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1 courtesy by Onofrio de Bari Appunti su spazi di Banach e Hilbert e serie di Fourier astratte (versione riveduta da Pierluigi Colli) 13 ottobre 2015

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3 Indice Indice 1 1 Spazi di Banach e di Hilbert Spazi vettoriali normati Spazi di Banach Operatori lineari Sottospazi normati Esempi di spazi normati a dimensione infinita Le funzioni continue su un compatto Funzioni integrabili su un sottoinsieme misurabile Spazi di Hilbert Spazi L p Disuguaglianze notevoli Inclusioni fra spazi L p Spazi di successioni Inclusioni fra spazi l p Operatori lineari continui e limitati Altri spazi di successioni Teorema delle proiezioni Proiezioni Il teorema di rappresentazione di Riesz Serie di Fourier Serie di Fourier astratte Il teorema di Fischer Riesz Ortonormalizzazione Serie trigonometriche Gli spazi L p (T) Polinomi e serie trigonometriche Serie di seni e coseni Il nucleo di Dirichlet

4 2 INDICE Il nucleo di Fejér Bibliografia 57

5 CAPITOLO 1 Spazi di Banach e di Hilbert 1.1 Spazi vettoriali normati Definizione 1.1. Sia V uno spazio vettoriale reale. Si chiama norma in V un applicazione : V R che verifica le condizioni u 0 (1.1) u = 0 se e solo se u = 0 (1.2) λu = λ u (1.3) u + v u + v (disuguaglianza triangolare) (1.4) comunque scelti u, v V e comunque scelto λ R. Esempio 1.1. Dato 1 p <, la funzione : R n R definita da x p = ( x 1 p + + x n p) 1/p per ogni x R n è una norma e si dice norma p. Esempio 1.2. La funzione : R n R definita da x = max { x 1,..., x n } per ogni x R n è una norma e si dice norma infinito. 3

6 4 Spazi di Banach e di Hilbert Definizione 1.2. Uno spazio vettoriale V su cui è definita una norma si dice spazio normato. Definizione 1.3. Si consideri la funzione d: V V R (u, v) u v che associa a una coppia di elementi di V il numero reale u v detto distanza; la funzione d si chiama metrica indotta dalla norma su V. Definizione 1.4. Uno spazio vettoriale dotato di una metrica si dice spazio metrico. Nota 1.1. Ogni spazio normato è anche uno spazio metrico rispetto alla metrica indotta dalla norma, ossia rispetto alla distanza d(u, v) = u v per ogni v V. [2, p. 366] I concetti di intorno di un punto, di punto interno, esterno, frontiera e tutti gli altri per uno spazio euclideo si trasferiscono a uno spazio normato semplicemente sostituendo il modulo dei vettori con la norma e le distanza euclidea con la distanza indotta dalla norma. Definizione 1.5. Due norme e definite in uno spazio vettoriale V si dicono equivalenti se esistono due costanti positive c 1 e c 2 tali che per ogni v V. c 1 v v c 2 v Proposizione 1.1. Dato lo spazio vettoriale X, ogni norma : X R è una funzione continua in X. Dimostrazione. Vogliamo dimostrare che per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogni x con x x 0 < δ risulta x x 0 < ε o, equivalentemente, Se si sceglie in particolare δ = ε si ha x 0 ε < x < x 0 + ε. (1.5) x = x x 0 + x 0 x x 0 + x 0 < δ + x 0 = x 0 + ε dimostrando così la disuguaglianza destra di (1.5); allo stesso modo si ricava x 0 ε = x 0 x + x ε x 0 x + x ε < ε + x ε provando in tal modo la sussistenza della disuguaglianza sinistra di (1.5) e ottenendo pertanto la tesi.

7 1.2 Spazi di Banach Spazi di Banach Definizione 1.6. Sia V uno spazio normato. Una successione {u n } di elementi di V si dice successione di Cauchy se per ogni ε > 0 esiste n N tale che per ogni m, n n si ha u n u m ε, cioè lim u n u m = 0. m,n Definizione 1.7. Una successione {u n } a valori nello spazio normato V si dice convergente a un elemento u di V se lim u n u = 0. n Definizione 1.8. Uno spazio metrico V si dice completo se ogni successione di Cauchy in V converge a un elemento di V. Definizione 1.9. Uno spazio vettoriale V dotato di una norma si dice spazio di Banach se è completo rispetto alla metrica indotta dalla norma, cioè se ogni successione di Cauchy in V risulta convergente. In uno spazio di Banach i concetti di successione convergente e di successione di Cauchy coincidono. Esempio 1.3. L insieme R con la norma del valore assoluto è uno spazio di Banach. Esempio 1.4. L insieme R n con la norma euclidea è uno spazio di Banach. 1.3 Operatori lineari Definizione Dati due spazi vettoriali X e Y, una funzione f : X Y si dice un operatore lineare se per ogni x, y X e per ogni λ, µ R. f(λx + µy) = λf(x) + µf(y) Esempio 1.5. Tutti e soli gli operatori lineari che operano da R 3 in R 5 sono le trasformazioni lineari T : (x 1, x 2, x 3 ) (y 1, y 2, y 3, y 4, y 5 ) rappresentati da una matrice A M(R) 5,3 (5 righe e 3 colonne). Se un operatore lineare è definito fra due spazi normati di dimensione finita, tale operatore è sempre continuo; se invece si ha a che fare con spazi di dimensione infinita, allora la continuità andrà volta per volta verificata.

8 6 Spazi di Banach e di Hilbert 1.4 Sottospazi normati Premettiamo che in uno spazio normato le nozioni di punto, punto interno, punto di frontiera, punto esterno, parte interna, frontiera, chiusura, insieme aperto o chiuso o limitato, limite di successsione, somma di una serie e funzione continua a valori in un altro spazio normato sono analoghe a quelle degli spazi euclidei; è sufficiente, infatti, sostituire i moduli dei vettori e le distanze considerate con le norme e con le distanze indotte. Definizione Dato uno spazio normato X, un sottoinsieme Z di X tale che per ogni x, y Z e per ogni λ, µ R si ha λx + µy Z si dice sottospazio di X. Definizione Sia V uno spazio normato. Un sottoinsieme C di V è chiuso quando ogni punto x R n \C ha un intorno disgiunto da C. La definizione 1.12 si basa su quella esposta in [2, p. 115]; in tale definizione l intorno va, quindi, considerato come intorno rispetto alla metrica indotta dalla norma e quindi si parla di sottoinsieme chiuso rispetto alla metrica indotta dalla norma. Definizione [2, p. 443] Un sottoinsieme S di dimensione infinita di uno spazio vettoriale V di dimensione infinita è indipendente se è indipendente ogni suo sottoinsieme non vuoto finito. Definizione [2, p. 444] Un sottoinsieme S di dimensione infinita di uno spazio vettoriale V di dimensione infinita genera V se ogni elemento di V può essere scritto come combinazione lineare finita di elementi di S. Definizione Dato uno spazio vettoriale V, il sottospazio generato da un sottoinsieme S di V è il sottospazio che, visto come spazio vettoriale, ha S come sistema di generatori e coincide con l insieme delle combinazioni lineari di elementi di S. Definizione Dato S sottoinsieme di uno spazio normato V, con i simboli span S e span S si indicano il sottospazio generato da S e la chiusura di span S (ricordiamo che la chiusura di un sottoinsieme A di uno spazio euclideo V è l insieme dei punti di V che non sono esterni ad A, dove per punto esterno intendiamo un punto x per il quale esiste un intorno di x disgiunto da A). Definizione Un sottoinsieme S di uno spazio normato V si dice denso quando la sua chiusura è V.

