FOOD & BEVERAGE MADE IN ITALY

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1 Dipartimento di Economia e Management Cattedra: Prospettive macroeconomiche globali FOOD & BEVERAGE MADE IN ITALY Relatore: Prof. Giovanni Ferri Candidato: Stefano Antonio Agresti Matricola Correlatore: Prof. Gianfranco Di Vaio Anno Accademico

2 I N D I C E Introduzione pag. 1 1 Commercio internazionale e crescita dell Italia Commercio internazionale e globalizzazione Panorama di lungo periodo Il commercio internazionale nel periodo Valutazione di sintesi 13 2 Il commercio agroalimentare in Italia Il commercio agroalimentare mondiale Evoluzione del commercio agroalimentare mondiale I competitor dell Italia La domanda mondiale di prodotti agroalimentari Il commercio agroalimentare in Italia Le tendenze di fondo del commercio agroalimentare italiano Gli scambi agroalimentari per prodotto e per Paese Valutazione di sintesi 34 3 Food & Beverage made in Italy Il made in Italy agroalimentare Il campione di prodotti Food&Beverage made in Italy Il saldo commerciale del F&B made in Italy I prodotti delle esportazioni del F&B made in Italy I Paesi delle esportazioni del F&B made in Italy 45 4 Menu Italia Il menu Italia e note metodologiche La pasta L olio I Pomodori pelati 65 1

3 4.5 Il parmigiano Il pecorino La Nutella Il Caffè torrefatto Il Caffè decaffeinato Apparecchi per la preparazione del caffè ad uso domestico Il Vino Conclusioni 120 Riferimenti bibliografici 126 Indice 128 2

4 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Messori F., Ferretti F., Economia del mercato agro-alimentare, Edagricole - Edizioni Agricole de Il Sole 24 Ore, Milano, 2010 Foglio A., Il marketing agroalimentare, Franco Angeli, Milano, 2007 Montanari M., L identità italiana in cucina, Editori Laterza, Bari, 2010 Guerrieri P., Esposito P., L internazionalizzazione dell economia italiana: un occasione mancata, un opportunità da cogliere, Economia Italiana 1(2), 2012 Finizia A., Romano D., La nuova geografia del commercio agroalimentare mondiale in De Filippis F., L agroalimentare italiano nel commercio mondiale, Quaderni Gruppo 2013, Edizioni Tellus, 2012 Romano D., Commercio internazionale e crescita in Italia in De Filippis F., L agroalimentare italiano nel commercio mondiale, Quaderni Gruppo 2013, Edizioni Tellus, 2012 Armenise M., L industria italiana nei mercati internazionali, in Quintieri B., Vasta M., L industria italiana nel contesto internazionale. 150 anni di storia, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2011 Boeri T., Faini R., Ichino A., Pisauro G., Scarpa C., Oltre il declino, il Mulino, Bologna, 2005 Carbone A., Henke R., Il commercio agroalimentare in Italia in De Filippis F., L agroalimentare italiano nel commercio mondiale, Quaderni Gruppo 2013, Edizioni Tellus,

5 Carbone A., Finizia A.,Henke R., Pozzolo A.F., Il made in Italy nel commercio agroalimentare in De Filippis F., L agroalimentare italiano nel commercio mondiale, Quaderni Gruppo 2013, Edizioni Tellus,

