I DENTI UMANI dalla morfologia alla modellazione

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1 umberto buonanno I DENTI UMANI dalla morfologia alla modellazione TESTO NUOVO 2014

2 16 DENTIZIONE DECIDUA E DENTIZIONE PERMANENTE Nella bocca dell uomo, in rapporto all età, si alternano due tipi di dentizione: la dentizione, decidua e la dentizione permanente. La dentizione decidua (temporanea o da latte) è composta da venti denti: due incisivi, un canino e due premolari (o molaretti 1 ) in ogni emiarcata; essa permane fino a sei anni. Dopo questa età viene sostituita dalla dentizione permanente. La dentizione permanente è composta da trentadue denti: due incisivi, un canino, due premolari e tre molari in ogni emiarcata. In alcune etnie, come la negra ed in alcuni aggruppamenti etnici bianchi, questo numero può variare in più o in meno. Dentizione mista Nel periodo in cui la prima dentizione viene sostituita dalla seconda, nella bocca si possono osservare sia i denti permanenti sia i denti decidui; questo periodo è chiamato periodo della dentizione mista. arcata mascellare (o superiore) decidua arcata mandibolare (o inferiore) decidua incisivo centrale incisivo laterale canino primo premolare (o molaretto) secondo premolare (o molaretto) secondo premolare (o molaretto) primo premolare (o molaretto) canino incisivo laterale incisivo centrale PROSPETTO SINTETICO DEI PERIODI DI ERUZIONE DEI DENTI DECIDUI PROSPETTO SINTETICO DEI PERIODI DI ERUZIONE DEI DENTI PERMANENTI Denti decidui periodo di eruzione dei denti decidui mandibolari mascellari Periodo di caduta dei denti mascellari e mandibolari decidui Denti permanenti Periodo di eruzione dei denti permanenti mandibolari mascellari Incisivi centrali 6-7 anni 7-8 anni Incisivi centrali 6,5 mesi 7,5 mesi 6-7 anni Incisivi laterali 7 mesi 8 mesi 7-8 anni Canini mesi mesi anni Incisivi laterali 7-8 anni 8-9 anni Canini 9-10 anni anni Primi premolari anni anni Primi premolari (o molaretti) Secondi premolari (o molaretti) mesi mesi 5-10 anni mesi mesi anni Secondi premolari anni anni Primi molari 6-7 anni 6-7 anni Secondi molari anni anni Terzi molari anni anni 1 Nella dentizione decidua i premolari possono essere denominati anche molaretti in quanto, pur occupando il posto dei premolari, si differenziano da questi nella forma e nelle dimensioni. Infatti il primo molaretto è simile al primo premolare nella forma, ma è maggiore nelle dimensioni; il secondo molaretto, invece, è simile al primo molare nella forma ma ha dimensioni più piccole.

3 17 DENTIZIONE MISTA - Denti decidui e denti permanenti Mascellare superiore e mandibola di un bambino di 6/7 anni, sezionati per mostrare lo sviluppo della dentizione decidua e della dentizione permanente. Si osservano i denti decidui, i denti permanenti eruttati e i denti permanenti in attesa di eruttare contenuti in cavità ossee denominate cripte. Arcate dentali viste da destra in cui si osserva la dentizione mista, denti decidui e denti permanenti. In azzurro i denti permanenti già eruttati e quelli ancora contenuti nelle cripte in attesa di eruttare. Arcate dentali viste da sinistra in cui si osserva la dentizione mista, denti decidui e denti permanenti. In azzurro i denti permanenti già eruttati e quelli ancora contenuti nelle cripte in attesa di eruttare.

4 36 INCISIVO CENTRALE MASCELLARE Vestibolare L incisivo centrale è il primo dente dell arcata mascellare ed è ubicato a sinistra e a destra della linea mediana. Data la sua posizione nell arcata, è il dente che si nota maggiormente. Sul grafico fino ad ora costruito, dovranno essere aggiunti i punti caratteristici che contraddistinguono la corona e la radice di ciascuna vista. Vista vestibolare PUNTI CARATTERISTICI DELLA CORONA 1 Il punto di contatto mesiale è situato a metà circa del terzo incisivo. 2 Il punto di contatto distale è situato tra terzo medio e terzo incisivo. I punti di contatto sono importantissimi perchè, spostati dalla loro giusta ubicazione, alterano lo spazio interprossimale e l interstizio incisivo e, di conseguenza, anche la forma del dente. Per spazio interprossimale si intende quello spazio delimitato dal punto di contatto, dalla gengiva e dalle superfici prossimali dei denti. Avvertenze La collocazione della larghezza mesio-distale del colletto e la posizione dell'altezza delle linee cervicali mesiale e distale, sono già state descritte nel paragrafo concernente la: "applicazione delle dimensioni medie dei denti nel disegno". gengiva superfici prossimali punto di contatto tra le superfici distale del centrale e mesiale del laterale spazio interprossimale punto di contatto tra le superfici mesiali degli incisivi centrali interstizio incisivo

5 37 I CONTORNI DELLA CORONA La linea cervicale si presenta semiellittica: inizia nel punto determinato dall altezza della linea cervicale distale, passa per il punto determinato dall incontro dell asse del dente con la linea b e termina nel punto indicante l altezza della linea cervicale mesiale. Per una semplificazione espositiva, sulle viste vestibolare e linguale, i punti indicanti le altezze delle linee cervicali mesiale e distale, potranno essere denominati: punto mesiale e punto distale del colletto. Allo stesso modo, sulle viste mesiale e distale, i punti determinati dalla profondità vestibolo-linguale del colletto, potranno essere chiamati punto vestibolare e punto linguale del colletto. Il contorno mesiale è leggermente convesso dal colletto al punto di contatto; da qui al margine incisivo è semicircolare. L angolo mesio-incisivo, che comprende questo contorno, è quasi retto. Il contorno distale inizia leggermente concavo al colletto, diviene convesso nel terzo medio, raggiunge la massima convessità nel punto di contatto e prosegue, semicircolare, fino al margine incisivo che risulta formato dalla linea c. L angolo disto-incisivo è acuto. angolo disto-incisivo angolo mesio-incisivo Sulla vista vestibolare della corona, è possibile osservare due avvallamenti di smalto che evidenziano tre lobi: un lobo disto-vestibolare, uno centrale ed uno mesio-vestibolare. Gli avvalleamenti di smalto sono denominati docce: doccia mesiale e doccia distale. Lobo disto-vestibolare Doccia disto-vestibolare Lobo centrale Lobo mesio-vestibolare Doccia mesio-vestibolare

