Lo sviluppo di comunità. Una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente a Parma

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PARMA Dipartimento di Giurisprudenza Corso di Laurea Magistrale in Programmazione e Gestione dei Servizi Sociali Tesi di Laurea sperimentale Lo sviluppo di comunità. Una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente a Parma Relatore: Prof.ssa Chiara Scivoletto Laureando: Egidio Gaudioso Anno Accademico

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3 Gli uomini disapprendono l'arte del dono. C'è qualcosa di assurdo e di incredibile nella violazione del principio di scambio; spesso anche i bambini squadrano diffidenti il donatore, come se il regalo non fosse che un trucco per vendere loro spazzole o sapone. Theodor Adorno Alle parole dette e a quelle non dette Agli sguardi incrociati e a quelli incontrati All euforia ed anche alla noia Al tempo A voi A te

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5 INDICE INTRODUZIONE... I-VI CAPITOLO 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare 1. Definizione e modelli di Welfare State Gli attori del Welfare e le tradizionali modalità di intervento La storia del Welfare State Lo scenario attuale: dal Welfare Mix al Welfare di comunità La cittadinanza societaria e l affermazione della sussidiarietà Le reti di fronteggia mento nel Welfare comunitario: il terzo settore e l operatore di rete Il Welfare di comunità nella società degli individui Nuovi bisogni, nuove povertà Lo sviluppo di comunità I profili di comunità I processi del lavoro di comunità L empowerment e la prossimità nello sviluppo di comunità Gli attori dello sviluppo di comunità La ricerca nello sviluppo di comunità La progettazione partecipata Riferimenti normativi La valutazione Indicatori La valutazione di processo e di efficacia La valutazione dello sviluppo di comunità... 25

6 CAPITOLO 2. Il Laboratorio Famiglia in Olretorrente 1. Il progetto Laboratorio Famiglia Il Piano Strategico Il Nuovo Welfare di Parma come percorso di sviluppo di comunità, del Comune di Parma Il valore dell Associazionismo: fonti normative Il quartiere Oltretorrente Profilo territoriale Cenni storici Profilo demografico Attività commerciali, Servizi,Cooperative Sociali, Associazioni, Istituzioni presenti in Quartiere La Famiglia oggi La famiglia come sistema Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente La Convenzione, strumento di collaborazione tra il Pubblico e il Privato Sociale Le Associazioni Famiglia Più e Liberamente La convenzione tra il Comune di Parma, Associazione Famiglia Più, Associazione Liberamente, Centro Servizi per il Volontariato in Parma Forum Solidarietà Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente CAPITOLO 3. La ricerca: una valutazione dell'esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente 1. Ipotesi ed obiettivo della ricerca Costruzione degli indicatori Gli strumenti L intervista semi strutturata Il Focus Group Il questionario... 73

7 CAPITOLO 4. Le interviste semi strutturate 1. Intervista al soggetto 1 (livello istituzionale) Intervista al soggetto 2 (livello istituzionale) Intervista al soggetto 3 (livello rappresentativo - associativo) Intervista al soggetto 4 (livello rappresentativo - associativo) Intervista al soggetto 5 (livello tecnico operativo) Intervista al soggetto 6 (livello tecnico operativo) Intervista al soggetto 7 (livello tecnico - operativo) Intervista al soggetto 8 (Assistente Sociale del Polo Pablo - Oltretorrente) CAPITOLO 5. I Focus Group 1. Il Focus Group con i frequentatori del Laboratorio Famiglia, 2 dicembre Il Focus Group con i volontari del Laboratorio Famiglia, 2 dicembre Il Focus Group con i frequentatori del Laboratorio Famiglia, 14 dicembre CAPITOLO 6. I questionari 1. La codifica dei dati attraverso il tracciato record e il codice La matrice dei dati La distribuzione di frequenza

8 CAPITOLO 7. L'analisi dei dati 1. Premesse Analisi dei dati Risultati Lo sviluppo di comunità La rete Comunità, Laboratorio, Famiglia La prossimità, l integrazione, la coesione: i presupposti Il ruolo delle famiglie e la cittadinanza attiva Il Laboratorio Famiglia come luogo di sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro Cosa altro è emerso Il Laboratorio Famiglia come risorsa: il punto di vista di un assistente sociale del Polo Pablo - Oltretorrente CONCLUSIONI APPENDICE.347 BIBLIOGRAFIA LEGISLAZIONE SITOGRAFIA...355

9 INTRODUZIONE

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11 Introduzione La presente tesi di Laurea affronta il tema dello sviluppo di comunità, nell ambito delle politiche sociali di Welfare comunitario, attraverso una ricerca finalizzata ad una valutazione dell esperienza del Laboratorio del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente a Parma. Il Welfare State è considerato un assunzione di responsabilità collettiva, in risposta alle situazioni di bisogno di cui ciascun essere umano può essere potenzialmente portatore nel corso del suo ciclo di vita (Girotti, 2005). Ferrera (1993), sintetizzando le autorevoli definizioni di Wilensky (1965) e Briggs (1961), descrive il Welfare State come l insieme degli interventi pubblici, finalizzati a fornire protezione e aumentare il benessere, sulla base di diritti sociali e di doveri di contribuzione finanziaria. Quella del Welfare State è una storia fatta da una serie di fasi, tra cui si annovera il cosiddetto trentennio glorioso ( ), periodo in cui, nei Paesi europei, vi furono una notevole estensione ed un ampliamento delle forme di protezione statali, favorite dal crescente benessere economico (Ferrera, 2006): nei Paesi dell area angloscandinava prese forma un modello di welfare universalistico, finanziato attraverso la fiscalità generale ed orientato ai principi egualitari del celebre Rapporto Beveridge (1942); i Paesi dell Europa continentale si orientarono, invece, verso un modello occupazionale, basato su molteplici schemi professionali, ciascuno con le proprie regole, finanziato attraverso i contributi sociali ed ispirato alla politica bismarckiana. Tali modelli, tuttavia, poggiavano su premesse (economia in crescita; società industriale; divisione di genere del lavoro e stabilità familiare; equilibrio demografico; aspettative di benessere stabili; centralità dello Stato-nazione) venute meno, a partire dalla metà degli anni 70, quando (Ferrera, 2006): iniziarono a contrarsi i tassi di crescita economica; si passò ad una società postindustriale, attraverso il superamento dei parametri fordisti; aumentò la partecipazione femminile al mercato del lavoro e, di conseguenza, iniziò a mutare il modello familiare; si registrò un profondo calo demografico; aumentarono le aspettative di benessere dei cittadini; cominciarono a mutare i confini dello Stato nazione, in risposta all imporsi della globalizzazione. Dagli anni 90, in tutti i Paesi europei si tentò, dunque, di trovare rimedi alla crisi del Welfare State, originata dalla crescente inadeguatezza delle vecchie soluzioni di fronte a nuovi problemi 1, attraverso riforme centrate sul contenimento dei costi della spesa sociale, in particolar modo in ambito pensionistico (innalzamento dell età pensionabile) e sanitario (compartecipazione dei cittadini alla spesa) (Ceraolo, 2011). Nell attuale scenario, sembra anacronistica l idea di un Welfare basato sui soldi (Folgheraither, 2006), che preveda, da una parte, che siano le Pubbliche Amministrazioni a farsi carico, sfruttando la fiscalità generale, dei disagi dei cittadini, e, dall altra, che siano gli stessi cittadini ad attivarsi per acquistare sul mercato i servizi di cui necessitano. Un compromesso tra le due suddette strategie, nel settore socio-assistenziale, è quello dei quasi mercati o mercati interni: la Pubblica Amministrazione, valutando i bisogni collettivi, decide 1 Ferrera M., Le politiche sociali, Il Mulino, Bologna, 2006, p. 27 I

12 Introduzione quali prestazioni acquistare da soggetti privati (for profit e non profit), che, a loro volta, erogano, per conto dello Stato, servizi destinati ai cittadini; è la logica del Welfare mix, largamente accettato, non solo come antidoto alla crisi fiscale e all ipertrofia della spesa pubblica, ma anche come terapia adeguata a fronteggiare l inefficacia di un Welfare erogato unicamente per via burocratica 2. Tuttavia, un rischio dei quasi mercati è quello di offrire prestazioni standardizzate che non tengano conto dei concreti bisogni, sia espressi che latenti, degli individui (Fazzi, 1998). Una strategia innovativa di cura dei bisogni di singoli e gruppi è quella del Welfare comunitario (Folgheraiter. 2006), che si basa sull assunto che il benessere da sempre scaturisce [ ] dalla creatività delle intelligenze naturali presenti nelle comunità locali. E una strategia di politica sociale che non si preoccupa solo di come distribuire le ricchezze materiali prodotte dal sistema economico, bensì anche di come creare ricchezze immateriali e risorse attraverso l <<intelligenza>> e il cuore delle reti sociali comunitarie 3. Obiettivo primo dei policy maker deve diventare, dunque, quello di capire come tutelare e incrementare il capitale sociale naturale, un bene relazionale fondato sui legami sociali e la fiducia (Myers, 2008) per favorire il benessere, esito di una relazione tra molteplici soggetti, tra cui, in primis, i professionisti del sociale (Folgheraiter, 2006). Sarebbe, tuttavia, errato banalizzare il Welfare comunitario, immaginandolo come la realizzazione di un mondo in cui le persone siano solidali e si aiutino a vicenda: esso è una strategia professionale (agita da operatori consapevoli) ed è anche una strategia di pianificazione pubblica (agita da policy maker consapevoli) 4, che vede lo stato partecipe attivo nel definire gli indirizzi d azione strategici e nel monitoraggio di quanto attuato a livello locale. Per giungere al Welfare comunitario, è necessario discostarsi dalla logica che vede i fruitori dei servizi come acquirenti di prestazioni preconfezionate ed abbracciare la logica societaria, secondo la quale, allorché sorge un problema in una famiglia o in una comunità, prima di giungere ad acquistare servizi, i soggetti si confrontano attivamente rispetto alle possibili soluzioni al problema stesso (Donati, 2000); inoltre, secondo la teoria dell helper therapy, nell aiutare l altro a risolvere un problema, si aiuta anche se stessi, guidati da esperti professionisti che sostengono individui, famiglie, gruppi a tessere reti (Folgheraiter, 2006). È in tale contesto che possono trovare applicazione concreta le strategie di sviluppo di comunità, inteso come: una filosofia, sorretta da principi ispiratori, criteri di orientamento e scelta, concernenti il potenziamento delle risorse, dell autonomia, delle competenze e delle responsabilità di individui, famiglie o gruppi, stanziati in uno specifico contesto (Martini, Torti, 2003); una strategia di lavoro di comunità (un azione sociale, psicosociale, sociopolitica, che punta alla responsabilizzazione collettiva, alla attivazione e sostegno di processi di collaborazione/partecipazione, allo sviluppo di relazioni e competenze tra i membri di una 2 Girotti F., Welfare State voce pubblicata nel Dizionario di Servizio Sociale, diretto da M. Dal Pra Ponticelli, Carocci Faber, Roma, 2005, p Folgheraiter F. La cura delle reti. Nel Welfare delle relazioni (oltre i Piani di Zona), Erickson, Trento, 2006, p Ibidem p.27 II

13 Introduzione comunità) che indica un processo di cambiamento e, allo stesso tempo, i risultati di tale processo, finalizzato a produrre un miglioramento nella qualità della vita dei soggetti che vivono nella comunità, quindi accrescere la capacità degli stessi di risolvere i loro problemi e di soddisfare i propri bisogni 5. Obiettivi ultimi di un progetto di sviluppo di comunità sono, dunque, lo sviluppare il sentimento di comunità (sentimento che lega coloro i quali, dopo aver sviluppato un comune senso di appartenenza, instaurano relazioni fiduciarie) e il sostenere la comunità come soggetto agente (Martini, Torti, 2003). Il diritto dei cittadini di poter scegliere il proprio destino è, quindi, fortemente connesso al loro dovere di assunzione di responsabilità nel favorire l aumento della qualità della vita dell intera comunità, mediante processi di continuo apprendimento dall esperienza, di problem solving ed empowerment collaborativo, di collaborazione e mutuo aiuto (Albanesi, 2009). Tra i progetti di sviluppo di comunità promossi dall attuale Amministrazione del Comune di Parma, nell ambito delle Politiche di Welfare e, quindi, del recente Piano Strategico, intitolato Il Nuovo Welfare di Parma come percorso di sviluppo di comunità, il Progetto Laboratorio Famiglia, nato tra il marzo e l aprile 2009 ed ancora in corso (nonostante l insediarsi di una giunta Comunale diversa rispetto a quella che lo elaborò), mira prevalentemente a: promuovere relazioni positive tra nuclei familiari, attraverso le quali giungere allo sviluppo di reti tra famiglie, cittadini e realtà associative di varia natura, nonché al concretizzarsi di esperienze di prossimità tra famiglie, anche con carichi di cura; promuovere la positività dell esperienza familiare, riconoscendo la famiglia come protagonista attivo delle politiche sociali, anche grazie alla fruizione di spazi sociali animati dalle Associazioni di volontariato presenti sul territorio; creare concrete occasioni di socializzazione per far sì che famiglie ed individui non vivano esperienze di isolamento, prestando una particolare attenzione a situazioni di assenza di legami con l esterno e offrendo sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro; adottare una metodologia di rete, finalizzata al consolidamento delle relazioni esistenti e alla promozione e allo sviluppo di nuove relazioni tra persone, tra famiglie, tra organizzazioni. Ad oggi, sono attivi nella città di Parma tre Laboratori Famiglia, dislocati in tre diverse realtà territoriali e gestiti da 5 diverse Associazioni di volontariato o di Promozione Sociale: Al Portico, San Martino e San Leonardo, In Oltretorrente. Il progetto Laboratorio Famiglia è attualmente coordinato dal Centro per le Famiglie, che fa capo alla Struttura Operativa Famiglia e Sviluppo di Comunità (settore Welfare) del Comune di Parma. 5 Martini E. R., Torti A. Fare lavoro di comunità, Carocci Faber, Roma, 2003, p. 43 III

14 Introduzione La ricerca è stata condotta presso il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente, situato nel quartiere Oltretorrente (da cui il nome). Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente è realizzato e coordinato da un Associazione di volontariato, Famiglia Più, ed una di Promozione Sociale, Liberamente, sulla base di una Convenzione 6, tra le suddette Associazioni, il Comune di Parma, il Centro Servizi per il Volontariato in Parma Forum Solidarietà (stipulata nel 2009 e rinnovata per gli anni 2010, 2011, 2012, 2013, con scadenza prevista a giugno 2014), che ha come: finalità specifiche: - mobilitare le relazioni positive nelle famiglie e tra le famiglie ponendo i nuclei familiari al centro di un processo di sviluppo comunitario che li veda attori protagonisti col fine ultimo di migliorare la qualità della vita per tutta la comunità e rafforzare la coesione sociale, coinvolgendo i soggetti pubblici, privati e di privato sociale, presenti nel territorio di riferimento; - promuovere percorsi di integrazione, coesione e sviluppo di comunità, nella logica di un sistema indirizzato all accoglienza della globalità della persona e volto alla sua promozione senza assumere ottiche di tipo assistenziale; principali obiettivi specifici: - sviluppare idee e progettualità capaci di promuovere il benessere delle famiglie e dei cittadini in generale attraverso l attivazione di pratiche di mutuo aiuto e di cittadinanza attiva; - far uscire dall isolamento le famiglie, con particolare attenzione alle situazioni maggiormente prive di legami/relazioni con l esterno, accogliendole nelle loro istanze/bisogni e sostenendole con reti e proposte adeguate (ascolto, orientamento, affiancamento ed accompagnamento). Da settembre 2013, il Laboratorio si è trasferito in uno storico edificio di proprietà della Curia, sito in Piazzale S. Giacomo, 7, che affaccia su una delle principali arterie del quartiere Oltretorrente, via d Azeglio. La programmazione delle attività nasce dalle richieste dei frequentatori del Laboratorio e le attività stesse sono un occasione di socializzazione, ma, soprattutto, la pretesa per costituire reti che si estendano anche al di fuori delle mura del Laboratorio stesso; l accesso è libero e la partecipazione alle attività, distribuite sui sette giorni della settimana, assolutamente gratuita. I momenti non strutturati sono dedicati alla socializzazione informale, alla ricerca e all incontro di volontari e di realtà del quartiere (Associazioni e singoli cittadini) con cui co-progettare azioni che rispondano ai bisogni della comunità, all accoglienza e all orientamento, al consolidamento delle relazioni. Obiettivo della ricerca è quello di valutare l esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente, attraverso l utilizzo di strumenti di ricerca quantitativa e qualitativa, che consentiranno di poter metter a confronto i punti di vista dei soggetti che, a vario titolo, sono 6 Documento reperibile on line, all indirizzo IV

15 Introduzione coinvolti nel Progetto Laboratorio Famiglia, a partire dalle seguenti ipotesi, formulate sulla base di presupposti teorici: il Laboratorio Famiglia è un intervento di sviluppo di comunità? i frequentatori del Laboratorio si sentono una comunità? i frequentatori del laboratorio Famiglia sentono di poter affidare le proprie paure (qui intese come fragilità dovute alla difficoltà nella risoluzione di problemi di varia natura) alla comunità che si è costituita all interno del Laboratorio stesso? le azioni messe in atto sono coerenti agli obiettivi del progetto? Nel primo capitolo, si prenderanno in considerazione le principali teorie di riferimento (Borgazza, Fazzi, Naldini, Ferrera) inerenti la definizione, i modelli, gli attori tradizionali e la storia del Welfare State; ci si soffermerà, in particolare, sullo scenario attuale e, quindi: sul passaggio dal Welfare Mix al Welfare di comunità, analizzato attraverso il punto di vista di Folgheraither; sull idea di cittadinanza societaria (Donati) che sembra ben aderire all affermazione costituzionale del principio di sussidiarietà; sulla difficile dialettica postmoderna tra il bisogno di comunità e il disgregarsi dei legami sociali (Bauman). Si passerà, quindi, a presentare lo sviluppo di comunità (Martini, Torti) ed, infine, a riflettere rispetto ai processi di valutazione degli interventi sociali (Leone, Pezza). Nel secondo capitolo, verrà presentato il Progetto Laboratorio Famiglia e, nello specifico, il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente. Verranno, quindi, messe in evidenza: le principali caratteristiche storiche e socio-demografiche del quartiere Oltretorrente; gli aspetti principali delle Convenzione tra il Comune di Parma e le Associazioni che realizzano e coordinano il Laboratorio. Nel terzo capitolo, si presenteranno la ricerca e, quindi, il processo di costruzione degli indicatori utilizzati e gli strumenti adoperati (intervista semi strutturata; focus group; questionario). Nel quarto capitolo verranno esposte le trascrizioni in originale delle interviste semi strutturate somministrate a otto differenti soggetti: la referente dei Progetti di Sviluppo di Comunità ed il Responsabile del Centro per le Famiglie del Comune di Parma; le Presidentesse delle due Associazioni capo fila presenti nel Laboratorio; le due operatrici e la coordinatrice del Laboratorio; un Assistente Sociale coordinatrice del Polo Pablo Oltretorrente del Comune di Parma. V