6 Introduzione Nell attuale momento di crisi del modello economico italiano, questo studio propone un analisi in profondità del commercio estero del settore agroalimentare, analizzandolo nella sua composizione geografica e merceologica e nelle relative dinamiche, con una particolare attenzione al made in Italy ovvero ai prodotti agroalimentari tipici della nostra dieta, allo scopo di verificare se le prospettive future siano migliori rispetto a quelle degli altri settori manifatturieri. 1. Commercio internazionale e crescita dell Italia Per un lungo periodo, dalla fine della seconda guerra mondiale fino alle crisi petrolifere degli anni Settanta, l Italia è stata considerata un caso paradigmatico di una crescita trainata dalle esportazioni, che ha consentito al Paese di ridurre progressivamente il divario che la separava dai Paesi allora sviluppati, grazie allo sviluppo dell industria manifatturiera e alle sue esportazioni, che, soprattutto negli anni Sessanta, hanno permesso di supplire a investimenti e consumi interni ridotti. Tuttavia, negli anni Ottanta la situazione cambia radicalmente. Il divario di reddito con l Europa si mantiene stabile fino all inizio degli anni Novanta per poi ampliarsi nuovamente: il tasso di crescita dell economia italiana, che negli anni Sessanta era stato mediamente oltre il 5% annuo, scende a meno dell 1,6%dopo il 1990 (e diviene nettamente inferiore all 1% se si considera il periodo successivo al 2000). Le esportazioni, pur restando un elemento essenziale dello sviluppo, hanno smesso, salvo brevi periodi, di essere il motore della crescita: a partire dalla metà degli anni Novanta, i vantaggi comparati hanno ristagnato o sono regrediti, il peso dell Italia nel commercio mondiale si è contratto e la bilancia commerciale è costantemente peggiorata. 5

7 Secondo alcuni studiosi la perdita di peso dell Italia è la manifestazione, in termini di commercio internazionale, del declino del nostro modello di sviluppo e della anomalia di un Paese industrializzato che persiste nella produzione di prodotti a basso contenuto tecnologico e ad alta manodopera. Altri autori danno una lettura meno negativa delle performance commerciali italiane nell ultimo trentennio sottolineando come vi sia stata una tendenza alla specializzazione verso prodotti tradizionali di maggior qualità e a più alto contenuto di valore. Di sicuro, se si confronta l Italia con i suoi più immediati competitori, Germania, Francia e Spagna, è possibile notare quanto sia diverso il contributo delle esportazioni alla crescita del Pil: fortemente positivo per la Germania, decisamente deludente nel caso dell Italia e della Francia, oscillante nel caso della Spagna. Quali le cause di tali deludenti performance del nostro Paese? Ci sono stati sicuramente fattori congiunturali negativi, come l affievolirsi della domanda mondiale, l aumento dei prezzi delle materie prime importate o variazioni sfavorevoli dei cambi, anche se è difficile immaginare che fattori congiunturali possano agire per un periodo così lungo. Bisogna guardare, quindi, anche ai problemi strutturali che caratterizzano il modello di sviluppo. La causa primaria della minor crescita è la bassa competitività italiana dovuta a una crescita insufficiente della produttività. L effetto del differenziale di produttività tra l Italia e i suoi competitori è stato meno avvertito finché poteva essere compensato dalle svalutazioni competitive e da una domanda estera sostenuta, ma con l introduzione dell euro e la crisi globale i nodi sono venuti al pettine. Oltre alla bassa produttività, anche il modello di specializzazione italiano, concentrato su settori tradizionali o maturi, più esposti alla concorrenza dei Paesi emergenti e caratterizzati da una dinamica della domanda mondiale più lenta rispetto a quella osservata nei settori che hanno trainato la crescita del commercio mondiale, ha contribuito alla perdita di competitività dell Italia. Infine, la specializzazione geografica delle 6

8 esportazioni italiane, che per quasi il 60% raggiungono mercati di Paesi europei che negli ultimi decenni sono cresciuti poco, penalizza l Italia. In effetti, le merci italiane fanno fatica a raggiungere le aree più dinamiche dell economia mondiale, come l Asia meridionale e orientale e l America Latina, a causa sia della ridotta dimensione delle imprese italiane, che delle carenze in alcuni servizi (come logistica, distribuzione, finanza) essenziali nel promuovere l internazionalizzazione. A differenza di quanto avvenuto negli anni Cinquanta e Sessanta, negli ultimi anni l Italia non ha saputo cogliere le opportunità delle trasformazioni epocali in atto nel commercio internazionale e nell organizzazione della produzione a livello mondiale, ma ne è rimasta sostanzialmente ai margini. Le nostre imprese, per lo più caratterizzate da dimensioni medie e piccole, si sono poco internazionalizzate, non riuscendo a sfruttare i vantaggi provenienti da mercati emergenti in rapidissima crescita. Inoltre, l Italia, nel suo complesso, ha mantenuto il proprio modello di specializzazione, non adeguandosi al mutato scenario internazionale, a differenza degli altri Paesi europei che hanno orientato la propria specializzazione verso produzioni a maggior contenuto di innovazione e a più alto valore aggiunto, abbandonando i settori maturi alle economie emergenti con una maggiore dotazione di manodopera non specializzata. Da quanto detto, derivano alcune implicazioni di politica economica, segnatamente la necessità di favorire la crescita dimensionale, organizzativa e manageriale delle imprese, di effettuare interventi per il miglioramento del capitale umano, il rilancio delle attività di ricerca e sviluppo e il trasferimento delle innovazioni e di procedere a una riforma della governance europea che consenta di superare le caratteristiche di gioco a somma zero dell attuale integrazione europea (che ha prodotto effetti asimmetrici fra Germania da un lato e Italia, Spagna e, anche se in misura inferiore, Francia, dall altro). 7