9 1.4 Sottospazi normati 7 Ricordiamo adesso la caratterizzazione di un sottoinsieme chiuso di uno spazio normato [2, p. 366]. Proposizione 1.2. Sia V uno spazio normato. Un sottoinsieme C di V è chiuso se e solo se gode della proprietà seguente: se {v n } è una successione di punti di C convergente in V, allora anche il limite di {v n } appartiene a C. I sottospazi di spazi normati a dimensione finita sono sempre chiusi, mentre ciò non vale per spazi di dimensione infinita. Proposizione 1.3. Sia dato uno spazio di Banach X e sia Z un suo sottospazio chiuso; allora Z è uno spazio di Banach. Dimostrazione. L ipotesi implica l esistenza di una successione di Cauchy {x n } a elementi in Z tale che esiste n N tale che per ogni m, n n si ha lim x n x m = 0. n Una successione di Cauchy {x n } in uno spazio di Banach X è anche convergente per n ad un elemento x X; essendo Z un sottospazio chiuso, si ha che x Z a norma della Proposizione 1.2 e cioè x n tende a x elemento di Z. lim x n x = 0 n Proposizione 1.4. Tutte le norme in R n sono equivalenti. Dimostrazione. È solo un idea della dimostrazione: per provare la tesi, basta dimostrare che qualsiasi norma definita su R n è equivalente alla norma 1, per esempio. Una delle diseguaglianze x n x i e i max{ e i, i = 1,..., n} x 1 i=1 per ogni x = (x 1,..., x n ) R n, dove e i denota il vettore con i-esima componente uguale a 1 e le altre uguali a 0, si ottiene facilmente. L altra disuguaglianza può essere provata per contraddizione, sviluppando un ragionamento più laborioso.

10 8 Spazi di Banach e di Hilbert 1.5 Esempi di spazi normati a dimensione infinita Le funzioni continue su un compatto Dato un sottoinsieme K compatto di R n, un esempio di spazio vettoriale a dimensione infinita è l insieme C 0 (K) delle funzioni continue f : K R. Se si considera ad esempio K = [0, 1] R, si possono introdurre le norme f 1 = 1 0 f(x) dx e f = max x [0,1] f(x). Ci chiediamo se tali norme sono equivalenti; per rispondere a tale quesito, dobbiamo determinare se esistono due costanti c 1, c 2 > 0 tali che Si osserva immediatamente che c 1 f 1 f c 2 f 1. (1.6) f 1 = 1 0 f(x) dx f quindi per c 1 = 1 la disuguaglianza sinistra in (1.6) è verificata. Per verificare la disuguaglianza destra consideriamo la successione di funzioni per la quale risulta f n (x) = { 1 nx se 0 x 1/n 0 se 1/n x 1 f = 1 per ogni n e f 1 = 1 2n ; poiché non esiste c 2 > 0 tale che per ogni n 1 c 2 2n le norme non sono equivalenti. Ci chiediamo ora se l insieme C 0 ([0, 1]) è uno spazio di Banach rispetto alla norma infinito, cioè se per ogni ε > 0 esiste n N tale che per ogni n, m n si ha f n f m ε, cioè sup f n (x) f m (x) ε. x [0,1]

11 1.5 Esempi di spazi normati a dimensione infinita 9 Per x fissato, la successione { f n (x) } è una successione di Cauchy in R, quindi ammette limite per n (che indichiamo con f); fissando n e passando al limite per m si ottiene f n (x) f(x) ε quindi per ogni ε > 0 esiste n N tale che per ogni n n si ha f n (x) f(x) ε per ogni x [0, 1] cioè la convergenza uniforme di f n a f. Quanto scritto implica la conseguenza che f è continua, pertanto f C 0 [0, 1]; questo dimostra che C 0 ([0, 1]) è uno spazio di Banach rispetto alla norma infinito. Lo spazio C 0 ([0, 1]) non è di Banach rispetto alla norma 1. Definendo infatti la successione {f n } come f n (x) = si ottiene (fissato n > m) che 1 0 { 1 nx se 0 x 1/n 0 se 1/n x 1 f n (x) f m (x) dx m,n 0; la successione {f n } è di Cauchy, però tende a una funzione discontinua, quindi lo spazio C 0 ([0, 1]) non è uno spazio di Banach rispetto alla norma 1.%cite[p. 68]torelli. Se uno spazio normato X ha due norme equivalenti, allora lo spazio è completo rispetto a una norma se e solo se è completo rispetto all altra. Se uno spazio normato X è completo rispetto a due norme diverse non è detto che le due norme siano equivalenti. Esempio 1.6. Consideriamo lo spazio normato ( C 0 (K), ), con K compatto di R. Seguono alcuni esempi di sottospazi di ( C 0 (K), ). le funzioni costanti; l insieme S = {f C 0 ([0, 1]) tale che f(x) = a 1 + a 2 sin x + a 3 e x, a i R} è un sottospazio chiuso di ( C 0 (K), ) di dimensione 3;

12 10 Spazi di Banach e di Hilbert U = { f C 0 ([0, 1]) tale che f è un polinomio } è un sottospazio di ( C 0 (K), ) ma non è chiuso, dato che però e x / U. p n (x) = n k=0 p n (x) n x k k! U Vediamo ora esempi di operatori lineari T : C 0 ([0, 1]) C([1, 3]): operatore identicamente nullo; f(x) e x f(1 + 2x); fissata una funzione ad esempio continua, l operatore è ancora lineare. T : f(x) x 1 ex g(t), t [1, 3], g(t)f(1 + 2t)dt, x [0, 1], Si dimostra che lo spazio C 1 ([0, 1]) con la norma infinito non è completo. Esempio 1.7. Non è invece lineare l operatore T : C 0 ([0, 1]) C 0 ([0, 1]) definito da T (f)(x) = x 0 f(t)dt Funzioni integrabili su un sottoinsieme misurabile Sia dato uno spazio di misura (A, E, m) e sia B A. Consideriamo l insieme Definiamo la funzione X = {f : B R integrabili su B}. 1 : X R f f 1 = e verifichiamo che si tratta di una norma: si ha B f(x) dm

13 1.5 Esempi di spazi normati a dimensione infinita f(x) dm 0 per ogni f; B 2. f(x) dm = 0 se e solo se f = 0, infatti se f(x) dm = 0 si ha B B f = 0 m-q.o. e se si prende come elemento dello spazio X non la singola funzione f, ma la classe di tutte le funzioni g : B R integrabili tali che g = f m-q.o. allora tale proprietà della norma sussiste, mentre il viceversa è ovvio; 3. λf(x) dm = λ f(x) dm; B B 4. f(x) + g(x) dm B = B ( ) f(x) + g(x) dm f(x) dm + g(x) dm. B B Lo spazio vettoriale X, costituito dalle classi di funzioni integrabii e tra loro uguali quasi ovunque, dotato della norma f 1 = B f(x) dm si indica con L 1 (B). L 1 (B) risulta essere uno spazio di Banach; considerata infatti una successione di Cauchy {f n } di elementi di L 1 (B), cioè una successione per la quale per ogni n, m n si ha ossia esiste f integrabile su B tale che B f n f m 1 n,m 0, f n (x) f m (x) dm n,m 0, B f n (x) f(x) dm n 0; quindi la successione f n f 1 tende a 0 per n ; si è così dimostrato che L 1 (B) è uno spazio normato e completo, cioè uno spazio di Banach.