6 62 Vista mesiale La vista mesiale è simile a quella del canino mascellare; si differenzia, però, per alcune caratteristiche importanti. PUNTI CARATTERISTICI DELLA CORONA 1 I punti di massima convessità, sono situati a metà circa del terzo cervicale. 2 La sommità della cuspide è spostata lingualmente (mm.1). PUNTI CARATTERISTICI DELLA RADICE L apice della radice è situato sull asse del dente. I CONTORNI DELLA CORONA E DELLA RADICE Sono simili a quelli del canino mascellare; si differenzia il contorno linguale della corona, il quale si presenta quasi rettilineo. Vista distale È l immagine speculare della vista mesiale; presenta, però, una minore altezza della linea cervicale. Vista occlusale Da questa vista è meglio visibile la posizione della sommità della cuspide e dei punti di contatto mesiale e distale, i quali risultano spostati lingualmente, in quanto allineati con la sommità della cuspide. I CONTORNI Il contorno mesiale è convesso dal punto vestibolare al punto mesiale. Il contorno mesiolinguale è convesso dal punto mesiale al punto linguale, pur presentando una leggera concavità al centro di questa porzione di contorno. Il contorno distale presenta due leggere concavità al centro delle porzioni di contorno disto-vestibolare e disto-linguale; nella parte restante è convesso.

7 63 COME DISTINGUERE IL CANINO MANDIBOLARE DESTRO DAL SUO OMONIMO SINISTRO Il canino mandibolare destro può essere distinto dal sinistro in base alle seguenti caratteristiche: ANATOMIA DIFFERENZIALE 1 Osservando la vista vestibolare del canino inferiore, sul contorno distale della corona si riscontrano due lievi concavità: una compresa tra il colletto ed il punto di contatto distale ed una compresa tra il punto di contatto distale e la sommità della cuspide. Pertanto, osservando la vista vestibolare del canino mandibolare in posizione analoga a quella con cui esso si presenta nella bocca, se le concavità risultano a sinistra di chi guarda il dente è destro; viceversa, se risultano a destra, il dente è sinistro. 2 La sommità della cuspide è spostata mesialmente rispetto all asse del dente; pertanto, osservando la vista vestibolare con il dente in posizione analoga a quella con cui esso si presenta nella bocca, se la sommità della cuspide risulta a destra di chi guarda il dente è destro, se, invece, risulta a sinistra il dente è sinistro. 3 Lo spostamento mesiale della cuspide può essere rilevato anche sulla vista occlusale. 4 Osservando la vista vestibolare del dente in posizione analoga a quella che presenta nella bocca, se l apice della radice è inclinato a sinistra, il dente è destro, viceversa, se l apice è inclinato a destra, il dente è sinistro. Canini mandibolari - viste vestibolari Destro Canini mandibolari - viste occlusali Vista vestibolare Canino mascellare Sinistro Vista mesiale I CANINI ANTAGONISTI A CONFRONTO Ponendo a confronto i canini mascellari e mandibolari, si riscontrano le seguenti differenze: 5 La sommità della cuspide dei canini mascellare e mandibolare, presenta le seguenti caratteristiche: sulla vista vestibolare quella del canino mascellare risulta posta sull asse del dente mentre quella del canino mandibolare è spostata mesialmente (mm. 0,75) rispetto all'asse; sulla vista mesiale la sommità della cuspide del canino mascellare è spostata vestibolarmente (mm.1) rispetto all asse; mentre quella del canino mandibolare è spostata lingualmente (mm.1,50 circa) rispetto all asse. 6 Il canino mandibolare è più lungo e più affusolato del mascellare. 7 Osservando la superficie occlusale, mentre il canino mascellare ha i punti di contatto posti a metà della profondità vestibolo-linguale, quelli del canino mandibolare sono spostati lingualmente mm.1 rispetto al centro della profondità vestibolo-linguale della corona. Vista vestibolare Canino mandibolare Vista mesiale Vista occlusale del canino mandibolare Vista occlusale del canino mascellare

8 124 ANATOMIA TOPOGRAFICA POSIZIONE E NOMENCLATURA DEGLI ELEMENTI MORFOLOGICI DENTI MOLARI Viste occlusali dei secondi molari antagonisti Viste occlusali dei primi molari antagonisti Solco di sviluppo delle cuspidi V Cresta cuspidale D della cuspide M-V (secondo Latrou: costa) Cresta cuspidale M della cuspide M-V Versante cuspidale M della cuspide D-V (o cresta supplementare) Cresta triangolare della cuspide D-V Versante cuspidale D della cuspide M-V (o cresta supplementare) Cresta triangolare della cuspide M-V Solco supplementare ad U Versante cuspidale D della cuspide D-V (o cresta supplementare) Versante cuspidale M della cuspide M-V (o cresta supplementare) Solco intercuspidale vestibolare Cresta marginale D Cresta marginale M Solco supplementare a V Cresta triangolare della cuspide D-V Versante cuspidale M della cuspide M-L (o cresta supplementare) Solco intercuspidale linguale Solco intercuspidale M-D Rilievo obliquo (cresta obliqua o ponte di smalto) Versante cuspidale D della cuspide M-L (o cresta supplementare) Cresta triangolare della cuspide M-L Tubercolo di Carabelli Fossa centrale Sommità della cuspide D-L Sommità della cuspide M-L Pozzetto medio-distale Pozzetto centrale Fossa distale Fossa mesiale Pozzetto distale Pozzetto mesiale Sommità della cuspide D-V Sommità della cuspide M-V Cresta (o rilievo) cuspidale D della cuspide centrale (Secondo Latrou: costa) Cresta (o rilievo) cuspidale M della cuspide centrale (Secondo Latrou: costa)

9 125 INCLINAZIONE DEI MOLARI ANTAGONISTI NELLA BOCCA Inclinazione mesio-distale Inclinazione vestibolo-linguale Primi molari (mascellari e mandibolari) DENTI SINISTRI Inclinazione mesio-distale Inclinazione vestibolo-linguale Secondi molari (mascellari e mandibolari)

