LA DEDUCIBILITA' DEI COSTI DERIVANTI DA OPERAZIONI CON SOGGETTI «BLACK LIST»: PRASSI E GIURISPRUDENZA

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1 1 di 5 23/01/ :27 LA DEDUCIBILITA' DEI COSTI DERIVANTI DA OPERAZIONI CON SOGGETTI «BLACK LIST»: PRASSI E GIURISPRUDENZA Fiscalità Internazionale, 1 / 2010, p. 45 LA DEDUCIBILITA' DEI COSTI DERIVANTI DA OPERAZIONI CON SOGGETTI «BLACK LIST»: PRASSI E GIURISPRUDENZA Committeri Gian Marco [*] Pallaria Gianfranco [**] Con la circolare 3 novembre 2009, n. 46/E, l Agenzia delle entrate torna ad esprimersi in modo più dettagliato sul regime sanzionatorio correlato alla mancata indicazione nella dichiarazione dei redditi, in modo separato, dei costi derivanti da operazioni con soggetti residenti nei cd. paradisi fiscali, oggetto di modifica con la legge Finanziaria per il L attenzione è rivolta alle diverse fattispecie oggetto del regime sanzionatorio, con particolare riguardo all applicazione retroattiva alle violazioni commesse fino al 31 dicembre 2006 e, sempre che sia fornita la prova delle esimenti previste dalla disciplina sull indeducibilità dei costi cd. «black list», in presenza di dichiarazione integrativa presentata prima o dopo l avvio dei controlli dell Amministrazione finanziaria. Riferimenti Decreto Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 Art. 110 Circolare 3 novembre 2009 n. 46/E Legge 27 dicembre 2006 n. 296 Sommario: 1. Premessa - 2. Il quadro normativo di riferimento e le modifiche introdotte dalla legge n. 296/ L applicazione delle sanzioni - 4. La presentazione della dichiarazione dei redditi integrativa - 5. Orientamenti della giurisprudenza di merito - 6. Conclusioni 1. Premessa L art. 110, comma 10, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 («T.U.I.R.») stabilisce una presunzione di indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti nel territorio dello Stato italiano ed imprese domiciliate in Paesi cd. black list. Trattasi di quei soggetti fiscalmente domiciliati in Stati (o territori) non appartenenti all Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati, di cui al decreto del Ministero dell economia e delle finanze 23 gennaio 2002, modificato dai successivi DD.MM. 22 marzo 2002 e 27 dicembre Occorre rilevare che il comma 10 dell articolo in esame è stato da ultimo oggetto di modifiche da parte della legge Finanziaria per il 2008 [1]. La modifica deriva dall introduzione dell art. 168-bis («Paesi e territori che consentono un effettivo scambio di informazioni») operata dall art. 1, comma 83, lett. n), della menzionata legge Finanziaria. Detta norma prevede l emanazione di una cd. white list che dovrà essere approvata dal Ministero dell economia e delle finanze, di concerto con il Ministero degli affari esteri, al fine di indicare i Paesi con i quali è attuabile un adeguato scambio di informazioni. Una volta definita la nuova white list, gli Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato saranno quindi individuati «per differenza», rispetto all elencazione che sarà contenuta, appunto, nella white list. Fatta questa breve digressione, si rileva che il regime di (in)deducibilità in questione, fatta salva e verificata l esistenza delle esimenti previste dal comma 11 dell art. 110 del T.U.I.R., è integrato dall obbligo, previsto dalla medesima disposizione, di indicare separatamente nella dichiarazione dei redditi i costi derivanti da rapporti con imprese residenti in Paesi black list. La legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007) ha introdotto una specifica disposizione sanzionatoria per la mancata indicazione dei predetti componenti negativi nella dichiarazione dei redditi alla quale gli stessi si riferiscono. L Agenzia delle entrate, nella circolare 3 novembre 2009, n. 46/E, ha fornito sul punto taluni chiarimenti relativi alle disposizioni che disciplinano la deducibilità dei costi cd. black list. 2. Il quadro normativo di riferimento e le modifiche introdotte dalla legge n. 296/2006 Prima delle modifiche apportate all art. 110 del T.U.I.R. dalla richiamata legge n. 296/2006, il comma 10 prevedeva l indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con società residenti e localizzate in Paesi black list, mentre il successivo comma 11 (contenente le cd. esimenti) prevedeva che il regime di indeducibilità previsto al comma 10 non si applicasse quando le imprese residenti fiscalmente in Italia fornisvano la prova che le imprese black list svolgevano in via

