NEUROFISIOLOGIA.

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1 NEUROFISIOLOGIA

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3 SISTEMA NERVOSO Si è già visto che la proprietà fondamentale del sistema nervoso è l eccitabilità, ossia la capacità di modificare il sistema nervoso a seguito di uno stimolo proveniente dall esterno tramite la variazione dei potenziali elettrici (tonici o fasici). L eccitabilità è la capacità del sistema nervoso di connettere a distanza strutture. Il sistema nervoso comunica a distanza, e per tale motivo si è parlato di conduzione (saltatoria e non saltatoria) e di velocità di conduzione: se la conduzione è saltatoria, la velocità di conduzione è più veloce; se la conduzione è non saltatoria la velocità di conduzione è meno veloce. L aspetto più importante non è tanto la velocità di conduzione, ma il fatto che le fibre che hanno la capacità di condurre in maniera saltatoria introducono Na + ed espellono K + soltanto al livello dei nodi di Ranvier. Sicché attivando queste cellule in maniera ripetitiva, la frequenza di scarica può essere molto elevata: le fibre mieliniche hanno la capacità di condurre segnali con un ampio ambito di frequenze, da 0 a 400 impulsi al secondo: avere 400 impulsi al secondo significa introdurre Na + ed espellere K volte al secondo. Nella conduzione non saltatoria invece in ogni porzione della fibra vi è ingresso di Na + e di K + per tutta la lunghezza della fibra. Ciò è quanto accade nelle fibre dolorifiche, in cui si hanno da 0 a 15 impulsi per secondo. L aspetto più importante è portare all interno un insieme di frequenze molto vasto, sicché posso distinguere una frequenza 0, frequenza 1, frequenza 2 etc. e così via fino a 400. Si possono separare 400 eventi lungo quella via nervosa, si possono riconoscere diverse intensità di attivazione di questa via con 400 livelli diversi. Per la fibra dolorifica non vale dunque tale discorso: il dolore sarà leggero, intenso, molto intenso, lancinante, in quanto non vi è una vasta γ di frequenze. Nella propriocezione invece è necessario conoscere tutte le diverse lunghezze che il muscolo assume al momento della contrazione: per cui tali fibre sono mieliniche. In un processo patologico in cui vi è rimozione della mielina al livello di una fibra mielinica, si ha diminuzione della velocità, il potenziale decade rapidamente (in quanto non c è isolamento), e poiché i nodi di Ranvier sono disposti a distanza, si ha che nella fibra che perde mielina non passa più nulla e si blocca la conduzione. Per quanto riguarda le sinapsi, esse sono fondamentali per la loro capacità integrativa, permettendo una elaborazione del segnale. Le sinapsi hanno diversi meccanismi con cui possono modificare l intensità del segnale: mediatore chimico, densità sinaptica, localizzazione (una sinapsi che avviene al livello dendritico ha normalmente una minore efficacia rispetto ad una sinapsi che avviene al livello del corpo cellulare). La sinapsi può modificare il messaggio e può memorizzarlo. La sinapsi permette dunque apprendimento e memoria. Le sinapsi, sotto il bombardamento funzionale dei sistemi sensoriali si consolidano, entrano in competizione e domina la sinapsi più efficace. Il premio Nobèl (1972) Edelman ha evidenziato come le influenze esterne selezionino le sinapsi mediante l attivazione e il consolidamento di determinati circuiti, e poiché le esperienze di ciascuno sono differenti, vengono selezionati differenti pattern di connessioni su una γ che è geneticamente predeterminata.

4 Patologie centrali come ad esempio il Parkinson, sono sì dovute ad alterazioni reali di circuiti, ma sono anche dovute alla incapacità di consolidare e acquisire dati nuovi. Nell Alzheimer è persa la capacità di memorizzare fatti recenti in quanto è persa la capacità plastica, mentre può rimanere la memoria di eventi passati. La complessità del sistema nervoso non è solo nelle sinapsi, ma anche nella sua organizzazione circuitale: il SN è costituito da circuiti complessi, lontani nello spazio, ma attivati sincronicamente: è dunque la rete nervosa a determinare la complessità. Di fronte a tale complessità i fisiologi in passato, per conoscere come il sistema nervoso reagisca, hanno analizzato il riflesso, molto semplice da studiare in quanto entra nel SN e dopo qualche ms esce come azione motoria. Nella famosa rana spinale è stato studiato il SN con il solo midollo spinale: è stata eliminata la corteccia, il tronco dell encefalo e tutte le varie strutture per studiare esclusivamente il midollo spinale (sono necessari animali che possono mantenere l ossigenazione attraverso la cute). Ma l isolamento di una struttura dalle restanti parti non permette di risalire a tutte le funzioni che la struttura stessa svolge. La struttura isolata sarà in grado di svolgere determinate funzioni, ma perderà la capacità di svolgere funzioni che dipendono dal rapporto con altre strutture. Disconnettendo il midollo spinale dalle restanti parti si ha lo shock spinale: in pazienti che hanno subito un trauma al livello del MS, quest ultimo temporaneamente non funziona più, non vi è più alcun riflesso. L interruzione acuta dei sistemi discendenti determina questa temporanea non risposta. Dopo poche ore nella rana (nell uomo sono necessari mesi o anni) il sistema nervoso recupera la sua funzione: le sinapsi si riorganizzano e la cellula riprende la capacità di rispondere. Le connessioni del sistema nervoso devono dare luogo a risposte funzionali significative. Queste risposte sono i riflessi, avere la capacità di percepire uno stimolo e effettuare un movimento volontario. È una attività assai complessa dove elementi semplici (attività nervosa, la capacità di condurre informazioni, di recepire segnali e di modularli con la struttura sinaptica) integrano le loro capacità in circuiti, aumentando ulteriormente la complessità. Questi elementi semplici, e in particolare la capacità plastica del sistema nervoso, possono aiutare a capire come il sistema può funzionare, come può organizzarsi in tutto il comportamento umano. Le funzioni del sistema nervoso devono essere conosciute dal medico per valutare l integrità dei circuiti e le capacità cognitive del soggetto, per osservare degli eventuali danni a strutture superiori. MIDOLLO SPINALE Nel midollo spinale sono centrati alcuni riflessi: i riflessi profondi, i riflessi superficiali, il riflesso da stiramento, riflessi complessi. Grazie alla neuroanatomia funzionale, alla perdita di un riflesso si può risalire a una lesione. Organizzazione del midollo spinale Si organizza in maniera metamerica. Strutture della cute sono organizzate in modo metamerico: parliamo di dermatomeri; strutture muscolari sono organizzate in modo metamerico: parliamo di miomeri; strutture del midollo spinale sono organizzate in mielomeri. Dermatomero, miomero e mielomero costituiscono il metamero. La struttura metamerica si distribuisce sulla superficie del corpo e a livello dei territori muscolari. 2

5 Facendo una sezione trasversa del midollo spinale, si può osservare il mielomero. Si osservano fasci ascendenti, fasci discendenti, centri di riflessi. Nelle colonne dorsali del midollo troviamo: fibre che portano informazione tattile propriocettiva, fasci discendenti piramidali e extrapiramidali. I fasci piramidali scendono direttamente dalla corteccia, i fasci extrapiramidali fanno invece stazioni intermedie. Questi fasci vanno a modulare ampiamente le risposte riflesse. Più centralmente troviamo le corna dorsali (luogo di afferenza) e le corna ventrali (luogo di efferenza). A livello delle corna dorsali troviamo diverse organizzazioni, così come a livello delle corna ventrali. C è una somatotopia: per esempio se siamo intorno al midollo spinale che ha a che fare con l arto superiore (C6 - C7) abbiamo una rappresentazione muscolare che è simile a un ansa: la parte prossimale dell arto superiore (e quindi i muscoli prossimali) è vicina al centro del midollo spinale, la parte distale dell arto superiore (i muscoli distali) è posta più lateralmente. I sistemi afferenti sono tutte quelle fibre che portano diverse sensibilità dalla periferia. In alcuni casi queste fibre si separano, in altri casi si intrecciano tra loro. Il percorso delle fibre afferenti sensitive è duplice: alla corteccia per il cognitivo, per conoscere lo stimolo che ha attivato il sistema sensoriale; l altro percorso è quello per l attivazione motoria che può chiudersi subito, nel midollo spinale, generando già lì dei comportamenti; oppure (e questo capita molto più spesso) queste fibre salgono verso l alto dirette alla corteccia per generare risposte più complesse. Poi si attiva la via finale comune: il motoneurone (dal punto di vista somatico). 3

6 I motoneuroni connessi con la struttura muscolare costituiscono le unità motorie perché sono precisamente interconnessi. Le unità motorie sono attivabili diversamente, capaci di agire per uno stimolo ripetitivo in maniera efficace e in grado di operare più o meno rapidamente. Saranno eccitate prima le cellule più piccole e se l impulso è grande saranno eccitate anche quelle grandi. Se ne deduce che la grandezza seleziona l intensità. Un primo motivo per cui l insieme fibra nervosa-muscolo si chiama unità motoria è il seguente. Per esempio una fibra nervosa fast che è in grado di generare una rapidissima attivazione muscolare serve per un certo movimento, e le fibre nervose con la loro attività guideranno la formazione della fibra muscolare. Se le fibre nervose sono FF (fast twitch, fatigable) la fibra muscolare sarà una fibra rapida (con caratteristiche di contrazione estremamente rapida); se le fibre sono S sono invece più lente. Le fibre nervose che attivano il muscolo lento hanno un attività di scarica molto lenta e non molto frequente. Le fibre nervose con un attività continua di scarica generano invece una fibra diversa. L attività nervosa, in qualche modo e per un certo periodo di sviluppo, riesce quindi a dettare la struttura muscolare. Se noi prendiamo una fibra fast, un motoneurone estremamente dinamico, e lo piazziamo su una fibra tonica, quella fibra comincia a cambiare la sua struttura. C è quindi una forte capacità del comando nervoso di generare una struttura muscolare. Un secondo motivo è dato dal fatto che le due strutture non hanno possibilità di frammentazione del comportamento: ciò che la fibra nervosa vuole che faccia, farà sicuramente la fibra muscolare. La fibra nervosa comunque, sempre, attiva tutte le fibre muscolari a cui è connessa. Non c è una possibilità di graduare, a meno che non seguiamo le patologie muscolari come la miastenia grave: in questo caso l acetilcolina che si libera dai terminali non è sufficiente ad attivare tutte le fibre muscolari a cui è connesso il motoneurone. Per cui l impulso che viaggia lungo le vie motorie avvia indiscutibilmente tutte le fibre muscolari. Se io voglio generare uno sforzo molto maggiore, attiverò fibre nervose che sono connesse a molte fibre muscolari; se voglio un movimento raffinato e preciso prenderò una direzione con poche fibre muscolari. Le fibre controllate da un motoneurone con poche diramazioni hanno in genere un corpo cellulare più piccolo; le fibre muscolari controllate da un motoneurone con tante diramazioni hanno un corpo cellulare più grande. Il comando centrale deve poter selezionare tra tipo di fibra, e la grandezza della cellula determinerà la selezione. 4

7 Il comando arriva alla fibra nervosa e genera un effetto. Ma è possibile che l insieme delle fibre nervose di un unità motoria possa generare una forza più intensa: attraverso la ripetizione, l incremento della frequenza di scarica. Con l incremento della frequenza di scarica quella singola unità motoria sarà in grado di incrementare la forza per due motivi: 1. biochimico (Ca 2+ rimane nella cellula e determina un effetto maggiore), 2. meccanico: se in fase di contrazione si manda un ulteriore stimolo, la contrazione successiva si somma alla precedente. Tanto più frequente è, tanto più si somma, fino al fenomeno del tetano muscolare, cioè la massima forza della fibra. Quindi quando il sistema nervoso va a generare una forza maggiore in un muscolo, o attiva più unità motorie (reclutamento) oppure fa un azione intensiva incrementando la frequenza di scarica. In quest ultimo caso allora si genera una forza maggiore. Questi sono i due modi con cui il nostro sistema nervoso può aumentare o la contrazione (spostamento dei capi muscolari) o l incremento della forza di contrazione. SAGGEZZA MUSCOLARE Se prendiamo due fibre, una a contrazione tonica e una rapida, quale delle due ha bisogno di una frequenza minore per poter sommare le contrazioni? Quella a contrazione tonica, più lenta. Si chiama saggezza muscolare quando il sistema nervoso è in condizioni di affaticamento, ed è allora in grado di attivare solo quelle fibre più lente che non si affaticano. Il comando motorio ha controlli interni che gli fanno generare frequenze di attivazione minori. Fibre afferenti segnalano al sistema nervoso che c è fatica: lì il muscolo sta liberando acido lattico e le scosse si sentono tramite meccanocettori. Vengono chiamati ergocettori quei recettori che segnalano al sistema nervoso che c è affaticamento in atto. Il sistema nervoso genera allora una risposta: rallenta lo stimolo e non lo attiva più perché tanto in quel momento non funzionano più le unità motorie rapide, ma solo quelle lente. E poiché le fibre lente sommano bene le contrazioni anche quando gli stimoli sono lontani l uno dall altro, le scariche hanno una frequenza minore. Noi abbiamo questo sistema che dice che la fibra efferente ha la capacità di generare contrazioni più o meno intense giocando sul tipo di unità motoria, incrementando la frequenza o allargando l attivazione dei motoneuroni, precisamente chiamando in gioco tanti altri motoneuroni. In alcune situazioni bisogna attivare in maniera esplosiva, al massimo, le unità motorie; in altre situazioni (come ad esempio durante la scrittura o nei movimenti di inseguimento) il movimento deve essere molto graduato, non esplosivo. Abbiamo quindi le fibre slow che sono resistenti alla fatica (nel grafico in basso), che si attivano con poco; le fibre FF che hanno una soglia molto più alta (sono molto più difficili da attivare). Ci sono poi delle fibre intermedie che magari perdono un po in velocità ma acquistano in resistenza: le FR (fast twitch, fatigue resistant). Spesso i nostri muscoli sono un insieme di questi tipi di fibre: qualche volta dominano le fast, qualche volta le slow. Per esempio il tricipite della sura è ricco di fibre lente perché serve molto nella postura ed è vicino all osso. Invece le fibre del gastrocnemio sono molto più rapide, possono far compiere movimenti più rapidi, e si trovano più in superficie. 5

8 RIFLESSI riflessi semplici, innati (le connessioni sono sempre quelle) ma comunque modificabili. Si distinguono due gruppi di riflessi semplici: 1. riflessi profondi (propriocettivi) 2. riflessi superficiali (esterocettivi) riflesso da stiramento (dai fusi neuromuscolari): è monosinaptico, controlla la lunghezza muscolare riflesso inverso da stiramento per il controllo della forza muscolare (dagli organi muscolo tendinei di Golgi) riflesso H riflessi complessi (ad es. il camminare utilizza schemi motori riflessi semplici I riflessi servono: per mantenere costante qualcosa (ad es. per non far variare la lunghezza muscolare o non far variare la forza muscolare) per essere schemi di movimento: consentire, facilitare e perfezionare anche movimenti volontari come il camminare. Evocando un riflesso (ad esempio picchiando contro un tendine), si ha una contrazione muscolare: tale contrazione muscolare che si osserva è il classico riflesso da stiramento. Se tale riflesso scompare allora significa che vi è una lesione della via afferente, oppure vi è un danneggiamento dei motoneuroni della via efferente, o vi è una lesione all interno del midollo spinale. Se scompare il riflesso del bicipite ad esempio, vi sarà una possibile lesione all altezza di C6-C7, se scompare il riflesso patellare, vi sarà una possibile lesione intorno a L5. Ci sono i riflessi condizionati e riflessi innati. Riflessi innati: l esperienza è determinante anche per questi riflessi: li rafforza, li può far incrementare, li può fare attenuare, o addirittura li può far scomparire. Sono quindi riflessi che certamente sono innati, ma l entità del riflesso è fortemente modificata. Quindi anche i riflessi innati hanno una sorta di condizionamento. Il riflesso ha cinque strutture determinanti che lo rendono tale: 1. recettori: permettono di ricevere lo stimolo esterno che genera il riflesso 2. fibre afferenti che penetrano nel midollo spinale come radici dorsali 3. centro del riflesso che può essere: 6

9 molto semplice: per esempio esistono connessioni dirette tra fibra afferente e fibra efferente, per cui il riflesso è monosinaptico; nella maggior parte dei casi i riflessi sono costituiti da un insieme di interneuroni interposti tra fibra afferente ed efferente che modulano, modificano, possono alterare le risposte: il centro dei riflessi. 4. via efferente: motoneurone 5. effettori: ghiandole e muscoli È evidente dunque che la mancanza di un arco riflesso sarà dovuta ad un eventuale danno a carico di una di queste cinque strutture. L uso molto intenso di chemioterapici ad esempio determina la perdita della sensibilità dei recettori, un ernia del disco invece può determinare la compressione delle fibre afferenti. Nelle miastenie, nelle mioclonie e nelle miotonie la liberazione di acetilcolina non è sufficiente per determinare la contrazione, viene dunque a mancare la quinta componente del riflesso. I recettori della cute rilevano il segnale che entra nel midollo spinale con le vie afferenti (radici dorsali), si scarica a interneuroni che si scaricano poi a fibre efferenti (radici ventrali) che fuoriescono fino al muscolo. Il tutto, più o meno, si struttura in una laminazione, in un segmento del midollo spinale, per cui ogni volta che noi attiviamo uno stimolo produciamo una risposta. Lo stimolo e la risposta vanno confrontati: bisogna capire quanta risposta c è allo stimolo, è necessario fare un confronto tra l intensità dello stimolo e l entità della risposta. Questa è una relazione di tipo quantitativo (quanta risposta ha generato lo stimolo?) ma è anche una relazione temporale (quando un riflesso viene innescato?). Bisogna che ci sia quindi una corretta relazione temporale tra riflesso e stimolo. Quindi quantificare un riflesso significa valutarne l intensità e la relazione temporale. RETI NERVOSI: INTERNEURONI Tra la via afferente e la via efferente si interpongono reti nervose (tranne che nel riflesso monosinaptico): tali reti nervose sono in grado di modificare il riflesso. Ad esempio attivando contemporaneamente una risposta riflessa flessoria ed una risposta riflessa estensoria, la risposta finale deve essere soltanto una delle due, dunque vi è un confronto tra più segnali afferenti e vi deve essere una modifica da parte del sistema nervoso. La maggior parte dei segnali afferenti è in confronto con altre afferenze e con segnali discendenti. I segnali sensoriali in entrata vengono modulati dall azione di vie discendenti che possono ostacolare il segnale stesso o favorirli nel loro accesso ai centri superiori, selezionandoli in base all attività del momento. Quando fibre afferenti entrano ed interagiscono con le fibre laterali attraverso meccanismi di inibizione presinaptica, allora si parla di inibizione laterale. Il ruolo fondamentale dell inibizione laterale è quello di facilitare la discriminazione e aumentare il contrasto tra due stimoli simili. Tutti i nostri sistemi sensoriali hanno questo tipo di inibizione laterale (es: udito, vista, tatto). Interposti tra fibra afferente e fibra efferente ci possono essere tutta una catena di neuroni che scendono verso il basso verso il motoneurone. Gli interneuroni delle reti nervose sono quasi sempre di tipo inibitorio, in quanto i segnali sensoriali in entrata sollecitano continuamente la corteccia, ed è necessaria una azione inibitoria che filtri le informazioni. Tale filtro da parte di interneuroni non si ha soltanto per i segnali di ingresso, ma anche per i segnali in uscita (selezione dei motoneuroni da scegliere): tali interneuroni si trovano subito prima dei motoneuroni e selezionano quale unità motoria verrà attivata. Tra questi interneuroni è compreso l Interneurone di Renshaw. Tutto l arco riflesso è sotto il controllo di fibre discendenti (sistema piramidale, extrapiramidale); l arco riflesso può essere alterato anche se vi sono danni al livello della corteccia. 7

10 Il vantaggio di avere interneuroni è aumentare la modulazione della risposta e fare in modo, per esempio, che una particolare via interagisca a livello iniziale provocando risposte molto ampie, o che interagisca a livello finale generando effetti molto più potenti per quei motoneuroni, ma meno diffusi. La catena interneuronale ha la capacità di rendere più o meno specifica l azione di comando. Ci sono possibilità di agire direttamente sui motoneuroni: vie discendenti (come il fascio piramidale) che creano una attivazione diretta. Anche una fibra afferente, quella del fuso neuromuscolare, va a contattare direttamente il motoneurone scavalcando gli interneuroni. Interneurone nel sistema motorio 1. Modulazione presinaptica delle afferenze sensoriali 2. Modulazione dei circuiti interneuronali con azione su interneuroni eccitatori o inibitori 3. Azione diretta sui motoneuroni 4. Azione attraverso la modulazione della sensibilità dei recettori fusali (azione indiretta: attivazione dei γ motoneuroni, i quali attivano il fuso neuromuscolare, che riporta il segnale all interno del midollo spinale potenziando la contrazione) Sono presenti circuiti nervosi che, sulla base delle connessioni, operano varie trasformazioni dei segnali afferenti. Tra fibra afferente e fibra efferente sono spesso interposti dei circuiti. Alcuni di essi vengono qui descritti. 1. Selezione dell ingresso sensitivo: capacità di modulare presinapticamente i segnali afferenti. vie discendenti controllano un ingresso sensitivo agendo sul neurone bersaglio con meccanismi di inibizione presinaptica. L azione motoria per esempio può eliminare l attività di alcune fibre afferenti. Quando vogliamo muovere un braccio, abbiamo detto che vi sono riflessi che mantengono costante la lunghezza: la corteccia motoria manda fibre che fanno contrarre il muscolo, ma contemporaneamente inibisce l arco riflesso che impedirebbe l accorciamento del muscolo stesso. In soggetti spastici le vie discendenti non inibiscono gli archi riflessi e si hanno dunque movimenti afinalistici. Un segnale sensitivo viene trasformato da altre sensazioni e dalla corteccia. Ciò si realizza in particolare attraverso l inibizione presinaptica: la possibilità, attraverso bottoni sinaptici che finiscono sul terminale della fibra afferente, di modificare il potenziale di membrana e quindi di modificare la liberazione del mediatore chimico. Questa modificazione può portare o a una diminuzione del segnale (inibizione presinaptica), ma può anche incrementarlo. Quindi abbiamo, a livello dell ingresso, la possibilità di modulare le risposte. 8

11 Questo è molto importante nello studio del dolore, di come il dolore può essere modulato dalla sensibilità tattile attraverso interazioni di questo tipo. 2. Divergenza. Il segnale in ingresso è amplificato facilmente grazie alla fibra in ingresso che prende contatto con numerosi neuroni. Dunque un segnale che nasce in un punto specifico (es cute) che attiva una singola fibra nervosa può attivare un ventaglio di motoneuroni che determinano la contrazione del muscolo. Se si vuole interpretare il sistema nervoso, bisogna considerare che oltre alle diversità delle sinapsi (attivatrici, inibitrici, modulate presinapticamente o post-sinapticamente, differenti per localizzazione, etc.) c è una complessità aggiuntiva: il sistema nervoso è costruito in una rete neuronale i cui elementi interagiscono tra loro: ad esempio nel fenomeno della divergenza una sola fibra sensitiva può attivare molti neuroni. Questo avviene ad esempio nella vista, in cui i recettori periferici sono rappresentati con un rapporto inferiore di 1:1 (cioè molti recettori, poche fibre), mentre i recettori della fovea sono rappresentati in senso opposto (pochi recettori, un infinità di fibre). La maggior parte del lobo occipitale è innervato da quei pochi recettori che si trovano nella fovea. Allora succede che lungo questa via si ha una divergenza: un solo recettore dà luogo a fibre afferenti che si moltiplicano e creano una divergenza che permette l analisi in parallelo dei segnali che arrivano. Uno stesso segnale viene quindi elaborato da diverse fibre. Un altro circuito che ci interessa molto a livello spinale è proprio questo: la possibilità che una via afferente possa essere o attivata o inibita. 3. Inversione del segnale: La fibra afferente contatta un interneurone eccitatorio e un interneurone inibitorio: la presenza di tali interneuroni trasforma un segnale eccitatorio proveniente dalla periferia (e anche dalle vie discendenti) in un segnale inibitorio. Nel riflesso inverso da stiramento, il riflesso cambia di segno a seconda che il soggetto sia fermo (rilassamento del muscolo) o sia in cammino. La fibra afferente diverge e va ad attivare una via che è inibitoria (in blu) e un altra via che è attivatoria (in basso). Se si attiva la via in basso (attivatoria) avremo una attivazione globale, se si attiva quella in alto (inibitoria, in blu) si avrà inibizione. Il sistema nervoso, con le sue fibre discendenti, può eccitare la via attivatoria o quella inibitoria: può quindi far dominare una delle due vie. Quindi a seconda del comando discendente si può avere una via riflessa, una risposta positiva, oppure si può avere il blocco completo perché ho l inversione completa della risposta. Questo circuito si ha particolarmente a livello delle strutture intermedie del sistema nervoso centrale. 4. Convergenza. su un unico motoneurone vi è la convergenza di molte vie: discendenti, sensitive, interneuroni. Gli effetti sinaptici provenienti da fonti diverse si sommano e si ha un unico effetto finale (facilitato o non facilitato dalle vie discendenti). Far convergere segnali sulla stessa cellula significa portare a quella cellula due informazioni che vengono confrontate. Il confronto permette una operazione matematica di somma algebrica, ma non solo: permette di creare una variazione interna al sistema, cioè la responsività della cellula centrale (il motoneurone) può cambiare nel tempo. L attivazione contemporanea può avviare il processo plastico NMDA del glutammato e la risposta rimane eccitatoria (quando due stimoli sono arrivati contemporaneamente alla cellula). Queste fibre indirette possono quindi anche mettere insieme, potenziare o modificare perennemente le risposte. 9

12 5. Riverberazione del segnale: (scarica postuma): tale circuito spiega perché dopo una stimolazione cutanea si hanno risposte che durano nel tempo: la risposta non si esaurisce dopo un secondo, ossia dopo il tempo impiegato dall impulso per percorrere la fibra, ma dura vari secondi. La fibra in ingresso attiva un interneurone, il cui assone dà origine ad una collaterale che si scarica sullo stesso neurone di partenza. Il meccanismo è tale per cui la risposta si attenua progressivamente e tende a 0(si parla di linking integration, ma è una integrazione debole in quanto la riverberazione non si protrae a lungo) è finalizzata in modo più complesso proprio sulla struttura del fuso neuromuscolare perché si evidenzia la possibilità che fibre efferenti siano in grado di cambiare la sensazione in periferia. Cioè io posso rendere un recettore più o meno sensibile. La corteccia può modificare per suo intento le risposte del fuso tramite, per esempio, l innervazione γ-motrice. Abbiamo visto come un arco riflesso sia composto da 5 elementi e su questi 5 elementi in diverso modo le fibre discendenti agiscono. Per esempio possono agire a livello del midollo osseo e modificare le vie di ingresso, possono agire a livello dei motoneuroni e agire anche a livello dei recettori. I recettori possono modulare inoltre la loro sensibilità in base al segnale ricevuto; un recettore in particolare che modifica la sua attività in conformità all azione del SNC è il fuso neuromuscolare, che diventa più o meno sensibile all allungamento del muscolo in base al segnale discendente. In aggiunta a questo dovete immaginare che ci sono influenze del sistema noradrenergico il quale appunto può modificare la sensibilità dei recettori; ciò spiega come è possibile modificare un arco riflesso Nei circuiti riverberanti se si stimola una via afferente, la risposta si mantiene nel tempo per diversi secondi. Ciò come è possibile, anche se l impulso è terminato? Questo circuito spiega il perdurare delle scariche (scarica postuma). Un impulso corre lungo una fibra nervosa e attiva la fibra successiva. Poi l impulso, essendo il circuito riverberante, torna indietro riattivando la fibra e così via. Questo mantiene nel tempo la scarica. Questi circuiti riverberanti sono molto importanti perché rendono la risposta corretta nel tempo, sono circuiti che integrano. 10

13 RIFLESSI Uno stesso riflesso può cambiare decisamente a seconda della condizione. C è un soggetto in piedi con un arto superiore che è agganciato a una maniglia, l altro arto è appoggiato su un pilastro. Se improvvisamente facciamo trazione sulla maniglia tirandola verso di noi, il soggetto tenderà ad andare in avanti, e per non cadere deve appoggiarsi al pilastro. Quindi, appena viene spinto in avanti, rafforza la contrazione degli estensori e dei flessori e mantiene l arto superiore a contatto con il pilastro e quindi non cade. In realtà si vede che questa trazione ha generato una risposta riflessa che coinvolge i muscoli dell arto superiore. L esempio è quello di un uomo che deve aprire una porta e per farlo deve tenersi fermo, contrae bicipite e tricipite, e apre la porta, in questo modo non viene a spostarsi il corpo verso la porta, perché anche se io sono fermo si apre: quando fate così e aprite una porta, c è un appoggio e immediatamente un arco riflesso fa aumentare la forza del bicipite e del tricipite, permettendovi di aprire la porta pur restando fermi. Cambiamo ora il contesto motorio: il soggetto invece che appoggiarsi su un pilastro tiene un bicchiere in mano. Se noi tiriamo verso di noi la maniglia il soggetto andrà in avanti, e può cadere. Ma ora non ha la possibilità di mantenersi fermo perché non ha più l appoggio del pilastro ma tiene un bicchiere in mano. Immediatamente questo muscolo non si contrae più, si contraggono invece i muscoli estensori dell arto inferiore e lo schema ve lo fa vedere. È un meccanismo formidabile, che aggiusta automaticamente la contrazione muscolare a seconda del gesto motorio, quella che chiamiamo modulabilità determinata dal contesto motorio. Istantaneamente, nel giro di qualche millisecondo, il soggetto invece di attivare i muscoli dell arto superiore attiva gli estensori dell arto inferiore. Attivando questi muscoli impedisce a se stesso di cadere in avanti. Cosa è successo? Cambiando il punto di appoggio cambia la risposta riflessa per non cadere. Quindi i riflessi spinali si modificano immediatamente secondo il contesto motorio. Il comando centrale può quindi riorganizzare la risposta riflessa. Se si decapita una rana e si poggia sulla cute del suo arto superiore un pochino di ovatta con un pochino di acido acetico (che è un po irritante), si vede che la rana immediatamente flette l arto superiore, lo porta indietro e poi lo stende. La rana ha avuto un classico riflesso spinale. se voi infatti appoggiate un batuffolo di cotone sul dorso di una rana si innescano riflessi in estensione che dopo 3 o 4 movimenti eliminano il batuffolo di cotone imbevuto di sostanza irritante. 11

14 Se voi però spostate gli arti dell animale e l arco riflesso fosse sempre lo stesso non riuscirebbe ad eliminare il batuffolo; la rana invece riesce nell impresa perché riesce a modulare a seconda della posizione di partenza degli arti l entità della contrazione degli estensori. Quindi in sostanza cambia il punto di partenza, cambia il punto di appoggio ma tutto l arco riflesso è modulato sui cambiamenti: siamo continuamente modulabili. La questione comunque è più complessa: per l uomo infatti posso immaginare che non sia solo una questione di midollo spinale, risposte così ben integrate hanno bisogno di strutture congeniali. Qui la riorganizzazione di un atto riflesso semplice, spinale, si modifica in funzione di una riorganizzazione intramidollare. C è un sistema che cambia i muscoli attivati. Gli atti riflessi sono modificabili continuamente. Se si ha un danno del midollo spinale avremo: l interruzione delle vie discendenti omolaterali; blocco delle vie dolorifiche e termiche controlaterali, blocco delle vie tattili omolaterali, scomparsa del riflesso. Per compressione da tumore si può avere, ad esempio, una scomparsa, un ritardo o l attenuazione del riflesso. Noi dobbiamo immaginare una alterazione lungo tutto l arco riflesso. Ad esempio nelle ernie del disco, che comprimono le radici dorsali, si ha la scomparsa di alcuni riflessi spinali. Oppure si può avere lesione ai motoneuroni (quindi lesione della via efferente e non di quella afferente). Se si sa quale area corrisponde alla zona centrale si possono fare delle diagnosi. Quello che è sorprendente è che se la compressione è abbastanza estesa, sotto il livello di lesione compare uno stato di shock spinale: cioè l individuo per parecchio tempo non risponde agli stimoli. Quindi lesioni brusche che interessano il midollo spinale annullano perfino i riflessi che non utilizzano quella zona. Se si ha per esempio una lesione brusca a T12, i riflessi che si realizzano più in basso scompaiono: shock spinale. La ragione di questo fenomeno sembra essere più che altro legata all azione eccitatoria delle strutture: se si spengono i segnali discendenti le strutture sottostanti perdono di eccitabilità e quindi non sanno rispondere bene ai riflessi. Poi, nel giro di mesi, avviene il recupero graduale dallo shock spinale: prima interessa i riflessi profondi, poi i superficiali e addirittura può portare a una ipersensibilità. Infatti si riorganizzano le funzioni e il sistema nervoso diventa ipersensibile per cui spesso in questi soggetti si ha un eccesso di risposta. Quindi si ha danno, recupero e ipersensibilità come fenomeno ultimo. 12

15 RIFLESSI SPINALI Quando voi allungate un muscolo, considerando già da adesso il muscolo come contenente una molla corrispondente a una parte del fuso neuromuscolare, il recettore sensore/lunghezza genera degli impulsi a frequenza crescente in base alla lunghezza. Gli impulsi entrano nel SNC e prendono rapporti con motoneuroni omolaterali facendo contrarre il muscolo. Se osservate attentamente, la fibra afferente va ad attivare un interneurone che inibisce il muscolo antagonista. Per fare un esempio, ogni volta che contraggo il bicipite viene inibito il suo antagonista e ciò prende il nome di riflesso da stiramento o riflesso miotatico e può essere tonico o fasico, in base allo stimolo. Questo arco riflesso è alla base della nostra postura, dove per postura si intende la posizione che si oppone alla forza di gravità. La gravità infatti va a stirare i muscoli e la risposta di contrazione è automatica. È alla base inoltre della risposta da turbamenti esogeni quali per esempio una spinta che tende a farmi cadere: a questa io rispondo in maniera automatica. Questo è l arco riflesso più semplice che voi possiate immaginare. Ora entriamo nel cuore dell argomento andando ad analizzare i riflessi innati che il nostro sistema ha ma che sono comunque modulabili. Sono riflessi semplici che si realizzano anche senza tronco dell encefalo, anche senza corteccia. Si distinguono in riflessi profondi e in riflessi superficiali. RIFLESSI PROFONDI I riflessi profondi sono anche propriocettivi. Profondi perché nascono dal profondo. Propriocettivi perché originano dai propriocettori, ovvero sensori di lunghezza o di forza che stanno all interno del muscolo. Sono nel midollo spinale e servono a una funzione molto importante: la postura, che ci permette di vivere. Se non avessimo risposte posturali non avremmo nessuna possibilità di relazionarci con gli altri. Normalmente questo arco riflesso è monosinaptico o paucisinaptico (più comune) con l intermezzo di un interneurone. Tutti questi aggettivi ci dicono un po come è questo riflesso, riflesso 13

16 che abbiamo detto essere presente anche a livello animale per mantenere la posizione, la postura. In realtà la postura fa parte di un discorso più complesso che analizzeremo la prossima lezione, oggi ci limitiamo a dire che il riflesso profondo è alla base della postura. Nel disegno che avete a fianco si vede come la forza di gravità vada a stirare un muscolo: vedete infatti il quadricipite che si allunga proprio per la piega del ginocchio, il muscolo si allunga fibra afferente midollo spinale sinapsi fibra efferente contrazione muscolare che si oppone alla gravità. Il medico usa attivare questo arco riflesso con il martelletto andando a flettere il tendine; se infatti colpite con il martelletto un tendine, il tendine si introflette e il muscolo si allunga. In questo modo si vede la presenza dell arco riflesso che causa una contrazione di quel muscolo. La stimolazione dovrà essere brusca, la risposta rimarrà locale e la latenza è brevissima, perché? Per il tempo degli impulsi, ragioniamoci un attimo: voi battete qui, la patella si abbassa, il muscolo si allunga. le fibre afferenti che sono in questa parte del corpo, le più veloci (120 m/s), arrivano al midollo spinale in 0.1 massimo 0.8 ms e la risposta contrattile sarà nell ordine di 40 ms (anche i motoneuroni sono infatti molto veloci, raggiungendo 90 m/s). La latenza è fissa, la risposta è stereotipata. Se lo vedete scomparire? Dovete immaginare una lesione o delle vie afferenti, o un ernia del disco o un tumore al midollo spinale o un motoneurone leso. Occorre però considerare che il riflesso può anche cambiare, questo accade per esempio quando alla stimolazione con il martelletto seguono risposte di contrazione enormi, esagerate; ciò, come è scritto sulla slide, avviene quando a livello del sistema nervoso centrale c è una lesione del sistema extrapiramidale. Andando sul clinico normalmente in seguito a lesioni ischemiche nell anziano si ha un danno sia del piramidale che dell extrapiramidale Il medico questo lo vede dall esame del martelletto e sapete perché fa bene le diagnosi? Perché confronta con un altro e un altro ancora. Dico questo perché se io prendo tutti voi e percuoto il tendine vedo una varietà enorme: c è chi non contrae affatto e chi contrae in maniera evidente anche a seconda dell eccitazione nervosa; il riflesso è infatti molto condizionato. Pettorossi fa un esempio con uno studente: fa accavallare le gambe allo studente e percuote con il dito il tendine, il ragazzo ha un riflesso normale. A questo punto, vista la normalità del riflesso chiede al ragazzo di contrarre le braccia tirando una mano da un verso e l altra dal verso opposto in modo tale da aumentare l eccitazione neuronale. Il riflesso che segue allo sforzo degli arti superiori è notevolmente aumentato. Cosa è successo? È successo che il riflesso profondo da stimolazione del tendine a livello del ginocchio è stato facilitato dalla contrazione degli arti superiori. È successo dal punto di vista cellulare che fibre discendenti hanno aumentato la sensibilità dei fusi neuromuscolari, dei sensori di lunghezza. Questo è un caso di influenza da parte del sistema nervoso della sensibilità del recettore. Quindi la funzione determinante dei riflessi profondi è la postura: l insieme delle posizioni degli arti, del tono muscolare, che consente una posizione del corpo nello spazio. Questa finalità deve essere già localizzata nel midollo spinale. Un tempo si diceva che i riflessi profondi sono riflessi che generano sempre estensione degli arti, ma ciò non è vero: nei quadrupedi se si attivano i muscoli estensori si sta in piedi, ma nei bipedi non si sta in piedi per l estensione dei quattro arti. 14

17 I bipedi stanno in piedi per l estensione degli arti inferiori, i cui muscoli lavorano contro la gravità. Nell uomo l arto superiore normalmente viene tenuto lievemente flesso, e la gravità tende a portare in basso il braccio, a stirarlo allungando il muscolo bicipite. La risposta contro gravità è l azione di un flessore, del bicipite. Quindi i muscoli antigravitari nell uomo sono per l arto inferiore il quadricipite (estensore) e per l arto superiore il bicipite (flessore). Nell uomo i riflessi profondi non si possono quindi chiamare riflessi estensori perché in realtà sono estensori per l arto inferiore e flessori per l arto superiore. Il riflesso profondo origina per due ragioni fondamentali: un allungamento muscolare brusco e un allungamento muscolare continuo. L allungamento muscolare brusco può essere, per esempio, una spinta: qualcuno che porta in basso l arto superiore e ottiene una risposta di contrazione. Uno stimolo continuo è invece la forza di gravità che tende a allungare i muscoli antigravitari: se io lasciassi agire su di me la gravità scenderei lievemente verso il basso flettendo l arto inferiore. Quindi la gravità allunga tutti i muscoli antigravitari, e la risposta riflessa è contro questo stimolo. La risposta inoltre non avviene in modo brusco, ma in modo continuo. Ci sono due archi riflessi diversi: uno per l allungamento muscolare brusco e uno per quello continuo. In figura si vede quello continuo: per gravità l uomo viene tirato verso il basso, l estensore degli arti superiori viene allungato, si ha un arco riflesso e il riflesso spinale fa contrarre il muscolo. Questo è il riflesso profondo che noi abbiamo in quasi tutti i muscoli. In particolare per i muscoli antigravitari si ha questo riflesso profondo spinale. Alterazioni del midollo spinale generano danni a questo arco riflesso. È quindi chiaro che se il midollo spinale viene leso il riflesso scompare. È molto interessante vedere questi difetti soprattutto per il fatto che l arco riflesso è sotto un controllo centrale: le vie extrapiramidali normalmente lo inibiscono. Tutti noi siamo sotto una azione inibitoria delle vie extrapiramidali. A livello dei neuroni che stanno tra la via afferente e efferente il riflesso viene inibito (normalmente). Se si ha una emorragia grave nella capsula interna extrapiramidale, il riflesso diventa molto più ampio. Il medico deve essere capace di vedere la diversità dei riflessi. Io posso vedere come ha risposto la gamba di destra e come ha risposto la gamba di sinistra allo stimolo generato dal martelletto, e se vedo una estensione maggiore della gamba di destra vuol dire che ho un danno alla corteccia per lesione extrapiramidale. 15

18 Nascono per attivazione di recettori di superficie, soprattutto tattili e dolorifici. È esterocettivo perché viene dall esterno. Il più delle volte sono evocati da stimoli nocicettivi e non sono localizzati: se avete la stimolazione esterna di una zona potreste avere la contrazione di muscoli anche molto distanti, si diffonde in altre aree. La cosa importante è che sono polisinaptici, c è infatti uno schema sulla slide che fa vedere la catena di interneuroni tra il neurone in ingresso e quello in uscita. Proprio per questo motivo i riflessi esterocettivi devono essere evocati in un altro modo. Il medico per evocare questi tira fuori la punta del martelletto e la striscia lungo la cute. Chi mi sa dire perché striscia, chi mi sa dire come si collega la rete polisinaptica con l evocazione a striscio del riflesso? Perché il riflesso polisinaptico ha bisogno di più recettori e più tempo? Perché si sente la somma. Sapete infatti dal corso della professoressa Grassi che esistono sommazioni spaziali e temporali, più impulsi arrivano più riesco a sommare. Che altro leggiamo? Leggiamo che le risposte sono sempre in flessione. Prima di analizzare questo punto concedetemi un discorso: tutte le risposte a riflessi profondi, in animali quadrupedi sono riflessi estensori perché sono i muscoli estensori che si oppongono alla gravità. Immaginate un quadrupede che sta in piedi perché i muscoli estensori lo tengono in piedi. Quando gli studiosi videro per la prima volta su animali i riflessi profondi li chiamarono riflessi estensori. Negli umani quali sono i muscoli dell arto inferiore che si oppongono alla gravità? Sono gli estensori. Nel braccio? È l opposto, qui sono i flessori a contrastare la gravità e a questo proposito faccio anche un esempio: chi di voi sa la posizione di chi ha subito un ictus cerebrale in cui viene esaltato il riflesso profondo? Come tiene le mani chi ha avuto un ictus o una paralisi lombare? Le tiene in flessione, il paziente va in estensione con l arto inferiore e con gli arti superiori come ho già detto va in flessione. Quindi per l uomo i muscoli anti-gravità sono sia estensori che flessori. Qui però nei riflessi superficiali cosa abbiamo? Abbiamo flessione e non c è bisogno di impararlo a memoria, che cosa consente la flessione? Consente l allontanamento dallo stimolo. Le risposte in questo caso sono fortemente variabili, ciò è dato dall enorme numero di sinapsi. La variabilità si può vedere anche nei pazienti lesi, soprattutto in essi perché agli stimoli reagiscono anche piegando tutto il corpo. 16

19 Infine osserviamo uno dei segni più importanti di tutta la neurologia: il segno del Babinski. Vi do ora una regola un po generale. Quando si ha una lesione del piramidale i vostri riflessi flessori scompaiono, i riflessi profondi a motivo di una lesione dell extrapiramidale si esaltano, questo significa che l extrapiramidale li inibisce. I riflessi superficiali a motivo di una lesione del piramidale scompaiono, ciò significa che il fascio piramidale facilita questi riflessi. I nostri fasci piramidali facilitano la flessione, il nostro extrapiramidale invece inibisce l estensione. I riflessi ci permettono di fare una diagnosi precisa di lesione piramidale. Perché? Perché in chi ha una lesione piramidale il riflesso superficiale scompare. Come mai? Perché il fascio piramidale normalmente attraversa alcune strutture e facilita i muscoli flessori e gli archi riflessi. Se quindi ho una lesione piramidale il riflesso non compare, viene perso. Non avendo più flessione per lesione del piramidale, se voi strisciate la cute sotto ai piedi il momento tipico della flessione non avviene; ma c è di più, c è una estensione dorsale dell alluce. Questo è il segno del Babinski e se lo vedete siete sicuri che sia una lesione del piramidale. Qualche fisiologo ha messo in evidenza che per esempio nel sonno profondo o in situazione di profonda depressione del sistema nervoso, forse il Babinski può avvenire. Questo serve a superare un decimo del vostro esame di fisiologia. Non chiudo questa diapositiva se non vi parlo di questa figura qua a destra perché qui troviamo un riflesso superficiale esterocettivo che non serve alla protezione ma che è parte di un circuito importante per il cammino. Che succede se infatti stimoliamo per pressione il piede? Le fibre che partono da esterocettori che percepiscono la pressione vanno al midollo stimolando la flessione dell arto e come potete vedere nel midollo spinale c è l estensione dell altro arto, questo si chiama riflesso estensore crociato. In pratica questo riflesso a livello spinale mi consente di stare in piedi se io fletto l arto volontariamente perché estende l altro. È quindi alla base di un atto motorio volontario, è lo schema di partenza se vogliamo. Anche fibre tattili possono evocare questi riflessi. La finalità di ciò è la difesa perché tutti questi riflessi generano flessione. Se io voglio difendere un corpo da un evento estraneo che potrebbe danneggiarlo, la cosa migliore da fare è flettermi. Sono quindi tutti riflessi flessori. Questi riflessi sono risposte molto variabili: in alcuni soggetti possono essere molto evidenti, in altri un po meno. Ci sono quindi due grandi famiglie di riflessi che vengono modificate dalle fibre discendenti. Analizziamo i riflessi spinali: abbiamo a livello spinale delle reti che mi permettono di assumere una posizione nello spazio e di difendermi da stimoli esterni. La presenza di questi riflessi è essenziale. I riflessi non ci sono solo per questi aspetti, ma sono elementi semplici per funzioni più complesse: se noi stimoliamo la pianta dei piedi vediamo la flessione dell alluce, ma attraverso un circuito un pochino più complesso c è immediatamente la contrazione, l estensione controlaterale. Nel riflesso molto ampio c è una flessione da un lato e contemporaneamente l estensione dal lato opposto. Questo meccanismo serve per restare in piedi. Questo riflesso estensore crociato viene evocato: uno stimolo tattile, o propriocettivo, dell arto di un lato genera l estensione controlaterale. Questo non serve solo per difendersi, ma anche per un arco motorio complesso (camminare). Il sistema nervoso mette quindi insieme riflessi semplici per generare risposte più complesse come il movimento o l atto del camminare. Nel corso dell attività motoria il sistema nervoso attiva molti riflessi che normalmente non avvengono perché inibiti. 17

20 PRECISAZIONE SULL ARCO RIFLESSO MIOTATICO Andiamo ora ad analizzare un pochino meglio l arco riflesso miotatico. Per analizzarlo bene analizziamo bene questa figura: abbiamo un muscolo e induciamo in questo muscolo un allungamento, che viene indicato da questa linea nera che si innalza. Il muscolo ora si allunga e abbiamo la quasi contemporanea attivazione delle fibre afferenti del fuso, le fibre propriocettive a largo diametro, quelle che conducono a 120 m/s, e immediatamente portano il segnale. Cosa vuole dire però questa linea celeste? Vuole dire che la frequenza di scarica di base nel momento dello stiramento incrementa notevolmente, in modo quasi parallelo allo stimolo, poi se il muscolo continua a essere allungato continua a scaricare, immaginatelo bene. Ora c è l arco riflesso che porta ai motoneuroni attivati. Sappiamo qui che c è un tempo necessario ad andare all interno del midollo spinale (20-30 ms) e contattare il motoneurone (TEM), la latenza. Il muscolo poi si accorcia più tardi, perché il motoneurone manda immediatamente il segnale ma il muscolo ha bisogno di tempo per accoppiare l eccitamento alla contrazione ed è proprio qui che si perdono diversi ms, qui c è il ritardo maggiore. Questo è ciò che succede quando voi allungate un muscolo. FUSO NEUROMUSCOLARE Siamo di fronte a un puro schema perché in realtà è una struttura molto più complessa. Dall anatomia sapete cosa c è all interno dei fusi, cosa? Una muscolatura che può contrarsi Fibre nervose afferenti rappresentate nella figura in blu e in rosso, che si avvolgono intorno alle fibre muscolari. Qui troviamo fibre afferenti primarie (IA) e in rosso le fibre afferenti secondarie (IIA). γ-motoneuroni che sono fibre motorie piccole, molto più piccole degli α-motoneuroni, che vanno ad innervare fibre muscolari intrafusali. Queste strutture hanno dimensioni che possono comprendere l intero muscolo ed hanno anche morfologia che varia come il numero stesso tra i muscoli del collo e i muscoli della gamba. Sono in realtà quasi ovunque: li troviamo per esempio anche nei muscoli anti-gravitari della masticazione, alcuni anche nel sistema respiratorio, nel diaframma, insomma localizzati per rispondere alle diverse esigenze. 18

21 Quindi c è un sistema di fibre nervose a spirale che si avvolgono per monitorare l allungamento. Quando il muscolo si allunga la spirale si deforma ma occorre fare una distinzione tra fibre primarie blu e secondarie rosse. Questa distinzione si fa per avere una diversa sensibilità dinamica. Cosa voglio dire? Voglio dire che quando allungate un muscolo potete avere un segnale che misura l allungamento, con frequenza di scarica proporzionale all allungamento e se fosse solo proporzionale a questo la scarica sarebbe tonica, e risente in maniera fedele del valore assoluto della lunghezza muscolare. In realtà non c è solo questo: il sistema nervoso ha bisogno di sapere la velocità di allungamento, devo quindi avere fibre dinamiche e non statiche. Le fibre blu sono fibre dinamiche, quelle rosse sono fibre statiche. Ho quindi una sensibilità di lunghezza e di velocità di allungamento. Vedremo poi in un altra lezione in dettaglio tutto questo e la muscolatura γ. Mi piace ora farvi vedere come le fibre afferenti partecipino a 2 archi riflessi diversi: le fibre rosse, che originano un riflesso miotatico tonico dato dalla gravità, quelle blu invece sentono, come le rosse, la gravità ma sentono anche le perturbazioni rapide e fanno parte del riflesso miotatico fasico. Tutte e 2 fanno comunque parte del riflesso da stiramento. Guardate bene quante cose sono diverse, seguiamo l immagine: le rosse sono fibre più piccole attivano [con gli interneuroni?], in un tempo più prolungato, motoneuroni slow. Questa via entra all interno e va a contattare normalmente motoneuroni più piccoli, a soglia più bassa che vengono attivati continuamente e l azione si mantiene nel tempo. Contattano unità motorie slow, le più piccole, le più eccitabili basta un modesto segnale di ingresso e questi continuano a scaricare le blu sono più grandi, entrano e direttamente contattano α-motoneuroni alimentando una risposta molto ampia; Il segnale viaggia lungo fibre molto rapide che entrano all interno del midollo spinale e queste fibre contattano monosinapticamente il motoneurone, sono normalmente motoneuroni un po più grandi, quindi a soglia più alta, motoneuroni fasici, che vanno a far contrarre le fibre extrafusali (fuori dal fuso) e il muscolo si accorcia. Questo riflesso è un riflesso rapido, nasce per attivazione di fibre rapide, dinamiche, primarie, è dunque il riflesso miotatico fasico che si configura con particolari fibre, quindi particolari motoneuroni, particolari fibre afferenti molto dinamiche e nasce dalla porzione equatoriale del fuso e non è un caso che nascano qui. Da ciò è deducibile che dalle diverse capacità recettoriali discendono le diverse caratteristiche dell unità motoria. In questo modo potete avere risposte rapide e lente che si adattano ai diversi stimoli. Volendo ampliare il discorso, quell interneurone della via tonica serve a prolungare il tempo. Un muscolo può essere sottoposto ad una continua azione di distensione, oppure un azione improvvisamente di disturbo che entra dentro e cambia la sua lunghezza normale Vedremo meglio come la contrazione γ aumenta la sensibilità del fuso, la può aumentare in lunghezza o in velocità andando a modificare un segnale che viene dall esterno. In generale l attività γ aumenta la sensibilità: non scordate la manovra che ho fatto al vostro collega. Dato che i futuri medici del nostro anno e dello scorso non sono in grado di sbobinare 45 minuti, mi sono sentita in obbligo di aprire il Kandel e di leggere lì la struttura del fuso neuromuscolare. Ciò che segue è tratto dal Kandel. 19

22 I fusi neuromuscolari sono dei piccoli recettori sensitivi provvisti di capsula e disposti parallelamente rispetto alle fibre del muscolo, motivo per cui quando il muscolo viene stirato, viene modificata anche la lunghezza delle fibre muscolari intrafusali (si muove passivamente in parallelo) ed in ultima analisi aumenta l attività delle terminazioni sensitive all interno del fuso. La loro funzione principale è quella di segnalare le variazioni di lunghezza dei muscoli all interno dei quali si trovano. Si distinguono due tipi di fibre muscolari intrafusali: fibre a sacco nucleare distinte ulteriormente in: 1. BAG1 (dinamiche) sono normalmente più rigide e i ponti sono più solidi: actina e miosina non si lasciano facilmente distendere. Quindi hanno una componente periferica rigida e una componente centrale molto elastica. 2. BAG2 (statiche) hanno legami un pochino meno stabili che possono sganciarsi se distesi eccessivamente, i nuclei sono al centro e sono fondamentalmente elastiche. Quindi hanno una componente periferica meno rigida e una componente centrale elastica. fibre a catena nucleare simili strutturalmente alle BAG2 ma hanno nuclei più distribuiti a catena nucleare e la componente elastica, quella al centro, è un pochino meno elastica e distendibile. Quindi hanno una componente periferica meno rigida e una componente centrale abbastanza elastica. Inoltre, una fibra sensitiva IA (di diametro di 20 micron, la più veloce, mielinica) prende contatto con la regione equatoriale di tutte le fibre intrafusali, formando delle terminazioni anulospirali. Le fibre primarie saranno molto dinamiche cioè capaci di sentire di allungamenti e in particolare la velocità dell allungamento, in particolar modo le fibre che nascono da sacco nucleare non sono solo sensibili all allungamento in sé ma alla velocità con cui è stato eseguito l allungamento Il gruppo delle primarie fa 120 m/s quindi sono le più sensibili e le più veloci. La fibra sensitiva II (con diametro più piccolo) prende contatto con la zona prossima all equatore delle fibre a catena di nuclei e delle fibre a sacco di nuclei statiche, formando delle terminazioni a fiorame. Sono in grado di rilevare la posizione ma non le rapide variazioni. Esistono anche stimoli che durano nel tempo e non variano rapidamente, ad esempio la gravità agisce per allungare il muscolo in maniera continua. le secondarie siamo intorno agli m/s e riportano i segnali di posizione. L innervazione efferente dei fusi è data dai motoneuroni γ i quali terminano a livello delle regioni polari contrattili delle fibre intrafusali. Sono suddivisibili in: 1. motoneuroni γ dinamici che innervano le fibre a sacco di nucleo dinamiche 2. motoneuroni γ statici che innervano le fibre a sacco di nuclei statiche e le fibre a catena di nuclei. L attivazione di tali motoneuroni provoca l accorciamento delle regioni polari ove è presente la parte muscolare delle fibre intrafusali che a loro volta stirano la regione centrale con strutture elastiche 20

23 più distensibili da entrambe le estremità e di conseguenza provocano un aumento della frequenza di scarica delle terminazioni sensitive. Quindi i motoneuroni regolano la sensibilità dei fusi neuromuscolari. Se si allunga rapidamente il fuso la componente sensitiva che si attiva sarà quella primaria in quanto è più elastica a livello equatoriale e le componenti periferiche sono più rigide. Quindi è la parte centrale della BAG1 che sarà estremamente distesa. Poi evidentemente dopo questo primo momento si riequilibra il tutto. La distensione tornerà ad estendere la componente muscolare, cedono un po lentamente i ponti di actina e miosina e il tutto si riassesta. Quindi si ha un incremento velocissimo e un decremento più lento. Più veloce è il movimento più sarà stata forte la scarica iniziale. Conclusione: le fibre che nascono dalle BAG1 sono dinamiche e sentono la velocità, sentono anche la posizione ma danno soprattutto un segnale di velocità. Se sono molto rigide e si allunga il fuso, tanto è più rigida la porzione periferica, tanto più si allungherà la porzione centrale, perché non si riesce a muovere. Le fibre BAG2 e a catena nucleare sono meno capaci di distendersi quindi quando si stirano le due componenti in rosso (ovvero quelle secondarie) la parte centrale si stende un po di meno. Poi cede perché il muscolo tende a cedere più facilmente. Anche se si allunga molto rapidamente il muscolo in queste fibre la parte centrale tende ad allungarsi poco. Poi si aggiusta subito la frequenza. Si hanno dunque due componenti laterali rigide e una componente centrale elastica. Il rapporto tra la componente centrale elastica e la componente periferica determina la capacità di rispondere agli impulsi del muscolo. Tanto maggiore è l elasticità centrale e minore l elasticità periferica tanto maggiore sarà la distensione centrale. Quindi tanto maggiore sarà la capacità di sentire l allungamento e quindi la velocità dell allungamento e quindi la dinamicità dell evento. Un muscolo che si allunga rapidamente sarà quello con le fibre BAG1. Le fibre sensitive IA si avvolgono a spirale anche alle BAG1 e alle fibre a catena nucleare. E quindi non si registra solo la velocità ma portano anche un segnale di posizione. Quindi danno un forte contributo. E invece le fibre secondarie non sono al centro, sono poste più all equatore quindi serve soltanto la componente più rigida, la parte muscolare e dunque molto meno sensibili agli eventi dinamici e più al reale spostamento, alla posizione del muscolo. Ecco perché esistono 2 tipi di fibre afferenti. Questo flusso sarà condizionato anche dal numero di recettori e dal tipo di fuso. Per esempio per un movimento della mano ci saranno fusi BAG1 ovviamente perché si deve sentire la dinamicità dell evento. Per i fusi che stanno nel collo che devono sostenere sempre e sentire la posizione continua della gravità e quindi ci saranno più fibre BAG2. Quindi si ha una organizzazione delle fibre muscolari diversa a seconda del ruolo che i fusi hanno nel controllo motorio e nella percezione. Non esistono solo i fusi correlati con i riflessi ma anche quelli che registrano segnali che devono ricostruire il senso di posizione e che si occupano quindi della percezione dello spazio. Quanto è lungo il fuso? Nel caso specifico dei muscoli della mano, di lunghezza modesta, il fuso copre tutta la lunghezza muscolare, sente perfettamente tutta la lunghezza del muscolo, quindi sono molto precisi questi fusi. Nel caso del quadricipite ad esempio, i fusi più di certi centimetri non possono essere lunghi, quindi analizzano solo un settore muscolare e i fisiologi si chiedono: come fa un sensore di lunghezza settoriale, che conosce solo una parte, a dare un idea completa del tutto? Ovviamente ci sono altri fusi, posti in un altra maniera e le fibre primarie nascono sia da un certo tipo di fibre, quindi sentono la lunghezza, ma anche la velocità. I fusi sono molto complessi, esistono raddoppiati per esempio. 21

24 Le fibre efferenti, i famosi γ-motoneuroni, sono i meno veloci (60 m/s). Sono fibre più piccole, sempre mieliniche ma che vanno all interno del fuso; per essere precisi vorrei dire che ci sono gli Α motoneuroni che innervano le fibre extrafusali che sono solo fuori dal fuso e sono per l azione motoria volontaria e i riflessi. Le fibre γ servono per contrarre un sistema sensoriale dentro al fuso. Esistono anche i beta motoneuroni che innervano gli α motoneuroni e, dando origine a delle diramazioni, innervano anche i γ-motoneuroni. Allora il fuso si caratterizza dal fatto che ha una muscolatura interna il che significa che il fuso modifica la sua responsività. con fibre motrici si modifica la rigidità. Se io attivo la muscolatura la componente muscolare si irrigidisce e si contrae, diventa più rigida. Incrementa quella che viene chiamata la stiffness del fuso all interno del muscolo. Se si irrigidisce la componente BAG1, la sensibilità all allungamento e alla sua rapidità sarà maggiore o minore? Se si irrigidisce la componente laterale della BAG1 la risposta blu sarà maggiore o minore? Evidentemente maggiore! Dunque significa che con il sistema nervoso si può saltare se è necessario la sensibilità dinamica. Ecco che voi leggete qui nella figura (che vi prego di ricordare) dinamic γ. Quelli che vanno a innervare quella muscolatura esalteranno le risposte dinamiche dei fusi. Ma trovate anche che in alcune circostanze, ed è importante, che le fibre γ vanno negli altri due gruppi di fibre: BAG2 e fibre a catena nucleare. Che cosa esalteranno? La contrazione di questi tipi di fibre muscolari sotto controllo γ statico se si contraggono le porzioni periferiche viene esaltata la sensibilità statica. Per esempio se io dovessi tornare al solito muscolo del collo che mi fa tenere la testa dritta, cosa dovrei esaltare? La sensibilità dinamica o quella statica? La statica! Dà la postura questo! Quindi esiste questa possibilità di modulare l informazione. Apro una piccola parentesi: dicevo ieri che il sistema motorio e il sistema nervoso centrale cambia a monte la sensibilità. Ma molti sistemi sensoriali, questo è il più tipico, hanno una loro capacità di estrarre segnali dall esterno in modo diverso a seconda del nostro stato di azione. Nella figura si può osservare l attività di scarica, l impulso nervoso che si sta registrando. Questa linea indica un allungamento del muscolo, ci sono alcune fibre fusali che emettono uno stimolo e mantengono una scarica elevata, saranno le fibre secondarie. Queste fibre quindi hanno una elevata sensibilità statica. La scarica incrementa e poi si mantiene nel tempo. La linea sotto è invece la tipica fibra primaria. Incrementa la scarica durante la fase dinamica dell allungamento, la velocità, si accresce e rimane fermo e allungato il muscolo. Nel seguente esperimento è stata eliminata l attività γ tagliando le radici ventrali. Quindi se si tagliano le radici ventrali non c è la sensibilità γ. Se si allunga il muscolo senza fibra γ ecco come cambia la frequenza. Non si ha più perdita di sensibilità. l affinità γ può aumentare la sensibilità agli allungamenti e alla sua velocità. Se il sistema nervoso vuole avere una grossa informazione dalla periferia deve attivare i motoneuroni γ. E questo lo fa sistematicamente. 22