10 138 Metodo di Lee Stabilito che, in assenza totale dei denti, l unico elemento di riferimento per risalire alla forma dell incisivo centrale mascellare è costituito dalla forma del viso, Lee suggerisce di procedere individuando sul viso stesso tre larghezze: a) larghezza della fronte b) larghezza bigoniaca (Go) 1 c) larghezza bizigomatica (Zy) 2. larghezza della fronte A queste tre misurazioni Lee fa corrispondere, sulla superficie vestibolare dell incisivo, rispettivamente: a ) larghezza del dente al colletto b ) larghezza del margine incisivo c ) larghezza massima della corona. Confrontando la larghezza della fronte e la larghezza bigoniaca con la larghezza bizigomatica, la quale rappresenta il termine di paragone, si otterranno varie combinazioni; ad esempio: a) se la larghezza della fronte e la larghezza bigoniaca, dal confronto, si avvicinano alla larghezza bizigomatica, il viso avrà una forma quadrangolare; di conseguenza anche il dente avrà la stessa forma, poiché la larghezza del colletto e del margine incisivo si avvicineranno a quella della corona; b) se le larghezze della fronte e bigoniaca saranno minori della distanza bizigomatica, si avrà una forma, del viso e del dente, circolare (ovale o ellittica). c) se le larghezze della fronte e bigoniaca risulteranno la prima larga e la seconda stretta o viceversa, rispetto alla distanza bizigomatica, si avrà una forma del viso triangolare alla quale corrisponderà un dente di forma triangolare. larghezza bigoniaca larghezza bizigomatica larghezza del colletto larghezza del margine incisivo 1 La distanza bigoniaca é la distanza che intercorre fra due punti craniometrici chiamati Gonion (Go). Il Gonion, reperibile sulla mandibola, indica il punto più basso, più arretrato e più esterno dell angolo mandibolare, il quale é determinato dall incontro dei margini esterni del corpo e della branca montante della mandibola. 2 La larghezza bizigomatica rappresenta la larghezza massima della faccia; questa misura corrisponde alla distanza che intercorre tra due punti craniometrici chiamati Zygion (Zy). Lo Zygion indica il punto dell arcata zigomatica più distante dal piano sagittale mediano. larghezza della corona

11 139 DIMENSIONI DEI DENTI E DIMENSIONI DEL VISO Per quanto riguarda le dimensioni dentali, da rilevamenti statistici è risultato che esiste una precisa relazione biometrica tra l incisivo centrale mascellare ed il viso. In particolare, le dimensioni dell incisivo centrale (altezza e larghezza), corrispondono ad 1/16 delle dimensioni del viso, le quali vengono rilevate come segue: l altezza del viso corrisponde alla distanza che intercorre fra due punti craniometrici chiamati Trichion (Tr) e Gnathion (Gn); questi due punti di repere indicano rispettivamente: il primo il punto in cui la capigliatura si inserisce nella fronte, il secondo il punto più basso del margine inferiore della mandibola; la larghezza del viso corrisponde invece alla distanza bizigomatica (Zy). Dividendo per sedici l altezza e la larghezza del viso si otterranno, rispettivamente, l altezza e la larghezza dell incisivo centrale. ALTEZZA DEL VISO DISTANZA BIZIGOMATICA L altezza e la larghezza dell incisivo centrale mascellare corrispondono ad un sedicesimo dell altezza e della larghezza del viso. ¼ ¼ ¼ ¼ La distanza interalare corrisponde alla distanza intercanina Distanza interalare del naso Un altro criterio proporzionale che può considerarsi integrativo del precedente, impiega, come misura di riferimento, per stabilire la larghezza dell incisivo centrale mascellare, la distanza che intercorre tra le facce esterne delle due ali del naso. Seguendo questo criterio, la larghezza dell incisivo centrale corrisponde ad 1/4 di questa distanza la quale oscilla tra 24 e 45 mm. Tale distanza è chiamata anche intercanina in quanto, tracciando due rette, fra loro parallele, passanti per i punti più sporgenti delle ali del naso, queste incontrano la sommità della cuspide dei canini. La distanza intercanina consente di verificare la relazione che intercorre tra l incisivo centrale e gli altri denti anteriori (incisivo laterale e canino); infatti questa larghezza è occupata, in ogni emiarcata, per 1/4 dall incisivo centrale e per 1/4 dall incisivo laterale insieme ad una parte del canino. Si tenga presente che il laterale ed il canino, osservati frontalmente, sembrano più piccoli delle dimensioni reali perché sono visti di scorcio. La larghezza dell incisivo centrale corrisponde ad 1/4 della distanza intercanina

12 146 Arcate dentarie mascellare e mandibolare Denti disegnati con la tecnica al tratto. La forma delle arcate è stata ottenuta allineando i denti sui tracciati realizzati mediante la costruzione geometrica precedentemente illustrata. Semiarcate antagoniste di destra Denti disegnati al tratto allineati secondo il tracciato in rosso. Il procedimento per costruire il tracciato su cui sono allineati i denti è stato ideato da chi scrive al fine di dare forma concreta alle indicazioni antropometriche di Izard

13 147 Semiarcate antagoniste di sinistra Denti disegnati con la tecnica del chiaroscuro allineati secondo il tracciato in rosso. Il procedimento per costruire il tracciato su cui sono allineati i denti è stato ideato da chi scrive al fine di dare forma concreta alle indicazioni antropometriche di Izard Arcate dentarie mascellare e mandibolare Denti disegnati con la tecnica del chiaroscuro. La forma delle arcate è stata ottenuta allineando i denti sui tracciati realizzati mediante la costruzione geometrica precedentemente illustrata.