9 2. Il commercio agroalimentare in Italia Il modello di specializzazione del sistema agroalimentare italiano ha affermato nel tempo la predominanza dei prodotti trasformati, provenienti prevalentemente dall industria ma sempre di più anche da aziende agricole che incamerano al loro interno il processo di prima trasformazione. Tale scelta è stata prevalentemente dettata dalle condizioni geografiche e climatiche del Paese che, per motivi di scarsità di terra e per le specifiche condizioni naturali, si trova ad importare buona parte delle materie prime, o perché non producibili per vincoli climatici o anche per mancanza di superfici adeguate. Il saldo normalizzato dell agroalimentare tende a migliorare nel tempo, soprattutto grazie alle esportazioni dell industria alimentare, ma anche grazie a comparti più dinamici del settore primario. Gli scambi agroalimentari con l estero sono estremamente concentrati per prodotto e per Paese. Per quanto riguarda i nostri partner commerciali, gli Stati membri dell Ue si confermano come soggetti centrali degli scambi agroalimentari, sia sul fronte delle vendite che su quello degli acquisti. Tuttavia, sia grazie a nuovi accordi commerciali conclusi dall Unione con aree di più recente accesso agli scambi mondiali, sia per una capacità specifica dei prodotti italiani di collocarsi su mercati dinamici ed emergenti, si affacciano alla ribalta nuovi attori che rivolgono attenzione sempre maggiore ai prodotti agroalimentari italiani. Le importazioni provengono dall Ue grazie al mercato comune, ma anche da destinazioni da cui si acquistano prodotti non producibili in Italia per motivi climatici e culturali (Africa, Centro e Sud America). Va notato che, nel tempo, crescono sensibilmente le importazioni dai nuovi partner dell Ue, a seguito dell abbattimento delle barriere tariffarie e doganali e grazie anche ai notevoli investimenti fatti in molto di quei Paesi per il miglioramento qualitativo delle produzioni agroalimentari. Per quel che riguarda la distanza delle esportazioni agroalimentari italiane nel tempo si assiste ad una piccola ma significativa contrazione della capacità dei prodotti italiani di raggiungere mercati lontani : ciò è dovuto alla crescente importanza di Paesi relativamente più vicini all Italia che hanno 8

10 rafforzato nel tempo la loro presenza come acquirenti (soprattutto i Paesi dell Est europeo, l area dei Balcani e la Russia) e al contemporaneo declino di mercati molto più distanti quali quelli sudamericani. D altra parte, i prodotti del made in Italy mostrano di raggiungere una distanza mediamente più elevata rispetto ai concorrenti, a testimonianza del fatto che il gusto e la tradizione del made in Italy trova consenso in un raggio più ampio rispetto al prodotto italiano meno riconoscibile, collocandosi su mercati molto distanti e rispetto ai quali non arretra nel tempo. In definitiva, l agroalimentare offre un contributo di crescita potenzialmente molto interessante all intera economia nazionale proprio grazie ai segmenti di mercato sui quali si riescono a valorizzare la qualità e la riconoscibilità dei prodotti. Tuttavia, la dinamica dell ultimo quindicennio mostra che, a fronte di nuovi Paesi esportatori che si affacciano sull arena competitiva globale con un forte dinamismo anche in termini di miglioramento qualitativo dei beni venduti, la competitività delle esportazioni del nostro Paese soffre e ciò non favorisce una crescita del nostro ruolo internazionale ma, anzi, rischia di compromettere nel futuro le posizioni ad oggi conquistate in uno scenario che è in forte mutamento. 3. Food & Beverage made in Italy Quando si prova a definire un concetto come il made in Italy ci si rende conto che, pur essendo intuitivamente chiaro ciò di cui si sta parlando, è molto difficile darne una definizione rigorosa e univoca. Di conseguenza, a ogni definizione del made in Italy, corrisponde una sua quantificazione che può essere anche molto diversificata. L elemento comune a tutte le definizioni è, ovviamente, un idea qualitativa del prodotto legata alla sua origine italiana, riferita al luogo di produzione e trasformazione rispetto alla materia prima, e alla sua esportabilità. Il made in Italy rappresenta un elemento di punta della produzione e delle esportazioni italiane in termini di specializzazione del lavoro e della 9