25 Dove non c è attività γ, il muscolo viene allungato abbastanza e anche la componente centrale. Quindi la frequenza di scarica passerà da 5m/s a 20m/s. Se si fa la stessa identica cosa cioè si allunga il muscolo nello stesso modo ma si attivano i motoneuroni γ, che succede? L attivazione dei motoneuroni γ induce le molle periferiche e già in condizioni di partenza cioè senza allungamento la molla centrale rossa è più lunga. Quindi esiste già un iniziale allungamento ma se poi si allunga sempre tenendo contratta la componente muscolare, che succeda alla parte centrale? Si allunga ovviamente. E la scarica da 10 impulsi al secondo passa a 50 impulsi al secondo. Un fuso arriva anche a 400 impulsi per secondo. Frequenze molto molto elevate. Quindi il concetto finale: cosa fa la fibra γ? Aumenta la sensibilità. Questo è un primo aspetto che interessa la postura. Quindi anche la sensibilità statica aumenta per presenza dei γ motoneuroni e non solo sulle fibre primarie. Confrontando con le fibre secondarie, c è un deciso aumento di frequenza, abbastanza uniforme, nelle fibre secondarie sostanzialmente incrementa la sensazione della lunghezza muscolare; quindi il sistema nervoso con la sua attiva γ può modificare la sensibilità del fuso, ha anche la capacità di selezionare, perché ha dei γ motoneuroni chiamati dinamici, che vanno ad innervare sostanzialmente le fibre a sacco nucleare 1, molto dinamiche, e irrigidendo molto, incrementa decisamente la sensibilità alla velocità. Il sistema nervoso può scegliere di aumentare la sensibilità all evento dinamico o eventualmente al fenomeno tonico, ci sono anche i γ motoneuroni tonici che vanno ad innervare molto le fibre a catena nucleare o quelle a BAG2. Il SNC può cambiare notevolmente la sensibilità dei fusi e tutta la postura viene giocata su questa capacità del SNC di modulare la sensibilità fusale; se aumento la sensibilità del fuso, aumento la risposta riflessa, all incrementare della sensibilità del fuso all allungamento abbiamo un incremento del riflesso miotatico fasico e/o tonico: risposte diverse in funzione di ciò che il SNC intende rilevare. Nel movimento volontario evidentemente l azione è tale per cui il muscolo deve contrarsi e il riflesso si oppone. Il riflesso non si deve mantenere nel tempo altrimenti la contrazione non ha fasi. Se il fuso cambierà natura, come dico io, forzando, nei libri di testo non trovate questa frase, da sensore di lunghezza diventa un sensore di errore. Il muscolo si allunga e si accorcia. Ma un fuso si può allungare e accorciare passivamente, ma si può anche accorciare e allungare attivamente, in questa figura è dimostrato ciò che succede durante una contrazione muscolare. Primo schema: la solita molla indica l allungamento del muscolo e la frequenza di fase del muscolo. Si fa contrarre il muscolo attivando gli Α moto-neuroni e il muscolo si contrae. E quindi 23

26 s accorcia, e quindi la molla si avvicina. Allora che farà la scarica? Si annulla. Si chiama in termini tecnici Matthew effect (o effetto San Matteo). Il ricercatore inglese che ha visto per primo come avveniva il movimento della fibra muscolare. Quindi nella figura B in base a quanto detto precedentemente, che ogni contrazione muscolare è uguale all accorciamento e alla diminuzione della scarica. Cosa succede quando uno vuole cambiare la lunghezza, ha intenzione di modificare e se avesse il fuso in piena azione, il fuso facilita il nostro movimento attivo o lo inibisce? lo inibisce, perché se io voglio allungare il bicipite ad esempio, i miei fusi sentono la lunghezza, poi c è l arco riflesso; i riflessi che vogliono mantenere costante la lunghezza, il riflesso miotatico, sia tonico che fasico, si oppongono ai movimenti volontari, tendono ad opporsi. Cosa faremmo per compiere un movimento? abbiamo diverse possibilità: 1. il fascio motorio corticale che scende giù ai motoneuroni, potrebbe andare ad inibire presinapticamente le fibre propriocettive; 2. le fibre del SNC motorie, le fibre γ, vanno ad attivare contemporaneamente i fusi mentre viene eseguito il movimento; ad esempio quando contraggo il tricipite, il mio bicipite viene allungato, i fusi dentro al bicipite sentono la lunghezza e vorrebbero opporsi, ma se io contemporaneamente a questo creo un cambiamento di attività del fuso agendo con i γ motoneuroni provoco una diversa sensibilità. Se vogliamo che siano meno sensibili all allungamento, attivo di meno i motoneuroni γ e il fuso diventa meno sensibile e se pensiamo ad un accorciamento, attivo di più i motoneuroni γ; nei movimenti volontari, può aversi, non è sempre così, la coattivazione α/γ. La coattivazione α/γ si realizza spessissimo quando si devono compiere movimenti di una certa entità; nella figura vedo il muscolo, il fuso, che schematizziamo con una molla e la frequenza di scarica delle fibre afferenti fusali che scaricano normalmente e questa è la condizione di base per un muscolo posto in questo modo. Immaginiamo il SNC comandare un attivazione α motrice, gli impulsi stanno viaggiando in ogni nervo e fanno contrarre il muscolo che si accorcia e si accorcia anche il fuso che scarica di meno; se io accorcio, il fuso non risponde, infatti se guardiamo durante l accorciamento qui non c è la scarica. La frequenza di scarica di un fuso aumenta quando io allungo e si riduce quando accorcio, perché è sensibile alla lunghezza e se riduco la lunghezza scarico di meno, mando meno impulsi. Questo è quello che succede se non c è qualcosa di altro; se io attivo soltanto gli α motoneuroni il mio fuso cessa di scaricare. Se facciamo la coattivazione α/γ, il SNC attiva gli α motoneruoni ma anche i γ e da un lato il muscolo si accorcia ma succede che attivando i γ motoneuroni, la parte periferica del fuso tende a restringersi, accorciarsi e ad irrigidirsi molto, quindi il fuso diventa disteso all interno e non sente l accorciamento. La contrazione tenderebbe a far accorciare il fuso, l attivazione γ distende dall interno il fuso e lo allunga, quindi rimane di uguale lunghezza: 1 e 3 le due molle sono esattamente le stesse. Quando succede così, quando l attività α è insieme a quella γ, la frequenza di scarica non cambia per nulla quando uno esegue un movimento volontario e non si scatena nessun riflesso, quindi possiamo agire tranquillamente. 24

27 Ci fermiamo qui per quanto riguarda il movimento volontario, perché è molto più complesso, ma non bisogna dimenticare due aspetti essenziali: 1. la variazione dell attività γ: se aumenta l attività γ aumenta la sensibilità del fuso allo stiramento, aumentano i riflessi, se si riduce, si riducono; 2. gli α motoneruoni insieme con i γ, il fuso non è più sensibile all accorciamento intenzionale, voluto. Nella realtà, secondo i diversi tipi di movimento, abbiamo movimenti dove non c è coattivazione α-γ, perché non c è bisogno e il fuso può scatenare piccoli riflessi; altri movimenti in cui l attività α è uguale a quella γ, i fusi diventano del tutto insensibili all accorciamento e all allungamento; altri movimenti in cui, ad esempio la masticazione e la respirazione, l attività γ è maggiore dell attività α e si hanno risposte estremamente diverse. Di nuovo ricordiamo i due riflessi diversi, lo statico e il dinamico e normalmente questo arco riflesso non si è esaurisce solo con l attivazione dell agonista, ma c è anche, sempre, in quasi tutti i muscoli del corpo la inibizione dell antagonista; se per esempio questo è un flessore, questo è un estensore e se si vuole accorciare il flessore, si deve poter rilasciare l estensore, in modo che si possa allungare. Un riflesso evocato da un lato, rimane dallo stesso lato omolaterale, ma è eccitatorio per l agonista (cioè il muscolo che è stato stirato) e inibitorio per l antagonista attraverso questo circuito. Vedremo anche i potenziali postsinaptici che qui sono eccitatori e qui inibitori. Quindi vi è una sospensione di scarica. Cosa succede se vengono stimolati non solo gli α moto neuroni, ma si fanno contrarre anche le fibre dentro al fuso? Allora il muscolo certamente si accorcia, certamente la scarica del fuso deve diminuire ma, se si fanno contrarre anche le fibre dentro, che succede? Succede che la scarica si mantiene costante. Durante la contrazione la scarica si annulla. È come dire che il fuso non registra niente. Si chiama co-attivazione α-γ. Questa figura mostra che il fuso può, in certe condizioni, non essere più sensibile all allungamento. Adesso però questa figura non mostra un altro aspetto, cioè che non è più sensibile all allungamento perché la molla centrale è rimasta comunque stirata ma non è stata registrata sennò non ci sarebbe neanche il fuso. Questo sta a segnalare, lo approfondiremo successivamente, se la contestazione non è stata regolata. Se qualche cosa ha creato un errore nel contrarsi. Il sistema nervoso pensava che bastasse quella contrazione ma vi posso dire che quella scarica aumenterà o diminuirà cioè deve segnalare l errore ma lo spiegheremo meglio quando faremo il movimento volontario. Questo è un altro aspetto importante dell attività fusale. In risposta all allungamento nasce il classico riflesso. Diamo dei nomi: normalmente questi riflessi si chiamano riflessi da stiramento però siccome abbiamo visto che ci sono componenti un po diverse, più dinamiche (fibre BAG1) e poi le secondarie allora è bene che chiamiamo questo riflesso fasico e tonico che sono le due fibre. Il riflesso tonico è attivo soprattutto per opporsi a una forza distendente dei muscoli anti-gravitari. Per cui questi riflessi ne determinano la loro contrazione e l opporsi all allungamento antigravità. Insieme all attivazione c è l inibizione. Non considerate i riflessi solamente la risposta di qualcosa che c è o non c è. Quando uno analizza un riflesso, deve indicare alcune cose importanti: 25

28 il primo aspetto che si deve considerare è l entità della risposta, il guadagno della risposta, cioè se io ti ho disturbato il fuso si è allungato 10 cm ma tu hai fatto contrarre il 10 cm? Il guadagno può essere minore così come può essere maggiore o anche perfettamente uguale. Poi la seconda parte della relazione di fase: cioè il fuso si accorcia ma il muscolo si contrae in un tempo sufficientemente rapido o parte dopo? Capite che se il riflesso parte dopo non serve niente. Quindi ogni riflesso quando abbina la risposta a quella fase in relazione bisogna vedere se ha risposto correttamente o in ritardo. La risposta ritarda di 5-10 m/s, non sarà mai uguale al riflesso e qui parte un concetto di base della fisiologia. Badate bene che in realtà molte nostre risposte non sono riflessi. Perché il nostro sistema nervoso è capace di prevenire le risposte. E quindi se io voglio una risposta corretta nel tempo io devo in realtà anticiparla perché devo fare in modo che nello stesso momento in cui la vedo so come devo rispondere. Cioè lavoro non più in feedback ma in feedforward cioè anticipando. Anticipo e prevedo. I due sistemi sono tutti e 2 necessari quindi quando io ho fatto esperienza il mio cervello può prevenire ma l esperienza di per sé è necessaria affinché il mio cervello impari. Il cervelletto per esempio è proprio costruito in questo modo lavora in feedback ma è capace di trasferire in feedforward le risposte. Non esistono solo risposte in feedback, ma molto spesso le risposte posturali alle perturbazioni, sono in feedforward, cioè il sistema nervoso, se si realizzano delle condizioni di disturbo, ha già in testa il percorso di attivazione motoria per correggere l evento. In realtà se noi lavorassimo sempre in feedback risponderemo sempre in ritardo e tante nostre risposte anti-gravitarie in realtà non sono feedback ma sono cose che già conosciamo. Naturalmente se l ambiente cambia se quello che succede è del tutto imprevisto non possiamo prevedere le risposte. Detto questo capite bene che il riflesso in feedback ha comunque una sua importanza. Quindi del riflesso bisogna studiare la fase e il guadagno. Terzo elemento: l entità della risposta dei riflessi come deve essere? Comunque non tutte le risposte riflessi possono essere eccessive, cioè il sistema nervoso potrebbe in qualche maniera rispondere molto rapidamente perché il nostro fuso sente moltissimo l attività γ. Immaginate cosa succede a seguito di una risposta in eccesso: stiro i muscoli, risposta in eccesso, si contrae il muscolo. E allora cosa succede alla risposta in eccesso? Comincia a oscillare. Tutti i sistemi feedback troppo sensibili oscillano! Ve lo ripeto un attimo: se io ad un allungamento muscolare rispondo con una contrazione eccessiva il fuso non scarica niente. E allora che fa il muscolo? Si allunga! Se si allunga attiva il fuso molto intensamente e la risposta in eccesso lo contrae. Cosa osservate nel muscolo? Oscilla. Quindi quando si osservano queste risposte fusali deve vedere il guadagno, la fase, e valutare se è oscillante o no cioè se è un eccesso o no. Un ottimo riflesso non è eccessivo, non fa oscillare il sistema. Potete diminuire la sensibilità riducendo l attività γ, potete aumentare la sensibilità potenziando l attività γ. Che vantaggio avete nel far lavorare molto attività γ? E che svantaggio? Se c è poca attività γ all allungamento la risposta sarà lenta, e andrà a terminare lentamente la risposta finale. Se c è molta attività γ allora il sistema oscilla. Quindi il sistema nervoso quando sta lavorando nel fuso un attività γ deve regolarne l equilibrio. Se c è poca attività γ sarà tardiva la risposta, se invece c è tanta attività γ il nostro sistema oscilla. 26

29 Ecco allora i quadri patologici: voi vi rendete conto che se abbiamo una lesione centrale che va a danneggiare i motoneuroni γ esaltandoli abbiamo tremore! E questo vale anche se abbiamo fatto un esercizio troppo intenso. Quindi il riflesso mio-fasico ha un basso guadagno. Un secondo elemento importante che introduco qui è che comunque questo suo riflesso o stiramento, la nostra postura, il nostro atteggiamento sarebbe comunque insabbiato. Non potete pensare che soltanto questo arco riflesso spinale sia in grado di consentire la nostra posizione. Perché ogni arco riflesso conosce per sé solo la situazione della sua articolazione invece noi siamo un insieme di articolazioni. Se sposto il braccio, normalmente c è lo spostamento della mano sull avambraccio, dell avambraccio sul braccio e del braccio sulla spalla, è un insieme di articolazioni che fanno variare diversi muscoli, quindi la risposta riflessa non può essere settoriale. E non è dissociato! Perfino un atteggiamento posturale della mandibola altera il tono muscolare degli altri muscoli. Dei muscoli anti-gravitari del dorso! Questo per esempio causa dolore a livello cervicale per un eccessiva contrattura dei muscoli del dorso. Un gioco raffinato, è un gioco tra articolazioni. Per cui capite bene che il discorso spinale che vi ho fatto è che voglio sentire all esame, è parte di un sistema molto più complesso che deve relazionarsi con tanti altri meccanismi. Per esempio tutto quello che ho detto conosce poco della gravità. La mia posizione assoluta nello spazio come sta? È evidente che il riflesso miotatico vada modulato continuamente durante il movimento volontario. La complessità chiede che a definire le risposte riflesse sia non tanto il midollo spinale, che è un po povero di informazioni, ma i centri superiori. In secondo luogo non c è solo l attività γ in azione, ma c è anche un controllo inibitorio che può rendere maggiore o minore il riflesso. In certe condizioni il riflesso da stiramento deve anche essere annullato, altrimenti si cade, questo è un riflesso innato che viene enormemente controllato attraverso inibizioni presinaptiche: ci sono delle condizioni (es. postura) in cui il riflesso deve essere ridotto al minimo, se non fatto scomparire completamente. è bene che non sia un grande guadagno, altrimenti la risposta è troppo ampia e non riesco a frenarla se ho bisogni di ridurre. Altra cosa: è evidente che il riflesso miotatico va modulato continuamente. Quando? Quando facciamo un movimento volontario. Va modulato a seconda delle posizioni e la modulazione delle fibre afferenti primarie può avvenire modulando l attività γ oppure modulando le fibre afferenti dentro al midollo spinale. Infatti dentro al midollo spinale le fibre afferenti possono essere inibite da segnali presinaptici. C è la possibilità dunque di modificare ampiamente il sistema sensoriale. E naturalmente quando ho detto che è un sistema complesso, vi dico subito che gli archi riflessi spinali e le risposte che derivano dalla propriocezione fusale non finiscono al midollo spinale ma vanno nella corteccia motoria e i nei nuclei della base (NDB) dove determina le risposte che noi chiamiamo transcraniche. 27

30 Le risposte più potenti sono quelle che vengono chiamate risposte transcraniche, significa che vanno oltre il MS, nascono nel MS ma devono tenere presenti un infinità di altri elementi (cervelletto, corteccia, corteccia motoria, etc.) e alla fine far uscire un segnale capace di essere adeguato per quello stimolo. Le risposte transcraniche debbono essere tutte apprese, il bambino appena nato ha questi riflessi evidenti (perché non c è una grande inibizione) miotatici, ma poi saranno soppressi questi riflessi spinali, pronti ad essere utilizzati quando è necessario e domineranno queste riposte transcraniche. Vediamo nel disegno la risposta riflessa locale immediata, poi le afferenze fusali salgono-nuclei Z del tronco dell encefalo-talamo-corteccia sensoriale-corteccia motoria, ridiscendono al cervelletto per far capire come intende il sistema nervoso rispondere; c è un buon confronto tra le afferenze e ciò che si intende fare (si chiama copia efferente) e poi c è la risposta di ritorno che alla fine corregge l azione del sistema nervoso, per prevenire la perturbazione. RIFLESSO H È difficile valutare una riduzione di un riflesso, dipende da come si è capaci di stimolare adeguatamente un tendine, quindi non è così facile quantificare un riflesso e nel tentativo di quantificare i riflessi, cioè vedere possibili oggettive variazioni, il fisiologo tedesco Paul Hoffmann trovò il modo di evocare il riflesso miotatico in modo diverso, non con una percussione, una stimolazione del tendine o un allungamento muscolare ma con una stimolazione elettrica. Il riflesso che si vede è miotatico, ma con alcune diversità e viene chiamato riflesso H (o segno di Hoffmann) e si caratterizza per la presenza di due risposte elettriche. Immaginiamo di voler studiare un riflesso miotatico dell arto inferiore: al cavo popliteo i nervi affiorano in superficie ed è possibile mettere uno stimolatore e stimolare, in questa posizione, le fibre nervose che passano su questi nervi e con intensità minima di stimolazione si attivano le fibre a più grande diametro (la minore intensità attiva le fibre più grandi), quindi le fibre propriocettive sono le più grandi, poi se aumentiamo la intensità di stimolazioni piano piano attiviamo anche i motoneuroni, poi le fibre delta dolorifiche, poi le fibre c ed altre. Stimolare un nervo elettricamente significa introdurre all interno delle fibre nervose delle cariche che depolarizzano all interno, aprono i canali voltaggio dipendenti e si forma il potenziale d azione, se attivate con uno stimolo elettrico quali fibre vengono stimolate per prime? Normalmente quelle a 28

31 più ampio calibro perché c è un flusso di corrente che riesce ad investire molto meglio le fibre più grandi quindi con quella intensità di stimolazione minore voi attivate per prima le fibre più grandi. Quali sono le fibre più grandi? Le componenti del nervo sono: Aα, Aβ, Aδ, B, C. Allora vi ricorderete che con l intensità minore si attiva la componente A, poi quella componente con fibre di calibro sempre più piccole mentre l attivazione più intensa attiva le fibre finali del fuso, sono in fase di intensità di stimolazione attivate anche un pochino di più delle fibre motrici che sono più piccole quindi le fibre motorie sono attivate dopo: se l attività è più intensa, se proseguite con l intensità attivate anche le fibre del tatto. Per quanto riguarda questo riflesso attiviamo con intensità basse prima le fibre propriocettive e primarie poi aumentando l intensità attiveremo anche gli α motoneuroni. Nel caso del riflesso H bisogna vedere dove il nervo si dispone un po più in superficie, nell arto inferiore del soggetto e in questa posizione nel cavo popliteo, il nevo sciatico si dispone in superficie quindi potete mettere uno stimolatore con il catodo ed anodo. il catodo ( ) richiama cariche positive quindi è depolarizzante e stimolante, facendo passare corrente a livello del catodo si accumuleranno le cariche positive e si avrà depolarizzazione e se questa è sufficiente nasceranno gli impulsi nervosi. I vari impulsi nervosi normalmente viaggiano dalla parte del catodo ma sono in grado di superare spesso anche l anodo e percorrono tutte e due le direzioni, insomma se voi stimolate qui il nervo voi avrete sia impulsi che viaggiano verso la periferia che verso il centro perché l inibizione del anodo viene scavalcata dall intesa attivazione. l anodo (+) è inibente, a livello dell anodo si accumulano cariche negative e si ha iperpolarizzazione. Bisogna registrare l attività elettrica del muscolo serve l elettromiogramma. Ogni muscolo viene attivato perché un α motoneurone attraverso la placca motrice provoca una eccitazione del muscolo, depolarizzazione e se questa depolarizzazione è sufficientemente intensa la placca o il potenziale di placca è capace di fare insorgere una oscillazione elettrica che invade tutto il muscolo. Il primo evento è la depolarizzazione del muscolo il secondo evento in conseguenza alla depolarizzazione è la contrazione muscolare. Misurare la contrazione muscolare è difficilissimo, molto più facile è registrare l attività elettrica del muscolo perché ponete sopra al muscolo e potete leggere questa attività elettrica e si tratta dell elettromiogramma. L attività elettrica del muscolo sarà espressione diretta del comando elettrico di quanti motoneuroni hanno comandato nel muscolo. Quindi il vantaggio del registrare l attività elettrica è sapere esattamente quanta eccitazione ha avuto quel muscolo, quanto il mio comando corticale che attiva quel muscolo è realmente arrivato in quel punto. Se io osservo la contrazione ho un enormità di problemi legati alla posizione del muscolo alla stabilizzazione della tensione quindi non so quanto è stato il comando centrale. Se io voglio sapere quanto è stata l attivazione precisa del muscolo, quindi non registro quanto mi si è mosso il piede, ma se io voglio sapere bene quanto è stato il comando di questo riflesso della contrazione del muscolo è bene registrare con l elettromiogramma cosi si fa in neurologia. Ogni volta che ha un dubbio sul comando centrale, il neurologo dovrà fare questo elettromiogramma se non si ha certezza che il comando elettrico sia arrivato perfettamente, si dovranno vedere e segnare i potenziali dell elettromiogramma in superficie se non si ha nessun trauma. Non è così precisa, talvolta bisogna mettere all interno del muscolo gli elettrodi perché è più preciso e si vedono anche le singole unite motorie attivate. È un ottimo strumento di indagine del comando elettrico. 29

32 Una volta che avete quest idea del comando elettrico che cosa rilevate di questo comando elettrico? a) la fase, la lunghezza quanto tempo dopo lo stimolo elettrico questo muscolo si è contratto b) il guadagno, l ampiezza ovvero è molto ampio c è stata un attivazione intensa delle fibre motorie. Se la risposta è corretta avrà un preciso standard legato un taglio preciso non codificabile e avrà un ampiezza precisa e ciò ci permette di quantizzare bene il riflesso motivo per cui è utile questo riflesso H. Ricapitolando qui poniamo i nostri elettrodi e stimoliamo fibre nervose lungo questo nervo e vediamo risposte elettriche qui a livello per esempio del gastrocnemio, e vediamo l oscilloscopio che rivela l attività elettrica di superficie del muscolo sottostante. L attività elettrica che si registra sarà espressione dell attivazione del muscolo, questo è ciò che registriamo: si stimola qui, in questo momento e si registra qua. Che cosa si vede? si vedono diverse onde. Immaginiamo in modo schematico questa via, le fibre nervose che stanno all interno del nervo, a livello del cavo popliteo; ci saranno fibre afferenti fusali che entrano e vanno nel MS e attivano i motoneuroni e gli impulsi ritornano grazie ai muscoli e ci saranno le fibre motoneuronali, quindi lo stimolo elettrico che applico in questa posizione (il piccolo quadratino nell immagine sta per una stimolazione elettrica), mi attiverà sia queste fibre sia quest altre fibre. Vediamo se utilizziamo un intensità molto bassa: io attiverò per primo queste fibre afferenti e basta, non le altre motorie, perché hanno bisogno di un intensità maggiore. Se applico una stimolazione elettrica, più o meno, attivo fondamentalmente le fibre a livello del catodo, ma c è anche un attivazione a livello dell anodo. Quindi le fibre nervose presenteranno un attivazione che va verso i fusi e un attivazione che va verso il centro, se siamo in grado di attivare solo le fibre propriocettive, è ciò che succede; naturalmente se attiviamo queste fibre dalla parte verso i fusi non dice niente, è un attività elettrica che si spegnerà a livello dei fusi. Quella che va verso il centro non si spegne, perché c è una sinapsi, che mi permette di attivare i motoneuroni e ci sarà la risposta motoneuronale, c è quindi l attivazione dei motoneuroni. A livello del muscolo vedo che, dopo il momento di stimolazione, con un intervallo di tempo che dipende dalla lunghezza (20-40 ms a seconda dell esempio, del muscolo che teniamo in considerazione) ci sarà una risposta elettrica, questa oscillazione che vediamo qui e questa risposta elettrica del gastrocnemio, è una risposta elettrica riflessa, legata all attivazione delle fibre afferenti, che attivano i motoneuroni e alla fine i motoneuroni attivano le fibre muscolari; c è bisogno di tempo (20-40 ms) e dopo lo stimolo creato qui comparirà questa risposta elettrica: questa è la risposta chiamata H, che è espressione del riflesso miotatico, attivo fibre afferenti e vedo risposte efferenti. Immaginiamo di aumentare un po di più la stimolazione e se attivo di più la stimolazione, attivo anche i motoneuroni e se attivo di più i motoneuroni, succede che anche qui saranno attivati dalla parte verso il centro e verso la periferia. La parte che va in periferia subito attiva il muscolo e compare subito una risposta precoce, prima della risposta H, sarà chiamata risposta M e non è una risposta riflessa ma la semplice attivazione dei motoneuroni. Con bassa intensità ho attivato le fibre primarie sensoriali le quali provocano la risposta riflessa e poi aumento l intensità e avremo la risposta precoce detta M, aumento ancora l intensità e la risposta M sarà sempre più ampia e più ampia, poi però la risposta H piano piano si riduce. Il tutto è graficato qui: guardate in blu la risposta che tende a crescere dove siamo e in rosso la risposta H. La risposta M è l attivazione diretta delle fibre motrici sul muscolo bicipite mentre la risposta in rosso o risposta H è la risposta indiretta riflessa o risposta H o tardiva, indiretta riflessa, la risposta M risposta precoce 30

33 diretta. Adesso la domanda è perché vedo prima la risposta riflessa e poi vedo quella risposta motoria perché a basse intensità vedo solo il riflesso e nient altro. Se aumentiamo di più l entità della stimolazione, vediamo piano piano ridursi la risposta H, per un fenomeno che viene chiamato in elettrofisiologia, occlusione; perché quando attivo anche i motoneuroni, da un lato attivo fibre verso la periferia, che mi attivano il muscolo e vedo questa risposta precoce, ma dall altro attivo anche le fibre che vanno verso il centro, dove gli impulsi stanno viaggiando in senso opposto rispetto alla periferia, verso il centro e succede che questi impulsi andranno a collidere con gli altri impulsi che vengono dal riflesso e si escludono a vicenda in ragione del periodo refrattario che c è in ogni impulso, un impulso non fa passare l altro, lo blocca. Quando arriva l impulso da un lato quello motorio verso il motoneurone e si imbatte negli impulsi dell arco riflesso e non vanno da nessuna parte nell uno nell altro, si fermano li perché hanno trovato la refrattarietà. Uno trova il periodo refrattario dell altro e viceversa, non cambia niente e quindi qui si ferma tutto quindi man mano che voi aumentate la parte dei motoneuroni attivati, la risposta H tenderà ad avere queste condizioni. La scomparsa dell onda H è prodotta dall attivazione antidromica dei motoneuroni che li rende refrattari all attivazione riflessa. Tanto più attiviamo i motoneuroni, tanto maggiore sarà la risposta diretta M, ma contemporaneamente la risposta riflessa H piano piano si riduce. Questo è un modo di evocare il riflesso, i neurologi lo fanno non appena hanno sospetti di lesioni dell arco riflesso e lo studiano abbondantemente sia in ambito sperimentale che clinico, perché con questa attivazione elettrica possiamo quantificare un impulso, possiamo attivarlo di più o di meno e graduare le risposte. Bisogna analizzare molto attentamente i tempi, perché lo stimolo elettrico avviene in quell esatto istante e quindi per esempio una risposta elettrica che io mi aspetto dopo 32 ms, se mi appare dopo 36 ms, è già una risposta che non va bene; con il riflesso con il martelletto questo tipo di studio non si può fare, un ritardo di ms non può essere analizzato. Riesco anche contemporaneamente a diagnosticare un qualcosa, perché se la risposta M è perfetta e la risposta H è danneggiata, io penso che l errore sia lungo le vie afferenti e quindi a livello della sinapsi; se ho anche la risposta M danneggiata, ho una chiara patologia motoneuronale, il riflesso non c è non perché non ci sia l organizzazione centrale e le vie afferenti (queste sono perfette), ma non c è per esempio perché c è una SLA (sclerosi laterale amiotrofica), che ha distrutto i motoneuroni. Mano a mano che attiviamo le fibre afferenti primarie, la riposta H cresce, ma quando iniziamo a generare risposte M, la risposta H gradualmente decresce; lo si vede qui, perché la prima risposta è quella tardiva, questa oscillazione è la classica riposta elettromiografica riflessa, onda H, poi se aumentiamo l intensità di stimolazione, mano a mano cresce la risposta precoce, la risposta M, diretta, e mentre cresce la risposta M, a fianco vediamo che diventa più piccola la riposta H: questo è il riflesso H. Questo è un modo con cui, in maniera più precisa, si possono quantificare risposte motorie, ritardi eccessivi soprattutto e quindi diagnosticare a quale livello dell arco riflesso è avvenuta la lesione. Quale limite vediamo nella risposta H? Cosa dell arco riflesso non viene saggiato? Attivo le fibre afferenti, non attivo i fusi, quindi se ci dovesse essere un alterazione della struttura fusale, non la analizziamo con il riflesso H, perché attivo le fibre, non il recettore (stimolo direttamente le fibre afferenti dai fusi evitando i recettori). 31

34 RIFLESSO INVERSO DA STIRAMENTO Adesso si apre un altro interessantissimo riflesso: se il riflesso miotatico è detto anche riflesso da stiramento, perché lo stiramento del muscolo fa contrarre il muscolo, ora parliamo del riflesso inverso da stiramento, perché invece di far contrarre il muscolo questo riflesso lo fa rilassare, inibisce i motoneuroni, non li attiva. Il recettore che viene attivato è l organo muscolotendineo del Golgi, che sta nelle maglie tendinee, tra fibre muscolari e maglie tendinee, quindi vicino al tendine; all interno di queste trecce tendinee, ci sono queste strutture corpuscolate che sono gli organi muscolotendinei del Golgi. Ogni volta che queste maglie tendinee vengono minimamente stirate, il recettore viene schiacciato e la risposta insorge chiarissima in questi recettori. Quali fibre afferenti? sono fibre afferenti molto simili IB a quelle afferenti primarie dei fusi, che hanno quindi un calibro ampissimo, una velocità di conduzione massima (ciò è un problema per i fisiologi che non riescono a separarle bene, sembrano fibre identiche), sono lievemente più lente, ma di poco. Sono recettori che nascono dal tendine, o meglio, molto vicini alla giunzione tra muscolo e tendine, quindi quando un fisiologo non vuole vedere la sua azione riflessa, basta che mette un po di lidocaina (anestetico locale) nel tendine e le risposte che scompaiono sono dovute a recettori che stanno lì, dunque a recettori dell organo muscolotendineo del Golgi. Quale è la forza più appropriata, o lo stimolo più appropriato per stimolare il recettore del Golgi? a cosa sono sensibili? Sono disposti in serie rispetto alle fibre muscolari e sentono la forza che viene sviluppata o dal tendine, stirato, o dal muscolo che si accorcia; quindi un muscolo che si accorcia riduce la frequenza di scarica dei fusi, perché è in parallelo, ma un muscolo che si accorcia aumenta la frequenza di scarica del recettore del Golgi, perché stira le componenti tendinee e schiaccia il recettore. L organo muscolotendineo del Golgi è sensibile alla forza muscolare e non è il recettore grossolano, come viene fatto passare da alcuni libri di testo, sensibile a tensioni molto elevate, è in verità raffinatissimo, talmente raffinato da poter sentire la forza muscolare generata da una singola unità motoria; percepisce piccole variazioni, è molto sensibile, riesce anche a sentire quale componente del muscolo è stata più attivata dell altra. Nel grafico vediamo come la frequenza di scarica di diversi recettori si modifichi all incrementare della forza muscolare o della tensione del tendine, vediamo come tende a crescere; è molto raffinato, con frequenza di scarica inferiore rispetto ai fusi, ma sono ugualmente molto precisi e sono moto attivi in presenza di contrazione, diventano ancora più sensibili. Conosciamo del recettore la via afferente e vediamo cosa fa la via efferente: è un riflesso inverso da stiramento, dunque attiva interneuroni che vanno ad inibire motoneruoni; immaginiamo più o meno i motoneruoni in uno stato di attività tonica con scariche continue modeste, se viene attivato il Golgi quella scarica cessa. In definitiva diciamo che sente la forza e all aumentare della forza scarica di più, determinando una riduzione di forza: questo è l arco riflesso. Dunque cosa mantiene costante il Golgi? la forza 32

35 muscolare, se necessario; questo recettore mantiene costante la forza muscolare ed è un riflesso in feedback negativo. In clinica è anche un riflesso che appare in condizioni non fisiologiche e dà allo studente un immagine un po distorta del fuso, perché è estremamente operativo; ogni volta che un muscolo si contrae, o si accorcia (variazione isotonica) o sviluppa forza senza accorciarsi (isometria, condizione isometrica), l accorciamento lo sentono i fusi, la forza (condizione isometrica) il Golgi: abbiamo bisogno in continuazione di questi due sistemi informativi per il nostro sistema nervoso, per costruire risposte posturali e per controllare risposte motorie, sono i segnali essenziali per il controllo motorio. A livello clinico l idea è un po distorta, lo possiamo vedere nelle condizioni di una paralisi, abbastanza grave, succede che il muscolo, per motivi che capiremo, è in un perenne stato di contrazione e se allunghiamo il muscolo, piano piano (es. bicipite), in questi pazienti l arco riflesso propriocettivo miotatico, è formidabile, si oppone tremendamente: è quell arco riflesso iperattivo. Succede che allunghiamo e contemporaneamente il muscolo si accorcia, la tensione a livello del muscolo è elevatissima, superato un certo livello viene attivato il Golgi in maniera passiva, si ha l arco riflesso e la forza cede improvvisamente, poi stiriamo ancora, sentiamo una gran forza contro e poi cede: è il fenomeno del coltello a serramanico, tirata e rilascio. L attivazione di questi recettori interrompe l arco riflesso potente, iperattivato dei fusi neuromuscolari; il coltello a serramanico si apre improvvisamente, oppure fa degli scatti come nel caso della ruota dentata (paralisi spastica, il braccio non ritorna su dopo che il neurologo ha smesso di esercitare forza verso il basso come nel caso del coltello a serramanico). Questa evidenza clinica fa pensare che il Golgi agisca solo quando le forze siano straordinariamente elevate, ma non è così, agisce continuamente, i nostri Golgi, in questo momento, stanno informando dei diversi stati di tensione muscolare che stiamo applicando alla nostra muscolatura. A motivo dell arco riflesso del fuso neuromuscolare la forza cresce e deve fare sempre più forza per resistere e per distenderlo, quindi l arco riflesso si oppone sempre più e questo è l aspetto spastico. Ma improvvisamente superato questo momento e superata una certa forza improvvisamente e la lunghezza ecco che improvvisamente scatta, va giù il braccio: è attivato il riflesso inverso da stiramento altissima forza che ha agito sui muscoli tendinei del Golgi per aumentare enormemente la frequenza in scarica su queste strutture. Un altro aspetto nell ambito del riflesso inverso da stiramento e a supporto di quanto abbiamo detto nella prima lezione è che i riflessi possono cambiare di segno, anche questo riflesso inverso da stiramento può cambiare di segno, da inibitorio può diventare facilitatorio, perfino l inverso e sono le vie discendenti che fanno scegliere; se siamo tranquilli, seduti, è inibitorio, ma se iniziamo a camminare, nel momento in cui con il piede, con il corpo, ci appoggiamo e tutta la gravità agisce su un arto, perché l altro tende a distendersi per avanzare, in quel momento, per aumentare la forza e il supporto contro la gravità il riflesso dell organo muscolotendineo del Golgi non è più inverso, ma è un riflesso da stiramento, cioè diventa potentemente attivo, aumenta la forza muscolare. I riflessi sono modulabili, possono cambiare ampiamente di segno a seconda del bisogno, da inibitorio (che è quello che vedremo quando studieremo il cammino e non solo), lo troveremo facilitatorio. 33

36 In definitiva un muscolo può essere rappresentato in questo modo, dal fuso neuromuscolare (che rappresentiamo con una piccola molla), arco riflesso in feedback che mi mantiene costante la lunghezza e qui dall organo muscolotendineo del Golgi, un arco riflesso che mi mantiene costante la tensione o forza muscolare; queste sono due risposte in feedback, c è bisogno che ci sia il disturbo e poi la risposta, quindi sono un po tardive non immediate. Dà al sistema nervoso un idea chiarissima di quello che è la forza lineare insieme al fuso e quindi è un riflesso che a livello spinale genera inibizione ma centrale è determinante per costruire anche il movimento. Nel nostro SNC c è una netta disposizione a trasferire tute le risposte in feedback, in atteggiamenti in feedforward, cioè se un feedback mi si ripete sempre, io lo memorizzo e se qualcosa compare nella situazione, che può far pensare che il muscolo venga allungato, in maniera anticipatoria il sistema nervoso genera immediatamente una risposta; vedremo come il sistema nervoso anticipa perfino le risposte, le perturbazioni che ci immaginiamo, ci sono molti esempi. I moduli dei riflessi possono essere aumentati e diminuiti a seconda del bisogno, i nostri vari riflessi che abbiamo incamerato nel MS, spesso sono sotto controllo, inibiti; se evoco il riflesso con il martelletto, devo far stirare le mani, altrimenti lo vedevamo piccolo piccolo, cioè si è dovuto realizzare una condizione particolare di eccitabilità da parte del centro, altrimenti il riflesso è modesto, ce l abbiamo tutti sotto inibizione, ma non è l unico, molti altri riflessi sono tenuti sotto inibizione. È molto bello vedere lo sviluppo dei riflessi nei bambini appena nati, hanno riflessi di base, ben strutturati, poi la corteccia li inibisce, allora perché ci stanno? Perché a seconda delle condizioni, dell atto motorio, i riflessi sono richiamati, come schede motorie semplici che possono essere poi utilizzate nel movimento più complesso e non sono riflessi banali come quelli che abbiamo detto, come il riflesso da stiramento, ma riflessi più complessi, di flesso-estensione, proprio questo, l esterocettivo, il riflesso estensore crociato che trovo nel cammino. Vengono richiamati questi schemi motori, quindi i riflessi, sono sì utili per mantenere costante il corpo, ma utili anche per i gesti e quando non sono utili, vediamo il riflesso inverso da stiramento, quando non è utile, la forza cresce nell arto che si appoggia, lì apparirà l inibizione. Immaginiamo i riflessi continuamente modulati da azioni dall alto verso il basso, schede semplici ormai messe lì e utilizzabili in molte circostanze e quando sono utili, perché non utilizziamo più la corteccia in quell atto motorio, la corteccia può essere più libera e può creare altri pattern motori. 34

37 POSTURA Il mantenimento della postura è un attività integrata, quindi complessa, in quanto entrano in gioco vari sistemi sensoriali: i propriocettori, l apparato vestibolare e il sistema visivo, aventi ruoli diversi, specifici. La postura è l insieme di risposte riflesse che tendono a mantenere il baricentro (il centro di applicazione delle forze, che nell uomo si trova attorno alla seconda vertebra lombare) all interno della base di appoggio. Per esempio in posizione eretta la base di appoggio corrisponde al limite esterno della pianta dei piedi. Ma la postura è solo mantenere la posizione corretta per non cadere? Una corretta postura prevede anche un altro aspetto: consentire l esecuzione del movimento. Nell uomo il mantenimento della postura è particolarmente complesso perché in realtà si tratta di un pendolo invertito nella posizione: il vincolo è a livello del suolo e il corpo può oscillare sopra come un pendolo. Per questo si rischia altamente di cadere. Perturbazioni dall esterno assieme alla gravità, che tende a schiacciare il corpo verso il basso, tendono a farci cadere e bisogna opporsi a questi effetti per consentire di mantenere la posizione eretta. Contribuiscono al mantenimento della postura tre sistemi: Sistema propriocettivo: è caratterizzato da tutti i propriocettori che sentono le diverse lunghezze muscolari, le diverse forze muscolari. Tra questi propriocettori vengono inseriti i recettori del tatto in quanto sono in grado di percepire piccole variazioni, come la variazione della posizione dei piedi. Sistema vestibolare: percepisce i movimenti della testa (non del corpo), i quali interpretati correttamente dai propriocettori danno poi anche informazioni della posizione corporea. Sistema visivo: stabilizza la nostra posizione nello spazio. Ad occhi aperti l oscillazione (area pari ad una monetina o anche meno) è meno ampia rispetto all oscillazione presente in un soggetto bendato. Si tratta di una dimostrazione evidente che la visione ha dato un contributo evidente alla stabilità posizionale. Inoltre, se volessimo vedere le conseguenze di danni al cervelletto e squilibri posturali osserveremmo un aumento di quell area pari ad un gomitolo/monetina. L oscillazione è maggiore sul piano latero-laterale e minore sul piano antero-posteriore. Questo è spiegato dal fatto che congiungendo i due piedi la distanza tra una pianta e l altra è maggiore rispetto alla distanza tra punta e tallone, quindi nel secondo caso l errore sarebbe meno tollerabile. Un soggetto che ha un alterazione a livello del cervelletto, in particolare a livello dell archicerebellum, ha come conseguenza aree più ampie (gomitoli più ampi). Come studia normalmente un clinico la capacità di mantenere correttamente la postura? Spesso si utilizza postura come sinonimo di equilibrio. L equilibrio è un po diverso dalla postura. La postura è un insieme di atteggiamenti muscolari che fanno assumere una posizione nello spazio adeguata; l equilibrio si riferisce fondamentalmente soltanto alla posizione del baricentro all interno della base di appoggio. Per l equilibrio basta studiare come il baricentro cade nella base di appoggio, utilizzando delle particolari pedane che sentono il peso. La pedana è una pedana dinamometrica, cioè capace di sentire le forze e attraverso sensori particolari rileva appunto questo centro di pressione. 35

38 Se stiamo in posizione eretta registriamo delle piccole oscillazioni (posizioni che il corpo assume nell arco di secondi) dimostrate da questo gomitolo blu. Questa è un oscillazione normale in quanto il nostro corpo non è immobile. Le oscillazioni sono in un raggio molto piccolo (come una moneta da 10 cent). Queste oscillazioni cambiano se un sistema sensoriale viene escluso. Di queste oscillazioni si studia che percorso ha fatto questo gomitolo, quanto è lungo, ma ancora più importante la velocità con cui si eseguono i movimenti: un soggetto meno stabile fa un percorso più lungo nel tempo e fa un movimento più rapido. Lunghezza e velocità crescono all esclusione di un sensitivo. In una normale posizione, il baricentro cade leggermente in avanti, in modo da tenere l arto lievemente flesso. Un arto lievemente flesso permette l avvio del cammino. Tale lieve flessione è detta pre-attivazione del sistema. Come dicevamo all inizio, la corretta posizione posturale non consiste soltanto nell avere il baricentro che cade nella base d appoggio, ma anche nell avere un atteggiamento utile eventualmente al movimento. La maggior parte della forza di gravità che spinge il corpo verso il basso si scarica lungo i segmenti ossei. Componente verde: forza di gravità che ci spinge verso il basso. Componente rossa: componente allineata alla struttura ossea. L unica forza contro la quale deve agire il sistema muscolare è un piccolo vettore (in blu) che spinge in avanti, ortogonale alla linea che si scarica lungo la struttura ossea. Questa forza inesorabilmente ci spinge in avanti. Per evitare ciò, dobbiamo stabilmente attivare i muscoli della loggia posteriore (tricipite della sura, in particolare il soleo). Essendo un muscolo abbastanza piccolo, lo sforzo muscolare non è poi così elevato. Nel caso in cui si prendesse in esame un anziano, che presenta strutture ossee alterate, egli sarà costretto molto di più ad attivare la muscolatura per opporsi alla forza di gravità. Parte della stanchezza muscolare nella persona anziana è dovuta a questo sovraccarico naturale muscolare della persona anziana. Gli astronauti, per esempio, non essendo sottoposti a gravità sulla Luna, presentano una ridotta calcificazione, rischiando la precipitazione di ossalato di calcio (CaC2O4) all interno del sistema renale (il calcio si allontana dalle ossa, giunge nel sangue e poi viene eliminato a livello renale con danneggiamento delle strutture renali). Si può fare anche l integrale di questa velocità di movimento: area del rettangolo. 36

39 Come si fa a studiare il contributo del visivo? È sufficiente bendare o mettere al buio il soggetto ed andare a calcolare l area di oscillazione (diventa più grande). Per calcolare l area di oscillazione è possibile anche porre uno schermo solidale al corpo (lo schermo si muove in maniera solidale con me), in questo caso l occhio vede lo stesso punto sempre poiché lo schermo esegue lo stesso mio movimento, dunque non manda alcun segnale di alterazione posizionale. La visione non si accorge di nulla in quanto il rapporto tra l occhio e lo schermo rimane costante. Anche in questo caso abbiamo esclusa la visione in questo caso però il gomitolo è estremamente più ampio perché il segnale visivo confonde. Mentre quando escludiamo un sistema sensoriale, in questo caso sistema visivo, il nostro cervello accende un sensore sulla sensazione vestibolare e sulla sensazione propriocettiva (esalta i segnali propriocettivi) e questo ci permette di mantenere stabile la posizione. Se invece manteniamo la visione, lo spostamento da un sistema sensoriale all altro non avviene; quindi il soggetto pensa che la visione sia importante, ma ingannevole, perché rimane vincolata al corpo. Sopportiamo abbastanza bene l esclusione del segnale sensoriale (quello visivo) ma sopportiamo molto meno bene un segnale errato (nel linguaggio di chi parla di questi aspetti si dice mismatch: un non adeguato controllo.) Esempio di mismatch: in macchina mentre la macchina cammina e oscilla e noi leggiamo, il rapporto tra gli occhi e il libro è costante e la percezione del movimento è nullo. Due sistemi sensoriali (il vestibolare e il propriocettivo) segnalano che c è un oscillazione da correggere, ma il sistema visivo dice che non c è alcuna oscillazione: questo è un classico mismatch che induce cinetosi. Leviamo la propriocezione dei muscoli intorno alla caviglia Nella parte destra dell immagine si irrigidisce la caviglia al suolo passivamente con un bracciale (la caviglia è un punto molto critico per percepire gli spostamenti): si elimina così la sensazione propriocettiva. (In realtà altri sistemi propriocettivi sono presenti come quelli delle braccia, del collo, 37

40 ma non abbiamo quello della caviglia). Anche in presenza di visione è ampio e veloce il gomitolo: influisce molto il sistema propriocettivo sulla nostra percezione dello spazio. Se si esclude la visione si perde la capacità di stare stabili. Non cadiamo in quanto opera il sistema vestibolare (sono sistemi che si compensano). Il sistema vestibolare è quindi l unico sistema che in questo caso rimarrebbe attivo, ma senza visione e senza propriocezione, l entità della risposta sarebbe modesta. In patologia esistono diversi difetti di visione, di propriocezione e del vestibolare come una labirintite che infiamma le fibre nervose del vestibolare. In (6) non ho il mismatch perché ho tolto il propriocettivo (il sistema che avverte l errore): la colonna è della stessa altezza del precedente. Vi sono una serie di patologie: errori della visione: una persona anziana che vede meno o che indossa lenti bifocali non riuscirà a visualizzare bene lo spazio (tende a cadere); errori propriocettivi: lesione degli afferenti in certe patologie; errori del sistema vestibolare: l equilibrio è totalmente perso (vertigine vestibolare). Come facciamo a tenere una posizione? Cerchiamo di tenere costante un angolo articolare: la cosa più semplice. Ciò è frutto di un equilibrio tra muscoli agonisti e antagonisti e di forze attive e passive. Troveremo che i fusi neuromuscolari sono importanti, che il riflesso spinale non si esaurisce a livello spinale ma deve passare attraverso la corteccia affinché la sua risposta sia adeguata, troveremo riflessi vestibolare, cervicali. Così comprenderemo questi 3 aspetti fondamentali: risposte adattative (non sempre le stesse); risposte che anticipano un atto motorio (correggono anticipatamente); estrema variabilità. Cosa mantiene il mio arto in questa posizione? Se sul piano orizzontale (non agisce la forza di gravità) Non contraiamo il muscolo forze passive: un muscolo rilassato senza attività muscolare esercita una minima forza in equilibrio e la forza esercitata sarà in relazione alla lunghezza del muscolo: maggiore è la lunghezza, maggiore sarà la forza passiva determinata dagli elementi elastici. Se facciamo contrarre il muscolo curva totale espressione della forza attiva e passiva durante la contrazione. Se esercito una flessione si allunga l estensore e più è allungato e più fa forza. Se esercito una estensione si allunga il flessore. Le due forze sono esattamente le stesse. Non mi interessa che le forze siano attive o passive: necessariamente le due forze devono essere le stesse in funzione del rapporto lunghezza e forza. Si può tenere la stessa posizione articolare se incrementiamo ugualmente in modo simile sia la forza del flessore, sia la forza dell estensore. Posso mantenere la stessa posizione articolare con diversi livelli di coattivazione muscolare. Possiamo mantenere la postura degli arti in maniera diversa. Cosa ci conviene fare? Se contraggo il muscolo: svantaggio dispendio di energia 38

41 vantaggio riduco l impatto della perturbazione sull arto in quanto è difficile spostarlo essendo contratto (forza che si oppone) = stiffness (rigidità) Se il muscolo è rilassato: vantaggio spesa energetica nulla; svantaggio no stiffness e quindi oscillazione a seguito di una forza esterna. Il sistema nervoso adatta le condizioni in base alle varie circostanze: sono seduto no contrazione degli arti inferiori in quanto posso accettare che le perturbazioni facciano oscillare le mie gambe. mi metto in posizione eretta subito la rigidità del muscolo estensore e flessore degli arti inferiori cresce notevolmente, in quanto qui una piccola perturbazione mi farebbe cadere. C è quindi un continuo riaggiustare del tono muscolare in funzione della necessità: abbiamo una stiffness variabile. Nelle persone anziane c è una notevole faticabilità: ciò è dovuto all alterazione strutturale delle ossa che richiede un tono muscolare maggiore. Se la contrazione è sottoposta alla forza di gravità: Il tono del muscolo agonista rispetto all antagonista non è uguale: il muscolo antigravitario esprime una maggiore forza, per opporsi alla gravità. C è bisogno di un tono in più. Quel tono è riflesso, nasce dai fusi dei muscoli antigravitari che sentono l allungamento e innescano il riflesso miotatico, tutto ciò in maniera continua. Si gioca tutto sull attività γ. È molto vantaggioso utilizzare il recettore: la sua risposta dipende dallo stimolo. Esistono altri sistemi che fanno aumentare il tono muscolare: sistemi che vanno direttamente sul muscolo come l apparato vestibolare che va direttamente nei motoneuroni. Ogni articolazione ha una sua posizione. Se non esiste un movimento volontario, quella posizione deve essere mantenuta costante. Immaginiamo il nostro braccio poggiato su di un piano (quindi non sottoposto a forza di gravità) in una posizione semi-flessa, analizziamo la posizione orizzontale. Sul piano orizzontale cosa mantiene costante l angolo formato dal braccio? Esistono strutture elastiche che si confrontano ovvero bicipite e tricipite (estensore e flessore). Attraverso queste due strutture elastiche riusciamo a mantenere tale posizione. Le due forze elastiche alla fine devono essere uguali con segno contrario, anche senza tono muscolare, l articolazione deve mantenere questa posizione, frutto dell equilibrio delle due forze elastiche. Cosa accade se in questa posizione allungo leggermente il braccio? Il tricipite non si allunga. Il fine è quello di mantenere ed impedire variazioni. All allungarsi del muscolo, abbiamo un incremento di forza, sia che si tratta di una condizione passiva che di una condizione attiva. 39

42 Un muscolo esclusivamente passivo viene allungato e dopo diversi allungamenti comincia a mostrare una forza che si oppone; se il muscolo è un tantino più attivo, la curva sarà leggermente più in alto, e così via. All incrementare della forza muscolare, la curva da quasi verticale aumenta la sua pendenza. Quando teniamo stabilmente contratto un muscolo, riduciamo la sua lassità e incrementiamo la sua rigidità. Differenza del mantenimento di questa posizione in uno stato rilassato ed in uno stato contratto. Se teniamo rilassato il muscolo e qualcuno ci sposta il braccio, il braccio oscilla e pian piano torna al punto di partenza. Essendo presenti solo componenti elastiche, il muscolo tornerà nella posizione iniziale dopo molto tempo. Se i due muscoli, estensore e flessore, sono ipercontratti, lo spostamento può avvenire per un brevissimo momento, ma poi ritorna nell immediato al punto di partenza. In questo caso abbiamo un consumo notevole di energia e anche una lieve oscillazione. Qual è il modo migliore per tenere la postura di un articolazione, lavorare con un muscolo rilassato o irrigidito? Si tratta di un equilibrio di forze che l esperienza ci deve suggerire. Da un lato devo ridurre la spesa energetica riducendo il tono muscolare dei due muscoli in maniera parallela, dall altra non mantenere troppo il muscolo nello stato rilassato. Un lieve tono muscolare è presente in tutte le articolazioni. Immagine curve: curva (rossa) lunghezza/forza di un estensore: più fletto, più l estensore fa forza per opporsi; curva (blu) lunghezza/forza di un flessore: se io estendo, l estensore si estende e quindi tende a tornare in posizione. L equilibrio è localizzato laddove le due forze sono identiche. La forza dell estensore all equilibrio deve essere uguale alla forza del flessore. EQUILIBRIO SUL PIANO VERTICALE Nelle articolazioni poste sul piano verticale (muscoli antigravitari) è necessario dare un tono muscolare in più contro la forza di gravità, anche questo tono in più è frutto dell esperienza, dell abitudine e degli atteggiamenti assunti che non determineranno variazioni nelle risposte. Quindi, necessitiamo di toni muscolari per mantenere la postura sia sul piano orizzontale che su quello verticale; ma sul piano verticale necessitiamo di un tono muscolare in più dovuto alla gravità. 40

43 Come si realizza tale tono muscolare? Quello legato al piano orizzontale può essere un azione centrale dovuta ai motoneuroni α (motoneuroni slow) normalmente o parzialmente attivati. Quelli antigravitari, invece, devono risentire della gravità per poter rispondere ed opporsi. In questo caso, è necessario variare il tono muscolare in base alla variazione della forza di gravità. Le componenti muscolari che rilevano tale variazione sono i fusi muscolari, i quali risentono dei cambiamenti muscolari che la gravità determina (riflesso miotatico tonico) e determinano una riposta riflessa. Non esiste quindi soltanto un tono generato centralmente, ma anche un tono di origine riflessa. Come si può dimostrare l esistenza di un tono di origine riflessa? In un animale vengono tagliate le radici dorsali e questo tono si riduce notevolmente. In tutti noi esiste una componente riflessa che ci fa mantenere il tono antigravitario. Come può essere generata la variabilità del tono muscolare? Si può immaginare di aumentare il tono muscolare semplicemente bombardando con impulsi nervosi dalla corteccia motoria i motoneuroni, ma questa è un attivazione centrale per di più non correttissima considerando che il centro non sa come la gravità agisce. Sarebbe più utile che tale aumento del tono muscolare partisse dai sensori. La sensibilità del fuso neuromuscolare può essere variata dall attività γ. L attività γ dei muscoli estensori della coscia da seduti (in questo caso non è necessario valutare la forza di gravità) non è elevata. Non appena ci alziamo da tale posizione l attività γ cresce a livello di tali muscoli e rende il fuso estremamente sensibile agli allungamenti, in modo tale che possa sostenerli in posizione eretta. L attività γ varia quindi in base alla nostra posizione. Il tono posturale è il risultato della contrazione tonica dei muscoli atti a contrastare gli effetti della forza di gravità. Il controllo del tono posturale è attuato da meccanismi spinali, nonché da vie discendenti sopraspinali: vie vestibolo spinali, reticolo-spinali che controllano l attività dei motoneuroni α e γ. Un nucleo della sostanza reticolare mesencefalica è atto ad inibire il tono dei γ motoneuroni; un altra zona della sostanza reticolare mesencefalica (porzione pontina) è adibita ad incrementare il tono γ; una porzione bulbare della sostanza reticolare serve invece a ridurre il tono γ (durante la veglia). Queste sono le tre aree sopraspinali che influenzano quest attività dei motoneuroni, che modificano la sensibilità dei fusi neuromuscolari. 41

44 Esistono però ulteriori influenze da parte dei nuclei vestibolari, nel particolare il nucleo di Deiters (o dorsale esterno) il quale va direttamente ad attivare gli α-motoneuroni, sotto il controllo, di tipo inibitorio del cervelletto. Numerose aree centrali dell encefalo sono in grado di modulare l attività γ. Nel tronco dell encefalo e anche leggermente più in alto ci sono centri che aumentano l attività γ, centri che la inibiscono e che la modulano. Questo schema riporta in sostanza, le aree più importanti che controllano il tono muscolare posturale. Le diverse afferenze, i diversi segnali, possono modulare in più o in meno queste aree, incrementando il tono (ipertonìa) o decrementando il tono (ipotonia). In diverse lesioni centrali ischemiche, sono proprio questi fasci del nucleo rosso ed altre vie extrapiramidali che vengono ad essere lese ed il tono cresce. (mostra una donna con una lesione superiore, che tenta di camminare ma l arto inferiore lavora in estensione ed adduzione tanto che durante la locomozione impedisce all arto contro laterale di eseguire il movimento). Terapia: nei bambini affetti da ipertonia muscolare, somministrazione di sostanza GABAergiche (miorilassanti). Nei casi più gravi si arriva alla introduzione intraspinale di GABA per rilassare il tono della muscolatura. 1. La prima funzione importante della postura è la adattabilità. 2. La seconda funzione è la integrabilità. 3. Il terzo elemento della postura sono le strategie posturali un soggetto che oscilla nello spazio può correggersi o con strategie di caviglia o con strategie d anca. ADATTABILITÀ La postura subisce numerosi aggiustamenti, indipendenti dai riflessi spinali. Durante lo spostamento dell arto inferiore, ad esempio, le risposte riflesse che vengono ad attivarsi sono numerose e diverse, come quella miotatica spinale, ma non è l unica ad agire. Durante l esperimento si utilizza un elettromiogramma per rilevare l attività riflessa e registrare soprattutto l attività elettrica del muscolo. L elettromiogramma appare in registrazioni di profondità o di superficie come tutta una serie di impulsi nervosi. Le oscillazioni sono diverse dal potenziale intracellulare dell impulso nervoso, qui si registra al di fuori della cellula, pertanto non si osserva l andamento tipico, ma la funzione derivata del segnale sull intera fibra muscolare. L elettromiogramma serve a registrare un insieme di attività elettriche, una sequenza di impulsi. L elettromiogramma esprimerà quindi il grado di attivazione totale del muscolo. Maggiore sarà il grado di attività muscolare, maggiore sarà l attività elettrica totale. Il tracciato quindi seguirà un andamento oscillatorio, in base all attività del muscolo. L immagine rappresenta con la linea rossa in alto, lo spostamento dell arto ed in basso un tipico tracciato elettromiografico. In risposta ad uno spostamento dell arto, il tracciato elettromiografico si modifica. 42

45 Dopo la perturbazione, ci sono risposte diverse in tempi diversi. Non ci sarà solo il riflesso spinale, ma si registrano diverse oscillazioni nel grafico, che delineano risposte riflesse diverse indicate con M1, M2, M3, M4. Ai fini del superamento dell esame, occorre ricordare che: M1 spinale, scarsamente adattabile. M2 e M3, notevolmente adattabili. M1 È la risposta riflessa spinale, data dall arco riflesso. È la risposta che si verifica per prima, quindi anticipatoria, ma scarsamente adattabile. Serve ad avviare subito la risposta riflessa. Dopo un tempo di ms, appaiono risposte molto più ampie, sempre riflesse (incoscienti) che corrispondono a M2 e M3. Una prima risposta si verifica nel giro di ms ed è il riflesso spinale propriocettivo, 10 ms per arrivare e 10 ms per tornare. Il classico riflesso miotatico fasico è rappresentato da tale prima risposta precoce. Il riflesso spinale serve per avviare subito le risposte, ma non è poi così potente M2 e M3 Sono risposte riflesse transcraniche, sebbene con un leggero ritardo, esse sono decisamente più adattabili delle M1, e danno il contributo maggiore per correggere la posizione e contrastare la gravità. In relazione alla situazione, esse possono crescere o decrescere molto. Appaiono a 50, 60, 70, 80 ms sono molto più potenti. Tali risposte sono dovute alla propriocettività, ai fusi neuromuscolari e giungono alla corteccia motoria, al cervelletto. Una seconda risposta (M2 e M3) è molto più ampia, passa attraverso l encefalo, ritorna e dà una risposta elettrica molto elevata. Tale risposta si genera in seguito all acquisizione di informazioni. Infine, c è la risposta volontaria M4, legata alla conoscenza del soggetto, che avviene con un tempo di latenza ancora più lungo. Se avessimo solo risposte volontarie, deputate al controllo della postura, queste sarebbero troppo ritardate da poter riuscire a regolare il tono della muscolatura. I sistemi propriocettivi, vestibolari e visivi riescono, in maniera coordinata, a realizzare risposte posturali corrette. 43