14 12 Spazi di Banach e di Hilbert 1.6 Spazi di Hilbert Definizione Sia X uno spazio vettoriale reale e (, ): X X R un applicazione (detta prodotto scalare) verificante le condizioni seguenti: 1. (x, x) 0 per ogni x X, 2. (x, x) = 0 se e solo se x = 0, 3. (x, y) = (y, x) per ogni x, y X 4. (λx + µy, z) = λ(x, z) + µ(y, z) per ogni x, y, z X e per ogni λ, µ R. La coppia ( X, (, ) ) si dice spazio prehilbertiano reale. In uno spazio prehilbertiano X risulta definita in modo naturale per ogni x X la norma x = (x, x). (1.7) Disuguaglianza di Cauchy Schwarz. Per ogni x, y X con X spazio prehilbertiano reale, si ha (x, y) x y. Dimostrazione. Dalle proprietà del prodotto scalare si deduce che quindi e che 0 x + y 2 = (x + y, x + y) = (x, x) + (x, y) + (y, x) + (y, y) = x 2 + 2(x, y) + y 2 0 x + y 2 x 2 + 2(x, y) + y 2 (1.8) 0 x y 2 = x 2 2(x, y) + y 2. (1.9) Da entrambe le disuguaglianze si ottiene ossia 2 (x, y) x 2 + y 2 e 2 (x, y) x 2 + y 2 2 (x, y) x 2 + y 2 per ogni x, y X. Se x, y sono versori, cioè vettori di norma unitaria, si ottiene 2 (x, y) = 2

15 1.6 Spazi di Hilbert 13 o, che è lo stesso, (x, y) 1 = x y (1.10) quindi la disuguaglianza di Cauchy Schwarz è valida per i versori; ancora più semplicemente si dimostra che è valida se x = 0 oppure y = 0. Consideriamo adesso x, y X \ {0} non necessariamente versori e definiamo z = x x e w = y y. I vettori z e w così definiti sono versori, quindi per la (1.10) (z, w) 1 cioè ( x x, ) y y 1. Dalla bilinearità del prodotto scalare si ricava che 1 x 1 (x, y) 1 y quindi (x, y) x y. Relazione del parallelogramma. Per ogni x, y X con X spazio prehilbertiano reale, si ha ( x + y 2 + x y 2 = 2 x 2 + y 2). Dimostrazione. Si ottiene dalla somma delle equazioni (1.8) e (1.9). Proposizione 1.5. Per ogni x, y X con X spazio prehilbertiano reale, si ha (x, y) = 1 4 ( x + y 2 + x y 2). Dimostrazione. Si ottiene dalla differenza delle equazioni in (1.8) e (1.9). Mostriamo infine che la funzione definita in (1.7) è una norma; si osserva facilmente che (x, x) 0 per ogni x X e che x = 0 se e solo se x = 0 X. Inoltre per ogni x X λx = (λx, λx) = λ 2 (x, x) = λ (x, x) = λ x

16 14 Spazi di Banach e di Hilbert e infine, presi comunque x, y X, vale la disuguaglianza triangolare 0 x + y 2 = x 2 + 2(x, y) + y 2 quindi da ciò segue che x + y 2 x x y + y 2 = ( x + y ) 2; x + y x + y ed è così dimostrato che la funzione in (1.7) è una norma. ( ) 2 x + y Definizione Uno spazio prehilbertiano completo rispetto alla norma indotta dal prodotto scalare si dice spazio di Hilbert. Esempio 1.8. Lo spazio vettoriale R n, dotato del prodotto scalare n (x, y) = x i y i e della norma indotta è uno spazio di Hilbert. 1.7 Spazi L p i=1 x = (x, x) Consideriamo in questo paragrafo e nei sottoparagrafi uno spazio di misura (A, E, m) e B A. Se 1 < p < si definisce l insieme L p (B) = {classi di f : B R misurabili, uguali tra loro q.o. e su esso si introduce la norma f p = ( B f p dm) 1/p. e tali che f p è integrabile} Se p = si definisce l insieme delle funzioni essenzialmente limitate L (B) = {classi di f : B R misurabili, uguali tra loro q.o. con norma e tali che esiste c 0 tale che f(x) c q.o. in B} f = inf{c 0 : f(x) c q.o. in B}.

17 1.7 Spazi L p Disuguaglianze notevoli Definizione Due numeri p, q [1, ] si dicono esponenti coniugati se con l intesa che q = se p = 1. 1 p + 1 q = 1 Disuguaglianza di Young. Siano a, b R, a, b > 0, 1 < p <, con p, q esponenti coniugati; allora Dimostrazione. Si può scrivere ab ap p + bq q. ln(ab) = ln a + ln b = 1 p ln ap + 1 q ln bq ln ( ) a p p + bq ; q quest ultima disuguaglianza sussiste grazie alla proprietà di concavità della funzione logaritmo, secondo la quale se A, B > 0 e ϑ (0, 1) si ha ( ) ln ϑa + (1 ϑ)b ϑ ln A + (1 ϑ) ln B. Si deduce allora che ab ap p + bq q. Disuguaglianza di Hölder. Siano p e q due esponenti coniugati e siano f L p (B), g L q (B); allora la funzione fg appartiene a L 1 (B) e inoltre fg 1 f p g q. Dimostrazione. Se fg = 0 quasi ovunque la disuguaglianza è immediatamente dimostrata. Il caso limite è per p = 1 e q = ; si ha f(x)g(x) f(x) g per q.o. x B, con f g integrabile perché maggiorata da un altra funzione integrabile, pertanto si può scrivere f(x)g(x) dm = fg 1 g f(x) dm = g f 1 B B

18 16 Spazi di Banach e di Hilbert e così si è dimostrato il caso limite. Se, infine, consideriamo il caso 1 < p <, dalla disuguaglianza di Young si ha che f(x)g(x) 1 p f(x) p + 1 q g(x) q per q.o. x B. Integrando ambo i membri si ottiene fg 1 f p p p + g q q q e per ogni t > 0 si può scrivere ( ) ( ) g tf tp t p f p p + 1 qt q g q q. 1 Definiamo ora la funzione ϕ(t) = tp p f p p + 1 qt q g q q (t > 0) e determiniamo i valori che la minimizzano, calcolando a tal fine si trova come zero di ϕ (t) il valore ϕ (t) = t p 1 f p p t q 1 g q q ; t = g 1/p q f 1/q p che, sostituito nell espressione di ϕ, fa ottenere dopo semplici (anche se un po lunghi) calcoli il risultato ϕ ( t ) = f p g q. Riguardo allo spazio L (B) dotato della norma si può affermare che: f = inf{c > 0 f(x) c per q.o. x B} f è in realtà un minimo dell insieme cui si riferisce; f è una norma; vale la disuguaglianza triangolare. ;

19 1.7 Spazi L p 17 L insieme L (B) è pertanto uno spazio normato. Scriviamo ora la disuguaglianza triangolare in termini di norma p. Disuguaglianza di Minkowski. Sia p (1, + ) e siano f, g L p (B); allora f + g L p (B) e inoltre f + g p f p + g p. Dimostrazione. Consideriamo la relazione ( p (f + g)(x) p f(x) + g(x) ) 2 p f(x) p + 2 p g(x) p (1.11) che implica che la funzione (f + g)(x) p è integrabile perché maggiorata dalla somma di funzioni integrabili. Poi integriamo, riscrivendo quindi la prima parte della (1.11) come f + g p dm f + g p 1 ( f(x) + g(x) ) dm. B B Se q è l esponente coniugato di p, la funzione f + g p 1 appartiene a L q (B); infatti in tal caso si ha ( f + g p 1 ) q = f + g pq q = f + g p che, come abbiamo visto, è integrabile. Si ottiene dunque f + g p p = f + g p dm f + g p 1( f + g ) dm B B f + g p 1 f dm + f + g p 1 g dm e pertanto B f + g p 1 q f p + f + g p 1 q g p = f + g p 1 ( ) p f p + g p B f + g p f p + f p. A questo punto si verifica agevolmente che l applicazione da L p (B) in R ( f p = B f p dm) 1/p ; è una norma. Non si considerano gli spazi L p per 0 < p < 1 perché in tal caso gli insiemi del piano del tipo { x p r}, r > 0, non sono convessi, quindi non vale la disuguaglianza triangolare se p < 1.