11 tecnologia, nell ambito di una composizione del paniere di esportazioni che, per il nostro Paese, si può considerare complessivamente maturo e tradizionale. Nel caso del made in Italy agroalimentare, questo si identifica con beni della dieta mediterranea e che si richiamano direttamente ad alcune produzioni alimentari tipiche del nostro Paese, o che perlomeno abbiano un ampia riconoscibilità all estero come prodotti del sistema agroalimentare italiano. Un altro elemento che per alcuni viene implicitamente richiamato dal concetto di made in Italy è quello del manufatto, del saper fare, cioè del prodotto trasformato attraverso un processo tecnologico rispetto al quale l Italia mostra una specializzazione e un livello di skill legati alla propria tradizione e alla specializzazione del lavoro. In relazione al comparto agroalimentare, ciò corrisponde a beni dell industria di trasformazione, che utilizza come materia prima i prodotti dell agricoltura nazionale che in questo senso diventa un tassello prezioso della filiera del made in Italy. Tuttavia, va sottolineato che esiste anche una significativa componente di prodotti freschi che rispondono alle caratteristiche del made in Italy, sia per la stabilità dei saldi commerciali positivi che per la loro riconoscibilità come prodotti tipicamente italiani, che li rendono assimilabili alla categoria: si tratta soprattutto di frutta e ortaggi freschi. Uno dei principali problemi nella definizione del made in Italy, particolarmente evidente nel caso del comparto agroalimentare, deriva dal fatto che spesso i prodotti sono, per l appunto, trasformati ma richiedono una notevole quantità di materia prima importata (ad esempio, per l olio d oliva o per la pasta). L identificazione geografica, dunque, è legata non solo all origine del prodotto, ma anche al processo di trasformazione e a un know how che rappresenta una tradizione consolidata combinata con una specificità tecnologica locale. L ampiezza e le caratteristiche del made in Italy dipendono, quindi, da dove viene posto il limite di elementi quali il livello di trasformazione e il grado di dipendenza dalla materia prima non locale. Per quanto riguarda il made in Italy agroalimentare, il modo più semplice e intuitivo di definirlo è il diretto richiamo, come si accennava prima, all italianità del prodotto. Secondo 10

12 tale definizione, il made in Italy è composto da tutti quei prodotti in grado di richiamare il concetto di italianità, indipendentemente dal fatto di essere o non essere prodotti di esportazione netta per il nostro Paese. A questa definizione si possono ascrivere sia prodotti a saldo normalizzato positivo, sia prodotti che, pur avendo un saldo negativo o oscillante, evocano la tipicità italiana (come, ad esempio, alcune categorie di olio di oliva o di formaggi). A loro volta, questi prodotti possono essere distinti in funzione del grado di trasformazione: tal quale (prodotti freschi, come ad esempio la frutta e gli ortaggi); primi trasformati, cioè prodotti il cui grado di trasformazione è relativamente basso e spesso il processo di trasformazione avviene ancora in fase agricola (tra questi, ad esempio, rientra il vino); secondi trasformati, cioè prodotti ad un più spinto grado di trasformazione, che usano primi trasformati come input per un secondo processo di trasformazione (ad esempio la pasta, che utilizza la semola). Negli ultimi anni, il saldo attivo del made in Italy è andato decisamente migliorando, passando da circa 6 miliardi di dollari correnti del 1996 a oltre 16 miliardi del L andamento, sempre crescente, ha visto due momenti di stasi: il primo fra 1996 e il 1997 ed il successivo nella fase di piena crisi del sistema economico mondiale, che ha investito con particolare forza il nostro Paese fra il 2008 e il Il saldo normalizzato del made in Italy presenta una prima fase di lenta crescita, durata fino agli inizi dello scorso decennio, quindi comincia un periodo altrettanto lento di stagnazione e dopo di peggioramento, che si interrompe intorno al 2007; dopo di che il saldo riprende a crescere con lo stesso tasso precedente. In sostanza, il saldo normalizzato sembra muoversi in un arco di oscillazione che va da un livello leggermente inferiore al 40% fino a un massimo poco oltre il 45%. 11