46 Esperimento (1) Un soggetto è posto in piedi su una piattaforma in grado di oscillare orizzontalmente e/o sollevarsi verticalmente. Viene registrata in particolar modo, l attività del tricipite della sura (linea tratteggiata). Spostando la piattaforma verso il dorso del soggetto (linea blu), la risposta del soggetto sarà spostarsi in avanti, allungando il tricipite della sura. L allungamento causa automaticamente l attivazione del riflesso spinale miotatico ed il muscolo si contrae, consentendo al soggetto di riprendere la precedente posizione. Nel secondo caso, sollevando la parte anteriore della piattaforma, il soggetto solleverà passivamente la punta dei piedi. Questo causa la distensione del tricipite della sura, che attiverà quindi il fuso muscolare, in modo che il riflesso miotatico faccia contrarre il tricipite. La contrazione del tricipite, con la piattaforma sollevata, causerà la caduta all indietro del soggetto. Questo avverrebbe se esistesse solamente il riflesso miotatico spinale. Non può essere quindi la risposta corretta. C è stata dunque una inversione delle risposte. M2 e M3 cambiano le loro ampiezze. La risposta posturale si genera grazie all esistenza di uno schema del corpo che ricostruisce il corpo nello spazio. Ogni risposta riflessa posturale deve avere rapporto con quello schema corporeo. Il flusso propriocettivo di tutto il nostro corpo continuamente restituisce uno schema corporeo insieme al visivo ed al vestibolare che viene portato in alto. Questo flusso propriocettivo non genera dunque semplicemente i riflessi, ma aggiorna tale centro nella posizione di tutto il corpo. Nella realtà, questo potrebbe causare la caduta del soggetto una prima volta, ma ripetendo l esperimento il soggetto, messo in allerta, riesce a cambiare i set posturali dei riflessi in gioco. Invece di attivare il tricipite della sura, nel caso specifico, attiverà il muscolo antagonista (tibiale anteriore). Sono le risposte transcraniche M2-M3, che hanno la maggiore adattabilità, ad intervenire. ANTICIPATORIETÀ Le risposte posturali riflesse sono anticipatorie. Durante l esecuzione di un gesto motorio volontario, la posizione del corpo nello spazio cambierà inevitabilmente, e quindi sarà necessario aggiustare il tono posturale. Ma tale modulazione posturale, avviene ben prima dell esecuzione dell atto volontario. Esperimento (2) 44

47 Viene chiesto ad un soggetto di aprire una porta. Nell aprire la porta il soggetto dovrà impugnare la maniglia e contrarre il bicipite brachiale tanto quanto basti per superare la resistenza (porta). Per evitare però che durante l atto, la porta non venga aperta e che il corpo si trascini in avanti, occorre attivare i muscoli della loggia posteriore della coscia ed il tricipite della sura che avranno il compito di vincolare il soggetto al terreno. Registrando l attività elettromiografica del bicipite brachiale e del tric. sura e, si noterà che la contrazione di quest ultimo avviene prima che il bicipite brachiale si contragga! osserviamo che l attività elettrica del muscolo che ci tiene fermi nello spazio si attiva prima del bicipite. Il SNC sa ciò che succede quando io apro una porta (io mi sposto verso la porta e la porta verso di me) quindi attivo in maniera anticipata la struttura che mi consolida il movimento oppure sollevo la mia gamba di destra cosicché il baricentro cada all esterno della mia base di impianto, mi sposto dunque a sinistra. Esperimento (3) Siamo in ascensore e dobbiamo giungere al secondo piano. Se sbagliamo premendo il tasto 3 al posto del tasto 2, si genera tutta una serie di risposte non volute che il meccanismo della postura aveva costruito anticipatamente, già consapevole delle variazioni di gravità quando l ascensore si ferma. Tutte le altre risposte dette in feedback vengono dopo. Il sistema nervoso, quando può immaginare cosa avviene prima, costruisce centralmente il movimento e ne dà la risposta anticipatamente. Molti dei nostri atteggiamenti posturali avvengono anticipatamente. Dunque noi correggiamo la postura prima del gesto volontario, e se potessimo prevedere anche un ipotetico gesto passivo che interviene (es. spinta), noi aggiusteremmo anche la postura in maniera predittiva. Ogni qualvolta spostiamo un arto al di fuori del nostro baricentro (e questo si verifica in maniera più accentuata per l arto inferiore rispetto al superiore a causa del nostro bipedismo) per esempio sollevandolo lateralmente, la spalla contro laterale si inclinerà rispetto al piano orizzontale, ed i muscoli dell arto inferiore controlaterale si contrarranno pochi ms prima dell inizio del movimento. (proprietà anticipatoria). STRATEGIA DI CAVIGLIA E DI ANCA Durante il movimento in avanti, io posso correggere tale perturbazione, o attraverso un oscillazione all indietro dell anca oppure con una flessione del ginocchio e conseguentemente della caviglia. Sono entrambe strategie valide, e la scelta di una o l altra è utile a seconda della condizione. Ad esempio, se la base d appoggio è abbastanza ampia, il soggetto tenderà a correggere il movimento attuando la strategia della caviglia. Al contrario, se la base di appoggio è ridotta (vedi ballerina su una trave), il soggetto sarà portato a mantenere la postura utilizzando la 45

48 strategia d anca, tenendo cioè immobile il ginocchio e la caviglia, e spostando in senso dorsale l articolazione coxo-femorale. Una ballerina su una superficie piana oscilla e corregge mediante flessione del ginocchio e flessione della caviglia e si rimette dritta semplicemente correggendo la parte inferiore del suo asse, se invece si appoggia su di una trave, vincolo molto piccolo, è a rischio di cadere ogni volta che oscilla, irrigidisce la caviglia sul vincolo spaziale e corregge con una strategia d anca. Gli atleti, al contrario, oscillano molto poco, ma normalmente cambiando la superficie d appoggio, cambia la strategia strutturale. Esistono numerosi recettori periferici deputati a sentire movimenti, scorrimenti dell immagine sulla destra. Sicché se il mio corpo e la mia testa oscillano, ecco che l immagine tenderebbe ad oscillare. Ecco allora che i coni, ma soprattutto i bastoncelli della retina, catturano quest immagine, informazione di movimento, che giunge al diencefalo e determinerà risposte oculari e posturali. Il sistema visivo, attraverso l aspetto più centrale della retina, valuta le posizioni dello spazio in funzione di come è la testa rispetto al piano verticale. Il luogo in cui convergono le informazioni propriocettive, vestibolari e le informazioni visive è l area vestibolare del lobo parietale. Qui convergono le informazioni, vengono confrontate per fare in modo che la risposta sia congrua alle variazioni ambientali. SISTEMA VESTIBOLARE Situato dietro alla coclea, consiste di canali semicircolari, e due recettori, organi otolitici: utricolo e sacculo. Due importanti segnali attivano il sistema vestibolare: accelerazioni angolari; accelerazioni retto-lineari. Le accelerazioni retto-lineari comprendono la forza di gravità. Questi recettori (utricolo e sacculo) conoscono esattamente come è posizionata la testa in assoluto rispetto allo spazio e non rispetto al corpo. Attraverso queste informazioni, altri sistemi riescono a mettere in atto una corretta disposizione spaziale. A determinare un accelerazione angolare o retto lineare sono diversi movimenti. L apparato vestibolare mette in atto un insieme di riflessi atti a determinare la posizione della testa, ed i riflessi visivi. Questi riflessi saranno atti a correggere la posizione dell occhio e della testa. Tali riflessi si originano dai recettori angolari. I recettori rettolineari sono pure capaci di attivare i riflessi oculari e cervicali, ma questi recettori assumono notevole importanza perché danno origini a fasci vestibolo-spinali o vestibolo-collico in grado di correggere la posizione posturale. Pertanto, per quanto riguarda la correzione dell aspetto posturale, essenziali sono i riflessi che nascono dalle accelerazioni retto lineari. Per quanto riguarda invece i recettori per le accelerazioni angolari, assumono particolare importanza nei riflessi oculari e quelli rotatori della testa. Nei canali semicircolari è contenuta l endolinfa, liquido che segue per inerzia i movimenti della testa. Questo permette di evidenziare tutte le variazioni di velocità, cioè le accelerazioni. Il nostro sistema sensoriale quindi è stimolato da perturbazioni dello stato di quiete, cambiamenti di velocità, è deputato cioè a registrare i movimenti della testa all origine. 46

49 Ciò consente di anticipare di molto le risposte motorie, perché siamo così in grado di anticipare la direzione del movimento. Ecco come, per esempio, riusciamo anche muovendo la testa, a tenere fermi gli occhi nello spazio perché il sistema vestibolare riesce ad anticipare di molto la percezione del movimento. Es. Soggetti con neurinomi del nervo acustico, sottoposti ad operazione chirurgica con conseguente perdita dell udito e del sistema vestibolare. Sebbene il S.N. possegga numerosi meccanismi adattativi che consentono al sist. propriocettivo ed al visivo di diventare più responsivi, per supplire alla mancanza della funzione vestibolare, ciò causa ad esempio l impossibilità di andare in bicicletta su un terreno un po disconnesso. Nei soggetti normali, ciò non comporta alcun problema, perché vengono messi in moto i riflessi oculari che tengono l immagine ferma, senza sbalzi. I nostri occhi correggono continuamente il movimento, contrastando quelli passivi del capo. Se la testa va in su allora l occhio va in giù e viceversa per non perdere l orientamento. Tali riflessi oculari sono completamente assenti nei pazienti con danno vestibolare. Esperimento (1) Gatti con toni normali: gli sperimentatori hanno iniziato con l asportazione della corteccia ed il tono non è variato. Poi hanno compiuto tagli a livello intercollicolare, tra il collicolo superiore ed il collicolo inferiore, dopo pochi istanti l animale mostra una iper-estensione (aumenta il tono muscolare degli estensori). Cosa è successo? È accaduto che abbiamo levato il centro che va ad inibire l attività γ, sicché l attività γ è aumentata moltissimo, il fuso è diventato estremamente sensibile alla variazione della gravità e la risposta è iper-estensione. Tale ipertonia è dovuta ai γ motoneuroni. Poiché se si vanno a tagliare le radici dorsali che portano al sistema nervoso le informazioni dei fusi neuromuscolari, tale ipertonia scompare. Questo significa che il flusso dei propriocettori è aumentato notevolmente di intensità. Chi ha fatto aumentare l intensità del fuso? I γ motoneuroni. Da tale primo esperimento si è potuto affermare che il taglio ha levato un area inibitrice per i γ motoneuroni: il nucleo rosso è un potente inibitore dell attività estensoria antigravitaria. Esperimento (2) Si taglia a livello di B (metà ponte) e l ipertonia scompare. Tra il taglio nel punto A ed il taglio nel punto B ci deve essere un area che ha una intra-attività γ, si tratta dell area della reticolare ponto-mesencefalica: Si tratta di fasci che viaggiano medialmente nel midollo spinale e sono potenti attivatori dei muscoli estensoriantigravitari. L ipertonia quindi scompare e compare una leggera ipotonia. A livello bulbo-pontino si è osservata un area inibitrice dei muscoli estensori. Esistono anche altre aree che possono modificare il tono muscolare, ma questa volta direttamente agendo sugli α motoneuroni, si tratta dei fasci vestibolo-spinali. Normalmente questi sono inibiti dal cervelletto che bombardano gli α motoneuroni. Una particolare lesione detta lesione ischemica che elimina la parte anteriore del cervelletto genera ipertonia che permane anche tagliando le radici dorsali (attivazione diretta dei motoneuroni). 47

50 Qualsiasi lesione legata alla capsula esterna provoca un incremento del tono γ ed il soggetto ha un estrema difficoltà nel rilassarsi, gli arti sono ipercontratti ed una classica posizione di emiplegia è una ipertonia dei muscoli antigravitari. Tali alterazioni provocano gravi alterazioni posturali. In caso di Parkinson, si ha uno squilibrio dell innervazione motori. C è un influenza neurochimica da parte dei sistemi adrenergici e serotoninergici che attivano o inibiscono il tono centrale. Immaginiamo l allungamento dell avambraccio sul braccio: per riflessi posturali, esisterà qualcosa che si opporrà a ciò. Nel tempo il muscolo flessore è stato stirato, e determina una risposta riflessa che attiva il bicipite. Il tutto può essere osservato mediante tracciato miografico. Si compie una somma di tutte queste oscillazioni e alla fine avremo la quantità elettrica che si è sviluppata. Immaginiamo la quantità elettrica che si è sviluppata mediante una linea, se sale di più vuol dire che c è più quantità elettrica. SISTEMA VESTIBOLARE Il sistema vestibolare è capace di rilevare le accelerazioni retto-lineari attraverso i recettori dell utricolo e del sacculo e le accelerazioni angolari attraverso i recettori dei canali semicircolari. Il sistema vestibolare partecipa con la propriocezione alla formazione del cosiddetto schema corporeo, ma contribuisce anche con altri riflessi che sono connessi con la postura, come per esempio il riflesso vestibolo-oculare o vestibolo-cervicale. Il sistema vestibolare si trova nella parte posteriore della rocca petrosa. Determina effetti a livello posturale, comprende aspetti particolari forse impropriamente inclusi nel concetto della postura come la stabilità degli occhi quando si muove la testa o la stabilità del capo quando il tronco si muove in relazione alla testa; sono anche questi aspetti posturali di mantenimento ma concernono la posizione della testa e degli occhi e non l equilibrio globale. Per quanto riguarda la funzione generale dell equilibrio e della postura rileva cambiamenti molto rapidi che la propriocezione riesce a fare ma non con la stessa sensibilità del vestibolare. Strutture: sacculo utricolo 48

51 canali semicircolari posizionati nel piano orizzontale, due per lato (bilaterali), disposti 30 avanti rispetto alla normale posizione della testa. I canali orizzontali invece percepiscono rotazioni sul piano orizzontale canali anteriori e posteriori posti a 45, quello anteriore verso l avanti e il posteriore verso dietro, sono chiamati impropriamente canali verticali perché sentono la verticalità. 1. Se ruotiamo la testa sul piano frontale abbiamo i canali anteriori di destra e posteriori di sinistra che sono attivati e gli altri due inibiti. 2. Se lo facciamo in direzione contraria abbiamo l effetto opposto. 3. Se invece ci muoviamo sul piano sagittale verso il davanti abbiamo l attivazione dei canali anteriori e l inibizione dei posteriori, 4. Se ci muoviamo verso il dietro abbiamo anche qui l effetto opposto (inibizione anteriori e attivazione posteriori). Perché i canali semicircolari sentono l accelerazione angolare? Questi canali sono strutturati in modo tale che un liquido all interno del canale membranoso (l endolinfa) possa muoversi tramite correnti ampullipete (verso le ampolle) ampullifughe (lontano dalle ampolle). Le ampolle sono la dilatazione al termine dei canali semicircolari dove sono collocati i recettori sensibili al movimento. Il movimento della cresta che cosa comporta? determina lo spostamento della cresta, provoca una deformazione delle stereociglia e del chinociglio che cambiano posizione e le cellule ciliate saranno attivate. Nella rotazione della testa verso un lato, per esempio a sinistra, il canale si muove verso sinistra ma il liquido all interno del canale semicircolare rimane fermo. Quindi relativamente alla struttura ossea il liquido si muove. In effetti si sposta. Da una parte entra nell ampolla, a corrente ampollipeta, dell altra parte fuoriesce dall ampolla, a corrente ampollifuga. Si tratta di cellule ciliate (quindi con prolungamenti al loro terminale); il movimento di queste ciglia determina l apertura dei canali per il K + e quindi eccitazione. Se il movimento delle stereociglia è verso il chinociglio comporta eccitazione mentre se è di allontanamento dal chinociglio si ha inibizione. 49

52 Il movimento della testa va a disturbare la cresta ampollare: il movimento del liquido tende a far curvare la cresta che deforma le stereociglia. L informazione verrà poi trasportata dal nervo vestibolare ai nuclei vestibolari. Per i canali semicircolari in particolare sono coinvolti il nucleo mediale e il superiore. L accelerazione, cioè la variazione di velocità, è l elemento determinante lo spostamento del liquido all interno dei canali. Esempio della bottiglia d acqua: se produco un accelerazione il liquido nella bottiglia va al lato opposto al mio movimento. Se invece mi muovo a velocità costante il liquido non si muove. (slide 23) Il canale non è mai su un piano orizzontale, ma lievemente inclinato in avanti. I canali semicircolari hanno tale disposizione per motivi puramente fisici, se io pongo 3 canali nello spazio in modo ortogonale posso sentire qualsiasi movimento, le forze si scompongono secondo la direzione dei canali semicircolari. Perché esistono due coppie (3 canali per lato)? È un meccanismo con cui i segnali riescono a essere più potenti (potenziamento delle risposte) e se dovesse verificarsi una qualsiasi lesione di un lato, le alterazioni possono essere recuperate per l esistenza del controlaterale. Osservo nella figura in alto che ruotando la testa nella direzione della freccia (verso dx), il liquido va verso sinistra quindi entra nel canale a corrente ampullipeta, che nei canali semicircolari orizzontali attiva la fibra nervosa. Nel lato opposto il liquido si allontana dall ampolla e quindi si avrà inibizione. I canali orizzontali sono attivati dalle correnti ampullipete mentre I canali verticali dalle ampullifughe, quindi si inverte il segno. Le stereociglia sono tutte ben orientate verso il canale, la loro disposizione spaziale rispetto al chinociglio determina l eccitazione o l inibizione. Se vi faccio ruotare con la sedia girevole a velocità costante a occhi chiusi dopo un po non sentite più niente, questo indica che non è la velocità a stimolare i canali ma l accelerazione. (slide 24) Il liquido entra e sposta le stereociglia verso il chinociglia e questo movimento determina l apertura di canali ionici, nel liquido è molto abbondante il potassio, quindi nella cellula entra K + poiché la cellula ha un potenziale di membrana negativo. K + entra dentro e crea una depolarizzazione cellulare. Qui c è una classica sinapsi tra una cellula effettrice e la fibra afferente che si avvolge a calice intorno al corpo cellulare e riceve un mediatore chimico, spesso il glutammato, cosi si ha depolarizzazione. Se invece il liquido fuoriesce dall ampolla avremo che le stereociglia si allontanano dal chinociglio, di conseguenza si chiudono i canali per il potassio e la cellula si iperpolarizza. Questo è il meccanismo di trasduzione. Esiste quindi una connessione tra stereociglia e chinociglia detta tip-link e ogni volta che questo sistema viene sollecitato si ha una apertura o chiusura dei canali ionici. 50

53 Vediamo il recettore con il chinociglio C e le stereociglia S, avviene una deformazione che fa piegare le stereociglia verso il chinociglio, K + contenuto ad elevata concentrazione nell endolinfa, entra nel canale, la cellula viene depolarizzata e rilascia il mediatore chimico (spesso il glutammato). Il neurone afferente porterà l informazione in modo impulsivo. La frequenza sarà proporzionale allo stimolo. Si avrà quindi un segnale di attivazione. Se le stereociglia si allontanano dal chinociglio si ha inibizione. I recettori non sono tutti uguali, hanno una sensibilità dinamica diversa, ci sono recettori capaci di rispondere più intensamente rispetto ad altri. Ad essi corrispondono strutture cellulari diverse, i hanno una struttura a fiasco, quelli di tipo 2 a cilindro. Le cellule a fiasco sono maggiormente sottoposte ad attivazione, le sue sinapsi sono particolari ed entrano all interno della cellula. Si osservano nuovamente le stereociglia più piccole, il chinociglio più alto e il canale che fa entrare il K +. L avvicinamento delle stereociglia al chinociglio produce lo stiramento del punto di contatto che apre i canali e il K + entra. Ovviamente dal lato opposto si chiuderà il canale. RISPOSTE DELLE FIBRE AFFERENTI VESTIBOLARI (slide 27) Immagine B Immagino che sono fermo, inizio a ruotare a velocità costante e poi mi rifermo. L accelerazione c è stata all inizio, quando da velocità zero mi sono mosso a velocità x e poi quando mi sono fermato. La forza nello spingere trova strutture come le creste ampollari che tendono lievemente a muoversi e a ritornare lentamente indietro. La cresta ampollare si è mossa con un po di ritardo e ha deformato il segnale. Come scaricano le fibre che hanno sentito questa accelerazione? In maniera abbastanza simile, quando la cresta si muove la frequenza aumenta mentre quando la cresta si muove in senso opposto la frequenza diminuisce. Questo segnale non è più espressione dell accelerazione, è stato capace di durare un po di più nel tempo, il segnale comincia a essere un po più tardivo. Immagine A È raro che io muova la testa con una certa velocità e poi continuo stabilmente. Normalmente la testa si muove e si ferma, poi si muove e si arresta rapidamente. C è un accelerazione e poi, subito dopo, una contro accelerazione, due segnali: uno in più e uno in meno, l accelerazione e la decelerazione successiva. La scarica del neurone che entra nel mio SNC non riflette l accelerazione. 51

54 GUADAGNO E FASE Voglio analizzare come risponde questo sistema nel tempo. Un sistema può rispondere diversamente a seconda del segnale che entra e in particolare in relazione al segnale. Un modo molto semplice è di far oscillare il soggetto, l oscillazione sinusoidale indicata con la linea nera è un oscillazione di posizione. Si osservi nell immagine la posizione del soggetto. La velocità è uno step di derivazione anticipato e sicuramente per uno stimolo sinusoidale ha l andamento rappresentato dalla curva blu. La velocità è massima a metà strada del movimento pendolare, nella posizione b. In posizione a e c non ho velocità. Il massimo di accelerazione si ha nella posizione iniziale a, quando cambio di direzione. Quindi lungo un tragitto sinusoidale: in posizione a, quando la testa inizia a muoversi in una direzione, ho il picco di accelerazione, in posizione b ho il picco di velocità in posizione c il massimo di spostamento. La linea rossa di accelerazione è quella che ha mosso il canale semicircolare mentre la scarica delle fibre che entrano nel sistema nervoso a motivo della viscosità e elasticità delle creste è proporzionale alla velocità, quindi la scarica più intensa è proprio a metà strada dove la velocità è massima. Ecco perché si può dire che lo stimolo è in fase con l accelerazione ma l ingresso dei segnali nel mio sistema nervoso è in fase con la velocità. MOVIMENTI OCULARI RIFLESSI: RIFLESSO VESTIBOLO-OCULARE Gli otorini, per testare l efficienza del sistema vestibolare, vanno a stimolare il riflesso più semplice che i canali semicircolari possano generare. Induce con certezza risposte sui muscoli del collo: riflessi vestibolo-cervicali. Questi riflessi servono a impedire che qualcosa ci faccia ruotare la testa nello spazio. Io cammino e la testa tende a oscillare continuamente, dobbiamo evitare queste oscillazioni e i canali semicircolari verticali impediscono una costante oscillazione della testa, vanno ad attenuarla. Ancora più evidente è un riflesso, che ha a che fare un po meno con la postura, ma è comunque un riflesso posturale: riflesso vestibolo-oculare. Questi riflessi consentono di mantenere gli occhi fermi nello spazio mentre noi ci muoviamo. Questo riflesso ci permette di continuare a vedere bene le immagini mentre camminiamo. Ad ogni movimento della testa verso il basso corrisponde un movimento verso l alto dell orbita e l occhio rimane fermo. È un riflesso che stabilizza lo sguardo. I clinici testano questo riflesso non appena un soggetto si senta vertiginoso, instabile. I riflessi che vengono sollecitati dalla rotazione della testa devono essere molto rapidi, mentre io oscillo la testa su e giù quando cammino o vado in bicicletta i riflessi devono poter far muovere gli occhi in direzione contraria, cioè sollecitare il riflesso vestibolo-oculare. il vestibolo sente il cambiamento della testa e gli occhi rispondono. Riesco a vedere bene davanti a me se alla rotazione del capo corrisponde un movimento degli occhi di segno contrario e di ampiezza identica. Altrimenti le immagini scorrono sulla retina e vedo tutto offuscato. 52

55 Il movimento di riflesso oculare deve essere in fase con la posizione della testa. Il segnale che entra nel sistema vestibolare è in fase con la velocità e la risposta riflessa deve essere in fase con la posizione, quindi deve ritardare un pochino meno. Ci sono fibre afferenti, i nuclei vestibolari (in particolare mediale e superiore), poi c è un altra cellula che va a finire nei nuclei del III, IV e VI nervo cranico. Questa è la via che io chiamo via diretta. Tre neuroni raggiungono movimenti oculari e gli occhi si muovono. Ma per i fisiologi è molto importante la via indiretta. È la via che passa attraverso l integratore centrale. Ci sono cellule con caratteristiche particolari che tendono a integrare il segnale diversi interneuroni, tutti si trovano nei nuclei vestibolari. Il tutto attiva con un po di ritardo i muscoli attraverso la stimolazione dei motoneuroni. Se per esempio muovo la testa a sinistra gli occhi vanno a destra, se io vado a destra gli occhi vanno a sinistra, con una deviazione molto rapida. È molto rapida perché il canale semicircolare è rapidissimo a percepire il movimento che parte in seguito ad accelerazione. Se fosse partito con la velocità non avremmo avuto un riflesso oculare sufficiente la nostra testa nello spazio. Deve partire subito l afferenza, per poi gradualmente uscire fuori. Ma in che relazione temporale deve stare il movimento oculare mentre un uomo devia verso destra o sinistra? Una relazione con la posizione, cioè se la testa ruota di 10, anche l occhio deve girare di 10. Quindi c è la relazione temporale tra il movimento della testa e il movimento degli occhi deve essere in fase con gli occhi (in fase con il punto c dell immagine precedente). Questo permette di tenere lo sguardo sempre fermo, qualsiasi posizione assuma la testa. Il segnale entra in anticipo con l accelerazione, viene un po integrato dalla cresta e va in fase con la velocità e ora deve diventare ancora più lento per andare in fase con la posizione. Deve passare un altro step, un altra integrazione. Chi rallenta questo segnale? il muscolo. L evento contrazione eccitazione non è immediato, tarda 5-6 ms, poi tarda ancora per i meccanismi di actina-miosina. Il muscolo non è così rapido, subisce l effetto di questa scarica potente di contrazione però realizza un movimento oculare in maniera tardiva. L operazione di integrare la velocità in posizione non viene operata solo da strutture fisse come i muscoli ma dal sistema nervoso che si mantiene dentro uno spazio integrativo, cioè un circuito che può integrare in + o in - a seconda delle necessità. Cioè per passare dal segnale di ingresso (in fase con la velocità) a un segnale ritardato (in fase con la posizione) io ho bisogno, non solo del ritardo del muscolo, ma devo introdurre anche il ritardo del sistema nervoso, che si realizza attraverso circuiti. Quindi c è un ritardo notevole rispetto agli occhi. È per quel ritardo che il riflesso vestibolare deve partire molto prima. Questo riflesso non può rimanere costante, deve sistematicamente sistemarsi a seconda del bisogno. Non posso costruire una rete nervosa fatta in quel modo e uguale per sempre, anche perché appena appoggiate sul vostro naso un paio di occhiali, le lenti normalmente cambiano la presentazione sulla retina del mondo esterno, o amplificano o riducono a seconda del difetto visivo. Perciò con il movimento della testa di 5, il campo visivo si può muovere di 15 o anche di 2 soli. Il riflesso deve essere ricalibrato, dev essere aggiustato secondo i bisogni. Quindi abbiamo una prima integrazione che la fa la cresta ampollare che ritarda, una seconda integrazione la fanno i muscoli che ritardano, ma c è bisogno ancora di un altra integrazione che viene compiuta dal sistema nervoso. Il SNC, l integratore centrale, è un insieme di cellule che riescono a produrre un ulteriore integrazione e quindi un ritardo. Quest ultimo ritardo è 53

56 fondamentale perché i ritardi delle creste e dei muscoli sono sempre quelli, non cambiano. Ma con il SNC sappiano che basta una minima sinapsi per modificare enormemente l entità del riflesso. Perché il sistema nervoso ha questo compito di integrare eventualmente in più o in meno? Proprio perché non tutti noi abbiamo gli stessi muscoli e lo stesso impianto oculare. Ognuno di noi potrebbe avere bisogno di un azione motoria diversa. Non può lasciare la correttezza di questo riflesso alla correttezza dell anatomia, perché non c è questa perfetta corrispondenza. Il sistema nervoso sa catturare l informazione dall esterno, apprendere e modificarsi, e quindi modificare l entità della risposta del riflesso vestibolo-oculare. Il sistema nervoso aumenta o diminuisce il processo di integratore centrale. Nell immagine vedo la testa che si muove, l endolinfa nel canale semicircolare che va in direzione opposta, lo stimolo del canale e il riflesso indicati dalle frecce. Dai recettori ampollari si passa ai nuclei vestibolari, da qui si dipartono le fibre vestibolo-oculari che caratterizzano le vie dirette e fibre che vanno all integratore centrale, un insieme di cellule con caratteristiche particolari capaci di accumulare l informazione, che fa muovere, insieme alla via diretta, gli occhi. Questa è una risposta adeguata. Questo integratore riceve anche l informazione visiva dal flocculo che è utile per guidare le risposte. Se muovo la testa verso il basso e io rispondo in maniera adeguata le immagini non scorrono sulla retina perché restano fisse. Se, in seguito a un alterazione del sistema, gli occhi si muovono un po di meno le immagini scorrono e il visivo si accorge che le immagini scorrono sulla retina. Il visivo attraverso vie molto precise condiziona queste risposte. Il cervelletto ha capacità plastiche, è capace attraverso l induzione di LTP o LTD di modulare, di apprendere e modificare la potenza di questi integratori. Se l occhio si è mosso poco aumenta la potenza, così che il soggetto riesce con il suo occhio a rimettersi a posto e muoversi in maniera adeguata. Basta breve tempo per riaggiustare. L integratore centrale è la parte modulabile-adattabile del riflesso vestibolo-oculare. RIFLESSO VESTIBOLO-OCULARE Ad ogni movimento della testa gli occhi rispondono con un movimento in direzione opposta, ad esempio: se vogliamo osservare qualcosa che sta alla nostra sinistra gireremo il capo a sinistra, contemporaneamente i nostri occhi andranno a destra. Questo tipo di risposta prende il nome di fase lenta compensatoria ed è la classica risposta fisiologica. Si definisce lenta perché lento si presuppone il movimento dell oggetto che osserviamo; se l oggetto fosse più rapido allora sarebbe più rapida anche la fase. In realtà però, se fossimo al buio, la risposta pura vestibolare sarebbe più complessa e si potrebbero osservare più fasi. 54

57 Avremo: sia delle fasi lente, date dalla risposta compensatoria, che assicurano la stabilità dello sguardo durante i movimenti rapidi della testa, sia delle fasi rapide che interrompono la rotazione degli occhi e servono a dirigere lo sguardo nella stessa direzione del movimento del capo. Questo tipo di fase prende il nome di fase rapida anti-compensatoria. Quest ultima dal punto di vista funzionale è importante nel movimento volontario di spostamento, perché consente transitoriamente di mantenere lo sguardo nel punto d interesse, e spostarsi fasicamente in avanti, momento per momento. Dal punto di vista clinico invece nel caso in cui vi siano alterazioni funzionali, come una labirintite che alteri una cresta o le fibre afferenti, o un tumore che vada ad escludere un recettore si può osservare il nistagmo (dal greco νυσταγμός, «sonnolenza»). L otorino mette nell orecchio esterno dell acqua calda o fredda. L acqua calda trasferisce temperatura all orecchio e mette in moto l endolinfa che si muoverà nell orecchio verso le parti più calde. Il medico chiede al paziente di mettersi a 60 verso dietro e così facendo porta i canali da orizzontali a verticali. E poi inietta il liquido caldo, che entra, si diffonde il calore e l endolinfa comincia a muoversi. Entra nella cresta stimolandola, producendo un movimento continuo, non breve come quello che succede quando muoviamo la testa. È un movimento molto più intenso, che stimola l attività delle fibre afferenti finché viene fuori il riflesso, l occhio si muove in direzione opposta e siccome l occhio non può uscire fiori dall orbita viene riportato subito indietro. Durante la rotazione abbiamo più o meno l occhio che rimane stabile, poi perde il punto per un breve istante, poi ritorna stabile, e così via finché non ci fermiamo. In questo modo abbiamo la certezza di vedere bene in tutti i punti in cui l occhio ritorna stabile, avendo alla fine una panoramica di ciò che abbiamo intorno e che abbiamo visto in seguito alla rotazione completa della testa. È quindi un movimento lento compensatorio alla fase rapida. Lo si può avere per lesioni centrali gravi, per lesioni del cervelletto e in tutte le condizioni in cui il labirinto vestibolare viene leso (labirintite). Un mio amico che ha subito questo danno riferisce che riesce ad andare in bici se la via è asfaltata e senza buche, ma se la via presenta delle buche o la bici oscilla a causa della ghiaia, lui non riusciva a mantenere l equilibrio e ad equilibrare i movimenti in risposta alle oscillazioni della bici, poiché gli occhi ballavano, non rimangono fissi. Il riflesso quindi è fondamentale per la stabilità della testa e degli occhi. Il nistagmo è un movimento degli occhi di fase lenta interrotto da fase rapida. È una risposta patologica data da uno sbilanciamento in cui un lato risulta più attivato dell altro. Può avvenire ruotando la testa ma è evidente quando il soggetto è fermo. Osserveremo infatti che i suoi occhi mostrano movimenti alternati lenti e rapidi, poiché avrà uno dei due lati lesi e quello sano risulterà costantemente stimolato. Tutto ciò si traduce in una sensazione continua di rotazione del capo. 55

58 La differenza tra fisiologi e clinici è che i primi definiscono il nistagmo secondo la direzione in cui va la fase lenta dell occhio, se va a sinistra diranno che il nistagmo batte a sinistra, i secondi invece lo definiscono in funzione della fase rapida, diranno quindi in che il nistagmo batte a destra. (Oltre che una risposta patologica, il nistagmo può essere anche una risposta fisiologica ma nei confronti di stimoli estremamente intensi). Nel caso di un soggetto che accusi nistagmo, sperando che la lesione non riguardi il cervelletto, il tronco dell encefalo o la corteccia, ma sia una labirintite, come dobbiamo comportarci? Se il nistagmo batte a destra (secondo la terminologia clinica), e gli occhi vanno lentamente a sinistra potremmo pensare che il lato di sinistra è leso, e che il nistagmo batte dal lato stimolato. Ma i nervi vestibolari come mai sono stimolati se il soggetto è fermo? Questa differenza di stimolo è data dalla presenza di un attività di scarica di base. Per esempio: in condizioni fisiologiche, mentre sto fermo, entrambi i nervi vestibolari di destra e di sinistra introducono circa 40 impulsi al secondo, ed essendo le scariche di base uguali il sistema nervoso comprende di stare fermo. Se ci muoviamo, la scarica aumenterà dal lato in cui ci muoviamo arrivando a 50 impulsi al secondo e diminuirà dall altro con 30 impulsi al secondo. Tra i due nervi però, in realtà, esiste un sistema inibitorio crociato, per cui ciascun nervo vestibolare tende ad inibire l intensità di scarica dell altro. Per cui normalmente il lato dove avviene il movimento inibirà il nervo vestibolare controlaterale portandolo ad una frequenza di scarica di 25 impulsi al secondo. Quest ultimo nervo vestibolare, essendo inibito, non potrà inibire l altro che quindi sarà libero di arrivare a 60 impulsi al secondo. Il sistema inibitore crociato è dunque importante per esaltare le risposte. Questo meccanismo è alterato in condizioni patologiche e provoca una sintomatologia che comprende forti sensazioni di rotazione della testa e vertigine, traducendo il nistagmo in un fenomeno percettivo. Questo perché in presenza di lesione si hanno zero impulsi al secondo dal lato leso, il quale è incapace di inibire l altro che risulta così continuamente attivato. Per fortuna il nostro sistema vestibolare ha una capacità di modificarsi assai elevata e nella lesione vestibolare in molti casi, ma non in tutti, è frequente il compenso vestibolare, ovvero la capacità di ribilanciare il sistema. Il nostro organismo è in grado, con il tempo, di abbassare l attività di scarica della parte sovraeccitata, e rialzare quella del lato leso di modo da perdere la sensazione di vertigine. In ogni caso però, il lato leso non riuscirà a percepire movimenti da quel lato, in particolare se rapidi. Altri sistemi importanti suppliscono alla funzione vestibolare: il visivo e il propriocettivo diventano più potenti. 56

59 RIFLESSO OPTOCINETICO (argomento da esame) Quando ruoto la testa alla luce oltre al riflesso vestibolare c è il riflesso optocinetico. Se muovo la testa a sinistra, il canale semicircolare se ne accorge e induce il riflesso vestibolo-oculare. Se immaginassimo però che non ci sia questo riflesso e gli occhi siano fermi a guardare delle immagini che scorrono (es: guardare un treno che passa), queste scivolano sulla retina in senso contrario e stimolano specialmente i bastoncelli posti nella periferia della retina che sentono il movimento totale, ovvero scorrimenti di immagine, gli impulsi nervosi vanno verso il sistema nervoso centrale, più o meno nella zona del pretetto e finiscono nei nuclei vestibolari, nel cervelletto e determinano una risposta oculare. (Circuito rappresentato nell immagine). Quando poi lo stimolo diventa molto intenso si ha il nistagmo ortocinetico. L occhio insegue il movimento dell immagine, e così mantiene la stabilità. Il riflesso opto-cinetico in clinica si attiva facendo scorrere immagini davanti agli occhi e questi si muovono. L occhio si muove manifestando il classico movimento da nistagmo, ma essendo indotto dalla luce delle immagini e non dal movimento, prende il nome di nistagmo optocinetico. INTERAZIONE VISO-VESTIBOLARE Dunque a far muovere gli occhi e a mantenere la stabilità dello sguardo esistono due riflessi: il riflesso vestibolo-oculare e il riflesso optocinetico, i quali cooperano tra loro. Che differenza c è tra questi due riflessi? 1. Innanzitutto, è vero che cooperano, ma l uno non può sostituire completamente l altro perché sono due riflessi diversi, con funzioni diverse. il riflesso vestibolo-oculare è molto capace di effettuare una risposta per movimenti rapidi della testa, il riflesso optocinetico invece per movimenti lenti (parte con la velocità e non l accelerazione). Questo perché le fibre del riflesso optocinetico hanno bisogno di essere attivate, passano circa 40 ms prima che l informazione arrivi al sistema nervoso, il quale poi darà una risposta adeguata. Si dice che il riflesso vestibolo-oculare sia feedforward perché sa quanto si muove la testa e realizza il riflesso, ma non sa quello che ha realizzato. Riceve lo stimolo e dà una risposta. Il vantaggio di un riflesso in feedforward è che è molto rapido e non ha bisogno di controsegnali, sente la rotazione e muove l occhio. Il riflesso optocinetico invece è in feedback, ovvero nasce dallo scorrimento delle immagini, e sa se queste non scorrono sulla retina tramite sistemi di controllo che tendono a un continuo miglioramento. Essendoci una serie di segnali in più per forza di cose darà dei movimenti lenti. Ma allora come fa il riflesso vestibolare a sapere di aver mosso bene gli occhi? in effetti non ha un ritorno, ed è per questo che ha bisogno 57

60 della cooperazione con l optocinetico. Se io muovo la testa 20 /sec verso sinistra e gli occhi si muovono 19 /sec verso destra mi manca quell 1 /sec. L 1 /sec viene percepito benissimo dall optocinetico perché è sensibile a velocità più basse. Quindi un riflesso in feedback visivo corregge un riflesso feedforward vestibolare. Ecco la cooperazione nonostante abbiano ambiti diversi. 2. Il riflesso optocinetico può correggere il riflesso vestibolare perfezionandone la risposta, ma non avviene il contrario. 3. Il riflesso optocinetico ha capacità suppletive, ovvero quando il vestibolare per una questione patologica produce risposte minori, il riflesso optocinetico si potenzia riuscendo a far aumentare le risposte. La visuo-vestibular calibration. Discorsi analoghi si potrebbero fare anche per i muscoli del collo (riflesso vestibolo-collo). RECETTORI OTOLITICI Sono recettori che sentono le accelerazioni retto-lineari all interno del sistema vestibolare. Perché sentono le accelerazioni retto-lineari? Nel sacculo e nell utricolo ci sono delle macule, dove sono presenti le seguenti strutture: - le stereociglia - il chinociglio - la membrana otolitica, una massa gelatinosa - gli otoconi, ovvero delle concrezioni calcaree, che pesano sulla membrana otolitica Al movimento della testa in una direzione, gli otoconi tenderanno a muoversi producendo il movimento delle stereociglia o verso il chinociglio, o dalla parte opposta. I recettori sono posti in modo diverso tra sacculo e utricolo. L utricolo ha stereociglia e chinociglio diretti verso l alto. Il sacculo ha i recettori che poggiano a lato. I recettori del sacculo aderiscono alla parete laterale del cranio e fuoriescono verso l esterno, mentre i recettori dell utricolo si appoggiano sul pavimento del labirinto e fuoriescono verso l alto. Il sacculo pertanto sente bene il movimento dell ascensore, ovvero le accelerazioni verticali. L utricolo è invece sensibile per tutte le altre direzioni soprattutto per quelle latero-laterali. Sente anche la posizione della testa perché l accelerazione di gravità agisce su di esso, spostando le masse otolitiche. Non stimolano la pressione, ma l avvicinamento delle ciglia al chinociglio. A livello dunque delle macule del sacculo e dell utricolo è possibile percepire i movimenti in qualsiasi direzione. Se siamo in ascensore e siamo salendo verso l alto, le masse otoconiali vanno verso il basso e quando si ferma vanno verso l alto, il sacculo è particolarmente capace di rilevare questi movimenti. 58

61 Quando l ascensore parte non sposta le masse otoconiali dell utricolo, dunque l utricolo non sente le accelerazioni che vanno dall alto verso il basso. Se io però mi muovo verso sinistra l utricolo si sposta verso destra, e così a sinistra verso destra. Se io inclino la testa, la forza di gravità incide anche sull utricolo spingendo verso il basso. I movimenti della testa in alto, in dietro, in avanti, sono ben sentiti dall utricolo. Il fatto di partire con un movimento accelerativo è importante perché le masse muscolari che i riflessi devono muovere sono molto ampie. Bisogna partire molto in anticipo per attivare questa muscolatura. I riflessi in seguito alla stimolazione del sacculo e dell utricolo sono riflessi che interessano la postura, gli arti inferiori, i muscoli estensori e flessori. Se la testa ruota verso il lato sinistro del soggetto si ha un attivazione nella direzione della testa, questo fenomeno sollecita o induce un riflesso che fa si che ad ogni rotazione da un lato si abbia la rotazione dell occhio nel verso opposto, le due frecce indicano la rotazione dell occhio. Il circuito riflesso parte dai canali semicircolari, raggiunge i centri vestibolari, poi i motoneuroni quindi per esempio per la rotazione destra avrete il retto laterale. Afferenza, interneurone, motoneurone, ma ce ne sono di più complessi. Questo riflesso consente che la testa si muova ma gli occhi siano posizionati sempre nello stesso punto e l immagine rimane fissa e stabile, ecco il significato del riflesso vestibolo-oculare. Oltre a questo circuito c è quello di integrazione che permette alle risposte di porsi in termini di quantità, guadagno e irrazione di tempo a seconda delle diverse posizioni della testa gli occhi faranno dei movimenti. Questi ultimi lavorano sempre a coppia, spesso la rotazione del capo in una direzione porta a un attivazione di un lato e l inibizione dell altro lato. Un canale si dice che potenzia l altro ed è importante perché in tal modo la risposta diventa sufficientemente valida. Questo autopotenziamento dei canali è definito cross inibitory system, cioè ciò che porta all attivazione di un canale semicircolare va a inibire l altro. Normalmente il segnale proviene da un lato e l inibizione viene dalla periferia, un ulteriore meccanismo interno consiste appunto nel cross inibitory system, molto importante per adeguati movimenti oculari o per la stabilizzazione dello sguardo. Il 30-40% delle vertigini è dovuto a un distacco delle masse otolitiche che vanno a depositarsi sulla cresta del canale semicircolare, quindi quello che era un sensore angolare diventa adesso un sensore di gravità. Se per esempio un soggetto inclina la testa da un lato, le masse otolitiche vanno a spingere sulla cresta del medesimo lato e fintanto che il soggetto rimane in quella posizione, sebbene la testa sia ferma, avvertirà comunque una intensa stimolazione e una fortissima vertigine. 59

62 Nel caso di lesione omolaterale, i due nuclei vestibolari non scaricano più allo stesso modo, uno (quello normale) è attivo e l altro lo sarà di meno. Quello meno attivo non sarà capace di generare un inibizione stabile sull altro, per cui la diversità di scarica viene avvertita come vertigine (senso di rotazione intensissima). Lo svantaggio di avere due canali semicircolari è proprio che ogni piccolo sbilanciamento crea un disturbo intenso. Il vantaggio è invece che il sistema è molto sensibile e riesce a percepire piccoli segnali, inoltre tutti i disturbi vestibolari vengono rapidamente compensati compensamento vestibolare. Grazie a questo sistema, che va ad agire sul peso sinaptico a livello dei nuclei, si rende più sensibile il nucleo vestibolare meno attivo e al contrario quello più attivo viene reso meno sensibile, in tal modo di ribilancia. Per l udito o per l olfatto, per esempio, c è poco compenso. Il sistema vestibolare ha quindi creato un doppio ingresso sensoriale, si è messo rischio di sbilanciamento però ha anche meccanismi per il compenso. Adesso parliamo di strutture che stanno appena sotto i canali semicircolari, che sono invece posizionate sul piano frontale e in parte sul piano sagittale con le stereociglia disposte verso l esterno del sacculo. Nel movimento della testa verso destra ho una distorsione del sistema e ogni volta che le stereociglia vanno verso il chinociglio si ha un aumento della scarica dei neuroni afferenti, in avanti e in dietro avremo spostamenti di chinociglia e stereociglia a seconda del movimento determina una distorsione e un incremento o decremento della frequenza di scarica, questo avviene per accelerazione retta o lineare. La testa va verso l alto, il basso e ruota e va contro la gravità che è un vettore verso il basso, in realtà la posizione della testa in funzione della gravità porta ad uno spostamento proporzionale alla posizione della testa, ovviamente lo dobbiamo immaginare nel piano sagittale o frontale. Utricolo orizzontale, saccuolo laterale, le frecce della figura indicano la sensibilità delle diverse cellule, la cellula con il piccolo vettore rosso ha lo stereo ciglia in punta e le chino ciglia dietro e in base alla posizione sente la mutazione. Abbiamo la possibilità di rilevare le accelerazioni e tutte le possibili rotazioni della testa. Adesso usciamo da queste diapositive e torniamo alle nostre sulla postura. Adesso parliamo degli effetti della stimolazione dei canali semicircolari che è quella di provocare una risposta oculare, il riflesso vestibolo oculare. C è anche una componente dinamica dei canali semicircolari che influenza la posizione degli arti e del tronco ma è minore. Questi riflessi che nascono da sacculo e utricolo hanno grande importanza per la postura e ridotta importanza per quanto riguarda i movimenti oculari, un minor impatto. Quando muoviamo la testa in avanti e indietro e vediamo un punto lontano, gli occhi devono convergere e divergere e questo movimento di convergenza e divergenza degli occhi per mantenere il punto visivo nella fovea in maniera corretta è un movimento generato dal visivo, ma secondo il discorso che abbiamo fatto prima 60

63 se ci muoviamo velocemente e vediamo un oggetto che si avvicina la sola risposta visiva non sarebbe sufficiente e allora ho la risposta uditiva perché avanza la testa nello spazio. Quindi è importante l impatto del sistema otorinico con il corpo sottostante. I riflessi otolitici importanti sono quelli della via vestibolo-spinale, detti otolitico-spinali e agiscono sul piano frontale, sagittale e verticale vedete l omino indicato in figura inclina il corpo verso un lato, la gravità con una sua componente sposterà gli otoliti verso un lato, verso destra per esempio, e l attivazione dell otolita di destra verso destra è facilitatrice per i muscoli estensori, l attivazione di quello di sinistra sarà inibitrice per il lato sinistro. Così da un lato la via vestibolo-spinale attiva i motoneuroni e io non cado poiché la mia estensione mi impedisce di cadere da quel lato quindi è un importantissimo riflesso posturale. Questo riguarda anche per i movimenti verso il dietro e verso l avanti. Uno si domanda se è il vestibolare che attiva la risposta degli estensori o questo è anticipato dai propriocettori? Sono i propriocettori che per effetto della gravità sentono questo tipo di movimento e generano risposta per non allungare il muscolo. Quindi c è sicuramente un impatto del riflesso vestibolo spinale, ma è maggiore quello dei propriocettori, ha un senso che questa risposta sia un po più tardiva? Penso di sì. Sa che qualcosa si muove ma non sa come sia questo movimento nella testa. Il riflesso vestibolare nasce dalla testa e è più tardivo perché deve conoscere la situazione all interno della testa. Questi riflessi otolitici nascono a livello della testa, le risposte riflesse si fanno sentire a livello del corpo, del tronco e degli arti. Non sempre però la posizione della testa è allineata con il tronco. Quindi un riflesso vestibolo-spinale deve fare i conti anche di come è posta la testa rispetto al tronco. Non posso attivare dei movimenti del tronco senza sapere com è posta la testa nello spazio. Prende così grande rilievo la componente propriocettiva della fascia cervicale. Questo spazio di muscoli intorno alle vertebre cervicali indica la posizione della testa e quindi può indirizzare correttamente i riflessi. I fusi neuromuscolari dei muscoli del collo sono numerosissimi e potentissimi, devono percepire la posizione della testa rispetto al tronco. Notate i riflessi cervicali nel cane: se spostiamo la testa verso l alto ne consegue l estensione degli arti anteriori, l animale estende con un arco riflesso spinale gli arti anteriori e flette gli arti posteriori. viceversa se viene spostata la testa verso il basso, flette gli anteriori e estende i posteriori. Se nel neonato spostiamo la testa verso un lato, i muscoli omolaterali vanno in estensione. Questi riflessi cervicali, insieme a quelli otolitici e quelli vestibolari, permettono di mantenere la testa ditta. Sono detti riflessi cervico-cervicali. Un esempio: se io sto in posizione eretta e uno mi sposta verso sinistra, l otolita avverte questo spostamento e cambia l allineamento della testa con il tronco. Il riflesso vestibolare agisce sui muscoli estensori, che contraendosi non mi fanno cadere. Se invece teniamo la testa ferma e incliniamo il tronco, nasce un riflesso cervico-spinale e anche loro fanno contrarre i muscoli. Se noi incliniamo solo la testa, il centro di gravità non cade fuori dalla base d appoggio, il riflesso vestibolare vorrebbe attivare i muscoli estensori, ma in base al tipo di muscolo che viene attivato c è l inibizione da parte del cervicale. L info propriocettiva che nasce dai muscoli del capo è capace di dire come sta la testa e allora può correggere il riflesso vestibolare: se io mi muovo con tutto il corpo rimane il rapporto testa-tronco e quindi i propriocettori non vedono nulla, se io invece inclino la testa i propriocettori di questo lato andranno ad inibire il riflesso vestibolare e quindi vediamo un interazione notevole fra i due sistemi e quindi così si capisce perché quello vestibolare è un po più ritardato perché deve conoscere la situazione cervicale. 61

64 Immaginiamo una concezione di questo genere: abbiamo utricolo e sacculo e muovo la testa in avanti e la risposta genera una risposta di contrazione degli estensori e questo è un vestibolo spinale classico sul piano sagittale, adesso io sto in piedi e se sono così cosa succede se attivo il mio corpo e la mia testa su questo piano su che piano li ho attivati gli otoliti? E che risposta avrei se mi muovessi in questa direzione? Flessione da un lato ed estensione dall altro. Se sono spinto in avanti devo cambiare completamente il piano, la direzione in modo che diventi per la testa un movimento latero-laterale. Dovete immaginare dei vettori che sentono le diverse frequenze. Se andate a vedere la circuitazione cerebrale, salgono fino a su per vedere come stanno le cose. Una risposta propriocettiva non può insorgere se non sappiamo cosa fa tutto il corpo. Le strutture coinvolte hanno ruoli per sé ma anche ruoli di correzione, riorientamento spaziale. Sono riflessi un po ritardati perché hanno bisogno della correzione, di conoscere il piano di risposta degli altri sistemi propriocettivi, in particolare dai fusi dei muscoli del collo. Naturalmente se vi chiedo esempi, il più semplice è quello sul piano verticale, ogni movimento sul piano verticale comporta necessariamente una attivazione degli estensori, ad esempio, quando parte l ascensore noi siamo schiacciati verso il basso dalla forza di gravità e ci serve il tono dei muscoli estensori, quando l ascensore si ferma accade la cosa contraria, un riflesso appreso che nasce come vera stimolazione e poi diventa un segnale appreso, si scatena. Trasformazione dei riflessi che nascono come feedback e diventano feedforward per anticipare le risposte. Quindi i riflessi sul piano verticale, su piani latero-laterali, frontali, sagittali e rotazioni, tutti questi riflessi attivano diversi gruppi muscolari e rotazioni. Riflessi cervicali in grado di modificare risposte vestibolo spinali. Questi riflessi del tronco dell encefalo o del midollo spinale sono molto evidenti ed ognuno di questi si descrive per il tempo di comparsa. I riflessi spinali si vedono molto bene, e il clinico dovrebbe riconoscere un segno di patologia grave, dobbiamo studiare questi riflessi nel bambino piccolo, quali riflessi vestibolari e riflessi cervicali. Se volete studiare un riflesso vestibolare su di me, fate muovere il tronco e la testa. Come fareste per attivare riflessi cervicali? La testa è ferma. Nei piccoli, è possibile evocare un riflesso vestibolare abbassando rapidamente la culla nella quale è il bambino, il piccolo disteso, il lettino è abbassato, accelerazione verso il basso, una volta attivati i riflessi vestibolari, si avrà una risposta tipica, il piccolo scatena la tipica risposta estensoria degli arti. Tutti e 4 gli arti sono attivati, il vestibolare passivamente. Adesso vediamo il cervicale, quando poniamo il piccolo in una determinata posizione, si attivano i riflessi cervicali provocati dallo da spostamento del corpo o della testa, sapendo che entra in gioco anche il vestibolare, riflesso il cervicale determina comunque spostamento di lato. Se flettete la testa o estendete la testa, si estendono gli arti superiori e si flettono gli inferiori o viceversa. Gli arti superiori si comportano in modo inverso rispetto agli inferiori ma se subentra il riflesso cervicale, allora hanno lo stesso comportamento. Una seconda possibilità è flettere la testa e ruotare sul piano orizzontale, il piccolo con certezza, estende gli arti omolaterali alla direzione della testa ma dissociati. Quando si attiva il vestibolare, si attivano tutti e quattro gli arti, quando sono i cervicali o sono sopra e sotto (segno opposto). il bambino in generale si comporta come un quadrupede. Sul libro di testo trovate i riflessi cervico-cervicali, cervico-spinali che aiutano e collaborano alle integrazioni delle risposte posturali. Quando ruoto la testa non stimolo solo il vestibolare, ma anche i muscoli posteriori che sentono e collaborano. 62

65 Abbiamo parlato dei riflessi cervico spinali, ma cosa riescono a fare il tronco dell encefalo e il midollo spinale da soli? Il midollo, esercita meccanismi di difesa, allontanamento, flessori, della postura. Il tronco dell encefalo senza la corteccia che senso ha? Molti riflessi si organizzano in modo sottocorticale. Il primo riflesso che salta in mente è il riflesso dell arto a pilastro, se sposto il corpo dell animale decerebrato in una determinata direzione, l animale che non ha la corteccia è in grado di irrigidire i flessori. Più è intenso lo spostamento, senza corteccia, l animale muove il corpo e dopo una fase in cui si è verificato il riflesso a pilastro va nella stessa direzione dello stimolo (riflesso del piazzamento dello sbalzo). Se si sposta la zampa, e il supporto, si vede che la zampa segue il supporto, cioè mantiene il contatto con la superficie di supporto (riflesso a magnete). Questo per evitare il distacco. Riflesso di raddrizzamento consiste nel fatto che un animale, se si appoggia su un lato, riesce a rimettersi in piedi. Il cavallo è steso su un fianco, sente che la testa sta verso il basso grazie anche al sistema sensoriale. Percepisce questo disorientamento verticale e mette in atto il primo riflesso vestibolo-collico, cioè raddrizza la testa. Primo evento della catena di raddrizzamento è il riflesso vestibolo-collico perché la testa ha creato un disorientamento rispetto al tronco e quindi il riflesso di origine cervicale determina la flessione degli arti in basso e poi la distensione per permettere il graduale raddrizzamento dell animale. Sono sempre azioni ritmiche. Raddrizzamento in volo degli animali (tipo gatto) che cadono sempre in maniera corretta con gli arti sempre orientati verso il basso. In volo non c è nulla che può raddrizzare il corpo e sapete cosa mette in moto il gatto che viene lanciato dall alto? Raddrizzamento e rotazione della coda che ruota in modo contrario rotazione (rotazione opposta). Questa diapositiva vi dimostra come la gravità sposta queste masse otolitiche indicate con piccole freccette. Esse vengono ad essere spostate dalla componente ortogonale alla direzione degli estremi (freccia rossa) questo è appunto dovuto alla gravità e questo genera estensioni omolaterali. Lo spostamento nel piano sagittale (il corpo va in avanti), la componente della gravità che attiva il recettore, sia il sacculo e l utricolo e come risposta abbiamo l estensione di tutti e due gli arti inferiori. Infine la gravità che modula gli spostamenti nel piano verticale sposta in alto e in basso il sacculo e l utricolo, in particolare vista la posizione il sacculo che può aumentare e quindi estendersi. Questi sono i riflessi vestibolari e cervicali. Poi ci sono i riflessi cervicali, cioè la posizione della testa condiziona anche i muscoli cervicali che possono in qualche modo riorientare la testa nello spazio, sia sul piano sagittale che frontale. Nell immagine il cane: 63

66 se guarda verso alto, per i riflessi cervicali, estende i muscoli anteriori e flette i muscoli posteriori, invece quando guarda in basso flette i muscoli anteriori ed estende i muscoli posteriori. Poi sempre nell immagine abbiamo il bambino piccolo (lui dice bambino ma si verifica nel neonato), e questo rappresentato è il riflesso dello schermidore, quello che si verifica quando girate la testa del neonato si ha lo spostamento degli arti, uno flette e l altro estende a seconda della posizione in cui si trovano. Questi sono i riflessi del bambino che si evocano poco dopo la nascita. Qui abbiamo la necessità del riflesso vestibolo-spinale di essere riorientato spazialmente dai muscoli cervicali e questa diapositiva mostra come il riflesso vestibolospinale intervenga quando la testa si inclina, il corpo si inclina e si ha l estensione +++ e questo riflesso sarà annullato solo se la testa si piega, questo si spiega perché la direzione del cervicale è di segno opposto. Spostamenti laterali provocano alterazioni laterali ma se cambio la posizione del capo, ho bisogno di cambiare anche l orientamento delle risposte, quindi questa diapositiva vi parla dell integrazione tra la propriocezione del collo e la vestibolare. Quest altra diapositiva vi parla del ritardo con cui il segnale vestibolare raggiunge gli arti inferiori. Questo è un tracciato elettromiografico, parte lo stimolo, il corpo si sposta in avanti e la risposta propriocettiva è quasi immediata, circa 60 ms dopo lo stimolo parte questa risposta elettromiografica, se vedete il segnale vestibolare non è così infatti parte dopo i ms. 64

67 Quindi abbiamo parlato dei riflessi vestibolari (dinamici e statici), quelli cervicali, dell arto a pilastro, del magnete, di piazzamento e dello sbalzo e di raddrizzamento. LOCOMOZIONE E MOVIMENTI VOLONTARI Esistono due modi di studiare i movimenti volontari, direttamente potremmo interessarci nel modo con cui il sistema nervoso attiva un muscolo per fare un movimento, ma tra la postura ed il movimento volontario c è qualcosa di mezzo che sono i movimenti ritmici. I movimenti ritmici chiedono un attivazione corticale specifica, in generale per i movimenti ritmici la corteccia ha un ruolo di trigger, di stimolo, di avvio, di consenso è come se aprisse la porta al movimento volontario, ma nei movimenti ritmici la maggior parte dei movimenti ritmici quelli più importanti come la locomozione, il respiro la masticazione, la sequenza motoria è largamente sottocorticale, ci sono centri che la realizzano li. Quindi immaginate una corteccia di avvio ma poi strutture sottocorticali sono fondamentali per eseguire il movimento. (Quello del respiro lo vedremo il prossimo anno con il respiratorio, la masticazione la faccio solo per gli odontoiatri.) Il primo aspetto da capire è la ritmicità, come il sistema nervoso realizza una attivazione in modo ritmico, il secondo step da capire è che ruolo ha la corteccia? E che ruolo hanno le afferenze sensitive in questo movimento ritmico? Hanno un grosso ruolo perché essendo molto organizzato dal livello corticale deve poter subire molto bene l impurezza dei segnali sensoriali; la ritmicità è regolata da afferenze sensitive. Inizierò a mostrarvi il modo con cui i muscoli della gamba si muovo con la fase di appoggio e di slancio, per poi vedere come il sistema nervoso organizza le sue (cellule?). Due aspetti sono necessari per consentire un ritmo: 1. Un aspetto è legato puramente alle cellule ed ai neuroni, devono essere a loro volta generati come potenziali a plateau: un impulso, Na + entra dentro, depolarizzazione da Na + e poi mantengono il potenziale depolarizzato, in parte per ingresso di Ca 2+ e anche per rallentata risposta da parte di K +, questi sono i potenziali a plateau. Cosa significa per una cellula avere un potenziale a plateau? Significa avere una risposta che dura nel tempo, una scarica continua, questi stessi neuroni che hanno il plateau nel momento in cui vengono inibiti tendono ad iperpolarizzare a scendere molto di potenziale, a non sentire più l attivazione, questa è una prima caratteristica, quindi troveremo delle aree con questi neuroni dove viene generato questo potenziale. A livello sinaptico quello che media queste stimolazioni prolungate sono i recettori NMDA a glutammato. 2. Un secondo aspetto, la capacità di questi neuroni di autogenerare risposte, cioè sono in grado da soli di generare attività, sono cellule pacemaker, ma questo non basta, i neuroni cosi collocati al di fuori di una certa logica non vi assicurano niente, il ritmo è assicurato se c è una rete neuronale connessa in maniera adeguata, quindi aspetti circuitali sono importanti, ci devono essere delle inibizioni reciproche tra neuroni e neuroni che consentono una fase di attivazione e una fase di inibizione. Il cammino (se guardiamo la figura) si realizza con un periodo di appoggio (quell arco studiato da marker rossi, da qui e fin qui il piede si appoggia e tutto l alto serve per sostenere il peso, questo è il periodo di appoggio), poi abbiamo il periodo di oscillazione (la gamba si solleva, quindi un 65