16 Introduzione Nel quinto capitolo verranno riportate in originale le trascrizioni dei tre focus group svolti: due con frequentatori del Laboratorio; uno con volontari che gestiscono un attività nel Laboratorio. Nel sesto capitolo si mostreranno i risultati dei questionari compilati da 58 persone che, a vario titolo, frequentano il Laboratorio; in particolare, verrà presentata la matrice dei dati e la distribuzione delle frequenze per ciascuno dei 33 item del questionario. Nel settimo capitolo si procederà all analisi dei dati qualitativi e quantitativi ottenuti attraverso gli strumenti di ricerca. Si è ritenuto opportuno raccogliere i dati nelle seguenti arre tematiche: lo sviluppo di comunità; la rete; la comunità, il laboratorio e la famiglia; la prossimità, l integrazione e la coesione; il ruolo della famiglia e la cittadinanza attiva; il Laboratorio Famiglia come luogo di sostegno nei compiti di cura, educazione, conciliazione. L analisi dei dati quantitativi è stata condotta utilizzando le funzioni statistiche del Software Microsof Excel VI

17 CAPITOLO 1 Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare

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19 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare 1. Definizione e modelli di Welfare State Il Welfare State è considerato un assunzione di responsabilità collettiva in risposta alle situazioni di bisogno di cui ciascun essere umano può essere potenzialmente portatore nel corso del suo ciclo di vita (Girotti, 2005). Ferrera (1993), sintetizzando le autorevoli definizioni di Wilensky (1965) e Briggs (1961), descrive il Welfare State come l insieme degli interventi pubblici, finalizzati a fornire protezione e aumentare il benessere, sulla base di diritti sociali e di doveri di contribuzione finanziaria. Per comprendere a pieno il significato del concetto di Welfare State, è necessario considerare lo specifico contesto storico-sociale in cui esso prende vita e porsi in un ottica evolutiva, che si discosti dall intenzione di giungere a definizioni assolute ed immutabili. Titmuss (1974) individua tre tradizionali configurazioni di Welfare State: Modello residuale: lo Stato interviene soltanto laddove falliscano gli interventi realizzati dagli attori naturalmente preposti alla soddisfazione dei bisogni essenziali (famiglia, associazioni di volontariato, mercato). In virtù del criterio della selettività, le prestazioni vengono concesse a chi si sottopone a prova dei mezzi. Industrial achievement-performance model (modello meritocratico-occupazionale): le prestazioni concesse dallo Stato sono strettamente connesse ai livelli di reddito e alla posizione sociale conseguita attraverso il lavoro. I destinatari degli interventi sono i lavoratori, che, previa la stipula di un contratto assicurativo, accedono a prestazioni a carattere previdenziale (finanziate con i contributi versati dai lavoratori stessi e dai datori di lavoro). Le prestazioni mirano ad integrare il reddito e correggere le eventuali distorsioni prodotte dal mercato del lavoro. Modello istituzionale-redistributivo: si basa su programmi pubblici universalistici. L allocazione delle risorse è definita a-priori, in relazione al puro bisogno, e la possibilità di accedere agli interventi è subordinata al possesso della cittadinanza. Il raggiungimento del benessere, obiettivo ultimo del Welfare State, è perseguito attraverso una redistribuzione di risorse e opportunità. Assumendo la tripartizione di Titmuss, Esping Andersen (1990) individua tre diversi regimi di Welfare State, che considerano gli interventi delle politiche pubbliche in relazione alla loro capacità di demercificazione (la misura in cui il cittadino lavoratore è esonerato dalla dipendenza dal mercato) e di stratificazione sociale (la misura in cui gli interventi sociali segmentano o integrano la popolazione): liberale (USA, Paesi anglosassoni, Australia), in cui l intervento dello stato è residuale, subordinato alla prova dei mezzi e finalizzato a programmi di trasferimento universali o occupazionali; conservatore-corporativo (Paesi dell Europa continentale), orientato a conservare le differenze di status provenienti dal mercato del lavoro, con ridotte finalità redistributive e il ruolo attribuito delle agenzie sociali limitato al controllo sociale; socialdemocratico (Paesi scandinavi), ove gli interventi statali, che puntano a sostituire/integrare il ruolo del mercato e della famiglia, sono di ampio respiro e garantiscono 3

20 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare l accesso a prestazioni di elevata qualità. I modelli di Welfare dei Paesi del Mediterraneo, in cui centrale importanza è attribuita alle responsabilità familiari, assumono caratteristiche particolari: elevato ricorso a trasferimenti monetari; sistema sanitario universale; presenza di attori privati che offrono servizi; scarsa presenza delle istituzioni nella società (Naldini, 2006). 2. Gli attori del Welfare e le tradizionali modalità di intervento I principali attori del Welfare sono (Ferrera, 2006): Lo Stato, costituito da tutti gli enti pubblici con funzione coercitiva, svolge funzioni di regolamentazione (influenza sul comportamento delle persone e sui limiti del mercato), redistribuzione (di reddito, mezzi e opportunità tra i cittadini), produzione (di beni e servizi), assicurazione (mediante pensioni e assicurazioni obbligatorie, tese a tutelare il benessere dei cittadini). I limiti dell azione dello Stato riguardano la difficoltà nell individuare le preferenze dei cittadini, le trappole burocratiche (che rendono lunghe le tempistiche di attuazione degli interventi e difficile la valutazione degli stessi), la gestione della complessa funzione redistributiva (Borgaza, Fazzi, 2005) La famiglia, che ha funzione riproduttiva, produttiva e di consumo (cura, assistenza e crescita) e redistributiva (trasferimento di risorse tra i membri della famiglia) e i cui limiti sono la volontarietà dello scambio di beni e servizi, la precarietà (accentuata dall emergere di nuove forme familiari e dai fenomeni della separazione e divorzio), la scarsa divisione del lavoro (per il persistere di gerarchie di genere che costringono la famiglia ad acquistare molti beni, un tempo autoprodotti, sul mercato) (Borgaza, Fazzi, 2005) Il mercato, con la funzione di produrre, per poi allocare beni e servizi in maniera efficiente, è orientato dai principi della massimizzazione del proprio benessere, della impersonalità e della competitività; i limiti dell azione del mercato sono connessi al fatto che non tutte le persone godono degli eguali mezzi per acquistare beni e servizi, prodotti non in modo da soddisfare le esigenze di tutta la collettività; gli scambi economici, inoltre, si basano su informazioni imperfette, distribuite a-simmetricamente tra produttori e consumatori (Borgaza, Fazzi, 2005) Il terzo settore, che promuove diritti, redistribuisce risorse, produce beni e servizi per la collettività, in virtù dei principi di solidarietà e reciprocità; le sue attività sono sostenute da risorse ottenute per donazioni, volontariato, contributi pubblici, esenzioni fiscali. I limiti dell azione del terzo settore sono connessi al fatto di non poter contare su flussi stabili di finanziamento, nè su risorse umane stabili (data la spesso gratuita volontarietà d azione) e di rivolgere la propria azione a gruppi ristretti di cittadini (Borgaza, Fazzi, 2005). 4

21 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare Le modalità di intervento del Welfare State sono tre (Ferrera, 2006): Assistenza (pubblica o sociale), basata su interventi a carattere condizionale e/o discrezionale destinati a specifici bisogni individuali e/o collettivi; attraverso la prova dei mezzi, lo Stato è chiamato a verificare l effettiva esistenza del bisogno e l assenza di risorse adeguate a farvi fronte. Assicurazione sociale (obbligatoria), ovvero l intervento volto a erogare prestazioni semistandardizzate, in base a diritti/doveri individuali, all insorgere di specifici eventi precodificati; l adesione è obbligatoria per supplire alle eventuali irresponsabilità dei singoli individui e il finanziamento avviene mediante contributi sociali. Sicurezza sociale, un sistema di protezione esteso a tutta la popolazione, con prestazioni uguali per tutti e, quindi, indipendente dai contributi versati dai singoli. 3. La storia del Welfare State Nell epoca tardo-medievale, iniziò a diffondersi una concezione di eguaglianza degli uomini dinnanzi a Dio, in virtù della quale si sarebbe giunti a rimuovere le barriere sociali trasmesse dalla nascita e dal relativo status di appartenenza (Girotti, 2005); il diffondersi di tale mentalità portò al sorgere di interventi occasionali, su base locale, che la società rivolgeva a persone ritenute immeritevoli e che comportavano emarginazione sociale e politica. In letteratura, si è concordi nel ritenere il primo esempio di assistenza sociale per i poveri le Poor Laws inglesi (1601), con le quali fu istituito un sistema di reclusione/repressione dei soggetti proletarizzati (work houses), considerati pericolosi da parte delle classi sociali agiate, che prevedeva l utilizzo dei poveri abili e l attenuazione della sofferenza degli inabili (Naldini, 2006). Gli interventi a favore dei poveri erano, dunque, standardizzati e orientati al principio dell assistenzialismo paternalistico. Tuttavia, l irrompere dell industrializzazione e della conseguente urbanizzazione provocarono la nascita di nuovi bisogni all interno delle società europee; al contempo, nuovi diritti iniziarono ad essere reclamati, soprattutto nei contesti operai. Fu la cosiddetta rottura liberale, ovvero la messa in discussione del paternalismo assistenziale, che stimolò l introduzione nella Germania di Bismarck, nel 1883, della prima assicurazione sociale obbligatoria, contro le malattie (Naldini, 2006), evento ricordato come il decollo del moderno Welfare State, il cui sviluppo può essere suddiviso in cinque fasi (Ferrera, 2006): 1) Instaurazione ( ): è il periodo in cui, sull esempio della Germania, i Paesi europei iniziarono ad introdurre le prime forme di assicurazione sociale contro dei rischi determinati a priori, quali gli infortuni sul lavoro, la malattia e la vecchiaia. Gradualmente, la responsabilità del verificarsi di specifici eventi passava dall individuo alla società nel suo complesso: fu in ciò che si concretizzò la suddetta rottura liberale, che raggiunse il culmine con l inserimento di schemi assicurativi contro il rischio di 5

22 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare disoccupazione, considerata dai liberali come una responsabilità individuale e non come il possibile esito dei processi sociali (Ceraolo, 2011). I fattori cornice, che favorirono il sorgere dei primi schemi assicurativi, sono strettamente connessi al processo di industrializzazione e concernono: l esigenza di favorire l integrazione delle masse di lavoratori giunti dalle campagne alle grandi città e l aumento di risorse economiche, provocato dallo sviluppo industriale. I fattori specifici, di carattere politico-istituzionale, riguardano, invece, la mobilitazione dei lavoratori (ed in particolare la mobilitazione operaia). Nei regimi monarchico-autoritari (Germania di Bismarck, Austria, Finlandia, Svezia, Italia), in cui il potere del Parlamento è limitato rispetto a quello della Corona, l assicurazione obbligatoria fu concessa dall alto con finalità di controllo sociale; nei regimi Parlamentari, in cui il Parlamento è centrale rispetto alla Corona (Francia, Inghilterra, Belgio e Olanda), l introduzione dell assicurazione obbligatoria dipese dall azione politica della classe operaia ed, in particolare, dalla capacità di quest ultima di ottenere consensi e potere in Parlamento (evento conseguente all estensione del diritto di voto) (Ferrera, 2006). 2) Consolidamento ( ): è in questa fase che si passò dall assicurazione dei lavoratori all assicurazione sociale propriamente detta; furono, infatti, ampliati i programmi assicurativi ed estesi anche a tutela di categorie altre rispetto a quella dei lavoratori dipendenti. Importanza particolare fu attribuita alla famiglia, che poté iniziare a godere degli assegni familiari, una forma assicurativa, di cui titolare è il capofamiglia lavoratore, ma le cui prestazioni vengono definite in base al numero dei famigliari inattivi. Alla prestazione commisurata alla quantità di contributi versati cominciò ad affiancarsi l idea di una minima protezione commisurata ai bisogni dell individuo, indipendentemente dalla contribuzione. 3) Espansione ( ): sono gli anni del trentennio glorioso in cui nei Paesi europei vi furono una notevole estensione e un ampliamento delle forme di protezione statali, favorite dal crescente benessere economico. Nei Paesi dell area anglo-scandinava prese forma un modello di welfare universalistico, finanziato attraverso la fiscalità generale ed orientato ai principi egualitari del celebre Rapporto Beveridge (1942). I Paesi dell Europa continentale si orientarono, invece, verso un modello occupazionale, basato su molteplici schemi professionali, ciascuno con le proprie regole, finanziato attraverso i contributi sociali ed ispirato alla politica bismarckiana. 4) Crisi (anni 70 anni 90), originata dalla crescente inadeguatezza delle vecchie soluzioni di fronte a nuovi problemi 7. Il modello universalistico e quello occupazionale poggiavano su premesse (economia in crescita; società industriale; divisione di genere del lavoro e stabilità familiare; equilibrio demografico; aspettative di benessere stabili; centralità dello Stato-nazione) venute meno, a partire dalla metà degli anni 70. In questo 7 Ferrera M., Le politiche sociali, Il Mulino, Bologna, 2006, p. 27 6

23 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare periodo, infatti: iniziarono a contrarsi i tassi di crescita economica; si passò ad una società postindustriale (centrata sull erogazione di servizi e su nuovi modi di produrre, quali il decentramento produttivo, il consumo differenziato, la flessibilità lavorativa), attraverso il superamento dei parametri fordisti (produzione-consumo di massa; forza lavoro maschile impiegata in fabbrica); aumentò la partecipazione femminile al mercato del lavoro e, di conseguenza, iniziò a mutare il modello familiare; si registrò un profondo calo demografico; aumentarono le aspettative di benessere dei cittadini; cominciarono a mutare i confini dello Stato nazione, in risposta all imporsi della globalizzazione. 5) Riforma (dagli anni 90 ad oggi), centrata ovunque sul contenimento dei costi della spesa sociale, in particolar modo in ambito pensionistico (innalzamento dell età pensionabile) e sanitario (compartecipazione dei cittadini alla spesa) (Ceraolo, 2011). Secondo Ferrera, Hamerijck, Rhodes (Ferrera, 2006), si rende necessario un processo di ricalibrutura del Welfare e, quindi, di cambiamento istituzionale, che si connoti per: la presenza di vincoli (endogeni/esogeni) in grado di condizionare le scelte dei policy makers; l interdipendenza tra scelte espansive/migliorative e restrittive/sottrattive; il ridimensionamento dell enfasi posta sui diversi strumenti ed obiettivi delle varie politiche sociali. È possibile parlare di tre forme di ricalibratura: funzionale, concernente gli interventi atti a ribilanciare la funzione di protezione sociale rispetto a diversi rischi (ad esempio, diminuire le forme di tutela della per tutelare maggiormente l infanzia); distributiva, mirata a ribilanciare il livello di protezione sociale tra categorie iper-garantite (dipendenti pubblici) e sottogarantite (giovani in cerca di occupazione); normativa, ovvero interventi puramente simbolici (pubblicazioni e esternazione di esperti, intellettuali, politici) che promuovano l impegno a mutare lo status quo perché inefficiente, inefficace ed iniquo. 4. Lo scenario attuale: dal Welfare Mix al Welfare di comunità Sembra ormai anacronistica l idea di un Welfare basato sui soldi (Folgheraither, 2006), che preveda, da una parte, che siano le Pubbliche Amministrazioni a farsi carico, sfruttando la fiscalità generale, dei disagi dei cittadini, e, dall altra, che siano gli stessi cittadini ad attivarsi per acquistare sul mercato i servizi di cui necessitano. Un compromesso tra le due suddette strategie, nel settore socio-assistenziale, è quello dei quasi mercati o mercati interni: la Pubblica Amministrazione, valutando i bisogni collettivi, decide quali prestazioni acquistare da soggetti privati (for profit e non profit), che, a loro volta, erogano, per conto dello Stato, servizi destinati ai cittadini: è la logica del Welfare mix, largamente accettato, non solo come antidoto alla crisi fiscale e all ipertrofia della spesa pubblica, ma anche come terapia adeguata a fronteggiare 7

24 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare l inefficacia di un Welfare erogato unicamente per via burocratica 8. Protagonista attivo del modello di Welfare Mix è il Terzo Settore, individuato nella gamma articolata di cooperative, associazioni, organizzazioni, le quali, senza alcuna finalità di lucro, prestano servizi di pubblica utilità, orientati alla solidarietà e alla reciprocità ( Boccacin, 2005). Un rischio dei quasi mercati è, tuttavia, quello di offrire prestazioni standardizzate che non tengano conto dei concreti bisogni, sia espressi che latenti, degli individui: l effettiva valorizzazione del contributo degli attori del Welfare Mix è, dunque, subordinato all esistenza di sistemi istituzionali di valorizzazione e promozione del terzo settore, tanto a livello locale, quanto nazionale, nonché alla sua capacità di incrementare l efficienza e l efficacia dell offerta di beni e servizi erogati dai tradizionali attori del Welfare (lo Stato, il mercato, la famiglia) (Fazzi, 1998). Secondo Donati, è solo riconoscendo la necessaria interdipendenza tra pubblico e privato che si può uscire dalla crisi che il Welfare State sta vivendo (Villa, 2000). Lo scenario attuale pone gli attori tradizionali del Welfare nella condizione di dover affrontare la carenza di risorse economiche e, dunque, di dover inventare strategie innovative di cura dei bisogni di singoli e gruppi. Tra le strategie adeguate a superare la crisi del Welfare, risulta essere particolarmente valida quella del Welfare comunitario (Folgheraiter. 2006), che si basa sull assunto che il benessere da sempre scaturisce [ ] dalla creatività delle intelligenze naturali presenti nelle comunità locali. E una strategia di politica sociale che non si preoccupa solo di come distribuire le ricchezze materiali prodotte dal sistema economico, bensì anche di come creare ricchezze immateriali e risorse attraverso l <<intelligenza>> e il cuore delle reti sociali comunitarie 9. Obiettivo primo dei policy maker deve diventare, dunque, quello di capire come tutelare e incrementare il capitale sociale naturale, un bene relazionale fondato sui legami sociali e la fiducia (Myers, 2008) per favorire il benessere, esito di una relazione tra molteplici soggetti, tra cui, in primis, i professionisti del sociale (Folgheraiter, 2006). Se all interno di un contesto locale, le persone si fidano di coloro con cui si relazionano, prendendosi cura responsabilmente dei propri e degli altrui problemi e traendo dagli altri gli strumenti (non materiali) necessari ad affrontare i disagi quotidiani, piuttosto che attendere interventi risolutivi dall alto, i problemi inizieranno a pesare meno e potranno addirittura risolversi (Folgheraiter, 2006). Sarebbe, tuttavia, errato banalizzare il Welfare comunitario, immaginandolo come la realizzazione di un mondo in cui le persone siano solidali e si aiutino a vicenda: esso è una strategia professionale (agita da operatori consapevoli) ed è anche una strategia di pianificazione pubblica (agita da policy maker consapevoli) 10, che vede lo stato partecipe attivo nel definire gli indirizzi d azione strategici e nel monitoraggio di quanto attuato a livello locale. Per giungere al Welfare comunitario, è necessario discostarsi dalla logica che vede i fruitori dei servizi come acquirenti 8 Girotti F., Welfare State voce pubblicata nel Dizionario di Servizio Sociale, diretto da M. Dal Pra Ponticelli, Carocci Faber, Roma, 2005, p Folgheraiter F. La cura delle reti. Nel Welfare delle relazioni (oltre i Piani di Zona), Erickson, Trento, 2006, p Ibidem p.27 8