20 18 Spazi di Banach e di Hilbert Teorema 1.1. Sia (A, E, m) uno spazio di misura, B un sottoinsieme misurabile di A e p [1, ]; allora l insieme L p (B) è uno spazio di Banach. In particolare L 2 (B) è uno spazio di Hilbert con prodotto scalare (f, g) = f(x)g(x)dm f, g L 2 (B). B Dimostrazione. Consideriamo 1 p < e sia {f n } una successione di Cauchy a elementi in L p (B), cioè per ogni ε > 0 esiste n N tale che per ogni n, m n si ha f n f m p ε. È facile controllare che, per provare la tesi, basta trovare una sottosuccessione {f nk } convergente a una funzione f in L p (B). Notiamo ora che, se prendiamo ε = 1/2 nella condizione di Cauchy, esisterà un indice n 1 tale che per ogni n n 1 f n f n1 p 1 2. Se poi prendiamo ε = 1/2 2, esiste n 2 (che scegliamo maggiore di n 1 ) tale che per ogni n n 2 f n f n2 p 1 e così via fino a considerare ε = 1/2 k per il quale esiste n k > n k 1 tale che per ogni n n k f n f nk p 1 2 k. Si è in tal modo costruita una sottosuccessione {f nk } tale che per ogni k 2 2 fnk+1 f nk p 1 2 k. Vogliamo ora provare che tale sottosuccessione risulta convergente in L p (B). Consideriamo per k = 1,..., n le funzioni g k (x) = k fnj+1 (x) f nj (x) ; j=1 la successione {g k } è monotona crescente e inoltre, usando la disuguaglianza triangolare, si controlla che g k p k fnj+1 (x) f nj (x) p j=1 k j=1 1 2 k 1.

21 1.7 Spazi L p 19 Se ora si applica il teorema di Beppo Levi, si ricava che g n (x) converge m-q.o. alla funzione limite g(x) = f nj+1 (x) f nj (x) ; j=1 con g L p (B); tale funzione è di potenza p-esima integrabile. Se poi j > i si ha fnj (x) f ni (x) fnj (x) f nj 1 (x) + + fni+1 (x) f ni (x) j 1 = f nk+1 (x) f nk (x) k=i g(x) g i 1 (x) f nj+1 (x) f ni (x) k=i cosicchè fnj (x) f ni (x) g(x) gi 1 (x) i 0 cioè per q.o. x B la successione f nk (x) è di Cauchy, e dunque converge a un limite che chiameremo f(x). Risulta in tal modo definita (quasi ovunque) una funzione f su B. Facendo tendere j a infinito si ottiene ed elevando a p f(x) f ni (x) g(x) g i 1 (x) g(x) f(x) f ni (x) p g(x) p con la funzione a primo membro che è integrabile e, dato che f ni L p (B), anche f L p (B). A questo punto, applicando il teorema di Lebesgue della convergenza dominata, si ottiene f(x) f ni (x) p = f f ni p p = 0, lim i B il che conclude la dimostrazione del caso 1 p <. Dimostriamo ora il caso p =. Per ogni k N esiste un indice n k tale che per ogni n, m n k f n f m 1 k ; esiste quindi un insieme trascurabile C k tale che per ogni n, m n k si ha f n (x) f m (x) 1 k

22 20 Spazi di Banach e di Hilbert per ogni x B\C k. L insieme C = k N C k è ancora trascurabile; infine, si ha che per ogni k N esiste n k tale che per ogni n, m n k e per ogni x B\C si ha f n (x) f m (x) 1 k. La successione {f n } risulta, pertanto, essere una successione di Cauchy in B\C rispetto alla metrica della convergenza uniforme; esiste allora una funzione f tale che f n f uniformemente in B\C. Estendendo f a tutto B con valore nullo per gli x C si ottiene la tesi. La verifica che L 2 (B) è uno spazio di Hilbert con il prodotto scalare definito è immediata. Corollario 1.1. Sia {f n } una successione convergente in L p (B) a una funzione f; allora esistono una sottosuccessione {f nk } e una funzione h L p (B) tali che 1. f nk f quasi ovunque in B; 2. f nk (x) h(x) per q.o. x R. Dimostrazione. Se f n f in L p, allora f n è una successione di Cauchy in L p (B), quindi esiste una sottosuccessione f nk convergente quasi ovunque a f in L p ; per il teorema di Lebesgue esiste una funzione g tale che f(x) fnk (x) g(x); quindi f ni (x) f(x) + g(x), e possiamo porre h = f + g. Dobbiamo infine verificare che f = f; poiché f nk f in L p (B) per k, l unicità del limite in L p (B) assicura che f = f. In generale, la convergenza in L p non implica la convergenza q.o.; va però osservato che se una successione di funzioni f n tende a f in L, allora al tendere di n a si ha anche f n f q.o. La norma p è indotta dal prodotto scalare se e solo se p = 2; inoltre L p (B) è uno spazio di Hilbert se e solo se p = 2, perché solo in tal caso vale la regola del parallelogramma. Si ha, infatti, che l uguaglianza ) u + v 2 p + u v 2 p ( u = 2 2 p + v 2 p, u, v L p (B), sussiste solo se p = 2.

23 1.8 Spazi di successioni Inclusioni fra spazi L p Ci poniamo ora la seguente domanda: dato B sottoinsieme di uno spazio di misura (A, E, m), l insieme L p (B) è incluso in L q (B) per qualche q? In particolare, se B = R, si ha L (R) L 1 (R), cioè per ogni f L (R) si ha f L 1 (R)? La risposta è negativa; basta considerare f funzione costantemente uguale a 1. Viceversa, vale L 1 (R) L (R)? La risposta è ancora negativa; se infatti si considera la funzione { 1/ x 1/2 se x 1 f(x) = 0 se x > 1 si verifica che f L 1 (R) ma f / L (R). Se B = (1, + ) si ha L 2 (B) L 1 (B)? Anche in questo caso la risposta è negativa, basta considerare la funzione f(x) = 1/x. Invece, nel caso di un insieme B di misura finita si ha il seguente risultato. Proposizione 1.6. Sia (A, E, m) uno spazio di misura e B A, B misurabile. Se m(b) <, si ha L p (B) L q (B) per ogni 1 q p. 1.8 Spazi di successioni Se p [1, + ) si definisce l insieme { l p = x = (x n ) R : } x n p < + n=1 mentre se p = + si definisce l insieme { } l = x = (x n ) R : sup x n < + n N. Si verifica che l p e l sono spazi vettoriali (con le operazioni di somma di successioni e prodotto di un numero reale per una successione) e hanno dimensione infinita (perché i punti di l p hanno infinite componenti). Introducendo le norme ( ) 1/p, x p = x n p n=1 x = sup n N x n, si dimostra che gli spazi predetti sono spazi di Banach.