68 arto si appoggia e uno estende, ed in successione flettendo ed estendendo sposta il corpo in avanti), quindi nel cammino si riconosce con una fase di appoggio in cui avviene il sostengo e la propulsione del corpo e fase di oscillazione cioè spostamento in avanti, questo da un punto di vista generale. In maniera più raffinata si distinguono quattro fasi particolari: una fase F cioè di flessione tre fasi E cioè di estensione Nella fase F voi avete il momento in cui il piede comincia ad andare avanti e distacca dal suolo, lo flette e lo solleva e subito questo momento deve esserci la fase di estensione. Quindi nello slancio non dimenticate della pressione applicata sulla base di appoggio, quindi fletto ed estendo quindi F ed E1, questa è la prima parte. Dopo di che avete una forte contrazione degli estensori nella base di appoggio e viene estesa sia l anca che il ginocchio e mentre si estendono, estendendosi spostano il corpo in avanti. Questa è in generale la meccanica del cammino, come si realizzano queste risposte? Dove è il generatore? Questo del generatore rappresenta anche un grande problema medico, infatti a volte abbiamo delle lesioni del midollo spinale superiore che vanno a bloccare il cammino, c è tutta una fisiologia e neuroriabilitazione che appunto si occupa del recupero del cammino. Il midollo spinale che cosa sa fare? Non molto, ha in sé la possibilità di generare un ritmo ma non autonomamente, infatti se il midollo spinale viene leso esso non sarà più in grado di garantirlo, quello che si può fare è attivarlo con la dopamina somministrata che riesce ad aumentare l eccitabilità, ma poco si fa, si possono anche applicare dei tutori che sono in grado di far flettere ed estendere l arto, ma si può fare poco. Ci sono circuiti che sanno alternare, (se vi ricordate quando abbiamo fatto i riflessi superficiali., ricordate l estensore crociato quel riflesso permette che quando un arto flette l altro estende, questo c è, ma c è anche la capacità di uno stesso neurone estensore dello stesso lato di alternare estensione e flessione, c è appunto un central pattern generator, quindi un circuito che permetta di generare una alternanza di estensione e flessione da un lato e anche dall altro, quindi due alternanze). I circuiti semplici soli non sono sufficientemente attivati per cui vedremo tra un po che troveremo aree sopra spinali che generano questi segnali. Possiamo vedere come avviene una oscillazione tra flessore ed estensore, il flessore viene attivato da uno stimolo afferente, viene attivato questo neurone di tipo flessorio che va a flettere il muscolo. Lo stesso neurone viene connesso con un circuito di interneuroni al neurone estensore quindi quando c è la pressione abbiamo estensione del muscolo estensore, questo è un primo meccanismo e questo avviene da un lato omolaterale, poi abbiamo c è il riflesso estensore crociato se un arto flette l altro estende. 66

69 Ma c è bisogno di qualcosa di più e allora immaginate in alto il centro corticale che avvia i movimenti e un centro sottocorticale che regola questa via, come fa a regolare? Qui c è un estensore omolaterale e qui c è un estensore controlaterale, quando l estensore omolaterale si attiva l altro deve flettere, come devono alternarsi l estensione e la flessione? Immaginate un avvio di estensione, il motoneurone rosso estensore manda un informazione attraverso un interneurone (nero sull immagine perché è inibitorio) inibitorio che va ad inibire l altra parte cioè il motoneurone estensore dell altro, quindi si ha estensione omolaterale e non estensione controlaterale, questo avviene entro un certo tempo poi i neuroni esauriscono la loro attività e fanno una sorta di rimbalzo, nel frattempo viene attivato un circuito molto più lungo che richiede più tempo. Questo circuito più lungo va ad attivare altri neuroni inibitori, che inibiscono l inibitore, quindi dopo una fase in cui si alternano è poi avviata una inibizione del motoneurone controlaterale dell estensore e quindi questa è una seconda fase che avviene nel tempo che va ad inibire l inibitore, si gioca tutto sul tempo, prima inibiscono ma poi localmente generano un circuito che va ad inibire l inibizione, è una questione di costante di tempo di questi circuiti più lunghi. Primo fatto dunque i centri generatori nel cammino sono localizzati in larga misura nel mesencefalo, questi centri generatori modulano il midollo spinale ed è reso possibile il cammino, ma non può essere sempre stereotipato, ma ci deve essere qualcosa che vada a modificare il segnale in modo da avere una performance motoria ottimale di questo stereotipato segnale che fa parte del cammino e allora sono necessari afferenze in grado di modulare la velocità del cammino, l ampiezza del passo aggiustarlo a seconda delle necessità, ora passiamo in rassegna tre-quattro afferenze fondamentali: 1. La prima: i fusi neuromuscolari entrano nel cammino nella fase di estensione se i muscoli estensori sono un po distesi (cioè in fase di flessione) allora ho flessione. Se gli estensori sono estesi, il riflesso spinale determina l attivazione degli estensori, quindi la flessione allunga gli estensori. I propriocettori sentono l estensione e l allungamento e fanno attivare il sensore. Quindi le afferenze fusali facilitano la transizione dalla fase di supporto a quella di oscillazione, in estensione si ha allungamento dei flessori e conseguentemente attivazione del flessore e viceversa, flessione allunga gli estensori, estensione allunga flessore e questo facilita il passaggio da una fase ad un altra, i fusi neuromuscolari. 67

70 2. Secondo: sistema sensoriale, gli organi, i muscoli, le linee, il Golgi, (che sentono la forza muscolare, il riflesso famoso inverso che riduceva la forza muscolari qui cambia completamente tutto). Durante il cammino il riflesso del Golgi che sente per esempio in estensione tutto il carico che ha il muscolo, la forza muscolare se dovesse entrare in azione farebbe crollare in basso l arto, perché nella fase di supporto ho bisogno della forza massima del muscolo, ed i sensori del golgi porterebbero ad un calo della forza muscolare se fosse in gioco il riflesso. Nel cammino per un azione discendente dal centro generatore abbiamo: l inibizione dell arco riflesso, l inversione di segno che diventa un potente facilitatore della forza muscolare, quindi in questo caso il Golgi invece di inibire attiva e riesce a sostenere il corpo, molto importante nella fase di supporto, quando si appoggia. 3. Terzo: i recettori cutanei della superficie dorsale del piede. I recettori che si trovano in questa area, se attivati, vanno a generare e potenziare la pressione. Se un soggetto sta camminando e trova un ostacolo quindi se la superficie dorsale del piede è stimolata questi recettori fanno pressione e vanno a sollevare l arto e superano l ostacolo. 4. Quarto: i recettori della superficie del piede (nella pianta del piede), sentono la solidità del terreno, (solido, continuo, discontinuo, rugoso, sicuro, non sicuro). Una superficie discontinua è meno sicura rispetto ad una continua, sentono la discontinuità e determinano una facilitazione al movimento, un consolidamento del movimento così da non cadere. Questi recettori cutanei (il terzo ed il quarto) ci segnalano continuamente le varie modificazione del terreno e quindi ci fanno correggere la nostra camminata. 68

71 Questo è il circuito finale, siamo al livello mesencefalico, il centro del cammino, siamo tra il collicolo inferiore e collicolo superiore. Quest area laterale è un area molto importante come centro generatore del cammino, poi i fasci discendenti del locus ceruleus adrenergico che attivano i nuclei del rafe mediano serotoninergico e attivano altri centri della formazione reticolare sottostante con diverse modulazioni chimiche e vanno poi nel midollo lombare. È interessante ricordare il sistema adrenergico perché sappiamo che, se vogliamo attivare meglio le funzioni spinali, dobbiamo liberare dopamina o noradrenalina per facilitare i movimenti. Ricordate sempre: l area corticale come area permissiva, ovviamente se agiamo con intenzione che vogliamo accelerare il passo volontariamente lo possiamo fare tranquillamente tramite la corteccia cerebrale; Il cervelletto svolge un ruolo di REGIONE LOCOMOTORIA MESENCEFALICA controllo in molte parti. Si altera anche quando i nuclei della base che sentono la dopamina (per esempio il Parkinson) sono meno attivati, il cammino è lento, inizia in ritardo e quella persona cammina con passi piccoli e non riesce a cambiare eventuali cambiamenti che sono necessari per continuare e superare ostacoli. MOVIMENTO VOLONTARIO Nel movimento volontario sono ovviamente attivati i centri che sono ampiamente distributi nel midollo spinale, e nell encefalo e nella corteccia. Una prima cosa da sapere è nel movimento volontario come interviene il midollo spinale? Che ruolo ha? Se ho una lesione al midollo spinale cosa mi aspetto? 1) La selezione dell unità motoria è compito del midollo spinale in funzione del comando centrale 2) Nel midollo spinale è possibile sincronizzare o asincronizzare l attivazione dell unità motoria (questa ha a che fare con l inibizione ricorrente) 3) Nel midollo spinale è resa possibile la coattivazione α/γ 69

72 Selezione dell unità motoria Unità motorie diverse in ampiezza, unità motorie con diversa velocità e diversa affaticabilità, slow, FR, sono a disposizione del comando motorio e a seconda del tipo di comando motorio voi avete movimenti diversi. Se io eseguo un comando motorio di intensità modesta, dalla corteccia invio fibre piramidali e extrapiramidali in quei motoneuroni. Quali si attiveranno per primo? Si attivano per primi quelli ad intensità di stimolazione minore, i motoneuroni più piccoli perché sono i più sensibili (è esattamente il contrario di quello che succede se stimolate voi medici il nervo, cioè lo stimolate dall esterno, si attivano le fibre più grandi), ma il sistema nervoso quando attiva queste vie, i motoneuroni, con i suoi fasci discendenti, se è meno intenso è in grado di attivare bene le cellule più Sequenza di attivazione delle UM: dalle piccole alle grandi nei movimenti continui. piccole e meno quelle più grandi, perché le cellule più piccole, se la resistenza di membrana è molto più alta (come nelle cellule più piccole), voi avete che il salto di potenziale è molto più alto a parità di corrente, a parità di attività sinaptica, di legami AMPA-cettori, NMDA-cettori, quindi a parità di ingresso se la resistenza è maggiore il salto di potenziale sarà maggiore, quindi le cellule più piccole si depolarizzano di più. Nel midollo spinale si attivano sia le cellule grandi che quelle piccole, e se il comando centrale è non intensissimo allora saranno le piccole ad essere attivate. Ricordate che le cellule più piccole innervano meno fibre muscolari, quindi quando io intendo fare un movimento poco intenso e spesso molto preciso, il mio sistema nervoso a motivo della caratteristica del midollo spinale attiva le cellule piccole. Adesso invece immaginate che il sistema nervoso voglia fare un movimento molto intenso poco preciso ma esplosivo, il sistema nervoso (corteccia) manda giù un segnale più intenso cosi da attivare anche le cellule grandi, e questo semplicemente perché il segnale è più intenso e non perché ha collegamenti preferenziali con le cellule più grandi o più piccole, quindi la selezione non la fa la corteccia, non ha motoneuroni per cellule piccole e motoneuroni per cellule grandi, la selezione per l attivazione delle cellule piccole e quelle grandi la fa il corpo cellulare che sta nel midollo spinale. La corteccia non può assumere tutti i ruoli possibili ed immaginari, la corteccia motoria non può assumersi tutte le responsabilità, deve lasciare ai centri di riflessi i compiti, (indicando la diapositiva), nella cellula più piccola in viola la resistenza è più grande e quindi il V (voltaggio) salta più in alto quindi crea un EPSP molto più grande e quindi l EPSP nella cellula più grande è più piccolo. Secondo punto, come faccio ad aumentare la forza muscolare? Io ho due possibilità: una è di aumentare la frequenza di scarica nell unità motoria e si dice metodo intensivo, l altra è quella di aumentare il numero di unità motorie, metodo estensivo. 70

73 Allora se il sistema nervoso vuole aumentare l intensità quindi o aumenta il numero delle unità motorie attive o aumenta la frequenza di scarica. Dipende dalle circostanze, in alcune circostanze al sistema nervoso conviene il metodo intensivo in altri il metodo estensivo. Se io aumento la frequenza di scarica nell unità motoria (metodo intensivo), come avviene l oscillazione di forza di quell unità motoria? Immaginate un unità motoria che viene attivata, si contrae e si rilassa, avviene l oscillazione. Adesso aumentate la frequenza di scarica, sale, tende a scendere, arriva una seconda contrazione, risale, tende a scendere e cosi via e tende ad accumulare forza fino al massimo che è la forza (totale) sei volte. Quindi quando utilizzo l unità motoria, (immaginate che utilizzi solo un unità motoria e aumenti la frequenza di scarica) in funzione dell incremento della frequenza di scarica, io ho un incremento della forza, ma c è un altro effetto: l oscillazione alle singole stimolazioni diventa sempre più, tanto è vero che nel tempo non c è più oscillazione, quindi quando io aumento la frequenza di scarica le oscillazioni motorie sono minori. Non oscilla, non c è più oscillazione, quando il sistema nervoso centrale aumenta la frequenza di scarica riduce le oscillazioni nella risposta, diventa un movimento molto più raffinato, molto più preciso. Invece quando io recluto unità motorie, siccome prendo dentro unità più grandi, viene fuori una grande oscillazione, in alcuni movimenti preferisco avere grandi oscillazioni, in altri movimenti preferisco avere piccole oscillazioni. Per esempio: nel salto preferisco avere grandi oscillazioni, se dovete fare movimenti a scatto questi sono aumentati non aumentando la frequenza di scarica ma aumentando i motoneuroni/ unità motorie attive. Questi sono chiamati movimenti balistici la mano che scrive nel quaderno è invece un movimento con piccole oscillazioni. Scrivendo nel quaderno andiamo ad aumentare la frequenza di scarica per avere meno oscillazioni più o meno. I movimenti raffinati li chiamiamo movimenti ad inseguimento. Sincronizzare o asincronizzare l attivazione dell unità motoria Sapete come il sistema nervoso va ad diminuire ulteriormente le oscillazioni? Se ho un unità motoria, immaginate che si attiva per frequenza, questa è una unità motoria che si contrae, si rilascia, si contrae, si rilascia e se ci fosse in azione solo questa unità motoria avrei un oscillazione di una certa entità, ma se io attivo le altre unità motorie vicine sempre piccole, faccio aumentare la sua Reclutamento, frequenza, asincronia. frequenza di scarica ma in modo asincrono. Vedete (indicando la slide) queste attivazioni non sono sincrone, e sommata alla forza prodotta, vedete che le oscillazioni diventano molto più piccole. Conclusione: tanto più è asincrona l attivazione delle diverse unità piccole in gioco tanto più i movimenti diventano precisi e non oscillano. Quindi il sistema nervoso che vuole compiere un gesto raffinato, preciso, non oscillante, ad inseguimento deve: o chiamare in gioco unità motorie piccole. 71

74 o deve fare in modo di aumentare la frequenza di scarica. o deve attivare in modo asincrono. Il sistema nervoso che vuole compiere un gesto balistico deve: o aumentare quanto più possibile il lavoro in modo sincrono, (guardare la figura dove scritto sincrono, una unità motoria più altra unità motoria crea oscillazione molto ampia) o preferisce attivare subito tutte le unità motorie a disposizione per far esplodere il movimento. La distinzione tra i due movimenti è importante perché questa distinzione ci spiega molto bene un ultimo punto che si realizza a livello del midollo spinale. Quindi abbiamo capito che certi movimenti devono essere realizzati da attivazioni sincrone e altri da attivazioni asincrone. Questo è un problema della corteccia, infatti la corteccia motoria non riuscirebbe a correggere i tempi, avrebbe difficoltà, dovrebbero esserci più neuroni a disposizione, lascia questo compito al midollo spinale, e cosa c è nel midollo spinale che può rendere sincrone/asincrono l attivazione motoria? (Attenzione questo lo leggete nelle diapositive, è accennato nel Kandel, non c è nel Conti). Nel midollo spinale c è l interneurone ricorrente di Renshaw, il quale viene contattato da una diramazione dei motoneuroni spinali, e va a scaricare sui motoneuroni stessi. Si forma un sistema feedback negativo che può contribuire a stabilizzare la frequenza di scarica dei motoneuroni stessi. Renshaw agisce in due modi: inibisce lo stesso motoneurone, nel senso che se io sistema nervoso voglio potenziare la risposta devo togliere l inibizione, quindi gioca un ruolo nell ampiezza della risposta. l inibizione non va solo sullo stesso motoneurone, va infatti anche nei motoneuroni vicini. Allora se io ho l interneurone di Renshaw, se ho un inibitore ricorrente particolarmente attivo, quando un motoneurone è attivato dal comando centrale, i motoneuroni vicini sono inattivi e quando voi attivate l altro i motoneuroni si inattivano, quando uno si attiva l altro resta inattivo, dunque facilita la asincronia. Se io dalla mia corteccia mando dei fasci che vanno a facilitare, a potenziare l interneurone ricorrente, la conclusione è che è uscito un movimento asincrono. Se infatti devo fare un movimento raffinato vado ad attivare questo interneurone perché non voglio oscillare e voglio un movimento asincrono, se faccio un movimento balistico ovviamente voglio movimenti sincroni, può sincroni sono meglio verrà questo movimento, e quindi nei movimenti balistici ci deve essere un azione inibitoria di questo interneurone di Renshaw. Quindi midollo spinale luogo di scelta tra sincronia ed asincronia. Inibizione ricorrente: asincronia unità motorie Azione fasci discendenti Facilitazione dell interneurone ricorrente di Renshaw: genera asincronia di attivazione delle unità motorie per movimenti di inseguimento e graduali. Inibizione dell interneurone di Renshaw: genera sincronia di attivazione delle unità motorie nei movimenti ballistici ed esplosivi. Coattivazione α/γ Terzo ed ultimo cosa fanno i γ motoneuroni nel midollo spinale riguardo ad un movimento volontario? E non può essere il recettore capace di impedire cambiamenti di lunghezza, perché il movimento volontario è un cambiamento di lunghezza, quindi deve cambiare natura, e diventa infatti un segnalatore di errore. 72

75 Il fuso neuromuscolare interviene nel mantenimento del tono muscolare (riflesso miotatico tonico e fasico), in base all attività γ-motrice che agisce all interno del fuso, le risposte posturali, i riflessi, possono essere più intensi o meno intensi per adattare la postura alla situazione. Nell ambito del movimento volontario come può essere utile un informazione propriocettiva? Un informatore di lunghezza risulta sempre utile: compiendo un gesto si sa esattamente che cosa si è eseguito in termini di allungamento ed accorciamento muscolare. Ogni volta che accorcio il muscolo la scarica diminuisce ed ogni qual volta non lo attivo la scarica aumenta. Per determinate tipologie di movimento uno dei compiti che il fuso ha è quello di segnalare al centro la variazione di lunghezza, ciò è utile al cervelletto, ai nuclei della base ed alla corteccia motoria. Insieme al fuso neuromuscolare a segnalare le variazioni di forza troviamo l organo muscolotendineo del Golgi. Quest ultimo andando ad informare sulla forza muscolare prodotta è un importante elemento per il controllo motorio. I due sistemi afferenziali, al di là dei riflessi spinali, contribuiscono notevolmente all informazione del gesto motorio. In certi particolari movimenti più raffinati, più precisi, non appresi il fuso cambia natura: non agisce più come un semplice segnalatore di lunghezza ma opera come un segnalatore d errore. I movimenti come ad esempio andare in bicicletta, compiere un gesto difficile (nel caso dello studio su animali, far camminare un gatto su un tetto con il rischio di cadere) devono essere estremamente precisi, automaticamente precisi. Esiste un meccanismo intrinseco nel midollo spinale che riesce a correggere il sistema. Questo avviene attraverso la coattivazione α-γ. Il SNC e le sue vie corticali vanno nel midollo spinale e non attivano solo gli α-motoneuroni, cioè quelli che determinano una contrazione muscolare vera e propria, ma attivano anche i γ-motoneuroni cioè le fibre muscolari che stanno dentro al fuso. Per evitare sbagli, in alcune circostanze, le fibre arrivano alla stessa cellula la quale manda un prolungamento alle fibre extrafusali, ovvero nel muscolo, ed un altro prolungamento nelle fibre fusali ai motoneuroni β. Il SNC spesso preferisce inviare un segnale simile all interno e fuori dal fuso di modo che il comando stesso sia simile. Nei vari movimenti l attivazione γ può essere: maggiore di quella α (γ > α) uguale a quella α (γ = α) minore di quella α (γ < α) Analizzando una coattivazione precisamente identica (come si vede nella terza figura a destra slide n 6), se ho attivazione γ e α il fuso non cambia niente. Durante una contrazione che accorcerebbe il muscolo ci si aspetterebbe una riduzione della scarica ma in questo caso non vi è alcuna riduzione perché nel fuso è avvenuto un accorciamento interno. In queste condizioni il fuso non segnala più né lunghezza né accorciamento. Ammettendo una coattivazione α-γ precisa (prime due figure a sinistra slide n 6) la scarica fusale rimane costante senza pause, non cambia. Se la contrazione muscolare avviene come ci si aspetta: il muscolo si contrae tanto quanto il SNC pensa di averlo fatto contrarre e la scarica non cambia. Quando si sta contraendo il muscolo e non si sa che è necessario compiere uno sforzo maggiore, qualcosa impedisce inaspettatamente la contrazione muscolare, come se ci fosse un blocco. Un valido esempio è quello della valigia : bisogna sollevare una valigia di cui non si conosce il peso e nel compiere questo gesto il braccio non si contrae completamente ma i muscoli tendono ad allungarsi. Questo è un meccanismo che riduce la contrazione. 73

76 Le fibre fusali sono più lunghe e rimanendo tali la scarica fusale aumenterà la frequenza (osservabile in figura). La frequenza aumenterà tanto più quanto più grande è l errore, se quest ultimo si riduce gradualmente la frequenza tenderà a torna alla norma. La scarica dunque è un segnale di errore, tanto maggiore è l errore tanto maggiore sarà la scarica. Riprendendo l esempio della valigia : si immagini di dover sollevare una valigia molto leggera, ci sarà una contrazione eccessiva dei muscoli ed il fuso si accorcerà più di quanto atteso, di conseguenza la frequenza di scarica dal fuso sarà molto minore e varierà in senso negativo, il segno dipende dall ampiezza del gesto e dalla direzione. Il fuso in queste condizioni ha chiaramente cessato di essere un segnalatore di lunghezza ed è diventato un informatore d errore. Consideriamo la via spinale (parte 5 e 6 della slide 6), il fuso aumenta la scarica attivando gli α- motoneuroni e tenta di correggere l errore, si utilizza il verbo tentare perché la risposta finale non è così efficace. Se aumenta la scarica aumenta la forza, se diminuisce la scarica diminuisce la forza. Quando la scarica aumenta il muscolo resta troppo disteso e quando la scarica si riduce il muscolo rimane troppo contratto. Non si deve pensare di poter restringere l informazione al midollo spinale perché quest ultima va su nel cervelletto, nuclei della base, corteccia i quali, a loro volta, rilevano il segnale d errore e lo memorizzano. Così facendo in un secondo momento si saprà che se ci si aspetta un peso maggiore nel compiere il gesto bisogna fare uno sforzo maggiore e viceversa. Quando nel sistema nervoso entra un errore (molto interessante lo studio di questo fenomeno nella circuitazione cerebellare) si hanno archi riflessi spinali che attenuano e tendono a correggere l errore ma soprattutto si ha l informazione che salendo dai vari centri, capaci di apprendere (LTP, LTD cerebellari, nuclei della base ed anche la corteccia) riesce stabilire nuovi schemi motori. Formazione e correzione. Il sistema anche a livello spinale tende a correggere gli errori. Se il sistema è coattivato abbiamo una risposta corretta ma c è qualcosa da aggiungere: si immagini un incremento della scarica γ più del normale, ciò avviene in certi movimenti del cammino, nei muscoli respiratori, della masticazione, negli atti motori che non possono subire impatti da resistenze esterne. Pensando alla respirazione, stiamo dormendo, abbiamo una posizione posturale particolare ed il peso di tutto il torace poggia sulla struttura muscolare ma la respirazione deve avvenire ugualmente, devo distendere comunque i muscoli respiratori perciò è necessario un adattamento ed un sistema che potenzi notevolmente le risposte. Il sistema nervoso, per ovviare al problema, potrebbe aumentare l attività γ ma lo stesso sistema nervoso che aumenta l attività γ non sa di quanto deve attivare la stessa per correggere il carico eccessivo che ha avuto il muscolo respiratorio. Se invece il sistema nervoso utilizza il sistema periferico sa di quanto è necessaria l attivazione, utilizzando i fusi si sa quanto il muscolo è rimasto allungato invece di contrarsi. È l informazione periferica che guida l atto motorio non la corteccia. Se con la corteccia dovessimo guidare l atto motorio in maniera adeguata la risposta potrebbe non essere sempre corretta rispetto al bisogno. Se l attività γ è molto maggiore si rende il fuso estremamente sensibile e se rimane un po più allungato ci sarà una scarica così intensa da produrre riflessi spinali efficaci. Attraverso degli esperimenti di neurografia utilizzando dei piccoli aghi sui fusi neuromuscolari che sono neuroni molto grandi (sono i più grandi) è possibile registrare facilmente l attività di questi neuroni. Nell uomo si è potuto osservare che la coattivazione α-γ non è necessaria per i gesti appresi ma appena qualcosa cambia e bisogna correggerla avviene la coattivazione. L importante è la correzione degli atti motori con azioni raffinate perché non è consentito l errore. I tre elementi del midollo spinale sono: 74

77 1) La scelta dell unità motoria. Le cellule grandi sono attivate solamente se l impulso dalla corteccia è molto intenso per via del rapporto resistenza/voltaggio. Il midollo spinale sceglie le unità motori e in base all ampiezza delle cellule. 2) Coattivazione α-γ 3) Sincronismo ed asincronismo. Abbiamo degli interneuroni che vanno ad inibire uno stesso motoneurone ma anche motoneuroni vicini. Quando è attivo questo interneurone si ha un attivazione di unità motorie in modo asincrono, ciò significa che il movimento va a combinare unità motorie in tempi diversi, in questo modo si attenuano le singole oscillazioni rendendo più continuo il movimento. I movimenti raffinati sono asincroni. I movimenti esplosivi ed impulsivi hanno bisogno di un enorme sincronicità dunque si va ad inibire l interneurone. La scelta è compiuta dalla corteccia ma con un circuito sotto, a livello spinale. FASCICOLAZIONE Si fanno molte osservazioni sul modo in cui si muovono i muscoli ma se si guardano i propri si possono osservare solo morbide contrazioni più o meno rapide. Talvolta appaiono delle fascicolazioni che possono essere funzionali o patologiche. Se si perde l attivazione asincrona delle unità motorie si hanno pacchetti di unità motorie che si attivano sincronicamente, facendo contrarre fortemente i muscoli in un momento solo con delle scosse muscolari interne. Le fascicolazioni avvengono normalmente come ad esempio i movimenti involontari della palpebra ma in quadri patologici sono segno di un alterazione di quella sincronicità ed asincronicità. Le malattie che determinano la distruzione di una o più unità motorie portano fascicolazione poiché se il sistema nervoso perde delle unità motorie avviene un meccanismo di compenso per cui le altre unità motorie mandano i loro prolungamenti sulle fibre non più innervate. Un unica fibra attiverà dunque tante fibre muscolari. Il comando motorio scende e quando c è una lesione di tante fibre nervose e motoneuroni le componenti sane si estendono e la contrazione diventa sincrona perché si attivano insieme tante unità motorie. Le fascicolazioni sono sintomo di un danno moto neuronale. Abbiamo un meccanismo di reinnervazione, cioè i motoneuroni normali hanno esteso il loro territorio ed hanno innervato più fibre muscolari conseguentemente ogni volta che arriva l impulso ci saranno tante fibre che si contraggono ed il movimento non sarà più continuo ma spezzato. MOVIMENTO VOLONTARIO: MECCANISMI CENTRALI Abbiamo due tipi di movimento: 1) Movimento preprogrammato detto anche ballistico o movimento di reaching (di raggiungimento): e.g. il modo con cui la mano raggiunge un oggetto. Nel caso dei movimenti oculari si definiscono movimenti saccadici (movimento degli occhi per andare a vedere qualcosa). Il termine preprogrammato indica che SNC internamente conosce già tutto, ovvero sa quale è il target finale, programma la direzione, la velocità del gesto. L informazione è già costituita è necessario solo l avvio. Il vantaggio di utilizzare i circuiti preprogrammati è quello di poter eseguire gesti molto rapidi, il sistema nervoso non perde tempo nella programmazione ed esplode il movimento. Durante un movimento ballistico se si cambia la situazione a contorno (ex: spostamento dell oggetto da raggiungere) il movimento è preprogrammato e si esegue lo stesso. 2) Movimenti servocontrollati (inseguimento) 75

78 Non nascono e non hanno tutte le informazioni contenute all interno ma, man mano che il gesto si sviluppa, i segnali afferenti lo guidano indicando se il soggetto si è mosso bene o meno. Viene detto movimento di inseguimento perché si insegue ad esempio un oggetto che si sta muovendo. Anche lo scrivere è un gesto di inseguimento perché nella nostra mente abbiamo le lettere ed in qualche modo il nostro cervello segue queste lettere ideali. Quando si deve compiere un movimento di inseguimento questo sarà più lento, più preciso. Il movimento di inseguimento, invece, fa riferimento a quanto si ha realmente realizzato in ogni momento (ex: ci si è mossi tanto, l oggetto si è mosso tanto) confronta sempre con l esperienza sensoriale, visiva, tattile ed il movimento sarà più lento ma più preciso. Se si analizza attentamente la velocità del movimento programmato, con cui il muscolo si muove, si osserva che parte da zero e cresce rapidamente durante il cambiamento di posizione e ritorna a zero in maniera omogenea, descrivendo una curva a campana. Se analizziamo il movimento non programmato si vede che la velocità è discontinua cresce e decresce andando a segnalare che il gesto è compiuto senza il riferimento di quello che è necessario fare durante il percorso. Movimento con una campana di attivazione movimento ballistico Movimento con più campane di attivazione movimenti discontinui Bisogna considerare in modo diverso questi due movimenti facendo riferimento ai movimenti oculari, per ora è sufficiente avere in mente che esistono meccanismi diversi che possono avere circuiti diversi. Molto è stato speso per lo studio dei movimenti preprogrammati mentre lo studio dei movimenti di inseguimento è più complesso, anche se teoricamente più semplici perché fanno riferimento a segnali esterni ma un po più complicati nelle estensioni nelle aree corticali. Nei neuroni corticali ritroviamo il penultimo step (l ultimo stadio in assoluto sono i motoneuroni che portano a determinare la contrazione) ed alcuni principi importanti come l equivalenza motoria. Se si deve eseguire un gesto motorio non lo si fa soltanto con un insieme determinato di motoneuroni ma lo si può ottenere anche con altri motoneuroni. Diverse azioni moto neuronali possono provocare lo stesso effetto, lo stesso gesto motorio dunque abbiamo un equivalenza incontestata e supportata da studi elettrofisiologici. La ragione dell esistenza di queste equivalenze è nel fatto che se dovesse venir meno un gruppo neuronale si potrebbe supplire con altri mezzi (importante per la riabilitazione). Dal centro molti motoneuroni convergono per generare un gesto motorio ma si ha anche il contrario. Un motoneurone corticale del fascio cortico-spinale che ruolo ha? Spesso questi fasci discendenti attivano molti motoneuroni, anche al di là di quel piccolo settore spinale. 76

79 Questa è un immagine di uno studioso giapponese che è riuscito a marcare con sostanze particolari il percorso dei neuroni lungo il midollo spinale, dove si evidenziano i grappoli sono i punti di contatto con i motoneuroni. Questi saranno motoneuroni che fanno muovere i muscoli del collo. Scendendo dalla corteccia si attivano diversi pacchetti moto neuronali ed all interno di uno stesso raggruppamento si attivano diverse unità motorie per i diversi muscoli. Questo è un caso di divergenza, si ha un motoneurone che diverge verso la periferia per attivare diversi muscoli. La corteccia motoria esegue un gesto motorio, ma non bisogna immaginare una fibra che esce dalla corteccia e va ad una determinata unità motoria, se si opera per un gesto si devono avere tante unità motorie, tante componenti. Si ha una divergenza verso il midollo spinale in questo caso ed una convergenza dalla corteccia verso il midollo spinale per quanto riguarda le equivalenze. Se si innervano tante fibre il movimento come può essere organizzato? Perché in alcune circostanze il motoneurone corticale genera un certo gesto e se cambiamo le condizioni ne genera un altro? Avendo questo fenomeno di divergenza è necessario che una componente dalla periferia sia in grado di modulare l azione generando, ad esempio, un attivazione maggiore o minore di un gruppo muscolare. La modulazione è possibile grazie alla presenza di interneuroni spinali, esistono due tipologie di interneurone: interneuroni Ia e interneuroni Ib. 1) Questi interneuroni consentono un attivazione eccitatoria all arrivo di un comando, subendo l effetto della periferia o del comando estendono l eccitazione. Un fuso che finisce in un piccolo gruppo muscolare non si fermerà solo in quel punto ma attraverso gli interneuroni potrà estendere la sua azione su altri muscoli agonisti e potrà inibire i muscoli antagonisti. Quando il segnale arriva si potrà avere un incremento del segnale attivatore o una inibizione della parte antagonista in funzione dell informazione che questi interneuroni integrano. Nel movimento che viene appreso inizialmente tutta la muscolatura viene contratta; quando i movimenti devono essere imparati è difficile che ci sia un inibizione reciproca piuttosto si ha una contrazione simultanea e parziale del muscolo agonista ed antagonista. Temendo un errore si irrigidisce l articolazione coinvolta nel movimento e si crea stiffness (una rigidità maggiore del sistema). Quando il movimento deve essere appreso viene eseguito in maniera sciolta perché nel midollo spinale domina l attivazione degli interneuroni eccitatori e si riduce l inibizione reciproca. Una volta che il movimento è stato eseguito bene i fusi informano che tutto si è svolto correttamente ed in modo graduale il gesto motorio viene acquisito. Si avrà, in seguito, una riduzione dell attività eccitatoria per aumentare l inibizione reciproca (N.B. I tempi di attivazione sono estremamente importanti e verranno trattati in seguito). Questi interneuroni convergono su uno stesso motoneurone dunque attenuano l eccitabilità, la stabilizzano. Inizialmente un motoneurone che è stato attivato per sparare una determinata frequenza aumenta molto la scarica ma successivamente viene ripristinata una frequenza più bassa. Il midollo spinale attraverso questi interneuroni attenua e mantiene costante il segnale della corteccia e di conseguenza il gesto che ne deriva diventa stabile. 77

80 Si ha ovviamente una forte modulazione. 2) Gli interneuroni di tipo Ib sono inibitori, fanno capo alla cellula del riflesso inverso da stiramento cioè quel interneurone inibitorio che regola la forza. L interneurone subisce enormi variazioni come il cambiamento di segno o l attivazione da fibre afferenti cutanee. Gli atleti si danno colpi alla pelle vicino le articolazioni perché la cute viene fortemente stimolata durante il gesto ed il segnale sensitivo cutaneo che ne deriva è utile per il gesto motorio. Il sistema tattile entra in gioco nel modulare l informazione attraverso i flussi afferenti tattili che arrivano negli interneuroni 1b, anche il sensore dell articolazione arriva a questo livello ed influisce nella risposta. Possibile domanda di esame: che cosa codifica la corteccia motoria? Che informazione deve contenere neurone di primo ordine che si trova in corteccia? Il neurone deve definire, per prima cosa, la forza o la velocità. Se il movimento è isometrico sarà la scelta forza Se invece è isotonico sarà designata la velocità. Successivamente va definita la traiettoria, ovvero da quale parte bisogna muovere l articolazione. Forza, velocità e direzione sono codificate nella corteccia motoria primaria M1. Recentemente è stata osservata una codifica anche per la posizione, il sistema nervoso durante l esecuzione del movimento manda un comando che definisce la posizione finale del gesto, insieme alla posizione iniziale (il sistema nervoso sa da dove si parte e dove si finisce). Il tutto avviene in ordine decrescente dunque sono molto più rappresentate le cellule che definiscono la direzione, perché indicheranno i muscoli da attivare (ex: scegliere se camminare in avanti o all indietro o attivare muscoli estensori, adduttori o flessori etc), ci saranno poi meno neuroni per la velocità ed ancora meno per la posizione finale. Quando un comando motorio parte non si limita solo all esecuzione del gesto ma ha la necessità di comandare anche tutti gli altri segmenti corporei, come già si è visto nello studio della postura. In un gesto motorio si la l esigenza di stabilizzare la postura ad esempio se si vuole muovere il polso le articolazioni del gomito e della spalla devono essere estremamente ferme. Ci sono rappresentazioni multiple ma soprattutto ci sono le attivazioni per stabilizzare le altre articolazioni. Nel sistema nervoso sono maggiormente codificati rapporti di tipo vettoriale. La relazione tra il primo vettore che, per esempio, spinge la mano in una direzione e gli altri vettori (secondo e terzo) fa eseguire il movimento nello spazio anche quando questo viene eseguito con un ampiezza minore. Ci sono delle costanti nel sistema nervoso centrale il quale rapporta le distanze, le velocità, i singoli vettori e cambiamenti di velocità all interno dello stesso movimento. Un altro aspetto molto importante riguarda la codifica da parte del sistema nervoso centrale in merito alla direzione di un movimento. Si osserva che i neuroni corticali che definiscono un gesto non sono soltanto quelli che ci potremmo immaginare. Per esempio, compiendo un movimento d estensione del braccio potremmo pensare che ad attivarsi sia solo la corteccia relativa agli estensori. In realtà si attivano anche adduttori e qualche abduttore. Il gesto finale risulterà dunque dalla sommazione delle diverse direzioni, generate da diverse contrazioni muscolari. Ovviamente se predomina l estensore avrò prevalenza di estensione a livello centrale. Molte unità 78

81 motorie, molti motoneuroni, molte cellule corticali sono attivate per un singolo gesto motorio; la direzione finale risulterà quindi dalla somma vettoriale di tutte le direzioni. Come nello schema seguente il vettore finale di questo gesto motorio orientato di novanta gradi rispetto a questo spazio è la linea tratteggiata (in blu) ed è la risultante della sommazione di tutte le diverse direzioni (linee rosse) che le cellule corticali attivano. Dunque si attivano direzioni molteplici per generare un unica direzione. Tale vettore finale è denominato vettore di popolazione. L entità di tutti i vettori singoli aumenta nel caso di un aumento della singola direzione, influenzando quindi tutti gli altri. Qual è l utilità di un sistema simile? Si individuano due spiegazioni: Il sistema di attivazione della corteccia consente un fattore di sicurezza un fattore di flessibilità 1) Sicurezza: immaginando che alcuni gruppi di unità motorie vengano perse il soggetto potrebbe risultare gravemente compromesso, per esempio, se si attivassero soltanto i motineuroni estensori. Immaginando un danno ai gruppi cellulari di un motoneurone corticale che permette l estensione dell arto superiore il soggetto non potrebbe più estenderlo. Avendo a disposizione però tante altre fibre è possibile aumentare l attivazione dei muscoli che permettono di spostare l arto verso destra e di quelli che lo spostano a sinistra; la somma vettoriale delle due direzioni riporterà alla stessa intensità il gesto di estensione. 2) Flessibilità: tale fattore è ancora più convincente. Se, per esempio, devo spostare in avanti gli arti superiori e poi per necessità devo portarli dietro, è necessario ridurre un po la attivazione in avanti e aumentare un po l attivazione verso dietro. Il vettore finale si sposterà verso sinistra. Al tempo stesso il movimento sarà molto semplice, in quanto sarà necessario soltanto incrementare la scarica di motoneuroni. Se i motoneuroni fossero stati silenti ci sarebbe voluto molto più tempo per attivarli, per portare il potenziale di membrana a livello sufficiente; quindi il gesto è reso molto più flessibile. Queste sono le due possibili ragioni per le quali la nostra corteccia motoria opera per definire l orientamento nello spazio. Un altro elemento importante da definire oltre allo spazio è il tempo. I tempi in cui si sviluppano gesti motori in modo diverso, comprenderanno una fase statica e una fase dinamica o rapida; il gesto inizia e si frena. Osservando la linea viola nell immagine seguente: se, per esempio, il soggetto è fermo in una posizione ma deve poi muovere l arto per raggiungerne un altra, si osserva una fase fasica dinamica di movimento e poi una fase di mantenimento. Come viene raggiunto questo movimento così raffinato? Attraverso (linea rossa) l attivazione intensa del muscolo agonista (è una schematizzazione, si attivano Movimento: anche altri muscoli). Poi si riduce la scarica ma si spostamento meccanico mantiene più elevata. In termini anglosassoni si definisce Attivazione antagonista questa modalità particolare di intensa attivazione iniziale (inizio e mantenimento) e successiva stabilizzazione il rapporto pulse (polso) step (gradino). Attivazione antagonista Per ogni movimento volontario c è una oscillazione (stop) tra il pulse iniziale e il mantenimento successivo, i quali sono strettamente correlati. Per compiere un movimento rapido avrò un grande pulse e step minore; 79

82 nel caso di un movimento più rapido avrò pulse più piccolo e lo step rapportato a questo movimento più lento. Come mai è necessario questo primo movimento di intensa attività? È necessario per vincere l inerzia muscolare, la massa che deve essere messa in moto. Vale per tutti i comandi motori: intensa attivazione iniziale e successiva minore attivazione che mantiene la posizione. Avendo a che fare con quadri patologici una lesione del cervelletto altera questo rapporto temporale. Abbiamo quindi l attivazione dell agonista; a metà del movimento, quando il gesto non è ancora completato, compare già il comando dell antagonista. Se non ci fosse questo comando dell antagonista, nel caso in dovessimo per esempio afferrare qualcosa, la nostra mano andrebbe a sbattere violentemente contro l oggetto; è necessario fermare il movimento. È per questo che è importante la pre-programmazione: sapendo quanta distanza devo compiere e con quale intensità devo compiere il gesto, vado a mettere insieme nel tempo 1. l attivazione intensa dell agonista 2. la minore attivazione dell antagonista 3. il pre-agonista. Sono tre momenti diversi definiti molto bene in alcune aree il cervelletto. La corteccia motoria subirà un controllo da parte del cervelletto, che gli permette di attivare in questo modo agonista e antagonista. C è anche un altro elemento: un gesto molto preciso naturalmente è meno veloce; aumentando la precisione il gesto rallenta. Nella figura a sinistra: si fotografa a intervalli costanti una mano che si muove dalla prima posizione al punto finale che è la pallina. L mmagine è abbastanza mossa perché il movimento è intenso; successivamente l immagine è più definita: nella prima parte si muove più rapidamente e poi più lentamente. La velocità (in rosso) incrementa notevolmente e poi decresce. Il vantaggio di questa sequenza di velocità, che determina una specie di campana, è di rallentare in modo adeguato per raggiungere attentamente l oggetto o il target. Le sequenze motorie devono dipendere anche dal contesto nel quale si raggiunge la meta, infatti gesti simili ma finalizzati a scopi diversi saranno generati da neuroni corticali diversi. 80

83 Ciò è spiegato dalla figura. Una scimmia deve compiere un gesto che, per quanto riguarda il pollice e l indice è analogo nelle due immagini (A e B). Analizzando in corteccia i neuroni, guardo la scarica, si nota che pur avendo attivato gli stessi muscoli i motoneuroni corticali nella prima immagine (A) sono molto attivi (barrette verticali rosse alte), mentre nella seconda immagine (B) sono poco attivi, le barrette sono basse. È chiaro che la scimmia per compiere i due gesti ha attivato diversi neuroni in quanto scopo e contesto sono diversi. La corteccia che è capace di organizzare un atto motorio gestisce anche, con aggiustamenti cellulari che generano quel particolare movimento, la finalità del gesto. Cosa c è di diverso fra immagine A e B? Nella B la scimmia sta afferrando una palla quindi il movimento è grossolano; è un movimento detto di potenza. nel caso A l animale sta stringendo due mollette con estrema precisione. Rifacendosi all anatomia a cosa serve il fascio piramidale? Attiva fondamentalmente la muscolatura degli arti agli estremi, della mano, dei piedi, la parte distale dei muscoli, molto meno i prossimali. Già nella rappresentazione del movimento eseguito dal piramidale rispetto all extrapiramidale, gesti di significato diverso sono eseguiti da popolazioni neuronali diverse. Quando ho bisogno di un movimento di precisione devo attivare il fascio piramidale. Le cellule della corteccia motoria avranno un percorso discendente verso il midollo spinale del fascio piramidale. Nel caso in cui sia leso il fascio piramidale l animale non sarà più in grado effettuare un movimento ben programmato rispetto all oggetto (es. raccogliere una pallina da una buchetta). Per quanto riguardo l uomo una lesione piramidale avrà molteplici conseguenze tra le quali: perdita della parola e della gestualità della mano, aspetti molto raffinati del movimento. Il movimento di presa è molto più grossolano, meno preciso, può essere eseguito anche da fasci extrapiramidali e quindi motoneuroni corticali extrapiramidali diversi. Se in un animale viene leso il fascio extrapiramidale non ci sono più i movimenti di presa (è raro). L extrapiramidale assicura invece i movimenti prossimali degli arti. Naturalmente se il danno è molto esteso si presenterà anche la perdita dei movimenti prossimali. È possibile dunque affermare che la corteccia è in grado di regolare: forza, direzione, posizione di istruire il comando che definisce la velocità. Come fa la corteccia a correggere il gesto motorio? Il gesto motorio è regolato anche attraverso segnali periferici. I segnali sensoriali che attivano i centri del midollo spinale selezioneranno motoneuroni corticali diversi. Ma i segnali propriocettivi, ( es. segnali tattili) vanno anche in corteccia, e qui le cellule corticali motorie modificano la loro scarica in funzione dello stesso segnale sensoriale. In particolare influenze propriocettive riescono a modificare il movimento durante la sua esecuzione. Anche segnali visivi e altri segnali di contorno possono modificare la scarica. 81

84 L importanza dei segnali visivi risiede nel fatto che orientano il gesto; uno dei movimenti più studiati è quello della mano che va a raggiungere l oggetto: movimento di reaching e di grasping, ovvero di raggiungimento e presa. Come è possibile raggiungere l oggetto e come faccio a prenderlo? Il segnale che permette di raggiungere l oggetto è di tipo visivo, in quanto permette di conoscere la posizione del soggetto rispetto all oggetto. Questo percorso di fibre viene definito la via del dove (riguarda il reaching), cioè il sistema nervoso riesce a conoscere esattamente la posizione l oggetto e a programmare il movimento in funzione della direzione da assumere. Nei quadri patologici un infarto cerebrale in quel determinato punto blocca la via del dove. 1. Questo segnale visivo giunge dalla parte più dorsale del lobo occipitale (vedi figura). 2. Successivamente i messaggi salgono; questa tipologia di informazione definisce l oggetto nello spazio senza decodificare la natura dell oggetto. 3. Il segnale percorre in avanti giungendo al lobo parietale nella sua parte più dorsale; 3. scavalca tutta la parte centrale ovvero la corteccia sensitiva primaria (l omuncolo sensitivo) e la corteccia motoria primaria (omuncolo motorio). 4. Infine il segnale giunge aell area premotoria dorsale. Bisogna tener conto di un altra necessità: non posso raggiungere un oggetto per afferrarlo se non conosco esattamente come è fatto; devo aprire la mano in modo da afferrare opportunamente l oggetto; devo dunque conoscere come è fatto. L informazione strutturale viaggia su una via più ventrale: la via del come (riguarda il grasping). Il segnale percorre un tragitto diverso dalla via del dove, in quanto dal lobo occipitale giunge al lobo temporale sempre più anteriormente ed è lì che organizziamo la conoscenza dell oggetto. C è anche una via più vicina, separata da questa che ha funzione puramente cognitiva: è la via che conosce l oggetto in relazione al movimento. Dell oggetto interessano molteplici aspetti o meglio elementi. Si utilizza il termine affordance, che definisce i segnali all interno di un corpo utili per compiere un gesto in relazione ad esso e non per capirne le caratteristiche. È comunque una via più ventrale che scavalca completamente la corteccia motoria primaria, scavalca la corteccia sensoriale e finisce nell area premotoria frontale. È da tenere a mente il fatto che la terminologia utilizzata si riferisca alle scimmie e non all uomo, poiché la maggior parte di questi studi sono stati fatti da studiosi del movimento su scimmie. Le aree vengono chiamate F1, F2, F3, etc. e non è semplice correlarle alle aree umane perché non c è piena corrispondenza. Dunque sono queste la via del reaching e del grasping, grazie alle quali il sistema nervoso già in un percorso parietale e premotorio organizza il gesto. Esistono altri segnali sensoriali che condizionano gli atti motori. Per esempio i segnali propriocettivi. Registrando in corteccia si osserva che le cellule puramente motorie che si attivano quando la scimmia compie un gesto; nel momento in cui lo stesso atto motorio viene bloccato, immediatamente (il tempo di arrivo della propriocezione alla corteccia) le cellule corticali cambiano la scarica in maniera consistente. Nello specifico si presenta prima una cessazione, poi uno sbalzo 82

85 notevole quasi a generare uno sforzo maggiore che permetta di superare il limite. Quindi la propriocezione arriva in corteccia motoria e modifica la scarica in funzione di una corretta esecuzione. Se tutto procede correttamente non si modifica nulla a livello motorio. Altro esempio: prendendo in mano un bicchiere, inizio a versare l acqua il cui peso quindi crescerà. Automaticamente aumento la forza affinché il bicchiere non scivoli; la forza deve essere abbastanza elevata perché la superficie è liscia. Dunque aumenta la forza in funzione della superficie del bicchiere, momento per momento al crescere del peso del bicchiere. Mettendo il bicchiere in un involucro rugoso automaticamente la forza necessaria sarà minore. È possibile concludere che segnali sensoriali tattili in corteccia modifichino il movimento. Inoltre è tutto il sistema sensoriale ad essere in grado di modulare queste informazioni (ce ne sono anche altre) in quanto la corteccia motoria primaria, che ha la capacità di modificare, è influenzata dai sistemi sensoriali. Dove nasce l atto motorio? Tramite un esperimento è possibile osservare che nell atto volontario si sviluppa attività elettrica. Circa 800 ms prima di compiere un gesto motorio, la corteccia comincia ad entrare in oscillazione; è un atto volontario e quindi non sollecitato da propriocezione (altrimenti sarebbe un arco riflesso). In registrazione corticale in continuo con elettroencefalogramma leggo l attività elettrica e quando il soggetto si muove registro il movimento (avrò due registrazione che saranno messe insieme). Si correla poi il gesto motorio all elettroencefalogramma. Nella linea gialla spessa (in figura) si osserva il momento in cui nasce il gesto motorio; le curve blu che salgono sopra sono curve dell attività elettrica in diverse aree della corteccia: 1. zona precentrale di sinistra (L-precentrale), 2. precentrale di destra (R-precentrale) e 3. parietale. INIZIO EVENTO MOTORIO Preparazione corticale: potenziali di preparazione (assenti nel Parkinson) e di attesa. Infine c è un altro tracciato che rappresenta le oscillazioni (L/R precentrale). Si osservi come l attività elettrica (linea tratteggiata gialla) tenda già a salire verso l alto 800 ms prima in zona precentrale ma anche nel parietale. Prima di eseguire un atto motorio il sistema nervoso entra in oscillazione, aumenta l attività che interessa sia lato destro che sinistro e anche il parietale (terza curva in basso) in maniere più o meno parallela alla corteccia motoria. Sottraendo all attività della corteccia di sinistra motoria quella della corteccia di destra motoria (prima e seconda curva) si ottiene la scarica in più di pertinenza della corteccia motoria realmente implicata in percezione. Es. Se muovo la mano destra si attiva la corteccia motoria sinistra, allora se io prendo l attività e faccio il differenziale quello che ne deriva nasce perché in quella zona si è attivato qualcosa in più. L ultima curva in basso rappresenta le oscillazioni che hanno determinato il gesto. È dalla corteccia motoria parte il segnale ma è possibile trovare altri segnali di preparazione al movimento; questi potenziali si chiamano potenziali di preparazione, tramite questi riesco a organizzare correttamente il movimento, non si presentano problemi. Il potenziale di preparazione non è più presente nei soggetti affetti da morbo di Parkinson, verrà meno la capacità di organizzare il movimento in tutti questi tempi. 83

86 Il potenziale di preparazione fa riferimento ad un altro termine ovvero working memory: Per eseguire qualunque atto motorio bisogna mantenere a mente il concetto dell atto motorio stesso; c è bisogno di un insieme di tanti elementi, che possono essere o sensitivi o motori, richiamandoli tutti in funzione (tra 12 e 14 elementi). Si attua una oscillazione di questi circuiti e in quel momento la working memory (memoria di lavoro) interviene. In tante patologie del sistema nervoso centrale si perde questa memoria. Oltre alla corteccia sono attivate molte altre aree: una volta immaginata una motivazione, un idea di movimento, c è un lungo percorso che porta al movimento volontario; alla fine di questo percorso ci sono altri sistemi di controllo motorio: correlazione con parte dei nuclei della base. Interverrà prima il caudato, successivamente il putamen, poi il cervelletto e infine i sistemi di controllo spinale. Lo schema seguente spiega le diverse fasi che devranno necessariamente presentarsi: 1. una fase di valutazione della strategia 2. una fase di valutazione della tattica 3. una fase di controllo. Solo se tutte queste sono organizzate correttamente il gesto motorio può essere ben eseguito. Facendo un rapido resoconto dei riflessi che riguardano gli occhi, abbiamo trattato: optocinetico: per la stabilizzazione dello sguardo vestibolo-oculare: mantenere gli occhi fermi mentre il corpo si muove movimenti saccadici: per foveare un immagine, cioè porre in fovea, avere acuità visiva alta, analizza spazio ed oggetto. Preprogrammato. MOVIMENTO SACCADICO I movimenti saccadici sono movimenti volontari e rapidi con cui l occhio distoglie la visione da un punto e la porta su un altro punto. Questo, si dice, serve per foveare un immagine, cioè portarla in fovea. La fovea ha, infatti, una capacità visiva molto elevata perché ha molti recettori e analizza meglio lo spazio. 1. Questi sono movimenti di tipo preprogrammato (feedfoward), ovvero organizzati dal sistema nervoso prima di generare il gesto motorio degli occhi. Esiste anche un altro tipo di movimento volontario parzialmente riflesso dove il soggetto sta fermo, ma il target luminoso si muove e gli occhi inseguono questo oggetto. Questo è l inseguimento in sé (inseguimento lento). 2. Nel movimento saccadico non è tutto il campo visivo che si muove, è soltanto un punto che bisogna mantenere in fovea per poterlo vedere bene. 3. Un movimento non coniugato, questi ultimi movimenti sono tali per cui l occhio di sinistra va a destra e l occhio di destra va a destra e viceversa, bensì divergensivo, dove l asse visivo degli occhi deve cambiare per mantenere l oggetto in punti corrispondenti della retina. Ricapitolando si hanno 5 movimenti oculari: 2 riflessi: ottico cinetico e vestibolare classico. movimento saccadico, preprogrammato, movimenti di vergenza movimento continuo di inseguimento (o d inseguimento lento) in feedback. 84

87 N.B: Per esempio quando voi leggete, gli occhi si muovono con piccoli sàccadi, l uno dietro l altro: questo non è un movimento d inseguimento ma l insieme di più movimenti saccadici. Nella dislessia, ad esempio, c è un errore dei tempi d esecuzione delle sàccadi (o movimenti saccadici). Per leggere si ha bisogno di una programmazione motoria molto precisa che fa muovere passo passo da parola a parola. Per fare questo movimento è presente un attivazione iniziale dei muscoli molto intensa chiamata burst che, arrivando fino a 700 impulsi/secondo (il retto mediale risulta essere il muscolo più rapido del nostro corpo), è la più rapida di tutto il corpo umano, cosicché si ottiene una captività di esecuzione straordinaria. È il pulse. A questa prima attivazione segue un mantenimento costante chiamato fasic burst. Step a bassa frequenza Chi è che genera questa burst iniziale? Viene generata dalla PTRF: informazione reticolare parapontine che determina una scarica rapida (burst) e l occhio si muove. Il solo burst vi permette di raggiungere per un istante il punto e poi l occhio ritorna indietro in funzione di forze passive. Chi tiene l occhio nella posizione raggiunta? Un piccolo circuito che si ritrova anche nel vestibolo oculare: la risposta integrata. Gli studiosi sono incerti nel dire se ci sia una coincidenza stretta tra questo integratore vestibolare e questo circuito che integra e mantiene la scarica. Tuttavia, bisogna capire che anche in questo caso dopo il burst c è un attività integrata di minore intensità grazie alla quale gli occhi rimangono e il soggetto può continuare a stare sul punto raggiunto. Se si perdono questi circuiti di integrazione, si ha paralisi dei muscoli e quindi alterazione del burst, (allora gli occhi vanno lentamente sul punto da guardare), o del circuito di integrazione, (l occhio si muove rapidamente e poi lentamente torna indietro, non rimane sul punto). Tutti i movimenti oculari devono essere equilibrati, allo stimolo nervoso deve corrispondere un movimento oculare capace di fare il movimento. La possibilità di errore è alta, solo il sistema nervoso può correggerlo. Il target e l obiettivo visivo che noi vediamo solo con gli occhi ricopre un campo di circa 20 gradi, oltre questa ampiezza bisogna coinvolgere i muscoli che fanno muovere contemporaneamente la testa. Se io guardo davanti a me un punto, appare un immagine che a me interessa perché la periferia della retina non distingue bene ma osserva oggetti che si muovono. Sarà la sostanza nera di Sommering ad aprire e chiudere la porta al movimento saccadico. Quando il movimento vuole essere eseguito: 1. la sostanza nera di Sommering manda messaggi di apertura del cancello 2. il segnale arriva alla corteccia visiva, l arrivo diretto dei segnali luminosi della retina è filtrato dal collicolo superiore 3. il collicolo superiore, infatti, ha una mappatura dello spazio e coordina i segnali afferenti visivi con i movimenti oculari derivanti dai campi frontali 4. la corteccia volontariamente da spazio all esecuzione del movimento: la corteccia occipitale manda i suoi messaggi in una zona del parietale 5. dal parietale salta davanti alla corteccia prefrontale 85

88 6. infine nell area 8 (frontal eye fields) ovvero l area che genera i movimenti saccadici. Questa area in realtà dà il permesso all azione, perché la quantificazione del gesto, velocità e posizione finale sono attuate dalla zona sottostante del collicolo superiore. Come lavora il collicolo superiore? Si accende un punto d interesse nel campo visivo. Nella mappa collicolare si attiva la scarica a seguito di un riconoscimento della posizione dell oggetto, ad esempio di 30 gradi a destra, stesso grado di corrispondenza in cui il collicolo superiore comincia a scaricare. Questa intensa scarica, che i neurofisiologi chiamano la collina di attività, deve annullarsi. Il sistema nervoso sa che per annullare questa scarica bisogna fare in modo che il target, situato a 30 gradi dalla zona centrale, venga raggiunto. Successivamente se non si accende di nuovo l attività foveale, l occhio continuerà a muoversi e quindi l unico modo affinché resti stabile sarà aver portato lo stimolo in fovea. Questo è lo schema più razionale in letteratura che spiega come fanno i movimenti polari a raggiungere sempre perfettamente il target in maniera automatica. Bisogna, però, dire che nel sistema nervoso si ha più di una strategia. Una lesione devastante del collicolo superiore dovrebbe impedire il messaggio: questo accade inizialmente, successivamente però si ha la capacità di inseguire l oggetto, magari non con la stessa velocità, ma c è una funzione vicariante della corteccia che consta dell area 8. MOVIMENTO CONTINUO D INSEGUIMENTO Le parti attivate della corteccia sono in larga misura: occipitale, parietale e tra queste non necessariamente viene indicata l area 8. Se vi è una lesione nell area 8, ci si trova ad essere vincolati da questo movimento volontario (occhi a barra). Se si muove la testa gli occhi rimarranno sul punto che si stava osservando, non c è quasi più azione volontaria se uno non sa compiere movimenti saccadici. Se non si interrompe il movimento di inseguimento si rimarrà vincolati all inseguimento stesso: ad esempio abbiamo cercato un punto e i nostri occhi rimarranno sempre sul punto. La volontarietà, quindi, si esplica fondamentalmente nel dare un senso al movimento dell inseguimento o l attivazione della saccade continuerà a osservare quel punto. Questo movimento nasce dalla diversità di posizione dell oggetto tra la fovea e la parafovea. Esempio: un oggetto si muove nella mia zona parafovea, catturo il segnale della sua velocità e lo mando centralmente, il lobo parietale scarica facendo muovere gli occhi in modo congruo e con la stessa velocità. Già intorno a due tre primi di grado laterale, lo stimolo luminoso va ad attivare delle cellule particolari: le cellule parafoveali. Esse percepiscono questa nuova velocità e si genera risposta proporzionale a quella velocità, quindi, si cattura l idea di velocità e poi si muovono gli occhi. Le strutture implicate sono: gli occhi che percepiscono l oggetto la corteccia occipitale il solco temporale, la zona in alto in parietale, il cervelletto e infine il movimento oculare. Questi sono i luoghi di attivazione del riflesso d inseguimento. 86

89 Se immaginiamo di voler inseguire qualcosa, che inizia a muoversi per un pochino di tempo, gli occhi non si muovono, ma riconoscono la reale velocità dell oggetto. Siccome sto fermo, capisco bene come si muove l oggetto e informo la struttura corticale. Appena il sistema conosce la nuova velocità, stimola il movimento e si muove con la stessa velocità. Essendo rimasti però gli occhi indietro, l oggetto non sarà ancora ben visibile, è qui che interviene il movimento saccadico che cattura l oggetto che continua a muoversi con la stessa (e nuova) velocità, se la velocità cambia bisogna fermarsi e ripetere il tutto. FISSAZIONE Naturalmente possiamo mettere con il movimento di sequenza la fissazione. Questo, ovviamente connesso con l inseguimento. Noi osserviamo un oggetto, lo vogliamo analizzare bene dicendo all occhio: voglio sapere esattamente che cos è dato il tempo e in quel tempo voi avete un immagine persistente e il sistema nervoso può capire, cosi però non è un modo adeguato per stimolare la retina. Se io insisto sull immagine, cosa si determina su questo circuito? Andando ad analizzare con tecniche raffinate solitamente vediamo che si formano microsaccadi, piccoli spostamenti dell occhio che servono per vedere, riposare i recettori e poi ritornare a vedere. quando vi capita di incantarvi vi capita di vedere una macchia di colore opposto rispetto al punto fissato, si è modificata la responsabilità del circuito e la si mantiene stabilmente. Continuerete a vedere questa macchia finché voi rimanete troppo fermi e ciò capita se siete completamente distratti. Quindi la necessità delle microsaccadi è importante per spostare la fovea nel punto di fissazione. FASI DELL ESECUZIONE MOTORIA Adesso andiamo a vedere nel dettaglio le fasi del movimento volontario. Esperimenti di elettroencefalografia possono permettere di estrarre dalla corteccia l attività che precede il movimento volontario. Ripetendo più volte un movimento, registrando continuamente l attività encefalica e facendo una sommatoria dei risultati, posso costruire la risposta invariante, quella che realmente ha contribuito a quel gesto. Sono potenziali che si verificano prima e durante il gesto motorio. Prima che un soggetto compia un movimento si vede che le attività di scarica della corteccia parietale e di quella prefrontale si ampliano notevolmente, perfino ms prima. Questo si chiama potenziale di preparazione (il setting del gesto motorio viene organizzato). Nella immagine si nota che nei primi 300 ms avviene l organizzazione del movimento attraverso INIZIO EVENTO MOTORIO Preparazione corticale: potenziali di preparazione (assenti nel Parkinson) e di attesa. l attivazione della corteccia associativa e della corteccia premotoria. In questa prima fase non ci si accorge di nulla. La corteccia motoria entra in gioco solo 90 ms prima che il movimento avvenga e questo differimento (i 90 ms) è giustificato dai ritardi sinaptici. Il potenziale di preparazione scompare nel morbo di Parkinson. Il Parkinsoniano non riesce più ad adattare il comportamento motorio a seguito di cambiamenti ambientali. 87