14 156 IL TAVOLATO OCCLUSALE Con il termine tavolato occlusale si indica quella entità spaziale formata dal progressivo allineamento delle superfici occlusali dei denti posteriori. Il tavolato occlusale si estende dal primo premolare al terzo molare di ciascuna emiarcata ed è compreso tra due linee curve, ideali, delle quali una passa per la sommità delle cuspidi vestibolari e l altra per la sommità delle cuspidi linguali dei denti posteriori mascellari e mandibolari. Mentre la linea v passante per le cuspidi vestibolari ha un tracciato uniforme, la linea l che passa per le cuspidi linguali presenta, in corrispondenza dei premolari, una rientranza. Tale rientranza, che in questa zona comporta il restringimento del tavolato occlusale, è determinata dal fatto che, la distanza intercuspidale dei premolari, è minore di quella dei molari. All interno delle due linee che delimitano, longitudinalmente, il tavolato occlusale è possibile riscontrare una terza linea s originata dal succedersi dei solchi intercuspidali mesiodistali dei denti posteriori. La linea s risulta equidistante 1 in tutti i suoi punti dalla linea v (3 mm. circa). V S L V S L Tavolato occlusale V = linea delle cuspidi vestibolari S = linea dei solchi L = linea delle cuspidi linguali Orientamento dei tavolati occlusali Un importante elemento di valutazione funzionale, nell ambito della costruzione protesica, è rappresentato dall orientamento delle superfici occlusali dei denti posteriori in quanto, la corretta disposizione di queste ultime, agevola gli spostamenti laterali della mandibola ed evita interferenze cuspidali non desiderate. Rispetto alla cavità orale le superfici occlusali si presentano orientate nel modo seguente: verso l interno quelle di tutti i denti inferiori e quelle dei premolari superiori; verso l esterno quelle dei molari superiori. Sull orientamento del tavolato occlusale esiste anche la teoria di Ackerman secondo la quale l orientamento delle superfici occlusali dei denti posteriori superiori (molari vestiboloversi e premolari linguoversi), conferisce al tavolato occlusale un andamento elicoidale che presenta il punto di inversione dell elica tra primo molare e secondo premolare mascellare. A determinare l orientamento delle superfici occlusali dei denti posteriori concorrono vari fattori, tra cui l inclinazione dentale e le curve delle arcate dentarie, rappresentate dalla curva di Wilson e dalla curva di Spee, che esamineremo dopo aver descritto i piani facciali di riferimento. Orientamento dei tavolati occlusali l L equidistanza che la linea s stabilisce rispetto alla linea v è determinata dal fatto che, come si ricorderà, i solchi intercuspidali dei premolari sono spostati lingualmente rispetto al centro della superficie occlusale. Tale caratteristica consente loro di allinearsi sul prolungamento dei solchi dei molari. Teoria di Ackermann Andamento elicoidale dei tavolati occlusali

15 157 PIANI FACCIALI DI RIFERIMENTO I piani facciali a cui faremo riferimento nelle successive descrizioni sono: il piano di Francoforte, i piani basali (mascellare e mandibolare), il piano di Camper ed il piano occlusale. Il piano di Francoforte (o auricolo-orbitario) è un piano orizzontale, ideale, che si estende dal bordo superiore del condotto uditivo esterno Porion (Po) al punto orbitale (o sottorbitale) (Or) (punto craniometrico indicante il punto più basso del margine inferiore dell orbita). L appellativo con cui questo piano viene identificato gli deriva dalla città di Francoforte la quale, nel 1882, ospitò il congresso in cui esso venne presentato ufficialmente. In passato, al piano di Francoforte veniva attribuita la caratteristica di essere costantemente orizzontale. Oggi, questa caratteristica, è stata riesaminata alla luce di quanto Downs ha dimostrato: infatti, ponendo la testa nella sua posizione naturale di equilibrio sul tronco e confrontando la traccia del piano di Francoforte con quella di un normale piano orizzontale, il piano di Francoforte non risulta perfettamente orizzontale ma può presentarsi anche inclinato verso l alto o verso il basso di un valore che si aggira intorno ai 5. La precisazione di Downs, che abbiamo riportato per maggiore chiarezza, non riduce o annulla le proprietà del piano di Francoforte, il quale continua a costituire l elemento fondamentale di riferimento, per moltissime analisi cefalometriche. I piani basali, rappresentati dal piano mascellare (o bispinale) e dal piano mandibolare, sono così denominati perché passanti, rispettivamente, per la base dell osso mascellare e per la base della mandibola. Il piano bispinale (PSp) è così chiamato perché si estende dalla spina nasale anteriore a quella posteriore. Del piano mandibolare (Pm) va subito detto che, per quanto riguarda il suo decorso, non esiste una definizione unanimemente condivisa dai vari autori, perciò enunceremo le due definizioni più ricorrenti. Una prima definizione identifica il piano mandibolare con quel piano passante per due punti craniometrici (tra l altro di non facile localizzazione) denominati Gonion (Go) e Gnathion (Gn). La seconda, quella di Tweed, identifica il piano mandibolare con la tangente al margine inferiore del corpo mandibolare. Po Or Piano di Francoforte Si estende dal bordo superiore del condotto uditivo esterno (Porion Po) al punto Orbitale (Or) o sottorbitale Go Piani basali P Sp = piano bispinale o tragonasale P M = piano basale mandibolare (definizione di Tweed) Gn P.F. P Sp PM Gonion (Go) = Punto più basso, più arretrato e più esterno dell'angolo mandibolare. Gnathion (Gn) = Punto più basso del margine inferiore della mandibola sul piano sagittale mediano. Il piano di Camper è un piano, ideale, passante orizzontalmente per il centro del condotto uditivo esterno e per la spina nasale anteriore (Sn a). Tale piano si presenta moderatamente inclinato verso il basso. Sn.a PC Piano di Camper

16 168 LA TEORIA DELLA SFERA DI MONSON Secondo Monson, il quale nel 1898 introdusse la teoria della sfera, la sommità delle cuspidi ed i margini incisivi dei denti inferiori, per effetto delle curve di Spee e di Wilson, presentano una disposizione per la quale, se accostati alla superficie esterna di una sfera, vi si adattano perfettamente; viceversa, i denti superiori (allineati secondo curve convesse) si adattano alla superficie interna. Per Monson la sfera ha un diametro di 8 pollici corrispondente a 208 mm. circa (raggio mm. 104 circa). Calotta sferica dell'occlusore Terminus Per Villain (1918), il quale dissente solo per quanto riguarda la posizione del centro della sfera, quest ultimo risulta individuabile 3 cm. circa dietro il Nasion. Monson formulò questa teoria nel tentativo di risolvere quei problemi che si incontrano quando, nella costruzione delle protesi totali, si devono riprodurre le curve delle arcate dentarie e l orientamento delle superfici occlusali dei denti posteriori. Dalla teoria della sfera alla calotta sferica La teoria della sfera di Monson può essere applicata praticamente per mezzo di una calotta sferica, figura geometrica che meglio si presta ad esprimere le peculiarità medie delle due curve. Calotta sferica sistemata sull'arcata mandibolare Articolatore Gnatomat Calotta dell'articolatore Gnatomat

17 169 TEORIA DELLA SFERA DI MONSON Teoria della sfera di Monson Secondo Monson la sommità delle cuspidi ed i margini incisivi dei denti inferiori si adattano perfettamente alla superficie esterna di una sfera.