24 22 Spazi di Banach e di Hilbert Esercizio 1.1. Lo spazio l p non è uno spazio di Hilbert se p 2. Svolgimento. Considerati x = (1, 0, 0,..., 0,... ) e y = (0, 1, 0,..., 0,... ) appartenenti a l p, si ha Quindi, se p risulta La regola del parallelogramma esplicitando dà x + y = (1, 1, 0,..., 0,... ), x y = (1, 1, 0,..., 0,... ). x p = 1, y p = 1, x + y p = 2 1/p, x y p = 2 1/p. x + y 2 p + x y 2 p = 2 ( x 2 p + y 2 p 2 2/p + 2 2/p = 2 2 2/p = 2(1 + 1) che vale se e solo se p = 2. Se p = si ha x p = 1, y p = 1, x + y p = 1, x y p = 1. Quindi la regola del parallelogramma dà 2 2(1 + 1) Inclusioni fra spazi l p Se p q, si ha l p l q ; presa infatti una successione x = (x n ) l p, si ha x n 0 per n, dato che una successione non divergente ha il termine generale che tende a 0. Per le proprietà delle potenze (tenuto conto che al limite si è vicini a 0) si ha definitivamente x n q x n p, quindi l p l q. Un controesempio è la successione ) (1, 12,..., 1n,... x = ) appartenente a l 2 ma non a l 1.

25 1.9 Operatori lineari continui e limitati Operatori lineari continui e limitati Definizione Dati due spazi normati X e Y, un operatore T : X Y si dice limitato se esiste una costante L 0 tale che per ogni x X si ha T x Y L x X. Esempio 1.9. Sia T (x) = mx con m fissato in R; per ogni x R si ha T (x) m x quindi l operatore T è limitato. Non va confuso il concetto di operatore limitato con quello di funzione limitata; un operatore limitato è una funzione linearmente limitata. Esempio La funzione f(x) = sin x è una funzione limitata ed è un operatore limitato, ma non è un operatore lineare. Esempio La funzione f(x) = x/ x se x 0, f(x) = 0 se x = 0, è una funzione limitata ma non è un operatore limitato (basta prendere valori di x vicini a 0 per rendersi conto). Teorema 1.2. Un operatore lineare T : X Y è continuo se e solo se è limitato. Dimostrazione. È facile controllare che linearità e limitatezza implicano la continuità dell operatore. Dimostriamo che se T è continuo è anche limitato, considerando in particolare il punto {0} (il che non fa perdere di generalità, dato che se un operatore è continuo è continuo anche in {0}). Per definizione, se T è continuo in {0} si ha che per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogni x X con x X δ si ha T (x) X ε. (1.12) Preso z arbitrario in X\{0} si osserva che l elemento x = δz/ z verifica l uguaglianza x X = δz z = δ, X per cui applicando la (1.12) abbiamo ( ) T (x) X = T δz = z X quindi T (z) Y ε δ z X δ z X T (z) Y ε

26 24 Spazi di Banach e di Hilbert disuguaglianza che vale sia per z 0 che per z = 0; prendendo dunque L = ε/δ si ottiene la tesi. Per indicare la famiglia degli operatori lineari limitati da X a Y si usa il simbolo L(X, Y ); l insieme L(X, Y ) è uno spazio vettoriale. Si può dotare della norma { } T x T = sup Y, x X\{0} x X e poiché tale estremo superiore esiste finito ed è minore o uguale di ogni costante di limitatezza si ha T = inf{l 0 : T x Y L x X per ogni x X}. L elemento nullo dello spazio è l operatore nullo, ossia quello che a ogni elemento di X associa lo zero di Y. Teorema 1.3. Se Y è uno spazio di Banach, lo spazio L(X, Y ) è uno spazio di Banach. Dimostrazione. Si abbia una successione di Cauchy {T n } a valori in L(X, Y ); questo significa che per ogni ε > 0 esiste n N tale che per ogni n, m n si ha (T n T m )(x) T n T m L(X,Y ) = sup Y ε. x X x X x 0 Fissato x X, x 0, quanto scritto significa (T n T m )(x) Y ε x X cioè che la successione { T n (x) } è una successione di Cauchy a valori in Y. Essendo per ipotesi Y uno spazio di Banach (e quindi è anche completo), la successione { T n (x) } converge a un elemento di Y che indichiamo con T (x); in questo modo si è costruito l operatore T che a x X\{0} associa il limite per n di { T n (x) } in Y, ponendo inoltre, T (0 X ) = (0 Y ). L operatore T appena costruito è lineare, infatti T (αx + βy) = lim n T n (αx + βy) = α lim n T n x + β lim n T n y = αt x + βt y ed è limitato, dato che esiste n tale che per ogni n, m n si può scrivere T n T n 1 quindi per ogni n n T n 1 + T n.

27 1.9 Operatori lineari continui e limitati 25 Da quanto scritto si deduce ossia T n max { T 1,..., T n 1, 1 + T n } T x Y = lim T n x n Y sup T n x c x. Tornando a T n T m L(X;Y ) si ha, passando al limite per m, che per ogni x X\{0} (T n T )(x) Y ε x X quindi per ogni x X\{0} risulta cioè lo spazio L(X; Y ) è di Banach. n N T n T Y = sup (T n T )(x) Y x X Un caso particolare di operatori lineari è quello dei funzionali lineari e continui, ovvero delle applicazioni L: X R con X spazio normato. Definizione Lo spazio L(X, R) si dice spazio duale dello spazio normato X e viene indicato con X o con X ; i suoi elementi sono i funzionali lineari e continui da X a R. Seguono alcuni esempi di funzionali lineari. Esempio Sia H uno spazio di Hilbert e fissiamo u H, considerando l operatore L: H R v (u, v) L è un operatore lineare perché è definito come prodotto scalare; è altresì continuo perché è limitato. Un caso particolare si ha se H = l 2. Fissato ) (1, 12,..., 1n,... consideriamo u = ε L: l 2 R v (u, v) = i=1 1 i v i.

28 26 Spazi di Banach e di Hilbert L operatore L appartiene a ( l 2) = L ( l 2, R ). Ci chiediamo se le norme introdotte in questi spazi coincidono. Si ha L (l 2 ) = sup x l 2 x 0 L(x) x l 2 = sup L(x) ; x l 2 x =1 per ogni v l 2 risulta quindi Se v ha norma 1, allora si ha L(v) = (u, v) u l 2 v l 2. L (l 2 ) = sup L(v) u l 2. v l 2 v =1 L(v) u l 2, quindi L (l 2 ) u l 2 ; se si trova un elemento v l 2 tale che v l 2 = 1 e L(v) = u l 2 le norme coincideranno; in particolare, considerato v = u/ u l 2 si ottiene L(v) = u l 2 e quindi L (l 2 ) = u l 2. Esempio 1.13 (Operatori di shift). Consideriamo l operatore S : l 1 l 1 detto operatore di shift e definito per ogni x l 1 da S(x) = y con y successione di l 1 di termine generale y n = x n+1 (per ogni n 1); in altri termini, se x = (x 1, x 2, x 3,... ), si ha S(x) = (x 2, x 3,... ). L operatore S è lineare. Per verificare che è continuo verifichiamo che è limitato, cioè che S(x) l 1 M x l 1 ; tale disuguaglianza è verificata banalmente per M = 1, quindi S L(l 1, l 1 ). Verifichiamo ora che, posto S = S L(l 1,l 1 ),

29 1.9 Operatori lineari continui e limitati 27 si ha S S(x) l1 = sup x l 1 x l 1 = sup S(x) l 1 x l 1 x =1 quindi S 1. Cerchiamo x l 1 tale che S(x) l 1 = 1 e x l 1 = 1; per e 2 = (0, 1, 0,..., 0,... ) si ha S(e 2 ) = e 1, e 2 l 1 = 1, S(e 2 ) l 1 = 1 e se ne ricava che S = 1. Esempio 1.14 (Operatori di Fredholm). Sia k : [0, 1] [0, 1] R una funzione continua e si abbia l operatore T : C 0 ([0, 1]) C 0 ([0, 1]), detto operatore di Fredholm, definito per ogni u C 0 ([0, 1]) da T (u)(x) = 1 0 k(t, x)u(t)dt. Si controlla che T è un operatore lineare. Introducendo in C 0 ([0, 1]) la norma infinito definita per ogni u C 0 ([0, 1]) da u = sup u(x), x [0,1] T è continuo se e solo se è limitato, quindi se e solo se per qualche costante M > 0. Ora si ha T (u) M u T (u) = sup T (u)(x) u sup x [0,1] x [0,1] e dunque possiamo prendere M = sup x [0,1] 1 0 k(t, x) dt. 1 0 k(t, x) dt

