L AGROALIMENTARE ITALIANO TRA CRISI E SFIDE Bruno Scaltriti docente Università degli Studi di Scienze Gastronomiche

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1 L AGROALIMENTARE ITALIANO TRA CRISI E SFIDE Bruno Scaltriti docente Università degli Studi di Scienze Gastronomiche Introduzione L agroalimentare rappresenta uno degli elementi più importanti del paniere made in Italy, vale a dire quel complesso di prodotti di qualità esportati nel mondo, che contribuisce a sostenere l economia del nostro paese e ad alimentare l immagine dell Italia, come paese dall alta qualità della vita. Al pari di quasi tutti gli stati occidentali, la nostra nazione sta attraversando un periodo di forte contrazione economica, ma il sistema agroalimentare, con particolare riferimento al settore delle trasformazioni, sta ottenendo delle performance migliori rispetto ad altre filiere produttive. Questo semplice dato, certo non sufficiente per dichiarazioni trionfali o manifestazioni di soddisfazione, consente però di affermare che l agroalimentare continua ad essere un settore strategico per la nostra economia. Vale la pena ricordare che è un settore più difficilmente delocalizzabile rispetto ad altri, dove l expertise italiano qualifica il capitale umano nazionale, rispetto ad altri paesi che possono certo offrire costi del lavoro più bassi, ma che sono privi di professionalità. Questo fatto è talmente vero che nel mondo si cerca di vampirizzare l immagine dell agroalimentare italiano; stiamo parlando del fenomeno dell Italian sounding, in altre parole dell utilizzo di nomi e brand italiani oppure di packaging con bandiere e paesaggi simil-italiani, apposti su prodotti che di italiano, in termini di localizzazione produttiva, ma anche in termini di qualità, hanno ben poco. E per ultimo come detto in precedenza, l agroalimentare è legato all immagine tradizionale del nostro paese, al pari della moda e dei beni artistici, potremmo quasi dire che è legato all identità italiana. In un epoca in cui gli assets immateriali rivestono un ruolo sempre più importante, l immagine del made in Italy e quindi anche dei suoi prodotti agroalimentari è una risorsa da non sprecare e su cui è possibile fondare almeno parzialmente il rilancio dell economia negli anni a venire. Il quadro dell agroalimentare italiano Come dicevamo poc anzi non tutto il sistema agroalimentare gode di buona salute. Le ragioni sono molteplici, ma la motivazione principale è che in una situazione di crisi del mercato interno (e quindi della domanda), sono le esportazioni a trainare il successo e quindi le esportazioni sono composte soprattutto da prodotti trasformati: salumi, formaggi vini etc. Non è un caso ad esempio che

2 il settore distributivo incontri difficoltà così come il settore primario (agricoltura, silvicoltura e pesca) che non riesce a commercializzare all estero volumi così importanti. Diciamo quindi che la capacità di trasformazione delle materie prime è la chiave di volta per spiegare la tenuta del sistema agroalimentare italiano. I prodotti agroalimentari italiani in possesso di alti contenuti qualitativi e soprattutto di una qualità percepita elevata in termini di immagine riescono a penetrare mercati importanti e remunerativi come quello americano, giapponese e tedesco. A questo proposito è molto interessante capire come i mercati con una maggiore disponibilità a pagare cambieranno nei prossimi anni, di quanto, ad esempio, si sposterà l asse portante dell economia (dall Occidente verso i nuovi colossi Cina e India). Al tempo stesso è interessanti capire come le turbolenze politiche (Africa settentrionale) oppure fenomeni ambientali (tsunami in Giappone, etc.) possano influenzare le economie di mercati sensibili ai prodotti italiani. Ma veniamo ai dati. Nel 2010 con un +3,3% rispetto al 2009 è tornato a crescere il fatturato dell industria alimentare italiana, raggiungendo un valore di milioni di euro. Sono le esportazioni a trainare il sistema con un +11,5% rispetto all anno precedente. Il trend positivo è continuato anche nel primo trimestre del 2011, con un aumento, rispetto allo stesso periodo del 2010, dell 11%. A rafforzare questi dati dell Inea arriva anche l Istat; l indice della produzione industriale dell ISTAT per l alimentare nel 2010 è stato pari a 102,9 (base 2005=100), con una crescita del 2,4% rispetto al Se in termini assoluti possono sembrare dati non particolarmente clamorosi, resta sempre il paragone con il dato generale delle attività manifatturiere a testimoniare come l agroalimentare risenta meno dello scenario internazionale di crisi. L indice di produzione industriale generale del manifatturiero nel suo complesso è stato, infatti, pari a 88,5 rimanendo quindi inferiore al 2005, l anno utilizzato come riferimento. Se scorriamo più nel dettaglio i dati, ci accorgiamo che quasi tutte le categorie di prodotti agroalimentari trasformati hanno avuto performance positive. Se confrontiamo l indice di produzione industriale del 2005 con quello del 2010, possiamo notare aumenti in cinque categorie di prodotti: oli e grassi, lattiero-casearii, prodotti da forno, carne e derivati, bevande. Se vogliamo tradurre in prodotti magari più conosciuti, otteniamo olio di oliva, formaggi, pasta e dolciumi, salumi e bevande. Non a caso (a parte la pasta che comunque è totalmente made in Italy) sono tutte categorie con un elevato numero di Dop e Igp le indicazioni geografiche riconosciute dall unione Europea, nella cui classifica l Italia per numero di prodotti è al primo posto davanti alla Francia e alla Spagna. In particolare, il comparto degli oli e grassi presenta un andamento produttivo decisamente