18 194 RAPPORTI OCCLUSALI DENTE A DUE DENTI - CUSPIDE - CRESTE MARGINALI PROSPETTO SINTETICO DEI CONTATTI OCCLUSALI TRA CUSPIDI DI APPOGGIO MANDIBOLARI E ZONE RICEVENTI MASCELLARI CUSPIDI DI APPOGGIO (o di supporto) MANDIBOLARI (cuspidi vestibolari) ZONE RICEVENTI (o stop centrici) MASCELLARI A Cuspide V del I premolare 1 - Versante cuspidale M 2 - Versante cuspidale D A Creste marginali del canino e del I premolare 1' - Cresta marginale D del canino 2' - Cresta marginale M del I premolare A 1' 2' B Cuspide V del II premolare 3 - Versante cuspidale M 4 - Versante cuspidale D B Creste marginali del I e II premolare 3' - Cresta marginale D del I premolare 4' - Cresta marginale M del II premolare B 3' 4' C D E Cuspide M-V del I molare 5 - Versante cuspidale M 6 - Versante cuspidale D Cuspide vestibolo - centrale del I molare 7 - Versante cuspidale M 8 - Cresta triangolare 9 - Versante cuspidale D Cuspide D-V del I molare* 10 - Versante cuspidale M 11 - Cresta triangolare 12 - Versante cuspidale D C D E Creste marginali del II premolare e del I molare 5' - Cresta marginale D del II premolare 6' - Cresta marginale M del I molare Fossa centrale del I molare 7' - Versante D della (CrTr) della cuspide M-V 8' - (CrTr) della cuspide M-L 9' - Versante M della (CrTr) della cuspide D-V Fossa D del I molare 10' -Versante D della (CrTr) della cuspide D-V 11' - (CrTr) della cuspide D-L 12' - Versante M della cresta marginale D C D F G 5' 6' 7' 8' 9' 10' E * 11' 12' 13' 14' 15' 16' 17' F Cuspide M-V del II molare 13 - Versante cuspidale M 14 - Versante cuspidale D F Creste marginali del I e del II molare 13' - Cresta marginale D del I molare 14' - Cresta marginale M del II molare G Cuspide D-V del II molare* 15 - Versante cuspidale M 16 - Cresta triangolare 17 - Versante cuspidale D G Fossa centrale del II molare 15' - Versante D della (CrTr) della cuspide M-V 16' - (CrTr) della cuspide M-L 17' - Versante M della (CrTr) della cuspide D-V * La cuspide disto-vestibolare del primo molare mandibolare E viene considerata, prevalentemente, non funzionale perciò alcuni autori non prendono in cosiderazione i suoi contatti. CONTATTO TRIPODE = superfici di appoggio inferiori = zone riceventi superiori CONTATTO BIPODE = superfici di appoggio inferiori = zone riceventi superiori G F D C E * B 4 3 ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI D = Distale L = Linguale M = Mesiale V = Vestibolare A 2 1 D-L D-V M-L M-V V-C (CrTr) = Disto-Linguale = Disto-Vestibolare = Mesio-Linguale = Mesio-Vestibolare = Vestibolo-Centrale = Cresta triangolare Emiarcate antagoniste di destra cuspidi di appoggio mandibolari e zone riceventi mascellari nel rapporto occlusale cuspide-creste marginali.

19 195 PRIMO TIPO OCCLUSIONE NORMALE PROSPETTO SINTETICO DEI CONTATTI OCCLUSALI TRA CUSPIDI DI APPOGGIO MASCELLARI E ZONE RICEVENTI MANDIBOLARI CUSPIDI DI APPOGGIO (o di supporto) MASCELLARI (cuspidi linguali) ZONE RICEVENTI (o stop centrici) MANDIBOLARI H Cuspide L del I premolare 18 - Versante cuspidale M 19 - Versante cuspidale D H Creste marginali del I e II premolare 18' - Cresta marginale D del I premolare 19' - Cresta marginale M del II premolare H I Cuspide L del II premolare 20 - Versante cuspidale M 21 - Versante cuspidale D I Creste marginali del II premolare e del I molare 20' - Cresta marginale D del II premolare 21' - Cresta marginale M del I molare I L Cuspide M-L del I molare 22 - Versante cuspidale M 23 - Cresta triangolare 24 - Versante cuspidale D L Fossa Centrale del I molare 22' - Versante D della (CrTr) della cuspide M-L 23' - (CrTr) della cuspide centrale del I molare 24' - Versante M della (CrTr) della cuspide D-L L M M N Cuspide D-L del I molare 25 - Versante cuspidale M 26 - Versante cuspidale D Cuspide M-L del II molare 27 - Versante cuspidale M 28 - Cresta triangolare 29 - Versante cuspidale D M N Creste marginali del I e II molare 25' - Cresta marginale D del I molare 26' - Cresta marginale M del II molare Fossa Centrale del II molare 27' - Versante D della (CrTr) della cuspide M-L 28' - (CrTr) della cuspide D-V 29' - Versante M della (CrTr) della cuspide D-L N O O Cuspide D-L del II molare 30 - Versante cuspidale M 31 - Versante cuspidale D O Creste marginali del II e III molare 30' - Cresta marginale D del II molare 31' - Cresta marginale M del III molare O 31' 30' N 29' 28' 27' M L I 26' 25' 24' 22' 21' 20' 23' CONTATTO TRIPODE = superfici di appoggio superiori = zone riceventi inferiori CONTATTO BIPODE = superfici di appoggio inferiori = zone riceventi superiori H 19' 18' Emiarcate antagoniste di sinistra cuspidi di appoggio mascellari e zone riceventi mandibolari nel rapporto occlusale cuspide-creste marginali.

20 196 PRIMO TIPO A B C D F G 1' 2' 3' 4' 5' 6' 7' 9' E * 13' 14' 15' 17' 8' 10' 11' 12' 16' RAPPORTI OCCLUSALI DENTE A DUE DENTI - CUSPIDE - CRESTE MARGINALI H I L M N O

21 197 31' 30' O G N 29' 28' 27' F 26' 25' M ' 8 E * 9 7 D 23' L 22' 6 5 C 21' 20' I 4 3 B 19' 18' H 2 1 A PRIMO TIPO Esercitazione didattica consigliata Un esercizio che facilita lo studio dei contatti occlusali consiste nel prendere due modelli in gesso di arcate dentarie antagoniste e su di essi individuare e contrassegnare (con matite di colori diversi) i punti di contatto e le zone riceventi di ciascun dente posteriore.