2 2 di 5 23/01/ :27 prevalente un attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondevano ad un effettivo interesse economico e che le stesse avevano avuto concreta esecuzione [2]. Inoltre, l aspetto dirimente era rinvenibile nel fatto che la deduzione di tali componenti negativi di reddito era subordinata alla separata indicazione degli importi dedotti nella dichiarazione dei redditi. Pertanto, il quadro normativo ratione temporis vigente faceva sì che in caso di mancata esposizione di tali importi nel modello Unico SC, vi fosse una sanzione «indiretta» consistente nell indeducibilità del componente negativo, con conseguente infedeltà della dichiarazione dei redditi ed applicazione della relativa sanzione di cui all art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 471/1997 (dal 100 al 200% della maggiore imposta accertata). Va da sé come tale sanzione «impropria» risultasse eccessiva in quanto l indeducibilità assoluta dei costi, anche quando ne fosse dimostrata l effettività, non poteva non ritenersi vessatoria facendo scaturire gravose conseguenti sostanziali da una violazione di carattere meramente formale. In questo ambito normativo, la richiamata legge n. 296/2006 è intervenuta come segue: (i) il comma 301 ha soppresso l ultimo periodo del comma 11 dell art. 110 eliminando, quindi, l obbligo dichiarativo quale condizione per dedurre i componenti negativi in discorso; (ii) il comma 302 ha introdotto il comma 3-bis nell art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997, in base al quale la mancata indicazione dei costi black list nel modello Unico SC comporta l irrogazione di una sanzione amministrativa pari al 10% dell importo complessivo dei costi in questione non esposti nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di euro 500 ed un massimo di euro ; (iii) il comma 303 chiarisce che le disposizioni introdotte dal comma 302 trovano applicazione anche per le violazioni commesse prima del 1 gennaio 2007, sempre che venga fornita la prova di cui all art. 110, comma 11, primo periodo, del T.U.I.R., ovvero qualora il contribuente sia in grado di provare che ricorrono le esimenti previste dalla predetta norma [3] : resta ferma, in tal caso, l applicazione della sanzione di cui all art. 8, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997 (da un minimo di 258,00 ad un massimo di 2.065,00 euro). Da quanto dianzi esposto, a fronte dell eliminazione della indeducibilità dei costi in caso di mancata indicazione degli stessi nel modello dichiarativo, il legislatore ha introdotto una specifica sanzione per tale violazione, anche se commessa anteriormente. Per effetto delle modifiche apportate dalla finanziaria 2007, l esposizione in dichiarazione dei costi da Paesi black list, pertanto, conserva natura obbligatoria ma non costituisce più una condizione per la deduzione dei costi come prevedeva invece la previgente formulazione dell art. 110, comma 11, del T.U.I.R. Tuttavia, le modifiche introdotte dalla Finanziaria per il 2007, non hanno comportato alcuna novità in ordine al principio di deducibilità delle spese e dei componenti negativi che vengono considerati solo in presenza delle esimenti in precedenza descritte, di cui al comma 11 dell art. 110 del T.U.I.R. 3. L applicazione delle sanzioni L Agenzia delle entrate, nella circolare 3 novembre 2009, n. 46/E, in merito alle violazioni commesse sino al 31 dicembre 2006, ha espressamente affermato (cfr. par. 3) che «la violazione dell obbligo dichiarativo, fatta salva l applicazione della sanzione trattata al successivo paragrafo, non è di ostacolo alla deducibilità dei costi da Paesi black list, a condizione che il contribuente fornisca la prova delle esimenti richieste dall art. 110, comma 11, primo periodo, del T.U.I.R.». Con riferimento all applicazione delle sanzioni derivanti dalla mancata indicazione in dichiarazione dei costi da Stati black list, nonché dall assenza delle prove delle circostanze esimenti richieste dall art. 110, comma 11, del T.U.I.R., oltre al recupero della maggiore imposta dovuta correlata alla indeducibilità dei costi, l Agenzia delle entrate ha chiarito che si rendono irrogabili le seguenti sanzioni, in conformità a quanto disposto dal D.Lgs. n. 472/1997: (i) per le violazioni commesse sino al 31 dicembre 2006 è applicabile la sola sanzione per infedele dichiarazione (art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 471/1997); (ii) per le violazioni commesse dal 1 gennaio 2007, la predetta sanzione è applicabile unitamente a quella per irregolare compilazione della dichiarazione dei redditi, disciplinata dal (nuovo) art. 8, comma 3-bis del D.Lgs. n. 471/1997, in quanto