3 positivo (+11,9%), con un indice ISTAT che arriva a 123,1. Significativa anche la dinamica del lattierocaseario (+3,1%) e dei prodotti da forno (+1,8%), i cui indici raggiungono rispettivamente livelli di 100,5 e 105,6. Quasi tutte le categorie di prodotti alimentari evidenziano nel 2010 una crescita dell indice della produzione industriale rispetto all anno antecedente. L unica eccezione è rappresentata dalle conserve di frutta e ortaggi, in cui si osserva una variazione negativa (-0,9%), anche se l indice rimane ad un livello elevato (112,2), grazie alla crescita degli ultimi anni. I dati relativi al 2011 si fermano ai primi quattro mesi e sono caratterizzati da andamenti molto altalenanti. Si nota, in ogni caso, come l industria alimentare continui a presentare un indice della produzione decisamente più elevato di quello dell insieme delle attività manifatturiere. Il mese con la crescita più alta è marzo, mentre nei primi due mesi del 2011 si rileva una diminuzione in quasi tutte le categorie di prodotti. Occorre certo fare dei distinguo. La produzione alimentare soprattutto quella che parte da materie prime vegetali, non viene programmata tanto rispetto alle commesse o agli ordinativi ma risente nei quantitativi prodotti dell andamento climatico, degli attacchi dei parassiti e via dicendo. Quindi a fronte di un aumento produttivo, ma di una mancanza di domanda, il prezzo può essere decisamente non adeguato e quindi il comparto può soffrire ripeto anche in presenza di performance produttive molto positive. Mi riferisco ad esempio al comparto oli e grassi dove come vedremo in seguito, la situazione non è certo rosea. Ai produttivi occorre, infatti, abbinare ad esempio l indice di fiducia, misurato trimestralmente da Ismea, che rappresenta un parametro che permettere di cogliere il sentiment degli operatori economici e si basa sulle scorte, sulle previsioni delle vendite e su Sulla base dei dati medi annuali, il 2010 si è rivelato complessivamente un anno positivo per la fiducia dell'industria alimentare italiana, il cui indice medio (+5,1) ha guadagnato ben 11 punti sul valore corrispondente del Nel dettaglio, per dodici dei diciassette comparti osservati, si è avuto un miglioramento sul risultato dell'anno precedente, e questo in particolare per l'industria dolciaria, dei prodotti da forno, degli elaborati a base di carne e della pasta; viceversa, l'anno si è rivelato difficile come dicevamo prima per le imprese dell'olio d'oliva e per l'industria del riso. Se analizziamo gli altri elementi del sistema agroalimentare, vale a dire agricoltura e distribuzione, vediamo come la situazione sia più difficile. L indice della fiducia degli operatori della GDA (la Grande Distribuzione Alimentare) si è attestato nel quarto trimestre 2010 su un valore negativo (-3,1), cosa che non accadeva ormai dal primo trimestre L indice ha registrato un calo di oltre undici punti rispetto ai tre mesi precedenti, mentre segna una flessione di 6,5 punti rispetto al medesimo periodo del Sul peggioramento