22 224 FATTORI CHE INFLUENZANO L'ALTEZZA DELLE CUSPIDI E LA PROFONDITÀ DELLE FOSSE Noti anche come «determinanti» verticali perché gli effetti che essi producono sono valutabili rispetto ai piani verticali (sagittale e coronale), i fattori principali che influenzano l'altezza delle cuspidi e la conseguente profondità delle fosse sono i seguenti: 1 inclinazione dell'eminenza articolare; 2 orientamento del piano occlusale rispetto all'inclinazione dell'eminenza articolare; 3 curva di Spee (lunghezza del raggio e concavità); 4 sovramorso e sovraggetto; 5 spostamento laterale del condilo ruotante (movimento di Bennet) 6 latero-surtrusione e latero-detrusione. Inclinazione dell'eminenza articolare Piano di Francoforte INFLUENZA DELL'INCLINAZIONE DELL'EMINENZA ARTICOLARE Inclinazione dell'eminenza articolare L'altezza delle cuspidi è direttamente proporzionale all'inclinazione dell'eminenza articolare. In sintesi: Inclinazione della eminenza articolare accentuata - cuspidi alte ridotta - cuspidi basse Motivazioni Se osserviamo due differenti inclinazioni della eminenza articolare, una dalla ripidità accentuata l'altra dalla ripidità ridotta, avremo modo di individuare come esse riescono a condizionare la morfologia di cuspidi e fosse. In presenza di una ripidità accentuata dell'inclinazione dell'eminenza articolare, il condilo mandibolare è obbligato a seguire, in protrusione, una traiettoria diretta più verso il basso che verso l'avanti: di conseguenza lo spostamento della mandibola determina una netta disclusione, caratterizzata da ampi spazi interarcate. L'ampiezza di questi spazi consente di realizzare cuspidi alte e fosse profonde. Cuspidi alte Inclinazione della eminenza articolare accentuata Inclinazione dell'eminenza articolare Concavità linguale scarsa Piano di Francoforte Viceversa, in presenza di una ripidità ridotta dell'inclinazione della eminenza articolare, il condilo compie un tragitto meno repentino per cui lo spostamento mandibolare determina spazi interarcate meno ampi, per i quali sono appropriate cuspidi basse e fosse poco profonde. La maggiore o minore inclinazione dell'eminenza articolare, la quale determina la ripidità del percorso mandibolare, influisce anche sulla concavità delle superfici linguali degli incisivi centrali mascellari. La concavità delle superfici linguali degli incisivi centrali mascellari è inversamente proporzionale all'inclinazione dell'eminenza articolare. In sintesi: Inclinazione della eminenza articolare accentuata - concavità scarsa ridotta - concavità accentuata Cuspidi basse Inclinazione della eminenza articolare ridotta Concavità linguale accentuata

23 225 INFLUENZA DELL'ORIENTAMENTO DEL PIANO OCCLUSALE L'altezza delle cuspidi è direttamente proporzionale alla divergenza del piano occlusale dall'inclinazione dell'eminenza articolare. Inclinazione dell'eminenza articolare In sintesi: Divergenza del P.O. poco accentuata - cuspidi basse (tendenza al parallelismo) accentuata - cuspidi alte Piano occlusale Motivazioni Come è facilmente intuibile, la traiettoria descritta dalla mandibola durante la protrusione, è parallela all'inclinazione dell'eminenza articolare. Pertanto, nel caso in cui il piano occlusale si presenta tendenzialmente parallelo all'inclinazione dell'eminenza, sarà parallelo anche alla traiettoria dello spostamento mandibolare. In questa circostanza si verifica una disclusione ridotta delle arcate dentarie, simile ad uno slittamento, che produce spazi interdentali esigui, per i quali sono appropriate cuspidi basse. Viceversa, nel caso in cui il piano occlusale si presenta divergente rispetto all'inclinazione dell'eminenza articolare, lo sarà anche rispetto alla traiettoria dello spostamento. In questa circostanza, come è facile verificare, la particolare disposizione del piano occlusale favorisce una netta disclusione delle arcate dentarie che produce spazi più ampi, nei quali possono essere allocate cuspidi alte. Cuspidi basse Il piano occlusale tende ad essere parallelo all'inclinazione dell'eminenza articolare Inclinazione dell'eminenza articolare Piano occlusale Cuspidi alte Piano occlusale divergente dall'inclinazione dell'eminenza articolare

24 242 In sintesi, nella squadratura all americana, la base del modello inferiore si differenzia da quella del modello superiore perché ha la faccia anteriore curva e presenta un diverso grado di inclinazione delle facce laterali. La squadratura dei modelli La squadratura del modello può essere effettuata in modo diretto o in modo indiretto. La squadratura diretta prevede il taglio della base mediante una apposita mola. Squadratura diretta del modello La squadratura indiretta (zoccolatura universale) prevede la applicazione di uno zoccolo realizzato mediante preformati in gomma (o altri materiali) che riproducono i tagli alla francese e all americana. La tecnica di squadratura indiretta dei modelli è stata sviluppata mediante l impiego di forme in gomma rese note da Robin, De Coster, Dreifus,Tacail. Forme di gomma per la squadratura alla francese Forme di gomma per la squadratura all'americana Forme di gomma per la squadratura indiretta

25 MODELLI DA MUSEO I TAGLI DI TWEED

26 254 REGOLE DEI BOARDS A.B.O. E.B.O. I.B.O. PER LA SQUADRATURA DEI MODELLI 13 mm 70 mm 13 mm * * * 70 * * 90 Maxilla 13 mm * * * 65 * * 90 Mandible 13 mm

27 ARCATE EDENTULE E PROTESI TOTALE INSERIMENTO DEI DENTI NELLE ARCATE EDENTULE

28 306 GANCI SOPRAEQUATORIALI I ganci sopraequatoriali che vengono principalmente impiegati sono i seguenti: A Gancio Ney N. 1; B Gancio di Akers; C Gancio ad azione posteriore; D Gancio ad azione posteriore rovesciato; E Gancio ad anello; F Gancio doppio o gancio di Bonwill; G Gancio Equipose N. 1 e N. 2; H Gancio Iso Clasp ; I Gancio Ney N. 1 doppio; J Gancio continuo di Kennedy (o filo continuo). I ganci sopraequatoriali hanno il vantaggio di offrire una efficace ritenzione ed una buona stabilità. Va premesso che tutti i ganci vanno impiegati su solidi e stabili denti pilastro. Gancio n. 1 Gancio n. 1 A Gancio Ney n. 1 Caratteristiche Il gancio n. 1 è formato da due bracci, uno vestibolare ed uno linguale, entrambi con funzione ritentiva; tali bracci si collegano all appoggio (o cavaliere) ed entrambi al connettore minore (o peduncolo). Il gancio n. 1, esercitando l abbraccio su ¾ della superficie del dente pilastro e la ritenzione su entrambe le facce del dente, offre una buona stabilità alla protesi e una efficace ritenzione. r ab ap r ab Gancio n. 1 Impiego Nelle edentulie intercalate mono o bilaterali. Il gancio n 1 non va impiegato nei casi di selle ad estensione o ad estremità distale libera, mono e bilaterali. Equatore Basso in direzione della zona edentula, sia vestibolarmente sia lingualmente. Orientamento della porzione ritentiva Punte rivolte in direzione opposta a quella dell'area edentula. Sottosquadro 0,50 mm. sulle superfici vestibolare e linguale del dente pilastro. Vestibolare Distale Linguale Equatore in rosso Superficie in sottosquadro in verde