25 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare di prestazioni preconfezionate ed abbracciare la logica societaria, secondo la quale, allorché sorge un problema in una famiglia o in una comunità, prima di giungere ad acquistare servizi, i soggetti si confrontano attivamente rispetto alle possibili soluzioni al problema stesso (Donati, 2000); inoltre, secondo la teoria dell helper therapy, nell aiutare l altro a risolvere un problema, si aiuta anche se stessi, guidati da esperti professionisti che sostengono individui, famiglie, gruppi a tessere reti (Folgheraiter, 2006). Un problema è originato da una molteplicità di cause e molteplici sono le soluzioni possibili per risolverlo; tuttavia, la natura dinamica dei problemi spesso non è carpita dai professionisti dell aiuto, i quali finiscono per etichettare i problemi stessi di cui gli utenti sono portatori in semplicistiche categorie (il tossicodipendente, il disabile, ecc..). Se, invece, ci si connette in rete e, quindi, si condividono risorse, energie, competenze, realizzando un sistema, uno stesso problema viene affrontato attraverso molteplici punti di vista, confrontando i quali si evitano pregiudizi ed etichette e si giunge alla soluzione maggiormente adeguata ad uno specifico problema e non ad un problema standard. L idea del Welfare comunitario si concretizza nel cosiddetto community care, il procedere all organizzazione delle misure assistenziali (care) a favore delle categorie sociali più deboli [ ] attribuendo priorità alla fondamentale esigenza di queste persone di vivere entro i confini e la cultura della comunità locale di appartenenza 11. Il moderno Welfare, a mezzo di quanti operano nel mondo sociale, sembra discostarsi dall idea di curing (curare per guarire) per aderire all idea del caring (il curare con l intento di migliorare la qualità della vita), esito dell azione finalizzata di più persone interconnesse che perseguono scopi condivisi in vista del raggiungimento del benessere collettivo (Folgheraiter, 2006). 4.1 La cittadinanza societaria e l affermazione della sussidiarietà Lungi dal voler intendere la cittadinanza come mero status giuridico, è possibile definirla, aderendo alla teoria di Donati (2000), come relazione sociale. Il pensiero classico ha inteso la cittadinanza come la relazione (fondata su una molteplicità di variabili di natura psicologica, economica, politica, culturale, sociale) che sussiste tra un individuo (singolo o collettivo) e la comunità politica, ovvero coloro i quali sono riconosciuti come protettori della res pubblica (e quindi del bene comune). Con l Illuminismo, nasce l idea moderna di cittadinanza, che ha insite una spinta paternalistica ed assistenzialista (secondo la quale i diritti di cittadinanza vengono concessi con finalità di controllo sociale) ed una emancipatoria (che vede gli individui come soggetti agenti liberi dai vincoli del potere dello Stato), che si fondono nell immagine di un uomo nato libero, ma assoggettato, poi, ai vincoli imposti dal sistema sociale (Donati, 2000). Mentre nell epoca moderna, la cittadinanza è data dall appartenenza ad uno stato nazione e dalla distinzione tra sfera pubblica (Stato) e privata (società civile), nel postmoderno (segnato dal passaggio alla dimensione sovra-nazionale), la cittadinanza diviene la dimensione politica di 11 Raineri M.L. Community Care, voce pubblicata nel Dizionario di Servizio Sociale, diretto da M. Dal Pra Ponticelli, Carocci Faber, Roma, 2005, p

26 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare relazioni sociali che perseguono beni comuni 12 e che derivano dall incontro tra la società dell umano (l insieme delle relazioni sociali) e quella tecnica (le forme associative strutturate mediante meccanismi tecnici). Dalla cittadinanza statalistica si passa alla cittadinanza societaria, ovvero la cittadinanza vista dalla parte della società (fatta di relazioni tra entità individuali e collettive) e non più dalla parte dello Stato (Donati, 2000). La visione della cittadinanza offerta da Donati sembra ben aderire all affermazione dell articolo 118 della Costituzione italiana, secondo il quale Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. La riforma del Titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001, ha, infatti affiancato all idea di una sussidiarietà verticale (che ripartisce le competenze verso gli enti più vicini al cittadino) quella di sussidiarietà orizzontale (basata sul principio per il quale siano i cittadini, come singoli o come gruppi, ad intervenire sulla propria realtà sociale). Parlare di cittadinanza societaria consente, dunque, di parlare di cittadinanza attiva, che orienti la propria azione alle norme della reciprocità e di responsabilità sociale: aiutare chi ha bisogno e proteggere il bene comune, senza, tuttavia, aspettarsi di essere contraccambiati (Myers, 2008). 4.2 Le reti di fronteggia mento nel Welfare comunitario: il terzo settore e l operatore di rete Il terzo settore, nell ottica del Welfare comunitario, è una risorsa fondamentale che ha la capacità di produrre servizi relazionali, in quanto è in grado di attivare relazioni e creare connessioni tra individui-gruppi-istituzioni (Folgheraiter, 2006). Sono le organizzazioni del terzo settore ad aver contribuito a disegnare le politiche sociali, valutando da vicino i bisogni delle varie realtà sociali, attivando capitale sociale e fungendo da soggetti in grado di generare fiducia e proattività. Tuttavia, negli ultimi tempi, si tende a percepire il terzo settore come uno strumento/pedina delle politiche pubbliche ed erogatore di prestazioni per conto delle Pubbliche Amministrazioni, da cui è sovvenzionato. Ciò che realizzano i servizi relazionali sono reti di fronteggiamento, ovvero il condensarsi delle azioni reciproche entro una certa trama di connessioni flessibili che continuamente si fa e si disfà dipanandosi lungo l asse del tempo, in direzione di uno scopo condiviso 13. Il fronteggiamento, come modalità di operare che accomuna il terzo settore al servizio sociale erogato da un ente pubblico, può realizzarsi intorno al caso, al gruppo, alla collettività tutta (sviluppo di comunità); esso si struttura a partire da reti, in primo luogo, naturali (parentela, amicizia, vicinato, mutualità assistenziale), che divengono miste allorchè in esse si situano soggetti della comunità ed operatori professionali che, non si limitano a erogare prestazioni standardizzate, ma si pongono nella condizione di imparare dalla specifica situazione e di riflettere in merito al determinato fronteggiamento (Folgheraiter, 2006). 12 Donati P. La cittadinanza societaria, Laterza, Bari, 2000, p Folgheraiter F. Teoria e metodologia del servizio sociale, Franco Angeli, Milano, 1998 in Folgheraiter F. La cura delle reti. Nel Welfare delle relazioni (oltre i Piani di Zona), Erickson, Trento, 2006, p.56 10

27 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare Dal case manager (che acquista, vende, assembla relazioni standard) si passa all immagine dell operatore di rete (facilitatore), che accompagna la rete, mette in gioco la sua creatività per attivare risorse espresse e latenti da reperire nella comunità, favorendo il progressivo allargamento della rete stessa e monitorando i processi che in essa si realizzano (Folgheraiter, 2006): è posto alla guida di un processo il cui perno sta nelle relazioni tra soggetti. 4.3 Il Welfare di comunità nella società degli individui Tra il 1940 e il 1954, l avvento della società di massa e dell industrializzazione, portarono Adorno a percepire l individuo come non più autosufficiente e quindi condannato a potersi mantenere in vita soltanto a patto di abdicare alla sua individualità, di cancellare i confini dell ambiente, di rinunciare a una parte consistente della propria autonomia e indipendenza 14. Erano anni di profonda trasformazione socio-culturale, contraddistinti dal disgregarsi della famiglia nucleare, dall avvento dei primi esempi di tecnologia, dal cambiamento dei costumi e delle abitudini. Nello scenario post-moderno sembra ribaltarsi il paradigma di Adorno: viviamo un epoca connotata dall incertezza e dalla precarietà esistenziale, in cui l uomo è posto ad essere usato fino quando è in grado di produrre, per poi essere lasciato a se stesso; gli esseri umani sono convinti di poter raggiungere i propri obiettivi contando solo su se stessi e consumando beni e servizi, non nella logica capitalistica (per la quale il consumo segue ad una mancanza), ma con l intento di appagare desideri, in una compulsiva ed infinita tendenza alla soddisfazione (Bauman, 2006). È l era della modernità liquida, che comporta il disgregarsi dei legami sociali e l insorgere della solitudine, e, quindi, l individualizzazione, che consiste nella trasformazione dell identità umana da qualcosa di dato a un compito, e nell attribuzione agli attori della responsabilità rispetto alla realizzazione di questo compito e delle conseguenze [ ] delle loro azioni 15 : l uomo è chiamato a sforzarsi per definire chi è ed, in ciò, è libero di sperimentare, ma allo stesso tempo schiavo, perché posto a vivere in situazioni di incertezza, ove non può esercitare a pieno le sue, potenzialmente infinite, possibilità di scelta. Quando la società del consumismo pone l uomo ai margini è compito dello Stato sociale (che è l istituzionalizzazione dell idea di comunità) la sua cura, in virtù del principio di solidarietà (Bauman, 2008). Bauman (2008) invita a riflettere sull evoluzione del concetto di felicità, come passaggio dal perseguimento di libertà, uguaglianza, fraternità (dall Illuminismo in poi) a quello di sicurezza, parità, rete ; in particolare, la libertà di scelta ed espressione individuale è progredita fino al punto che il costo di tale evoluzione (cioè la perdita di sicurezza degli interventi statali in caso del verificarsi di eventi non normativi) ha iniziato ad essere ritenuto insostenibile da un crescente numero di soggetti, che esigono, oggi, maggiori certezze, pure a scapito della libertà individuale; l idea di condizioni di vita uniformi e universalmente 14 Adorno T. W. La crisi dell individuo, edizione italiana Testa I. (a cura di), Diabasis, Reggio Emilia, 2010, p Bauman Z. Individualmente insieme, edizione italiana Leccardi C (a cura di), Diabasis, Reggio Emilia, 2008, p

28 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare condivise (uguaglianza) viene via via sostituita da quella di una diversificazione in linea di principio illimitata (parità) fino al coincidere con il diritto di essere e rimanere differenti senza che per questo siano negati dignità e rispetto 16 ; mentre la fratellanza implicava una struttura predefinita, in cui erano note ed esplicite le regole di condotta, i principi e le modalità di interazione, la rete è de-strutturata, perché è tessuta nel corso dell azione ed intorno ai suoi molteplici nodi, ovvero gli individui (ogni singolo si porta dietro assieme al proprio corpo, il suo o la sua specifica rete, un po come una chiocciola porta la sua casa 17, in cui i legami sono facilmente scioglibili, perché fluidi). Se si tende all individualismo è a causa della mercificazione di beni un tempo centrati sulla gratuità (la cura, gli affetti, il dono) (Cassano, 2011) e se essere individui equivale ad essere diversi, ne consegue che ognuno è uguale all altro, in una società che affida ai suoi singoli membri il compito di ricercare la propria vera identità (Bauman, 2006). Eppure di comunità c è bisogno: lo si coglie nella costante esaltazione della dialettica noi-loro, in un epoca in cui, tuttavia si moltiplicano i canali di comunicazione esterna, a scapito di quella interna. Il paradosso è palese: se da una parte la liquidità spinge verso l individualismo e, quindi, la ricerca di una propria identità, dall altra la vulnerabilità delle singole identità e la precarietà del processo di costruzione delle singole identità inducono i creatori di identità a cercare delle grucce su cui appendere tutte le loro paure e ansie vissute a livello individuale e quindi una volta fatto ciò a eseguire i rituali esorcistici in compagnia di altri individui afflitti dalle medesime ansie e paure 18 ; è l idea di una comunità-gruccia a cui affidare le proprie paure ed insicurezze (Bauman, 2001), esito di costanti processi di negoziazione delle differenze. Più che lo Stato, è dunque all individuo che oggi si attribuisce il compito di curare le relazioni e farsi carico delle ansie dovute all insicurezza esistenziale: ben si colloca, in un simile scenario, l idea di un welfare di comunità, fondato sulla relazione. 4.4 Nuovi bisogni, nuove povertà Compito primario del Welfare State è, dunque, quello di aumentare il benessere degli individui; tuttavia, il concetto di benessere non è assoluto, ma varia a seconda delle epoche storiche e delle aree geografiche di riferimento. A lungo, il concetto di benessere è stato connesso a quello di ricchezza: basti pensare, che, negli anni d oro, il Welfare State puntava a garantire un pacchetto di prestazioni materiali ai cittadini individuati come bisognosi. Tuttavia, il passaggio dalla società industriale a quella post industriale ha ben evidenziato come il benessere comprenda beni non materiali, di natura sociale, relazionale, psicologica, culturale che incidono sulla qualità della vita (Secondulfo, 2005). Risulta ancora attuale la proposta di Maslow (1982) di intendere il benessere come la realizzazione dei bisogni di cui l essere umano è portatore e che si possono suddividere gerarchicamente (dal basso verso l alto) in fisiologici, di sicurezza, 16 Ibidem, 2008, p Ibidem p Bauman Z. Voglia di comunità, Laterza, Bari-Roma,

29 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare di possesso e amore, di stima, di autorealizzazione: il passaggio dai bisogni più bassi a quelli più elevati è influenzato dalle condizioni ambientali. Si può ancora parlare di bisogno come carenza, che, stando all approccio sociologico, non esiste in maniera assoluta e deterministica, perché prodotta da rapporti sociali, in continua evoluzione, che ne determinano, oltre al valore simbolico e materiale, anche le modalità di soddisfazione. E quando l uomo soddisfa i suoi bisogni primari che comincia ad avvertire bisogni di tipo non materialistico (essere amato, appartenere a un gruppo, essere riconosciuto nella sua identità personale e sociale,..); ed è quando tali bisogni non trovano adeguata soddisfazione che si può iniziare a parlare di nuove povertà, di natura relazionale, abitativo-urbana, di organizzazione sociale, di gruppo/fascia sociale, di personalizzazione (Villa, 2000). In un mondo ormai globalizzato, i bisogni dell individuo si complicano e ciò provoca nuove sfide per i sistemi di Welfare, che devono, dunque, ripensarsi e partire dalla relazione tra soggetti. Nello specifico, la fragilità socioeconomica italiana, incrementa la portata dei nuovi bisogni (e quindi delle nuove povertà) che si coglie dall incremento costante dei tassi di disoccupazione, dall aumento della popolazione (ma grazie alle nascite di stranieri), dal prolungarsi della speranza di vita e il ridursi della fecondità (invecchiamento della popolazione), dalla contrazione della numerosità della famiglia e l emergere di nuove forme familiari, dall aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro (che rende necessarie le politiche di conciliazione e il ripensare le forme di responsabilità delle cure), la precarietà delle giovani generazioni, il crescere del peso della prestazioni sociali sulla composizione del reddito (ISTAT, 2012). A nuovi bisogni corrispondono nuove sfide, a cui dovranno far fronte gli attori tutti del nuovo Welfare comunitario. 5. Lo sviluppo di comunità Per comunità (dal latino communitas-communitatis, che sta per comunanza) si intende un insieme di soggetti che condividono aspetti significativi della propria esistenza e che, per questa ragione, sono in un rapporto di interdipendenza, possono sviluppare un senso di appartenenza e possono intrattenere tra loro relazioni fiduciarie" 19 ; più che come oggetto da studiare, è opportuno considerare la comunità come soggetto agente in continua evoluzione, dotato di storia, di un sapere e di un saper fare. L essere comunità (la condivisione, tra i membri di un gruppo, di aspetti che rendono i vari individui interdipendenti) non sempre coincide con il sentirsi comunità (il sentimento che lega coloro i quali, dopo aver sviluppato un comune senso di appartenenza, instaurano relazioni fiduciarie) (Martini, Torti, 2003). In particolare, secondo Chavis e MacMillan, il senso di comunità, presupposto per lo sviluppo della comunità stessa, si articola in: senso di appartenenza (sentirsi parte della comunità), influenza (percezione che il 19 Martini E. R., Torti A. Fare lavoro di comunità, Carocci Faber, Roma, 2003, p

30 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare singolo ha di influenzare i processi collettivi che nella collettività prendono vita), soddisfazione dei bisogni (dell individuo attraverso la comunità e viceversa), connessione emotiva condivisa (in base alla qualità dei legami tra individui e alla percezione di condividere, o meno, una comune storia e un comune destino) (Albanesi, 2009). Per sviluppo (derivato di sviluppare, che, a sua volta, deriva da viluppo), si intende letteralmente il togliere dal viluppo (sciogliere ciò che è raccolto), e quindi lo svolgere, l accrescere (Merler, 2005). Lo sviluppo di comunità è una filosofia, sorretta da principi ispiratori, criteri di orientamento e scelta, concernenti il potenziamento delle risorse, dell autonomia, delle competenze e delle responsabilità di individui, famiglie o gruppi, stanziati in uno specifico contesto (Martini, Torti, 2003). Al contempo, è anche una strategia di lavoro di comunità (un azione sociale, psicosociale, sociopolitica, che punta alla responsabilizzazione collettiva, alla attivazione e sostegno di processi di collaborazione/partecipazione, allo sviluppo di relazioni e competenze tra i membri di una comunità) che indica un processo di cambiamento e, allo stesso tempo, i risultati di tale processo, finalizzato a produrre un miglioramento nella qualità della vita dei soggetti che vivono nella comunità, quindi accrescere la capacità degli stessi di risolvere i loro problemi e di soddisfare i propri bisogni 20. Secondo l approccio eco sistemico, la qualità della vita si può esprimere mediante la compatibilità che sussiste tra i soggetti (individuali/collettivi) e le condizioni (fisiche, sociali, economiche, culturali, ) in cui essi vivono e che essi stessi contribuiscono a creare, in base ai propri bisogni ed interessi; gli obiettivi ultimi di un progetto di sviluppo di comunità sono, dunque, lo sviluppare il sentimento di comunità e il sostenere la comunità come soggetto agente (Martini, Torti, 2003). Il diritto dei cittadini di poter scegliere il proprio destino è, quindi, fortemente connesso al loro dovere di assunzione di responsabilità nel favorire l aumento della qualità della vita dell intera comunità, mediante processi di continuo apprendimento dall esperienza, nonché di collaborazione e mutuo aiuto. Elementi distintivi dello sviluppo di comunità, secondo Chavis e Florin, sono: il livello di coinvolgimento dei cittadini e la loro volontaria collaborazione; il problem solving collaborativo; l orientamento all empowerment comunitario; l attenzione centrata sui risultati rilevanti per la comunità stessa (Albanesi, 2009). È possibile promuovere lo sviluppo delle competenze della comunità attraverso: l identificazione delle capacità dei leader locali; la creazione di coesione sociale, favorendo sane relazioni interpersonali; il supporto alla costituzione di organizzazioni informali. 20 Martini E. R., Torti A. Fare lavoro di comunità, Carocci Faber, Roma, 2003, p