90 Non è ancora stato accertato dove abbia origine l idea del movimento ma appare evidente che il gesto motorio non nasca nella corteccia motoria. Varie evidenze sperimentali suggeriscono che un ruolo importante sia svolto dall area motoria supplementare, che è anatomicamente connessa con altre regioni cerebrali coinvolte nel controllo motorio, quali corteccia motoria, le cortecce associative, i nuclei della base e il cervelletto. In queste procedure, infatti, entrano in gioco le emozioni, le motivazioni che stanno spingendo il soggetto a compiere l atto motorio. Non si può quindi stabilire con sicurezza quale sia la regione cerebrale primaria implicata nella genesi dell idea dell atto motorio. Non appena vi è l intenzione di compiere un atto motorio, ecco che si hanno due attivazioni: la corteccia motoria, che ancora non serve ma viene pre-attivata, il nucleo caudato (Il gesto motorio viene, infatti, organizzato immediatamente. Questa elaborazione viene effettuata dal nucleo caudato della base. Misurando l attività del caudato è possibile vedere che anticipa largamente l esecuzione motoria ed una sua lesione determina una disorganizzazione molto ampia del gesto motorio (esecuzione disordinata, senza finalità). Passato questo primo momento i segnali del caudato finiscono in corteccia motoria primaria.) In questo primo momento va definita la cosiddetta strategia del movimento, che varia a seconda del tipo di movimento che si voglia compiere. Per esempio, se dovessi puntare rapidamente un laser in una certa direzione compierò il gesto in un certo modo. Se invece non avessi fretta, lo compierei con più calma. Quindi le emozioni influenzano le strategie. Passata questa prima fase, il nucleo caudato e la corteccia motoria proiettano il segnale al: putamen cervelletto (nella sua porzione laterale). Gli elaborati pervengono poi ai: nuclei motori del talamo, per essere infine ritrasmessi alla corteccia motoria primaria. Il trasferimento delle informazioni lungo questa via e l elaborazione dei segnali a livello dei centri nervosi indicati realizza la tattica del movimento cioè l organizzazione di tempo, intensità, muscoli da contrarre per generare il gesto motorio (Non bisogna meravigliarsi se a livello cerebellare e a livello del putamen siano presenti circuiti cognitivamente capaci di modificare le loro sinapsi attraverso la LTP e LTD, in questo modo si hanno continui aggiustamenti basati sull esperienza. Questo comporta che nel momento in cui io voglia eseguire lo stesso movimento ho l impronta della tattica) La tattica consiste in un insieme di comandi da indirizzare ai muscoli con un preciso ordine topografico e temporale. Con le codificazioni particolari basate su forza, direzione, posizione, etc. la corteccia è in grado di governare i motoneuroni stimolati. Gli impulsi escono tramite i fasci piramidale ed extrapiramidale della corteccia motoria. Nonostante tutto, il gesto motorio non può essere ancora garantito: manca la verifica (o controllo). Dopo che i motoneuroni hanno eseguito il movimento, questo viene percepito 88

91 dalla propriocezione e i circuiti cerebellari raccolgono l informazione di propriocezione. Il SN necessita di un comparatore per imparare e per correggere. Questo comparatore è il cervelletto che tramite questo circuito riceve l efference copy, la copia efferente, quello che il sistema nervoso intendeva fare, mentre attraverso i fasci spino-cerebellari i segnali periferici ritornano informandolo della posizione del corpo nello spazio. Nella parte intermedia del cervelletto questa informazione deve essere comparata alla copia efferente del movimento proveniente dalla corteccia motoria, ovvero lo schema del movimento che possediamo. Una volta avvenuta la comparazione tra atto motorio e copia efferente, il cervelletto intermedio manda un messaggio alla corteccia motoria per correggere lo schema motorio di base. Una volta che il gesto motorio ha ottenuto il risultato atteso, allora scariche neuronali dette reward fanno in modo di sigillare quel gesto motorio nella corteccia motoria. Analizzando i nuclei della base si trovano neuroni che scaricano alla fine dell esecuzione motoria, proprio per la consolidazione dello schema motorio. La correzione del movimento avviene in parte anche nel Midollo Spinale. Ad esempio l attività γ può correggere un gesto alterato? Avrò bisogno di implementare, perfezionare e acquisire la risposta, in quanto, se quel gesto motorio è avvenuto correttamente, l informazione viene trasferita nell emisfero laterale facendola diventare una sequenza motoria appresa che posso mettere in atto quando devo compiere quella stessa azione. Si passa quindi da un feedback a un feedforward, cioè pronto per essere utilizzato. Ora la corteccia motoria, 90 ms prima che il movimento avvenga, proietta il messaggio ai motoneuroni tramite le vie discendenti di moto e il movimento può essere compiuto. Una cosa molto importante è l utilizzo della memoria a breve termine durante il periodo di attesa. Per capire un discorso abbiamo bisogno che il soggetto, il predicato, e il complemento oggetto rimangano impressi. Deve persistere nel tempo una memoria breve che tenga a mente circa 7 informazioni per una durata di 20 secondi per comprendere una frase proveniente dall esterno. È quindi un sistema per l immagazzinamento temporaneo e la prima gestione/manipolazione dell informazione. La memoria di lavoro, che è un tipo di memoria a breve termine, è importantissima al fine di eseguire gesti motori. È a causa del malfunzionamento della memoria di lavoro che il parkinsoniano esegue gesti frammentari. 89

92 AREE MOTORIE La corteccia è impegnata con diverse aree a seguire i movimenti: oltre all area motoria e premotoria (4 e 6), sono implicate le aree supplementari motorie, l area premotoria (dorsale e ventrale), l area di Brocà (44-45) e le aree somatosensoriali (5 e 7) per il controllo dell esecuzione motoria. Circonvoluzione del cingolo 1. RCA: giudizio sull esito: predizione-effetto 2. CCA: esecuzione 3. Lesione RCA: riduzione iniziativa, dipendenza dagli stimoli esterni (occhio area anteriore, mano posteriore) Diviso: in una parte rostrale (RCA): La parte rostrale giudica l esito di un atto motorio, quindi ci saranno scariche terminali si accende se quel gesto ottiene un risultato positivo correlando la predizione con l effetto. La lesione della RCA determina nei pazienti una mancanza di iniziativa nei movimenti, i quali sono in grado di eseguire solo movimenti che dipendono dagli stimoli esterni, se di un gesto motorio non posso predirne l effetto, non lo eseguo. Il soggetto si muove solo se c è un potente stimolo esterno che lo spinge in quella direzione. Questo può portare ad apatia, nel senso che il soggetto è incapace di generare lo stimolo. una parte caudale (CCA): La parte caudale è impegnata nell esecuzione. Area supplementare motoria (SMA) 1. SMA: sequenze ed immaginate (istruzioni interne) 2. SMA: non dettagli, ma completi, bocca regioni prossimali. stimoli visivi, memoria 3. presma: complessi movimenti lenti arti superiori, memoria Lesione: linguaggio: parziale mutismo (difficoltà ad iniziare un discorso) Acinesia (difficoltà all iniziativa motoria) Serve per organizzare sequenze motorie. Ha una importante capacità di memorizzazione e si attiva anche quando il soggetto immagina il gesto. Il sistema nervoso, quindi, è dotato di aree che 90

93 eseguono la rappresentazione mentale del gesto e aree che eseguono la rappresentazione reale del gesto. Quanto più riesco a riprodurre mentalmente un gesto, tanto più facilmente verrà eseguito. Nell esecuzione motoria è, quindi, antecedente all attivazione dell area motoria. Si attiva sia se si esegue il movimento, sia se si immagina solamente di compierlo. Gli schemi motori (le sequenze delle varie attivazioni nel tempo per attivare quel gesto) contenuti in queste aree sono riguardanti movimenti grossolani, generali, poco fini e limitati a circoscritte parti del corpo, per lo più mani e bocca. Divisa anch essa in due parti: una anteriore (3): dell area pre-supplementare motoria o area 3 è che ha a che fare con i movimenti degli arti superiori, nelle aree superiori del linguaggio e della formazione della parola. Una sua lesione determina acinesia e mutismo, in quanto connessa con le aree di Wernike e Broca, per la sua importanza nell avviamento del linguaggio e dei movimenti. Il mutismo, infatti, è il frutto di una incapacità di organizzare un gesto che quindi blocca l intenzionalità motoria., una posteriore (1). Area pre-motoria dorsale (PMd) 1. Direzione del movimento raggiungimento grasping (dove) 2. Associazione arbitraria tra stimolo simbolo e movimento (semaforo): significato (rosso stop movimento freno) - si combina ippocampo e putamen 3. Apprende e consolida Serve al raggiungimento della posizione degli oggetti (reaching) e il segnale nasce dalla parte superiore del lobo parietale. Questi segnali servono ad orientare nello spazio il gesto motorio. Le fibre dorsali che stanno definendo dove sia l oggetto nello spazio proiettano l informazione alla corteccia premotoria dorsale che quindi sarà in grado di organizzare il movimento del reaching. Questa area è anche capace di consentire l associazione di un simbolo con un movimento (semaforo verde, premo l acceleratore). 91

94 Area pre-motoria ventrale (PMv) 1. Neuroni finalizzati ad uno scopo: esempio: afferramento (come) per mano e bocca (motori, visivi e visuo-motori). 2. braccia-collo,tronco, faccia, bocca: campi recettivi visosomatosensoriali. Codificano lo spazio peripersonale (tatto-visione prossima). 3. Neuroni mirror (rispondono ad atti motori a diverso grado di astrazione sia compiti dal soggetto che osservati compiere da operatori esterni. Contiene due sottoaree dette F4 e F5. Anche questa area pre-motoria riceve segnali dal lobo parietale, ma dalla parte inferiore. Riconosciamo più zone, che convergono in F5 e F4: una anteriore al solco intraparietale (AIP), un area più ventrale rispetto al solco (VIP) e un area più distante (PF). Questi neuroni servono all afferramento (grasping), alla valutazione del campo peripersonale ed extrapersonale e alcuni di essi sono neuroni specchio. F5 riceve informazioni da AIP. L area F5 codifica sequenze di atti motori: zone di F5 si attivano per il movimento generico da intraprendere, altre per un atto motorio specifico. È importante ricordare che si attivano prima le aree per il movimento generico e solo successivamente quelle per il gesto motorio specifico. Quando il segnale ha raggiunto il massimo della specificità passa nell area motoria che attiva i motoneuroni adibiti ad quel movimento. Nell area F5 è dominante la configurazione della mano, la sua posizione e i suoi tempi di azione. In F5 ci sono neuroni motori, molto selettivi, che si attivano quando viene effettuato il gesto motorio, e neuroni visuo-motori, meno selettivi, che si attivano sia quando viene effettuato il gesto motorio, sia quando viene visto il gesto motorio stesso. Nell area AIP è rappresentato in maniera sensitiva, visiva e tattile la struttura dell oggetto che useremo nel gesto motorio e le caratteristiche a noi utili (affordance) per compiere il movimento. Il 50 % dei neuroni, presenti in F5, si attivano quando il soggetto compie, in prima persona, un atto motorio, mentre, il restante 50 % rispondono a seguito di stimoli visuomotori, cioè quando l atto viene compiuto da un altra persona. Sono neuroni che vedono la realtà e agiscono come specchio. Per questo chiamati neuroni specchio: particolari neuroni che sono in grado di attivarsi anche quando si vede un soggetto compiere un azione e non solo nel vedere il singolo movimento, non differenziando l oggetto dall azione. Come può allora il nostro sistema nervoso stabilire chi sia l esecutore dell atto? Sicuramente, ci sarà una regione cerebrale in grado di stabilire se l azione è stata compiuta in prima persona o se è stata compiuta da una terza persona ma, nei neuroni specchio, questa distinzione ancora non c è. Il 92

95 discorso può essere esteso anche nella sfera emotiva, ovvero ciò che ho provato come dolore posso comprenderlo in un altra persona in quanto vengono attivati gli stessi neuroni. Questo processo è alla base della empatia. F4 ha molto a che fare con bocca e braccio ed è in grado di analizzare gli oggetti in funzione di un riferimento egocentrico, controllando, quindi, gli oggetti vicini al volto, mano, braccio, corpo. Ci sono neuroni che rispondono solo a segnali visivi e neuroni che rispondono a segnali visivi e tattili (bimodali). Il campo di recezione di questi neuroni non è limitata all oggetto vicino, ma anche all area circostante l oggetto. Essi considerano le coordinate spaziali in relazione alla nostra posizione. Lo spazio extrapersonale è percepito grazie all orientamento del corpo, ai movimenti oculari (FEF) e a quelli di collo e testa. Sono tutte aree sensitive strettamente connesse alla corteccia motoria primaria che non servono per l aspetto cognitivo, cioè per riconoscere un dato oggetto, ma servono per riconoscere delle caratteristiche necessarie al movimento. Ad esempio, quando si osserva una tazzina di caffè, queste aree servono a identificare il manico o il bordo (delle piccole caratteristiche riguardanti l oggetto). Possono essere attivate diversamente a seconda dell azione: ad esempio, se dovessi lavare la tazzina di caffè, si attiverebbero alcune cellule appartenenti a queste aree, se, invece, la dovessi afferrare se ne attiverebbero altre. La corteccia motoria è in grado di apprendere. Come possiamo vederlo? Immaginiamo di eseguire una sequenza motoria con la mano. Inizialmente l area corticale attivata risulta essere discreta, piccola. Tuttavia dopo aver ripetuto un certo numero di volte questa sequenza, l area corticale attivata risulta essere di gran lunga maggiore. I circuiti, all interno della corteccia motoria, sono stati consolidati e legati tramite le sinapsi e l istruzione ormai è nota alla corteccia motoria. Tuttavia mentre alcuni circuiti aumentano la loro attività, altri, come i nuclei della base, una volta appreso l automatismo riducono la loro attività. Quindi, una volta che il gesto è stato appreso, l area di attivazione della corteccia motoria cresce, ma si riducono le coattivazioni. NUCLEI DELLA BASE E CERVELLETTO I nuclei della base così come il cervelletto sono strutture che intervengono in modo importante nel controllo del movimento, ognuna con le sue specificità ma che presentano un organizzazione simile, in quanto instaurano entrambi una sorta di loop, una sorta di circuiti di rientro con la corteccia: corteccia-nuclei della base-cervelletto e corteccia-cervelletto-corteccia. All interno di queste loop ci sono altri network, è un organizzazione più complessa, però sostanzialmente nella programmazione in senso lato del movimento abbiamo diverse strutture, corticali e sottocorticali, che intervengono o nel piano motorio (gangli della base e cervelletto) o nell esecuzione motoria (cervelletto). Quello che accomuna queste due strutture è l organizzazione del piano motorio. Nello specifico i gangli della base comunicano potentemente con la corteccia, mentre il cervelletto comunica anche con il midollo spinale, intervenendo anche nel controllo del movimento tramite feedback e feedforward anticipatori. 93

96 NUCLEI DELLA BASE L aspetto interessante dei gangli è che attraverso queste loop, queste connessioni, intervengono sul piano motorio selezionando il programma di atti motori da eseguire in un dato contesto ed eliminando il programma di atti motori da non eseguire. Questo è un aspetto importantissimo, come vedremo infatti lesioni ai gangli generano una scompaginazione di questa organizzazione, con dei programmi motori che senza questa selezione sono alterati, con dei segnali alterati, in eccesso o inadeguati propriamente negativi per la vita del soggetto interessato. Corea, emiballismo e Parkinson sono dovuti proprio a questa mancanza di selezione di programmi motori. I Gangli della base facendo un quadro generale sono formati da diverse strutture, da diversi nuclei essi stessi. In particolare è importante menzionare lo striato formato dal caudato e dal putamen che è la struttura che riceve gran parte delle informazioni in ingresso e quindi è di notevole importanza perché da esso parte una circuiteria di rielaborazione di questa informazione. Presenta ampie connessioni con la corteccia, con aree che inquadriamo nel sistema motorio. I gangli intervengono in diverse funzioni, certamente in tutte le funzioni motorie, ma anche in funzioni cognitive e anche nelle sfere emozionali, emotive, tant è che instaurano connessioni con: le aree premotorie, le aree motorie supplementari, le aree prefrontali, le aree associative (correlate a informazioni sensorie e motorie che si fondono insieme), la corteccia parietale la corteccia del cingolo (ecco allora l elaborazione delle informazioni in relazione alla sfera emotiva, agli stati emozionali, ai comportamenti). Quindi movimento, cognizione, sfera emozionale sono connessi. Hanno varie funzioni tra cui: I nuclei della base sono importanti in quanto facilitano ed esercitano un controllo sul movimento. Sono importanti nella rilevazione dell errore attraverso una comparazione tra la copia efferente e il movimento eseguito. Avviano la sequenza motoria. Correlano il movimento all emotività e alla motivazione. Il nucleo caudato avvia le strategie del movimento. Il putamen partecipa all organizzazione motoria del feedforward determinando la tattica. Tutti i nuclei della base sono responsabili dell apprendimento del gesto motorio. 94

97 l inibizione dei movimenti involontari. Succede che, quando il sistema motorio o il sistema piramidale vengono attivati, si ha una focalizzazione sempre maggiore dei motoneuroni necessari al gesto motorio, quindi il gruppo muscolare si attiva in maniera più specifica, mentre i neuroni, che potrebbero essere coattivati per archi riflessi, vengono inibiti. Quindi l atto motorio volontario è un insieme di attivazioni e di inibizioni. I movimenti automatici sono estremamente sviluppati attraverso i nuclei della base in quanto vengono consolidate le circuitazioni. Siccome il movimento è effettuato in maniera specifica insieme al cervelletto viene definito il tempo e la direzione. All interno dei nuclei della base sono presenti cellule in grado di capire se il movimento è andato in porto, importanti quindi per la ricompensa. Sono responsabili della memoria di lavoro e di quella procedurale (cioè del gesto motorio). E infatti queste loop (CC diverse proiezioni NDB circuiti di ritorno CC) devono essere pensate come circuiti in parallelo strettamente segregati: circuiti scheletro-motori, circuiti oculo-motori, circuiti cognitivi e circuiti che legano i nuclei della base con il cingolo. Tant è che mentre qualche anno fa si immaginava questo come un sistema extrapiramidale, oggi senz altro possiamo individuare una funzione molto più ampia. La conferma ci viene dalla Patologia: patologie dei nuclei della base si manifestano con un iniziale alterazione motoria ma poi portano ad un degrado generale di diverse funzioni, anche cognitive e relative alla sfera emozionale. CIRCUITI SCHELETRO-MOTORI È interessante vedere come all interno degli stessi circuiti ci sono sottocircuiti ognuno con delle specifiche; qui vediamo gli scheletro-motori e all interno di questi ci sono ulteriori segregazioni per le diverse parti del corpo (braccio, avambraccio, emitronco, etc..) inoltre la segregazione non è solo anatomica, non è solo topografica in senso anatomico-strutturale. Infatti così come nella cc anche nei nuclei della base abbiamo un organizzazione topografica, che nello Striato in particolare è estremamente raffinata e selettiva, tuttavia c è una sorta di topografia qualitativa in quanto c è segregazione anche sulla base della funzionalità del movimento, sull aspetto funzionale del movimento. Ma qual è dunque la funzione dei nuclei della base? In riferimento al movimento la funzione è senz altro quella di facilitare il programma motorio grazie a queste loop di rientro. C è un controllo del movimento da parte dei nuclei della base nel senso di controllo del programma motorio poiché non sono in grado di modulare il movimento in senso stretto come fa il cervelletto perché le proiezioni troncoencefaliche o spinali sono solo indirette, mentre sono ampliamente rappresentate proiezioni cortico-ndb-corticali. Per questo motivo sono influenzati e influenzano la copia efferente del programma, una copia del programma passa qui e viene modificata, e non solo è modificata ma influenza anche l attività dei nuclei della base. Hanno un ruolo molto importante nell inizio del movimento in generale, ma soprattutto nel cammino. C è una correlazione tra movimento ed elementi della sfera emotiva che avviene proprio a livello dei nuclei della base, che collegano emotività, stati di gratificazione e movimento. Quando un movimento compiuto porta ad uno stato di gratificazione si tende ad acquisire quell informazione e a ripetere il movimento, a migliorarlo, quindi questa connessione è fondamentale nell acquisizione di abilità motoria. 95

98 Detto ciò non ci meravigliamo se alcune strutture non sono attive solo durante l inizio del movimento, ma anche molto prima, durante e persino dopo il movimento. E questa attivazione particolare cambia in base al contesto ambientale, al contesto motorio, in seguite alle diverse perturbazioni, in sostanza è un sistema che tende a cambiare con l esperienza. Così i programmi motori sono costantemente migliorati. Stiamo parlando di strutture che si attivano in diversi momenti, anche molto prima del movimento, quindi ci sono dei potenziali che sono indicati come di preparazione, cioè dei potenziali che servono a istruire sulla preparazione al movimento. Quindi vediamo come i nuclei della base sono molto importanti per la preparazione all atto motorio. Sono stati fatti esperimenti per studiare i diversi potenziali, anche preparatori, per vedere come si attivano nel tempo le diverse porzioni dei nuclei della base, sostanzialmente sono stati studiati lo Strato, nelle sue diverse porzioni, e il globo pallido, che anch esso è un nucleo della base molto importante. lo striato rappresenta la stazione d ingresso, il globo pallido e la sostanza nera sono le stazioni d uscita. Prendiamo un esperimento che va a studiare proprio i potenziali preparatori nei diversi momenti, in generale l esperimento consiste nel istruire un animale a compiere un atto motorio semplice, come premere un bottone o tirare una leva, a questa istruzione dell animale segue un istruzione dello stesso a comandi che richiamino quel determinato atto motorio, allora ecco che c è un comando del pronti che indica all animale che sta per svolgere quell atto, non è un comando vero e proprio ma ha a che vedere con l atteggiamento che deve assumere in funzione del movimento, poi c è il vero e proprio comando d inizio, lo start cui segue il movimento. Dunque si è visto che le strutture dei nuclei della base sono ampliamente attive sia prima addirittura del comando del pronti, sia durante la preparazione all atteggiamento da assumere, sia allo start del movimento (tant è che sono proprio i nuclei della base a definire questo tempo di start, di avvio), durante il movimento certamente e soprendentemente anche piuttosto dopo il movimento. Questo ci fa capire l importanza dell atteggiamento da assumere, che non è solo motorio, ma è l atteggiamento generale dell individuo che deve essere assunto, di preparazione a un movimento che ci si aspetta, quindi ecco che vengono richiamate le working memories, cioè quelle memorie di un evento, soprattutto motorio, che sono pronte e possono semplicemente essere richiamate così da produrre un movimento rapidamente, sono qualcosa di già presente cui il sistema nervoso attinge così da produrre un movimento senza tanto sforzo. Ma come giustificare l attivazione a movimento terminato? Questa attivazione è legata ad un meccanismo mirato al consolidamento degli schemi motori efficaci, è funzionale al correlare il movimento alla sfera emotiva, alla motivazione; riferendoci all esperimento, al termine del movimento, se l animale compie il gesto esatto riceve un premio e in concomitanza con questo si ha una potente attivazione del putamen e del globo pallido, questo ci dice che il premio e quindi la gratificazione rinforza questa cicuiteria, rinforza questa sequenza di eventi, perché ogni volta che si ripresenterà un contesto simile durante la preparazione la si può richiamare, quindi ecco che motivazione e movimento sono strettamente connessi. Ed è importante anche per noi questo, la spinta verso il miglioramento di un movimento è importantissima ed è legata a doppio filo alla motivazione (basti pensare allo sport). 96

99 CIRCUITERIA C è una circuiteria complessa con cui i diversi nuclei dei gangli della base comunicano tra loro e con strutture esterne, principalmente talamo e corteccia. Le strutture d ingresso sono putamen e caudato (cioè lo striato) e ricevono ingressi multipli: una dominante informazione che proviene dalla corteccia, ciò significa che gran parte delle informazioni correlate al movimento, al programma motorio e ad altri aspetti di cui abbiamo parlato prima raggiungono questo striato. ci sono delle loop con il talamo ci sono informazioni in ingresso veicolate da proiezioni che altri nuclei dei gangli della base proiettano verso lo striato, tali proiezioni sono molto importanti perché si tratta di vie dopaminergiche che dalla sostanza nera compatta vanno a proiettare in formazione, vedremo con quale ruolo, allo striato. C è da aggiungere inoltre che gli ingressi sono quasi totalmente eccitatori dalla corteccia, perlopiù si tratta di vie glutammatergiche. Le strutture d uscita sono: il globo pallido interno, così detto perché il globo pallido è strutturalmente organizzato in due componenti, una più esterna ed una più interna, che presentano differenze anatomiche e nei neurotrasmettitori. Il globo pallido interno proietta verso il talamo e le sue proiezioni sono GABAerchiche, pertanto inibitorie. la sostanza nera reticolata, da cui partono proiezioni GABAerciche inibitorie verso il talamo. Allora immaginiamo che c è un ingresso dalla corteccia eccitatorio, su un sistema selettivamente topografico ogni proiezione ha a che vedere con un movimento. Tale proiezione eccita in ingresso, poi avviene qualcosa e infine c è un uscita inibitoria che è chiaramente influenzata dall ingresso e da ciò che avviene tra ingresso e uscita. Aspetto interessante da aggiungere è che entrambe le uscite, globo pallido interno e sostanza nera reticolata, hanno un attività tonica, questo è importante perché significa che possono essere modulati (in un modo particolare), in quanto di loro tenderebbero a rendere silente il talamo. VIA DIRETTA E VIA INDIRETTA via di facilitazione (2 inibizioni) via di inibizione (3 inibizioni) Qnr ` 9 è bhkhs` y hn md F qhf hn 9 hmha hy hn md 97

100 Tra questi ingressi e queste uscite esistono due vie in parallelo che controllano l informazione, la elaborano in ingresso e determinano quale deve essere l uscita. La via diretta nasce da proiezioni che dalla corteccia vanno allo striato eccitandolo, il quale eccitato proietta al globo pallido interno con proiezioni GABAergiche inibendolo, questa via dunque inibisce il Globo pallido interno che essendo inibito non può inibire il talamo, quindi in questo caso si dice che il Talamo è disinibito, cioè è pronto a rispondere agli altri ingressi che la cc invia, producendo una facilitazione sulla CC stessa, ecco allora che la via diretta è facilitatoria per il movimento. (CC striato + GPI talamo + ). Per quanto riguarda la via indiretta la cc attiva lo Striato, dove ci sono neuroni inibitori che vanno appunto ad inibire il globo pallido esterno, il quale è in comunicazione con un altro nucleo, il nucleo subtalamico sul quale agisce inibendolo, ma essendo inibito il globo pallido esterno esso non può inibire il nucleo subtalamico e la sostanza nera reticolata, che dunque è disinibito ed esercita un azione eccitatoria sul globo pallido interno che però è inibitorio e quindi inibisce il talamo. Il subtalamo attiva il GP interno tramite una via glutammaergica, eccitatoria, l unica via glutammaergica nella circuiteria interna dei gangli della base (quella che parte dalla cc è da considerarsi esterna). (CC striato + GPE NST + GPI + talamo ). Attraverso una circuiteria leggermente più complessa, in cui c è sia la componente GABAergica inibitoria, sia la componente glutammaergica eccitatoria di proiezione del subtalamo, esercita un azione inibitoria sul Talamo. La via indiretta è inibitoria del movimento. Tuttavia se consideriamo l effetto della dopamina prodotta dalla sostanza nera compatta sullo striato, la dopamina si lega al recettore D2, che è di tipo inibitorio, le inibizioni non sono 3, bensì 4. La dopamina quindi facilita il movimento. Se non avessi la dopamina un circuito sarebbe di tipo eccitatorio (il diretto) mentre l altro sarebbe di tipo inibitorio. Quindi il primo è un circuito intrinsecamente eccitatorio, mentre il secondo è intrinsecamente inibitorio. La dopamina rende tutto eccitatorio perché attiva il diretto e inibisce l indiretto. Durante il nostro comportamento motorio è necessario un esatto bilanciamento delle due vie affinché il movimento inizi, finisca e sia coordinato in tutti i momenti. E questo bilanciamento tra le due vie significa scegliere gli aspetti che all interno dei comandi motori devono essere attivati o inibiti affinché il movimento sia corretto. Quindi attraverso l ingresso, poi con due vie differenti c è una modulazione dell uscita che serve a facilitare o inibire il movimento. Viene selezionato ciò che è corretto o non è corretto ai fini del movimento, che quindi diviene efficace in quel contesto. Tutto ciò passa attraverso la disinibizione o inibizione del talamo. È importante conoscere gli aspetti funzionali di queste vie perché significa identificare quei segni che si presentano quando regioni specifiche vengono colpite da lesioni, segni che è possibile quindi identificare solo se si conosce tale struttura organizzativa. VIE DOPAMINERGICHE Abbiamo sostanzialmente descritto una circuiteria, una loop CC NDB talamo CC, ma su questa via esercitano un ulteriore azione, un ulteriore influenza, alcune proiezioni dopaminergiche della Sostanza nera compatta. Ma che tipo di influenza esercitano queste vie? La dopamina come tutti i neurotrasmettitori ha un suo effetto sul neurone che la riceve che dipende dall interazione con il recettore; in questo caso nel putamen esistono due famiglie di recettori che sono indicate come: D1 per la via diretta I recettori di tipo D1 hanno azione eccitatoria, ovvero la dopamina interagendo con D1 eccita, si comporta da neurotrasmettitore eccitatorio. La sostanza nera 98

101 compatta, costituita da cellule dopaminergiche, scarica tonicamente sullo striato. La dopamina, liberata da queste fibre, si lega ai recettori D1 dello striato, provocando uno stimolo eccitatorio di rinforzo. Questo ci porta a concludere che se tale via dopaminergica viene eccitata, eccita la via diretta e porta alla disinibizione del talamo. D2 per la via indiretta. D altra parte ci sono altre proiezioni dopaminergiche che raggiungono la via indiretta nel putamen e incontrano neuroni con recettori di tipo D2, che producono un segno opposto, cioè un inibizione su queste cellule, quindi significa che la via indiretta nella sua prima componente viene inibita, e allora l effetto sul talamo è di nuovo una disinibizione. Questo perché il subtalamo non esercita più eccitazione sul globo pallido interno, quindi diminuisce l azione inibitoria in uscita del Globo pallido interno e di nuovo il talamo è disinibito. Queste due vie dopaminergiche, pur comportandosi in modo opposto in ingresso, hanno un effetto simile in uscita, effetto che è facilitatorio del movimento, con parziale disinibizione del talamo che è pronto a rispondere agli stimoli corticali e facilita il movimento. Anche questa influenza contribuisce a pesare una via rispetto all altra, a far dominare in certi momenti la facilitazione o l inibizione, e viceversa. 99

102 Nel morbo di Parkinson che è caratterizzato proprio dalla degenerazione della sostanza nera, questa via non c è più, non c è più la facilitazione da parte di questa via, ed ecco perché il Parkinson è caratterizzato da ipocinesia. Quello che emerge da osservazioni effettuate fino adesso, è che fondamentalmente è necessario che queste due vie modulatorie, indiretta e diretta, devono essere in modo raffinato bilanciate affinché ci sia l esatta esecuzione motoria, se parliamo di movimento. In qualche modo l esatto equilibrio interno sia di altri circuiti, sia di quello motorio, sia cognitivo, sia emozionale è basilare; quando queste due vie sono in qualche modo sbilanciate, domina una sull altra, o qualche altra forma di sbilanciamento, subentrano alterazioni motorie più o meno gravi, alterazioni funzionali cognitive. Quindi il punto centrale è che tutta questa roba serve a tenere bilanciate queste vie (diretta e indiretta) per facilitare o inibire il movimento, per perfezionare le cose, gli aspetti, le caratteristiche che devono essere attivate o inibite dei programmi motori o non motori per gli altri circuiti in parallelo. Allora a questo punto risulta evidente, possiamo comprendere più semplicemente quello che avviene in certe patologie, soprattutto nelle patologie ipercinetiche e ipocinetiche, che saranno caratterizzate dallo sbilanciamento di queste vie, e dal dominio di una via sull altra. Nelle patologie ipercinetiche come corea (di Huntington) e ballismo, pur essendo caratterizzate da lesioni in punti differenti, il risultato finale e uno sbilanciamento con dominio della via diretta facilitatoria. Ciò innesca una serie di comportamenti motori; in particolare, queste patologie sono caratterizzate dall esecuzione incontrollata di movimenti definiti coreiformi, cioè distali come braccia, mani ma anche in parte viso e lingua o più prossimali nel ballismo; nell emiballismo è interessato solo il soma, con interesse subtalamico. Quindi sono disturbi gravi che innescano movimenti non controllabili, non volontari associati a discenesia ovviamente. In altri casi ipotonia negli stadi iniziali, è ipotonica la risposta muscolare; negli stadi più avanzati può presentarsi una rigidità, si inverte. Cos è una distonia? La distonia è una alterazione del tono: per esempio se immaginate un segmento articolare, il tono articolare è determinato da muscoli agonisti e antagonisti che regolano la rigidità; nella distonia salta questa regolazione, e quindi si assiste per esempio a un ipertono che determina posture strane, abnormi. Oppure spesso sono correlate ad atetosi che si tratta di movimenti incontrollati continui, il più delle volte non veloci, ripetitivi di torsione delle mani. 100

103 Nel caso della corea di Huntington, abbiamo un problema genetico e il risultato finale è la degenerazione dei neuroni dello striato e alterazione della via che parte dallo striato. Di conseguenza si riduce l input inibitorio complessivo del circuito indiretto e il globo pallido interno inibisce meno i neuroni del talamo motorio che, quindi, attiva maggiormente l area motoria supplementare della corteccia. Le conseguenze sono discinesie. L emiballismo ha caratteristiche diverse, con lesione più centrata a livello del nucleo subtalamico di Luys, ma il risultato rimane lo stesso con componente facilitatorie potenzianti più attivate. Il talamo è quindi libero di scaricare alla corteccia. Le conseguenze sono movimenti involontari, finalistici e tentacolari. Per quello che riguarda le patologie ipocinetiche, abbiamo lo stesso discorso con di nuovo perdita dell equilibrio delle due vie, con dominio delle componenti inibitorie verso il talamo, il quale risulta essere fortemente inibito e quindi è inibito anche il movimento; ma presenta anche altre manifestazioni tipiche per esempio del morbo di Parkinson: questa alterazione nasce proprio dal fatto che gradualmente le proiezioni dopaminergiche della substantia nigra tendono a degradarsi fino a scomparire. Così è persa l influenza della dopamina, la quale è tale che sia sulla diretta che indiretta il risultato è lo stesso, lei facilità e disinibisce il talamo; così in questo caso la risposta è di segno opposto, poiché perdendo questa componente facilitatoria il talamo sarà maggiormente inibito; se voi fate lo schema e ci pensate, sia attraverso questo che l altro, è come se ci fosse un dominio della via indiretta inibitoria: aumenta la via inibitoria che dal putamen va al globo pallido, ciò rende più attivo il nucleo subtalamico che attiva il globo pallido interno inibitorio e questa attivazione genera una potente ulteriore inibizione, con tutte poi le manifestazioni tipiche del Parkinson. L acinesia sapete cos è? È la mancanza della componente cinetica del movimento. 101

104 La bradicinesia? È il tremore tipico a riposo a 3-5 Hz: è un tremore particolare perché indipendentemente dal compito motorio del soggetto esiste. Esiste un altro tipo di tremore derivante da lesioni del cervelletto, definito tremore intenzionale, che si presenta solo quando un soggetto deve compiere un movimento; mentre nel Parkinson è un tremore persisente. La derivazione di quest ultimo è sconosciuta, tuttavia io ho avanzato un ipotesi: voi sapete che nel talamo esistono gruppi di cellule che si comportano come pace-maker, hanno cioè attività oscillatoria interna propria; questa ulteriore inibizione (derivante dalla degenerazione delle connessioni dopaminergiche della sostanza nera) che si ha con le condizioni parkinsoniane, in qualche modo fa emergere questa attività di pace-maker. Questo male è difficile da comprendere perché, a differenza della corea, dove molti aspetti si sono capiti, nel Parkinson ancora è sconosciuta la causa della degenerazione anche se è nota l influenza di alcune componenti tossiche esterne; pesticidi, componenti tossiche con cl. È molto famoso uno studio effettuato in California su tossicodipendenti che presentavano un altissima incidenza del Parkinson, in quanto durante la lavorazione l eroina veniva contaminata con sostanze tossiche determinanti nella degenerazione; In generale comunque fondamentale è l ossidazione cellulare, predisponente alla morte cellulare. Questa difficoltà di comprensione si esplica anche nella difficoltà della scelta di un approccio terapeutico adatto; riguardo ciò, sicuramente qualcuno di voi conoscerà L-DOPA che veniva e viene tutt ora utilizzato. Precursore della dopamina, può essere utilizzato dalle cellule nervose come la dopamina stessa: a causa della degenerazione diminuisce la quota di dopamina rilasciata, ma somministrando L-dopa dall esterno, viene compensata la carenza di dopamina e quindi sono minimizzati gli effetti del Parkinson a livello motorio. In realtà si tratta esclusivamente di un palliativo, in quanto può avere un azione rilevante fin quando le proiezioni dopaminergiche esistono, fin quando ci sono alcuni neuroni ancora vivi; quando sono persi totalmente non ha più senso. Vedete una bella immagine in cui è evidente un cambiamento del tono, la postura stessa del parkinsoniano cambia, il soggetto è tutto in flessione; è interessante poi perché veniva chiesto alla paziente di effettuare 5 passi in avanti: un soggetto normale dopo la domanda, immediatamente effettua il comando motorio. In questa paziente invece occorrevano dei secondi per efettuarli, molto tempo; quindi effettivamente la circuiteria dei nuclei della base per attivare il cammino deve essere in equilibrio e, se salta, facendo prevalere la porzione inibitoria, l esecuzione e l avvio del movimento è ritardato. In più l intero atteggiamento motorio è molto ritardato, rallentato con una metrica molto ridotta e ampiezza piccola. 102

105 CERVELLETTO All inizio si parlava di due strutture che intervengono nel controllo motorio in maniera differente; una sono i nuclei della base già visti, la seconda è il cervelletto. Interviene nella regolazione del movimento non solo a livello di pianificazione delle diverse azioni, ma anche occupandosi dell esecuzione propria dei gesti motori, sfruttando le connessioni con tronco encefalico e corteccia che forniscono quindi sia loop corticali che info provenienti direttamente dai muscoli (somatosensoriali), utili ad un completo controllo. Definire qual è il compito preciso del cervelletto non è semplice, ha un ruolo particolare e affascinante. Dal punto di vista concettuale, potenzialmente senza cervelletto è possibile effettuare tutti i movimenti (tranne quello oculare d inseguimento) in quanto il ruolo di questo organo non è quello di occuparsi di un movimento in particolare, ma è quello di intervenire in tutti i movimenti affinando il programma motorio rendendo il gesto corretto con un esecuzione migliore. Per svolgere questo compito comunica con la corteccia e i gangli della base, cioè riceve informazioni, le integra ed elabora, poi le invia alle stesse strutture; tale compito è svolto da elementi particolari: i nuclei dentato e interposito specificatamente si occupano di questa elaborazione di confronto fra il comando motorio e l info afferente sensitiva propriocettiva, vestibolare, visiva, tattile. Fare il confronto sostanzialmente vuol dire rapportare il gesto che devo fare io con il contesto in cui mi trovo cioè selezionare sulla base del contesto ambientale e motorio l uscita migliore, rapporto tra copia efferente (intenzione del gesto motorio) e copia afferente (sensibilità), risposte che provengono dal midollo; una volta effettuato, genero delle risposte a feedback di ritorno alla corteccia utili ad affinare il programma motorio. Un ulteriore importante aspetto in cui il cervelletto è uno dei maggiori protagonisti del SNC (ma non l unico) è indubbiamente il controllo a feedforward, correzioni anticipatorie: di nuovo tale meccanismo avviene grazie al confronto fra le condizioni ambientali e le condizioni interne, che permette di prevedere eventuali perturbazioni che avverranno nel movimento, anticipandole producendo contrazioni non utili all esecuzione del movimento in quello stato, ma fondamentali per renderlo perfetto in proiezione futura minimizzando eventuali errori. Genera sempre correzioni, sia a feedback che anticipatorie. Quest ultimo aspetto è chiaro che va appreso, cioè può correggere anticipatoriamente solo quando già sa che in quel contesto un movimento può subire un insieme di variabili; se c è una nuova variabile non può fare nulla, altrimenti sarebbe magia. Pertanto è un sistema che apprende e sulla base dell apprendimento migliora il gesto e produce comandi anticipatori per la corretta esecuzione. (A questo proposito e in riferimento ai flussi corticali con le porzioni parietali posteriori, molto importante è il ruolo del cervelletto nei flussi cognitivi; aspetto complesso che vedremo più avanti...) Per comprendere su quale componente specifica del movimento va ad agire il cervelletto basta analizzare le lesioni cerebellari quali effetti portano; a seconda della zona colpita possiamo avere: atonia (comp. di ἀ- priv. e tema di τείνω «tendere», da cui anche τόνος «tensione, energia»), alterazione del tono in generale, astenia (comp. di ἀ- priv. e σϑένος «forza»), cioè debolezza (evidenziata con il test del foglio: un cerebellare non riesce a tenere un foglio di carta fra le dita quando questo viene tirato via); astasia (comp. di ἀ- priv. e στάσις, der. della radice στα- di ἵστημι «stare», da cui ἀστασία «instabilità»), (tumore archi-cerebello) l incapacità di mantenere una posizione a cui si collega 103

106 abasia (comp. di ἀ- priv. e βάσις «andatura», dal tema di βαίνω «camminare»), mancanza di una base di appoggio stabile stretta ma che si allarga, che si traducono con difficoltà e impossibilità di camminare. Poi abbiamo il nistagmo che si riferisce a movimenti oscillatori, ritmici e involontari dei globi oculari. Se volessi toccare il mio naso con l indice ad occhi chiusi non sbaglierei in quanto ne conosco l esatta posizione. Il cerebellare non riesce. Durante l atto motorio appare una oscillazione che sembra essere un tremore ma non è altro che un errore di esecuzione motoria. La sequenza di attivazione estremamente precisa dei muscoli agonisti e antagonisti implicati non funzione più. Abbiamo poi diverse forme di dismetria fra cui l atassia, che origina il cammino dell ubriaco, in quanto viene alterata la metrica del movimento durante il cammino; le dismetrie in generale infatti sono alterazioni sulla metrica del movimento volontario: da qui nasce il tremore, definito tremore intenzionale. Per spiegare ciò basta analizzare l esecuzione del movimento: io cerebellare tento di effettuare un movimento di raggiungimento, ma siccome sono dismetrico, la valutazione dell ampiezza risulta essere errata; così mi fermo conscio dell errore o prima o dopo, e tutti i sistemi sensoriali se ne rendono conto (visivo, propriocettivo...) e quindi cerco di correggere, entrando in oscillazione. Quindi il tremore deriva da tentativi di correzione; in questo caso sono colpiti l interposito e il dentato. Quando la lesione è a carico del vestibolocerebello si ha alterazione dei movimenti oculari, con la perdita del movimento lento d inseguimento. Ricordiamo come i movimenti oculari sono di due tipi: saccadici, rapidi di raggiungimento lenti d inseguimento, questi ultimi sono persi (e solo questi), componente compensatoria del D.O.R, e compensatoria dell optocinetico, non la lettura. ANATOMIA CERVELLETTO Tutti questi aspetti del cervelletto sono controllati in maniera segmentata con la costituzione di diverse circuiterie. Riconosciamo un corpo corticale con più strati, in cui sono presenti cellule molto importanti, le cellule del Purkinje (dall anatomista ceco Jan Evangelista Purkyně, che le individuò, tra le prime cellule nervose, nel 1837): esse ricevono info motorie e sensitive attraverso circuiti interni alla corteccia, modulano l informazione, infine mandano proiezioni ai nuclei profondi cerebellari, proiezioni inibitorie, con neurotrasmettitore utilizzato il GABA. Questi nuclei profondi sono: nucleo del fastigio nucleo interposito, nell uomo rappresentato dal globoso ed emboliforme nucleo dentato Da questi nuclei parte poi l uscita del cervelletto verso corteccia, tronco encefalico e midollo spinale. Quindi, data l azione inibitoria delle cellule del Purkinje, evidentemente sarà un uscita modulata, li può sostanzialmente rendere silenti con un informazione in exit minimizzata; più in generale quindi l uscita dal cervelletto sarà determinata dall azione modulatoria delle cellule del purkinje corticali, che ricevono afferenze motorie e sensitive, sui nuclei profondi. Per studiare il cervelletto possiamo effettuare o un approccio anatomico o uno funzionale. 104

107 Dal punto di vista anatomico vediamo: il lobulo flocculonodulare, costituito da nodulo e flocculo e una parte del verme, la struttura che si frappone fra i due emisferi; i due emisferi sono divisi in lobi anteriori e posteriori, molto grandi ed è presente una transizione strutturale nello spostarsi dalle componenti più distali del lobo posteriore fino al verme. Funzionalmente invece abbiamo 3 strutture: vestibolocerebello (o archicerebello, quello più antico): comprende il verme in parte e il flocculo nodulare. paleocerebello (o spinocerebello): comprende il verme e la porzione di transizione tra verme e emisferi, fra la scissura primaria e i lobi cerebellari. cerebrocerebello (o neocerebello, quello più recente): rappresentata dal lobo posteriore. Ognuna di queste strutture ha afferenze e proietta particolari efferenze, che ne determinano le funzioni. vestibolocerebello: riceve info vestibolari, visive e propriocettive e comunica, attraverso la cortex, con i nuclei profondi in particolare il nucleo del fastigio e il nucleo del Deiters che poi va giù nel nucleo vestibolare, nucleo esterno al cervelletto ma che possiamo considerare cerebellare (unico caso); poi il nucleo vestibolare tramite la via vestibolo spinale, e in qualche modo il nucleo del fastigio tramite la via reticolospinale, controllano il movimento correlato alla postura; quindi è importante per la postura ma anche per i movimenti oculari. paleocerebello: riceve info sensoriali (la maggior parte) e una certa parte di info motorie; la corteccia poi comunica poi con il nucleo interposito e attraverso l uscita, va a modulare la via reticolo spinale e la via rubrospinale (in parte anche la vestibolospinale), cioè tutte quelle vie associate al movimento non più correlato alla postura, ma movimento in senso assoluto. Tant è che alterazioni a questo livello portano per esempio dismetria oppure errori riguardo la temporizzazione del movimento: quando eseguiamo un azione è necessario che avvenga una corretta attivazione delle logge muscolari, agoniste e antagoniste, nel tempo; quando questo viene meno il movimento risulta essere sballato. Il nucleo interposito e dentato intervengono su questo aspetto. cerebrocerebello: unica componente che instaura solo ed esclusivamente comunicazioni con la corteccia, sia in entrata che uscita, con aree motorie e premotorie. Anche la sua funzione è strettamente correlata a processi di pianificazione, con particolare riguardo di nuovo alla temporizzazione dei gesti, con danni abbiamo alterazione nell avvio e nelle traiettorie del movimento. Quindi queste componenti collaborano per definire i diversi aspetti del movimento e, a seconda della componente lesa, avremo la perdita di una o più caratteristiche del movimento. vestibolocerebello: equilibrio e motricità oculare. paleocerebello: esecuzione e temporizzazione neocerebello: pianificazione e temporizzazione Aprassia: perdita della prassi; in neurofisiologia si intende la capacità di coordinare le diverse logge muscolari per produrre un movimento; se perdo tutto ciò, non sono più in grado di eseguire una sequenza di movimenti: esempio, un cerebellare con danni a interposito e dentato non è più in grado di lavorare a maglia. 105

108 Neocerebello e paleocerebello ricevono molte info sia corticali sia spinali (il paleo) sia corticali (il neo), quindi effettivamente queste strutture intervengono nella correlazione motoria-sensitiva al fine di definire sistemi anticipatori. Una volta che conosce ciò che avviene dal punto di vista sensoriale, lo confronta con il programma motorio e può definire un anticipazione, modulare e inviare informazioni anticipatoriamente per eseguire rapidamente un movimento. Infatti utilizzando solo sistemi a feedback il cervelletto potrebbe non essere in grado di gestire il movimento in quanto risulta troppo lento; per ovviare a ciò intervengono il dentato e l interposito e velocizzano il tutto. Il movimento eseguito da un cerebellare ha caratteristiche tipiche: ritardo nell esecuzione che deriva dal fatto che la gestione dell informazione è tale per cui l utilizzo risulta essere ritardato; dismetria, con incapacità di valutare le ampiezze che genera tremore intenzionale diverso dal parkinsoniano. Altra caratteristica dovuta sostanzialmente a lesioni del neocerebello è: l incapacità di produrre sequenzialmente e velocemente movimenti alternati, come la pronosupinazione della mano; tale caratteristica è definita adiadococinesia (comp. di ἀ- priv., διαδοχή «successione» e κίνησις «movimento»), ed è tipica in quanto si tratta di un movimento complesso che richiede esatta temporizzazione e giuste anticipazioni. Quando eseguiamo un movimento è necessario che prima ci sia un attivazione degli agonisti che producono spostamento, ma a differenza di quanto ci potremmo aspettare, gli antagonisti non intervengono solo alla fine, ma c è un tempo ben preciso, prima del termine dell azione in cui anche gli antagonisti entrano in gioco; altrimenti il movimento sarebbe completamente sballato! Tale intervento permette lo stop del movimento nella giusta posizione. Quindi esiste un tempo ben preciso che è dettato dall azione coordinata di cortex, nuclei della base e cervelletto. Quando tutto ciò salta si avrà netta impossibilità di eseguire un movimento normale. Ciò viene evidenziato con un elettromiografia: analizza l attività elettrica del muscolo e quindi vede quando i diversi compartimenti si attivano, avvallando questa teoria; se salta tutto ciò c è un oscillazione del movimento. Altro elemento fondamentale è che il cervelletto viene definito la macchina che apprende : l apprendimento motorio è fondamentale in quanto è in grado di modificare i comportamenti adattandoli, sulla base dell esperienza. Le cellule del Purkinje con proiezioni inibitorie tanto energetiche modulano l attività dei nuclei. I nuclei, a loro volta, possono permettere l uscita che, nel cervelletto è rappresentata quindi da questi nuclei che raggiungeranno le diverse componenti motorie. Cosa significa apprendimento motorio? Questa struttura non è solo in grado di apportare un miglioramento all organismo, non è solo in grado di accorgersi che un movimento è errato ma è anche in grado di riconoscere l errore, apprendere da quell errore e modificare la sua attività stabilmente cioè acquisire nuove abilità motorie dagli errori. Apprendimento motorio: acquisire un nuovo pattern da alcuni errori pregressi generando quindi nuovi comandi stabilmente in maniera tale da rendere perfetto un movimento. Il cervelletto svolge un importantissima funzione per quanto riguarda l apprendimento motorio. 106

109 Apprendimento in altri termini significa calibrare i movimenti, se un movimento è sbagliato in un determinato contesto il cervelletto se ne accorge, apprende, capisce lo sbaglio, modifica la sua attività e calibra stabilmente il movimento (ha appreso un abilità). Un esempio (riportato dal libro Conti) per far capire l apprendimento motorio: un soggetto che deve lanciare delle freccette verso un bersaglio, si avranno inizialmente dei lanci più o meno precisi intorno al centro. Un altro soggetto cerebellare con delle lesioni (lesioni che potrebbero interessare il nucleo interposito, il dentato quindi quelle strutture che intervengono con feedback nel controllo del movimento), quando tira le freccette avrà anche lui (il paziente cerebellare) una certa precisione. Se un oggetto è di fronte a me oggettivamente, nella mia rappresentazione (siccome sono distante da esso) viene spostato a destra o a sinistra; allora siccome all inizio questo feedback visivo io mi immagino che l oggetto non sia più di fronte a me ma spostato, vengono effettuati degli errori perché io non sono abituato a questa condizione, non la conosco, è nuova per me. Questi errori poi diventano sempre più piccoli perché man mano che compio sempre lo stesso esercizio vedo l errore (la freccia non centra l obbiettivo), quindi modifico continuamente il movimento (acquisisco un nuovo pattern motorio, i comandi devono cambiare per raggiungere l obbiettivo). Sto acquisendo una calibrazione, una nuova abilità ed ecco infatti che al termine, dopo un certo periodo, dopo un certo numero di lanci il tiro diviene preciso. Dopodiché se tolgo di nuovo gli occhiali (in un soggetto normale) mi ritrovo in una situazione simile perché quando tolgo l occhiale (adesso che ho calibrato per quel contesto il movimento) mi trovo in una nuova condizione, farò degli errori che dovranno essere compresi, appresi e dovrò calibrare nuovamente i movimenti. Quindi sistematicamente dagli errori il cervelletto modifica i pattern motori acquisendo delle attività che contestualizzano quel movimento, lo rendono migliore. Che succede nel cerebellare? Nel cerebellare questa capacità di calibrare, di apprendere i pattern non c è infatti si vede benissimo che il paziente effettua degli errori che rimangono: succede il soggetto è in grado di vedere che non sta centrando l obbiettivo (ha una vista normale) ma il confronto tra le informazioni sensoriali e del pattern motorio ha subito delle alterazioni. La mancanza di questo confronto minimizza, rende quasi impossibile la calibrazione per un nuovo contesto. CIRCUTERIA CEREBELLARE Analizzando la circuiteria si può capire approssimativamente in quali siti possono avvenire questi cambiamenti stabili. Per permettere questi cambiamenti è fondamentale che ci sia una struttura plastica e fluida. C è evidentemente un organizzazione strutturale che è preposta proprio per questo. Nel cervelletto al di là del multistrato (strato molecolare, strato delle cellule del Purkinje, strato granulare) si riconoscono diversi tipi cellulari: un tipo cellulare è presente nello strato dei granuli dove ci sono delle cellule che ricevono informazioni dalle fibre muscoidi (informazioni provenienti da tutti i sistemi sensoriali, quindi informazioni visive, vestibolari, tattili ma anche informazioni motorie). 107

110 È presente anche lo strato delle cellule del Purkinje dove sono presenti quindi i corpi cellulari delle cellule del Purkinje (questi corpi cellulari che hanno struttura molto cristallina in quanto ha un significato funzionale). È presente anche uno strato molecolare dove sono presenti diverse fibre (le fibre parallele), l albero denditrico di cellule inibitorie e diversi neuroni inibitori. Ogni cellula del Purkinje è raggiunta da una moltitudine di fibre muscoidi. Quindi moltissime fibre parallele convergono sulle cellule del Purkinje e investono tante cellule perpendicolarmente (c è uno spazio decisamente ampio). queste informazioni sono per la via fibro-muscoide parallele glutammatergiche eccitatorie. In rosso si possono notare altri tipi di fibre che raggiungono l albero dendritico che sono le fibre rampicanti (in questo caso invece il rapporto è 1:1). Nelle fibre rampicanti abbiamo informazioni eccitatorie, mentre l uscita è dopaminergica cioè è evidente che l incontro tra queste informazioni genera o la modulazione dell attività in PC che a sua volta andrà ad influenzare un ultima fonte. È l incontro tra le informazioni che genera qualcosa. Il rapporto fibre parallele-cellule di Purkinje è oltre :1 (100mila fibre parallele ogni cellula di Purkinje). Analizzando questo rapporto si può intuire che ognuna di queste fibre non avrà degli effetti potenti (altrimenti il soggetto non capirebbe nulla), ognuna di queste fibre porterà informazioni con un peso specifico relativamente piccolo. Ogni fibra può essere modulata spostando il peso dell informazione rispetto ad un altra: se a certi stadi è necessario a queste vie (ciascuna caratterizzata da un peso specifico piccolino) aggiungere altro peso specifico o diminuire il peso specifico, queste vie attraverso queste modificazioni potrebbero essere potenziate di conseguenza l informazione assume un significato ancora più importante rispetto a prima oppure l informazione può essere inibita (se non importante). A produrre tale modulazione è l incontro tra l informazione portata dalla fibra parallela e quella rampicante. Qui sono rappresentate le frequenze e i tipi di potenziali innescati da queste fibre sulla cellula del Purkinje. Posso riconoscere il potenziale semplice, come vedete è piccolo ed è determinato dalla somma di tanti potenziali post-sinaptici delle fibre parallele; poi ci sono potenziali complessi (che sono molto più estesi e più grandi) che sono prodotti con un azione assolutamente più potente delle fibre rampicanti sulla cellula, in questo caso spesso con rapporto 1:1 (ogni potenziale che arriva produce un ulteriore potenziale). Un aspetto interessante non è solo potenziale, ma anche il fatto che queste variazioni agiscono sui recettori del glutammato o su recettori differenti come gli R1. I recettori R1 facilitano (oltre alla regolarizzazione) l ingresso di Ca 2+ nella cellula. Perciò se sono molto attivati dalle cellule dai flussi paralleli il calcio tende a crescere. La potente azione della fibra rampicante genera flussi di Ca 2+, l attivazione di un insieme di recettori e anche l attivazione di canali voltaggio dipendenti dal calcio. In sostanza siamo di fronte a 2 sistemi che quando convergono sulla stessa cellula con una tempistica molto ristretta generano 108

111 potenti flussi di ingresso di Ca 2+. Ovviamente queste informazioni sono delle semplificazioni, i dettagli in più li farete da soli. Per terminare il discorso sulla circuiteria vediamo che a influenzare queste vie in uscita dalla corteccia (GABAergiche verso i nuclei cerebellari) c è un insieme di altri interneuroni (per lo più inibitori) per esempio ci sono le cellule del Golgi a livello dei granuli. Le cellule del Golgi infatti producono anche delle inibizioni: inibizione a feedback (quando c è un loop che si chiude) Come si vede dalla diapositiva la fibra muscoide raggiunge sia il granulo poi si continua come fibra parallela, dopodiché questa fibra muscoide raggiunge anche il Golgi, siccome il Golgi è inibitorio, una volta attivato proietta direttamente sul granulo e lo inibisce. Ricapitolando con l inibizione a Feedback c è una via che va dalla fibra muscoide, poi va al granulo, poi fibra parallela, poi si va al Golgi e dal Golgi si torna al granulo (loop che si chiude). inibizione a feedforward (quando la cellula del Golgi agisce attraverso un inibizione sulla stessa fibra muscoide da cui ha ricevuto l informazione). Questo sta ad indicare che c è un controllo sull attività di scarica dei granuli con diverse tempistiche e quindi sulla modulazione delle fibre parallele sulle cellule del Purkinje. Questo tipo di controllo minimizza il tempo con cui le cellule del Purkinje possono attivare un insieme di afferenze sensoriali. Minimizzano il tempo perché fanno tornare le informazioni indietro dopodiché le inibiscono con feedback. Una funzione simile è attuata nell ultimo strato del cervelletto dalle cellule stellate e dalle cellule a canestro. Come vedete: da una parte c è un inibizione a feedforward direttamente sulle cellule del Purkinje (attraverso un controllo di attività di scarica e altri tipi di controllo); dall altra parte si può vedere il ruolo forse più importante di questi sistemi inibitori che esercitano attraverso delle collaterali ed entrano in contatto con diversi tipi cellulari (con tipi cellulari vicini ma anche con tipi cellulari più distanti). Quindi si forma una sorta di inibizione laterale in cui c è una striscia di cellula attivata accanto ad un uguale striscia di cellula inibita. Funzionalmente questo significa che c è un sistema che sta discriminando l informazione, la rende discriminata, più precisa: c è un punto focale per quell informazione e un inibizione. Il significato di questa funzione va compreso pensando all anatomia del cervelletto. Noi abbiamo già detto che il cervelletto è una struttura che si ripete (è quasi cristallina), all interno di questa struttura si possono individuare dei moduli che controllano i vari aspetti del movimento (sono più precisamente le microzonule del cervelletto che controllano gli aspetti del movimento). Questi moduli sono costituiti da una striscia di corteccia che riceve sia fibre parallele che rampicanti, queste informazioni (delle fibre parallele e rampicanti) hanno a che vedere con un aspetto del movimento. 109

112 Ogni zona del cervelletto riceve differenti tipi di informazioni che sono correlate a precisi aspetti del movimento. In questo caso le cellule del Purkinje vanno ad inibire il nucleo cerebellare cioè modulano l uscita, dall altra parte ci sono dei set cellulari (di tutte le zone) che vanno a modulare l oliva inferiore cioè la struttura di partenza delle fibre rampicanti. Si instaura un loop anche in questo caso che controlla l attività della microzonula del cervelletto, il set cellulare del nucleo cerebellare e un set cellulare dell oliva inferiore cioè si ha un sistema di controllo per un aspetto specifico del movimento. le informazioni veicolate dalle fibre parallele sono di molteplici origini e ognuna è correlata ad un azione molto limitata (le fibre parallele ci danno informazioni su tutti i flussi sensoriali); Il compito e quindi l informazione che la fibra rampicante veicola in termini semplici è un segnale di errore (fibra rampicante = oliva inferiore). Segnale di errore: è un segnale che istruisce qualora ci sia nel compito motorio un qualche errore rispetto al programma, quindi in questa situazione viene prontamente attivata l oliva inferiore che aumenta la sua frequenza di scarica alle cellule del Purkinje, normalmente la sua frequenza di scarica è bassa (2-3 Hz) quando c è l errore la frequenza aumenta notevolmente. Quando c è una certa relazione temporale con l attività di scarica prodotta da tante fibre parallele i cui effetti si sommano, si avrà un potente ingresso di Ca 2+ nella cellula del Purkinje tale da innescare una cascata di eventi che modifica la capacità che la cellula del Purkinje ha di rispondere a quel contesto, cioè si producono dei potenziamenti sinaptici o delle inibizioni sinaptiche. In quel contesto la fibra rampicante sta aumentando la frequenza di scarica, significa che in quel contesto le sinapsi attive prodotte dalle fibre parallele sul Purkinje saranno modulate e si esprimeranno più potentemente o meno potentemente sulla base della quantità di Ca 2+ che sta entrando: se ne entra sufficientemente è LTP (long term potentiation). Quando si forma LTP l attività sinaptica è potenziata rispetto al normale e a lungo termine. se ne entra parecchio di più è LTD (long term depression). Quando invece si forma LTD l attività sinaptica è depressa a lungo termine. Per ricapitolare la quantità di Ca 2+ che entra dipende dall incrocio dell attivazione prodotta dalle fibre parallele e dalle rampicanti. In altri termini la fibra rampicante generando un segnale inibitore è come l istruttore che sta insegnando alla fibra parallela come deve attivare la cellula di Purkinje per eseguire un uscita coerente con quell attività motoria. La fibra rampicante guida la fibra parallela attraverso l incrocio tra l attività di scarica. [Incrocio significa la relazione temporale stretta (circa 100 ms o qualche ms) tra: i potenziali di azione della fibra rampicante sul Purkinje e 110