13 4 Menu Italia All interno del gruppo di alimenti che costituiscono il Food&Beverage made in Italy, in questo capitolo vengono esaminate le performance delle esportazioni di un gruppo ristretto di prodotti. Per il mangiare sono state scelte la pasta con i suoi condimenti: pelati, olio, parmigiano e pecorino; per il bere : vino e caffè torrefatto. Al campione sono stati aggiunti altri due prodotti, di cui uno non alimentare, che caratterizzano fortemente l italianità in cucina: gli apparecchi per la preparazione del caffè ad uso domestico e la nutella. A completamento dell esame condotto sul menu Italia, è stata realizzata la tabella che riepiloga i risultati relativi ai diversi prodotti elencati in ordine decrescente di fatturato medio del periodo 2009/2012. Il prodotto di punta è sicuramente il vino sia in termini di fatturato che di tasso di crescita e di incremento del valore medio unitario, a conferma di quanto detto in precedenza, ovvero della tendenza verificatasi in questi ultimi anni a produrre vini di qualità superiore, allo scopo di intaccare, non solo in termini di quantità ma anche di valore, il primato attualmente detenuto dai vini francesi. Anche olio, caffè torrefatto, parmigiano, apparecchi per la preparazione del caffè e nutella hanno ottime performance dal punto di vista dei valori e dei tassi di crescita; solo l olio registra prezzi in diminuzione nell ultimo quadriennio e nei periodi precedenti, probabilmente a causa della concorrenza di altri Paesi a più basso reddito. Escludendo la pasta, per la presenza di un importante attore del commercio internazionale, il gruppo Barilla, che con i suoi numerosi stabilimenti sparsi per il mondo sicuramente influisce sul volume delle nostre esportazioni, i soli prodotti a mostrare valori non decisamente positivi sono il pecorino e i pomodori pelati. Per la quasi totalità dei prodotti si nota, comunque, in tutto il periodo che va dal 1996 al 2012 una progressiva riduzione della concentrazione della destinazione delle esportazioni. I settori che hanno maggiormente diversificato 12

14 le proprie destinazioni sono anche quelli che sono cresciuti di più: caffè e apparecchi per caffè, vino I pomodori pelati, di cui abbiamo già detto circa le basse prospettive di crescita, mostrano un livello di concentrazione delle destinazioni che è praticamente immutato dal 1996 ad oggi. Un altro aspetto che risulta evidente dall esame della tabella è che la principale piazza nella quale vengono collocate le merci italiane è quella dell area OCSE europea ed extra europea. In momenti di debole domanda a causa della crisi che ha investito tutti i Paesi dell area euro, le nostre imprese non riescono a cogliere le occasioni che potrebbero provenire da mercati in crescita vivace sui quali l Italia è presente solo marginalmente. Tra questi, in primo luogo, i Paesi asiatici e sudamericani, ai quali vendiamo molto molto poco, gli altri Paesi del bacino mediterraneo e gli europei extra-ue, sui quali siamo presenti ma meno di quanto il loro potenziale consiglierebbe. Cerchiamo, quindi, di riassumere, in questo quadro di luci ed ombre, gli elementi salienti che caratterizzano la posizione del nostro Paese nel mercato agroalimentare globale e che ne rappresentano i punti di forza o di debolezza. Primo elemento: il modello di specializzazione del sistema agroalimentare italiano è orientato oltre che verso i classici prodotti di punta (pasta, pomodori, olio, vino, frutta e verdura,.. ) anche verso molte produzioni di nicchia tipiche e tradizionali, con pochi effettivi concorrenti, ma che proprio per questa loro specificità hanno in definitiva un peso basso sul valore dell export. Questo modello ha consolidato, nel tempo, la posizione dell Italia come esportatore di prodotti trasformati, prevalentemente dall industria, ma sempre di più anche da aziende agricole che incamerano al loro interno il processo di prima trasformazione. Tale modello che, in passato, rispondeva piuttosto bene alla principale funzione assegnata all agricoltura e al sistema alimentare di un Paese sviluppato come il nostro potrebbe oggi, per un rinnovato ruolo del settore primario nell economia e nella società, non necessariamente essere quello più adeguato. Ovvero il settore agricolo non viene, oggi, più visto solo come fornitore di materie prime ma anche come settore capace di raggiungere i 13