31 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare 5.1 I profili di comunità Per conoscere la comunità, in cui si andrà a collocare uno specifico progetto/intervento, è necessario analizzarla nelle sue molteplici variabili, cogliendo una serie di aspetti ritenuti significativi, tra cui i cosiddetti profili di comunità (Campanini, 2002): Profilo territoriale: aspetti geografici strutturali (confini, morfologia, ) e semistrutturali (canali di comunicazione presenti, insediamenti produttivi, ); sarà importante individuare l esistenza sul territorio di case degradate, di edilizia popolare/residenziale, di contesti di aggregazione. Profilo demografico: dati demografici sui residenti nella specifica comunità (età, sesso, occupazione, ), necessari a comprendere gli andamenti dei tassi di natalità/mortalità, nuzialità, nonché quelli dei fenomeni di mobilità. Profilo occupazionale: tipologie di attività produttive presenti nella comunità e lettura delle dinamiche del mercato del lavoro, con particolare riferimento alla condizione di donne, giovani, categorie vulnerabili. Profilo dei servizi: servizi socio-educativi, socio-assistenziali, sanitari, ricreativoculturali, presenti (a livello formale e informale) nella comunità; è fondamentale la conoscenza di tali attori per costruire adeguate reti. Profilo istituzionale: presenza delle istituzioni sul territorio, di cui dovranno cogliersi dinamiche, problemi maggiormente affrontati e trascurati, eventuale modalità di coinvolgimento dei cittadini. Profilo psico-sociale: analisi dei gruppi presenti nella comunità e delle loro modalità di interazione, integrazione e collaborazione; potrà scaturire tendenza alla mutualità/solidarietà, ma anche all emarginazione/isolamento. Profilo storico e antropologico-culturale: conoscenza dell evoluzione nel tempo della comunità e della cultura che la contraddistingue (qui intesa come il sistema di valori e modelli). 5.2 I processi del lavoro di comunità Il lavoro di comunità è reso possibile dall interazione di molteplici attori; i principali processi che possono aver luogo nel concretizzarsi di un intervento di comunità, quale può essere un progetto di sviluppo di comunità, sono (Martini, Torti, 2003): La partecipazione: è il processo di attivazione dei cittadini (top-down, quindi dall alto, o bottom-up, dal basso) per influenzare le decisioni che riguardano la comunità, in generale, e, quindi, le loro vite; è un obiettivo da perseguire e può esplicitarsi attraverso modalità rivendicative (quando ci si attiva per far si che vengano rispettati i propri diritti, ritenuti violati), di organizzazione della domanda (con valenza consultiva e finalizzata ad avanzare richieste a chi amministra la res pubblica), 15

32 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare collaborativa/negoziale (cittadini e istituzioni collaborano pere ricercare/attuare soluzioni a specifici problemi). Partecipando, gli individui possono sentirsi competenti e meno impotenti nel decidere del bene comune ed, inoltre, le relazioni della comunità si rinforzano, mediante forme di scambio e mutualità. La collaborazione: può avvenire tra persone che vivono la comunità e istituzioni, tra attori del terzo settore, tra servizi pubblici e istituzioni stanziati in un medesimo territorio; la forma che si sceglie di dare alla collaborazione, che dipende dagli obiettivi che si perseguono e le caratteristiche e le aspirazioni degli attori, va dalla rete (connotata dalla bassa strutturazione dei legami tra gli attori ) alla coalizione (un alleanza formale altamente strutturata). Per collaborare è, comunque, necessario avere capacità di ascolto attivo, di mediare e di porsi nei panni dell interlocutore. La leadership: è la direzione e l orientamento di cui adeguate forme di partecipazione e collaborazione necessitano per raggiungere i propri obiettivi; un membro della comunità diventa leader quando viene riconosciuto tale dalla comunità stessa, perché in grado di interpretarne la cultura e fungere da guida. 5.3 L empowerment e la prossimità nello sviluppo di comunità Per empowerment si intende un processo nel quale le persone o i gruppi svantaggiati/oppressi scoprono ed esercitano appieno la loro capacità di azione, intesa anche come disponibilità e capacità di lotta contro coloro che li opprimono [ ] i soggetti acquisiscono la sensazione di aver potere e acquisiscono potere effettivo nel governo della loro vita 21 ; tale processo, che è, al contempo, esito e risultato, prevede che utenti di servizi e comunità locali si attivino (con o senza aiuti esterni) per migliorare il proprio benessere. È questo il concetto che meglio esprime la finalità dello sviluppo di comunità, nonché il presupposto affinché un progetto di sviluppo di comunità dia risultati validi: è l immagine che meglio raffigura la fine dell assistenzialismo e dell attesa di interventi risolutivi che giungano dall alto delle gerarchie di potere. A tal proposito, si parla di quarto settore per indicare quanti attivamente agiscono, in forma collettiva, per se stessi e per chi presenta situazioni vicine alla propria; gli utenti e i soggetti di una comunità diventano, in tal modo, operatori in grado di mettere la propria creatività a disposizione della risoluzione di problemi collettivi (Folgheraiter, 2006). Pertanto, è ormai superata l idea di utente passivo che riceve interventi da parte di professionisti, a favore, invece, di quella di utente come soggetto che agisce, guidato da professionisti, dai quali riceve potere, che restituisce sotto forma di attivazione di nuove risorse, reti e opportunità di cambiamento (Folgheraiter, 2000). Con il termine prossimità ci si riferisce allo stare in relazione e, quindi, entrare in contatto con l altro da sé, con cura e reciproco rispetto, comunicando (assodato che 21 Folgheraiter F. La cura delle reti. Nel Welfare delle relazioni (oltre i Piani di Zona), Erikson, Trento, 2006, p

33 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare non si può non comunicare) e scambiandosi doni, ovvero crediti di fiducia necessari a dar vita ad una relazione (Maurizio, Belletti, 2006). Presupposto della prossimità è, dunque, la fiducia, intesa come l avere fede e l affidarsi all altro. Nell ambito dello sviluppo di comunità, è necessario che gli operatori sociali si facciano promotori della prossimità per poter costruire relazioni tra attori e diffondere, gradualmente, una cultura della solidarietà, che trovi applicazione nel sostegno reciproco tra soggetti appartenenti a una medesima comunità. Condividendo risorse e responsabilità, si realizzano forme di presa in carico comunitaria, esito di un processo in cui interagiscono [ ] il sistema delle responsabilità locali, i ruoli e le funzioni di chi promuove, rappresenta e tutela la comunità locale, le culture, le esperienze collaborative, i profili solidaristici presenti, i bisogni specifici di una data popolazione o di parte di essa, il sistema dei servizi e delle prestazioni, i saperi professionali e diffusi locali 22. A farsi carico dei disagi non è un attore collettivo (i cui componenti non necessariamente condividono una comune coscienza), ma un soggetto sociale, ovvero una forma associativa tra individui e/o gruppi che percepiscono di essere dotati di una comune identità e sono in grado di agire come un corpo solidale autonomo, dotato di libertà e responsabilità proprie (Donati, 2000). Giungere all empowerment della comunità a partire dalla promozione della prossimità: è la strada da percorrere se lo sviluppo è la meta che si intende raggiungere. 5.4 Gli attori dello sviluppo di comunità La comunità dispone al suo interno di una molteplicità di attori, in grado di contribuire al cambiamento che si persegue; essi possono essere suddivisi in tre categorie (Martini, Torti, 2003): Operatore di comunità, con il compito di attivare, sostenere e accompagnare processi di partecipazione comunitaria, attivando risorse e favorendo modalità di progettazione dal basso; le sue principali attività riguardano la presenza stabile nella comunità (e quindi, la cura dei legami), la conduzione di progettazione-partecipata e ricerca-azione partecipata, l informazione, la formazione (sul campo), la consulenza. Cittadini attivi, che, piuttosto che delegare a terzi la risoluzione di problemi (propri o altrui), si impegnano in attività che oltrepassano gli interessi personali e della propria famiglia, organizzandosi in gruppi (associazioni, cooperative, ecc ), mobilitando risorse umane, tecniche, finanziarie e assumendosi la responsabilità di interventi mirati alla tutela/realizzazione del bene comune. Istituzioni pubbliche e private. Soffermandosi sul ruolo dell operatore di comunità, è opportuno esplicitarne le competenze principali: la motivazione, che si concretizza nella capacità di trasmettere energia ed entusiasmo; la conoscenza di se stesso e, quindi, delle proprie potenzialità e dei propri limiti, 22 Vernò F. Presa in carico comunitaria voce pubblicata nel Dizionario di Servizio Sociale, diretto da M. Dal Pra Ponticelli, Carocci Faber, Roma, 2005, p

34 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare assumendo un atteggiamento di riflessività e di continua ricerca (capacità di critica); le competenze relazionali e comunicative, quindi il saper stare nella relazione e nel conflitto (capacità di mediare) e il saper ascoltare empaticamente l altro; le competenze organizzative, che si concretizzano nei compiti di gestione strategica di risorse, informazioni, processi; le competenze metodologiche, che dotano l operato del professionista di scientificità (Martini, Torti, 2003). 5.5 La ricerca nello sviluppo di comunità Secondo Barr (2005), nello sviluppo di comunità, la ricerca può avere svariate finalità: costruire una teoria delle tecniche di sviluppo di comunità; analizzare bisogni (need assessment) e risorse (asset assessment) di cui la comunità è portatrice; valutare i progetti attuati; reperire informazioni da politici e/o amministratori, difficilmente accessibili, ma necessarie da comprendere (per poi modificare) le dinamiche di sviluppo comunitario (ricerca di tipo investigativo) (Albanesi, 2009). Essendo i processi di sviluppo di comunità fondati sulla partecipazione, non si può non tener conto di tale dimensione anche all interno dei programmi di ricerca. In particolare, si parla di ricerca azione-partecipata, il cui principale aspetto consiste nel fatto che la comunità si attiva per conoscere se stessa; è, quindi, valorizzata la sua competenza nell affrontare dall interno le criticità che riscontra (Albanesi, 2009). Dunque, obiettivi e funzioni della ricerca azione partecipata sono la conoscenza (si scoprono delle cose nuove), l apprendimento (i soggetti imparano) e il cambiamento (si modificano delle situazioni) 23. Quanto più la ricerca-azione riuscirà a creare abilità e consapevolezza della realtà nei soggetti che la compiono e ad attivare processi di comunicazione e confronto (volti ad identificare elementi chiave per il futuro della comunità), tanto più potrà ritenersi utile; tra gli strumenti di ricerca, si annoverano le interviste (individuali e di gruppo), le discussioni e i dibattiti pubblici, il teatro di strada, la simulazione, i laboratori creativi indirizzati alla comunità, le riunioni di quartiere. Una particolare modalità di ricerca-azione partecipata è la ricognizione sociale, una conoscenza non approfondita del territorio e svolta da più angolature, in cui soggetto e oggetto della ricerca coincidono ed il processo di conoscenza interseca quello di coinvolgimento (Martini, Torti, 2003). Le sue principali fasi sono: la domanda iniziale, avanzata da un soggetto collocato in un territorio, che, vedendo un problema, vuole attivarsi per risolverlo e, al contempo, ricerca il coinvolgimento di altri attori; la conoscenza preliminare della comunità, attraverso il reperimento delle sue principali caratteristiche e risorse; l identificazione degli attori sociali che andranno coinvolti nel progetto di ricerca; il reclutamento dei leader/rappresentanti tra i diversi attori identificati; la riunione iniziale e il contratto, in cui si rende esplicito l impegno e il livello di coinvolgimento di ciascuno degli 23 Martini E. R., Torti A. Fare lavoro di comunità, Carocci Faber, Roma, 2003, p

35 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare attori; il focus group, strumento utile a confrontare punti di vista differenti nell hic et nunc; l elaborazione dei dati e la successiva restituzione ad ognuno dei soggetti che ha preso parte alla ricerca; l assemblea finale, per confrontarsi attivamente su quanto emerso e definire linee programmatiche per il futuro (Martini, Torti, 2003). 5.6 La progettazione partecipata Il progettare (dal latino proicere, gettare avanti) è un processo cognitivo, che, secondo Lazzara (1993), consiste in un attività mediante la quale produrre mondi possibili, rendere concrete idee e ambizioni, trasformare lo status quo, partendo dall analisi del piano di realtà (Giraldo S. T., 2005). Il vasto mondo del sociale, si caratterizza per: la produzione di servizi e beni rivolti alla persone e finalizzati al cambiamento; l esistenza di una pluralità di valori ed aspetti etici insiti alle differenti discipline; la presenza di professionisti o semi-professionisti; la necessaria (e difficoltosa) interazione tra organizzazioni e istituzioni (pubbliche/private) con culture diverse; la complessità dei fenomeni oggetto di analisi-intervento; la forte dipendenza dai finanziamenti pubblici (Leone, Prezza, 2011). Gli operatori del sociale sono oggi chiamati a lavorare per progetti a causa della: scarsità di risorse finanziarie (e la conseguente esigenza di ottimizzare ciò che si dispone, in termini di capitale economico ed umano); esigenza di produrre (con le poche risorse) servizi innovativi in grado di rispondere ai bisogni degli utenti; necessità di connettersi ai molteplici attori pubblici e privati. Una modalità innovativa, e sempre più diffusa, di progettazione è quella partecipata, che trae origine dall approccio concertativo-partecipato. Criticando l approccio sinottico-razionale (perché tralascerebbe la dimensione processuale dell attività di progettazione, nonché il livello di interazione sociale e cognitivo-emotivo), l approccio concertativo-partecipato si fonda, secondo Pozzobon (1994), sull assunto per il quale la conoscenza si basa sulle costruzioni di molteplici osservatori (e, pertanto, non coincide con una realtà esterna oggettiva), che, in questo approccio, hanno modo di interagire, mediante processi di negoziazione (Leone, Prezza, 2011). Nei progetti di sviluppo di comunità, gli operatori sono chiamati a progettare il processo partecipativo: sarà, in seguito, la comunità a definire i contenuti del progetto (Martini, Torti, 2003). La partecipazione va, tuttavia, sollecitata e stimolata, attraverso tre fasi principali: l insediamento nella comunità e la ricognizione (gli operatori entrano nella comunità ed iniziano a costruirsi legittimità e credibilità, contattando i testimoni privilegiati e rendendosi disponibili ed aperti ai soggetti che vivono la comunità stessa); l attivazione (analizzando con la comunità i problemi di cui essa è portatrice e definendo una scala delle priorità, si procede alla progettazione vera e propria e, quindi, all azione); il consolidamento del processo collaborativo, che va sostenuto e mantenuto nel tempo (Martini, Torti, 2003). 19

36 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare 5.7 Riferimenti normativi La normativa nazionale sostiene il lavoro di comunità quale strumento adatto ad affrontare la complessità dei fenomeni sociali attuali. La Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (Legge 8 novembre 2000, n.328),che segna il passaggio da un sistema di protezione sociale basato sull assistenzialismo ad uno di protezione sociale attiva, contiene una serie di concetti che rimandano al lavoro di comunità (Martini, Torti, 2003): Ottica promozionale: Articolo1, comma 1 La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, [ ] Mobilitazione delle risorse di cui la comunità dispone e sussidiarietà: Articolo 1, comma 3 La programmazione e l'organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato [ ] secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità [ ] autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali Articolo 1, comma 4 Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell'ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali Progettazione partecipata e cittadinanza attiva: Articolo 1, comma 5 Alla gestione ed all'offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata Valutazione partecipata: Articolo 6, comma 3 [ ] i comuni provvedono a: [ ] adottare strumenti per la semplificazione amministrativa e per il controllo di gestione atti a valutare l'efficienza, l'efficacia ed i risultati delle prestazioni, in base alla programmazione [ ]; effettuare forme di consultazione dei soggetti [ ] per valutare la qualità e l'efficacia dei servizi e formulare proposte ai fini della predisposizione dei programmi [ ] garantire ai cittadini 20

37 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare i diritti di partecipazione al controllo di qualità dei servizi, secondo le modalità previste dagli statuti comunali 6. La valutazione Il termine valutazione deriva dal latino valuto, participio passato di valere e significa dare valore (Filippini, Merlini, 2005). Nell ambito delle politiche sociali, ed in particolare dei progetti psicosociali, la valutazione è considerata un attività cognitiva, frutto di processi di ricerca, basata su procedure codificabili e finalizzata a dare un giudizio in merito ad un azione, già svolta intenzionalmente (o che si svolgerà) e che produrrà effetti esterni (Palumbo, 2005); secondo Scriben (1991), la valutazione prevede da una parte la definizione del valore, sulla base del quale emettere il giudizio, e, dall altra, la raccolta sistematica, mediante procedure scientifiche e metodologie rigorose, di fatti che rafforzino il giudizio stesso. Si tende ad associare al termine valutazione due principali accezioni: assessment (valutazione intesa come controllo/verifica, in riferimento a specifici standard e, perlopiù, riferita al singolo caso) ed evaluation (attività di ricerca valutativa che mira ad esprimere un giudizio su un determinato programma, intervento o, in generale, sulle politiche sociali) (Bertin, 2007). Vi sono tante valutazioni quanti sono gli attori che prendono parte, a vario titolo, ad un progetto; tra questi, si annoverano (Leone, Pezza, 2011): il legislatore/politico, interessato a giudicare quanto un progetto concretizzi le indicazioni legislative; gli amministratori che valuteranno il rapporto tra costi e benefici di un progetto; i finanziatori, a cui preme l aspetto economico del progetto e la sua congruenza nel tempo; gli utenti, chiamati a giudicare la rilevanza sociale del progetto, la sua accessibilità ai potenziali fruitori, la condivisibilità dei suoi valori guida, il rispetto dei diritti dei suoi beneficiari; gli operatori, detentori del sapere professionale, che tendono a verificare/ampliare costantemente, cercando di comprendere se il progetto persegue i suoi obiettivi mediante la metodologia usata (efficacia), se ha provocato cambiamenti non previsti (impatto) nei beneficiari ( e nei loro sistemi di riferimento) e nelle organizzazioni coinvolte; eventuali consulenti o ricercatori esterni, che approfondiranno quanto loro commissionato da uno dei suddetti attori. Valutare è necessario per (Leone, Pezza, 2011): comprendere se il progetto che si mette in atto produce o meno cambiamenti nei beneficiari; avere l opportunità di una verifica condivisa tra tutti i membri dell équipe impiegati nel progetto; rendere visibili i risultati raggiunti; prevenire il burn-out, interrogandosi sulle proprie e le altrui azioni e, quindi, innalzando la motivazione; consolidare le conoscenze metodologiche che guidano il progetto e acquisirne delle nuove. La valutazione è, dunque, un occasione per riflettere rispetto al proprio agito come operatore e, quindi, come nodo di una rete complessa. Sono due i principali approcci alla valutazione (Leone, Pezza, 2011): Realista o razionalista: partendo dal presupposto che esistono realtà oggettive, indipendenti dall osservatore e dal contesto, al valutatore è chiesto di trovare i più adeguati metodi per misurare i risultati di un intervento; 21