113 i potenziali di azione prodotti dalla fibra parallela sulla cellula del Purkinje]. Quando l errore viene compensato la fibra rampicante torna ad essere normale. Schema: devo produrre un movimento finalizzato a qualcosa, normalmente traduco il movimento e in queste condizioni normali è importante il rapporto tra l attività delle fibre rampicanti e le fibre parallele. Si hanno tante informazioni sensoriali che si integrano e si confrontano e generano un attività di scarica più o meno alta nel Purkinje. Le fibre rampicanti (rappresentate in rosso) hanno una frequenza di scarica piuttosto bassa. Se dobbiamo fare un determinato movimento ma c è una resistenza (lui fa l esempio di una barra che impedisce di effettuare l azione prefissata), il movimento non corrisponde più all esecuzione che il programma vuole effettuare. Il soggetto se ne accorge coscientemente ma anche i sistemi sensoriali se ne accorgono (di questo intralcio) attraverso la vista, il tatto (quindi attraverso i sensi) che informano il cervelletto attraverso le fibre parallele che sta succedendo qualcosa di diverso. D altra parte siccome sto facendo un errore rispetto a quello che pensavo le cellule rampicanti stanno dicendo Si! C è un errore e iniziano a scaricare intensamente fino a che non cambia il Pattern Motorio. A questo punto il movimento viene effettuato correttamente, le fibre rampicanti tornano ad avere una normale attività di scarica, succede che il prodotto dell attivazione delle fibre parallele genera una frequenza di scarica differente rispetto a prima cioè si è acquisito di un nuovo pattern motorio. Il pattern motorio in questo caso è mediato da una depressione (LTD). Quando si innesca l LTD il movimento viene potenziato (non viene minimizzato) perché LTD sappiamo che è inibitorio quindi inibisce di meno il nucleo cerebellare (che sta sotto), quindi il nucleo scarica di più, tutto questo risulta essere potenziante ai fini del movimento. Discorso opposto invece per quanto riguarda LTP. Un esempio classico è dato dalla calibrazione viso-vestibolare. Il riflesso vestibolo-oculare come altri movimenti deve essere calibrato, ma deve essere calibrato a maggior ragione rispetto agli altri movimenti in quanto il movimento VOR (riflesso vestibolo oculare) lavora in overloop (loop aperto senza controllo a feedback). Tutti i sistemi che lavorano a overloop come fanno ad essere precisi? [Overloop significa che c è un comando e si produce un movimento senza sapere nulla dell effetto]. Come fa un sistema in overloop ad essere preciso? Può essere preciso solo se viene calibrato in un determinato contesto (che dipende dal proprio corpo, dalla propria posizione, dall ambiente.). Il movimento VOR viene calibrato da una struttura del cervelletto: l archicerebello o vestibolocerebello (formato dal nodulo e dal flocculo). In generale tutti i movimenti devono essere calibrati, i movimenti in overloop necessitano di una calibrazione ancora maggiore altrimenti si effettuerebbero dei grandi errori. Calibrare significa che ogni qualvolta si ripete quel contesto la risposta deve essere sempre la stessa perché è opportuna (una volta avvenuta la calibrazione) cioè si tratta dell acquisizione di un abilità. 111

114 Ci sono le fibre muscoidi e la fibra parallela che informano il vestibolocerebello sulla velocità di rotazione e sui movimenti oculari e sulle informazioni propriocettive. Se il movimento degli occhi non fosse calibrato correttamente si avrebbe uno spostamento degli occhi più piccolo o più grande rispetto alla rotazione e si vedrebbe di conseguenza sfogato. Quando si vede sfuocato c è un segnale di errore, se si riesce a compensare lo spostamento della testa mantenendo sulla retina l oggetto di interesse c è uno scivolamento dell immagine sulla retina. Questo scivolamento è un segnale di errore che viene rielaborato dall oliva inferiore che poi lo trasporta alle cellule del Purkinje, a questo punto l oliva inizia a scaricare ad alta frequenza fino a che le fibre parallele non modificano le loro sinapsi. Significa che la fibra parallela viene istruita a questa rotazione e cambia l uscita la cellula del Purkinje. ESTESIOLOGIA Osserviamo il sistema nervoso da un punto di vista differente: vediamo come i flussi di informazione sensoriali arrivano al sistema nervoso e come questo sia in grado di: 1. estrarre l informazione fisica dallo stimolo, 2. confrontarlo con l esperienza pregressa e 3. generare quadri di riferimento interni: per esempio una variazione di flusso elettromagnetica (la luce) viene trasformata in qualcosa con una rappresentazione interna, un riferimento: i colori; stessa cosa per altre sensazioni, come anche una stretta di mano, uno stimolo meccanico. Queste rappresentazioni possono essere studiate secondo due approcci: psicofisico, associa lo stimolo alla sensazione che produce, alla percezione. fisiologia sensoriale: si vuole analizzare in tutte le stazioni, dal recettore al cervelletto e nuclei della base, tutte le modificazioni elettrofisiche che si manifestano. In questo modo analizzeremo il significato dei sistemi sensoriali. Primo aspetto: è necessario che ci siano delle strutture preposte: il sensore (recettore), flussi afferenti al SNC con input sensitivi, che raggiungono i centri nervosi (spinali, del tronco e corticali) dove l info viene elaborata e integrata formando i riferimenti interni, infine si produce una risposta: COGNITIVA o MOTORIA. Su questo piano lo schema dei flussi rimane lo stesso. Dal recettore alla corteccia distinguiamo subito che il flusso può generare da una parte la fibra riflessa (percettiva) subito in ingresso e in questo modo l informazione può essere usata per correggere il movimento; dall altra parte il flusso può essere usato per generare una sensazione prima e una percezione poi, quindi estesiologia o risposte motorie. Le vie normalmente decussano e quasi tutte si proiettano al talamo, dove le zone sono specifiche per i vari flussi e infine le informazioni raggiungono la corteccia per generare risposte, sia coscienti che non coscienti (schemi interni). Analizzeremo tutto ciò che ha a che va dal recettore alla percezione, tutto ciò che avviene per costruire questo tipo di risposta sensoriale. Primo elemento: sono i recettori: Sono strutture preposte a raccogliere un informazione fisica, a catturarla: non solo catturano lo stimolo, ma lo trasformano in informazioni, in segnali, che in qualche modo sono comunicati con la via afferente al SNC. 112

115 Che tipo di stimolo deve raccogliere il recettore? Il sistema sensoriale ha dei limiti, infatti affinché un informazione esista, sia a livello cosciente che non cosciente, questa informazione sul recettore deve essere di un intensità minima per attivarlo, per cui un altro aspetto ne consegue: gli stimoli possono essere di tipo specifico (adeguato) o aspecifico. Facciamo un esempio: la vista (come vedremo è necessaria una frequenza elettromagnetica, il colore, che attivi dei recettori sensibilissimi, bastano pochi fotoni), il recettore che è sensibile al colore è attivato anche dagli stimoli meccanici, ma la specificità è determinata dalla bassa soglia per quel tipo di stimolo. Quindi nel meccanocettore lo stimolo specifico è meccanico (basta uno stimolo minimo); se invece si introduce un stimolo non specifico serve una soglia molto più alta per attivare quel recettore. Un ulteriore classificazione viene fatta secondo il tipo di energia, in particolare distinguiamo: - meccanocettori, sentono stimoli meccanici - chemocettori, sentono variazioni chimiche - termocettori, sentono variazioni termiche - nocicettori, recettori del dolore - fotocettori, recettori della luce - propriocettori (muscoli) - enterocettori, che portano informazioni dagli organi interni. - esterocettori avvertono gli stimoli che nascono da lontano, - telecettori sentono stimoli luminosi provenienti da lontano Com è organizzato il recettore rispetto al neurone di primo ordine? 1. di I tipo. Danno luogo o a terminali liberi (spesso per la sensibilità dolorifica) oppure a espansioni particolari. Sono fatti sempre solo da una fibra, la quale cattura un segnale e subito lo trasforma per farlo arrivare a livello centrale. (in alcuni meccanocettori e recettori tattili sono la stessa cosa (recettore e neurone): il recettore è una terminazione del neurone di primo ordine) 2. di II tipo. Una cellula rileva il segnale, cambia il potenziale dentro sé stessa, libera il mediatore chimico e va ad attivare una fibra secondaria che a sua volta porterà il segnale verso il centro. Questa è una struttura complessa tipica del sistema vestibolare. 3. di III tipo. Sono i recettori della visione, i coni e i bastoncelli, la cellula dipolare e infine il neurone che porta l informazione al centro, cioè il nervo ottico. In realtà la retina è molto più complessa, infatti attraverso strutture laterali genera un intensa profonda e performante elaborazione centrale. (altre volte ancora abbiamo tra il recettore e il neurone di primo ordine un interneurone). Elementi fondamentali: - modalità sensoriale, qualità della sensazione (tatto, udito, dolore). - intensità. Una sensazione è valutata correttamente se insieme alla qualità si tiene presente anche la quantità. - durata, ci dice per quanto tempo continuiamo a sentire uno stimolo. - localizzazione, discriminazione spaziale o di altri aspetti. Si può dire che il recettore è un trasduttore che trasforma uno stimolo in un evento elettrico, mediante per esempio modificazione del potenziale di membrana, e l ampiezza delle variazioni è proporzionale all intensità dello stimolo che lo colpisce, quindi abbiamo un codice d ampiezza e se questa variazione raggiunge un ampiezza sufficiente avremo nella fibra afferente il potenziale elettrotonico, il quale deve portare la fibra afferente a soglia per innescare il potenziale d azione, e 113

116 qui il codice non è più l ampiezza, ma la frequenza: a seconda dell ampiezza dello stimolo ci sarà una frequenza opportuna sulla fibra afferente. Il recettore trasduce un energia in una variazione di potenziale locale, la cui ampiezza è proporzionale allo stimolo, ed in genere è una depolarizzazione (solo nel caso dei recettori visivi lo stimolo provoca una iperpolarizzazione). Il potenziale può insorgere o direttamente nella cellula, quando è un recettore di primo tipo, o può insorgere nella cellula che viene prima della fibra sensoriale, inducendo un potenziale locale. Dopo che il potenziale avrà stimolato la liberazione del mediatore chimico, si arriva al punto in cui sono presenti i canali voltaggio dipendenti e si attiva stavolta il potenziale d azione. L aumento di intensità dello stimolo si attuerà con un aumento della frequenza di scarica lungo le fibre afferenti, il potenziale è invece modulato in ampiezza. Tutti codificano le varie forme d energia nei vari stimoli in uno stesso evento: potenziale d azione della fibra afferente (prima potenziale elettrotonico) e tutto questo è dovuto alla presenza di canali ionici, che possono essere: sia direttamente attivati dallo stimolo, oppure questi canali sono recettori o comunicanti strettamente con questi ultimi, dunque una variazione d onda o l energia modifica la molecola attivando il canale, oppure ancora attraverso una cascata di eventi si producono secondi messaggeri. Caratteristiche recettore: specificità e soglia. Questi aspetti definiscono l entità minima necessaria affinché avvengano risposte (o riflessa o percettiva). Al variare dell intensità dello stimolo come varia la risposta? Dopo la soglia la risposta è sempre la stessa, o cambia? Esistono delle relazioni che indicano come viene modificata la risposta, che dipende dal sistema reclutato: in alcuni casi è lineare (aumento stimolo aumento risposta), in alcuni casi può essere crescente o decrescente, ma normalmente oltre una certa entità la risposta non cresce, non si modifica più e la mia percezione rimane uguale. Siccome il sistema recettoriale produce sempre un potenziale d azione con uno stimolo soprasoglia, come faccio a distinguere gli stimoli, se vengono tutti trasmessi allo stesso modo? In generale come viene codificato questo ingresso di potenziale d azione? Stimoli diversi arrivano in aree diverse: viene attivata una linea e quindi quello stimolo arriverà a una corteccia specifica, quindi si distinguono gli stimoli (in base all arrivo). Questo non è del tutto vero, perché molto spesso il sistema sensoriale non è che sia cosi segregato. Sinestesia: un qualche tipo di percezione che nasce da una modalità differente da quella per cui si è originata, per esempio suonando note musicali immaginiamo colori. In ogni modo quante sono le modalità sensoriali? Alcuni sensi si organizzano con recettori che formano organi (occhio orecchio gusto, olfatto), mentre altri sensi come il tatto, la propriocezione, etc. si organizzano nel sistema somestesico. Ogni volta che su un meccanocettore avviene lo stiramento, la cellula fa entrare all interno ioni positivi e si depolarizza. Nel caso dei chemocettori c è bisogno di una proteina affianco il canale che riconosca, ad esempio la temperatura, e modifichi poi di conseguenza il canale. In un altro caso ancora succede che il ligando non è nelle vicinanze del canale, prima si attiva una proteina G che, attraverso un bersaglio, modifica i secondi messaggeri (camp e cgmp) che a loro volta provvedono al cambiamento (apertura) dei canali; questo sistema è utilizzato dal sistema visivo. 114

117 Il vantaggio di queste trasformazioni è proprio il meccanismo di amplificazione ed è presente nel visivo perché un fotone è in grado di modificare la permeabilità del recettore e quindi creare un potenziale generatore all interno dei coni e dei bastoncelli, ma il salto di energica necessario tra il fotone e l apertura/chiusura dei canali è pari a volte, l energia deve cioè essere incrementata volte. La presenza dei secondi messaggeri permette la chiusura e l apertura di molti canali, permettono quindi l amplificazione del segnale. La legge di Muller riguarda i meccanismi di trasduzione, ogni recettore trasferisce un energia specifica. La depolarizzazione raggiunge, se la costante di spazio lo consente, il primo canale voltaggio dipendente lungo la via. A sua volta il canale si apre, Na + entra vorticosamente dentro, raggiunge il massimo, si blocca e segue la fuori uscita di K +. Se il potenziale generatore è molto intenso subito dopo partirà un altro impulso, se il potenziale è più basso passerà più tempo prima che parta un secondo impulso, la frequenza dunque è minore. La fisiologia indica quindi un rapporto lineare tra ampiezza e frequenza, non ci sono grandi errori in questa trasformazione. Ricapitolando: la modulazione in ampiezza avviene a livello del recettore a livello dell impulso nervoso c è una modulazione in frequenza. A livello della sinapsi c è un altro livello di modulazione, il mediatore chimico viene liberato e il potenziale, detto potenziale post-sinaptico eccitatorio/inibitorio, aumenta o diminuisce a seconda del segnale. È quest ultimo potenziale che genera il potenziale d azione, il trasferimento di informazione si può avere soltanto quando si utilizza la modulazione in frequenza. La psiche del soggetto è impegnata nel riconoscere la soglia; nell ambito delle sensazioni, la soglia è la caratteristica più importante perché ci dà un idea di quanto è potente il sistema. Una lesione alza la soglia, cioè il sistema leso diventa meno sensibile. Si parla di soglia quando risponde il 50% del sistema. In relazione alla soglia c è un altro aspetto, ovvero la saturazione. Se un recettore ha una soglia molto bassa e si incrementa man mano lo stimolo, alla fine la risposta va in saturazione cioè il recettore non riconosce ulteriori aumenti. Ogni gruppo recettoriale ha la propria soglia e la propria saturazione, se il recettore è molto sensibile allora la saturazione appare presto, viceversa se è poco sensibile. 115

118 Tutti i sistemi sensoriali sono ricchi di recettori sia ad alta che a bassa soglia. 1. Un esempio di recettore ad alta soglia sono i coni, sono deputati per recepire la visione ad intensità luminose alte; 2. i bastoncelli sono invece capaci di recepire luce e intensità bassa, per cui sono recettori a bassa soglia. La presenza simultanea di entrambi i tipi di recettori nella retina fa sì che, se lo stimolo luminoso è intenso, allora i bastoncelli sono silenti, perché saturi. Un altra coppia di recettori a bassa/alta soglia sono i recettori termici, calocettori e frigocettori. Relazione ingresso-uscita: Se io aumento l intensità di uno stimolo come varia la risposta? In maniera lineare, esponenziale? Legge di Weber: la Legge delle Soglie Differenziali : due stimoli per essere distinti devono avere una certa differenza di entità, che diventa tanto più grande tanto più grande è lo stimolo; esempio: se sollevo un oggetto da 1kg posso capire la differenza fra 1kg e 1,2 kg, mentre sollevando 100 kg i due etti di differenza non li percepirò più; il rapporto differenziale però rimane uguale, mentre l entità oggettiva cresce con il crescere dello stimolo. Se lo stimolo avviene con la minima intensità il soggetto è in grado di percepire variazioni minime. Più basso è il valore dello stimolo di partenza, maggiore è la capacità di discriminare. Più alto è il valore di partenza, maggiore è la variazione richiesta perché sia avvertita. Legge di Stevens (la chiede all esame) descrive: sia la relazione fra stimolo e percezione (psicofisica) sia la relazione fra stimolo e frequenza espressa dal recettore (fisiologia sensoriale) Al crescere dello stimolo cresce anche la percezione che ho, ma in modo differente nelle diverse modalità. Quest espressione matematica è valida per tutte le modalità sensoriali. La legge afferma che l intensità percettiva è uguale alla costante moltiplicata per lo stimolo dato meno lo stimolo soglia, secondo l equazione: II = kk (SS SS 0 ) nn. 116

119 L esponente nn si può far variare e dipende dalle diverse sensibilità. se nn = 1 la relazione è perfettamente lineare (propriocezione); se nn > 1 l andamento è esponenziale (dolore); se nn < 1 il sistema diventa meno capace di rilevare lo stimolo con l aumento dello stimolo stesso (olfatto). Non è sempre vero il principio di Stevens. In alcuni casi ci aspettiamo che il dolore cresca, ma invece viene bloccato, il SNC è una macchina plastica. Altra variabile è il tempo: il quadro è complesso, poiché c è l adattamento dei sistemi. ADATTAMENTO DEI SISTEMI In alcuni casi, come il tattile, si vede che per tutta la durata dello stimolo la frequenza è cambiata, si adattano poco, mantengono la loro risposta durante lo stimolo: questi si chiamano recettori tonici e mantengono la variazione per la durata dello stimolo; viceversa se sono recettori fasici rispondono solo nel momento della variazione, come nella fase iniziale e finale dello stimolo (come propriocettori e alcuni termocettori). Recettori tonici estraggono anche un altra informazione, infatti al crescere dell ampiezza aumenta la frequenza, mentre al recettore fasico cambia poco; viceversa, il fasico da informazioni specifiche riguardo alla velocità con cui si hanno variazioni dello stimolo. La localizzazione, come viene localizzato lo stimolo sulla superficie sensoriale? Dipende dal campo recettivo, in quell area una modificazione evoca uno stimolo del neurone afferente, quindi il campo recettivo è questo, quel campo che, se riceve uno stimolo, attiva uno specifico neurone afferente. Possiamo dunque discriminare uno stimolo da un altro e questo dipende dal campo, più è piccolo (e più sono numerosi i recettori in un area) maggiore è la discriminazione. La localizzazione dipende fondamentalmente dai campi recettivi e dalla loro organizzazione stessa, soprattutto per il sistema somestesico e visivo, la cui rappresentazione recettoriale ha una codifica spaziale (cioè sono organizzati spazialmente e generano un informazione spaziale). Altri sistemi sono invece organizzati in maniera diversa, come per esempio l acustico, che è organizzato sulla base delle frequenze. All interno del fenomeno della localizzazione risultano rilevanti, per aumentare la discriminazione, alcuni aspetti: 1) densità dei recettori e dimensione del campo recettore: maggiore è la densità dei recettori e più piccolo è il campo recettore tanto migliore sarà la discriminazione. 2) organizzazione, intesa come flusso dell informazione, la convergenza o la divergenza: se un sistema è ampliamente convergente allora i neuroni che ricevono queste convergenze (i loro campi recettivi) saranno più complessi dei neuroni di ordine inferiore e avranno una 117

120 rappresentazione molto più vasta, che in qualche modo è la somma dei singoli campi recettivi che convergono su questo neurone. a. divergenza: fa il contrario, aumenta la discriminazione e permette due fenomeni: analisi parallela: significa che uno stesso flusso sensoriale può essere scomposto e analizzato nei suoi diversi aspetti, co me la vista: questa analizza in parallelo, non in serie, infatti contemporaneamente vediamo luce, colori, profondità, quindi la scomposizione ci permette analisi contemporanea; ridondanza: significa che se da una parte le ramificazioni diventano tante e ne perdo una, le altre possono compensare, quindi costituisce una sorta di sistema di sicurezza. Il vantaggio dell organizzazione divergente è che consente discriminazioni migliori, oltre che consentire una elaborazione in parallelo, cioè si possono estrarre contemporaneamente diverse informazioni del flusso sensoriale (è dunque una forma di ridondanza, che ha in qualche modo funzione di sicurezza in caso di possibili lesioni: se si perde una via le altre possono sostituirla). b. convergenza: svantaggio: discriminazione minore, poiché il campo recettivo è grande. vantaggio: il potenziamento della risposta sul neurone che riceve questa convergenza. Quindi è più facilmente eccitabile, è come se si abbassasse la soglia. 3) inibizione laterale: ci sono circuiti inibitori organizzati con interneuroni, che stazione dopo stazione tendono a focalizzare uno stimolo e aumentare la discriminazione, perché si generano dei campi in opposizione. In una zona centrale del campo recettivo c è attivazione, mentre in una zona periferica dove si verifica l inibizione laterale si induce l inibizione. È come se il nostro sistema sensoriale focalizzasse la sua discriminazione esattamente sotto al punto in cui è avvenuto lo stimolo fisico che colpisce l organismo. Esistono vari tipi di questa inibizione: a. feedforward, cioè i flussi sensoriali provenienti dalla superficie sensoriale e dai recettori lì presenti immediatamente sotto il punto in cui è avvenuto lo stimolo, sono potentemente attivati, mentre le vie più laterali e periferiche meno attivate. Ogni via e ogni fibra afferente emette: una comunicazione col neurone dell ordine superiore al quale trasmette l informazione: avremmo una via centrale molto attivata che inibirà più potentemente le altre, tutto ciò che si trova alla periferia. collaterali che attivano interneuroni inibitori e che inibiscono a loro volta i neuroni di proiezione vicini. Sono meno attivate. 118

121 Così, moltiplicando questo fenomeno stazione dopo stazione si restringe la percezione spaziale laddove lo stimolo colpisce l organismo. b. feedback, ha lo stesso significato del precedente solo che non parte dalle afferenze ma direttamente dal neurone di proiezione, che poi con delle collaterali proietta a degli interneuroni che inibiscono di nuovo tutto ciò che sta lateralmente. c. top bottom: consente alle regioni gerarchicamente più elevate, tra cui la corteccia, di effettuare un tipo di controllo dall alto verso il basso sempre attraverso delle proiezioni che attivano interneuroni inibitori decidendo quali informazioni devono passare e quali altre no. Questo sistema è talmente tanto potente che (qui applicato alle vie del dolore) il nostro organismo sulla base di certi stimoli è in grado di inibire questa via quasi totalmente. La morfina lavora proprio su questa capacità dei sistemi sensoriali, attivando queste vie discendenti. Queste caratteristiche valgono per tutti i sistemi sensoriali, soprattutto per quelli organizzati spazialmente. SISTEMI SOMESTESICI I suoi recettori sono distribuiti su tutta la superficie sensoriale e, a differenza di altri, non si organizza formando degli organi (es. visione-occhio e sist. acustico-orecchio) ma è molto diffuso sulla nostra superficie in maniera tale da raccogliere una molteplicità di informazioni: meccaniche superficiali per il tatto meccaniche più profonde per la propriocezione nocicettive per il dolore (queste sono più forme differenti; possono essere termiche ma anche meccaniche) interocezione termocezione. MECCANOCEZIONE SUPERFICIALE Tramite il tatto interagiamo con il mondo esterno, entrando in contatto e manipolando gli oggetti. Già solo tramite esso sarebbe possibile costruire delle rappresentazioni mentali degli oggetti, anche senza vederli. Nel bambino questo serve a mettere a memoria i primi oggetti con i quali entra in relazione, per poterli poi richiamare velocemente quando si troverà di fronte a delle informazioni che già conosce. (per questo prendono gli oggetti con le mani e li mettono in bocca, non è un caso. È perché lì c è una maggior densità di meccanocettori). Le regioni specifiche servono alcune a ricostruire ciò che sta avvenendo (regione somestesica primaria: spazialità, tipo, significato) delle altre a creare dei bit di memoria, in maniera tale da riconoscere immediatamente qualcosa che si è già incontrato (regione somestesica secondaria). Tutto inizia dall organizzazione periferica dei recettori, perché già a questo primo livello avviene la prima elaborazione dell informazione. Il tatto è in grado di estrarre informazioni in relazione a caratteristiche superficiali (vibrazione, velocità con cui cambia un informazione pressoria, solletico). Il flusso dell informazione è sia in serie (flussi che ascendono) che in parallelo (diverse caratteristiche estratte di volta in volta). I recettori possono essere più o meno superficiali, nell epidermide o 119

122 nel derma rispettivamente, si distribuiscono diversamente nella cute glabra o villosa (ci sono recettori a livello del follicolo pilifero che registrano gli spostamenti, p.e. di un insetto che cammina sulla superficie cutanea villosa) e si possono organizzare a formare dei corpuscoli, cioè strutture che circondano la fibra e la cui alterazione in seguito a diverse forme di contatto genera una risposta con diverse specificità e velocità (già qui c è perciò una prima elaborazione importante). I meccanocettori possono essere: organizzati a corpuscoli, e questi sono la maggior parte, essere delle terminazioni libere, ma in quest ultimo caso ricevono un informazione che è più relazionata al dolore e alla sensibilità termica. Ci sono diverse possibilità per classificare questi recettori e corpuscoli: Merkel (in superficie), recettore che sta subito sotto l epidermide perciò molto sensibile in grado di sentire piccolissime modificazioni di tensione e di pressione, recettore a lento adattamento, di secondo ordine ciò significa che non viene contattato direttamente dalla fibra mielinica che va dapprima a stimolare una cellulina posta prima del disco. Meissner (in superficie), nelle vicinanze del disco di Merkel, contattato direttamente dalla fibra nervosa mielinica che gli si avvolge all interno perciò si tratta di un recettore di primo ordine. Recettore a rapido adattamento, è un recettore a molla proprio in virtù della sua conformazione. Ruffini (in profondità) si trova all interno di una capsula, è profondo proprio per questo perde un po di sensibilità ed è a lento adattamento. Pacini (in profondità). Ha una sensibilità dinamica formidabile, viene stimolato con frequenze intorno a 300/400 Hz ma si sa che arriva anche a sentire 800Hz al secondo, recettore che sente la pressione, a rapidissimo adattamento. 120

123 La loro capacità di catturare l informazione meccanica cambia anche a seconda della profondità alla quale si trovano: alcuni percepiscono meglio un o stimolo pressorio, altri quelli dinamici. C è anche una classificazione rispetto alla loro capacità di adattamento allo stimolo: 1. SA (Merkel e Ruffini): lento adattamento; questi hanno una risposta più proporzionale. Mantengono una risposta durante lo stimolo, perché si adattano poco, ma soprattutto sono influenzati dall entità dello stimolo e dalla sua variazione. Riescono quindi a catturare anche la sua ampiezza. E.g. SA1: hanno sia caratteristiche proporzionali che differenziali. Sono recettori tonici: so quello che sta avvenendo durante lo stimolo ma non so esattamente quando inizia e quando finisce. 2. RA (Meissner): sono a rapido adattamento. Essi codificano informazioni differenti: non sono proporzionati all entità, infatti si attivano all inizio e poi la loro risposta tende ad attenuarsi, ma sono in grado di catturare le variazioni dello stimolo, come esso varia (velocemente o lentamente) 3. PC (Pacini): è a rapidissimo adattamento. Sistema on-off: una scarica immediata iniziale che poi cala, ma non registra nulla sull ampiezza dello stimolo. Sa però esattamente l inizio e la fine dello stimolo. È un recettore fasico: so esattamente quando c è lo stimolo ma non so descriverlo durante la stimolazione. Un esempio di recettore a rapido adattamento è il corpuscolo di Pacini: se applico uno stimolo si vede che il potenziale generatore scompare subito e riappare alla fine dello stimolo, cioè questo recettore sente solo le variazioni di stimolo, non la continuità. La scarica in questo caso non permane nel tempo, non si protrae oltre lo stimolo. Per quanto riguarda il tatto: con i recettori a lento adattamento sento superfici continue, nel primo caso si rilevano segnali statici. Sentono male le variazioni. con i recettori a rapido adattamento sento la rugosità della superficie, la variazione ma non hanno info tra una variazione e l altra e nel secondo segnali dinamici. Secondo il libro di testo [il professore non condivide pienamente] l uso dei recettori a lento adattamento avviene quando certe informazioni non interessano il soggetto. Se per esempio indosso un vestito, nel momento in cui lo metto ho bisogno di essere cosciente del contatto tra pelle e vestito, poi però non sono interessato ad avere continuamente coscienza di ciò. Se dovessi avere continuamente questa informazione avrei un eccesso di informazione che occlude il sistema centrale, quindi è giusto che ci sia un attenuazione più o meno significativa. In realtà è molto più importante sapere che tutti i recettori a lento adattamento sentono male le variazioni, mentre quelli a rapido adattamento sentono benissimo le variazioni ma non hanno informazioni tra una variazione e l altra; questi due recettori messi insieme ricostruiscono perfettamente il reale. Chi/cosa crea l adattamento della fibra? Dipende dalla struttura attorno al recettore. Per esempio, nel corpuscolo di Pacini il rapido adattamento è dovuto alle lamelle che lo circondano. Se prendiamo lo stesso recettore e asportiamo le lamelle, l adattamento non è più rapido. 121

124 Tra una lamella e l altra c è del liquido, quindi si fa pressione dall esterno arriva subito sulla fibra nervosa perché il liquido delle lamelle ha, a sua volta, fatto pressione sulla fibra. Se si aspetta un po il liquido si sposta e la stessa pressione applicata precedentemente non è più in grado di arrivare alla fibra. Ogni volta che si applica uno stimolo, la deformazione è solo iniziale. Quando la forza esercitata cessa del tutto si genera comunque uno stimolo perché il liquido, che era stato compresso, ritorna a far pressione verso l esterno e crea una perturbazione meccanica all interno tale da generare un potenziale. Un corpuscolo di Pacini scarica sia in fase di pressione che di depressione, è inoltre capace di sentire stimoli di frequenza fino a cicli/s. Grazie a questi si definiscono le specificità dell oggetto, che poi verranno estratte alle stazioni gerarchicamente superiori. A partire da questi recettori tonici e fasici si creano diversi tipi di percezioni complete: in virtù delle loro caratteristiche posso estrarre informazioni più complesse, p.e. come sta variando lo stimolo e la sua entità. Alcune regioni del nostro corpo hanno una particolare capacità discriminatoria (le mani, più nello specifico i polpastrelli), altre meno. Questo è determinato dalle diverse forme di organizzazione viste finora: p.e. la capacità discriminativa di forma e caratteristiche di un oggetto deve essere prodotta dall accoppiamento di recettori rapidi e SA1 tonici (i polpastrelli hanno questa massima capacità discriminatoria e hanno recettori molto piccoli). Quando una capacità discriminativa è grande significa che la capacità di percepire due punti di contatto vicini è molto raffinata, e sono in grado di distinguerli e percepirli separatamente. Altri recettori più sensibili alla dinamicità e agli spostamenti sono maggiormente rappresentati nel palmo della mano, e sono più grandi. La capacità discriminativa è decisamente meno raffinata in altre zone, quelle cioè che non vengono usate per l esplorazione (coscia, tronco, dorso). Un dermatomero è una regione superficiale controllata da una radice: questo non è esattamente vero però. Ogni nervo periferico è in contatto con dei recettori e quindi si occupa della sensibilità di una certa regione, cosi per l area vicino e via dicendo; quando però queste informazioni raggiungono il sistema nervoso centrale (es. midollo spinale) la loro organizzazione è più complessa di quella che ci si potrebbe aspettare. Infatti ogni nervo periferico che si occupa di quella determinata regione x entra in una radice specifica ma al contempo si distribuisce anche a quelle vicine. Quindi di fatto bisogna ricordare che ogni regione periferica rappresentata da un dermatomero in realtà è rappresentata in modo sovrapposto, cioè più radici possono rappresentare quella regione. Dunque i dermatomeri sono in parte sovrapposti: proprio per questo una lesione o una compressione a una radice genera, più che anestesia, ipoestesia, poiché solo una parte di quella regione viene perduta, le altre compensano. Viceversa è possibile che se una lesione è molto periferica (es. sotto i recettori) lì si può generare una vera e propria anestesia, poiché tutte le informazioni vengono meno. La conoscenza della topografia dei dermatomeri è importante perché l esplorazione della sensibilità ci permette di comprendere il tipo di lesione (es. più periferica o centrale) e la sua localizzazione (es. cervicale, toracica, lombare, etc.) a seconda della perdita o della riduzione (se è centrale) della sensibilità. Cosa causa una lesione a un emispazio spinale? Ci sarà una regione subito circostante alla zona lesa in cui vi è la perdita della sensibilità mentre le parti del corpo subito sottostanti a questa lesione saranno caratterizzate da perdite di sensibilità differenti. Le porzioni omolaterali avranno diminuzione della sensibilità tattile e propriocettiva, 122

125 mentre nelle porzioni controlaterali vi è una riduzione della sensibilità termica e dolorifica. A questo punto l esplorazione della sensibilità dà qualcosa in più: ci dice in particolare quale flusso e quale via anatomica è stata colpita. Infatti le vie anatomiche si dividono i flussi sensoriali: per alcune vie i flussi sono riferiti alla sensibilità tattile discriminativa, propriocettiva, cioè quelli che indicano esattamente la localizzazione, mentre per altre vie saranno principalmente veicolate le informazioni di tipo termico-dolorifico o la propriocezione con minor contenuto spaziale. SENSIBILITÀ TATTILE Parlando prima della acuità tattile, si riconosce il problema della inibizione laterale. Alcune porzioni sono molto sensibili non solo per l organizzazione dei recettori e del tipo degli stessi presenti nell area, ma anche per i diversi aspetti con cui si organizzano le varie stazioni. Uno di questi importanti aspetti è l inibizione laterale, la quale è importante anche nel visivo e in generale quando c è inibizione laterale significa che c è un grande aumento del contrasto. In questo caso l aumento del contrasto significa localizzare esattamente il sito di contatto. Inoltre, considerando la presenta di dermatomeri e la loro sovrapposizione si evince la loro disposizione strettamente topografica non solo per regioni come tronco e arti, ma anche per il viso. In questo caso non si fa riferimento al nervo periferico e alla radice spinale, ma ovviamente all organizzazione trigeminale. Il trigemino, con le sue diverse branche, ha un organizzazione chiamata a bulbo di cipolla e risulta evidente che l ingresso al midollo spinale prosegue al mesencefalo a livello dei nuclei trigeminali. Le porzioni periferiche presentano una perdita di sensibilità, la quale ha la importante funzione di rilevare lesioni al midollo spinale. Come mai c è questa particolare risposta, questa perdita della possibilità di differenziare tra ciò che è omolateralmente rispetto alla lesione o quello che è controlateralmente alla lesione? È evidente che i flussi somestetici hanno non solo un organizzazione topografica a partire dalla periferia sino a giungere alla corteccia, ma che vi è anche una segregazione funzionale delle vie. Sono identificabili il sistema delle colonne dorsali che veicola la sensibilità della meccanocezione più discriminativa, sia superficiale sia più profonda. Il sistema delle colonne dorsali si chiama così perché in ingresso le proiezioni che veicolano tale sensibilità instaurano delle sinapsi e l informazione ascende omolateralmente fino a raggiungere i nuclei caudato e gracile e a livello del meniscale, con deflussazioni verso il talamo per poi giungere alle cortecce somestesiche. Questa via è spaziale e strettamente organizzata in modo topografico In qualche modo si differenzia da questo flusso il sistema anterolaterale, il quale veicola una meccanocezione meno discriminativa, come informazione dolorifica e termica. È evidente che funzionalmente ha un significato differente e anatomicamente si ha una diversa organizzazione. L informazione giunge alle cortecce somestesiche e all insula. Si deduce che in questo caso si aggiunge qualcosa alla spazialità, ovvero si aggiunge la componente affettiva, emotiva, questa via aggiunge un correlato emozionale Considerando che anche nel dolore vi è questa segregazione, esiste una condizione chiamata agnosia, ovvero l incapacità di riconoscere qualcosa, che permette di percepire l informazione ma di non comprendere cosa sia. Nel dolore esiste un agnosia particolare, chiamata agnosia per il dolore, che permette di percepire l informazione lesiva ma non di riconoscere la sensazione spiacevole dalla quale si deve 123

126 fuggire. Non riconoscendo più il significato, risulta essere una condizione molto pericolosa. Ecco un esempio di come questa via aggiunga una componente in più essendo in comunicazione con l insula. È possibile ben comprendere che tutto quello che sarà sotto la lesione sarà caratterizzato da una perdita omolaterale o controlaterale di sensibilità differenti. Il contenuto topografico caratteristico del sistema delle colonne dorsali esiste a partenza dal campo recettivo e dalla sua organizzazione periferica sino ad arrivare, salendo, a raggiungere i campi recettivi di complessità maggiore, considerando che più si ascende e più si arriva a campi recettivi più complessi caratteristici delle cellule presenti in una determinata stazione. I campi recettivi hanno un grande contenuto spaziale, ben discriminando e segregando, e in più hanno aspetti correlati al significato. La via delle colonne dorsali è una via in cui l organizzazione è stata studiata sia a livello talamico sia a livello corticale. Si evince come la capacità discriminativa, e in particolar modo quella di sapere riconoscere quello con cui si entra in contatto, possa dare un significato espresso a livello corticale, non solo per riconoscere il punto di contatto ma anche per definirne le caratteristiche e il significato. Tali proiezioni, raggiunta la corteccia, non sono solo topografiche ma estraggono molteplici contenuti e in qualche modo si possono considerare rappresentazioni multiple. Di conseguenza si ha un sistema che non lavora solo in serie, ma in parte anche con informazioni in parallelo, considerando che ogni porzione crea delle rappresentazioni ovvero che ogni porzione analizza aspetti differenti. Si sviluppa un analisi in parallelo. Per esempio si può considerare il campo recettivo di una cellula tattile e si evince che i recettori dei livelli inferiori rispondono alle caratteristiche fisiche dell oggetto con il quale si entra in contatto. Al contrario i recettori delle aree superiori rispondono non solo alla struttura o alla forma dell oggetto, ma anche all orientamento. È quindi necessario che tutte le informazioni raccolte vengano unite tra loro per costruire, nelle aree di associazione, un integrazione che dia un significato completo. Considerando l homunculus sensoriale la rappresentazione grafica dipende dalla raffinatezza con la quale si è in grado di discriminare gli oggetti con i quali si entra in contatto. Sono molto rappresentate alcune regioni (mano, viso e in particolare le labbra) dove c è un alta densità di recettori periferici a piccoli campi recettivi e dove c è un organizzazione tale da permettere un aumento della discriminazione. La massima discriminazione è correlata ad ampie aree di corteccia che corrispondono alle regioni della mano e del viso. A livello della corteccia non viene costruita la sensazione ma la percezione. Considerando la molteplicità delle rappresentazioni in cui fondamentalmente nelle aree somestesiche primarie IIIA, IIIB, I e II vengono riconosciute le caratteristiche generali degli oggetti. C è un organizzazione colonnare a livello della quale ogni specifica proiezione sarà dominante rispetto alle altre. Altre porzioni di corteccia, fondamentalmente parietali, vanno a costruire le rappresentazioni interne. Ad esempio, l area S2 è particolarmente attiva quando è in atto un esplorazione attiva, ovvero quando il soggetto stesso cerca di capire il significato, correlata alla capacità di formare dei bit di memoria correlati ad aspetti emozionali. A seconda della motivazione di un comportamento, nel corso dell esplorazione si accede più o meno tale area. Significa che se il soggetto è interessato particolarmente a un qualcosa si crea un bit di memoria che è possibile richiamare successivamente. 124

127 Come aree di integrazione sono importanti le aree parietali posteriori che ricevono informazioni dalle altre cortecce, ma anche informazioni correlate alla vista e all udito. Tali informazioni sono importanti perché attribuiscono un ulteriore significato ai sistemi sensoriali. Da una parte possono creare dei riferimenti per guidare dei movimenti finalizzati alla manipolazione, dall altra parte avendo un contenuto spaziale queste aree, soprattutto a livello parietale posteriore, intervengono per comprendere la stereognosia o il materiale di un oggetto. Il contenuto relazionato alla spazialità ha a che vedere con la capacità di rappresentare la spazialità del corpo stesso e dell ambiente circostante. Per esempio si considera la negligenza o neglette come lo status in cui il soggetto non riconosce più un emispazio. Se il neglette colpisce a destra la lesione è a sinistra e il soggetto non è in grado di riconoscere un elemento corporeo come facente parte del proprio corpo, con rappresentazione interna distorta dovuta ad una lesione centrale e non periferica. Viene colpita una area parietale adibita alla costruzione della spazialità. Di conseguenza si può verificare anche una percezione distorta dello spazio peripersonale o extrapersonale, dovuta alla mancata integrazione delle informazioni ricevute a livello corticale. Questo è un caso di agnosia in cui si ha mancanza di riconoscimento in cui i sistemi di percezione sono intatti ma viene a mancare l interpretazione. Nel neglette è alterato il centro della spazialità. Strutturalmente le cortecce sono organizzate in colonne e ogni area è specializzata nella ricezione di specifiche informazioni. Ogni porzione identifica degli elementi dello stimolo. Gli aspetti più generali, quelli del riconoscimento globale sono identificabili a livello delle aree IIIA e IIIB. - L area IIIA è importante per la propriocezione, - la IIIB per la percezione cutanea. Le aree I e II sono importanti per capire come sono orientati gli stimoli sulla superfice cutanea. - in particolare la I si occupa del riconoscimento delle superfici, - la II della forma e della spazialità. Ogni porzione è di fatto organizzata in colonne e all interno delle rappresentazioni stesse per ogni colonna ci sono a loro volta delle colonne, alle quali afferiscono sotto caratteristiche di diverse informazioni. L informazione ricevuta viene rimodulata, arriva dal talamo a livello dello strato molecolare dove ci sono le cellule stellate che ridistribuiscono le informazioni nelle aree di elaborazione, per poi passare nelle vie di uscita verso altre regioni corticali di elaborazione continua oppure verso altre strutture in comunicazione. Ci si aspetta che, nel tempo, le porzioni corticali siano molto malleabili, plastiche in relazione all attività che si svolge e ai flussi che arrivano in tali porzioni. Tale plasticità è ben verificabile e dimostrata da un particolare segnale nella sindrome dell arto fantasma. In tal caso, successivamente ad amputazione di una porzione corporea, andando a stimolare delle particolari regioni corporee oltre alla percezione tattile, proveniente dalla regione realmente stimolata, il soggetto percepisce una irreale stimolazione della porzione amputata. Considerando il caso di un amputazione di avambraccio sinistro, in tale sindrome ci si aspetta a livello corticale una alterazione nella parte controlaterale. Fisiologicamente, a livello corticale, le rappresentazioni della faccia, della mano e dell avambraccio sono molto vicine. Come nel caso dell avambraccio, se si tratta di una regione che normalmente riceve afferenze continue a livello corticale viene amputata, le afferenze vengono bloccate e la regione corticale si riorganizza con le circostanti sulla base delle nuove condizioni. 125

128 Andando a stimolare il volto del soggetto traumatizzato (senza arto) avremo che oltre alla stimolazione vera e propria del volto, il paziente avrà la sensazione tattili della mano che di fatto non c è più. Com è possibile? Questo si verifica perché fibre del volto vanno a invadere l area della mano. Infatti se un area corticale non viene continuamente attivata succede che quei neuroni diventano capaci di attivarsi e di raccogliere le altre formazioni sensoriali. Quindi una via del volto che prima terminava soltanto nel nucleo motorio va a finire anche nel luogo in cui il cervello è abituato ad analizzare la mano. L informazione che sale va a finire nell area del volto ma finirà anche nella parte in cui il cervello elaborava il senso del tatto. Inoltre, fin tanto esiste un flusso di informazioni periferiche verso il centro, il soggetto continuerà a immaginare che la mano esista. L arto fantasma è in grado anche di ricordare il dolore del trauma. Ovviamente non esiste un anestetico per poter eliminare questo dolore. Un messicano che oggi lavora negli Stati Uniti, ha tentato di mettere in atto una soluzione per poter eliminare il dolore causato dall arto fantasma in un processo che si basa sulla messa in conflitto di ciò che si vede con ciò che è così che il sistema riesce a negare l esistenza dell arto. Di conseguenza, ogni volta che viene prodotta una stimolazione sul viso, si riporta non solo sull area del viso ma anche su quella della mano. Tale riorganizzazione è la diretta conseguenza della plasticità a livello corticale. PROPRIOCEZIONE Il sistema propriocettivo raccoglie informazioni da: recettori muscolari, tendinei, articolari che istruiscono sui cambiamenti degli angoli articolari. Altri ancora sono superficiali a livello cutaneo che modificano la loro scarica in base al movimento compiuto. Tutti questi flussi vengono utilizzati da una parte per controllare in generale le risposte motorie, ma anche a livello superiore per generare dei quadri di riferimento che devono completare il movimento. Viene analizzato il movimento riflesso, il movimento rigido e il volontario finalizzato a qualcosa. D altra parte vi è una componente sensoriale i cui flussi, ascendendo, raggiungono i livelli cosciente e sotto cosciente. Nel cosciente istruiscono sulla posizione corporea, con diverse componenti in relazione tra loro, mentre nel sotto cosciente si tratta di riferimenti che insieme ad altri flussi (visivo, acustico, etc.) andranno a regolare la metrica del movimento, la traiettoria. Di conseguenza si avrà il controllo del movimento insieme ad elementi sensoriali che permettono di percepire il corpo nello spazio. Questo è possibile grazie a delle informazioni che partono dal fuso neuromuscolare, dal Golgi e dai recettori precedentemente citati sia articolari sia cutanei. Esiste, inoltre, la propriocezione vestibolare che è in collegamento con le risposte motorie posturali, visive, sensoriali. Tale tipo di propriocezione permette di capire come si è disposti all interno dello spazio circostante. Ogni componente della propriocezione ha una sua specificità. 126

129 SENSIBILITÀ TERMICA Per sensibilità termica si intende la capacità di conoscere e rappresentare la sensazione di caldo e di freddo. Questo è possibile grazie a diversi recettori che sono in qualche modo specifici o per il freddo (frigocettori) che hanno dei picchi di attivazione al di sotto dei 31 C, in modo che nasca la sensazione di freddo. La loro attivazione è massima a 25 C poi tende a scendere e non scaricare più per niente intorno ai 40 C, i recettori per il freddo tornano a scaricare oltre ai 45 C. per il caldo (calocettori). I recettori per il caldo hanno picchi di attivazione al di sopra dei 43 C. I recettori per il caldo si attivano intorno ai 30 C, hanno la loro massima attività intorno ai 42 C. Al di sopra dei 45 C e al di sotto dei 16 C le risposte si trasformano da termiche a dolorifiche. Questi recettori, a differenza dei tattili, si continuano con particolari fibre che sono fibre di tipo Aδ e C, - Le fibre Aδ, pur essendo mielinizzate, sono caratterizzate da piccolo calibro e conduzione più lenta. - Le fibre C sono amieliniche e caratterizzate da una conduzione ancor più lenta. mentre tutti i meccanocettori visti precedentemente hanno fibre di tipo Aβ, ovvero di grande calibro ed elevata conducibilità. Vi è una condizione descritta come «freddo paradosso» che consiste nell avvertire una sensazione passeggera di freddo quando si è a contatto con temperature al di sopra dei 45 C. Tale sensazione di freddo è spiegata dall attività aspecifica dei frigocettori che si attivano ad alte temperature e che scaricano, comportando una sensazione transitoria di freddo. Il fatto di essere due recettori migliora la loro capacità interpretativa, infatti un solo recettore non sarebbe in grado di separare temperature estremamente diverse. Avere i due recettori, risolve le ambiguità sensoriali fra caldo e freddo. La temperatura neutra è intorno ai 34/35 C nella zona esterna del corpo. Se la temperatura salisse di pochi gradi, sarei in gradi di percepire questo incremento in maniera lineare? No, ci sono diversi elementi che creano delle distorsioni percettive. Se siamo completamente nudi nello spazio possiamo percepire molto meglio le variazioni di temperatura. Se l esposizione alla temperatura è molto graduale, non si percepiscono grandi variazioni, il tempo distorce la percezione delle variazioni termiche. La sensibilità termica dipende dal punto di partenza e cioè a temperature più calde si sente meglio la variazione verso il caldo, stessa cosa per il freddo. Qual è la finalità? Bisogna essere allarmati per 127

130 variazioni che vanno sempre più verso il caldo o verso il freddo poiché potrebbero essere dannose all individuo. SENSIBILITÀ DOLORIFICA E NOCICEZIONE Il dolore è un tipo di informazione così importante che il sistema nervoso ha provveduto a sviluppare un vero e proprio sistema del monitoraggio a rilevazione e controllo di questa informazione. Pur non essendo una vera e propria forma fisica di energia (comprende, infatti, più modalità), il dolore riguarda qualcosa che può produrre una lesione o un danno, quindi deve istruire su una possibile risposta difensiva o di allontanamento (per esempio, i riflessi estrocettivi) oppure generando una percezione spiacevole e sgradita (una cosa che torni bene con l esperienza, allontanandoci con il nostro organismo da un possibile pericolo). In realtà, la situazione risulta essere un po più complessa. Infatti, in altre circostanze, il nostro SNC decide di non percepire il dolore, il quale assume dei connotati molto più sfumati perché, evidentemente, c è un contesto comportamentale in cui è necessario portare a termine un attività che ha la priorità su tutto il resto. Una volta compiuta l azione, allora è possibile iniziare a percepire il dolore. Quindi, nonostante l attivazione dei recettori dolorifici, l organismo boccia questa informazione (come nell esempio dell attivazione discendente, l effetto placebo ma anche le caratteristiche comportamentomodulatorio in seguito all ipnosi). Pertanto, definire precisamente il dolore risulta davvero molto complesso. Come tutte le esperienze sensoriali, in particolare il dolore è assolutamente molto soggettivo. Inoltre, il dolore non è necessariamente legato alla nocicezione. Esiste, infatti, un dolore cronico che persiste indipendentemente dalla lesione (quindi è presente nonostante la lesione sia, di fatto, avvenuta e terminata). Esistono il dolore dell arto fantasma e le neuropatie. Il dolore può essere distinto in varie tipologie in base a vari fattori: insorgenza: parleremo di dolore nocicettivo qualora l agente lesivo colpisca superficie del nostro corpo o superficie sensoriale in genere tale da attivare i recettori. D altra parte, senza attivazione dei recettori, una lesione a livello del sistema nervoso periferico o centrale può innescare una risposta in seguito all attivazione delle vie che conducono a questa informazione. 128

131 sede di insorgenza: distinguiamo, a tal proposito, un dolore che nasce: - dalla sensibilità viscerale, - un dolore somatico che può essere a sua volta: o profondo (dal muscolo, dal tendine, dai recettori articolari, dalle articolazioni) o superficiale (che si suddivide in: dolore iniziale e dolore ritardato, utili a comprendere come siano le vie di trasmissione anatomo-funzionali di questa informazione). Alcuni tessuti particolarmente sensibili sono la cute, il miocardio, i vasi cerebrali (no le strutture cerebrali, in quanto il cervello non avrebbe dolore in riferimento a sé), il periostio (particolarmente quello delle ossa piatte). Il periostio contiene abbondantemente recettori per il dolore. Pertanto, lesioni a tali livelli risultano più dolorose di una frattura interna. Lesioni muscolari sono dolorose quanto una lesione ossea, dal momento che il muscolo è abbondantemente innervato da recettori dolorifici. RECETTORI DOLORIFICI I recettori dolorifici sono quelle strutture che raccolgono informazione e la veicolano. Sono soprattutto strutture delle terminazioni libere (neuroni di tipo 1) e possono rispondere a diverse modalità. Pertanto possono essere classificati in: nocicettori termici (unimodale) meccanici (unimodale) polimodali (ovvero che rispondono alle diverse modalità, anche a quella chimica). Ovviamente, è evidente che queste informazioni sono diverse da quelle termiche, tattili, meccaniche e propriocettive di per sé perché rispondono ad una diversa forma di energia, a una differente entità in virtù della differente fisiologia sensoriale (oltre alle risposte psicofisiche che innescano). I recettori possono essere classificati anche rispetto alla soglia. Avremo, dunque, i recettori B e Aδ, hanno diverse soglie (più alta o più bassa) per i diversi stimoli meccanici. L aspetto che contraddistingue i vari recettori è il tipo di fibre che si collegano al midollo spinale per veicolare questo particolare tipo di informazione. Si tratta soprattutto di: Fibre Aδ: piccole ma mieliniche (quindi con una certa velocità di conduzione) Fibre polimodali di tipo C (piccole essenzialmente) Questi aspetti introduttivi generali dell organizzazione funzionale fanno comprendere come mai si ha una particolare percezione provata da ciascuno di noi in caso, ad esempio, di un trauma 129

132 accidentale ad un arto o un ustione accidentale. Tipicamente, si hanno due momenti diversi nella nostra percezione: 1. Il primo dolore: puntorio, caratterizzato da una forte intensità e ben localizzato 2. Percezione si modifica e diventa più diffusa, più durevole e meno localizzata. Questo dipende da come sono organizzate le strutture in riferimento all innervazione superficiale somatica. Le strutture sono caratterizzate ampiamente da questi due tipi di fibre: Aδ responsabili, nel primo caso, del primo dolore puntorio C responsabili, nel secondo caso, del dolore successivo o urente In generale, questi nocicettori rispondono sia a uno stimolo di per sé, ad esempio, meccanico oppure possono rispondere direttamente (soprattutto i polimodali) a diverse sostanze chimiche le quali possono avere, in alcuni casi, anche un effetto modulatorio nei confronti dei recettori, modificandone la soglia. In ogni modo, una volta che la fibra afferente entra nel midollo spinale, c è una particolare via di proiezione che utilizza una piuttosto ampia batteria di neurotrasmettitori, sia per la veicolazione sia per la modulazione a questo livello (tra neuroni di primo e secondo ordine). È molto interessante (anche da un punto di vista clinico) il fatto che probabilmente è lì che risiede gran parte della capacità che il nostro organismo ha di modulare il dolore, dall altra la possibilità di agire per intervenire. La dimostrazione che siano veicolati da queste due tipologie di fibre, nasce da fenomeni che si innescano in seguito a lesioni di fibre di tipo C o Aδ che producono, in risposta ad un ambiente che genera lesione (quindi dolore), sensazioni o urenti o dolori contro-localizzati, a seconda della lesione a carico di una fibra o di un altra. Ci sono fibre tattili che se sovra stimolate, generano dolore. Questo avviene perché le fibre tattili che salgono alla corteccia, contattano continuamente le fibre dolorifiche. La sinapsi della via tattile necessita di pochi impulsi per essere attivata a differenza di quella del dolore che necessita invece di una sommazione temporale di impulsi molto più intensa, è necessaria infatti una vasta liberazione di glutammato dalla via laterale che altro non fa che attivare il dolore. La via del tatto origina nella 4 laminazione con fibre Aδ, la via del dolore origina in 1 e in 5 laminazione sempre con fibre Aδ. Ci sono poi le fibre dolorifiche C che originano dalla 2 laminazione. Le fibre tattili e dolorifiche sono perennemente a contatto mediante un infinità di interneuroni. SENSITIZZAZIONE PERIFERICA Risulta interessante comprendere come queste fibre rispondano e soprattutto, se possano essere modulate in qualche modo (quindi comprendere se l informazione sia rigida o se possa rispondere a varie esigenze). Esistono diverse sostanze chimiche in grado di influenzare direttamente ma anche indirettamente, queste terminazioni perché in qualche modo le sensitizzano (cioè le rendono molto sensibili agli stimoli che riceveranno, siano questi altri stimoli chimici o stimoli meccanici, termici). Queste sostanze che producono sensitizzazione: 130

133 neurotrofine serotonina ATP istamina prostaglandine adrenalina sono le medesime che si riscontrano nei processi infiammatori. Tale riscontro non è casuale in quanto qualche trauma, ad esempio, produce infiammazione e in una sorta di circolo vizioso, il rilascio di queste sostanze innescano una sensitizzazione che diminuisce la soglia del dolore. Quindi, nella zona di infiammazione, se qualcuno ci sfiora (esempio di sensibilità meccanica), il dolore è sicuramente aumentato secondo una forma di iperalgesia lungo la sensitizzazione. Tale tipo di iperalgesia è definita primaria e nasce dalla periferia da un azione di agenti chimici che producono abbassamento della soglia sui recettori dolorifici. Quindi, uno stimolo prima innocuo per noi, dopo l azione di tali sostanze (magari ad una risposta infiammatoria), viene percepito come uno stimolo visivo e dolore da evitare. Gli antinfiammatori e antidolorifici non steroidei (come ad esempio l aspirina) agiscono non solo riducendo l infiammazione ma presentano anche un azione periferica sulla sensitizzazione, bloccando tali processi e ripristinando le soglie dolorifiche (ruolo analgesico, in quanto il segnale algogeno viene bloccato già dalla periferia). Da notare è che, in realtà, le azioni più potenti sono centrali. Qualora il processo in periferia persista, il contesto cambia in quanto si passa da una forma periferica di iperalgesia ad una forma centrale. Per definire le caratteristiche e l importantissimo ruolo dell iperalgesia centrale, è necessario introdurre l organizzazione delle fibre afferenti fin dall ingresso al midollo spinale. Le fibre Aδ e le fibre C sono quelle propriamente responsabili della trasmissione dei segnali dolorifici al Golgi. Tuttavia, riconosciamo anche una fibra particolare definita Aβ (fibra tattile che collega tutti i meccanocettori al midollo spinale e al SNC) che, in tale contesto, interviene che intervengono in vario modo per modulare il dolore. Quello che, in realtà, interviene è la convergenza di diverse fibre sugli stessi neuroni di proiezione (neuroni di secondo ordine che dal midollo spinale portano informazioni al talamo e poi a livello corticale). Le varie fibre coinvolte con il dolore entrano a livello dorsale nelle diverse lamine. Le lamine coinvolte sono soprattutto la I, II, IV, V, X. Nelle prime due lamine, l informazione è nocicettiva di tipo Aδ e C. Tuttavia, esistono delle lamine (soprattutto la IV ed in parte a livello della V) dove l informazione è di tipo non nocicettiva. Proprio su questi neuroni di proiezione della V lamina che ricevono informazioni Aβ, convergono anche direttamente le informazioni veicolate dalle Aδ ed indirettamente dalle fibre C: quindi, su tali neuroni che ricevono di per sé informazioni tattili, in realtà stanno convergendo anche una gran quantità di informazioni propriocettive al Golgi (trasportate dalle Aδ e C). 131

134 Proprio questa convergenza è la base di gran parte dei fenomeni relazionati alla percezione del dolore (iperalgesie come potenziamento della percezione del dolore, oppure fenomeni analgesici indotti dal nostro SNC). Sulla base della convergenza di più informazioni, c è una tipica risposta al dolore come nel caso del dolore riferito. Il dolore riferito è quando, si percepisce il dolore da un punto dal quale, in realtà, non proviene, pur non essendoci lesione in quella determinata area. In generale è quel dolore che, pur non nascendo da una lesione di un organo interno, viene proiettato/riferito ad una zona superficiale specifica (che non è la sede origine della lesione). Ad esempio, una lesione a livello del miocardio, provoca dolore ad avambraccio sinistro, ascella, collo, mandibola, il dolore epatico proietta posteriormente a T7. Esiste una vera e propria mappatura del dolore riferito. Questo è reso possibile da una convergenza delle fibre afferenti di primo ordine negli stessi neuroni di proiezione (come se si formasse un campo recettivo comune). Dunque, il sistema nervoso non riesce a discriminare, eseguendo un operazione probabilistica (dal momento che è molto più probabile che ci sia un trauma accidentale generato da un urto od insulto dall esterno, il sistema nervoso reputa maggiormente probabili lesioni superficiali in luogo di lesioni viscerali, in quanto l interazione con il mondo esterno è più probabile). In diagnosi, questo fenomeno di convergenza noto come dolore riferito è, dunque, molto importante. Altro fenomeno di convergenza è un altra forma di iperalgesia, definita secondaria, in quanto dovuta a una sensitizzazione e plasticità centrale. È anche detta allodinia meccanica, ovvero quella circostanza in cui una fibra tattile di tipo Aβ, per qualche motivo, inizia a veicolare non più informazione tattile ma dolorifica. Semplificando (infatti, ci sono molteplici variabili in gioco) si pensa che sia il seguente: Una lesione periferica dovuta ad un trauma persistente, crea una risposta infiammatoria collegata ad un iperalgesia di tipo primario. Questa è dovuta all azione di quelle sostanze prodotte che vanno a sensitizzare i recettori, abbassandone la soglia. Quindi, se qualcuno mi sfiorasse, sentirei dolore dovuto al fatto che i nocicettori sono attivati, avendo abbassato la loro soglia (i meccanocettori non c entrano nulla!). In altri termini, significa che questa lesione sta conducendo un bombardamento dei neuroni di proiezione, in quanto i nocicettori hanno abbassato la loro soglia e cominciano ad essere attivi potentemente. I neuroni di proiezione possono essere sia direttamente coinvolti con le fibre Aδ ma anche altri neuroni su cui convergono entrambe le due fibre (Aδ e C con Aβ). 132