30 28 Spazi di Banach e di Hilbert Altri spazi di successioni Indichiamo con c lo spazio vettoriale delle successioni convergenti, con c 0 quello delle successioni infinitesime e con c 00 quello delle successioni definitivamente nulle, cioè quelle successioni x = (x n ) tali che esiste k N tale che per ogni n k si ha x n = 0. Osserviamo innanzitutto che e che se p si ha c 00 c 0 c c 00 l p c 0 c l. Gli insiemi c e c 0 sono chiusi in l ; presa infatti una successione x n = ( x n 1, x n 2,..., x n k,... ) c per ogni n e convergente a x = ( x 1, x 2,..., x k,... ), si ha per ogni n lim k xn k = a n e si dimostra che x c con lim x k = lim a n. Analogamente si opera per c 0. k n L insieme c 00 è denso in l p, se p e la chiusura di c 00 rispetto a p è l p. Per ogni x l p esiste (x n ) c 00 tale che x n x per n. L insieme c 00 non è chiuso in l e la chiusura di c 00 in l è c 0. Infine, l insieme l 1 l non è chiuso in l ; la sua chiusura è di fatto ancora c Teorema delle proiezioni Definizione Sia H uno spazio di Hilbert. Un sottoinsieme A di H è convesso se per ogni x, y A e per ogni t [0, 1] si ha tx + (1 t)y A. Teorema 1.4 (Teorema delle proiezioni). Sia H uno spazio di Hilbert e sia K H un convesso chiuso non vuoto. Allora per ogni f H esiste un unico u K tale che f u = min f v = d(f, K). (1.13) v K Inoltre u è anche l unica soluzione della disuguaglianza variazionale (f u, v u) 0 per ogni v K. (1.14) Dimostrazione. La dimostrazione segue il procedimento esposto in [1, p. 127]. Sia {v n } una successione minimizzante di elementi di K, ossia con le proprietà

31 1.10 Teorema delle proiezioni 29 v n K per ogni n N, f v n n inf f v v K e proviamo innanzitutto che {v n } è una successione di Cauchy. Applichiamo la regola del parallelogramma agli elementi a = f v n e b = f v m scrivendo ( 2f (v n + v m ) 2 + v n + v m 2 = 2 f v n 2 + f v m 2), quindi dividiamo per 4 ottenendo 2f v n + v m 2 ( v n v m 2 = 1 2 ) v m v n 2 = 1 2 f v n + v m 2 ( f v n 2 + f v m 2), ( f v n 2 + f v m 2). (1.15) Poiché il sottoinsieme K di H è un convesso e v n, v m sono elementi di K, anche l elemento v n + v m appartiene a K (basta scegliere t = 1/2 nella definizione di 2 convesso); posto d = inf f v v K si ha quindi da (1.15) si ricava che 1 4 v m v n 2 = e allora si conclude facilmente che d 2 f v n + v m 2 ( f v n 2 + f v m 2) ( f v n 2 + f v m 2) d 2 v m v n 2 n,m 0, 2 f v n + v m 2 cioè {v n } è una successione di Cauchy. Poiché H è uno spazio di Hilbert, esiste allora un elemento u H tale che lim v n = u; essendo K chiuso e v n K per n ogni n, l elemento u appartiene a K, quindi da lim n v n = u, f v n n inf f v v K 2

32 30 Spazi di Banach e di Hilbert si deduce che f u = d e questo prova l esistenza di u che soddisfa (1.13). Proviamo adesso che u soluzione di (1.13) risolve anche la disuguaglianza variazionale (1.14). Sia v K e definiamo l elemento w = (1 t)u + tv, t (0, 1], che appartiene a K perché K è convesso; si ha allora f u 2 f w 2 = f (1 t)u tv 2 = f u + t(u v) 2 = f u 2 + t 2 u v 2 2t(f u, v u); quindi e se t 0 si ha 2(f u, v u) t u v 2 (f u, v u) 0. Viceversa, se u risolve (1.14), allora u f 2 v f 2 = 2(f u, v u) u v 2 0 e dunque u f 2 v f 2 per ogni v K ed f H. Dimostriamo infine l unicità della soluzione di (1.14). Supponiamo che u 1 e u 2 siano due elementi di K che verificano la disuguaglianza variazionale (1.14), cioè che (f u 1, v u 1 ) 0 per ogni v K, (1.16) (f u 2, v u 2 ) 0 per ogni v K. (1.17) Scegliamo v = u 2 in (1.16) e v = u 1 in (1.17), ricavando (f u 1, u 2 u 1 ) 0 per ogni v K, (f u 2, u 1 u 2 ) 0 per ogni v K. Sommando (f u 1, u 1 u 2 ) 0 e (u 2 f, u 1 u 2 ) 0 si ottiene quindi e ciò dimostra che u 2 = u 1. (f u 1 + u 2 f, u 1 u 2 ) 0, u 1 u 2 2 0

33 1.11 Proiezioni Proiezioni Definizione L elemento u la cui esistenza e unicità è garantita dal teorema 1.4 si indica con u = p f K = P K (f) e si dice proiezione di f su K. Proposizione 1.7. Nelle stesse ipotesi del teorema delle proiezioni sui convessi, se f 1, f 2 appartengono allo spazio di Hilbert H e p f 1 K, p f 2 K sono le rispettive proiezioni sul convesso chiuso K, allora Dimostrazione. Consideriamo p f 1 K p f 2 K f 1 f 2. (p f 1 K f 1, p f 1 K v) 0 per ogni v K (1.18) (p f 2 K f 2, p f 2 K v) 0 per ogni v K (1.19) scegliendo v = p f 2 K in (1.18) e v = p f 1 K in (1.19). Sommiamo per ottenere ( ) p f 1 K f 1 p f 2 K + f 2, p f 1 K p f 2 K 0 e quindi passando alle norme e per le proprietà del prodotto scalare si ha da cui semplificando p f 1 K p f 2 K 2 p f 1 K p f 2 K f 1 f 2, p f 1 K p f 2 K f 1 f 2. L operatore di proiezione P K : H K è lipschitziano di costante 1, in particolare continuo; non è, in generale, lineare (è lineare nel caso di un sottospazio K). Fra i sottoinsiemi convessi chiusi non vuoti di H vi sono in particolare i sottospazi chiusi di H. Corollario 1.2. Sia H uno spazio di Hilbert e K un sottospazio chiuso di H. Allora per ogni f H esiste ed è unico u K tale che valga (1.13); inoltre tale u è anche l unica soluzione dell uguagliarza variazione (u, w) = (f, w) per ogni w K. (1.20) Dimostrazione. Dal teorema delle proiezioni si ha (f u, v u) 0 per ogni v K; scelto v = u + w con w generico elemento di K, si ottiene (f u, w) 0.