29 307 B Gancio di Akers Caratteristiche Il Gancio di Akers presenta forma, caratteristiche e impiego simili a quelle del gancio Ney n. 1. Differenze fra il gancio Ney n. 1 e il gancio di Akers Il gancio Ney n. 1 ha due bracci entrambi ritentivi, il gancio di Akers ha un braccio ritentivo, (generalmente il vestibolare), e un braccio di guida (bilanciante o stabilizzante) collocato sulla superficie linguale del dente pilastro. Il connettore minore del gancio di Akers, essendo rivolto verso la zona edentula, in alcuni casi, oltre alla funzione di collegamento, svolge anche la funzione di placca di guida. braccio di guida braccio ritentivo Equatore Analogo a quello del gancio Ney n. 1: per il braccio ritentivo equatore basso in corrispondenza della zona edentula. Sottosquadro 0,25 mm. sulla superficie vestibolare del dente pilastro. GANCIO DI AKERS APPLICATO SUL PRIMO MOLARE MANDIBOLARE Braccio di guida o di stabilizzazione posto sulla superficie linguale Gancio di Akers osservato dall alto Braccio ritentivo posto sulla superficie vestibolare. Si noti come il braccio ritentivo scende più in basso del braccio di guida GANCIO DI AKERS APPLICATO SUL PRIMO PREMOLARE MASCELLARE Braccio di guida o di stabilizzazione posto sulla superficie linguale Gancio di Akers osservato dall alto. Si osservi la diversa conformazione dei due bracci del gancio. Braccio ritentivo posto sulla superficie vestibolare. Si noti come il braccio ritentivo scende più in basso del braccio di guida

30 392 MODELLAZIONE CON LA DENTINA 1- Si inizia col sigillare il bordo perimetrale dell intarsio con dentina opaca ad alta saturazione cromatica 2- Fissaggio del composito fluido mediante breve esposizione ai raggi UW per la prepolimerizzazione. 3- Completamento dei contorni dell intarsio con dentina. Fissaggio del composito con raggi UW 4- Modellazione del cono della cuspide M-V e dei rilievi cuspidali. Fissaggio del composito con raggi UW 5- Modellazione del cono della cuspide M-P (cuspide di centrica) Fissaggio del composito con raggi UW 6- Rilievi marginali M e rilievi delle cuspidi M-V e M-P, rilievo obliquo della cuspide M-P. Fissaggio del composito con raggi UW 7- Modellazione della cuspide D-V (cono e rilievi cuspidali) Fissaggio del composito con raggi UW 10- Sul secondo molare sono disegnati: in blu i rilievi e i solchi; in rosso le creste triangolari. Sono riferimenti per la modellazione. 8- Modellazione della cuspide D-P e del rilievo marginale distale Fissaggio del composito con raggi UW 11- Polimerizzazione della dentina mediante Apparecchio di luce per la polimerizzazione sottovuoto 9 -Applicazione del colore arancio per dare profondità alla modellazione. Fissaggio del composito con raggi UW LEGENDA DELLE ABBREVIAZIONI Per ragioni di spazio nelle didascalie delle foto si è fatto ricorso alle seguenti abbreviazioni: V = Vestibolare P = Palatale M = Mesiale D = Distale Pertanto: M-V = Mesio-Vestibolare M-P = Mesio-Palatale M-D = Mesio-Distale D-V = Disto-Vestibolere D-P = Disto-Palatale D-L = Disto-Linguale

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32 400 I colori terziari si ottengono dall unione di un colore primario è di un colore secondario adiacente. Sommando il rosso R e l arancio Ar, si forma il rosso arancio R-Ar, procedendo in questo modo si ottengono tutti gli altri colori terziari. La complementarietà dei colori terziari può essere individuata facendo riferimento alle linee dei vari diametri del cerchio cromatico: ad esempio il colore terziario Rosso Arancio R-Ar è complementare del colore Blu-Verde B-Vr; l individuazione di questo rapporto complementare, come di tutti gli altri presenti nel cerchio cromatico, si ottiene nel modo seguente: sul cerchio cromatico si sceglie il colore del quale si vuole conoscere il complementare, dopodiché è sufficiente seguire la linea del diametro del cerchio cromatico: all estremità opposta a quella del colore scelto si trova il colore complementare. L unione tra loro dei colori primari dà origine al grigio. Lo stesso risultato si ottiene unendo tra loro i colori secondari con il proprio complementare e i colori terziari complementari. Colori terziari complementari (o diametrali) Vl R R-Vl B-Vl B B-Vr Vr R-Ar G-Vr Ar G G-Ar GRIGIO SEMPLICE E GRIGIO COMPLESSO Esistono due tipi di grigio: il grigio semplice e il grigio complesso. Il grigio semplice è quello che si ottiene mescolando il pigmento bianco con il pigmento del nero: questo grigio non va impiegato nel campo della ricostruzione dentale, perché il bianco in esso contenuto è un colore opaco che influisce negativamente sulla traslucenza della ceramica dentale. Il grigio complesso è ottenuto dai colori complementari, per questo è traslucente come la ceramica dentale ed è quindi indicato nella stratificazione della ceramica dentale. DAL CERCHIO CROMATICO ALLA SFERA CROMATICA Con la sfera cromatica si passa da una visione bidimensionale ad una visione tridimensionale dei colori. Il pittore tedesco Philipp Otto Runge, nel 1810, presentò una sfera cromatica dove in corrispondenza dell equatore era collocata una fascia cromatica formata dai colori primari e dai colori da essi derivati (secondari, terziari e così via). Ognuno di questi colori aveva il più alto grado di purezza e saturazione. I colori della fascia cromatica rappresentano le varie tonalità (tinta) dei colori. La luminosità (valore) del colore per Runge fa riferimento all asse verticale della sfera. Egli infatti ai due poli della sfera aveva collocato il bianco e il nero; ciascun colore (tinta) della fascia cromatica, man mano che ci si spostava verso l alto (verso il bianco) diventava più chiaro mentre, man mano che ci si spostava verso il basso (verso il nero), diventava più scuro. Riguardo alla saturazione (purezza del colore), Runge indicava come riferimento la dimensione radiale della sfera rilevata sul raggio della fascia cromatica: ogni colore puro, spostandosi dalla fascia cromatica verso il grigio dell asse posto al centro della sfera, diventa meno saturo, meno puro, perché gradualmente viene contaminato dal grigio. Grigio semplice Bc + Nr Sfera cromatica Grigio complesso C + M + Y