135 Dunque succede che questo bombardamento sta sensitizzando a sua volta i neuroni di proiezione, modificando plasticamente la sua eccitabilità, ovvero rende un neurone eccitabile e pronto a rispondere a qualsiasi stimolo arrivi. Ecco perché, se qualcuno tocca o sfiora l intorno della lesione (non subito sopra, dove il dolore è ovvio a causa di iperalgesia primaria) si genera dolore perché questi recettori meccanici che raccolgono una lesione leggera ed innocua di per sé, proiettano l informazione ad un neurone di secondo ordine che è stato sensitizzato esso stesso (ipereccitato, iperresponsivo) perché è avvenuta una continua azione di bombardamento nel luogo in cui c è stata la lesione. Ecco allora che l iperalgesia primaria, in seguito ad azione consistente sul neurone di proiezione, lo rende iper-responsivo e qualora venga raggiunto dall informazione cutanea, questa è come se fosse un informazione dolorifica perché il neurone ipereccitato comincia a scaricare in modo estremamente intenso. Allora l iperalgesia secondaria risulta essere un fenomeno centrale ma innescato dalla sensitizzazione periferica. Per questo, se somministriamo l aspirina, la situazione cambia poco (varierà per quanto concerne l infiammazione ma non varierà molto per l informazione dolorifica). Questo è uno dei meccanismi che permette il passaggio da dolore acuto a dolore cronico la cronicizzazione del dolore nasce dalle sensitizzazione a livello centrale, pertanto, nonostante non ci sia più la lesione, pesiste l iperresponsività. Dunque, in questo ultimo caso, l azione deve essere fatta preventivamente, in modo tale da stroncare tutti i fenomeni adattativi. Attualmente, sono molto efficaci alcuni farmaci che agiscono su tali tipi di recettori. Esistono vari tipi di recettori associati a varie sostanze utilizzate per la trasmissione (quindi come neurotrasmettitori). Tra queste c è il glutammato, il GABA modulatorio. Il glutammato agisce sia sugli AMPA e su altri recettori NMDA (recettori che innescano flussi di Ca 2+ in ingresso) con conseguenti risposte plastiche come iperalgesia secondaria e wind up (all attivarsi della stimolazione e se continua e persiste generando forme plastiche a livello centrale, il dolore tende ad aumentare progressivamente (da qui l immagine del vento che sale e gonfia le vele con il quale viene indicato questo fenomeno)). Le forme plastiche a livello centrale sono correlate a quelle delle LTP (ma non uguali). Queste forme devono essere stroncate prima che nascano dal momento che, una volta innescate, l effetto di un farmaco che agisce su questi fenomeni è minimo (o comunque, c è una necessità di una diversa terapia per agire e non posso più ricorrere a quel farmaco che produce un effetto sulla iperalgesia primaria). Tutto questo ci dice che il dolore tende a crescere (dall inglese wind up) ma perché? Le ragioni del wind up e perciò dell iperalgesia primaria e secondaria sono legate a meccanismi periferici dopo che il dolore insorge e a meccanismi centrali. Per ciò che riguarda le fibre periferiche sappiamo che di fatto le sostanze chimiche liberate in periferia vanno a potenziare il dolore. Centralmente invece dobbiamo immaginare che di fatto le sinapsi del dolore vengono plasticamente modificate, le fibre dolorifiche trasmettono sempre meglio, il glutammato che si libera dalle fibre afferenti è in grado di generare risposte molto più intense. Su questo meccanismo che cresce ci sono altri 2 meccanismi fondamentali che tendono ad opporsi: meccanismi di controllo; alcuni dei quali sono periferici, si trovano all ingresso del midollo spinale e mediano un controllo a cancello tra fibre tattili e dolorifiche che interagiscono tra di loro. 133

136 Avremo per ciò che il tatto va in parte ad inibire il dolore; molto importante è anche il controllo discendente che nasce dal grigio periacqueduttale che libera le sostanze chimiche necessarie a modulare il dolore in maniera molto potente, la morfina e le endorfine. Perché la fibra sente dolore? Se una fibra finisce in un area dolorifica comunque genera dolore, quindi è chiaro che le nostre fibre dolorifiche terminano in aree che sentono dolore. Localmente il recettore deve avere la sensibilità per sostanze che si liberano quando avviene un danno. I terminali delle fibre nervose liberano infatti mediatori chimici, neuro peptidi che sono nella catena degli elementi che generano dolore ed ecco perché il dolore tende progressivamente a crescere (wind up centrale). Queste sostanze sono: neurotrofine, citochine, bradichinine, prostaglandine, adrenalina, la sostanza P, la CGRP peptide di rilascio della calcitonina. Queste sostanze, una volta rilasciate fanno si che la fibra diventi molto più sensibile. Dopo la lesione, la soglia dolorifica termica e la soglia dolorifica pressoria diminuiscono nella iperalgesia primaria, mentre nel caso di iperalgesia secondaria è ampiamente diminuita soprattutto la soglia pressoria (cioè è sensibile la risposta alle variazioni meccaniche all intorno della lesione). Pertanto, l iperalgesia secondaria è un fenomeno innescato centralmente e che produce una sensazione di dolore non subito sotto la lesione ma nella zona circostante (periferica). VIE ASCENDENTI Esistono principali vie ascendenti che permettono il passaggio dell informazione dal Golgi fino alla corteccia. Tra queste, c è il cordone antero-laterale del tratto spino-talamico, il quale si occupa di veicolare l informazione termica, nocicettiva e tattile (quest ultima, grossolanamente). L equivalente di tale via per il viso è il tratto trigemino-talamico. Riconosciamo diverse proiezioni/vie che fanno riferimento al cordone antero-laterale tra cui: il tratto spino-reticolare e spino-mesencefalico. Esiste poi probabilmente una via spinoipotalamica, mentre un contributo è presente anche da parte del fascio posteriore (ovvero da quella via che, principalmente, veicola informazione tattile). Tutte queste vie danno un contributo più o meno ingente e diversamente influenzano le varie stazioni che incontrano, rimodulando l informazione. Certamente, le più implicate sono le prime due (rispettivamente, per tutto il corpo la prima e per il viso la seconda). La via di ascesa arriva prima al talamo e poi dal talamo alla corteccia. Già dal talamo avvengono importanti fenomeni di rielaborazione dell informazione, importantissimi per la definizione della percezione del dolore. Certamente, le proiezioni talamo-corticali assumono anch esse un ruolo primario [sono proiezioni che arrivano in modo complesso e in modo più probabile nelle aree S1 (dove si definirà la localizzazione, la spazialità, l intensità ed il tempo) e in quelle zone di corteccia correlate alla componente affettivo-emotiva]. Le vie che convergono e raggiungono il sistema limbico attraverso, principalmente, lo spinotalamico e passando per il talamo. Il sistema limbico è costituito da diverse cortecce tra cui il giro del cingolo, la parietale, soprattutto la S2, l insula. In S2 c è un aspetto comportamentale legato al dolore che genera dei bit di memoria relazionati all oggetto, al significato che l azione sta avendo. Insomma, esistono effettivamente due sistemi di veicolazione che passano per il talamo: 134

137 1. Sistema mediale, il quale ha la componente urente, ovvero la componente affettivaaffezionale. Dà una motivazione, aggiunge l elemento di spiacevolezza (che spinge a fuggire e ad allontanarsi da quel determinato fenomeno comportamentale). Un esempio è dato dalla componente motivazionale che ci spinge a non toccare un oggetto urente. 2. Sistema laterale che raggiungerà principalmente S, sistema limbico, nel cingolo, nella corteccia orbito frontale, nell insula, nell opercolo parietale dell area somato-sensoriale secondaria, aree importanti per l affettività e che, quindi, ha proprietà discriminative (in relazione allo spazio, alla localizzazione, al tempo). Lesioni differenti generano una diversa interpretazione del dolore. Quando vengono lese determinate porzioni, si genera un agnosia particolare, la asimbolia per il dolore (riconosco l agente che sta generando la lesione, ma non ho più la spiacevolezza). È difficile da comprendere in quanto, normalmente, abbiamo fusi questi due aspetti, pur essendo in realtà integrati (entrano un po segregati e poi si integrano) e quando queste emozioni vengono lese, il problema è che non riconosco più il significato di quel determinato agente lesivo. Non avendo più la sensazione spiacevole, il soggetto tende a prodursi gravi lesioni pur riconoscendo la lesione stessa. Un fenomeno simile si ha nell analgesia da ipnosi. È stato osservato che tecniche di ipnosi sono in relazione all attivazione quelle porzioni correlate con il significato, con la spiacevolezza. Pertanto, questa tecnica può assumere un potente effetto analgesico. A proposito del controllo del dolore, in particolare facendo riferimento a quei fenomeni che aumentano la sensitizzazione periferica (iperalgesia primaria) e centrale (iperalgesia secondaria), dall esterno o attraverso meccanismi un po particolari, il nostro sistema nervoso è in grado di modulare l informazione del dolore, ovvero controllarne i flussi (chiudendo i flussi non sento dolore, aprendoli, invece, il dolore si percepisce). In alcune condizione, invece, è necessario non percepire dolore (quindi chiudere le vie di accesso al dolore), meccanismo fondamentale da un punto di vista evoluzionistico e in tutte quelle condizioni in cui sia necessario (in particolare, in determinati momenti di crisi in cui la persona si viene a trovare). Un esempio è dato dall animale predato il quale non può fermarsi nonostante le eventuali ferite e dall uomo sul fronte di guerra. Quindi, in alcune condizioni, è necessario per la sopravvivenza raggiungere un comportamento che non porti a sentire il dolore per mezzo di sistemi che tendono a minimizzarlo per l arco di tempo richiesto per raggiungere, ad esempio, un posto sicuro (nei casi della preda e del soldato) o una condizione compatibile con la salvezza. Questo evento si verifica non solo in condizioni di vita o di morte ma, in generale, in tutte quelle circostanze in cui sia presente una forte spinta motivazionale (ad esempio, la finale per uno sportivo). Il dolore viene minimizzato, riducendo lesioni in quel contesto (percepite molto meno rispetto a quello che il danno dovrebbe procurare). Questi meccanismi che permettono di lenire il dolore sono le stesse utilizzate in terapie (palliative il più delle volte) per minimizzare il dolore, soprattutto in condizioni gravi (ad esempio, di malati terminali). La capsaicina, sostanza che si trova nel peperoncino, trova il suo recettore nelle fibre dolorifiche e da una sensazione gustativa di dolore a livello della cavità orale. Somministrando alte concentrazioni di capsaicina a un animale in periodo neonatale, questa va a stimolare intensamente le fibre dolorifiche e ne consegue una distruzione globale. 135

138 Abbiamo parlato di meccanismi che tendono ad incrementare il dolore (meccanismi wind up) e dei meccanismi che tendono a ridurlo; tra i meccanismi che tendono ad aumentare il dolore, abbiamo considerato fenomeni periferici e fenomeni centrali. I fenomeni centrali consistono in una sorta di potenziamento della risposta sinaptica, che può avvenire lungo la via dolorifica oppure può essere che va a determinare un incremento della risposta lungo la via dolorifica, quindi stimoli tattili producono dolore. È un pochino più complessa di quella che abbiamo descritto poiché interviene la sostanza P; ma punto più importante, è il wind up, che avviene a livello periferico. Questa immagine riassume importanti concetti. La lesione, a livello cutaneo, comporta la liberazione di ATP, K + e H +. Queste tre sostanze, immediatamente, vanno ad attivare la fibra nervosa. Naturalmente l attivazione determina lo spostamento degli impulsi verso il centro, per dar luogo alla sensazione dolorifica, ma è anche vero che lo stimolo percorre in senso anterogrado le fibre circostanti. Questo è importante poiché nel terminale dolorifico esistono sostanze che possono essere liberate, come i neuropeptidi e tra questi la sostanza P, la CGRP (calcitonin gene related peptide), che determinano la vasodilatazione, consentendo la liberazione di ulteriori sostanze. La lesione produce la liberazione di sostanze come la serotonina, la bradichinina, le citochine da parte dei macrofagi e, in certe condizioni, dell istamina, rilasciata dai mastociti. Il processo flogistico che si instaura attorno alla lesione, libera queste quattro sostanze, le quali possono agire direttamente sul terminale nervoso oppure, attraverso la fosfolipasi A2 (PLA2), produrre la PGE, prostaglandine E2. Il risultato finale, attraverso una ciclossigenasi, è riprodurre le prostaglandine E2. Serotonina, prostaglandine e brachidinina non vanno tanto ad attivare la fibra nervosa quanto a sensibilizzarla. È un processo auto rigenerante: tramite la diffusione anterograda dell impulso, questo si sposta verso la periferia, attivando il terminale e consentendo il rilascio di sostanze che potenziano questi meccanismi. È importante poiché molti farmaci antidolorifici agiscono a questo livello: bloccando le prostaglandine come fanno i farmaci antidolorifici non steroidei (FANs); agendo sulla fosfolipasi, come i farmaci cortisonici, riduce l effetto sensibilizzante delle fosfolipasi. Nel terminale dolorifico [fa riferimento all immagine che ha mostrato a lezione] in alto si trova il canale ionico, che viene aperto dal calore, da ioni H +, dalla capsaicina e da altre sostanze. È un terminale aspecifico, cioè lascia passare ioni a seconda del loro gradiente di concentrazione. 136

139 È un recettore TRPV1 e oggi se ne riconoscono due tipi: TRPV1 sensibile alla capsaicina (contenuta nel peperoncino), essa in età neonatale e in alte concentrazioni distrugge le terminazioni sinaptiche; TRPA1 sensibile all allicina (contenuta nell aglio). Questa prima depolarizzazione va a generare l attivazione dei canali voltaggio-dipendenti e gli impulsi nascono generando i potenziali d azione. Però adesso seguiamo i meccanismi che tendono a facilitare, ci sono recettori nell attività dolorifica, sensibili alle prostaglandine E2, che attivano la Proteina G, l adenilato ciclasi, il quale forma camp, PKA (cascata di eventi) che va a fosforilare il canale, facilitando l induzione della depolarizzazione. Dall altra parte c è la via della bradichinina, anch essa con lo scopo ultimo di sensibilizzare il recettore, che vede implicata la PLC e la PKC. Adesso sappiamo come uno stimolo dolorifico mantiene se stesso e si auto potenzia! Le vie afferenti della sensibilità dolorifica sono due: una determina la discriminazione spaziale del dolore e va a finire nell omuncolo sensitivo; l altra via, che si distribuisce ampiamente nel giro del cingolo, corteccia orbitofrontale, l insula, l opercolo parietale, tutte aree che hanno a che fare con l emotività. Il sistema nervoso ha la possibilità di modulare il dolore, sappiamo inoltre come la percezione di questo cambia notevolmente da soggetto a soggetto. Due sistemi possono regolare il dolore: controllo a cancello e controllo discendente. Controllo a cancello Avviene nelle corna dorsali o nei nuclei trigeminali dolorifici; mette in relazioni fibre di grande diametro Aβ, con fibre con piccolo diametro C. A livello trigeminale e a livello delle corna dorsali, l interazione di questi sistemi è davvero complicata; quindi tenetelo presente come uno schema. Quando una fibra tattile si connette con il sistema dolorifico ha la possibilità di attivare un interneurone che inibisce il dolore: il tatto chiude il cancello al passaggio del dolore (attenuazione). Invece se guardate il circuito della fibra C, [quello sopra] produce inibizione dell interneurone inibitorio, quindi il dolore facilita se stesso. In medicina, in presenza di dolori cronici si utilizza la TENS, Transcutaneous Electrical Nerve Stimulator lo stimolo elettrico a più bassa intensità attiva fibre a più largo diametro, la conseguenza è che può inibire il dolore. Per l Herpes zoster trigeminale viene controllato tramite la stimolazione diretta del ganglio di Gasser, non con conseguenze negative. Inoltre si è notato che l uso frequente di queste stimolazioni induce una perdita della sensazione dolorifica a lungo termine, perdita della sostanza P. 137

140 Controllo discendente Limita la scarica delle fibre dolorifiche. Il sistema discendente dal grigio periacqueduttale, è costituito da due vie: una noradrenergica, che si diparte dal locus coeruleus; La via adrenergica, in periferia, tende ad aumentare il dolore mentre la via noradrenergica tende a diminuirlo. l altra serotoninergica, che si diparte dal rafe magno. La serotonina risulta meno efficace nei pazienti con depressione e ciò si traduce con una minore capacità di ridurre il dolore Attivando il grigio periacqueduttale, tramite stimolazioni elettriche (guarda figura), la frequenza di scarica viene ridotta, attraverso una inibizione presinaptica, ma non solo. Al grigio periacqueduttale confluiscono vie che provengono da più ampie strutture: dalla corteccia parietale, dalla corteccia cingolata anteriore, orbitofrontale, dal talamo e dall ipotalamo; esse possono creare una modulazione della trasmissione dolorifica, non solo inibendola. Si è visto infatti che esistono due tipologie di cellule: 1. cellule di tipo OFF, cellule inibitorie, vengono attivate durante una stimolazione termico/dolorifica e scaricano intensamente; 1. cellule di tipo ON: si attivano alla sospensione del dolore, che tendono a facilitare la trasmissione dello stimolo. Questi neuroni posseggono recettori oppioidi, sensibili alle encefaline, β-endorfine, le dimorfine (le quali agiscono sulle cellule ON, quindi amplificando la percezione del dolore). Queste sostanze sono successive alla scoperta della morfina e ne imitano il funzionamento; per tale ragione sono sostanze morfino-simili. Questo è quello che avviene in organi gerarchicamente superiori, ai quali fanno seguito le due vie, serotoninergica e adrenergica. Nel midollo spinale, sono presenti interneuroni che, a livello presinaptico o postsinaptico, inibiscono la fibra; possono essere GABAergici, encefalinergici (qui svolgono una funzione inibitoria). Questi vengono attivati e la sensazione dolorifica si riduce notevolmente, molto di più di quanto riesce a fare il controllo a cancello. Per il trattamento del dolore: trattamento farmacologico, con farmaci (FANs o corticosteroidei) che perifericamente riducono il dolore (o tramite l inibizione delle prostaglandine o tramite il blocco delle fosfolipasi); centralmente si possono usare farmaci inibitori dei recettori NMDA, la morfina; 138

141 TENS, la cui base è riconosciuta nel meccanismo del controllo a cancello; trattamenti chirurgici, o es: distruzione del ganglio di Gasser, iniettando dell alcool. La sua distruzione comporta la scomparsa dei riflessi della chiusura della palpebra, mancanza dell umidificazione della cornea. o es: distruzione della porzione discendete del nucleo del trigemino, ovvero di quella porzione che sconfina nei primi neuromeri cervicali. Un piccolo taglio, in posizione laterale, comporta l esclusione della via dolorifica: trattotomia. Tuttavia, nel tempo, le operazioni chirurgiche risultano fallimentari, in quanto la distruzione di una via può ipersensibilizzarne un altra: per esempio, le vie sensitive che sono veicolate dal III nervo cranico. trattamenti psicologici, con i quali si può ridurre la componente emotiva associata al dolore. 139

142 VISTA Lo stimolo visivo è l onda luminosa e le cellule in grado di rilevarlo sono i fotorecettori della retina. (Come mai un lungo percorso? Perché la luce tende a diffrangere e quindi creare aloni di attivazione, quindi bisogna fare in modo che la luce sia condotta, con delle specie di fibre ottiche, in un punto preciso, che non diffonda molto, ed ecco che la struttura retinica consente il passaggio della luce in modo unidirezionale verso il ricevitore. Il secondo aspetto è che nel profondo voi avete un epitelio pigmentato (o pigmentoso), che assorbe la luce che diffonde e una delle funzioni è proprio quella di ridurre, anche in questo caso, la diffusione. La luce arriva e credo che siano già state rappresentate le cascate di eventi che producono la chiusura dei canali del co-recettore che è straordinariamente diverso da tutti gli altri perché questo recettore, all arrivo dello stimolo, si iperpolarizza. Sta intorno ai +40/+50 mv, quando arriva la luce il potenziale diventa più polarizzato, quindi più negativo, diventa l opposto. Perché succede questo evento? In definitiva è probabile che sia legato al fatto che dei meccanismi riescano a chiudere rapidamente dei canali: è più rapido il meccanismo di chiusura dei canali piuttosto che quello di apertura. Si utilizza quindi questo meccanismo: arriva la luce, il canale si chiude. Ma voi avete anche visto che, nella via della luce, anche un solo fotone è in grado di modificare le risposte, cioè un energia minima. L arrivo della luce deve essere capace di chiudere i canali, quindi l energia da utilizzare è 25mila volte superiore: ecco quella cascata di eventi che determinano l inattivazione del cgmp, con la fosfodiesterasi che riduce il cgmp. In questo momento, siccome il cgmp tiene aperti i canali, la trasducina che mette in azione la fosfodiesterasi andrà a ridurre il cgmp, di conseguenza i canali si chiudono. Questa cascata di eventi ha senso proprio perché ogni passaggio tende a incrementare l energia, vi verifica pertanto un amplificazione. Detto questo (e potete anche limitarvi a dire queste poche cose), avete alla fine i canali che si chiudono.) OTTICA Il sistema diottrico è formato dalla cornea, dall umor acqueo, dal cristallino e dall umor vitreo. La cornea e il cristallino rappresentano i due mezzi diottrici principali dell occhio, in grado di rifrangere i raggi luminosi incidenti e di determinarne il punto di convergenza. Importanti sono le seguenti due caratteristiche: 140

143 il piano principale del mezzo diottrico (ovvero quello su cui giace il suo asse maggiore) il fuoco (ovvero il punto in cui i raggi paralleli emessi da un corpo a distanza infinita, rifratti dal mezzo diottrico, convergono); La distanza fra piano principale e fuoco, di circa 17 mm, rappresenta la distanza focale (ff), il cui inverso dà la misura della diottria (DD = 1, dunque nel caso di prima in cui 1 59 m 1 ff (m) 0,017 m si misurano circa 59 DD). Nel caso di un occhio normale, il fuoco è sulla retina: dunque, nel caso di un oggetto che si trova a distanza infinita (ovvero, a distanza non inferiore ai 6 m), la messa a fuoco avviene sulla retina. Un corpo che si trovi a una distanza inferiore ai 6 m non emette raggi paralleli e il punto in cui tali raggi convergono, una volta rifratti dal mezzo diottrico, è ben posteriore al fuoco (e, dunque, alla retina). Il cristallino è una lente particolare particolarmente plastica che come vedremo, cambia la sua conformazione geometrica, il suo raggio di curvatura, e lo cambia sulla base della necessità che si ha di far convergere più o meno i raggi luminosi proprio sulla retina. Però è necessario perché ci sia questo sistema di convergenza, si tratta di cose semplici, banali, che vi siano due caratteristiche: una è che ci sia un certo numero di modificazioni (modificazioni delle onde luminose, e l indice rifrazione, intesa come capacità più o meno grande di spostare il percorso del raggio luminoso), d altra parte un altra caratteristica è: il raggio di curvatura della superficie (tanto maggiore è la curvatura, tanto maggiore è la rifrazione, lo spostamento del percorso, quindi la geometria, a conformazione geometrica). Se il cristallino mantenesse immodificate le sue curvature, e dunque non modificasse la distanza focale, la messa a fuoco (è il punto in cui avviene la convergenza dei raggi rifratti, indipendentemente dal fatto che essa avvenga sul fuoco) avverrebbe al didietro della retina: è per evitare ciò che, attraverso il riflesso di accomodazione, il cristallino si arrotonda (in particolare, accentua la curvatura posteriore), riducendo la distanza focale (ovvero, portando in avanti rispetto alla retina il fuoco) quel tanto che basta per avere la messa a fuoco sulla retina: 141

144 lenti concave generano divergenza, lenti convesse generano convergenza. Normalmente il cristallino, struttura enormemente elastica, è mantenuto appiattito dalle fibre della zonula che, particolarmente tese, si inseriscono sul suo equatore. Nel riflesso di accomodazione si ha la contrazione del muscolo ciliare, con conseguente rilassamento delle fibre della zonula (che si dipartono dalla superficie dei corpi ciliari), non più in grado di mantenere il cristallino appiattito. Con l età (in particolare oltre i 40 anni), l elasticità del cristallino tende a ridursi: il cristallino riduce la capacità di arrotondarsi nel riflesso di accomodazione, con conseguente difficoltà nella messa a fuoco da vicino (presbiopia). La condizione normale viene definita emmetropia Nella miopia il soggetto ha, a cristallino appiattito, il fuoco al davanti della retina, per via di una eccessiva lunghezza del bulbo oculare: nella visione da lontano egli vedrà male, in quanto la messa a fuoco (che nella visione da lontano avviene proprio nel fuoco) avviene al davanti della retina. Il difetto è correggibile attraverso l utilizzo di lenti divergenti: i raggi che raggiungono il mezzo di diottria dell occhio non sono più paralleli (ma, per l appunto, divergenti), e saranno fatti convergere in un punto posteriore al fuoco, ovvero esattamente sulla retina. Nella ipermetropia il soggetto ha, a cristallino appiattito, il fuoco al di dietro della retina, per via di un bulbo oculare troppo corto: egli vedrà male soprattutto nella visione da vicino (anche nella visione da lontano mette a fuoco dietro la retina, ma nella visione da vicino, in assenza di riflesso di accomodazione, la messa a fuoco è ancor più posteriore). Il difetto è correggibile attraverso l utilizzo di lenti convergenti: anche in questo caso i raggi che raggiungono il mezzo di diottria dell occhio non sono paralleli, ma questa volta hanno una direzione (convergono verso il mezzo diottrico) tale per cui la loro convergenza avviene in un punto anteriore al fuoco, esattamente sulla retina. 142

145 Un altro difetto di messa a fuoco è quello legato all astigmatismo, in cui la cornea non è esattamente sferica: i suoi raggi di curvatura non sono uguali. Fisiologicamente a livello della cornea, i meridiani orizzontali e quelli verticali non sono allineati, non c è una sfericità perfetta, c è una leggera alterazione rispetto alle sezioni orizzontali e quelle verticali e tanto maggiore è questa alterazione tanto più diversi punti attraverso i quali la luce fluisce tendono a mettere a fuoco in diversi punti sulla retina, l immagine appare cioè sfuocata. Il difetto può riguardare qualsiasi suo raggio, ad esempio il verticale (ovvero quello a direzione antero-superiore: la curvatura della cornea è, nel complesso, minore) o l orizzontale (ci si riferisce a quello latero-laterale). N.B. È importante per la patologia l umor acqueo, secreto a livello di aree dei corpi ciliari sotto l effetto facilitante del parasimpatico: passa dalla camera posteriore dell occhio, in cui è originariamente riversato, alla camera anteriore, ove è riassorbito a livello di uno specifico trabecolato in direzione del canale di Schlemm (per occlusione dell angolo irido-corneale, in cui il canale di Schlemm trova collocazione, è impedito il deflusso dell umor acqueo: l aumento di pressione, dovuto all accumulo di quest ultimo, causa il glaucoma). Aberrazione cromatica Onde con diverse lunghezze (λ) sono rifratte dai mezzi diottrici dell occhio in modo diverso. In particolare, segnali rossi e segnali blu sono messi a fuoco in punti diversi (ovvero, le loro onde sono fatte convergere a distanze dal piano principale diverse), col risultato che non potranno essere messi a fuoco contemporaneamente sulla retina: questo è il motivo per cui la lettura di una scritta rossa su sfondo blu risulta difficile. In più, il sistema nervoso risulta in grado di produrre immagini nitide solo in risposta a onde di lunghezza intermedia o grande, mentre produrrebbe immagini sfocate in risposta a onde di lunghezza piccola (quali quelle blu): questo è spiegato dal fatto che nella foveola, punto della retina dotato della massima acuità visiva (vedi dopo), sono assenti i coni sensibili alle onde blu (coni S). RETINA (Panichi) Il diottrico è l insieme di questi sistemi che fanno convergere la luce lì sulla retina, possibilmente sulla fovea, che è la regione dove c è la massima acuità visiva. Sulla fovea, dove c è la massima risoluzione spaziale, e la visione dei colori perfetta. Solo coni di un certo tipo, soprattutto nella foveola, molto densa. La luce quando colpisce la retina non trova subito il recettore, prima attraversa tutto uno strato, diversi strati di cellule e solo alla fine trova i recettori posizionati. I recettori devono raccogliere e trasformare l informazione. Laddove invece serve la massima acuità, effettivamente la retina si organizza come una sorta di varco, 143

146 si apre, e lì ci sono i coni responsabili della visione discriminatoria, hanno un alta capacità discriminatoria, hanno anche un organizzazione che tende ad aumentare la discriminazione. Qui vediamo i recettori, la direzione della luce è questa, colpisce i recettori che sono posizionati in questo epitelio, e poi la direzione è tale per cui il percorso è a ritroso, cellule bipolari, cellule gangliari, (interneuroni-cellule bipolari). Questo percorso a ritroso è accompagnato da una elaborazione che riguarda anche le cellule orizzontali, cellule che si dispongono orizzontalmente per rimodulare l informazione lateralmente. L epitelio pigmentato interviene con diverse funzioni, innanzitutto minimizza la dispersione della luce (fenomeno di riflessione), è pigmentato proprio per questo, poi ha un significato metabolico, perché i dendriti, per la rielaborazione e per l omeostasi ionica. Mantiene quindi i gradienti e interviene nel metabolismo di alcuni elementi dei recettori, che devono rinnovarsi continuamente. Nello schema si vede il sistema dei bastoncelli, che è fortemente convergente, tanti bastoncelli convergono sulle cellule bipolari, e un unica cellula gangliare, non servono per la discriminazione spaziale, devono per raccogliere informazioni legate al movimento, all intensità, sono sensibilissimi, sono informazioni para-foveali, non si trovano nella fovea, ma ce ne sono tantissime intorno alla fovea. FOTORECETTORI Le cellule recettoriali sono di due diversi tipi (il che consente un più ampio ambito di intensità analizzabili: vi saranno intensità molto basse che potranno essere rilevate grazie ai fotorecettori a più bassa soglia di attivazione intensità molto alte che potranno essere discriminate grazie ai fotorecettori saturati a intensità maggiori): coni e bastoncelli. Strutturalmente, un fotorecettore consta di: un segmento esterno, in cui sono impilati i dischi contenenti il pigmento visivo (trattasi di invaginazioni della membrana plasmatica: nei coni rimangono connessi con la membrana plasmatica, mentre nei bastoncelli vi si distaccano divenendo autentici organuli); un ciglio di giunzione, importante nella generazione del potenziale di recettore; un segmento interno; corpo cellulare; terminazioni sinaptiche. 144

147 Strutturalmente i fotorecettori si differenziano soprattutto per la natura del loro segmento esterno, più piccolo nei coni che nei bastoncelli. Le diversità fra i due recettori stanno: nella sensibilità: maggiore nei bastoncelli che nei coni (i primi hanno soglia di attivazione minore rispetto ai secondi), adatti rispettivamente alla visiono scotopica e alla visione fotopica; nella risoluzione temporale, ovvero nella capacità di discriminare stimoli rilevati in momenti diversi: maggiore nei coni che nei bastoncelli (questi ultimi tendono a confondere stimoli rilevati a breve distanza temporale); nella acuità visiva, ovvero nella capacità di discriminare stimoli che provengano da punti del campo visivo diversi: è maggiore nei coni che nei bastoncelli; nella discriminazione dei colori, che è propria dei soli coni. Un ulteriore diversità fra i fotorecettori sta nella loro localizzazione: i coni sono presenti quasi esclusivamente nella fovea centralis, punto della retina per il quale si considera passante l asso visivo; i bastoncelli sono più numerosi man mano che ci si allontana nelle varie direzioni dalla fovea. Non v è nessuno dei due nella macula cieca, punto in cui gli assoni delle cellule gangliari fuoriescono dalla retina. Attraverso la campimetria, effettuata inviando segnali luminosi di diversa ampiezza e diverso colore nel campo visivo di un soggetto che stia mantenendo fisso lo sguardo, si possono valutare eventuali patologie retiniche. Si immagini di far sì che questi stimoli raggiungano punti progressivamente più distanti dalla fovea, considerando che la sensibilità dovrà progressivamente aumentare e la capacità di discriminare i colori dovrà progressivamente ridursi: un danno retinico, centrale o nelle porzioni periferiche, potrà essere valutato nel punto in cui la percezione del soggetto sarà diversa da quella attesa. La maggior sensibilità dei bastoncelli è dovuta: alla maggiore lunghezza del loro segmento esterno, più facilmente raggiungibile dal raggio luminoso per l attivazione del pigmento; al fatto che sono previste ampie convergenze sulle cellule gangliari. I dischi interni dei segmenti esterni si rinnovano di continuo. Il pigmento dei bastoncelli è la rodopsina, un complesso formato da una parte proteica localizzata nella membrana del disco, l opsina, al cui amminoacido 296 è legato un derivato della vitamina A, l 11-cis retinale: l arrivo del raggio (λ = 510 nm) comporta l isomerizzazione dell 11-cis retinale (A) in tutto-trans retinale (B) (trasformazione della rodopsina in metarodopsina I); 11-cis retinale deidrogenasi NADP + 11-cis retinolo isomerasi rodopsina opsina hν tutto-trans retinilestere trans retinale reduttasi NADPH tutto-trans retinolo lecitina:retinolo acilt-ransferasi 145

148 la metarodopsina I si trasforma in metarodopsina II, per modificazione conformazione della opsina; la metarodopsina II, altamente instabile, si scinde in opsina e tutto-trans retinale (o tutto-trans retinaldeide); il tutto-trans retinale, trasferito alle cellule dell epitelio pigmentato, è ridotto in tutto-trans retinolo, precursore della sintesi di 11-cis retinale, che, riportato al bastoncello, sarà impiegato nella sintesi di nuova rodopsina. La disponibilità di retinolo è assicurata anche dal fegato, che mette in circolo quello derivante dall assunzione di vitamina A con la dieta. I pigmenti dei coni, anch essi complessi formati da opsina e 11-cis retinale, ma ciascuno diverso per il fatto di disporre di una diversa isoforma di opsina associata in modo diverso all 11-cis retinale, sono: il cianolabile (tipico dei coni S), blu, sensibile a onde con λ di circa 430 nm (blu); il clorolabile (tipico dei coni M), verde, sensibile a onde con λ di circa 530 nm (blu-verde); l eritrolabile (tipico dei coni L), rosso, sensibile a onde con λ di circa 560 nm (verde-giallo). L attivazione del pigmento comporta l innesco della seguente cascata di eventi: l attivazione di una proteina G, transducina (Tα e Tβγ), associata alla membrana del disco; l attivazione di una fosfodiesterasi (PDE); la trasformazione del cgmp in GMP; la chiusura dei canali Na + del segmento esterno, in quanto l apertura di questi ultimi è dovuta al legame con cgmp, con conseguente iperpolarizzazione. Attraverso questi step, il segnale originario è amplificato di ben 25'000 volte. In assenza dell attivazione del pigmento visivo, ovvero al buio, i canali per il Na + sono aperti e il Na +, in virtù del suo gradiente elettrochimico, entra riducendo la negatività intracellulare: il Na + riduce la negatività intracellulare non solo a livello del segmento esterno, ma anche a livello del segmento interno, verso il quale diffonde attraverso il ciglio di connessione. Nel segmento interno, dove vi sono suoi canali, il K + avrà un notevole flusso in uscita (ha una bassa tendenza a entrare secondo gradiente elettrico): la costanza dei gradienti delle due specie ioniche è a questo livello assicurata da Na + -K + -ATPasi. Nel caso di attivazione del pigmento visivo, invece, l iperpolarizzazione di cui si è detto non riguarda il solo segmento esterno, ma arriva a interessare anche il segmento interno: in assenza di Na + che tenda ad aumentare il potenziale di membrana (Vm), il K + esce secondo il suo gradiente chimico finché il suo flusso netto non diviene 0 A (ovvero, finché non è raggiunto il suo potenziale di equilibrio: si ha passaggio del Vm da 40mV a 70mV). I fotorecettori sono evidentemente cellule sensoriali anomale: mentre normalmente il potenziale di recettore consiste in una depolarizzazione (cui segue l ingresso di Ca 2+, necessario all esocitosi del neurotrasmettitore), nel caso dei fotorecettori consiste in una iperpolarizzazione. 146

149 Al buio, in condizioni in cui il Vm del fotorecettore è quello di riposo, la cellula rilascia il neurotrasmettitore, in genere glutammato: il punto è che le sinapsi che il fotorecettore forma con le cellule bipolari possono essere sia di tipo inibitorio (nella via on) che di tipo eccitatorio (nella via off); le cellule bipolari, nonché le cellule gangliari da esse contattate, saranno dette rispettivamente centro-on e centro-off. È evidente che: il Vm di riposo della cellula bipolare centro-on è molto basso; il Vm di riposo della cellula bipolare centro-off è molto alto. Sia la cellula gangliare centro-on che la cellula gangliare centro-off hanno, però, una frequenza di scarica basale. Quando il pigmento visivo è attivato, nel fotorecettore si innesca un potenziale di recettore che si accompagna al mancato rilascio di neurotrasmettitore. Il mediatore chimico si riduce ogni volta che arriva la luce. È evidente che: la cellula bipolare centro-on si depolarizza (tuttavia, non vi si innesca mai un p.d.a.): aumenta il suo rilascio di neurotrasmettitore e, essendo la sinapsi con la cellula gangliare eccitatoria, aumenta la frequenza di scarica della cellula gangliare centro-on; la cellula bipolare centro-off si iperpolarizza: si riduce il rilascio di neurotrasmettitore e, essendo anche in questo caso la sinapsi con la cellula gangliare eccitatoria, si riduce la frequenza di scarica della cellula gangliare cento-off. N.B. La connessione diretta fra fotorecettore, cellula bipolare e cellula gangliare è valida, in realtà, solo per il centro del campo recettivo delle cellule gangliari, non per la periferia (vedi dopo): in effetti, consente di spiegare solo la risposta all attivazione del centro del campo recettivo (anche per questo, vedi dopo). MACCHIA CIECA Attraverso specifici studi campimetrici, è possibile averne consapevolezza. Si abbiano un cerchio ( ) e una croce (+), raffigurati rispettivamente a sinistra e destra se, ad occhio destro chiuso, si fissa il disegno di destra (la croce), portando a una distanza di circa 40 cm il foglio su cui sono riportati i due disegni, improvvisamente il disegno di sinistra non risulta visibile: le onde luminose da esso emesse sono fatte convergere esattamente nella macchia cieca dell occhio di sinistra. Non si ha, in realtà, la sensazione di una reale mancanza di visione: per alcuni studiosi, poiché da quel punto non hanno avvio informazioni, per il nostro cervello è come se lì non vi fosse nulla; per altri studiosi, il cervello ricostruisce quel punto dello spazio del quale non ha informazioni colorandolo. La capacità del cervello di ricostruire sarebbe confermata da un ulteriore studio campimetrico, in cui è previsto l utilizzo di un foglio con rappresentate la solita croce a destra e una barra orizzontale a sinistra, barra orizzontale interrotta nell esatto punto in cui nell altro caso era rappresentato il cerchio: se si compie lo stesso esperimento di prima, si scopre che, quando l interruzione della barra finisce nella macchia cieca dell occhio sinistro, la barra è percepita come continua. RETE NERVOSA RETINICA Il messaggio che fuoriesce dalla retina è già molto elaborato, ecco perché nella classificazione dei recettori parlavamo di recettore di terzo tipo. 147

150 Realizza una capacità di analisi dei contrasti. La retina è un segnalatore di contrasto, cioè non è interessante per il sistema visivo conoscere i valori assoluti di luminosità: sì, ci sono cellule retiniche che esprimono valori assoluti di luminosità, ma nella maggior parte dei casi interessa la diversità di luminosità tra un punto e l altro, tanto è vero, se ci pensate bene, che se io vi accendo tutte le luci, continuate a vedere; se io spengo le luci continuate ugualmente a vedere. È importante, per riconoscere una persona o un oggetto, vedere i salti di luminosità perché il bordo che configura la figura (di qualsiasi forma) è un salto di luminosità, è un più scuro rispetto a un meno scuro. Questo è determinante. E allora vedete una retina che è composta per l 80-90% di cellule afferenti organizzate in modo tale da avere campi recettivi che riconoscono i salti di luminosità. Per campo recettivo della cellula gangliare (dunque, ci si riferisce al campo recettivo di un neurone sensitivo di I ordine) si intende quel gruppo di fotorecettori che fanno riferimento alla stessa cellula gangliare. Da un fotorecettore normalmente partono sia una via on che una via off e il campo recettivo di un neurone centro-on tende a coincidere con quello di un neurone centro-off. Ciascun campo recettivo può esser visto come formato da una zona circolare centrale (centro del campo recettivo) circondata da una zona ad anello (periferia del campo recettivo). (La scarica che voi trovate nella cellula gangliare è massimale se la luce cade nel cono e il buio cade nelle cellule vicine, perché la luce attiva e il buio inibisce: avete la massima scarica. Se mi sposto e creo luce lateralmente e buio al centro, avrò invece la massima inibizione: la luce non cade nel cono che attiva, ma cade nei sensori intorno che inibiscono. Basta un minimo spostamento per avere una scarica intensissima al centro, se sposto un po, la massima inibizione: sento perfettamente questo salto di luminosità.) In riferimento a una cellula gangliare centro-on, si osserva che: uno stimolo luminoso che interessa solo il centro del suo campo recettivo ne provoca un aumento della frequenza di scarica, che diventa massima quando è tutto il centro ad essere interessato; Quindi la via centrale che nasce dal cono e porta l informazione al nervo ottico è attivata se la luce cade al centro di questo campo recettivo, ma se la luce si 148

151 sposta anche di pochissimo voi avete che la cellula vicina inibisce la cellula centrale e quindi la scarica diminuisce. uno stimolo luminoso che interessa solo la periferia del suo campo recettivo ne provoca una diminuzione della frequenza di scarica, che diventa nulla quando è tutta la periferia ad essere interessata; uno stimolo luminoso che interessa in modo completo sia il centro che la periferia del suo campo recettivo lascia pressoché immutata la sua frequenza di scarica rispetto al valore basale (in realtà, si assiste a un lievissimo aumento), dal momento che gli effetti dell attivazione del centro e della periferia tendono ad annullarsi vicendevolmente. In riferimento a una cellula gangliare centro-off, si osserva che: uno stimolo luminoso che interessa solo il centro del suo campo recettivo ne provoca una riduzione della frequenza di scarica, che diventa nulla quando è tutto il centro ad essere interessato; uno stimolo luminoso che interessa solo la periferia del suo campo recettivo ne provoca un aumento della frequenza di scarica, che diventa massima quando è tutta la periferia ad essere interessata; uno stimolo luminoso che interessa in modo completo sia il centro che la periferia del suo campo recettivo lascia pressoché immutata la sua frequenza di scarica rispetto al valore basale (in realtà, si assiste a un lievissimo aumento), dal momento che gli effetti dell attivazione del centro e della periferia tendono ad annullarsi vicendevolmente. Si è già visto in dettaglio cosa avviene in seguito alla stimolazione del centro del campo visivo, ma non si è detto cosa avviene in seguito alla stimolazione della periferia. L antagonismo centro-periferia è reso possibile dalla comunicazione fra i fotorecettori del centro e quelli della periferia operata da un ulteriore categoria di interneuroni, le cellule orizzontali (un contributo simile è offerto dalle cellule amacrine): è solo attraverso questa comunicazione che i fotorecettori della periferia comunicano, seppur indirettamente, con cellule bipolari e gangliari. (Attenzione: ciò che avviene a livello del cono e ciò che avviene nella cellulare bipolare non è mai un evento impulsivo, ma sempre un evento locale, potenziale, eventi tonici che rimangono lì (gli impulsi nascono solo alla fine, nella cellula mielinica del nervo ottico). Il potenziale locale è importantissimo perché sì, non è capace di condurci a distanza, ma può modulare ampiamente le risposte, può crescere o diminuire gradualmente e interagisce moltissimo. Guardate bene com è l interazione sinaptica, (si chiama triade); guardate il cono che va ad attivare subito sotto la cellula bipolare, ma insieme ad altre fibre, la cellula orizzontale e più in basso troverete anche le amacrine, porterà l informazione laterale. Quindi la sinapsi che sta tra il cono e la cellula bipolare è fatta da una triade: neurone successivo, il cono e i neuroni laterali che vanno ad interagire con una complessa struttura e a nastro si infila dentro alla cellula del cono. Si ha quindi una complessa struttura, che vi mostra le interazioni tra i vari recettori, in cui i bastoncelli laterali possono influenzare la via del cono che scende in basso. Come? Ci sono due ipotesi. La prima è che il cono centrale si iperpolarizza, riduce il glutammato e l aspartato e questi andranno a fare cosa, nella cellula successiva? Due possibilità e tutte e due si realizzano: 149

152 delle due cellule successive, ce n è una che viene depolarizzata dalla riduzione del mediatore chimico e un altra che viene iperpolarizzata dalla riduzione del mediatore chimico. In un caso, stranamente, la riduzione del mediatore tende a depolarizzare, perché ci sono eventi locali all interno di questa sinapsi che provocano la depolarizzazione della cellula successiva. Quando si realizza questo, che la sospensione della liberazione del mediatore chimico da parte del recettore produce eccitazione nella cellula successiva, noi parliamo di una cellula a centro on e in periferia avrete l inibizione; quando invece avete la riduzione della polarizzazione della cellula bipolare, allora questa sarà una cellula a centro off, e per ogni luogo della retina avete tutte e due le possibilità. Si consideri, allora, la stimolazione di una periferia che, come detto, dovrebbe causare riduzione della frequenza di scarica delle cellule gangliari centro-on e aumento della frequenza di scarica delle cellule gangliari centro-off: un dato fotorecettore della periferia si iperpolarizza e cessa di rilasciare neurotrasmettitore; poiché è eccitatoria la sinapsi che ha nella cellula orizzontale l elemento post-sinaptico (e nel fotorecettore della periferia l elemento pre-sinaptico), la cellula orizzontale si iperpolarizza a sua volta; poiché è inibitoria la sinapsi che ha nella cellula orizzontale l elemento pre-sinaptico (e nel fotorecettore del centro l elemento post-sinaptico), il fotorecettore del centro è depolarizzato e continua a rilasciare neurotrasmettitore; la cellula bipolare centro-on è iperpolarizzata, dunque la frequenza di scarica della cellula gangliare centro-on si riduce; la cellula bipolare centro-off è depolarizzata, dunque la frequenza di scarica della cellula gangliare centro-off aumenta. L antagonismo centro-periferia fa capire come le fibre del nervo ottico non trasmettano un messaggio relativo alla luminosità (intensità dello stimolo luminoso) in senso assoluto, bensì un messaggio relativo al contrasto (ovvero alla differenza di luminosità su due punti dello stesso campo recettivo). 150

153 Le due vie sarebbero utili anche perché: una risponde molto più rapidamente a modificazioni del contrasto dovute a un aumento di luminosità (la via on); una risponde molto più rapidamente a modificazioni del contrasto dovute a una riduzione di luminosità (la via off). Per analizzare la capacità di rilevare i contrasti, possono rivelarsi utili esami compiuti attraverso l impiego di tavole ottometriche (in realtà, non sono utilissimi: il cervello può ricostruire, impedendo di valutare taluni difetti; in più è prevista la conoscenza delle lettere, il che rende l esame non eseguibile su una persona che non sappia leggere); l esecuzione di un elettroretinogramma. Le cellule non sono disposte a capire bene cosa succede in termini di intensità assoluta di illuminazione, ma di rapporto tra un punto e un altro: le cellule dunque capiscono i rapporti di contrasto. ELETTRORETINOGRAMMA Si esegue posizionando appositi elettrodi sulla cornea. Consiste nel valutare come varia il potenziale elettrico prodotto dalla retina quando essa è stimolata: l ideale è eseguirla mentre si sta inviando una griglia di segnali luminosi, ovvero segnali luminosi intervallati fra loro da attimi caratterizzati dal buio; in più, è utile che la stimolazione non sia diffusa, ma provenga da punti definiti dello spazio (così da interessare punti definiti della retina). N.B. È importante considerare come il ciglio di connessione rappresenti una resistenza elettrica al flusso di cariche dal segmento esterno al segmento interno (?): vi sarà una differenza di carica (ovvero un dipolo elettrico) fra l esterno del segmento esterno e l esterno del segmento interno; tale dipolo elettrico invertirà il proprio verso non appena quella cellula sia stata stimolata. Nell elettroretinogramma si distinguono: una piccola oscillazione ad apice inferiore, ERP (early receptor potential), dovuta, in qualche modo, alle reazioni a carico del pigmento attivato; una oscillazione ad apice inferiore, onda A, conseguente all attivazione vera e propria del fotorecettore, ovvero alla chiusura dei canali del Na + del suo segmento esterno; un ampia oscillazione ad apice superiore, onda B, dovuta al sequestramento da parte delle cellule di Müller del K + ; un ulteriore oscillazione ad apice superiore, onda C, dovuta a un ulteriore tamponamento del K +, questa volta ad opera delle cellule dell epitelio pigmentoso: alterazioni dell onda C consentono di diagnosticare retinite pigmentosa (le cellule perdono la capacità di sviluppare potenziali di recettore e il soggetto diventa cieco); un ultima oscillazione ad apice superiore, molto semplice, onda D, dovuta alla fine dello stimolo e, dunque, all apertura dei canali del Na + del segmento esterno. ADATTAMENTO AL BUIO Un soggetto entrato in un ambiente buio, dopo essere stato in un ambiente luminoso, impiega del tempo prima di poter tornare a vedere: il motivo sta nel fatto che, nel momento in cui egli fa il suo ingresso nell ambiente buio, l intensità dello stimolo necessaria ad attivare i 151

154 fotorecettori (la soglia di attivazione) risulta molto elevata, ma si abbassa progressivamente nel tempo raggiungendo il suo valore minimo nell arco di circa 30min. Durante l esposizione alla luce, non solo i bastoncelli sono saturi, ma si verifica anche che le vie che da essi hanno avvio sono inibite da vie parallele avviatesi dai coni (per mezzo fondamentalmente delle cellule amacrine, disposte più internamente): con l interruzione degli stimoli luminosi, si renderà possibile l abbassamento della soglia di attivazione: perché verrà meno l inibizione da parte delle vie avviatesi dai coni, e dunque le informazioni rilevate dai bastoncelli possono tornare a convergere sui neuroni gangliari; perché si sarà lentamente riformato il pigmento. ADATTAMENTO ALLA LUCE Consente di non rimanere abbagliati quando si è sottoposti in modo improvviso, ovvero dopo essere stati in un ambiente buio (come una galleria), a una luce intensa. L attivazione del pigmento di un fotorecettore porterà, come visto, alla riduzione della concentrazione intracellulare di cgmp e conseguentemente alla chiusura dei canali del Na + del segmento esterno; questo porta a una riduzione della corrente di Ca 2+ in ingresso (al Vm di riposo, ovvero al buio, si è visto che i canali per il Ca 2+ del fotorecettore sono aperti: d altra parte, essi coincidono proprio con i canali del Na + aperti dal legame col cgmp); la minore concentrazione intracellulare di Ca 2+ comporta, però, una minore inibizione della guanilato-ciclasi, con conseguente formazione di cgmp: questo evento si oppone alla riduzione della concentrazione di cgmp causata dall attivazione del pigmento, motivo per cui i canali del Na+ del segmento esterno tendono a rimanere aperti seppur in presenza di stimolo visivo. Per l adattamento al buio, dovete tenere presente, oltre alla diversa sensibilità di coni e bastoncelli, anche un altro meccanismo. Le vie che nascono dai nostri recettori e vanno verso il centro sono duplici: una è la via portata dai coni, l altra dai bastoncelli. Spesso un cono si confronta con un bastoncello e sapete bene, dalle vostre lezioni del passato, che la via a bassissima densità, quella che percepisce le minime intensità di illuminazione, è quella dei bastoncelli, adibiti alla visione detta scotopica, cioè del buio. La via, invece, della luce è detta fotopica. La via fotopica è trasportata da un recettore molto meno sensibile (il cono) e quindi lavora bene ad alte intensità di luce; la scotopica è la via dei bastoncelli. Voi dovete immaginare nella retina un confronto tra queste due vie: c è una via che, diciamo, scende con una attività dei coni e l altra dei bastoncelli e ci sono confronti, connessioni, e quando è attiva la via dei coni viene inibita la via dei bastoncelli. Ecco che, quando voi entrate in galleria, è vero che il bastoncello non funziona più perché è stato troppo illuminato, ma è altrettanto vero che esiste una inibizione dal cono verso il bastoncello; dunque nel tempo, questa inibizione viene meno, il cono, poiché siete al buio, non inibisce più ed ecco la via dei bastoncelli che gradualmente prende il sopravvento e riuscite a vedere anche ad intensità luminose molto minori. Questo è l adattamento al buio. Questo è il primo aspetto importante di questi adattamenti. 152

155 VIE VISIVE CENTRALI Si definisce campo visivo tutto ciò che noi vediamo ad occhi fermi, bloccati, se no se io muovo gli occhi definisco un campo di sguardo che è molto più ampio. Tengo gli occhi fermi in un preciso punto dello spazio, chiamato punto di fissazione, e intorno a questo punto di fissazione io ho sensazioni visive: tutto quello che riesco a vedere si chiama campo visivo (se andate in una qualsiasi struttura oculistica vi faranno l analisi del campo visivo). Tante patologie alterano qualcosa del campo visivo, per esempio il diabete che comincia ad infiammare e a deformare i vasi della retina e la retina stessa ed ecco qua che in una zona del campo visivo non arriva la stessa sensibilità normalmente avvertita. L analisi del campo visivo si fa appoggiando il mento in una specie di semisfera e il medico proietterà dei raggi luminosi di colore diverso (e quindi di ampiezza diversa) e stabilirà la vostra sensibilità a rispondere in questo campo visivo. Ci sono patologie che restringono soltanto una piccola zona, altre gravissime quando il campo recettivo della zona centrale viene profondamente danneggiato. Il campo visivo è sottoposto a osservazione da due globi oculari: nella parte centrale del mio campo visivo, gli occhi vedono con la stessa visione, seppur da due punti di vista diversi. La figura mostra quello che vede l occhio di destra (la linea blu) e quello che vede l occhio di sinistra (la linea rossa): c è una zona di sovrapposizione (zona binoculare). Il campo visivo, ovvero la parte di mondo esterno vista con i due occhi a capo fermo, è scomponibile in due emicampi visivi, sinistro e destro. Anche ciascuna retina è scomponibile in due emiretine: nasale e temporale, rispettivamente mediale e laterale rispetto all asse visivo (o meglio, al piano verticale su cui giace l asse visivo). La parte centrale del campo visivo (appartenente per metà all emicampo di sinistra e per metà all emicampo di destra) è detta zona binoculare perché rilevata da entrambi gli occhi: per esempio, quella parte di zona binoculare appartenente all emicampo di sinistra invia segnali: all emiretina nasale di sinistra all emiretina temporale di destra. La parte periferica del campo visivo, sinistra o destra, invia segnali solo all emiretina nasale omolaterale. N.B. Le immagini messe a fuoco sulla retina, sono del tutto rovesciate: di un dato corpo visto, le sue parti alte sono rappresentate in basso, e viceversa; le sue parti di sinistra sono rappresentate a destra, e viceversa. Importante è considerare il percorso delle fibre del nervo ottico. Esso è complesso, in quanto le fibre originatesi da una emiretina temporale procedono omolateralmente; le fibre originatesi da una emiretina nasale passano controlateralmente, formando, con le analoghe controlaterali, il chiasma ottico. Oltre il chiasma ottico: le fibre temporali del nervo ottico omolaterale e le fibre nasali del nervo ottico controlaterale si congiungono a formare il tratto ottico, le cui fibre contattano in larga parte il corpo genicolato laterale: le fibre emesse da quest ultimo costituiscono la radiazione ottica (o di Gratiolet), che 153

156 proietta alla corteccia visiva primaria, V1 (appartenente al lobo occipitale, intorno alla scissura calcarina), costituita da sei lamine (indicate con i numeri da I a VI a partire da quella più superficiale verso quella più profonda). Lesioni (o comunque processi patologici) lungo le vie visive, a causa di questo peculiare incrociamento delle fibre, possono generare particolari forme di visione: lesioni di un nervo ottico comportano perdita totale della visione dell emicampo visivo omolaterale, amaurosi (in realtà, quest ultima non dovrebbe essere totale: quella parte di emicampo che contribuisce alla zona binoculare è rilevata anche dall emiretina temporale controlaterale e, pertanto, le informazioni provenienti da essa viaggiano anche nel nervo ottico controlaterale); lesioni del chiasma ottico comportano la perdita della visione di entrambe le porzioni periferiche del campo visivo, emianopsia eteronima (mancanza di visione di metà del campo visivo, delle zone nasali) bitemporale; lesioni di un tratto ottico comportano la perdita totale della visione dell emicampo visivo controlaterale, emianopsia contro laterale (bilaterale omonima) lesioni delle fibre emesse dal corpo genicolato laterale causano una perdita di visione parcellare (quadranto-opsia) dell emicampo visivo controlaterale (è difficile, infatti, che tutta la radiazione ottica sia distrutta). Mi preme farvi vedere ciò che voi osservate ai punti 5 e 6 dell immagine: lì sono lesioni di corteccia dove però si vuole mettere in evidenza che la visione centrale, quella foveale, non viene persa perché la rappresentazione foveale è bilaterale, quindi siamo protetti da eventuali perdite funzionali della zona foveale. Nell ambito del nervo ottico si riconoscono: fibre X, emesse dalle cosiddette cellule gangliari P (parvae: piccole), toniche, che rispondono anche quando il segnale visivo è persistente: trasmettono informazioni, che saranno utili alla definizione di forme e colori, in base al contrasto; 154

157 fibre Y, emesse da cellule gangliari M (magnae: grandi), fasiche; fibre Z, o W, anch esse emesse da cellule gangliari M, in grado di trasmettere informazioni utili alla definizione del movimento. o Le fibre X contattano nel corpo genicolato laterale le cellule più piccole (strati parvicellulari: dorsali); o le fibre Y e le Z contattano le cellule più grandi (strati magnicellulari: ventrali). Le cellule della via parvicellulare (sia le cellule gangliari P che quelle degli strati parvicellulari del corpo genicolato laterale) sono più numerose di quella della via magnicellulare (cellule gangliari M e cellule degli strati magnicellulari del corpo genicolato laterale). Le fibre emesse dagli strati parvicellulari contattano in V1 neuroni della sottolamina IVCβ (sottolamina della lamina IV), che a loro volta contattano due diverse cellule delle lamine II e III: o le cellule dei blob, che analizzano i colori, o le cellule delle zone interblob, che analizzano la forma (v è, dunque, una separazione funzionale della parte di V1 contattata dagli strati parvicellulari, che consente l analisi in parallelo di informazioni diverse); le fibre emesse dagli strati magnicellulari contattano in V1 cellule (neuroni della sottolamina IVCα, che contattano a loro volta neuroni della sottolamina IVB) che analizzano fondamentalmente il movimento e l orientamento spaziale. Cellule di V1 (cellule dei blob, cellule delle zone interblob e neuroni della sottolamina IVB) contattano a loro volta neuroni di V2 (corteccia visiva secondaria): questa ha la caratteristica di mostrare ben tre volte, dalla superficie verso la profondità, l alternanza di lamine deputate all analisi rispettivamente di movimento, forma e colore. (Ci sono le cellule che percepiscono il movimento e danno luogo all inseguimento visivo e al nistagmo optocinetico.) La superficie della corteccia occipitale che riceve informazioni provenienti dal centro del campo visivo (rilevate fondamentalmente dalla fovea controlaterale: indubbiamente c è anche il contributo della emiretina temporale omolaterale) è decisamente più ampia di quella implicata nella ricezione dei segnali provenienti dalla periferia: ciò è ovvio se si considera che le informazioni più dettagliate sono quelle insorte per stimolazione dei fotorecettori della fovea. 155

158 ANALISI DELLA FORMA La forma di un oggetto, ovvero i suoi contorni, si è visto poter essere rilevata in base al salto di illuminazione (ovvero al contrasto: differenza di luminosità su due punti dello stesso campo recettivo). L analisi dei contorni da parte della corteccia è sempre stata di grande interesse. Hubel e Wiesel misero in evidenza, attraverso studi sulla corteccia visiva di scimmia, un elemento particolare: mentre il campo recettivo delle cellule gangliari, ma anche quello dei neuroni del corpo genicolato laterale, è esattamente circolare, quello delle cellule semplici della corteccia diventa allungato. (Il campo recettivo delle cellule del nervo ottico è un campo recettivo circolare: un centro-on o un centro-off e una periferia che risponde in senso contrario, off od on. I messaggi che arrivano dalla periferia permettono di analizzare il contrasto di un punto luminoso (permettono di capire se c è o non c è la luce e la sua intensità, nulla di più). In corteccia, invece, Hubel e Weisel con registrazioni elettrofisiologiche notarono che i campi recettivi erano diversi, allungati in modo tale che se la luce cadeva lungo il campo recettivo centrale (crocette) si aveva una risposta positiva se invece cadeva nei lati periferici (triangolini) si aveva inibizione.) Quest ultima evidenza sta a significare che, in riferimento al campo recettivo di una cellula corticale semplice centro-on, - l area centrale di quest ultimo, che ne provoca l aumento della frequenza di scarica quando stimolata, è allungata; - l area periferica di quest ultimo, che ne provoca la diminuzione della frequenza di scarica quando attivata, è a sua volta allungata. Il campo recettivo della cellula corticale semplice è la sommatoria dei campi recettivi di molteplici cellule gangliari vicine, disposte secondo uno specifico asse di orientamento (che sarà quello del centro del campo recettivo della cellula corticale, appunto). Allora, mentre per l attivazione massima di una cellula centro-on gangliare o del corpo genicolato laterale serve che il contrasto sia creato da stimoli puntiformi (che non danno alcuna informazione sulla direzione, ma 156

159 dicono solo se qualcosa c è o meno), per l attivazione massima di una cellula corticale semplice centro-on occorre che il contrasto sia creato da stimoli di forma rettilinea, la cui direzione coincide con l asse del campo recettivo. Come si vede dalla figura, sulla cellula a centro on si proietta in retina una barra luminosa orientata diversamente. Se l orientamento è verticale, come nella posizione e) la luce cade esattamente dentro tutto il centro on e si ha il massimo di scarica, rilevando un allineamento di luce, ma soprattutto l orientamento di tale allineamento. Se, infatti, si inclina gradualmente la barra luminosa, la parte capace di attivare diventa sempre più piccola e si avrà una graduale riduzione della scarica. Dunque, la cellula corticale semplice riconosce l orientamento spaziale preciso di una barra luminosa. Per realizzare un campo recettivo di questo genere, si fanno convergere in un unica cellula tre cellule periferiche del nervo ottico, ciascuna a campo recettivo circolare (vedi immagine sopra a destra). Si immaginino da una parte della retina 9 recettori disposti come in foto, se la cellula corticale riceve informazioni dai tre recettori allineati obliquamente (cellula di sinistra) rileva una linea obliqua; se riceve dai tre recettori centrali allineati verticalmente (cellula corticale al centro) percepisce una linea verticale; se riceve dai tre recettori posti orizzontalmente (cellula corticale a destra) la barra luminosa è orizzontale. In ciascuna area della corteccia esistono tutti i diversi orientamenti di questi campi recettivi, quindi è possibile da una sola area della retina rilevare i diversi orientamenti spaziali di una linea. Rilevare gli orientamenti spaziali di una linea vuol dire rilevare un intera immagine, costituita da tante linee. Le cellule corticali semplici sono, allora, in grado di codificare la direzione lineare di uno stimolo. La presenza di più cellule corticali semplici, che ricevono informazioni rilevate dalla stessa porzione della retina, ma con campi recettivi allungati secondo assi diversi (da quello esattamente orizzontale a quello perfettamente verticale), consente di analizzare qualsiasi direzione lineare di uno stimolo. Più cellule corticali semplici centro-on, caratterizzate da campi recettivi con uguale organizzazione (uguale asse), proiettano su una cellula corticale complessa: il campo recettivo di quest ultima è la somma dei campi recettivi dei neuroni che la contattano. Anche per la cellula corticale complessa l attivazione consegue a un contrasto creato da stimoli di forma rettilinea, la cui direzione coincide con l asse del campo recettivo: anche questa cellula è sensibile, dunque, all orientamento (ossia, alla direzione lineare) dello stimolo, ma la sensibilità a questo parametro non dipende dalla posizione esatta in cui tale stimolo colpisce la retina. 157