15 Tabella Riepilogo performance prodotti del menu Italia Prodotto Valore annuo 2009/ /2012 Quote % per area geografica 1996/2012 Quote % primi dieci destinatari Tasso annuo % VMU % OCSE Europa OCSE extra Eu Altri Eu BRICS Altri no Eu Valore % VMU % Tasso annuo % 1996/ / / /2012 Vino ,4 111,7 56,5 34,2 2,9 3,5 2,9 159,3 95,3 3,8 91,1 90,0 86,6 83,2 Pomodori pelati ,7 84,2 61,1 14,6 5,1 2,0 17,2 141,8 100,3 2,8 69,9 66,0 68,7 70,2 Olio ,4 91,2 42,7 43,5 4,5 4,9 4,4 167,0 77,3 4,2 91,1 87,3 83,7 82,0 Caffè torrefatto ,4 113,4 61,5 10,0 15,7 4,1 8,7 264,6 96,0 8,1 78,5 70,7 67,1 63,5 Parmigiano ,6 111,7 69,2 23,3 2,8 1,8 2,9 269,7 100,1 8,3 89,0 86,3 82,6 81,4 Apparecchi per caffè ,0 100,9 61,1 13,4 9,8 7,2 8,5 333,2 101,1 10,1 83,2 81,2 77,7 73,2 Nutella ,6 104,6 44,5 5,5 11,3 3,3 35,4 246,2 90,6 7,5 61,2 77,3 64,7 57,1 Pecorino ,8 93,2 30,5 66,2 1,6 0,8 1,0 79,8 111,2 1,8 98,8 97,8 95,6 92,9 Pasta ,0 101,5 77,2 11,3 4,0 3,4 4,2 168,9 74,2 4,3 77,7 76,2 81,1 89,9 Caffè decaffeinato ,2 121,1 56,2 21,1 10,5 3,0 9,2 221,6 93,6 6,6 85,0 78,5 73,1 71,4

16 mercati internazionali e produrre beni innovativi, promuovere il turismo, diffondere cultura. Secondo elemento: difficoltà dell Italia nel raggiungere nuovi mercati, geograficamente distanti e molto diversi sul terreno organizzativo, istituzionale e normativo. Questi sono aspetti che rappresentano altrettanti scogli che le nostre imprese hanno difficoltà a superare in assenza di adeguati meccanismi di sostegno pubblico volti a migliorare la loro capacità di mettersi in relazione. Infatti, tanto più in un sistema produttivo caratterizzato da unità medio piccole, quale è il nostro, la costruzione di network, cluster, distretti produttivi o altre forma di aggregazione e azione collettiva, risulta determinante per essere competitivi nell arena internazionale. Tra questi, ricordiamo le attività legate all innovazione e ricerca, alla comunicazione e promozione, alla logistica e distribuzione per le quali l aggregazione dei soggetti risulta in alcuni casi necessaria in quanto consente di realizzare, di volta in volta, economie esterne, di localizzazione e di scopo. All interno di questo elemento occorre annoverare la capacità delle imprese di gestire le filiere in modo coordinato per mettere a sistema le diverse componenti e rafforzarne la visibilità, la capacità contrattuale e la possibilità di penetrazione di mercati grandi, diversi e distanti. A tale riguardo, specie in un sistema caratterizzato da una forte polverizzazione del tessuto produttivo, va sottolineata l importanza dell esistenza di una GDO (Grande Distribuzione Organizzata) forte e internazionalizzata per promuovere ed incanalare la produzione nazionale sui mercati esteri (escludendo il timido esempio della società Eataly di Oscar Farinetti, il confronto con i colossi francesi di Auchan e Carrefour è per noi italiani veramente mortificante). Terzo elemento: livelli di competitività delle imprese italiane in declino. I grandi esportatori asiatici e latinoamericani riescono ad espandere le proprie quote di mercato anche e soprattutto grazie all aumento di competitività delle proprie esportazioni. 15