38 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare Costruttivista: poiché non esiste una realtà oggettivamente data, quindi indipendente dall osservatore, sulla base di un accordo tra gli attori coinvolti in uno specifico intervento, ciascuno osservatore lo valuterà in base ai suoi presupposti cognitivi; ne deriva che la valutazione non può essere considerata un insieme di procedure asettiche e neutrali 24 Il secondo approccio, che è quello più perseguito oggi, prevede che i processi valutativi coinvolgano sia valutatori esterni che quanti lavorano per realizzare un progetto (operatori, coordinatori, ). Questi ultimi sono indispensabili per: comprendere se, quotidianamente, si concretizzano gli obiettivi riportati nel progetto cartaceo e con quale priorità; riflettere sugli indicatori da usare, ma anche sul percorso intrapreso; raccogliere informazioni necessarie a valutare; ridefinire gli obiettivi in base ai cambiamenti che coinvolgono eventualmente il sistema in cui si agisce; interrogarsi sugli aspetti del progetto percepiti come positivi/negativi. Un progetto, inteso come un processo circolare, si snoda attraverso cinque tappe concatenate tra loro: Quando si valuta Prima (ex-ante) Durante (in-itinere) Dopo (ex-post) Tappe de Progetto Ideazione Attivazione Progettazione Implementazione Valutazione Tipo di valutazione rilevanza contatti fattibilità rilevanza logicoformale sforzo monitoraggio processo esiti o risultati FIGURA 1. Le tappe di un progetto di intervento e la valutazione. Leone L., Prezza M. Costruire e valutare i progetti nel sociale. Manuale operativo per chi lavora su progetti in campo sanitario, sociale, educativo e culturale, Franco Angeli, Milano, 2011, p.137 La valutazione va pensata come un processo che accompagna tutte le tappe di un progetto ed assume connotazioni differenti a seconda della fase in cui si colloca (Leone, Prezza, 2011): ideazione: il progetto è un idea, un desiderio, e non è detto che riuscirà ad esser realizzato; in base a giudizi basati su criteri quali la rilevanza, la fattibilità, l interesse, la convenienza, chi ha avuto l idea deciderà se abbandonarla o meno; attivazione: generalmente, è la fase che precede la stesura del progetto cartaceo ed ha l obiettivo di creare le condizioni affinché si possa passare al progetto di intervento vero e proprio (creare consenso, alleanze, collaborazioni); è la fase in cui si cercano 24 Leone L., Prezza M. Costruire e valutare i progetti nel sociale. Manuale operativo per chi lavora su progetti in campo sanitario, sociale, educativo e culturale, Franco Angeli, Milano, 2011, p

39 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare informazioni attinenti all analisi del problema, alla mappatura dei servizi che si occupano del problema, ai progetti già realizzati nello specifico ambito. È chiesto di valutare la quantità/qualità dei contatti attivati e delle informazioni raccolte, la rilevanza e la condivisione percepite da chi è stato contattato rispetto al problema specifico, le risorse attivabili; progettazione: è la stesura del progetto e, quindi, la fase in cui la progettazione diviene operativa. Per quanto riguarda la stesura del progetto si dovranno valutare la rilevanza del progetto (quindi la sua capacità di rispondere a problemi reputati rilevanti nel contesto in cui si agisce), l adeguatezza formale (in modo che sia comprensibile da tutti i soggetti che a vario titolo ne prenderanno parte), la congruenza (tra le diverse fasi progettuali, tra progetto e risorse disponibili, tra progetto e disegno concettuale e, quindi, obiettivi), lo sforzo (risorse impiegate in tale fase). In riferimento alla progettazione operativa, andranno, invece, valutate l adeguatezza della formulazione (verificare se è chiaro chi fa cosa), la congruenza intrafase (connessione logica tra le sub-fasi della progettazione operativa) e interfase (connessione tra la progettazione e le precedenti fasi), lo sforzo; implementazione: fase in cui si valuteranno le informazioni descrittive di cui si dispone (monitoraggio) per comprendere chi prende parte al progetto, cosa/quando/con quali risorse si realizza ed i processi che si mettono in atto; valutazione, ovvero la verifica dei risultati ottenuti, stimando l efficacia (il progetto ha raggiunto gli obiettivi fissati?), l impatto (cambiamenti, non connessi agli obiettivi espliciti, prodotti dal progetto), la rilevanza (il progetto ha inciso sui problemi ritenuti prioritari?), l efficienza (rapporto costi/benefici, difficilmente traducibile in termini monetari e, pertanto, inteso come possibilità di arrivare ai medesimi risultai col minor impegno di risorse possibile o a risultati maggiori con le medesime risorse), la produttività (rapporto risorse/output), la trasferibilità e la producibilità del modello (quindi, di metodologie, buone prassi). 6.1 Indicatori Per indicatore si intende una caratteristica, o variabile (o rapporto fra variabili) osservabile o calcolabile che dà indicazioni su un certo fenomeno [ ]. È costruito e rilevato per dare informazioni, per essere comunicato; quindi deve essere chiaro, comprensibile nella sua forma finale e, allo stesso tempo capace di rappresentare o riprodurre proprio il particolare fenomeno per il quale è stato costruito 25. Alle volte, con tale termine ci si riferisce ad una caratteristica 25 Leone L., Prezza M. Costruire e valutare i progetti nel sociale. Manuale operativo per chi lavora su progetti in campo sanitario, sociale, educativo e culturale, Franco Angeli, Milano, 2011, p

40 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare specifica di un fenomeno, senza, tuttavia, specificare con quali strumenti essa dovrà rilevarsi. Gli indicatori (che, originando da immagini mentali, hanno natura concettuale) devono presentare i seguenti requisiti (Leone, Pezza, 2011): Pertinenza: un indicatore si dice pertinente quando misura una caratteristica essenziale del fenomeno che si intende valutare; il rischio di errori del tipo falsi negativi (si afferma che una condizione non esiste, ma invece esiste) è circoscritto dal grado di pertinenza; Rilevanza: considerando più indicatori pertinenti, sono rilevanti quelli che, nel valutare il fenomeno, ne colgono gli aspetti più importanti, sia in riferimento all obiettivo generale, che a quelli specifici; Specificità: l indicatore deve costituire una caratteristica esclusiva del fenomeno analizzato e, quindi, ridurre il rischio di falsi positivi (ritenere che una condizione esiste, quando non esiste); Sensibilità: l indicatore riesce ad evidenziare differenze nell intensità del fenomeno. Per rilevare gli indicatori, bisogna scegliere delle adeguate misure, che soddisfino (Leone, Pezza, 2011): Requisiti metodologici Validità: è valida la misura che consente di cogliere gli aspetti del fenomeno oggetto di studio; Attendibilità: la misura è attendibile se, utilizzata più volte in uguali condizioni, dà gli stessi risultati (precisione e ripetibilità della misurazione). Requisiti pratici Fattibilità: è fattibile la misura degli indicatori che utilizzi risorse adeguate in termini di competenze, tempo, strumenti. Si possono classificare gli indicatori in: diretti (rappresentano il fenomeno oggetto di studio direttamente), indiretti (rappresentano elementi connessi al fenomeno oggetto di studio), valutativi (sono stati raggiunti e in che misura gli obiettivi di un progetto o di un attività del progetto?), di processo e di esito (per valutare, rispettivamente, gli aspetti dell implementazione del progetto ed i suoi esiti finali), questi ultimi, a loro volta, classificabili in indicatori di efficacia, impatto, efficienza. 6.2 La valutazione di processo e di efficacia La valutazione di processo (in itinere) concerne la fase di implementazione e, quindi, i processi messi in atto, e ha l obiettivo di chiedersi se: la popolazione target è realmente raggiunta dall'intervento; vi è congruenza tra attività realizzate e progettate (considerando i vincoli normativi); sono sufficienti le risorse usate; il personale è adeguato ai compiti; vi sono ostacoli (e di che tipo) che provocano incongruenze tra il realizzato e il progettato; il progetto si avvicina 24

41 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare agli obiettivi (considerando i vari punti di vista); vi sono condizioni (ambiente, operatori, organizzazione) che facilitano il progetto; ci sono aspetti del progetto che si mostrano più utili di altri; gli obiettivi del progetto sono rilevanti per la popolazione target; il progetto provoca cambiamenti (su operatori, organizzazione, comunità). Gli indicatori di processo, oggettivi o soggettivi, andranno rilevati attraverso diversi strumenti in base a ciò che si intende valutare (rilevazioni dello staff, osservazione partecipante, questionari, interviste individuali, discussione in gruppo con operatori e/o beneficiari). Per valutare l efficacia di un progetto (confronto tra obiettivi attesi, che devono essere stati bene esplicitati nella stesura del progetto, e obiettivi raggiunti), è necessario comprendere se questo ha apportato dei cambiamenti. È opportuno, quindi, distinguere tra risultati grezzi (il cambiamento verificatosi in una delle variabili oggetto di indagine) e netti (il cambiamento provocato dall intervento), rilevati attraverso una ricerca valutativa, tramite cui si coglieranno indicatori forti (oggettivi,che riguardano comportamenti) o soffici (soggettivi, concernenti atteggiamenti, opinioni, intenzioni); laddove emergesse un numero eccessivo di indicatori, dovuti all eccessivo numero di obiettivi del progetto, bisognerà ricorrere ad una scelta mirata degli indicatori più opportuni, in base ai criteri di fattibilità e rilevanza. Gli strumenti utili nella rilevazione degli indicatori di efficacia sono lo statistiche (prodotte da enti pubblici, istituti di ricerca), le registrazioni delle attività del servizio e del progetto stesso, l osservazione diretta, le interviste individuali, i questionari, le scale, i test. 6.3 La valutazione dello sviluppo di comunità Nei progetti di comunità valutare è un dovere, nonché un diritto di chi finanzia i progetti e di chi, a vario titolo, nel progetto è coinvolto; la valutazione di un progetto di sviluppo di comunità verte su due aspetti caratteristici, strettamente connessi, ovvero i cambiamenti che si mira a produrre (obiettivi, connessi ai bisogni della comunità) e i modi tramite i quali si intende produrre tali cambiamenti (processi) (Martini, Torti, 2003). Al di là degli obiettivi specifici che un progetto di sviluppo di comunità si pone, è possibile individuare due obiettivi generali: risolvere un determinato problema, sviluppando il sentimento di comunità; sostenere la comunità come soggetto, accrescendo la sua capacità di azione e di problem solving (Martini, Torti, 2003). Nel valutare un progetto di sviluppo di comunità, l attribuzione di valore ai fatti che emergono dal processo di cambiamento, non può prescindere dallo stabilire criteri valutativi condivisi, dal momento che ciascun soggetto della comunità è dotato di un sistema di valori, norme etiche ed interessi propri: sono, quindi, gli attori del progetto a dar valore ai dati, mediante una valutazione partecipata che include un processo di negoziazione fra i diversi attori portatori di differenti interessi, che si realizza all interno di uno specifico contesto culturale e che non può eludere la dimensione etica, trincerandosi dietro il paravento della 25

42 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare scientificità 26. La complessità della realtà caratterizzante la comunità su cui un progetto interviene è ben espressa dai diversi stakeholders (portatori di interessi) coinvolti nel medesimo progetto in maniera differente, poiché hanno bisogni, visioni di realtà, valori, attese diversi e otterranno dal progetto benefici (svantaggi) diversi. La valutazione è a servizio della partecipazione ed è quindi uno strumento che consente ai membri di acquisire competenze, riflettere sui cambiamenti, dare significati ai propri vissuti, incidere sulla realtà. L approccio più utilizzato per la valutazione dello sviluppo di comunità è l empowering evaluation, che prevede l uso di concetti, strumenti, dati della valutazione, per rinforzare le competenze dei soggetti e la loro capacità di autodeterminarsi, utilizzando strumenti come la formazione (insegnare ai soggetti a valutare), la facilitazione, l advocacy (il valutatore dà voce a gruppi privi di parola) (Torti, Martini, 2003). Nella valutazione dello sviluppo di comunità è necessario utilizzare indicatori che consentano di valutare se ciò che si sta facendo è sviluppo di comunità e se risolve (o ha già risolto) il problema da cui il progetto ha preso origine. In particolare, si distinguono gli indicatori di processo, per capire se le attività che stanno avendo luogo sono coerenti rispetto agli obiettivi fissati, domandosi, nello specifico, se le azioni favoriscono processi di coinvolgimento, partecipazione, connessione; indicatori di risultato orientati a capire se gli attori della comunità, con il supporto degli operatori, stanno riuscendo nella risoluzione/gestione dei problemi ritenuti da loro stessi prioritari, mediante opportune azioni co-progettate (risultati immediati) e se, nel medio-lungo periodo, si giungerà ad un miglioramento complessivo della qualità di vita/convivenza della comunità (indicatori di impatto): Sviluppo di comunità come processo Il percorso attraverso cui si intende realizzare lo sviluppo della comunità Indicatori di processo relativi a: Connessione Partecipazione Coinvolgimento Sviluppo di comunità come risultato Lo sviluppo della comunità Indicatori di processo e di risultato relativi a: Senso di comunità Senso di responsabilità Competenza Potere Outcome Risultati immediati Indicatori di risultato relativi alla soluzione (gestione) dei problemi indicati della comunità stessa Impact Risultati di medio - lungo periodo Indicatori di impatto relativi alla qualità della convivenza FIGURA 2. Processo e risultato. Martini E. R., Torti A. Fare lavoro di comunità, Carocci Faber, Roma, 2003, p. 161 Preso da solo, un indicatore difficilmente rappresenterà tutti gli aspetti del concetto che intende indicare; inoltre, uno stesso indicatore può essere rappresentativo di più concetti. Martini, Torti (2003) danno suggerimenti relativi alla costruzione degli indicatori di un progetto di sviluppo di comunità: va innanzitutto scelto l oggetto di valutazione (ad esempio, se un percorso è realmente partecipativo), poi scomposto nelle sue proprietà costitutive (il percorso è partecipativo se tra gli attori vi è una comunicazione efficace, se questi sviluppano senso di proprietà verso di esso e sono in grado di influenzarlo); le proprietà individuate vanno poi 26 Martini E. R., Torti A. Fare lavoro di comunità, Carocci Faber, Roma, 2003, p

43 Capitolo 1. Lo sviluppo di comunità: strumento del Welfare scomposte sino ad individuare gli indicatori veri e propri, quindi le proprietà direttamente osservabili nella realtà (le informazioni circolano in tempi adeguati; prima di decidere, si tiene conto delle proposte dei vari attori; ). Dunque, partendo dalla rappresentazione mentale del concetto generale, si individuano i suoi sub concetti (proprietà) e si scende nella scala di astrazione fino ad individuare, al livello di specificità massima, gli indicatori; si passa, poi, alla operazionalizzazione degli indicatori individuati (traduzione in comportamenti misurabili/osservabili), si scelgono gli strumenti utili alla loro rilevazione e si individuano le diverse fonti da cui trarre informazioni (Martini, Torti, 2003). Gli strumenti di rilevazione dovranno mostrarsi adeguati ai dati da raccogliere e alla cultura dominante nella comunità; a tal proposito, particolare rilievo hanno gli strumenti di ricerca qualitativa e, tra questi, il focus group. Nella valutazione dei progetti di sviluppo di comunità, gli attori della comunità, ovvero i cittadini coinvolti nel processo di cambiamento, sono soggetti, oggetti e utilizzatori della valutazione stessa; a tal fine, dovranno essere coinvolti, quindi legittimati, informati e messi nelle condizioni di esprimere il proprio giudizio e partecipare ai processi decisionali: CITTADINI COME Oggetto IN COSA CONSISTE LA PARTECIPAZIONE Può non esserci partecipazione COMPORTAMENTI DEL VALUTATORE VERSO I CITTADINI STRUMENTI OBIETTIVO CENTRALE Osserva Osservazione Osservare correttamente i comportamenti Informatori Danno informazioni Chiede informazioni Interviste/ Questionari/ Discussioni Fare domande nel modo giusto alle persone giuste Valutatori Hanno voce in capitolo e orientano la valutazione Collabora e fornisce supporto tecnico alla valutazione Lavoro di gruppo facilitato dal valutatore Mettere i cittadini in grado di valutare Utilizzatori Decidono cosa fare della valutazione in seguito alla valutazione Fornisce informazioni e aiuta a comprendere Presentazioni e reporting Mettere i cittadini in condizione di utilizzare la valutazione e decidere FIGURA 3. I cittadini e la valutazione. Processo e risultato. Martini E. R., Torti A. Fare lavoro di comunità, Carocci Faber, Roma, 2003, p

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45 CAPITOLO 2 Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente

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47 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente 1. Il progetto Laboratorio Famiglia L Amministrazione comunale, insediatasi nella città di Parma nel 2007, perseguiva, tra i suoi principali obiettivi, quello di rendere Parma una città in cui la famiglia fosse soggetto attivo (e non semplice oggetto/fruitore) nella produzione e conservazione del bene comune. Tre furono le strategie a tal fine delineate: promuovere il valore sociale della famiglia, risorsa essenziale per la progettazione di interventi attivati dall associazionismo familiare, volti a creare connessioni tra famiglie, protagoniste attive delle politiche sociali e soggetti da supportare nei compiti educativi e di cura, nonché nella conciliazione dei tempi di vita e di lavoro ; favorire l emergere di una nuova governance in cui tutti i soggetti stanziati su un territorio siano resi protagonisti attivi di un Welfare in cui il Comune, a cui è attribuita la capacità di promuovere relazioni sociali e, quindi, il benessere collettivo, coordini il coinvolgimento delle famiglie (e, quindi, delle associazioni familiari) nella coprogettazione di percorsi di risposta ai bisogni rilevati sul territorio; adottare la metodologia di rete, volta al consolidamento di relazioni già in corso e allo sviluppo di nuove relazioni tra persone, gruppi, famiglie; si promuovono quindi tanto reti solidali primarie (tra famiglie e vicinato) quanto secondarie (tra organizzazioni ed istituzioni), per passare dalla dominante tendenza all isolamento alla condivisione di risorse ed obiettivi, in una logica innovativa in cui l Ente Pubblico implementi e tuteli la qualità e la quantità di relazioni. Facendo convogliare le tre strategie si sarebbe raggiunto l obiettivo ultimo della creazione di una città a misura di famiglia. Appoggiata da un Comitato scientifico appositamente istituitosi, l Amministrazione, in risposta alle richieste di molteplici associazioni familiari, si dotò di uno strumento leggero e flessibile di progettazione e innovazione, trasversale ai vari settori comunali, con il compito di coordinare e sostenere progetti di rete: l Agenzia per la Famiglia, la cui mission era quella di promuovere il benessere della famiglia, mediante politiche che la sostengano nella quotidianità e la dotino di risorse adeguate a vivere il presente e costruire un sereno futuro. Interlocutore indispensabile nel perseguire gli obiettivi sopra delineati fu individuato nella Consulta Comunale delle Associazioni Familiari, costituitasi nel 2004, come frutto di un accordo tra l Amministrazione Comunale e la Fondazione Forum delle Associazioni Familiari, con il fine ultimo di sostenere la coesione sociale e le relazioni solidali tra famiglie. In questo contesto, tra il marzo e l aprile del 2009 si colloca la nascita del progetto Laboratorio Famiglia, i cui obiettivi sono: Promuovere relazioni positive tra nuclei familiari, attraverso le quali giungere allo sviluppo di reti tra famiglie, cittadini e realtà associative di varia natura, nonché al concretizzarsi di esperienze di prossimità tra famiglie, anche con carichi di cura 31