34 32 Spazi di Banach e di Hilbert Scelto ora v = u w si ottiene (f u, w) 0 quindi (f u, w) 0, cosicché (f u, w) = 0 per ogni w K. Proposizione 1.8. Se K è un sottospazio chiuso di H, l operatore P K è lineare. Dimostrazione. Si può scrivere ( PK (αf + βg), w ) = (αf + βg, w) = α(f, w) + β(g, w) = α ( P K (f), w ) + β ( P K (g), w ) = ( αp K (f) + βp K (g), w ) per ogni w K. Una proprietà del prodotto scalare ci permette di affermare che se u, v K e (u, w) = (v, w) per ogni w K, allora u = v; si ha infatti che (u, w) = (v, w) implica (u v, w) = 0 per ogni w K e la tesi si ottiene scegliendo w = u v. L applicazione di tale proprietà permette allora di dedurre P K (αf + βg) = αp K (f) + βp K (g). Se K è un sottospazio chiuso non vuoto di H, l operatore P K L(H, H) e risulta P K = 1; infatti da P K 1 ricaviamo che appartiene a e ciò implica P K (f 1 f 2 ) f 1 f 2 P K (f) f per ogni f H; si osserva inoltre che P K (f) = f per ogni f K, quindi il valore P P K = sup K (f) = 1 f H f f 0 viene raggiunto da tutte le f K. L operatore P K è un operatore idempotente, ossia P 2 K = P K. Definizione Sia H uno spazio di Hilbert e K H non vuoto. Si dice ortogonale di K l insieme K = {z H tale che (z, w) = 0 per ogni w K}

35 1.11 Proiezioni 33 Definizione Due vettori z, w si dicono ortogonali se (z, w) = 0. Proposizione 1.9. L insieme K è un sottospazio chiuso di H. Dimostrazione. K è sicuramente un sottospazio, in base alla linearità del prodotto scalare; se infatti u, v K e α, β R, si ha (αu + βv, w) = α(u, w) + β(u, w) = 0. Verifichiamo la chiusura, cioè che, data una successione {u n } a elementi in K convergente a u H, l elemento u appartiene a K. Per ogni w K e n N si ha (u n, w) = 0 con (u n u, w) u n u w tendente a zero per n perché u n u tende a zero per n ; se ne ricava che al tendere di n a infinito è cioè u K. (u, w) = 0 Teorema 1.5 (Teorema di decomposizione ortogonale). Sia H uno spazio di Hilbert e sia K un suo sottospazio chiuso. Allora H = K K (cioè H è somma diretta di K e K ), ossia per ogni u H esistono z K e w K tali che u = z + w e tale decomposizione è unica. Dimostrazione. Sia u H. Poiché K è chiuso, si può applicare il Corollario 1.2 al teorema delle proiezioni, quindi l elemento z = P K (u) verifica l uguaglianza (z, x) = (u, x) per ogni x K; analogamente, l elemento w = u z verifica l uguaglianza (w, x) = (u z, x) = 0 per ogni x K e dunque w K. Per quanto riguarda l unicità, supponiamo che esistano due decomposizioni di u come u = z 1 + w 1 = z 2 + w 2 ; allora da z 1 + w 1 = z 2 + w 2 si ottiene z 1 z 2 = w 2 w 1 con z 1 z 2 K e w 2 w 1 K, quindi appartenenti a K K = {0}; da questo si deduce che z 1 = z 2 e w 1 = w 2, pertanto la decomposizione di u è unica.

36 34 Spazi di Banach e di Hilbert Esempio Dato lo spazio di Hilbert H = R 2 e gli spazi K = {(x 1, 0) x 1 R} K = {(0, x 2 ) x 2 R} (K chiuso), vale la decomposizione K K. Esempio Si consideri lo spazio l 2 e il sottospazio c 00. Quale è il sottospazio c 00? Data una successione x = (x n ) l 2, tale successione è in c 00 se x n y n = 0 n=1 per ogni y c 00 ; in base alla densità di c 00 in l 2 si ha c 00 = {0} Il teorema di rappresentazione di Riesz Passiamo ora a un teorema che riguarda i funzionali lineari e continui su spazi di Hilbert. Dato uno spazio di Hilbert H, ci si chiede se lo spazio duale H = L(H, R) è ancora uno spazio di Hilbert. Fissato un elemento y H, l applicazione x (x, y) che va da H in R è lineare (grazie alla linearità del prodotto scalare) e continua, ossia (x, y) x y essendo y fissato in H); si deduce quindi che x (x, y) è un funzionale lineare e continuo, cioè un elemento dello spazio duale H. Teorema 1.6 (Teorema di rappresentazione di Riesz). Sia H uno spazio di Hilbert. Allora per ogni L L(H, R) = H esiste ed è unico l elemento y H tale che per ogni x H si ha L(x) = (x, y). Inoltre, vale l uguaglianza L H = y H. Dimostrazione. Consideriamo l insieme N = {x H tale che L(x) = 0} cioè il nucleo del funzionale lineare L. Sicuramente N perché almeno 0 appartiene a N. N è un sottospazio chiuso di H; se infatti x n x H e x n N per ogni n, risulta L(x) = lim n L(x n ) = 0.

37 1.12 Il teorema di rappresentazione di Riesz 35 Se N H, L è il funzionale nullo, quindi scegliendo y = 0 la tesi del teorema è immediatamente dimostrata. Se invece N H con N non coincidente con H, esiste un elemento z 0 appartenente a N. Cerchiamo ora un elemento y della forma λz, con λ scalare scelto in modo che sia per ogni x H. Riscriviamo (1.21) come cioè L(x) = (x, λz) (1.21) L(x)(z, z) z 2 = λ(x, z) Come possiamo scegliere λ? È sufficiente che sia L(x)(z, z) z 2 λ(x, z) = 0. (1.22) L(x) z 2 z λx N per ogni x, dato che z N ; occorre dunque che ( ) L(x) L z 2 z λx = 0. Per la linearità di L si ha che e dunque L(x) 2 L(z) λl(x) = 0 z λ = L(z) z 2 ; un tale λ soddisfa l uguaglianza (1.22) per ogni x; l elemento verifica allora la proprietà y = L(z) z 2 z L(x) = (x, y) per ogni x H. (1.23)

38 36 Spazi di Banach e di Hilbert Dimostriamo ora l unicità; siano per assurdo y 1 e y 2 verificanti entrambi la condizione (1.23), cioè per ogni x H; allora da segue L(x) = (x, y 1 ) = (x, y 2 ) (x, y 1 ) = (x, y 2 ) (x, y 1 y 2 ) = 0 per ogni x H. Scelto x = y 1 y 2 si ha y 1 y 2 2 = 0 e quindi y 1 = y 2. Proviamo infine che L H = y H ; si ha e quindi L(x) L H = sup x H x H x 0 (x, y) = sup x H x H x 0 x y sup x H x x 0 y 2 H = (y, y) = L(y) L H y H, y H L H ; deduciamo in tal modo che L H = y H, cioè la tesi. y H Osservazione 1.1. Sia H = l 2. Ogni funzionale L lineare e continuo si rappresenta nella forma L(x) = x n y n con y = (y 1, y 2,... ) fissato in l 2. n=1 Osservazione 1.2. Si consideri L 2 (B) con B A, B insieme misurabile. Ogni funzionale L lineare e continuo su L 2 (B) si rappresenta nella forma L(f) = f(x)g(x)dx con g fissato in L 2 (B). B Osservazione 1.3. Il teorema di rappresentazione di Riesz definisce un operatore R: H H con R(L) = y dotato delle seguenti proprietà: R è lineare: R ( α 1 L 1 + α 2 L 2 ) è l elemento z che verifica la relazione (x, z) = ( α 1 L 1 + α 2 L 2 ) (x) = α1 L 1 (x) + α 2 L 2 (x) = α 1 (x, y 1 ) + α 2 (x, y 2 ) = (x, α 1 y 1 + α 2 y 2 ) = ( x, α 1 R(L 1 ) + α 2 R(L 2 ) ).