trattasi di sanzione autonoma e non alternativa rispetto a quella riferibile ai casi di infedele dichiarazione. La modifica introdotta dalla Finanziaria 2007, pertanto, in assenza di comprovate circostanze esimenti, conduce ad un quadro sanzionatorio peggiorativo rispetto alla situazione previgente (posto che si applicherà una sanzione ulteriore rispetto a quella per infedele dichiarazione ed anche applicando il principio del cumulo giuridico non potrà che giungersi ad una sanzione complessiva superiore). Qualora, invece, sia dimostrata da parte del contribuente la sussistenza delle circostanze esimenti, le violazioni dell obbligo dichiarativo, prescindendo dalla data di commissione delle stesse, sono applicabili

3 3 di 5 23/01/ :27 nella misura prevista dal comma 3-bis dell art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997 (10% dei costi), fermo restando che i costi in questione rimangono deducibili in capo alla società, pur se non separatamente esposti nel modello Unico SC. Pertanto, per converso, si dovrebbe ritenere che se il contribuente ha correttamente evidenziato le spese ed i componenti negativi in sede dichiarativa, l inesistenza delle specifiche esimenti di cui al comma 11 dell art. 110 del T.U.I.R., comporta l applicazione della sola sanzione per infedele dichiarazione, vertendo la presente ipotesi nell ambito sostanziale e non meramente dichiarativo della fattispecie in commento. L Agenzia delle entrate, quindi, ha risolto in via interpretativa la problematica correlata alla potenziale applicabilità tanto della sanzione proporzionale (prevista dal comma 3-bis dell art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997) quanto di quella fissa (prevista dall art. 8, comma 1, del medesimo decreto) che poteva scaturire da una interpretazione letterale dell art. 1, comma 303, della Finanziaria 2007 [4]. Giova ricordare, infatti, che l ultimo periodo del comma 303 aveva senso quando il medesimo comma si riferiva all applicazione retroattiva della eliminazione della sanzione indiretta rappresentata dalla indeducibilità dei costi «black list» non indicati in dichiarazione (contenuta nel comma 301 del medesimo articolato) mentre perde di significato nella versione definitiva della norma che dispone l applicazione retroattiva della nuova e specifica sanzione del 10% [5]. 4. La presentazione della dichiarazione dei redditi integrativa Nella circolare, l Agenzia delle entrate torna ad analizzare l ipotesi della presentazione della dichiarazione integrativa finalizzata a rimuovere la violazione rappresentata dalla mancata indicazione dei costi black list nel modello Unico. Tale tematica era già stata oggetto di chiarimenti con la circolare 16 febbraio 2007, n. 11/E, nella quale l Amministrazione finanziaria aveva stabilito che la spontanea rimozione delle violazioni in discorso da parte del contribuente, comportava l irrogazione delle sole sanzioni di cui al comma 1 dell art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997, ossia le sanzioni in misura fissa da 258 a euro. Nella circolare n. 46/E/2009 l Agenzia delle entrate, operando una ulteriore disamina della tematica in discorso, distingue l ipotesi della dichiarazione integrativa presentata anteriormente o posteriormente all azione di accertamento avviata da parte dell Amministrazione finanziaria. Secondo le Entrate, nel caso di dichiarazione integrativa presentata in assenza di controlli (iniziati e di cui il contribuente abbia conoscenza), si rende applicabile la sola sanzione in misura fissa (da 258 a euro) di cui al comma 1 dell art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997, prescindendo dal momento in cui è stata commessa la violazione, ovvero anche dopo l introduzione del comma 3-bis dell art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997. Qualora la presentazione della dichiarazione integrativa sia, invece, effettuata successivamente all avvio dei controlli, secondo l Agenzia delle entrate resta ferma l applicazione della (nuova) sanzione di cui al citato comma 3-bis dell art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997. Secondo l Amministrazione finanziaria, quindi, le sanzioni si applicano in modo differente a seconda di quando il contribuente procede a presentare la dichiarazione integrativa a correzione dell omessa indicazione dei costi «black list» (prima o dopo l inizio dei controlli) [6]. Non può non segnalarsi, sul punto, l importanza della posizione espressa dall Agenzia delle entrate in relazione alla possibilità di rettificare le dichiarazioni, entro i termini di decadenza per i controlli, senza che ne derivi un maggior reddito, una maggiore imposta o un minor credito ma anche al fine di ottenere la possibile applicazione di sanzioni inferiori [7]. 