17 Quarto elemento: la composizione merceologica delle esportazioni italiane, proprio nella sua componente più riconoscibile sui mercati internazionali, non si identifica con i segmenti più dinamici di quest ultima. Ci sono sicuramente margini per un riorientamento dell offerta mirato a cogliere pienamente le opportunità offerte da un mercato globale in espansione. Quinto elemento: il fenomeno del falso made in Italy, ovvero della vera e propria contraffazione, e dell italian sounding, ovvero delle imitazioni che anche nel nome richiamano i prodotti di punta dell agroalimentare italiano. Riguardo alla quantificazione dei due fenomeni, le stime di massima più recenti (Coldiretti) dicono che, a livello mondiale, l Italian sounding fattura sopra i 60 miliardi di euro l anno, quasi il triplo del valore delle esportazioni italiane di prodotti made in Italy (23,3 miliardi nel 2009), a livello globale; il falso made in Italy in senso stretto ammonta a 7 miliardi se riferito a tutti i beni e a poco più di 1 miliardo se valutato rispetto ai soli prodotti alimentari (quest ultima stima, di fonte Censis, è riferita al solo mercato nazionale). In presenza di tali numeri, si rende necessaria un azione chiara, condivisa e forte, fra istituzioni pubbliche e sistema delle imprese, che persegua i seguenti obiettivi: 1) rafforzare ulteriormente la reputazione dei nostri prodotti, specie sui mercati esteri dove maggiore è lo spazio occupato dalle imitazioni di prodotti italiani e maggiori sono anche le opportunità per i prodotti autentici; 2) rendere sempre più efficaci le azioni di contrasto sostenendo le imprese che stanno dietro il vero made in Italy con iniziative mirate di comunicazione istituzionale e con adeguati strumenti normativi e giuridici nazionali ed internazionali; 3) promuovere una strategia di internazionalizzazione dell agroalimentare italiano che non si limiti a perseguire obiettivi di breve periodo, ma sia orientata a rafforzare tutta la filiera interessata e, con essa, l intera economia nazionale. Il quadro descritto del falso made in Italy ci suggerisce l esistenza di una grande opportunità per il sistema agroalimentare italiano, più grande di quella costituita dal mercato del vero made in Italy e che, per ora, si è riusciti a cogliere solo in parte. Infatti, se è certamente vero che l inadeguatezza dei contesti normativi nazionali ed internazionali rende difficile la tutela del vero 16

18 made in Italy, penalizzando i produttori del nostro Paese e i consumatori del mondo, non bisogna nascondersi che molte occasioni non sono colte dalle nostre imprese anche per la loro incapacità di operare con successo sui mercati esteri, per le motivazioni che abbiamo precedentemente elencato. Paradossalmente, per vincere la sfida contro le contraffazioni, è necessario che il nostro sistema economico ed istituzionale diventi sempre più capace di portare sui mercati il vero made in Italy. 17

19 ALCUNE TABELLE RELATIVE A PRODOTTI DEL MENU ITALIA Tabella Aree geopolitiche di destinazione dell export annuale di Vini di uve fresche (Valori attuali, quota %) Area 1996/ / / /2012 Valori % Valori % Valori % Valori % OCSE Europa , , , ,5 OCSE Non Europa , , , ,2 europei , , , ,9 BRICS , , , ,5 emergenti , , , ,1 extraeuropei , , , ,8 Totale Paesi selezionati , , , ,0 Totale mondiale , , , ,0 Tabella Aree geopolitiche di destinazione dell export annuale di Pomodori, preparati o conservati (Valori attuali, quota %) 1996/ / / /2012 Area Valori % Valori % Valori % Valori % OCSE Europa , , , ,1 OCSE Non Europa , , , ,6 europei , , , ,1 BRICS , , , ,0 emergenti , , , ,0 extraeuropei , , , ,4 Totale Paesi selezionati , , , ,2 Totale mondiale