39 1.12 Il teorema di rappresentazione di Riesz 37 R è continuo e in particolare conserva le norme, ossia R(L) H = L H ; R è iniettivo perché N(R) è costituito dal solo funzionale nullo; R è suriettivo perché, fissato y H, il funzionale x (x, y) è un elemento di H, cosicchè R è un isomorfismo isometrico tra H e H. Questo si traduce in simboli come (L 1, L 2 ) H : = ( R(L 1 ), R(L 2 ) ) H. Osservazione 1.4. Sussiste la decomposizione H = N N, con dim N = 1.

40

41 CAPITOLO 2 Serie di Fourier 2.1 Serie di Fourier astratte Definizione 2.1. Dato uno spazio di Hilbert H, un sistema ortonormale al più numerabile di H è una famiglia numerabile {x n } di vettori di H tale che (x n, x m ) = { 0 se n m 1 se n = m. Un sistema ortonormale non contiene il vettore nullo dello spazio. Definizione 2.2. Un sistema ortonormale {x n } di uno spazio di Hilbert H si definisce completo se la condizione (x, x n ) = 0 per ogni n N implica necessariamente x = 0. In altre parole, un sistema ortonormale è completo se l unico vettore ortogonale a tutti i vettori del sistema è il vettore nullo. Esempio 2.1. Una base ortonormale (e 1,..., e n ) di R n è un sistema completo. 39

42 40 Serie di Fourier Esempio 2.2. In l 2 (spazio di dimensione infinita) si può considerare il sistema ortonormale completo {e j } j N dove e j è la successione (0, 0,..., 0, 1, 0,..., 0,... ) (l elemento 1 è in j-esima posizione) definita da { 0 se j k (e j, e k ) = 1 se j = k. Definizione 2.3. Sia H uno spazio di Hilbert e x H. Dato un sistema ortonormale {e j } in H, i numeri reali ˆx i = (x, e j ) al variare di j nell insieme di indici, si dicono coefficienti di Fourier dell elemento x rispetto al sistema ortonormale {e j }. Se il sistema {e j } è completo e x 0, allora necessariamente esiste almeno un coefficiente di Fourier non nullo. Definizione 2.4. La serie formale ˆx j e j j=1 in H si dice serie di Fourier dell elemento x rispetto al sistema { e j }. Si pongono due quesiti: la serie converge in H? Se converge, converge all elemento x? La risposta a entrambe le domande è affermativa e si giunge ad essa mediante il teorema di Fischer Riesz. 2.2 Il teorema di Fischer Riesz Teorema 2.1 (Teorema di Fischer Riesz). Sia H uno spazio di Hilbert e sia {e n } un sistema ortonormale completo di H. Allora l applicazione Λ: H l 2 che associa a f H la successione definita da (ˆx1, ˆx 2,... ) è un isomorfismo isometrico, cioè è lineare, continua, iniettiva, suriettiva e conserva le norme, ossia ( ) 1/2 x H = ˆx j 2 = Λ(x) l 2. j=1

43 2.2 Il teorema di Fischer Riesz 41 Il teorema di Fischer Riesz continua a valere con l 2 sostituito da R n nel caso di uno spazio di dimensione finita, fissando una base canonica in H. Per dimostrare il teorema di Fischer Riesz sono necessari alcuni risultati preliminari. Lemma 2.1. Siano H uno spazio di Hilbert ed {e n } un sistema ortonormale di H; sia inoltre x = (x n ) l 2. Allora la serie converge in H. x n e n n=1 Dimostrazione. È sufficiente provare la condizione di Cauchy sulle ridotte della serie, cioè ( n ) m 2 x j e j x j e j 0; n,m se infatti è n > m si ha j=1 j=1 H n 2 x j e j j=m+1 H = = ( n j=m+1 n i,j=m+1 x j e j, n i=m+1 x i x j (e j, e i ) = x i e i ) n i=m+1 x i 2 n,m 0. Teorema 2.2 (Teorema della migliore approssimazione). Sia H uno spazio di Hilbert, {ϕ i } i N un sistema ortonormale di H e f H. Si ha allora che la successione ˆf : N R definita da i N ˆf i appartiene a l 2. Si ha inoltre che per ogni µ = (µ i ) l 2 0 f i=1 ˆf i ϕ i 2 H = f 2 H ˆf 2 i f i=1 2 µ i ϕ i. (2.1) i=1 H

44 42 Serie di Fourier Dimostrazione. Dimostriamo in primo luogo che la successione ˆf appartiene a l 2. Si ha per ogni m N e per ogni µ = (µ i ) l 2 m f 2 µ i ϕ i i=1 H = ( f m µ i ϕ i, f i=1 m = f 2 H + µ i µ j (ϕ i, ϕ j ) i,j=1 m = f 2 H + µ i 2 2 i=1 m µ i ˆfi i=1 ) m µ j ϕ j j=1 m µ i (f, ϕ j ) j=1 m = f 2 H ˆf 2 m ( 2 ) i + ˆfi + µi 2 2µ i ˆfi i=1 i=1 i=1 m = f 2 H ˆf 2 m ( i + µ i ˆf ) 2 i 0. (2.2) j=1 Se µ i = ˆf i per ogni i = 1,..., m si ha m ˆf 2 i f 2 i=1 H ; questo significa che la successione delle ridotte di ˆf 2 i è monotona e limitata, quindi tale serie converge. Risulta allora ˆf = l 2 ˆf 2 i i=1 i=1 quindi ˆf = { ˆfi } appartiene a l 2. Prendendo ora µ = ˆf nella (2.2) e passando al limite per m, si trova l uguaglianza in (2.1). Altrimenti, passando al limite in (2.2) per µ generico si ha facilmente la seconda disuguaglianza in (2.1). Segue una conseguenza importante del teorema della migliore approssimazione. Disuguaglianza di Bessel. Sia H uno spazio di Hilbert e {ϕ i } un sistema ortonormale di H. Per ogni f H si ha ˆf 2 i f 2 i=1 H.

45 2.2 Il teorema di Fischer Riesz 43 Dimostrazione. Si applica il teorema della migliore approssimazione. Teorema 2.3. Sia H uno spazio di Hilbert e {ϕ i } un sistema ortonormale di H. Le seguenti condizioni sono equivalenti: 1) per ogni f H si ha che f 2 H = ˆf 2 i = ˆf i=1 2 l 2 (uguaglianza di Bessel-Parseval); 2) {ϕ i } è un sistema ortonormale completo di H; 3) per ogni f H si ha f = i=1 ˆf i ϕ i ; 4) per ogni f, g H ( f, g )H = ( ˆf, ĝ ) l 2 = i=1 ˆf i ĝ i (identità di Parseval). Dimostrazione. Dimostriamo innanzitutto che 1) implica 2). Se ˆf i = 0 per ogni i, allora ˆf = 0, quindi f 2 l 2 = 0 e per l uguaglianza di Bessel si ha f 2 H = 0, pertanto f = 0; dire che ˆf i = 0 per ogni i implica f = 0 significa dire che il sistema ortonormale è completo, quindi si è dimostrata la 1). Dimostriamo che 2) implica 3). Consideriamo g = i=1 ˆf i ϕ i H; per ogni j N si ha (g, ϕ j ) = ĝ j = ˆf j. Osserviamo che un sistema ortonormale {ϕ i } è completo se (f, ϕ i ) = ˆf i = 0 per ogni i implica f = 0, quindi se e solo se date f e g la relazione ˆf i = ĝ i per ogni i N implica f = g. Poiché per ipotesi il sistema è completo, si ha f = g e quindi la tesi f = ˆf i ϕ i. i=1

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