48 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente Promuovere la positività dell esperienza familiare, riconoscendo la famiglia come protagonista attivo delle politiche sociali, anche grazie alla fruizione di spazi sociali animati dalle Associazioni di volontariato presenti sul territorio; Creare concrete occasioni di socializzazione per far sì che famiglie ed individui non vivano esperienze di isolamento, prestando una particolare attenzione a situazioni di assenza di legami con l esterno e offrendo sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro; Adottare una metodologia di rete, finalizzata al consolidamento delle relazioni esistenti e alla promozione e allo sviluppo di nuove relazioni tra persone, tra famiglie, tra organizzazioni. Ad oggi, sono attivi nella città di Parma tre Laboratori Famiglia, dislocati in tre diverse realtà territoriali e gestiti da 5 diverse Associazioni di volontariato o di Promozione Sociale: il Laboratorio Al Portico (strada Quarta, 23), gestito dall Associazione Compagnia In stabile ; il Laboratorio San Martino e San Leonardo, gestito dall Associazione Solidarietà in collaborazione con l Associazione Azione per Famiglie Nuove (via S. Leonardo, 47) ed il Laboratorio In Oltretorrente, gestito dalle associazioni Famiglia Più e Liberamente (Piazzale San Giacomo, 7). La nuova Amministrazione Comunale, insediatasi nel 2012, ha de istituito l Agenzia per la Famiglia ed affidato la gestione dei Laboratori alla Struttura Operativa Famiglia e Sviluppo di Comunità, facente capo al settore Welfare, le cui funzioni principali sono 27 : la collaborazione con le diverse strutture comunali per progettare le politiche familiari ed azioni di sviluppo di comunità ; la definizione di politiche sociali innovative ed attuali, in un ottica di sviluppo di comunità, di promozione della partecipazione e di auto-mutuo-aiuto tra famiglie; l attivazione di risorse nel territorio, a partire dall associazionismo, dal volontariato e dalle esperienze di cittadinanza attiva; il coordinamento delle azioni del Centro per le Famiglie e dei Laboratori Famiglia il coordinamento dello sportello Informafamiglie la gestione dei servizi di Mediazione familiare, counseling genitoriale e di coppia il sostegno alla genitorialità, in collaborazione con i servizi sanitari ; lo sviluppo di servizi e iniziative a sostegno dell Adozione e dell affido familiare (nelle sue diverse forme) in collaborazione con Associazioni e soggetti del territorio. Nello specifico, il progetto Laboratorio Famiglia è attualmente coordinato dal Centro per le Famiglie. I Centri per le Famiglie sono nati come agenzie comunali destinate a fornire orientamento e informazione alle famiglie, nonché interventi di supporto alla genitorialità, con la Legge regionale n. 27/1989 "Norme per la realizzazione di politiche di sostegno alle scelte di 27 allegato: Funzionigramma Macro Struttura dal

49 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente procreazione ed agli impegni di cura verso i figli". La più recente Legge Regionale n. 14/2008, ha ridefinito le funzioni dei Centri per le famiglie, che, ad oggi, offrono: informazioni sulle risorse e i servizi presenti sul territorio (anche attraverso un portale online); supporto alla genitorialità, mediante gruppi, corsi e incontri con esperti e servizi di consulenza e sostegno; un servizio di mediazione familiare rivolto alle coppie di genitori in fase di separazione o divorzio; forme innovative di aiuto economico alle famiglie; iniziative di promozione del volontariato familiare, dell'affido e dell'adozione; interventi mirati allo sviluppo delle risorse della comunità e alla conseguente costruzione di reti (formali e informali) tra le persone; interventi volti alla prevenzione del disagio familiare, in collaborazione con i servizi territoriali e specialistici; promozione della cultura dell accoglienza e della solidarietà nelle comunità locali, attraverso iniziative di auto mutuo aiuto e progetti di sviluppo di comunità. I servizi offerti dal Centro per le Famiglie del Comune di Parma sono rivolti alle famiglie e ai cittadini residenti nel Distretto di Parma (Parma, Sorbolo, Colorno, Torrile e Mezzani). 2. Il Piano Strategico Il Nuovo Welfare di Parma come percorso di sviluppo di comunità, del Comune di Parma Nei primi mesi del 2013 è stato approvato dal Consiglio Comunale, con Deliberazione n. 22/2013, il Piano Strategico sul Welfare che l Amministrazione comunale della città di Parma intende perseguire: un nuovo Welfare inteso come sviluppo di comunità, in un contesto che si connota per processi di cambiamento socio demografico, quali: impoverimento della classe media, disoccupazione crescente soprattutto giovanile e femminile;nuove forme di vulnerabilità sociale legate a precarietà lavorativa, pesanti compiti di cura famigliare, incompetenze relazionali, patologie mentali sempre più diffuse [ ] Nel contesto attuale i servizi di welfare hanno raggiunto il loro punto critico di non ritorno, schiacciati dalla pressione crescente della domanda non solo della tradizionale fascia di marginalità ma anche di quella quota crescente di popolazione che sperimenta nuove forme di vulnerabilità: chi lavora o è proprietario di casa, ma non riesce più a vivere dignitosamente, chi vive in condizioni di deprivazione relazionale e sociale, chi si confronta con la fragilità dovuta all età, con la non autosufficienza, con i crescenti disagi psichici, ecc. è partendo dalla loro esperienza che si può riconsiderare tutto il sistema dei servizi 28. Obiettivo del nuovo Welfare è il cosiddetto Patto nella Comunità, che tenterebbe di 28 Il nuovo Welfare di Parma come percorso di sviluppo di comunità, p. 1 33

50 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente porre fine a una cultura dell assistenzialismo per favorire il sorgere di un architettura comunitaria costruita insieme tra istituzioni, associazioni, cooperative e tutti gli enti del non profit, e soprattutto con i cittadini e le famiglie; un architettura fondata sul binomio opportunità/responsabilità, sul senso di appartenenza e di solidarietà, sullo scambio ed il dono, ma anche sul rigore ed il rispetto delle regole nell uso delle risorse finanziarie pubbliche e private, nell uso dei beni comuni 29. Un nuovo Welfare, dunque, costruito con la città e per la città e che sia centrato sulla comunità, intesa come competente, perché dotata di un ruolo e di un protagonismo attivo, nonché come luogo di relazioni in cui i cittadini non sono solo portatori di bisogni, ma anche di grandi competenze e risorse. Luogo di partecipazione e cittadinanza attiva, di responsabilità diffusa e condivisa, di ricostruzione di legami sociali solidali, gli unici in grado di contrastare la solitudine con i quali gli individui sono spesso costretti ad affrontare problemi di carattere sistemico e la quotidiana fatica del vivere in sistemi relazionali complessi. Si tratta di investire nella costruzione partecipata di una cittadinanza attiva capace di interpretarsi come animatore informale di prossimità all interno di una comunità locale fatta di problemi che non possono essere privatizzati ed affrontati in solitudine dalle persone, ma fatta anche di potenziali risorse che chiedono di essere mobilitate per potersi mettere in gioco 30. Nel citato documento strategico, si menziona il Laboratorio Famiglia, tra i Progetti di promozione rivolti alle famiglie e alla comunità, nell ambito delle Politiche per le famiglie e i minori. Le criticità e i nuovi bisogni che l amministrazione comunale ha messo in evidenza in relazione a tale settore di intervento, concernono: l emergere di nuove forme familiari e, quindi, l indebolimento dei legami sociali, generazionali e familiari, accentuati dall incremento dei processi migratori; l esigenza di sostenere la genitorialità, sottoposta ad un repentino cambiamento dei modelli culturali, sia da un punto di vista materiale, che emotivo; il diffondersi di una fragilità genitoriale, che sfocia in situazioni di solitudine, nelle quali diventa difficile assolvere a necessità quotidiane e far fronte a difficoltà materiali, organizzative, educative, nonché alla conciliazione dei tempi di lavoro e cura dei figli; l aumento delle separazioni conflittuali tra genitori con tutto ciò che esse provocano sui figli; l incremento della dispersione e l abbandono scolastico, come prova del disagio vissuto dai ragazzi; la possibilità di sperimentare modalità corresponsabili di risoluzione di problematiche della comunità intercettate nell ambito dei servizi educativi e delle scuole; il riemergere di povertà unidimensionali, dovute all assenza o insufficienza di reddito - in famiglie che godono di buone doti relazionali, ma che necessitano di misure di sostegno e di protezione comunitarie per prevenire il deteriorarsi della più ampia dimensione sociale e di vita; l emergere di criticità dovute, nell ambito dei processi migratori, all integrazione delle seconde generazioni e dei figli tardivamente ricongiunti, nonché al ruolo della donna, degli stili educativi, nei confronti dei bambini e ragazzi, e di vita all interno della comunità. Gli obiettivi strategici che il Comune ha 29 Il nuovo Welfare di Parma come percorso di sviluppo di comunità, p Ibidem, p

51 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente perseguito e negli anni, e che intende continuare a perseguire, nell area minori e famiglie, risultano essere: promuovere l elaborazione di una cultura dell infanzia condivisa aprendo i servizi alla comunità incentivare lo sviluppo comunitario, incoraggiando le relazioni di prossimità, sviluppare il legame tra scuole, famiglie e territorio per la condivisione di pratiche educative e per attivare risorse della comunità a sostegno di interventi di integrazione e cura migliorare gli interventi di tutela dei minori attraverso l implementazione di metodi integrati di lavoro socio-sanitario in tutte le fasi metodologiche e di dispositivi organizzativi efficaci, efficienti che migliorino l adeguatezza degli interventi prevenire la violenza subita dalle donne e dai bambini attraverso interventi di sensibilizzazione alla tematica e costruzione di buone prassi tra gli attori della rete istituzionale e sociale. 31 È significativo osservare come, in particolare, i primi tre obiettivi ben si coniugano con l idea progettuale che sottosta al Laboratorio Famiglia. 3. Il valore dell Associazionismo: fonti normative L articolo 118 della Costituzione, al comma 4, afferma che Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. La le Legge 11 agosto 1991, n. 266 Legge quadro sul volontariato afferma, all articolo 1, che la Repubblica italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali ; è volontaria, secondo l articolo 2, l attività prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà. Altresì, attraverso la Legge 7 dicembre 2000, n. 383 Disciplina delle associazioni di promozione sociale, articolo 1, è riconosciuto dalla Repubblica italiana, il valore sociale dell associazionismo liberamente costituito e delle sue molteplici attività come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo; ne promuove lo sviluppo in tutte le sue articolazioni territoriali, nella salvaguardia della sua autonomia; favorisce il suo apporto originale al conseguimento di finalità di carattere sociale, civile, culturale e di ricerca etica e spirituale ; il 31 Ibidem, p

52 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente legislatore, all articolo 2, definisce di promozione sociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati., escludendo, tuttavia, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati., nonché i circoli privati e le associazioni comunque denominate che dispongono limitazioni con riferimento alle condizioni economiche e discriminazioni di qualsiasi natura in relazione all ammissione degli associati o prevedono il diritto di trasferimento, a qualsiasi titolo, della quota associativa o che, infine, collegano, in qualsiasi forma, la partecipazione sociale alla titolarità di azioni o quote di natura patrimoniale. La Regione Emilia Romagna, recependo la normativa nazionale, sostiene e promuove l attività delle Associazioni di Volontariato (Legge regionale 21 febbraio 2005, n. 12 Norme per la valorizzazione delle organizzazioni di volontariato) e di promozione sociale (Legge regionale 9 dicembre 2002, n. 34 Norme per la valorizzazione delle associazioni di promozione sociale), istituendo appositi Registri Regionali. 4. Il quartiere Oltretorrente 4.1 Profilo territoriale FIGURA 4. Il Quartiere Oltretorrente a Parma Il quartiere Oltretorrente si estende su una superficie di circa 1,1 km 2, nella parte di città situata tra viale Caprera, piazzale Barbieri, viale dei Mille (lato est), piazzale S. Croce (escluso), Viale Pasini (lato est), viale Piacenza (lato sud) ed il Torrente Parma (nel tratto compreso tra il ponte delle Nazioni ed il ponte Italia). Piazzale Santa Croce definisce la fine del quartiere e l inizio della via Emilia Ovest, connettendo via dei Mille e viale Piacenza (attraverso viale Pasini), le 36

53 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente due principali arterie sulle quali confluisce il traffico automobilistico. Il quartiere ospita una delle più importanti aree verdi della città, il Parco Ducale, al cui interno ha sede il RIS di Parma. Se gli edifici che si alzano lungo viale Caprera, via dei Mille e viale Piacenza sono abbastanza recenti, quelli compresi tra via Bixio, via D Azeglio ed il Parco Ducale risalgono a epoche storiche decisamente più lontane. Tra i principali edifici di interesse storico si rilevano l'ospedale Vecchio,il Palazzo Ducale ed il Palazzetto Eucherio Sanvitale (all interno del Parco Ducale), la casa natale di Arturo Toscanini, la porta San Francesco e la porta Santa Croce (rispettivamente edificate nel 1261 e nel 1210, erano due punti di accesso alla città edificata tra le mura), la barriera Bixio, via "Della Salute", le chiese d Santa Croce, Santa Maria del Quartiere, San Giuseppe, Annunziata, Santa Maria del Fiore, San Giacomo, Santa Caterina, Ognissanti. 7 linee di autobus collegano il quartiere con il resto della città e con la provincia. La presenza del complesso universitario posto in via D Azeglio e gli efficienti collegamenti tra il quartiere ed il Campus universitario, rendono l Oltretorrente un area cittadina fortemente abitata da studenti fuorisede; si trovano, infatti, nel quartiere diverse residenze per studenti: una convenzionata con l Ente regionale per il diritto allo studio, una privata gestita dalla Fondazione Falciola, due residenze femminili gestite dalle suore, un edificio occupato da studenti (Art Lab). Inoltre, vi sono due condomini di edilizia convenzionata ACER. Le aree verdi (compreso il Parco Ducale) sono quattro, di cui tre dispongono di parco giochi. 4.2 Cenni storici 32 Nonostante l Oltretorrente sia anche noto come Parma Vecchia, secondo quanto emerso dai documenti storici, è tra il 1028 e il 1032 che nell attuale quartiere Oltretorrente cominciarono a sorgere le prime costruzioni, molto dopo il 180 a.c., anno in cui Parma divenne una colonia romana. In seguito ad un alluvione, nel 1177, iniziò un opera di bonifica che portò il nuovo borgo, che stava nascendo oltre il Torrente, ad essere collegato con il centro storico: sul finire del 1300, i due lembi di città erano collegati dai ponti Egidia (ora Caprazzucca), Galeria (ora Verdi), un ponte centrale di pietra e Solari (distrutto da un inondazione nel 1553). A partire dal 1200, venne innalzato un muro lungo le sponde del Torrente Parma per rendere sicura la nascente zona abitata; furono, inoltre, edificate due porte (una nell attuale Piazzale S. Croce, l altra nell attuale Barriera Bixio), che segnarono definitivamente l inglobamento del nuovo borgo nella città. Tra il 1200 e il 1300, nell Oltreottrente nacquero diversi ospizi e xenodochi, in gran parte assorbiti dall Ospedale della Misericordia (oggi Ospedale Vecchio), fondato nel Durante l epoca del Ducato, sotto la famiglia dei Farnese ( ), il quartiere non si espanse; tuttavia, fu decorato attraverso la costruzione di Chiese (Santissima Annunziata, Santa Maria del Quartiere, Oratorio di Santa Maria delle Grazie), della stessa residenza dei Farnese, di un giardino che crebbe fino a divenire, nel tempo, quello che oggi conosciamo come Parco 32 Fonte: Canali D. Oltre il Torrente. Curioso viaggio nell altra metà di parma, Battei, Parma,

54 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente Ducale. Nonostante ciò, testimonianze del 1500 descrivono l Oltretorrente come un luogo abitato da individui poco raccomandabili e edificato con abitazioni anguste e di cattivo gusto: il torrente Parma sembrava dividere due mondi della medesima città, di cui l Oltretorrente risultava essere il più declassato; tant è che, spesso, si chiudevano i ponti per evitare gli assalti degli oltretorrentini alla parte bene della città. Nell epoca dei Borboni ( ) non vennero edificati monumenti, ma furono risanate diverse aree del quartiere, tra cui l Ospedale Grande (oggi Vecchio). Nel 1815, il Congresso di Vienna, affidò il Ducato di Parma e Piacenza a Maria Luigia d Austria, che si dedicò, in particolare, alla riorganizzazione delle strutture ospedaliere e d accoglienza dell Oltretorrente. Dai censimenti dell ottocento, la città sembrava divisa in aree a seconda dei mestieri prevalenti: di qua da l acqua (Oltretorrente), veniva designato come un quartiere popolare a caratterizzazione operaia. Non è, quindi, un caso se, dal 1861 in poi, organizzazioni sindacali e politiche trovarono sede nell Oltretorrente. A cavallo tra il 1800 e il 1900, le mura della città vennero abbattute, lasciando spazio ad ampi viali di circonvallazione (tra cui, Viale Vittoria, che connetteva la via Emilia Ovest, detta Clodia in epoca romana, con la Barriera Bixio). Durante il ventennio fascista, numerosi borghi furono demoliti e sostituiti con strade ampie e più salubri e, dal dopoguerra, l Oltretorrente si espanse verso la campagna, oltre Piazzale S. Croce. Quella dell Oltretorrente è stata una storia caratterizzata dall incontro e dall accoglienza dello straniero (in primis, i pellegrini che venivano ospitati nelle numerose strutture presenti nel quartiere), da un anima popolare nata nei borghi, in cui gli individui vivevano ammassati, condividendo, spesso, case di pochi metri quadri. Un quartiere dedito alla cura dei meno agiati: gran parte della popolazione viveva della beneficienza offerta, in larga parte, dalle Opere religiose. Un quartiere in cui tutti sapevano tutto di tutti, dove i più fortunati lavoravano in piccole fabbriche (perlopiù di scarpe) e dove alcolismo e prostituzione erano l occupazione dei tanti che un lavoro non lo avevano. Le vie erano fatte di osterie e botteghe. Senso di appartenenza e solidarietà vincevano, tuttavia, sulla disperazione e la precarietà esistenziale. Molte furono le trasformazioni urbanistiche del quartiere e i cambiamenti a cui i suoi abitanti dovettero abituarsi: il più significativo fu sicuramente il risanamento attuato in epoca fascista,che costrinse gli abitanti dell Oltretorrente a vivere in capannoni per più di trent anni e che, oltre alla bonifica delle aree più degradate del quartiere, puntava a scovare anarchici e antifascisti che nei borghi d Oltretorrente trovavano riparo. I bombardamenti avvenuti durante la seconda guerra mondiale contribuirono all ennesimo mutamento dell originario impianto urbanistico dell Oltreotrrente, che, nonostante tutto, mantiene ancora oggi un particolare fascino dato dalle case a schiera tinte di colori pastello, che intersecano Cappelle e Chiese, testimoni della semplice devozione popolare. Il cotto è il materiale che si ammira ancora oggi nella maggior parte delle costruzioni rimaste in piedi: è il materiale tipico della Pianura Padana, che si scorge facilmente anche dietro i moderni intonachi; è un esemplare dimostrazione della volontà di continuare a manifestare nel tempo 38

55 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente l appartenenza alla propria terra, al proprio quartiere, testimoniata, inoltre, dalle targhe che riportano gli attuali nomi delle vie, insieme a quelli storici. Se oggi l Oltretorrente ha colori e dialetti diversi, profumi d Africa e d Asia, negozi con insegne in arabo è, dunque, probabilmente dovuto a quanto è avvenuto migliaia di anni fa tra i suoi borghi. 4.3 Profilo demografico 33 Nell analisi del profilo demografico, si utilizzeranno i dati al 31/12/2012, i più recenti ed aggiornati di cui, ad oggi, si dispone. Il quartiere Oltretorrente risulta essere una dei più piccoli e, pertanto, meno popolosi di Parma, che conta, complessivamente abitanti; non va, tuttavia sottovalutata la presenza di molti studenti universitari e stranieri che, pur vivendo nel quartiere, risultano avere residenza altrove e, quindi, non rientrano nelle statistiche ufficiali: Lubiana Cittadella Parma Centro San Leonarado Molinetto Pablo Montanara San Lazzaro Vigatto San Pancrazio Golese Oltretorrente C.S. Martino FIGURA 5. Fonte: Comune di parma - Ufficio statistica I quartieri di Parma, anno 2012, p.2 : TABELLA 1. Movimento della popolazione residente a Parma, nell anno 2012 MASCHI FEMMINE TOTALE Popolazione al 1 gennaio Nati nel corso dell anno Morti nel corso dell anno Saldo naturale Immigrati Emigrati Saldo migratorio Incremento Popolazione al 31 dicembre Fonte: dati al 31/12 degli anni considerati come riferimento (2009 e 2012) 39