5. Orientamenti della giurisprudenza di merito La giurisprudenza di merito ha avuto modo di occuparsi della tematica in commento. Sul punto, è dato riscontrare, in via emblematica, la presenza di due decisioni della Commissione tributaria regionale della Lombardia che sono tuttavia giunte a risultati di segno diametralmente opposto in merito all applicazione delle sanzioni introdotte dalla Finanziaria 2007 [8]. Così come avviene in ambito dottrinale, da un lato, c è chi ritiene che la mancata separata indicazione in sede dichiarativa dei costi provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata possa essere assunta quale violazione meramente formale e conseguentemente si applica la sola sanzione in misura fissa (da 258,00 a 2.065,00 euro); dall altro, invece, si riscontra un orientamento secondo cui trova applicazione la legge. n. 296/2006 (Finanziaria 2007) e la relativa sanzione pari al 10% dei costi. Le decisioni, emesse, come dianzi accennato, entrambe dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, riguardano avvisi di accertamento notificati e finalizzati al recupero a tassazione di costi non deducibili da Paesi black list. Gli atti in questione, sulla base dell art. 110 ratione temporis vigente, si basavano sull unica circostanza che il contribuente non avesse indicato separatamente nel modello Unico tali costi. Nella decisione n. 120/04/2009, infatti, si tratta di un avviso di accertamento emesso in forza della normativa originaria e, pertanto, l Ufficio, basandosi sull omissione dell indicazione separata nella

4 4 di 5 23/01/ :27 dichiarazione dei costi black list, aveva proceduto con il recupero a tassazione delle spese in precedenza dedotte dalla società. Nelle more del giudizio di primo grado, a seguito delle novità introdotte in materia dalla Finanziaria 2007, l Amministrazione finanziaria, nelle proprie controdeduzioni, si era limitata a richiedere la sanzione del 10% e rinunciando, di conseguenza, alla contestazione dell integrale indeducibilità dei costi. Tuttavia, sia la Commissione tributaria provinciale che, in seguito, la Commissione regionale, hanno stabilito che la mancata esposizione dei costi black list nella dichiarazione dei redditi costituisca una mera violazione formale e non può che essere sanzionata in misura fissa sulla base del disposto di cui al comma 1 dell art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997. Inoltre, nella sentenza si rileva che non può condividersi la posizione dell Amministrazione finanziaria che, avuto riguardo alla possibilità di presentare una dichiarazione integrativa, distingue tra due ipotesi, a seconda che sia stata constatata o meno la violazione, da cui far discendere l applicazione della sanzione in misura proporzionale o fissa. Nella decisione n. 86/12/2009, avente ad oggetto una fattispecie identica a quella appena citata, in un altra sezione della medesima Commissione tributaria regionale, il Collegio, in riforma della sentenza di primo grado, è invece giunto a conclusione differenti ritenendo che non si tratterebbe in alcun modo di un errore formale in quanto l indicazione di tali dati in sede dichiarativa era finalizzata a «... rendere edotta l Amministrazione finanziaria deputata all accertamento di queste operazioni, affinché valutasse con attenzione e procedesse alle verifiche dei presupposti.». Pertanto, in questo caso, è stata data rilevanza preminente all importanza che tale adempimento rivestirebbe ai fini dell attività di controllo che viene effettuata dall Amministrazione finanziaria. Inoltre, la Commissione adita ha contestato, in merito all applicazione della sanzione nella misura del 10%, che le dichiarazioni integrative sarebbero state inviate solo successivamente alla redazione del processo verbale di constatazione dal quale traggono origine gli accertamenti oggetto della controversia. Pertanto, vi sarebbe stata una «inefficacia sanante» delle stesse dichiarazioni. 