33 401 IL SISTEMA MUNSELL DEI COLORI Sistema dei colori di Munsell 10 Il pittore Albert Henry Munsell ( ), agli inizi del XX secolo, sviluppò materialmente un sistema di ordinamento dei colori basato sui tre attributi percepibili del colore: la tinta (Hue), la luminosità (Value) e la saturazione (Chroma). La tinta (o Tonalità) viene valutata su un cerchio cromatico posto in posizione orizzontale. La luminosità (o Valore) viene misurata verticalmente su un asse (asse dei grigi). La saturazione (o Croma) viene misurata dall asse dei grigi verso l esterno. Purple 12 Red-Purple Red Yellow-Red Yellow Green-Yellow Green La Tinta (o tonalità ) è l elemento in base al quale distinguiamo un colore da un altro. Per descrivere la tinta dei colori Munsell si servì di un cerchio cromatico orizzontale che divise in cinque parti dove collocò cinque colori principali: rosso, giallo, verde, blu e violetto contrassegnati dalle loro iniziali in inglese R (Red) Y (Yellow), G (Green), B (Blue) e P (Purple); tra un colore e l'altro aggiunse altri cinque colori intermedi ai primi cinque. Due colori di uguale luminosità e saturazione, opposti sul diametro della circonferenza delle tonalità, sono colori complementari o diametrali; la loro mescolanza additiva genera il grigio della stessa luminosità. Blu Purple-Blu Cerchio cromatico 2 0 Blu-Green PB P 5PB 10P 10B 95 5RP RP RP P PB B 5 5R R N BG 10R 10 YR 5YR Y GY G 15 10Y 10GY 5Y 5GY R 35 10R R5 10RP 5YR 5RP 10YR 10Y 10Y 5GY 10GY 5G 5B 10G 10RG 5BG Cerchio cromatico di Munsell 5+5 colori B 60 10BG 5BG 55 10G Cerchio cromatico di Munsell 20 colori 10P 5P 10PB 5PB 10B 5G Il Valore (o luminosità) rappresenta il grado di luminosità di un colore (o di un dente) (la brillantezza, la chiarezza, più chiaro o più scuro). Munsell valuta tale proprietà facendo riferimento ad un asse verticale ai cui estremi sono collocati in alto il bianco assoluto con valore dieci e in basso il nero assoluto con valore zero. Se dal nero saliamo verso il bianco il valore (luminosità) aumenta, viceversa scendendo dal bianco vero il nero il valore (luminosità) diminuisce. Con questo parametro distinguiamo il grado di luminosità di un colore. Prendiamo ad esempio il colore rosso: vicino al bianco tale colore è luminoso; man mano che ci si allontana dal bianco, il colore perde gradualmente la sua luminosità e diventa più scuro. Asse del valore (o luminosità)

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35 LA STRATIFICAZIONE DELLA CERAMICA Su struttura in zirconia

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37 IL DISEGNO E LA MODELLAZIONE DI UNA PROTESI DENTARIA CON TECNOLOGIA CAD CAM

38 436 3 Fase CAM (Realizzazione del modello reale) CAM significa Computer Aided Manufacturing (fabbricazione assistita dal computer). Nel campo odontotecnico il CAM viene impiegato per realizzare manufatti di precisione per protesi dentarie. La fase CAM può essere realizzata presso un centro specializzato per la fresatura della struttura disegnata con il CAD oppure direttamente nel laboratorio odontotecnico dotato di apposite apparecchiature: fresatrice (per metallo e per zirconio) e forno per la sinterizzazione dello zirconio. Nel caso si decida di realizzare la struttura presso un centro di fresatura, il progetto CAD viene inviato per via telematica presso un centro di fresatura, dove viene realizzata la struttura tridimensionale disegnata. Fresatrice per zirconia a 5 assi installata in laboratorio Forno per la sinterizzazione della zirconia installato in laboratorio La struttura, in ogni caso, si ottiene fresando un blocco di materiale che può essere metallo, zirconia 1, cera o altro. Nel caso del metallo il procedimento di realizzazione della struttura si conclude con la fresatura. Nel caso della cera, la struttura che si ottiene dalla fresatura deve essere poi realizzata per mezzo della fusione. Nel caso della zirconia, la struttura viene ottenuta mediante fresatura, al termine della fresatura la struttura deve essere sinterizzata 2. Per ciascun tipo di materiale vengono impiegate apposite frese. La sinterizzazione della zirconia È un procedimento che ha lo scopo di ricomporre la struttura molecolare di questo materiale. Durante la sinterizzazione il volume della zirconia subisce una riduzione del 30% circa. Il software del CAM, per ovviare a questa peculiarità del materiale, è predisposto per realizzare una struttura di dimensioni adeguatamente maggiorate, in modo da compensare la quantità di riduzione della zirconia in fase di sinterizzazione; con tale compensazione la struttura finale avrà la dimensione progettata. La zirconia per uso odontotecnico viene prodotta in forma di placche rettangolari o in forma di cialde circolari di vario spessore da 10 mm. a 25 mm. Lo spessore necessario da impiegare, viene stabilito dal software CAM in base al tipo di lavoro e al numero degli elementi dentali da fresare, tenendo conto, al tempo stesso, anche del grado di riduzione della zirconia. Il grado di riduzione che la zirconia subisce durante la fase di sinterizzazione varia da cialda a cialda; l indice di riduzione è rappresentato da un numero stampato sul bordo della cialda della zirconia. Zirconia: prima della sinterizzazione dopo la sinterizzazione integra Zirconia in forma di cialda lavorata Numero dell indice di riduzione riportato sul bordo della cialda (varia da cialda a cialda) 1) In campo odontotecnico si impiega l ossido di zirconio che assume la denominazione di zirconia. 2) La caratteristica di un componente realizzato per sinterizzazione è l estrema durezza: grazie a questa caratteristica il componente sinterizzato può essere sottoposto ad attrito assicurando resistenza e lunga durata.

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