56 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente Popolazione residente per sesso, anni 2009 (anno di apertura del Laboratorio Famiglia) e 2012: Parma uomini donne totale Quartiere Oltretorrente uomini donne totale FIGURA 6. Popolazione residente a Parma (città) per sesso, anni 2009 e 2012 Popolazione straniera residente, anni 2009 e 2012: al 31/12/2009 uomini donne uomini donne al 31/12/2012 uomini donne uomini donne Parma Oltretorrente Parma Oltretorrente FIGURA 7. Popolazione straniera residente a Parma (città), anni 2009 e 2012 La popolazione residente nel Quartiere Oltretorrente è aumentata di 297 unità, nell arco di cinque anni: 112 donne e 185 uomini. Considerando lo stesso intervallo temporale, si evince che la popolazione straniera residente in Quartiere è aumentata di ben 420 unità. Ne deriva che, al 31/12/2012 su persone residenti nel Quartiere Oltretorrente, sono stranieri, quindi il 25,50% della popolazione totale residente. Tale dato conferma l incidenza che la popolazione straniera ha sul bilancio demografico dell intera città di Parma: nel 2012, se il saldo naturale della popolazione (differenza tra nati e morti) è stato di -259 (con morti e nati), il saldo migratorio (differenza tra immigrati ed emigrati) è stato di (con immigrati e emigrati). Chiaramente, gli immigrati non sono tutti stranieri: ciò detto, è interessante notare come la popolazione residente in città continui ad aumentare grazie agli immigrati e, in 40

57 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente maniera consistente, grazie al numero di bambini stranieri nati a Parma (su bambini nati a Parma nel 2012, 471 sono stranieri). TABELLA 2 Popolazione straniera residente nel quartiere Oltretorrente per Paese di provenienza e sesso (al 31/12/2012) Uomini Donne Totale Unione europea Paesi europei extra UE Asia Africa America Oceania Le presenze straniere più significative risutano essere: Romeni: 204 su 356 stranieri in totale provenienti dall Unione europea Moldavi: 317 su 593 stranieri in totale provenienti da Paesi europei extra UE Tunisini: 246 su 765 stranieri in totale provenienti dall Africa TABELLA 3. Popolazione residente per grandi classi d età (al 31/12/2012) >84 Totale Parma Oltretorrente TABELLA 4. Famiglie per numero di componenti (al 31/12/2012) >5 Totale Parma Oltretorrente TABELLA 5. Famiglie straniere per numero di componenti (al 31/12/2012) >5 Totale Parma Oltretorrente La media di componenti per famiglia, nel quartiere, è di 1,79; quella dell intera città è di 2,10 componenti per famiglia. La famiglia uni personale sembra, dunque, essere il modello familiare prevalente, tanto in città, quanto in quartiere: è un dato interessante se si tiene del fatto che la classe di età più numerosa (sia a Parma che in Oltretorrente) è quella dei 30-64, quindi quella relativa alla fase del ciclo di vita in cui un soggetto decide di dar vita ad una propria famiglia: tra le famiglie uni personali, bisognerà, pertanto, considerare che vi saranno soggetti celibi/nubili che decidono di vivere da soli, soggetti separati/divorziati, soggetti vedovi, soggetti 41

58 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente immigrati da soli (senza, quindi, partner ed eventuali figli): è una consistente fetta di popolazione di cui le politiche sociali non possono non tener conto. 4.4 Attività commerciali, Servizi,Cooperative Sociali, Associazioni, Istituzioni presenti in Quartiere I dati relativi al numero di attività commerciali sono stati rilevati sul campo ed incrociati a quelli contenuti nei database informatici (consultabili in rete) della Provincia e del Comune di Parma. Le principali attività commerciali sono dislocate lungo le principali arterie del quartiere (quindi, Via D Azeglio e Via Bixio); non è raro, tuttavia, trovare negozi di artigianato e circoli Arci nei tanti borghi che si intersecano con le più grandi ed affollate strade. Diverse sono le attività gestite da stranieri (perlopiù Asiatici e Africani). TABELLA 6. Attività commerciali (al 2 novembre 2013) italiane straniere Abbigliamento/scarpe/accessori 38 3 Agenzia di lavoro 2 Agenzia immobiliare 13 Agenzia viaggi 4 Alimentari (compresi forno, macelleria) Apparecchi acustici 4 Articoli per la casa/tappeti/tessuti 7 3 Artigianato/manufatti d arte (legatorie, lavorazioni in pietra, corniciai, 20 5 bigiotterie, calzolai, sarti, falegnami) Banca 4 Bar/pub 44 Cartoleria 4 Cartomanzia 1 Cinema 1 Circoli ricreativi/circoli ARCI 5 Copisteria 5 Cucito (mercerie/macchine da cucire) 3 Cura corpo (parrucchieri, benessere, erboristerie, cosmesi, profumerie) 25 7 Edicola 5 Elettronica (videogames, computer, impianti elettrici, telefonia) 13 1 Farmacia/parafarmacia/ottica 8 Ferramenta/chiavi/armeria 7 Frutta/fiori 10 1 Gioielleria 4 Hobbistica (musica, fumetti,sub, bici, modellismo, animali, foto, tatoo) 11 Hotel/B&B 4 Kebab 12 Libreria 6 Meccanico 1 Pasticceria/gelateria 10 Posta 2 Ristoranti/trattorie/pizzerie (anche asporto) 12 1 Sala bingo 1 Self service (bar/lavanderia) 5 Servizi corrispondenza estero/ prestiti 2 1 Sindacati 2 Tabaccheria /sigaretta elettronica 11 42

59 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente TABELLA 7. Servizi Educativi Comunali/Pubblici Privati Nidi di infanzia 1 1 Scuole dell infanzia 1 1 (privata paritaria) Scuole primarie 2 (organizzano pre-scuola) 1 (privata paritaria) Scuole secondarie 1 1 (privata partiaria) Istituiti Superiori 8 TABELLA 8. Servizi per gli anziani Centro diurno 1 Casa Protetta 4 Casa riposo 1 TABELLA 9. Cooperative sociali Topo A 3 TABELLA 10. Associazioni di volontariato Attività socio-assistenziale 15 Attività sanitarie 3 Attività ricreative 1 Prevenzione veterinaria 1 Attività educative 1 TABELLA 11. Associazioni di promozione sociale Ricerca e promozione culturale, etica e spirituale 8 Diffusione pratica sportiva 1 Sviluppo della personalità in tutte le sue espressioni 2 Conseguimento altri scopi di Promozione Sociale 2 Sviluppo del turismo sociale e promozione turistica a livello locale 1 TABELLA 12. Istituzioni Biblioteche 3 Archivio di Stato 1 Università degli Studi di Parma 2 Facoltà Università Popolare di Parma 1 Azienda USL 2 presidi Comune di Parma 2 Presidi Teatri 2 Carabinieri 1 (RIS) Istituto europeo 1 Provincia di Parma 1 (Centro Impiego) Parrocchie 4 43

60 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente 5. La Famiglia oggi Il termine famiglia evoca l idea della famiglia parsonsiana, una famiglia nucleare, costituita da una coppia eterosessuale bianca, di classe media, coniugata, con figli e caratterizzata da una rigida divisione dei ruoli: al marito/padre spetterebbe il ruolo di bread-winner; alla madre/moglie, invece, quello di home-maker (Fruggeri, 2005); un idea che ben si riconduce a quella delineata dall articolo 29 della Costituzione italiana, secondo il quale La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Risulta, tuttavia, anacronistico, nell attuale contesto socio-culturale, disconoscere le molteplici forme familiari che si discostino dal modello familiare canonico delineato in un epoca ormai trascorsa, durante la quale erano ritenute patologiche le forme familiari che si discostassero dal modello nucleare. Adottando una prospettiva pluralista, piuttosto che di famiglia è opportuno parlare di famiglie, per promuovere e favorire l accettazione delle diversità ed evitare di attribuire una superiorità morale ad una specifica tipologia familiare (Fruggeri, 1997): infatti, il concetto di famiglia normale viene abbandonato a favore di quello di normalità delle famiglie, secondo il quale all interno della stessa forma di famiglia esistono modi diversi di realizzare l integrazione, la stabilità e la crescita 34. Tra i fenomeni che comportano un aumento di complessità nel modo in cui le famiglie si formano e si trasformano nel contesto attuale, si possono annoverare: una crescente flessione del tasso di natalità ed un innalzamento della speranza di vita; il prolungamento dei tempi di permanenza dei giovani in famiglia; l elevamento dell età di matrimonio e del numero di celibi/nubili; l aumento del numero di giovani adulti che vivono soli e delle convivenze; la crescente instabilità coniugale, che sfocia sempre più spesso in separazioni e divorzi (Campanini, 2002). Le forme familiari di cui è possibile parlare oggi sono (Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera, 2002): Famiglie monogenitoriali, in cui un genitore vive con un almeno un figlio minore dei 18 anni, per cause di varia natura (vedovanza, separazione, divorzio); Famiglie uni personali, costituite da un soggetto che vive da solo, che assumono significato differente a seconda dello specifico momento evolutivo in cui tale condizione si colloca; Famiglie ricostituite, caratterizzate da nuclei conviventi in cui si situino figli di un precedente matrimonio o unione di fatto. Famiglie di coppia, quindi coppie anziane e giovani senza figlie o coppie non coniugate per necessità o scelta. 5.1 La famiglia come sistema Intorno alla metà del Novecento, l emergere di nuove discipline scientifiche, tra cui la teoria dei sistemi, la cibernetica, la teoria dell informazione, ha permesso di iniziare a considerare la 34 Fruggeri L. Famiglie: Dinamiche interpersonali e processi psicosociali, Carocci, Roma, 1997, p

61 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente famiglia come un oggetto unitario di analisi. In particolare, adottando la definizione Watzlawick di sistema, come insieme di oggetti e delle relazioni tra gli oggetti e tra i loro attributi 35, (dove, per oggetti, si intendono le varie parti del sistema e, per attributi, le caratteristiche di questi) diventa possibile guardare alla famiglia non più come un semplice aggregato di individui, bensì come a una rete di relazioni reciproche e interdipendenti tra i singoli elementi, sia interni che esterni al sistema stesso (Fruggeri, 2005). Ogni individuo, secondo la teoria ecologica dello sviluppo di Brofenbrenner, è inserito all interno di sistemi tra di loro interagent (Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera,2002): Individuo Microsistema (persone con cui l'individuo tiene relazioni intime, faccia a faccia) Mesositema (due o più contesti ambientali, cui l'individuo partecipa in modo diretto ed attivo) Ecosistema (due o più contest ambientali, cui l'individuo non partecipa direttamente: ha influenze sul micro e il maso sistema) Macorsistema (comprende norme, credenze, rappresentazioni sociali) FIGURA 8. Ambiente ecologico in cui è inserito l'individuo. Fonte: Adattamento da Malagoli Togliatti, LubranoLavadera, 2002, p.39 In quanto sistema aperto, che scambia informazioni con l esterno e che, dall esterno, trae le risorse per attivare processi di cambiamento ed evolvere (Fruggeri, 2005), la famiglia si caratterizza per le seguenti proprietà: Totalità : ogni parte di un sistema è in rapporto tale con le parti che lo costituiscono, che qualunque cambiamento in una parte causa un cambiamento in tutte le parti e in tutto il sistema. Vale a dire, un sistema non si comporta come un semplice composto di elementi indipendenti, ma coerentemente come un tutto inscindibile 36. Retroazione : ovvero, l informazione di ritorno (feed-back) che, dal ricevente, si dirige verso colui che ha messo in circolo l informazione stessa ( Watzlawick et al, 1971). La retroazione può essere positiva o negativa; [ ] la negativa caratterizza l omeostasi (stato stazionario) e gioca quindi un ruolo importante nel far raggiungere o mantenere la stabilità delle relazioni. La retroazione positiva provoca, invece, un cambiamento, cioè la perdita di stabilità o di equilibrio Watzlawick P., Helmick Beavin J., Jackson D.D Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971, p Ibidem p Ibidem, p

62 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente Equifinalità : all interno di un sistema complesso aperto i risultati finali non sono determinati dalle condizioni iniziali, ma da quanto si verifica all interno del processo; ne deriva che, da uguali condizioni iniziali, si può giungere a risultati finali nettamente diversi ( Watzlawick et al, 1971). Il sistema famiglia è attraversato da due processi strettamente connessi: la morfostasi (che ne garantisce la stabilità dinnanzi a continui fenomeni di cambiamento interni e/o esterni alla famiglia stessa) e la morfogenesi, che regola le evoluzioni del sistema (Fruggeri, 1997) ed il modo in cui le famiglie strutturano i propri rapporti non è indipendente dalla posizione sociale che il gruppo nel suo insieme e i singoli componenti ricoprono anche in quanto membri di una comunità più ampia 38. Il sistema famiglia risente, di conseguenza, anche dell influenza di variabili di natura politica, economica, culturale. Gli interventi di sviluppo di comunità si collocano al livello tanto del Micro quanto del Meso sistema, perseguendo, infatti, l obiettivo di creare connessioni tra persone, in vista dell aumento del benessere dei singoli e della comunità a cui i soggetti partecipano, e considerando che ogni persona non può essere pensata come scissa dal suo sistema familiare di appartenenza. 6. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente 6.1 La Convenzione, strumento di collaborazione tra il Pubblico e il Privato Sociale La Regione Emilia Romagna, attraverso la Legge regionale 21 febbraio 2005, n. 12 Norme per la valorizzazione delle organizzazioni di volontariato e la Legge regionale 9 dicembre 2002, n. 34 Norme per la valorizzazione delle associazioni di promozione sociale,ha stabilito che: L.R. 34/2002, art 12: Convenzioni fra associazioni di promozione sociale e soggetti pubblici. La Regione, gli Enti locali e gli altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le associazioni iscritte da almeno sei mesi nei registri di cui alla presente legge per la gestione di attività di promozione sociale verso terzi [ ] Gli Enti di cui al comma 1 debbono pubblicizzare la volontà di stipulare convenzioni, attraverso strumenti idonei a garantirne la massima conoscenza da parte delle associazioni interessate ed operanti nel settore oggetto della convenzione. Le convenzioni debbono precisare almeno: a) le attività oggetto del rapporto convenzionale, attinenti alle finalità statutarie dell'associazione, nonché le loro modalità di espletamento; b) le risorse umane - aventi adeguata formazione specifica in caso di interventi rivolti alla persona - le strutture, le attrezzature e i beni strumentali impiegati 38 Fruggeri L. Famiglie: Dinamiche interpersonali e processi psicosociali, Carocci, Roma, 1997, p

63 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente nell'espletamento delle attività di cui alla lettera a), nonché le loro condizioni di utilizzazione; c) i costi relativi alla copertura assicurativa, a carico dell'ente pubblico, delle persone messe a disposizione da parte dell'associazione, adeguatamente all'attività svolta e con riferimento ai livelli di copertura previsti dalla normativa in materia di lavoro dipendente; d) l'ammontare dell'eventuale partecipazione finanziaria dei contraenti; e) le modalità di rimborso delle spese documentate; f) le modalità di verifica dell'attuazione della convenzione; g) la durata, le cause e modalità di risoluzione della convenzione. Gli Enti pubblici possono erogare alle associazioni di promozione sociale iscritte contributi finalizzati al sostegno di specifiche attività o progetti di pubblico interesse. L.R. 12/2005, art.13 : Rapporti convenzionali. La Regione, gli Enti locali e gli altri Enti pubblici possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale o nei registri provinciali da almeno sei mesi per l'erogazione di prestazioni ed attività, anche di carattere promozionale, compatibili con la natura e le finalità del volontariato. I suddetti Enti devono pubblicizzare la volontà di stipulare convenzioni, nelle modalità che riterranno opportune, dandone comunicazione in ogni caso a tutte le organizzazioni del loro territorio iscritte ai registri ed operanti nel settore oggetto della convenzione. Le convenzioni devono essere stipulate nel rispetto delle seguenti condizioni: a) le attività oggetto del rapporto convenzionale devono essere svolte dalle organizzazioni contraenti con l'apporto determinante e prevalente dei propri aderenti volontari; b) deve essere verificato il possesso da parte dei volontari delle cognizioni tecniche e pratiche e delle eventuali abilitazioni professionali necessarie allo svolgimento delle attività e delle prestazioni specifiche; c) devono essere stipulate le assicurazioni previste dall'articolo 4 della legge n. 226 del 1991 in favore dei volontari aderenti alle organizzazioni; d) tra gli oneri derivanti dalle convenzioni, oltre alle spese ammesse a rimborso, ancorché non interamente documentate, devono figurare gli oneri relativi alle coperture assicurative ed eventuali quote parte delle spese generali di funzionamento delle organizzazioni. 47

64 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente 6.2 Le Associazioni Famiglia Più e Liberamente Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente è realizzato e coordinato da un Associazione di volontariato ed una di promozione sociale: Famiglia Più, nata nel 1990, è un Associazione Onlus di famiglie, persone, associazioni ed enti, che si propone di promuovere i valori umani e cristiani del matrimonio e della famiglia e di tutelarne i diritti. I principali servizi dell Associazione sono: il consultorio U.C.I.P.E.M., che offre consulenza psicologica a singoli, genitori e adolescenti, gruppi di incontro per genitori, accompagnamento alle famiglie adottive; corsi di formazione per insegnanti; conferenze e dibattiti; progetti sociali di prevenzione e autopromozione con le famiglie; Liberamente, nata nel 2001, è un Associazione di Promozione Sociale senza scopo di lucro, che aiuta minori e famiglie in difficoltà, attraverso la promozione e la progettazione di processi di supporto; è fortemente impegnata nella tutela dei diritti umani fondamentali attraverso l attivazione di momenti di ricerca, studio e formazione sulle metodologie socio-educative, inerenti la persona, le famiglie ed i minori, e la promozione di iniziative utili ad informare e sensibilizzare l'opinione pubblica e quanti operano in campo sociale. L Associazione coordina anche, tra le altre cose, il Progetto Laboratorio Compiti promosso sempre dal Comune di Parma. Il Laboratorio è un progetto promosso e sostenuto dal Centro Per le Famiglie del Comune di Parma. È, quindi, attraverso il costante dialogo tra il Privato sociale ed il Pubblico che, da cinque anni, il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente continua a perseguire i suoi obiettivi 6.3 La convenzione tra il Comune di Parma, Associazione Famiglia Più, Associazione Liberamente, Centro Servizi per il Volontariato in Parma Forum Solidarietà Di seguito, verranno i tratti più significativi della Convenzione, in vigore da settembre 2013 e tuttora in corso, tra il Comune di Parma, Associazione Famiglia Più, Associazione Liberamente, Centro Servizi per il Volontariato in Parma Forum Solidarietà 39, relativa al Laboratorio Famiglia in Oltretorrente. CONVENZIONE PER LO SVILUPPO DEL PROGETTO LABORATORIO FAMIGLIA IN OLTRETORRENTE Il Comune di Parma, codice fiscale n , legalmente rappresentato dal Direttore del Settore Welfare e Famiglia Dott. William Sgarbi, [ ]; E 39 Documento reperibile on line, all indirizzo 48