6. Conclusioni Le sentenze in precedenza citate non sono un caso isolato ma dimostrano l incertezza in ordine all applicazione di una normativa che, sin dalla sua entrata in vigore, ha presentato numerose criticità. Si è assistito, infatti, dapprima ad una sanzione «impropria» che assumeva quali totalmente indeducibili i costi a causa di una violazione meramente formale consistente nella mancata compilazione di un quadro (rectius: rigo) del modello Unico SC. Successivamente, è stata (opportunamente) abrogata tale previsione (vessatoria) e la stessa è stata sostituita con una sanzione propria proporzionata al totale dei costi dedotti ma non indicati separatamente in sede dichiarativa. Tuttavia, a seguito dell introduzione del comma 3-bis nell art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997, attualmente è prevista una sanzione specifica per la violazione dell adempimento in questione. Sebbene la norma sia chiara e finalizzata ad irrogare sanzioni derivanti da una specifica omissione dichiarativa, diverse Commissioni tributarie continuano a ritenere la violazione quale meramente formale, applicando di conseguenza la sanzione in misura fissa di cui all art. 8, comma 1, del medesimo decreto. Prescindendo dalla valutazione dell inadempimento in cui potrebbe incorrere il contribuente, ovvero sulla natura «formale» e non «sostanziale» di tale omissione, bisognerebbe chiedersi perché il legislatore, in presenza di una violazione di natura formale, ha per il futuro stabilito ex novo una sanzione amministrativa pari al 10% dei costi dedotti. Seguendo il ragionamento della Commissione tributaria regionale della Lombardia, svolto nella decisione n. 120/04/2009, si dovrebbe ritenere che la sanzione del 10% troverebbe applicazione solo per le violazioni commesse successivamente all introduzione della norma de qua, mentre per quelle antecedenti si applicherebbe la sanzione in misura fissa. La ratio della legge, invece, mira certamente alla mitigazione della sanzione che passa dalla indeducibilità (integrale) dei costi, la cui sanzione conseguentemente sarebbe pari all ammontare dei costi per l aliquota d imposta, ad una sanzione «ridotta» in misura pari al 10% dei costi stessi [9]. Note: [*] Dottore commercialista in Roma - Studio legale Tonucci & Partners. [**] Dottore commercialista in Roma - Studio legale Tonucci & Partners. [1] Cfr. art. 1, comma 81, lett. h), n. 1, della legge n. 244/2007. [2] Per una chiara disamina dell evoluzione del quadro normativo di riferimento si veda anche S. Trettel, «Deduzione dei costi per operazioni intraprese con Paesi a fiscalità privilegiata» in Corr. Trib. n. 46/2009, pag [3] Le modalità da seguire per fornire dimostrazione delle esimenti sono state oggetto di disamina nella risoluzione 16 marzo 2004, n. 46/E e, da ultimo, nella circolare 26 gennaio 2009, n. 1/E (punto 2.2), oltre che nella risoluzione 8 aprile 2009, n. 100/E.

5 5 di 5 23/01/ :27 [4] La disposizione infatti recita «la disposizione del comma 302 si applica anche per le violazioni commesse prima della data di entrata in vigore della presente, sempre che il contribuente fornisca la prova di cui all articolo 110, comma 11, primo periodo, del citato testo unico delle imposte sui redditi. Resta ferma in tal caso l applicazione della sanzione di cui all articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471». Non appare condivisibile la tesi di chi ritiene che se la violazione è stata compiuta fino al 31 dicembre 2006, e viene data la prova dell esimente, la sanzione va da 258 a 2065 euro (in tal senso, D. Deotto, «Operazioni black list alla ricerca di una disciplina organica», in Corr. Trib. n. 1/2010, pag. 29). [5] Ovviamente l interpretazione complessiva della norma non può prescindere dal considerare implicitamente abrogata, con effetto retroattivo, la sanzione indiretta rappresentata dalla indeducibilità dei costi non indicati in dichiarazione. Sul punto si rinvia a P. Alonzo, G.M. Committeri, G. Pallaria, G. Scifoni, Transfer pricing e paradisi fiscali, IPSOA, [6] Per una visione critica della tesi si rinvia a D. Deotto, op. loc. ult. cit. [7] Sul punto si veda S. Trettel, op. loc. cit., pag [8] Per ulteriori richiami alla giurisprudenza di merito si veda S. Trettel, op. loc. cit., nota 24. [9] Ovviamente, essendo la sanzione pari al 10% dei costi, questa sarebbe identica alla sanzione della indeducibilità integrale qualora l aliquota d imposta fosse, appunto, del 10%. Va segnalato inoltre come la modifica della sanzione (indeducibilità prima e sanzione quantificata in misura percentuale ai costi dopo) possa comportare addirittura effetti finanziari peggiorativi per i contribuenti, almeno in tutti quei casi in cui i costi black list fossero stati dedotti in esercizi che si chiudono in perdita. Copyright 2011 Wolters Kluwer Italia Srl - Tutti i diritti riservati UTET Giuridica è un marchio registrato e concesso in licenza da UTET S.p.A. a Wolters Kluwer Italia S.r.l.

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