160 Il compito della cellula corticale complessa è, allora, quello di consentire il riconoscimento di un immagine secondo il suo orientamento, ma indipendentemente dalla sua localizzazione. una cellula complessa risponde per un allineamento di una barretta luminosa anche in diverse posizioni dello spazio, cioè riconosce un immagine indipendentemente dal punto in cui cade sulla retina. Più cellule corticali complesse, sensibili questa volta ad orientamenti diversi perché con campi recettivi organizzati lungo assi diversi, contattano una cellula corticale iper-complessa: quest ultima sarà evidentemente sensibile a direzioni molto più complesse, quale una curva. Si capisce come, partendo da una informazione senza senso (quella relativa al segnale puntiforme responsabile del contrasto che attiva la cellula gangliare), si giunge ad ogni stazione successiva ad una informazione più sensata: l informazione arriverà a essere talmente sensata da consentire di riconoscere le forme di esseri animati (quali i volti) e di esseri inanimati. Non bisogna tuttavia immaginare che alla fine delle vie vi sia una precisa cellula in grado di consentire il riconoscimento di una determinata persona o un determinato oggetto (questo significherebbe, infatti, che per ogni cosa del reale esiste una precisa cellula attivata alla sua vista!): il risultato finale, ovvero il riconoscimento preciso di una forma, è frutto piuttosto dell attivazione di una particolare combinazione di cellule (circuito), ciascuna delle quali deputata all analisi di uno specifico aspetto. ORGANIZZAZIONE COLONNARE ED IPERCOLONNARE DELLA CORTECCIA Se è vero che una cellula corticale semplice è sensibile a un preciso orientamento spaziale dello stimolo luminoso, come già accennato, è necessario per una data porzione retinica disporre di cellule corticali semplici sensibili a tutti i possibili orientamenti spaziali dello stimolo luminoso: tutte queste sono localizzate in quella data porzione di corteccia, organizzata dalla superficie verso la profondità, cui si dà il nome di colonna (la colonna può, allora, essere definita come quella data porzione di corteccia visiva finalizzata ad analizzare aspetti di un immagine rilevata da una precisa porzione retinica). Nello strabismo una colonna diventa ipofunzionante: esistono infatti, connessioni GABAergiche tra una colonna e l altra e se c è una doppia immagine il sistema nervoso mette in moto meccanismi per potenziare l azione GABA per deprimere una delle due colonne per avere una sola immagine. 158

161 Quest azione GABA si prolunga nel tempo e alla fine provoca la perdita funzionale dell occhio deviato. A una colonna, normalmente, se ne affianca un altra i cui neuroni analizzano la stessa immagine, ma rilevata dall altro occhio (si consideri sempre come V1, al pari del corpo genicolato laterale, sia raggiunto da informazioni relative all emicampo visivo controlaterale, ma rilevate da entrambi gli occhi: emiretina nasale controlaterale ed emiretina temporale omolaterale): l insieme di queste due colonne forma la cosiddetta ipercolonna. STEREOPSI Si è detto del fatto che in larga parte la nostra visione è binoculare: la porzione centrale del campo visivo è rilevata, infatti, da entrambi gli occhi. Si immagini di fissare un punto dello spazio (punto di fissazione): esso si trova perfettamente al centro del campo visivo, dunque i raggi che esso emette raggiungono punti esattamente corrispondenti (anatomicamente e funzionalmente) delle due retine. Quella linea curva cui appartengono tutti i punti del campo visivo messi contemporaneamente a fuoco sulla retina, compreso ovviamente il punto di fissazione, è definita oròptero (o oroptera, comp. del gr. ὅϱος «limite» e ὀπτήϱ «osservatore»). Se osserviamo davanti a noi possiamo immaginare che non tutti i punti cadano in zone corrispondenti della retina, perché se analizzo un punto, i punti vicini che si trovano davanti o dietro quello analizzato, provocheranno uno spostamento in avanti e dietro del raggio luminoso verso il mezzo diottrico e quindi cambierà posizione in un occhio rispetto all altro. Punti più distanti o più vicini rispetto al punto di fissazione non possono cadere in zone corrispondenti della retina. Se questo è vero, se ne deduce che soltanto i punti che sono allineati lungo l oroptero cadono in zone corrispondenti nella retina. Nonostante ciò, non abbiamo visione doppia e questo è dovuto alla capacità di ricostruzione del sistema nervoso centrale che abolisce le informazioni non congrue. Nel processo centrale di ricostruzione, tutte le immagini doppie che si trovano dietro o davanti l oroptero vengono annullate. La cellula centrale è in grado di tollerare dei punti che sono molto vicini all oroptero senza creare la doppia immagine. Tale disparità permette di percepire la profondità dell immagine. Anche con un occhio solo siamo in grado di percepire il senso di profondità grazie ad altre funzioni, quali la parallasse (facendo su e giù con la testa, si vede il corpo in due posizioni diverse e se ne percepisce la profondità), la prospettiva (un corpo che è più distante risulta anche più piccolo e se è più piccolo non può che non essere più distante), le ombre (se un oggetto fa un ombra ad un altro oggetto significa che gli sta davanti). Per quanto concerne i punti dell oroptero spostati a sinistra o a destra rispetto al punto di fissazione (ma ovviamente nella zona binoculare), i raggi che essi emettono raggiungono punti diversi delle due retine (si era già detto: emiretina nasale omolaterale e emiretina temporale controlaterale all emicampo visivo cui il punto appartiene), non simmetrici anatomicamente parlando, ma corrispondenti dal punto di vista funzionale: alla luce di tutto ciò, la visione dei punti appartenenti all oroptero è assolutamente unitaria e non doppia. Per un punto che si trovi davanti o dietro all oroptero, invece, non vale lo stesso: i fotoni da esso emesso raggiungono punti delle due retine non funzionalmente corrispondenti (si parla di disparità retinica). 159

162 Non tutti i punti non appartenenti all oroptero, però, sono visti doppi: esiste una particolare area dello spazio a cavallo dell oroptero (ossia, un area che si estende in parte davanti e in parte dietro all oroptero: è particolarmente stretta in prossimità del punto di fissazione), area di Panum, i cui punti, pur emettendo fotoni che raggiungono punti non corrispondenti delle due retine, sono visti come unici grazie a un interpretazione corticale. Questo consente di percepire la tridimensionalità (ovvero la profondità) di un corpo, la stereopsi. A essere visti doppi (diplopia), invece, sono tutti i punti al di fuori dell area di Panum. Risulta evidente, allora, che per la stereopsi occorra che la nostra visione sia binoculare. L esperienza insegna però che, anche vedendo con un occhio solo, si ha la sensazione del profondo: si parla di stereoscopia secondaria, a indicare quella capacità di rilevare la profondità alla luce di informazioni monoculari, quali: - la velocità del movimento di parallasse (movimento relativo di un corpo nel campo visivo): è maggiore per corpi vicini che per corpi lontani; - la prospettiva; - la sovrapposizione dei contorni: se un corpo x copre i contorni di un corpo y, indubbiamente il corpo x si trova davanti a y; - le ombre; - la familiarità con un dato corpo. COSTRUZIONE DELL IMMAGINE VISIVA L immagine si forma come pura riflessione del reale, ma è in qualche maniera anche frutto di una continua rielaborazione corticale: in sostanza, il sistema nervoso si rende protagonista anche di una interpretazione. Il fatto che, in qualche maniera, la corteccia interpreta il reale è provato dalle illusioni visive: in una situazione non chiara, la corteccia è capace di scegliere l immagine indipendentemente dallo stimolo proveniente dalla periferia; se non vi fosse questa capacità di interpretare e la corteccia fosse unicamente dipendente dalla periferia, le illusioni visive non avrebbero modo di esistere. - Si deve immaginare dapprima un flusso di informazioni verso l alto, ovvero verso la corteccia (processo pre-attenzionale); - si deve pensare che successivamente quest ultima, costruita l immagine, possa trasferire l attenzione verso singoli elementi del campo visivo attraverso un sistema discendente (processo attenzionale): importante è considerare, però, il fatto che l attenzione può essere riposta soltanto verso un elemento (e così, l immagine a lato non potrà mai essere contemporaneamente una coppa bianca su sfondo nero e due volti neri su sfondo bianco). È stato proposto un modello secondo cui l interpretazione del reale avviene attraverso analisi in parallelo di diversi aspetti: di un dato corpo, si analizzano in contemporanea la forma, il colore, le dimensioni, la tridimensionalità. Le informazioni più salienti di ciascuno di questi aspetti andranno a convergere in dati punti della corteccia dove, in base a esse, sarà possibile il riconoscimento di quel dato corpo. 160

163 Tutto quello che è stato detto finora serve per l analisi del contrasto, per definire i bordi, per definire immagini. Ma, il reale si riempie di colore e quest ultimo viene lavorato in parallelo, non nelle stesse aree. Vi sono piccole zone corticali allungate poste tra una colonna e l altra dette blob, a livello delle quali avviene l analisi del colore. Il colore viene analizzato separatamente rispetto alla forma e al movimento, ma poi da qualche parte il tutto viene messo insieme. Un immagine è un insieme di elementi semplici e per ricostruire una particolare immagine x, è necessario attivare in maniera sincrona i diversi elementi e cioè cellule del colore, cellule della forma. Sembrerebbe che il sincronismo sia legato ad una riduzione dello stato di veglia, mentre l asincronismo ad uno stato maggiore di coscienza; ma si ha coscienza dell immagine quando si ha sincronismo degli elementi. Infatti, nel caso della via ottica il sincronismo di aree distanti si identifica con l asincronismo. La coscienza dell immagine si realizza attraverso l attivazione di molti neuroni. VISIONE DEI COLORI Il sistema nervoso deve essere in grado di riconoscere una vasta varietà di colori. Nel 1802, omas Young affermò che ciò era possibile tramite l utilizzo di tre soli colori fondamentali, rosso, verde e blu. Hermann von Helmholtz sviluppò ulteriormente la teoria nel La teoria di Young-Helmholtz si rivelò esatta: infatti, nei coni sono presenti tre tipi di pigmenti che consentono la ricezione di diverse lunghezze d onda: eritrolabile (dal gr. ἐϱυϑϱός «rosso»), cianolabile (dal gr. κύανος «blu»), clorolabile (dal gr. χλωϱός «verde»). Il bastoncello, invece, ha un altro tipo di pigmento, la rodopsina. Si è detto come le cosiddette cellule dei blob, localizzate fra le cellule delle zone interblob, siano coinvolte nell analisi del colore, indipendentemente da qualsiasi analisi di forma. Nell Ottocento, esistevano due teorie che tentavano di spiegare la visione dei colori: 1) la prima sosteneva che essa fosse possibile semplicemente per via della diversa sensibilità a tre diverse lunghezze d onda (teoria tricromatica); 2) la seconda sosteneva fondamentalmente che essa fosse possibile attraverso un analisi sull opponenza cromatica (ovvero, sul contrasto di colore). 161

164 La prima teoria ha un presupposto indiscutibilmente vero: si è visto come, a livello della retina, esistano tre coni che, per via del diverso pigmento visivo espresso, mostrano una diversa sensibilità alle diverse lunghezze d onda. Il grafico a lato mostra come vari la sensibilità (che, per via dell ampio ambito in cui può variare, è riportata in scala logaritmica) in funzione della lunghezza d onda: il grafico è normalizzato, perché si attribuisce il valore di 1 (log 1 = 0) alla sensibilità massima. Ovviamente, la condizione normale è quella del soggetto tricromatico, che esprime correttamente tutti e tre i pigmenti. La teoria tricromatica consente soltanto di capire la diversa probabilità di attivazione dei singoli fotorecettori alle diverse lunghezze d onda, ma non è in realtà sufficiente a comprendere l analisi del colore: esistono tre canali lungo le vie visive dove vengono realizzati confronti (dove, cioè, vengono analizzate le opponenze cromatiche). 1) I neuroni gangliari P, oltre a essere sensibili al salto di illuminazione, sono sensibili al contrasto di colore fra rosso e verde, in quanto: ve ne sono alcuni che sono centro-on per il rosso e periferia-off per il verde e altri che sono centro-on per il verde e periferia-off per il rosso: i primi aumentano la loro frequenza di scarica quando sono attivati i coni L (contenenti pigmento rosso) al centro del loro campo visivo e riducono la loro frequenza di scarica quando sono attivati i coni M (contenenti pigmento verde) alla periferia del loro campo visivo; viceversa, i secondi; ve ne sono alcuni che sono centro-off per il rosso e periferia-on per il verde e altri che sono centro-off per il verde e periferia-on per il rosso. 2) Già a livello retinico, dunque, è valutata una prima opponenza cromatica e il neurone gangliare avrà una frequenza di scarica diversa a seconda del colore risultante da questa: a questo livello, potrà essere codificato il giallo. A livello del corpo genicolato laterale, esistono neuroni che lavorano analogamente ai neuroni gangliari appena considerati (centro-on per il colore x e periferia-off per il colore y e viceversa; centro-off per il colore x e periferia-on per il colore y e viceversa), ma che sono sensibili al contrasto fra il blu e il giallo: poiché nel contrasto cui sono sensibili è coinvolto il giallo, non possono non essere contattati dai neuroni gangliari sensibili al contrasto fra rosso e verde (solo questi ultimi, infatti, possono codificare il giallo). 3) Un terzo canale è quello attraverso cui, in funzione dei segnali rilevati da tutte e tre le classi di coni, è valutata la variazione acromatica, ovvero se si è alla luce o al buio. Nell immagine si può vedere la diversa sensibilità dei pigmenti alle diverse lunghezze d onda. Il rosso è più sensibile a lunghezze d onda maggiori, il verde un po meno, il blu ancora meno. È interessante notare che tra il rosso e il verde la differenza è minima, mentre il blu risulta molto distante (bisogna inoltre ricordare che, per effetto dell aberrazione cromatica, la visione del blu non è realizzabile a livello della foveola). 162

165 I soggetti: in grado di vedere tutti colori sono detti tricromatici; che non vedono i colori sono acromatici che ne vedono due, dicromatici e in particolare: chi perde la visione del rosso è chiamato protoanopico, chi perde quella del verde, deuteroanopico chi quella del blu, tritanopico. Il daltonismo è un dicromatismo come protanopia. Chi ha una minore sensibilità del rosso tende a perdere anche luce, non solo colore, perché quella luce che viene dal rosso, quelle lunghezze d onda non danno alcun effetto e il soggetto tenderà a caricare di energia luminosa molto più gli altri colori. Per quanto riguarda il riconoscimento dei colori, il fisico Young sostenne che la visione dei colori si basava sul contrasto, in particolare il rosso in contrasto con il verde e il giallo in contrasto con il blu. Centralmente i colori vengono confrontati in opponenza, uno contro l altro. Tali contrasti avvengono a livello del corpo genicolato laterale, dove sono presenti cellule che riportano l opponenza rosso-verde (cellule con campo recettivo centrale rosso e periferia verde e cellule con campo recettivo centrale verde e periferia rosso) e cellule che riportano opponenza giallo-blu. Questo segnale luminoso di colore viene elaborato poi dai blob centrali. Esistono diverse teorie sulla costruzione dell immagine: c è chi ritiene che la costruzione dell immagine avvenga dalla periferia al centro, bottom-up: teoria di Marr, secondo il quale si costruisce dapprima una superficie, una volta costruita la superficie ci si sposta per vedere la superficie in una zona diversa e tramite le diverse superfici si ricostruisce la spazialità dell oggetto chi ritiene che l immagine si formi top-down, ovvero che ci sia già qualcosa nella nostra corteccia che riesce ad analizzare la struttura visiva: teoria di Biederman, secondo cui nel cervello sono già presenti degli elementi solidi costruiti, i geoni, strutture portanti schematizzate (sfera, cilindro, cono etc..). Tramite queste strutture semplice si costruisce l intera immagine. Si può dire che entrambe le teorie siano veritiere: i volti vengono riconosciuti mediante il bottomup, mentre altri oggetti sono riconosciuti tramite il top-down. (Il professore dice che Biederman e Marr non ci sono sul libro e crede che non li chiederà in sede di esame, ma crede che uno studente non possa non imporsi la domanda: Com è il meccanismo della visione? ) 163

166 RIFLESSI OCULARI Si consideri in premessa il fatto che non tutte le fibre del tratto ottico contattano il corpo genicolato laterale. Il riflesso pupillare di costrizione (miosi) nasce da un eccessiva illuminazione della retina: l informazione veicolata dal tratto ottico raggiunge in questo caso l area pre-tettale; segue l attivazione del nucleo di Edinger-Westphal (contenente i corpi cellulari di neuroni parasimpatici pre-gangliari), le cui fibre corrono nel III nervo cranico; segue l eccitazione del ganglio ciliare, le cui fibre corrono nei nervi ciliari brevi; segue l attivazione del muscolo costrittore della pupilla. Tale riflesso è consensuale, ovvero riguarda entrambi gli occhi, perché, anche se lo stimolo raggiungesse una sola delle due retine, l informazione veicolata dal nervo ottico omolaterale raggiungerebbe entrambe le aree pre-tettali (per via del decorso omolaterale delle fibre temporali e dell incrociamento delle fibre nasali). Il riflesso pupillare di dilatazione (midriasi) nasce da una scarsa illuminazione della retina: l informazione veicolata dal tratto ottico raggiunge anche in questo caso l area pre-tettale (o la reticolare mesencefalica, come sostiene il Conti); segue l attivazione del centro cilio-spinale di Budge (nella sostanza grigia dei primi due segmenti toracici del midollo spinale: contiene i corpi cellulari di neuroni simpatici pre-gangliari); segue l eccitazione, da parte delle fibre pre-gangliari, del ganglio cervicale superiore, le cui fibre corrono lungo l arteria carotide interna, l arteria oftalmica e infine nei nervi ciliari brevi; segue l attivazione del muscolo dilatatore della pupilla. Il riflesso di accomodazione, già discusso, comportante anch esso l attivazione del nucleo parasimpatico di Edinger-Westphal, è invece centrato a livello della corteccia. 164

167 UDITO L onda sonora, alla base dello stimolo che attiva i recettori implicati in questa modalità, è l alternanza (oscillazione) di compressione e rarefazione di un mezzo: è caratterizzata da frequenza (inverso del periodo di un oscillazione: è alta nei suoni acuti; bassa nei suoni gravi); ampiezza (differenza fra la massima compressione e la massima rarefazione: decreta l intensità dell onda); timbro (il particolare modo in cui si combinano le armoniche -vedi dopo-). Il tono prevede la ripetizione nel tempo di un unica oscillazione (l andamento della pressione del mezzo nel tempo è sinusoidale): consta, pertanto, di un unica onda sonora (si dice che è caratterizzato da un unica frequenza) ed è caratteristicamente prodotto dalla vibrazione di un diapason. N.B. Il suo periodo è ovviamente la durata della singola oscillazione. Il suono prevede la ripetizione nel tempo di oscillazioni diverse, ovvero di più onde sonore con frequenze diverse: la fondamentale (frequenza minima) e le armoniche (frequenze che sono multipli interi della fondamentale). Anche per il suono è individuabile un periodo: infatti, si può osservare come una data successione di onde sonore (la cui durata nel complesso costituisce, appunto, il periodo) si ripeta uguale a se stessa. Qualora non si individui periodicità, si ha a che fare con un rumore. Quanto alla frequenza, l orecchio umano è sensibile a onde sonore con frequenze comprese fra 20 Hz e Hz, con massima sensibilità verso quelle con frequenze comprese fra 1000 Hz e 5000 Hz (frequenze di base della voce). In termini assoluti, l intensità di un onda sonora è misurata in WW mm 2 (trattandosi dell energia che nell unità di tempo WW attraversa una superficie mm 2 perpendicolare alla direzione di propagazione dell onda). Tuttavia, non la si esprime in termini assoluti, ma in decibel, relativamente alla capacità dell orecchio umano di rilevarla: dddd = 20 log PP xx, dove PP PP xx è l intensità assoluta di una data onda rr sonora e PP rr quella dell onda-soglia (ovvero, dell onda con frequenza minima udibile). La normale tecnica per il clinico di valutare il sistema acustico consiste nel far entrare il soggetto in una camera anecoica (dove non ci sono risonanze particolari) indossando delle cuffie, quindi inviargli toni a frequenza tipica dai 20 Hz ai Hz. Inviati questi suoni, il soggetto deve rispondere se sente qualche cosa, magari discriminando tra orecchio di destro e sinistro. Naturalmente la sensibilità alle diverse frequenze cambia, quindi si può normalizzare, in altre parole consideriamo una soglia per i 1000 Hz come 1, la soglia per i 20 Hz come 1, normalizziamo tutti i valori. Sicché ci dovremmo aspettare soglie sulla stessa linea dalle basse alle alte frequenze se le rappresentiamo in modo normalizzato: ogni frequenza ha un proprio livello di base. Se vi è un deficit acustico, si noterà un abbassamento in queste curve che indicano l intensità maggiore che deve esser data per percepire il suono. 165

168 Si comprende bene che: l intensità relativa minima udibile è 0 db PP xx PP rr = 1 log 1 = 0 ; quella di un onda 10 volte più intensa dell onda-soglia è 20 db PP xx PP rr = 10 log 10 = 1 ; quella di un onda 100 volte più intensa dell onda-soglia è 40 db PP xx PP rr = 100 log 100 = 2. TRASMISSIONE DELLO STIMOLO ACUSTICO Orecchio esterno Il padiglione auricolare è un convogliatore di suoni, funge come una vera e propria parabola, non solo per la loro canalizzazione, ma anche per l identificazione della loro provenienza: alto, basso, dx, sn. Le onde percorrono il meato acustico esterno e arrivano alla membrana del timpano, facendola vibrare. Tuttavia, le vie d ingresso sono due: una via aerea, tramite l oscillazione uditiva che farà vibrare la membrana del timpano; adeguata soprattutto alla trasmissione degli stimoli a bassa frequenza la via ossea, con l oscillazione ossea della teca cranica. le onde sonore comportano la vibrazione di tutta la teca cranica, dunque anche della finestra ovale e dei liquidi dell orecchio interno (si parla di via ossea, senz altro meno efficace della via aerea, ma esaltata nel caso di lesioni di quest ultima, come se dalla via aerea partisse un inibizione a suo carico). Tra le due vie citate, normalmente, la più efficace è la via aerea, e, durante la percezione di uno stimolo, l altra, la via ossea, risulta un po inibita. Immaginiamo che un paziente abbia un danno, come un otosclerosi, essa blocca la via aerea e causa una sensibilizzazione della via ossea omolaterale al danno. tappando le orecchie e battendo i denti si sente un rumore generato dalle oscillazioni della struttura ossea, queste oscillazioni della struttura ossea producono una diretta attivazione del sistema interno. Quest aspetto in clinica è fondamentale per fare diagnosi: la via aerea inibisce la via ossea, in processi patologici che normalmente coinvolgono l orecchio medio in cui la via aerea è danneggiata, il paziente diventa molto più sensibile alla via ossea sicché se il medico appoggia un diapason al centro della fronte del soggetto e il soggetto sente molto più intenso il suono da un lato e meno dall altro lato, lo specialista dovrà fare diagnosi di lesione dell orecchio medio nello stesso lato in cui il paziente sente di più. Effetto inibitorio della via otica rispetto alla via ossea: se io sento di più attraverso la via ossea vuol dire che è stata alterata la via aerea. A separare l orecchio esterno dall orecchio medio è la membrana timpanica, molto sottile e sensibile. È definita aperiodica, a voler sottolineare il fatto che le sue vibrazioni cessano non appena cessa lo stimolo: questo impedisce che stimoli diversi (giunti in tempi diversi) possano sovrapporsi. La membrana timpanica trasmette lo stimolo alla catena degli ossicini, in quanto, vibrando, la mette in movimento: lo stimolo sarà successivamente trasmesso all orecchio interno, in quanto la base della staffa, entrando e uscendo come un pistone dalla finestra ovale che dà accesso all orecchio interno, ne causa la compressione/rarefazione dei liquidi. 166

169 Orecchio medio L oscillazione della membrana del timpano, fa vibrare una serie di ossicini, martello incudine e staffa, quest ultima, inserendosi con la base nell orecchio interno, è in grado di introdurre alterazioni meccaniche nella coclea, trasferimento meccano-elettrico. La membrana del timpano ha una caratteristica unica: non entrare in risonanza con i suoni, ovvero ha la capacità di smorzare i suoni in tempi brevissimi, facilitando in questo modo la trasmissione di quelli successivi. Sensibilità e precisione. Una otite che danneggia il timpano, provocando fenomeni cicatriziali, trasforma la sua consistenza e anche la precisione di trasmissione. Tuttavia il passaggio di oscillazione dall aria alla linfa costituisce un ostacolo per la trasmissione, in quanto l impedenza del liquido nei confronti dello spostamento è notevole; per tale ragione vi è la necessità di una amplificazione. Questa avviene grazie a due espedienti: per un principio delle leve, i tre ossicini aumentano di tre volte l energia interna allo stimolo; a parità di forza applicata sulle due superfici, la pressione esercitata è 20 volte maggiore dove la superficie è 20 volte minore); l altro espediente è la superficie del timpano, la quale risulta 20 volte maggiore rispetto alla finestra ovale, (stessa forza, minore superficie = maggior pressione). L amplificazione totale è pari a circa 60 (20 3, in realtà meno a causa dell attrito fra gli ossicini), su questo sistema agiscono due muscoli che riescono a modificare la trasmissione. Importante è anche il meccanismo di protezione messo in atto dalla contrazione dei muscoli tensore del timpano e stapedio: attraverso la loro contrazione, è modificata la tensione degli elementi di trasmissione (quella del m. tensore del timpano sposta lateralmente la testa del martello aumentando il grado di tensione della membrana timpanica; quella del m. stapedio sposta lateralmente la base della staffa riducendone l affondamento nella finestra ovale) al fine di ridurre la trasmissione di stimoli a frequenza troppo bassa o troppo intensi. La modifica può avvenire per due motivi: per difesa da uno stimolo sonoro ad altissima intensità, il tensore del timpano; per selezione, limitando la trasmissione di alcuni rumori che si creano all interno del nostro corpo (es: mentre mangiamo), ma anche stimoli provenienti dall esterno, tramite fibre efferenti. Lo stimolo, durante la sua trasmissione fino all orecchio interno, subisce un enorme amplificazione in intensità: Si è detto che la finestra ovale dà accesso all orecchio interno: più precisamente dà accesso al vestibolo osseo, che si continua anteriormente nella coclea (e più precisamente nella sua scala vestibolare). La coclea è un canale osseo (canale spirale) che si avvolge su se stesso (su un piano grossolanamente sagittale) per due giri e mezzo, diviso in tre scale dall alto verso il basso (in riferimento all ingresso della coclea): scala vestibolare; scala media; scala timpanica. 167

170 Alla fine dell ultimo giro del canale spirale, a livello dell elicotrema, la scala vestibolare e la scala timpanica entrano in comunicazione (perché la lamina spirale ossea e la membrana basilare, che insieme separano le due scale, non si estendono fino all esatta fine del canale spirale): le vibrazioni del liquido della scala vestibolare (perilinfa), causate dall ingresso della base della staffa nella finestra ovale, si trasmettono allora al liquido della scala timpanica (anch esso è perilinfa) e, percorsa quest ultima, lasciano l orecchio interno attraverso la finestra rotonda (che pone in comunicazione la cavità sottovestibolare dell orecchio interno con l orecchio medio). L onda pressoria della perilinfa fa vibrare: quando percorre la scala vestibolare, la membrana di Reissner, che separa tale scala dalla scala media; quando percorre la scala timpanica, la membrana basilare, che separa tale scala dalla media. In entrambi i casi, sarà allora compresso/rarefatto il liquido della scala media (endolinfa), ma ciò che più importa è che nel secondo caso è fatto vibrare direttamente l organo del Corti (specializzazione recettoriale dell epitelio che riveste la membrana basilare dal lato della scala media). La membrana basilare, stretta e rigida in prossimità delle finestre (ovvero all inizio del giro basale, primo giro del canale spirale), procedendo verso l elicotrema (ovvero verso la fine del giro apicale, ultimo mezzo giro del canale spirale) si fa progressivamente più larga ed elastica: il risultato è che: il punto in cui risponde meglio alle frequenze elevate è l esatto inizio del giro basale; il punto in cui risponde meglio alle frequenze basse è quello più vicino all elicotrema. Le cellule recettoriali (quelle esterne -vedi dopo-) hanno, invece, nelle vicinanze delle finestre ciglia corte e rigide, che si fanno progressivamente più lunghe ed elastiche procedendo verso l elicotrema. Come intuibile, allora, le diverse caratteristiche della membrana basilare e delle cellule recettoriali nei diversi giri consentono di scomporre il suono nelle diverse frequenze che lo compongono. TRASDUZIONE DELLO STIMOLO ACUSTICO Nell organo del Corti esistono due tipi di cellule ciliate: cellule ciliate interne, disposte su una sola fila; cellule ciliate esterne, disposte su tre file. N.B. Il numero delle file è misurato osservando una sezione frontale, dunque da medio verso lato. Le ciglia di entrambe sono contattate dalla membrana tectoria, pressoché parallela alla membrana basilare. L onda pressoria che si propaga lungo la coclea (specialmente quella che si propaga lungo la scala timpanica) è responsabile dello scivolamento relativo della membrana tectoria rispetto alla membrana basilare ( relativo perché, in realtà, inizialmente è la membrana basilare a spostarsi, mentre la membrana tectoria lo fa solo successivamente in risposta alla compressione/rarefazione dell endolinfa: ad ogni modo, le vibrazioni di entrambe le membrane ricordano il battito d ali ) e, dunque, della deflessione delle ciglia delle cellule sensoriali: è in questo stimolo meccanico che deve convertirsi lo stimolo acustico vero e proprio (ovvero l onda sonora) per provocare l attivazione delle cellule sensoriali. 168

171 Dei due tipi di cellule ciliate dell organo del Corti, solo le interne sono propriamente delle cellule sensoriali; le esterne hanno più che altro un ruolo modulatorio. Le cellule ciliate interne hanno un corpo cellulare piuttosto largo alla base (forse a indicare la possibilità di rilasciare una notevole quantità di mediatore chimico), che va assottigliandosi verso l apice (che si estroflette, com era intuibile, in ciglia): ciascuna cellula cigliata interna è contattata dai terminali periferici di più fibre afferenti, a loro volta contattati in modo inibitorio da fibre efferenti (l inibizione delle fibre afferenti risponde chiaramente alla capacità di limitare la trasmissione delle informazioni acustiche). Sono circa 3500 e danno origine a fibre afferenti. Le cellule ciliate esterne hanno un corpo cellulare piuttosto sottile e allungato, che si estroflette in ciglia dalla caratteristica disposizione a V (delimitante un angolo acuto aperto medialmente): sono contattate direttamente dai terminali di fibre efferenti. Sono circa e sono raggiunte solo da 1500 afferenze. Sono cellule motorie. Importanti proteine, talvolta mutate per difetti genici o cause esterne, sono coinvolte nel processo di trasduzione (processo grazie al quale un dato stimolo si accompagna all insorgenza di un potenziale di recettore nella cellula che lo rileva): actina, responsabile della rigidità delle ciglia; spectrina, localizzata nel piano cuticolare (quello da cui si estroflettono le ciglia), stabilizza le ciglia rispetto a quest ultimo; miosine, localizzate nelle ciglia e dotate della capacità di contrarsi, possono notevolmente modificare la lunghezza delle ciglia stesse; prestina, localizzata nel corpo cellulare, è in grado di ridurne l altezza. Inoltre, partendo dal considerare come le stereociglia di una cellula sensoriale non abbiano tutte la stessa lunghezza e siano disposte secondo altezze crescenti da medio verso lato, bisogna tenere conto del seguente aspetto: la punta di ciascuno stereociglio è connessa tramite un tip-link (filamento di natura proteica) a un canale del K + dello stereociglio (più lungo) che gli sta a lato. N.B. Al Vm di riposo della cellula sensoriale, il canale è parzialmente aperto. È così, nel caso di una deflessione delle stereociglia più corte sulle stereociglia più lunghe (ovvero, una deflessione delle stereociglia verso lato), poiché la distanza fra stereociglia adiacenti aumenta, i diversi tip-links sono stirati causando una maggiore apertura di quei canali: il K + entra depolarizzando la cellula (causando, dunque, un cosiddetto potenziale di recettore) e la depolarizzazione causa l apertura di canali del Ca 2+ voltaggio-dipendenti (l ingresso di Ca 2+ è naturalmente necessario alla liberazione del mediatore chimico: glutammato). Segue il ritorno del Vm al valore di riposo per estrusione del K + e del Ca 2+ operata da specifiche pompe; nel caso di una deflessione delle stereociglia nel verso contrario, si verifica l opposto: i tiplinks si rilassano comportando la chiusura di quei canali, con conseguenti minore ingresso di K + e iperpolarizzazione della cellula sensoriale. Il motivo per cui il K + tende a entrare (normalmente il flusso netto di K + è in uscita, essendo il Vm di riposo superiore al potenziale d equilibrio) è dovuto all enorme positività (circa 80mV) del 169

172 voltaggio dell endolinfa (che rende evidentemente il Vm di riposo inferiore a EK), ricca proprio in K + rilasciato a livello della stria vascolare (parete laterale della scala media nella quale corrono importanti capillari): alterazioni della stria vascolare diventano non a caso causa di patologie dell udito, in quanto, in assenza di questo gradiente elettro-chimico, il K + non può entrare nelle cellule sensoriali all apertura dei suoi canali e non può conseguentemente generarsi un potenziale di recettore. L efficienza di questo sistema di trasduzione, che si trova a dover rispondere a stimoli talora di frequenza elevatissima, è dovuta fra le altre cose all enorme rapidità con cui le cellule sensoriali possono attivarsi e disattivarsi. Il sistema di trasduzione è inoltre enormemente sensibile: le cellule possono essere attivate anche in risposta a stimoli meccanici di piccolissima intensità (e, dunque, a onde sonore di piccolissima intensità), quale una deflessione delle ciglia di pochi Ångström. Proprio a fronte di questo aspetto, poiché una deflessione delle ciglia di soli 100nm (modificazione di solo 1 dell angolo che esse formano con la base d impianto) saturerebbe le cellule sensoriali, per impedire quest evento si rende necessario un sistema di adattamento (che, in altri termini, consenta alle cellule di rispondere in modo diverso a tutte le possibili intensità dello stimolo): l adattamento è legato all ingresso di Ca 2+ successivo all innesco del potenziale di recettore e prevede una fase rapida, legata presumibilmente alla inattivazione da parte del Ca 2+ del canale di trasduzione; una fase lenta, legata alla attivazione da parte del Ca 2+ della miosina, con conseguente accorciamento dello stereociglio e avvicinamento del canale del K + alla base di impianto delle ciglia: il tip-link non potrà che rilassarsi, provvedendo alla chiusura del canale stesso. Si capisce, allora, come l adattamento arresti la risposta della cellula quando le sue stereociglia sono ancora deflesse: questo le consentirà di rispondere nuovamente (poiché non si sarà ancora saturata) a un ulteriore deflessione delle ciglia (il tutto, ovviamente, nell ambito di un unico stimolo meccanico). Le cellule ciliate esterne, grazie alla disposizione delle loro ciglia, si mostrano saldamente vincolate alla membrana tectoria: questo ha la sua importanza perché tali cellule impongono uno scivolamento della membrana tectoria nel momento in cui modificano la loro altezza. Quando, infatti, lo scivolamento relativo della membrana tectoria sulla membrana basilare (dovuto a vibrazione di quest ultima) ne determini l attivazione (ovvero l innesco di un potenziale di recettore), l attivazione non sarà finalizzata alla trasmissione dell informazione uditiva, bensì a modificarne le caratteristiche strutturali. L ingresso del K +, infatti, comporta la dissociazione della prestina dal Cl (in quanto quest ultimo è attratto dal catione), evento in risposta al quale la prestina si contrae come una molla accorciando il corpo cellulare: se è vero quanto detto in premessa, la membrana tectoria scivolerà ulteriormente sulla membrana basilare attivando maggiormente le cellule ciliate interne, secondo un chiaro meccanismo di amplificazione cocleare (che consente di amplificare l intensità dello stimolo sonoro di ulteriori 100 volte, ovvero di ulteriori 40 db). Si consideri anche che la maggior depolarizzazione delle cellule ciliate esterne (e, dunque, il loro maggior accorciamento) si verifica in quel punto dell organo del Corti che oscilla maggiormente (ossia in quel punto dell organo del Corti che, alla luce delle caratteristiche strutturali prima considerate, risponde meglio alla frequenza di quella data onda sonora): questo significa che l azione delle cellule ciliate esterne è anche finalizzata a migliorare la discriminazione delle frequenze degli stimoli sonori di cui sono responsabili le caratteristiche della membrana basilare e delle sue stesse ciglia. 170

173 Un altra caratteristica delle cellule ciliate esterne è quella di produrre, con la loro contrazione, onde pressorie (della perilinfa) che si propagano nella coclea con verso retrogrado: trasmesse dall orecchio interno a quello medio, fanno vibrare la membrana timpanica che genera le cosiddette otoemissioni acustiche. L analisi delle otoemissioni acustiche (non sono che oscillazioni di compressione e rarefazione, ovvero onde sonore, del mezzo esterno prodotte dall orecchio) è un importante metodo di screening per evidenziare danni cocleari (soprattutto in ambito neonatale, quando il soggetto non è evidentemente collaborativo): normalmente, in risposta all applicazione di uno stimolo sonoro di una data frequenza, si avrà modo di valutare nell arco di pochissimo tempo l emissione di un otoemissione acustica di data frequenza; in assenza dell emissione di quest ultima, si potrà diagnosticare una lesione della coclea nella porzione che avrebbe dovuto rilevare quella data frequenza. CONDUZIONE (E MODULAZIONE) DELL INFORMAZIONE UDITIVA E DISCRIMINAZIONE DELLE FREQUENZE E DELLE INTENSITÀ Oltre alla possibilità, già analizzata, di annullare la trasmissione di stimoli troppo intensi (o con frequenze troppo basse) attraverso la contrazione dei muscoli tensore del timpano e stapedio, esistono meccanismi di modulazione nervosa in cui sono coinvolti: il sistema efferente laterale (fibre efferenti emesse da neuroni del nucleo olivare superiore laterale omolaterale), quello che inibisce le fibre afferenti che contattano le cellule ciliate interne, impedendone la conduzione dell informazione uditiva; il sistema efferente mediale (fibre efferenti emesse da neuroni dei nuclei olivari superiori mediali bilaterali) è quello che contatta direttamente le cellule ciliate esterne (soprattutto a livello del giro basale della coclea): ne riduce l accorciamento, riducendo quella loro amplificazione cocleare tanto importante per migliorare la discriminazione delle frequenze. Anche per la modalità udito è molto importante il meccanismo dell inibizione laterale: in ciascuna stazione di trasmissione, nella via percorsa dall informazione uditiva, un neurone attiverà quello che gli sta davanti (nella stazione di trasmissione successiva) e inattiverà, servendosi di un interneurone inibitorio GABAergico, quello che gli sta a lato (nella stessa stazione di trasmissione). In ogni stazione di trasmissione prevarrà l attività del neurone centrale, ovvero quello cui fanno capo le informazioni provenienti dal centro del territorio attivato: però, a differenza degli altri sistemi sensoriali, in cui l inibizione laterale ha lo scopo di consentire la discriminazione spaziale, nel caso del sistema uditivo questo meccanismo ha il chiaro scopo di contribuire alla discriminazione delle frequenze. Quindi il nostro sistema nervoso riesce a differenziare le frequenze fra loro, sia perifericamente sia centralmente, esiste: una discriminazione puramente meccanica, di diversa elasticità della struttura, potenziata dal meccanismo di amplificazione e differenziazione delle cellule ciliate esterne, ulteriormente raffinata attraverso un meccanismo centrale di inibizione laterale. Sempre per quanto concerne la discriminazione delle frequenze, del resto, va considerata l esistenza di una rappresentazione tonotopica anche a livello della corteccia uditiva -vedi dopo- (oltre che a livello della coclea stessa). Frequenze molto basse (sotto i Hz) possono essere riconosciute, d altra parte, anche alla luce della frequenza di scarica della fibra afferente (che ricalcherà esattamente quella dell onda sonora): 171

174 il discorso non vale per frequenze delle onde sonore superiori, in quanto la frequenza di scarica di una fibra nervosa non può fisiologicamente superare il valore di impulsi/s. Per le frequenze comprese nell intervallo fra i 1000 Hz e i 5000 Hz (ovvero per le frequenze della voce), in assenza della possibilità di utilizzare il criterio appena considerato, entra in gioco un ulteriore meccanismo, quello del phase locking. Per spiegare quest ultimo si torni a considerare il fatto che una cellula sensoriale è contattata da più fibre afferenti (cosiddetto codice di posizione) e si aggiunga che tutte queste ultime contattano un unico neurone sensitivo di II ordine: ciascuna fibra afferente scaricherà a una frequenza che è sicuramente minore rispetto a quella dell onda sonora, ma nell insieme tutte le fibre afferenti che contattano quella data cellula sensoriale saranno in grado di informare della reale frequenza dell onda sonora il neurone sensitivo di II ordine (che, a sua volta, sarà in grado di riconoscere quegli impulsi come provenienti dalla stessa cellula sensoriale in quanto saranno in fase). Nel caso di danni alle sole cellule recettoriali (non ai neuroni del ganglio di Corti: dunque, con nervo cocleare intatto), è possibile impiantare un certo numero di microelettrodi (fra 15 e 17) nella coclea del paziente: tali microelettrodi sono sensibili alle diverse frequenze e sono distribuiti in modo tale da rievocare quella rappresentazione tonotopica che si ha già a livello della coclea (Codice di posizione, ogni frequenza si localizza in una precisa parte della coclea) È chiaro che le informazioni uditive che si generano sono alquanto grossolane, ma possono offrire al paziente il recupero della percezione della voce e di suoni via via più complessi (dipende anche dall età alla quale si subisce l impianto). Di un onda sonora occorre quantificare anche l intensità: anche in questo caso assume importanza l analisi dell attività delle fibre afferenti provenienti dalla stessa cellula recettoriale. Queste fibre afferenti mostrano tutte una diversa soglia (un diverso Vm soglia per l innesco di un potenziale d azione: si parla di codice di popolazione): al crescere dell intensità dello stimolo, sono attivate progressivamente fibre con soglia maggiore. Il risultato è che, a seconda delle fibre attivate, il SNC potrà risalire all intensità dello stimolo sonoro. VIA ACUSTICA I neuroni sensitivi di II ordine, contattati omolateralmente dalle fibre afferenti, sono quelli dei nuclei cocleari; le fibre in uscita dai nuclei cocleari contattano il complesso dell oliva superiore (fra i cui neuroni vi sono evidentemente anche quelli che emettono le efferenze coinvolte nella modulazione della conduzione delle informazioni uditive), omolateralmente per quanto concerne il nucleo laterale e bilateralmente per quanto concerne il nucleo mediale, nonché omolateralmente il nucleo trapezoide; le fibre in uscita da questi ultimi, risalendo lungo il cosiddetto lemnisco laterale, mettono capo al collicolo inferiore (ove sono centrati i riflessi acustici); la via che, avviatasi dal collicolo inferiore, raggiunge la corteccia uditiva, ha come stazione intermedia principalmente il corpo genicolato mediale. La via di trasmissione è, dunque, bilaterale, pur essendo la componente omolaterale più definita. Si è già detto della rappresentazione tonotopica della corteccia uditiva (aree 41 e 42 di Brodmann nel lobo temporale): si precisa ora che le frequenze delle onde sonore sono rappresentate secondo il loro ordine crescente in senso rostro-caudale (ovvero antero-posteriore) e che, dunque, la rappresentazione tonotopica avviene sul piano orizzontale (il tutto si accompagna, anche a questo 172

175 livello, alla possibilità di incrementare la discriminazione delle frequenze grazie all inibizione laterale). L organizzazione della corteccia uditiva (che, come la via acustica suggerisce, è binaurale; che, in aggiunta, è in grado di discriminare stimoli fasici da stimoli tonici) è, però, molto più complessa. In essa si distinguono: un core centrale e una cintura di aree periferiche. Il core centrale, a sua volta, comprende un area centrale (A1: corteccia uditiva primaria), cui giungono direttamente le informazioni provenienti dal corpo genicolato mediale, che, oltre alla organizzazione sul piano orizzontale importante per la rappresentazione tonotopica, prevede una organizzazione sul piano verticale (definita colonnare ): lungo ciascuna colonna si individuano sia neuroni per i quali le informazioni provenienti da entrambe le orecchie sono eccitatorie ( moduli di sommazione ), sia neuroni nei quali l informazione proveniente dall orecchio ipsilaterale è inibitoria e quella proveniente dall orecchio controlaterale è eccitatoria ( moduli di soppressione ), questi ultimi importantissimi per la localizzazione spaziale della fonte dello stimolo acustico; un area rostrale (R), che avrebbe a sua volta un importante ruolo nella localizzazione; un area caudale (o meglio, caudomediale, CM), che avrebbe un ruolo nel riconoscimento dello stimolo uditivo. Quanto alla cintura, di rilievo è la sua area medio laterale (ML) che più delle altre proietterebbe all area di Wernicke, impiegata nell interpretazione del linguaggio (a sua volta connessa con aree di Brodmann anteriori, necessarie alla generazione motoria delle parole). LOCALIZZAZIONE SPAZIALE DELLA FONTE DELLO STIMOLO ACUSTICO Dato che la distribuzione delle cellule sensoriali riflette la distribuzione delle frequenze e non la localizzazione dello stimolo (o meglio, della fonte che emette lo stimolo), l interpretazione di quest ultimo diventa un aspetto abbastanza complesso. Molto importante è lo sfasamento temporale con cui le due orecchie possono essere interessate da un dato stimolo: poiché l attivazione di una cellula sensoriale in risposta a uno stimolo è immediata (la fibra afferente risponde nell immediato con una frequenza di scarica massima per quello stimolo, salvo poi assestarsi su una frequenza di scarica minore), è possibile rilevare uno sfasamento di anche soli 10 μs. Si consideri, allora, come i nuclei cocleari di entrambi i lati contattino il nucleo dell oliva superiore mediale (OSM: ai fini della comprensione si ammette che sia uno soltanto sulla linea di mezzo, quando in realtà sono due): se lo stimolo acustico aveva raggiunto contemporaneamente le cellule sensoriali delle due orecchie (perché la sua fonte si trovava esattamente davanti o dietro al soggetto), le informazioni insorte in un orecchio viaggiano contemporaneamente a quelle insorte nell altro e, a livello dell OSM, ne attivano contemporaneamente solo le cellule centrali; 173

176 se lo stimolo acustico non aveva raggiunto contemporaneamente le cellule sensoriali delle due orecchie, ma, ad esempio, aveva attivato prima quelle dell orecchio di destra (perché la sua fonte si trovava a destra del soggetto), le informazioni insorte nell orecchio di destra anticipano ad ogni stazione quelle insorte nell orecchio di sinistra e, a livello dell OSM, le cellule attivate contemporaneamente si trovano progressivamente più a sinistra. Secondo alcuni testi, è importante per la localizzazione anche un altro tipo di sfasamento: quello per cui, alla luce dello sfasamento temporale, le cellule sensoriali di un orecchio possono essere interessate dalla fase di compressione e quelle dell altro dalla fase di rarefazione dell onda acustica. Altrettanto importante è la differenza di intensità dello stimolo da cui le due orecchie possono essere interessate: lo stimolo è recepito con intensità maggiore dalle cellule sensoriali dell orecchio più vicino alla sua fonte; l intensità si riduce, nel percorso che separa lo stimolo dall altro orecchio, principalmente a causa dell esistenza di una zona d ombra (rappresentata dalla testa del soggetto) che in parte assorbe o riflette le onde sonore (oltre che per l esistenza di una distanza supplementare da percorrere): occorre precisare, tuttavia, che quest effetto è significativo soprattutto per le onde ad alta frequenza. Si consideri ora come i nuclei cocleari dei due lati contattino omolateralmente il nucleo del corpo trapezoide (NCT), e si aggiunga che ciascun NCT inibisce il nucleo dell oliva superiore laterale (OSL) controlaterale: se l intensità dello stimolo acustico era uguale per i recettori di entrambe le orecchie (perché la sua fonte si trovava esattamente davanti o dietro al soggetto), il grado di attivazione (ovvero, la frequenza di scarica dei neuroni) dei due NCT è uguale e lo stesso vale per quello dei due OSL; se l intensità dello stimolo acustico non era uguale per i recettori delle due orecchie, ma, ad esempio, era maggiore per quelle dell orecchio di sinistra (perché la sua fonte si trovava a sinistra del soggetto), il grado di attivazione del NCT di sinistra è maggiore e lo stesso vale per l OSL di sinistra (sia perché è attivato da fibre in uscita dai nuclei cocleari che scaricano a frequenza maggiore, sia perché l OCL di destra è inibito dal NCT di sinistra). 174

177 ELETTROENCEFALOGRAMMA (EEG) L elettroencefalogramma è la registrazione dell attività elettrica dell encefalo, attività piuttosto complessa. Il tracciato prevede oscillazioni più o meno piccole (arrivano a indicare voltaggi minimi di anche soli 5 μv) e rapide (la frequenza è molto elevata). Accertato che le oscillazioni sono di origine biologica, bisogna capire cosa le causi. L evento elettrico che ne è alla base non può essere un impulso nervoso (ovvero un potenziale d azione), in quanto le sue costanti di tempo e di spazio lo rendono troppo rapido per poter esser letto; l evento elettrico che ne è alla base deve, dunque, persistere per un certo tempo: rispondono bene a questa caratteristica i potenziali post-sinaptici (la cui durata può arrivare a essere di 200ms contro una durata massima di un p.d.a. di 5 ms). L evento elettrico in questione deve essere in grado di generare una sorta di dipolo elettrico nell encefalo. Il potenziale post-sinaptico in un singolo neurone sarebbe in grado di generare un dipolo, ma quest ultimo da solo risulterebbe illeggibile: questo richiede che vi sia una minima sincronizzazione fra cellule per avere una risposta significativa (tracciabile). Le cellule sincronizzate (interessate contemporaneamente dall evento elettrico di cui sopra) devono, inoltre, essere caratterizzate da un uguale orientamento nello spazio: solo in questo modo i dipoli elettrici generati a partire da più cellule possono rinforzarsi vicendevolmente (dipoli elettrici orientati diversamente finirebbero col potersi annullare vicendevolmente). Le cellule che meglio di altre generano i potenziali tracciati dall EEG sono i neuroni piramidali della corteccia, i cui dendriti apicali ascendono verso la superficie piale: essendo tali dendriti con uguale direzione, i dipoli che si formano al loro esterno quando essi sono interessati da potenziale post-sinaptico, hanno a loro volta un uguale direzione. Come si forma esattamente il dipolo in questione? Si consideri, ad esempio, un dendrite coinvolto in una sinapsi eccitatoria a livello della sua porzione basale (ovvero, nelle immediate vicinanze del soma): l innesco dell EPSP, essendo causato dall ingresso di cariche positive, lascia un certo alone di negatività all esterno; invece in corrispondenza della porzione apicale (ovvero della terminazione) dello stesso dendrite, non essendo essa interessata da eccitazione alcuna, permane esternamente una carica netta positiva. Indipendentemente dal fatto che la sinapsi sia eccitatoria o inibitoria e indipendentemente dal fatto che essa coinvolga la porzione basale o la porzione apicale del dendrite (quest ultimo è il caso delle proiezioni aspecifiche ai neuroni piramidali), l innesco di un potenziale post-sinaptico a livello del dendrite si accompagnerà alla formazione di un dipolo al suo esterno. Da cosa dipende la sincronizzazione? Le risposte possibili sono due: potrebbe dipendere dall attività pacemaker di una qualche cellula in grado di attivare un ampio gruppo di cellule contemporaneamente; potrebbe dipendere da un comportamento collettivo reso possibile da una qualche interazione fra le cellule corticali coinvolte. Si è visto che sono neuroni dotati di attività pace-maker le cellule di relais del talamo: queste cellule proiettano sia alle cellule piramidali della corteccia che al nucleo reticolare intralaminare del talamo. L attivazione sincrona delle cellule piramidali è però soltanto istantanea, in quanto la cellula di relais è inibita dal neurone del nucleo reticolare intralaminare che essa stessa aveva eccitato. 175

178 Il circuito è ovviamente oscillante perché, quando la cellula di relais è inibita, non può eccitare il nucleo reticolare intralaminare: questo comporterà la sua disinibizione e, conseguentemente, una nuova attivazione sincrona delle cellule piramidali. A fianco a questo circuito che fa oscillare l attività elettrica delle cellule piramidali, occorre considerare il sistema delle informazioni specifica e aspecifica sensoriali che sale verso il talamo. Se questo sistema trasmette a una maggiore frequenza per via di un incremento dell intensità degli stimoli sensoriali, esso svolge un azione inibitoria sul nucleo reticolare intralaminare: questa inibizione porta a interrompere l oscillazione dell attività corticale, non essendovi più inibizione a carico delle cellule di relais. In più, i sistemi ascendenti raggiungono anche direttamente le cellule piramidali, la cui attivazione non solo cessa di essere oscillante, ma cessa anche di essere sincrona. Il tracciato dell EEG: durante la sincronizzazione, prevede onde relativamente ampie (proprio perché le cellule sono sincronizzate, dunque le risposte all innesco di potenziali post-sinaptici si rafforzano) e poco frequenti: è definito tracciato sincronizzato; durante l assenza di sincronizzazione, prevede onde di ampiezza piccolissima e molto frequenti: è definito tracciato desincronizzato. I segnali afferenti tendono a desincronizzare: un tracciato desincronizzato è tipico della veglia, mentre un tracciato sincronizzato è tipico del sonno (quando i sistemi sensoriali sono molto meno attivi). Un tracciato di EEG può presentarsi secondo quattro diversi ritmi: β, α, ϑ e δ: il ritmo β è quello di un tracciato massimamente desincronizzato, tipico di una condizione di piena veglia: le oscillazioni hanno ampiezze che indicano voltaggi di 5μV e frequenze superiori a 13Hz può essere valutato ponendo gli elettrodi su qualsiasi punto del cuoio capelluto; leggermente meno desincronizzato è il tracciato con un ritmo α, tipico di una condizione nella quale si stiano tenendo gli occhi chiusi: le oscillazioni hanno ampiezze che indicano voltaggi sempre superiori a 5μV e frequenze comprese fra 8 e 13 Hz è valutabile solo ponendo gli elettrodi in corrispondenza delle regioni occipitale e frontale; tipici del sonno sono i tracciati con ritmi ϑ e δ (il secondo è tipico, in particolare, delle fasi più profonde del sonno): il ritmo ϑ mostra oscillazioni ampie che indicano voltaggi superiori a quelli previsti dal ritmo α, mentre il ritmo δ mostra oscillazioni ancor più grandi (a indicare voltaggi ancor superiori); la frequenza è compresa fra 4 e 7 Hz per il ritmo ϑ ed è ancora inferiore per il ritmo δ il ritmo ϑ è spesso correlato ai processi di apprendimento dell ippocampo; il ritmo δ è indubbiamente quello di un tracciato massimamente sincronizzato. 176

179 L EEG è impiegato per definire lo stato di coscienza; per procedere all eventuale espianto degli organi (se l EEG è piatto per circa 30 minuti, segno di morte cerebrale, si può intervenire per l espianto degli organi); per definire lo stato di epilessia (l epilessia è caratterizzata da un attivazione particolarmente sincrona delle cellule piramidali, in particolare in aree come i centri motori: si distinguono un attacco epilettico detto piccolo male, in cui il soggetto perde conoscenza ma non si muove per via di un blocco cellulare di tipo cognitivo, non motorio, e un attacco epilettico detto grande male, in cui il soggetto può essere interessato da perdita di conoscenza ed è senz altro interessato da movimenti scatenati per via di attivazioni della corteccia motoria, in quest ultimo caso le oscillazioni amplissime, dovute all imponente sincronizzazione, si susseguono in un tempo piuttosto lungo). Rispetto alla risonanza magnetica funzionale, che consente di evidenziare solo le zone di attivazione dell encefalo, l EEG offre la possibilità di valutare anche aspetti temporali: ciò è possibile attraverso i cosiddetti potenziali evocati (variazioni dell attività elettrica della corteccia in seguito all attivazione di un canale sensoriale) che, localizzati in specifiche aree corticali, si manifestano in stretta relazione temporale con la somministrazione di uno stimolo sensoriale. 177

180 SONNO Il sonno è una funzione universale (è presente in tutti gli animali, perfino nel moscerino), nonché basilare (un animale come il delfino, che non può permettersi di addormentare contemporaneamente i due emisferi cerebrali, dorme ugualmente perché è in grado di alternare il sonno in periodi diversi tra i due emisferi: questa alternanza gli consente di mettere a riposo il cervello, pur mantenendo quel margine di eccitabilità minimo che gli è sempre necessario). Una prova della necessità biologica del sonno è stata fornita attraverso gli studi di deprivazione del sonno compiuti da Patrick e Gilbert, in cui a tre soggetti fu impedito di dormire per 90h: tali soggetti manifestavano: sonnolenza, vincibile soltanto attraverso forte stimolazione; illusioni visive; tempi di reazione e memoria ridotti; forza muscolare diminuita; microsonni ripetuti, seguiti ciascuno da recupero rapido. Esiste una malattia da prioni, l insonnia familiare fatale, che porta alla morte nell arco di 1-3 anni. Il sonno si fa progressivamente più profondo passando attraverso i quattro stadi del sonno non- REM (NREM), in mezzo ai quali si frappone il sonno REM (in genere, una volta giunti progressivamente allo stadio 4 del sonno NREM, si ha un momentaneo ritorno allo stadio 2, cui segue, appunto, una fase di sonno REM): un ciclo NREM (con frapposte le fasi REM) si ripete, in genere, quattro-sei volte durante una notte. Nel bambino il sonno è per il 50% NREM e per il 50% REM, ma con l andare degli anni la durata del sonno REM si riduce a vantaggio della durata del sonno NREM (nel giovane adulto, il 75% del sonno è NREM e il rimanente 25% è REM); c è da dire che, al di là delle percentuali, con l avanzare dell età si registra anche una riduzione della durata globale del sonno. Il sonno è associato al sogno. La maggior parte dei sogni (quelli carichi di emotività) si verifica nel sonno REM (in genere, un soggetto svegliatosi in fase REM riferisce che stava facendo un sogno); una più esigua parte di sogni (quelli più realistici) si verifica nel sonno NREM (è più difficile che un soggetto svegliatosi in fase NREM dica che stava facendo un sogno). Studio del sonno attraverso tracciati dell EEG Nella veglia, si è visto esservi un classico ritmo β, che diviene α quando si chiudono gli occhi. Analizzando i tracciati relativi ai quattro stadi del sonno NREM, si osservano differenze che progressivamente si accentuano: lo stadio 1 mostra un chiaro ritmo ϑ; anche lo stadio 2 mostra un ritmo ϑ (talvolta anche δ), ma è caratterizzato da alcune peculiarità che sono: o i complessi K, segno di un improvviso aumento della sincronizzazione (fondamentalmente è il susseguirsi di una rapida oscillazione negativa, un ampia e lenta oscillazione positiva e un ultima oscillazione negativa); 178

181 o i fusi del sonno, tratti in cui si osserva un progressivo aumento in ampiezza seguito da una progressiva riduzione in ampiezza di oscillazioni molto frequenti; gli stadi 3 e 4 sono gli stadi a onde lente, cosiddetti perché caratterizzati da un ritmo δ (per il quale la frequenza delle oscillazioni sappiamo essere minima), ritmo δ che, per di più, si fa progressivamente più sincronizzato passando dallo stadio 3 allo stadio 4. La fase REM è caratterizzata da un attività cerebrale intensissima, dovuta all intensa attività di aree legate all emotività (amigdala, parte anteriore del giro del cingolo), per cui il tracciato dell EEG mostra i ritmi tipici della veglia: consta di uno stadio tonico, cui si frappongono fenomeni fasici (in cui hanno luogo movimenti oculari rapidi: REM è proprio l acronimo di rapid eye movement). N.B. Un analisi dei segnali elettrici previsti da un tracciato di EEG non è una cosa semplice. Esiste comunque una tecnica (analisi di Fourier: è un analisi spettrale) che consente la scomposizione di un tracciato nelle varie componenti sinusoidali, di cui saranno valutabili le frequenze. Si è detto che ciò che succede nella veglia è la desincronizzazione dell attività delle cellule piramidali (e, conseguentemente, del tracciato dell EEG) dovuta al fatto che i sistemi ascendenti sensoriali contattano tali cellule: a seguito del rilascio di acetilcolina, è provocata in tali cellule una depolarizzazione per via della chiusura dei canali del K + (la cellula piramidale è facilitata, dunque più facilmente eccitabile). Nel sonno, nella fase NREM, si verifica la sincronizzazione: il sistema ascendente acetilcolinergico non trasmette e le cellule corticali cessano conseguentemente di essere facilitate. Ciò che si osserva nel sonno è il fatto che a periodi in cui le cellule piramidali non rispondono affatto a seguito dell innesco di EPSP (silenzio da iperpolarizzazione), si alternano periodi brevissimi (anche di 1s) in cui esse possono scaricare (e lo fanno con una frequenza di scarica elevatissima, di circa 40 Hz: per questo si dice che la loro attività è caratterizzata da un rimbalzo ): di queste attivazioni (che, a una analisi molto attenta, risultano spostarsi dal lobo frontale verso quello occipitale) sarebbero responsabili i sistemi della coscienza. Anche il metabolismo del sistema nervoso è fortemente variabile: uno studio con PET (tomografia ad emissione di positroni), teso a mettere fondamentalmente in evidenza il flusso sanguigno, sottolinea come nel sonno NREM vi sia un enorme riduzione del flusso sanguigno (soprattutto a livello talamico) rispetto alla veglia, ma sottolinea anche differenze di flusso fra la fase NREM e la fase REM. 179

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