20 Tabella Aree geopolitiche di destinazione dell export annuale di Olio di oliva non lampante (Valori attuali, quota %) Area 1996/ / / /2012 Valori % Valori % Valori % Valori % OCSE Europa , , , ,7 OCSE Non Europa , , , ,5 europei , , , ,5 BRICS , , , ,9 emergenti , , , ,4 extraeuropei , , , ,1 Totale Paesi selezionati , , , ,0 Totale mondiale , , , ,0 Tabella Aree geopolitiche di destinazione dell export annuale di Caffè, torrefatto (non decaffeinizzato) (Valori attuali, quota %) Area 1996/ / / /2012 Valori % Valori % Valori % Valori % OCSE Europa , , , ,5 OCSE Non Europa , , , ,0 europei , , , ,7 BRICS , , , ,1 emergenti , , , ,7 extraeuropei , , , ,0 Totale Paesi selezionati , , , ,0 Totale mondiale , , , ,0 19

21 Tabella Aree geopolitiche di destinazione dell export annuale di Grana padano, parmigiano reggiano (Valori attuali, quota %) Area 1996/ / / /2012 Valori % Valori % Valori % Valori % OCSE Europa , , , ,2 OCSE Non Europa , , , ,3 europei , , , ,8 BRICS , , , ,8 emergenti , , , ,2 extraeuropei , , , ,3 Totale Paesi selezionati , , , ,6 Totale mondiale , , , ,0 Tabella Aree geopolitiche di destinazione dell export annuale di Apparecchi elettrotermici per la preparazione del caffè (Valori attuali, quota %) Area 1996/ / / /2012 Valori % Valori % Valori % Valori % OCSE Europa , , , ,1 OCSE Non Europa , , , ,4 europei , , , ,8 BRICS , , , ,2 emergenti , , , ,9 extraeuropei , , , ,9 Totale Paesi selezionati , , , ,3 Totale mondiale , , , ,0 20

22 Tabella Aree geopolitiche di destinazione dell export annuale di Paste da spalmare, contenenti cacao (Valori attuali, quota %) Area 1996/ / / /2012 Valori % Valori % Valori % Valori % OCSE Europa , , , ,5 OCSE Non Europa , , , ,5 europei , , , ,3 BRICS , , , ,3 emergenti , , , ,6 extraeuropei , , , ,3 Totale Paesi selezionati , , , ,4 Totale mondiale , Tabella Aree geopolitiche di destinazione dell export annuale di Fiore sardo, pecorino (Valori attuali, quota %) Area 1996/ / / /2012 Valori % Valori % Valori % Valori % OCSE Europa , , , ,5 OCSE Non Europa , , , ,2 europei , , , ,6 BRICS , , , ,8 emergenti , , , ,1 extraeuropei ,0 0 0,0 0 0, ,2 Totale Paesi selezionati , , , ,3 Totale mondiale , , , ,0 21

23 Tabella Aree geopolitiche di destinazione dell export annuale di Caffè, torrefatto, decaffeinizzato (Valori attuali, quota %) Area 1996/ / / /2012 Valori % Valori % Valori % Valori % OCSE Europa , , , ,2 OCSE Non Europa , , , ,1 europei , , , ,5 BRICS , , , ,0 emergenti , , , ,4 extraeuropei , , , ,4 Totale Paesi selezionati , , , ,6 Totale mondiale Tabella Aree geopolitiche di destinazione dell export annuale di Pasta (Valori attuali, quota %) Area 1996/ / / /2012 Valori % Valori % Valori % Valori % OCSE Europa , , , ,2 OCSE Non Europa , , , ,3 europei , , , ,0 BRICS , , , ,4 emergenti , , , ,3 extraeuropei , , , ,9 Totale Paesi selezionati , , , ,0 Totale mondiale

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