4 congiunturale e tendenziale della fiducia ha inciso soprattutto l andamento negativo delle aspettative sulle vendite e in misura minore l accumulo delle giacenze di magazzino; risultano invece in aumento le vendite, tornate a registrare un andamento positivo grazie anche al periodo delle feste natalizie. Complessivamente, comunque, nell intero 2010 l indice di clima di fiducia della GDA è risultato stabile rispetto al Per quel che riguarda invece le imprese agricole, l Ismea presenta un altro tipo di analisi ovvero l analisi congiunturale. In base ai dati quantitativi ufficiali, il 2010 complessivamente si è rivelato un anno ancora difficile per l agricoltura italiana, con un primo semestre negativo e un secondo semestre in lieve ripresa solo per alcuni settori, ripresa che tuttavia non è riuscita ad imprimere all intero anno un indole positiva. In coerenza con i dati ufficiali, i pareri espres-si dagli operatori del Panel confermano per il 2010 una flessione del fatturato complessivo aziendale, specie nel settore oleario e in quello delle erbacee (in particolare, nel caso del riso e degli ortaggi). Export e qualità I dati presentati nel precedente paragrafo, ci mostrano che le esportazioni sono state, negli ultimi mesi, la boa di salvataggio dell agroalimentare nazionale. Ma che cosa esporta l Italia? Innanzitutto occorre ricordare che la domanda di prodotti italiani nel mondo è molto più vasta di quello cui i veri prodotti italiani riescono a rispondere. Secondo alcune stime i falsi italiani sono circa il 90% del giro d'affari dei prodotti italiani nel mercato statunitense. Accanto ad una giusta disperazione occorre però comprendere che è la prova che l italiano, almeno come lingua, funziona in cucina. L Italia esporta in quei settori, dove lo sforzo in termini di qualità è stato maggiore. Quando parliamo di sforzo, non intendiamo soltanto l investimento in ammodernamento che comunque esiste, ma a volte anche sforzo di non perdere la genuinità delle produzioni tipiche. Compiere delle scelte per mantenere talune materie prime senza aggiungere additivi, o di mantenere quote importanti di lavoro umano a scapito della meccanizzazione, sono certo degli sforzi (in termini di costi maggiori) ma permettono di mantenere alto il livello di qualità sensoriale. anni. In attesa di avere i dati completi sul 2010 possiamo comunque analizzare la tendenza degli ultimi Se consideriamo il saldo normalizzato ovvero il rapporto percentuale tra il saldo semplice (esportazioni - importazioni) ed il volume di commercio (esportazioni + importazioni ) notiamo che i comparti export-vocati sono il vino confezionato, i formaggi (89,7%) le acque minerali (95,8%) pasta

