo. Infatti, nel caso sottoposto al suo esame, malgrado l illegittimità del comportamento dell amministrazione aggiudicatrice sia stata allegata dal ricorrente, il Consiglio di Stato ha escluso la responsabilità risarcitoria della P.A., ritenendo provato che il comportamento è stato solo il frutto di una interpretazione di norme non particolarmente perspicue, cioè di una delle cause di esonero dalla responsabilità individuate dalla giurisprudenza amministrativa. Alla luce del recente arresto, pertanto, pare potersi concludere che la disciplina della responsabilità dell amministrazione aggiudicatrice per violazione della normativa sugli appalti, nell interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia Europea, non sembra ancora avere inciso sull orientamento espresso dalla nostra giurisprudenza amministrativa, secondo cui la prova della colpevolezza del comportamento continua a costituire un presupposto essenziale per l accoglimento della domanda risarcitoria. Marco Pennisi

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