5 (93,2%) e pomodoro (80,6%) è interessante anche il settore delle carni lavorate non tanto per il Saldo normalizzato (64,5%) ma per il valore, pari a più di 800 milioni di euro di export, che lo colloca in quinta posizione. Misurare in senso assoluto la qualità dei vari comparti sarebbe abbastanza impossibile, ma, pur non volendo assegnare in via esclusiva la patente di qualità alle indicazioni geografiche, la loro presenza può essere utilizzata come variabile proxy. E per quanto riguarda il numero di Dop e Igp, formaggi e salumi sono i prodotti che occupano le prime posizioni nella classifica italiana. Come ultimo esempio si potrebbe indicare il comparto vitivinicolo, dove alle indicazioni geografiche ed ai marchi collettivi, si aggiungono, meglio che in altri comprati, i marchi privati, i nomi dei produttori e, in ultima analisi, la singolarità aziendale. Nel comparto del vino possiamo veramente dire che ogni produttore vive della sua reputazione. La reputazione, minata nel passato ormai remoto da scandali come il metanolo, è oggi invece uno dei punti di forza del settore, che permette di guardare con fiducia ai mercati esteri, anche nei momenti in cui la domanda domestica vive fasi di rallentamento, come quello attuale. Le prospettive Dopo l analisi viene il tempo delle proposte e delle prospettive. Chi è l operatore agricolo o agroalimentare che può avere successo? E un individuo con l occhio attento alle novità, ma rispettoso della qualità e della tradizione. Ha a cuore le 3 P cioè people, planet, profit. Al primo posto abbiamo le persone, i consumatori, a cui va garantito un prodotto un prodotto di qualità e sempre più in grado di apportare benefici all organismo. La produzione agroalimentare deve essere healthy. Già le prime avvisaglie si notano: la Francia ha minacciato la tassa sulle bevande gasate. In fondo l Europa vede sempre più minacciato il proprio sistema di welfare e quindi cercherà sempre più vie alternative di mantenimento del benessere della popolazione; quindi sempre più l alimentazione avrà una valenza di tipo salutistico. La seconda P è il pianeta. La produzione di oggi come quella di domani non può prescindere dall impatto ambientale: il cambiamento climatico, l uso di energie alternative, l inquinamento delle falde acquifere e la scarsità idrica sono tutti temi che saranno centrali oggi come domani. La produzione non può pensare di non affrontare nemmeno il mercato. Le crisi del welfare state e dell intervento pubblico in genere fanno presagire che le riforme della Politica Agricola Comune e del sovvenzionamento in generale dell agricoltura, determineranno una maggiore incidenza del mercato sulla sopravvivenza e sulla vitalità delle imprese agroalimentari.

6 Ma soprattutto l imprenditore agroalimentare di successo è l uomo e la donna delle 3 S, vale a dire sostenibilità, sensorialità e socialità. Della sostenibilità abbiamo già parlato ed anche della sensorialità, cioè dell offerta sul mercato di prodotti dalla qualità sensoriale una volta si usava la parola organolettica elevata. Saper produrre ma anche saper riconoscere il buono ed il bello sarà la chiave per poter continuare ad essere presenti sui mercati esteri. Arriviamo perciò alla terza S, cioè la socialità. C è, infatti, una dimensione sociale da non dimenticare. La società, quindi i lavoratori ed i consumatori, non possono essere estranei alle attività degli imprenditori agroalimentari consapevoli. Realtà come quella dei Farmers Markets e dei Gruppi di Acquisto Solidali sono sotto gli occhi di tutti, esperienze dove si realizza un diverso rapporto tra produttori e consumatori o meglio tra produttori e comunità. Ma vorremmo qui soltanto mettere in risalto alcune novità che arrivano da lontano. Le crisi economiche saranno più frequenti, e già si intravedono i primi esempi di confronto con le criticità sociali. La catena di ristorazione Panera ha introdotto il pay-what-you-want-system in alcuni suoi negozi. Chi non può permettersi di consumare un pasto al prezzo pieno da quello può. Le statistiche fornite da Panera indicano che il sistema per il momento regge anche da un punto di vista economico, visto che il 60% versa il prezzo corretto, il 20% paga meno di quello che dovrebbe, mentre il restante 20% paga un prezzo maggiore rispetto a quello corretto. Ma addirittura anche il ritorno del baratto e del pagamento dei beni in lavoro come accade nei Farmers Market degli Amish, una popolazione fondamentalista cristiana che rifiuta molte conquiste della società moderna. Dove sono questi esempi? Sono tutti negli Stati Uniti ma credo che non tarderanno a presentarsi anche in Europa. Siamo alla conclusione. Per definire l imprenditore agricolo che può farcela, utilizzeremo un aggettivo a cui siamo particolarmente affezionati: gastronomico. La gastronomia sostiene Brillat Savarin è definibile come la conoscenza ragionata di tutto ciò che si riferisce all uomo, in quanto essere che si nutre. Il suo scopo è di badare alla conservazione degli uomini, con il miglior cibo possibile.. E racchiuso secondo noi in queste poche parole scritte nel XIX secolo, la chiave per decifrare il futuro ed il presente dell agroalimentare: imprenditori che con un approccio gastronomico e quindi sostenibile, sensoriale e sociale badano alla conservazione degli uomini, fornendo loro il miglior cibo possibile.

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