65 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente L Associazione Famiglia Più - Onlus, [ ] E L Associazione LiberaMente senza fini di lucro[ ] E Il Centro Servizi per il volontariato in Parma Forum Solidarietà, [ ] PREMESSO [ ] VISTI - il documento Indicazioni attuative del Piano Sociale e Sanitario per gli anni allegato 1 quale integrazione al Piano sociale e sanitario regionale (approvato con DGR 284/2013) che si concentra su alcune scelte prioritarie e i nuovi bisogni più impellenti alla luce dei fenomeni di crisi e trasformazioni sociali in atto, che pone enfasi anche sulle potenzialità quali la capacità di una comunità di farsi solidale nei momenti di difficoltà, la presenza di legami di fiducia e di reti più o meno formali di aiuto determinanti per la possibilità di far fronte alla crisi ; - il Piano strategico Il Nuovo Welfare di Parma come percorso di sviluppo di comunità, approvato dal Consiglio Comunale con Deliberazione n. 22/2013, risultato di un processo partecipativo, collaborativo e democratico che ha visto coinvolti tutti gli stakeholders allo scopo di promuovere una reale condivisione delle scelte strategiche e delle priorità su cui impostare il Nuovo Welfare della Città e che ha posto quale obiettivo strategico generale la costruzione di un Patto Fondativo di e con la comunità nella convinzione che solo attraverso un effettiva sinergia tra servizi pubblici professionali, partnership con il privato sociale e corresponsabilità sociale dei cittadini è possibile sviluppare sul territorio coesione sociale, inclusione, prevenzione del disagio e promozione diffusa del benessere; - la Delibera di Consiglio n. 26 del 23/04/2013 che ha esplicitato indirizzo favorevole ad un Accordo tra Comune di Parma, Provincia di Parma, Caritas, Fondazione Cariparma, Forum Solidarietà, Forum del Terzo Settore, Consorzio Solidarietà Sociale con il quale le suddette Parti si impegnano a collaborare nel promuovere un progetto integrato ed organico che sostenga la realizzazione di un Patto Fondativo con e nella comunità, con l obiettivo di: - incentivare lo sviluppo comunitario, incoraggiando le relazioni di prossimità, la partecipazione attiva per favorire il ben-essere delle famiglie, l integrazione, la coesione e la solidarietà; - valorizzare e far crescere la capacità dei cittadini; - promuovere la crescita di reti di relazioni di fiducia reciproca, di scambio e mutuo aiuto, di incontro tra bisogni e disponibilità solidale di tempo e competenze per soddisfare tali bisogni; - dare vita a nuove progettualità e /o ri-orientare quelle già in essere; 49

66 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente CONSIDERATO che tra gli obbiettivi strategici del Piano Il nuovo welfare di Parma come percorso di sviluppo di comunità vi è quello di promuovere la crescita di capitale sociale nelle famiglie e nella comunità, lo sviluppo comunitario incoraggiando le relazioni di prossimità al fine di favorire il benessere di tutti famiglie e bambini e quindi di sostenere lo sviluppo complessivo della città. E un obiettivo generale da perseguire attraverso la crescita di reti di relazioni fiducia reciproca, sulla base del principio di corresponsabilità sociale, ma anche realizzando modalità innovative di sostegno per diffondere forme di aiuto reciproco tra famiglie e di partecipazione attiva alla vita della comunità locale (o del quartiere, del condominio, della scuola). Solo così è possibile prevenire l insorgere di disagio, contrastare l isolamento delle famiglie, soprattutto quando vivono situazioni di mancanza di legami/relazioni con l esterno. Si tratta di dar vita e/o ri-orientare e coordinare complessivamente progettualità già in essere nella promozione di azioni di reciprocità e di respiro comunitario che siano nel contempo strumento di aiuto e risorsa per sé e per gli altri. CONSIDERATO - che il Comune di Parma esercita le funzioni di sostegno e cura, nell ambito degli interventi a tutela dei soggetti in età evolutiva e delle loro famiglie, prioritariamente finalizzati a promuovere il ben-essere della famiglia, sostenendo la stessa attraverso adeguate politiche sussidiarie; - che nello specifico, la S.O. Famiglia e Sviluppo di Comunità del Comune di Parma, ha come priorità la definizione delle progettualità innovative a supporto delle politiche sociali in un ottica di sviluppo di comunità, sensibilizzazione alla partecipazione e auto mutuo aiuto tra famiglie e l attivazione di risorse del territorio, promozione dell associazionismo e cittadinanza attiva e volontariato; - che tali fini fortemente condivisi tra tutti i Partner del presente progetto sono pertanto perseguiti anche attraverso questa nuova offerta di occasioni strutturate che favoriscono la socializzazione e l integrazione nel contesto sociale di riferimento e che offrono opportunità di crescita equilibrata e armonica, all interno delle diverse fasi evolutive, per tutte le famiglie che a diverso titolo potranno beneficiarne, costituendo in questo modo un azione di forte sinergia e qualificazione per l intero programma di promozione e sviluppo di comunità; - che con proprio atto n del 19/11/2008 la Giunta Comunale ha espresso un indirizzo favorevole alla stipula di una convenzione con il Forum Solidarietà, Centro Servizi per il volontariato di Parma, l Associazione Famiglia Più e l Associazione Liberamente per la realizzazione del progetto Laboratorio Famiglia in Oltretorrente per gli anni 2009, 2010 e 2011; 50

67 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente - che successivamente, con proprio atto n. 881 del 22/09/2011 la Giunta Comunale ha espresso indirizzo favorevole alla proroga della medesima convenzione sopra menzionata a valere fino al 31/12/2012; - che con atto commissariale n. 60 del 31/01/2012, si è provveduto alla proroga del Protocollo d Intesa tra il Comune di Parma e Forum Solidarietà, Centro Servizi per il Volontariato in Parma per progetti e iniziative riguardanti le Politiche Familiari di cui alla delibera n. 361 del 25/03/2010; - che le convenzioni sopra menzionate erano finalizzate all avvio, sperimentazione e consolidamento di un esperienza innovativa di promozione del benessere delle famiglie in un preciso contesto territoriale cittadino quale è l Oltretorrente; - che, successivamente, con proprio atto n. 520 del 20/12/2012 la Giunta Comunale ha espresso indirizzo favorevole alla stipula di una nuova convenzione anche per il primo semestre 2013, allo scopo di salvaguardare e consolidare le azioni già in essere e, contestualmente, definire un nuovo modello gestionale ed organizzativo rimodulando il progetto al contesto sociale in via di trasformazione e ai nuovi obiettivi strategici dell amministrazione; - che, verificati i risultati positivi fin qui conseguiti e considerate le potenzialità di ulteriore sviluppo e ampliamento del progetto, le cui nuove azioni (in particolare il percorso di rimodulazione e coordinamento con il nuovo Patto Fondativo con e nella comunità) si concentreranno principalmente nel secondo semestre 2013, si ritiene opportuno procedere fino al 30/06/2014 alla stipula di una nuova convenzione allo scopo di salvaguardare e consolidare le azioni già in essere e, contestualmente, definire e sviluppare ulteriormente un nuovo modello gestionale ed organizzativo rimodulando il progetto al contesto sociale in via di trasformazione e ai nuovi obiettivi strategici dell amministrazione ad ampio respiro pluriennale; - VISTA [ ] TUTTO CIO PREMESSO SI CONVIENE E SI STIPULA QUANTO SEGUE: Art. 1 Le premesse sono parte integrante e sostanziale del presente atto. Art. 2 Oggetto della presente convenzione è la collaborazione fra l Amministrazione Comunale di Parma, l Associazione Famiglia Più, l Associazione Liberamente e Forum Solidarietà, Centro Servizi per il Volontariato, per la prosecuzione della gestione di un luogo di incontro per le famiglie, dedicato alla costruzione di beni relazionali, alla promozione di pratiche di partecipazione e di cittadinanza attiva, all attivazione di risorse comunitarie. 51

68 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente Art. 3 Obiettivo generale del progetto è la promozione di concrete esperienze di prossimità tra famiglie, attraverso la promozione di luoghi sociali relazionali fruibili dalle famiglie e animati dalla presenza delle associazioni familiari della Consulta e del territorio che vorranno collaborare. Art. 4 Le finalità specifiche sono volte a: - mobilitare le relazioni positive nelle famiglie e tra le famiglie ponendo i nuclei familiari al centro di un processo di sviluppo comunitario che li veda attori protagonisti col fine ultimo di migliorare la qualità della vita per tutta la comunità e rafforzare la coesione sociale, coinvolgendo i soggetti pubblici, privati e di privato sociale, presenti nel territorio di riferimento; - promuovere percorsi di integrazione, coesione e sviluppo di comunità, nella logica di un sistema indirizzato all accoglienza della globalità della persona e volto alla sua promozione senza assumere ottiche di tipo assistenziale. Art. 5 Obiettivi specifici da conseguire: - sviluppare idee e progettualità capaci di promuovere il benessere delle famiglie e dei cittadini in generale attraverso l attivazione di pratiche di mutuo aiuto e di cittadinanza attiva; - far uscire dall isolamento le famiglie, con particolare attenzione alle situazioni maggiormente prive di legami/relazioni con l esterno, accogliendole nelle loro istanze/bisogni e sostenendole con reti e proposte adeguate (ascolto, orientamento, affiancamento ed accompagnamento); - rimodulare il progetto al contesto sociale in via di trasformazione e ai nuovi obiettivi strategici dell amministrazione, che possa essere sviluppato nei prossimi anni, collocandosi opportunamente all interno del nuovo Patto Fondativo con e nella comunità per come si delineerà nell ambito dello sviluppo dell Accordo tra Comune di Parma, Provincia di Parma, Caritas, Fondazione Cariparma, Forum Solidarietà, Forum del Terzo Settore, Consorzio Solidarietà Sociale; - attivare conseguentemente il percorso di rimodulazione e coordinamento con il nuovo Patto Fondativo con e nella comunità, azione di comunità il cui sviluppo si concentrerà principalmente nel secondo semestre

69 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente Art. 6 Il presente atto non assume le caratteristiche del contratto d appalto trattandosi di attività a fini sociali, che obbliga l Amministrazione al rimborso delle spese sostenute e che nessun utile è previsto per le Associazioni di cui alla presente convenzione. Relativamente agli obblighi facenti riferimento ai soggetti contraenti si rilevano le seguenti responsabilità: Il Comune di Parma titolare delle funzioni di promozione e tutela a supporto dei minori e delle famiglie, si impegna, per la realizzazione del progetto sopra descritto, a: - garantire il corretto funzionamento della presente convenzione nel rispetto degli obiettivi generali e specifici della stessa anche attraverso le verifiche necessarie al buon andamento complessivo del progetto; - mettere a disposizione, appena possibile e gratuitamente, e per tutta la durata della convenzione, i locali siti al piano terreno dell unità immobiliare Ex Stimmatini di proprietà della Fondazione Bacchieri Borri Basetti, P.le San Giacomo, n. 7, (di cui si allega planimetria) in uso dell Amministrazione stessa, (e assegnati alla S.O. Famiglia e Sviluppo di Comunità), destinandoli quindi alla nuova sede operativa del Laboratorio Famiglia In Oltretorrente per l attuazione dei programmi di sostegno alle famiglie; - autorizzare gli utilizzi della stessa sede operativa, per attività non inerenti al progetto ed in orari diversi da quelli programmati per le attività del progetto, a favore di famiglie affidatarie, associazioni familiari, altre realtà del territorio che si rivolgessero al Comune di Parma; in proposito sarà definita una specifica modalità attuativa, dando altresì atto che la S.O. Famiglia e Sviluppo di Comunità consulterà in via preventiva le Associazioni Famiglia Più e LiberaMente ; - assicurare la copertura assicurativa per la responsabilità civile di questi utilizzi, che volta per volta saranno autorizzati con Provvedimento formale da parte del Dirigente del Settore Welfare e Famiglia, dando atto che nel caso di soggetti giuridici, dovranno operare direttamente le forme assicurative già stipulate da questi soggetti; - assicurare le risorse necessarie alla sua positiva conduzione con le misure indicate nel prospetto sotto definito, erogandole a Forum Solidarietà per un contributo complessivo pari a ,00 a valere fino al 30/06/2014, in attuazione di quanto previsto nel protocollo d intesa tra il Comune di Parma e Forum Solidarietà Centro Servizi per il Volontariato per progetti e iniziative riguardanti le Politiche Familiari [ ]; - progettare un nuovo modello gestionale che sia adatto a qualificare, consolidare e sviluppare ulteriormente le esperienze delle Associazioni della Consulta delle Associazioni Familiari del Comune di Parma convenzionate, nella conduzione di progetti orientati allo sviluppo di comunità; - proporre e realizzare un modello gestionale partecipato adatto ad accompagnare questo programma, costituendo un apposito Comitato di Gestione. 53

70 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente L Associazione Famiglia Più, l Associazione LiberaMente si impegnano a svolgere le seguenti azioni: - assumere come priorità la promozione dello sviluppo di un contesto socio-ambientale favorevole alle relazioni ponendo l attenzione ai bisogni ed alle sensibilità delle famiglie, con particolare attenzione a quelle residenti nel quartiere Oltretorrente; - offrire dei momenti di incontro, di scambio, accoglienza e animazione per le famiglie e i cittadini del quartiere e non e realizzati anche con il coinvolgimento di diverse realtà del territorio quali ad esempio Associazioni Familiari, Coop. Sociali, plessi scolastici, gruppi informali e altre Associazioni; - realizzare iniziative volte a favorire l attivazione del protagonismo di gruppi di famiglie e cittadini e finalizzate alla promozione di pratiche di scambio e mutuo aiuto. [ ] Per quanto riguarda l elaborazione progettuale di dettaglio delle attività sarà costituita una équipe di lavoro, alla quale parteciperanno un referente dell Associazione Famiglia Più e uno di LiberaMente, gli operatori coinvolti nel progetto e un referente per la S.O. Famiglia e Sviluppo di Comunità. Tale équipe si riunirà con cadenza trimestrale, e comunque ogni volta che l aspetto organizzativo ne solleciti la convocazione, che avverrà con accordi diretti tra i componenti e avrà facoltà decisionale per la realizzazione delle attività, con regolare stesura di verbali. Per la presentazione e la verifica del progetto, in itinere, la S.O. Famiglia e Sviluppo di Comunità, svolgerà il ruolo di collegamento tra l équipe di lavoro, i servizi sociali territoriali, il Centro per le Famiglie ed altre realtà del territorio coinvolte nel progetto. Le Associazioni contraenti sono inoltre responsabili dei danni che dovessero occorrere ai propri operatori e/o terzi nel corso dello svolgimento dell'attività convenzionata ed imputabili a colpa dei propri operatori ai sensi dell'art c.c.; in tal senso queste stesse Associazioni garantiranno una adeguata copertura assicurativa, per operatori (sia volontari che non) e anche per le persone frequentanti e beneficiarie delle attività contro infortuni e per la responsabilità civile verso terzi. Nello svolgimento delle attività potranno accogliere anche tirocinanti in formazione e giovani in servizio civile per i quali dovrà sempre essere attivata analoga copertura assicurativa. Le Associazioni contraenti restano pienamente responsabili dell uso delle risorse attribuite ed erogate. Le fatture dovranno essere a documentazione della spesa ed ogni ulteriore e regolare giustificativa anche di altra tipologia dovrà essere sempre intestata alle stesse. Le stesse Associazioni contraenti la presente convenzione potranno associare al programma altre Associazioni ed Agenzie di natura sociale; in questi casi dovranno formalizzare con le stesse il rapporto necessario e darne comunicazione alla S.O. Famiglia e Sviluppo di Comunità e a Forum Solidarietà - Centro Servizi per il Volontariato. 54

71 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente Forum Solidarietà si impegna a: - sostenere le Associazioni partecipanti al progetto ed in particolare quelle convenzionate capofila dello stesso, aiutandole nella gestione amministrativa del progetto; - assicurare la presenza al Comitato di Gestione appositamente costituito per la conduzione del progetto, collaborando anche alle verifiche periodiche di monitoraggio e valutazione; - erogare le risorse programmate alle Associazioni Familiari Capofila che gestiscono il Laboratorio oggetto della presente convenzione, con le misure e periodicità, a fronte di note contabili, presentate da parte delle Associazioni stesse, pro quota, per l Associazione Famiglia Più al 50%, per l Associazione Liberamente al 50%, previo accertamento formalizzato da parte del Comitato di Gestione nella sua composizione completa, volta per volta, dell avvenuta attivazione delle attività, della loro prosecuzione e dello stato di avanzamento del progetto considerando la cronologia sotto riportata delle erogazioni a favore del Forum di Solidarietà Centro Servizi per il Volontariato da parte del Comune di Parma [ ] - aiutare le Associazioni contraenti nel predisporre la rendicontazione finale, sottoscrivendola congiuntamente alle stesse. [ ] Art. 7 Comitato di Gestione Congiuntamente i contraenti riconoscono nella costituzione di un comitato di gestione uno strumento per sviluppare una gestione collegiale adatta, per accompagnare in condivisione questa esperienza progettuale. Lo stesso sarà costituito da un rappresentante per ogni soggetto contraente (nel caso dei partner del Comune Rappresentante Legale o suo delegato) e avrà facoltà decisionale per la realizzazione delle attività; potrà disporre le modalità di utilizzo delle risorse anche definendo adattamenti, nel corso delle attività, rispetto agli utilizzi già programmati. Le sedute saranno presiedute a turno dai referenti che lo costituiscono e gli esiti saranno verbalizzati. Le modalità decisionali si baseranno sulla piena condivisione. Le convocazioni, pur richieste anche da più partner, saranno sempre predisposte dalla S.O. Famiglia e Sviluppo di Comunità. Art. 8 Il Comune di Parma, l Associazione Famiglia Più e l Associazione Liberamente, si impegnano, a garanzia della qualità degli interventi programmati - in un ottica di maggiore integrazione fra soggetti istituzionali e non ad interagire per il conseguimento dell obiettivo espresso all Art. 3 della presente convenzione. Art. 9 La presente Convenzione ha durata fino al 30 giugno I contraenti, all atto della stipula della convenzione, dichiarano il loro impegno a contribuire fattivamente al raggiungimento degli obiettivi in essa previsti, ciascuno relativamente a quanto 55

72 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente previsto all art. 6. Dichiarano inoltre, di essere consapevoli del carattere a rilievo pubblico dell attività svolta in forza della presente convenzione che vincola i soggetti contraenti al rispetto del principio costituzionale di imparzialità. L accertata violazione di tale impegno potrà costituire motivo per il recesso dalla convenzione da parte dei contraenti. Art. 10 Nel caso di inadempienze tali da compromettere la funzionalità degli interventi o di non ottemperanza da parte dei contraenti, fermi i richiami agli artt e 1457 c.c., il Comune ha la facoltà di recedere dalla presente Convenzione con preavviso scritto di almeno 30 giorni. [ ] 6.4. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente Il Laboratorio è stato inaugurato il 15 marzo 2009, in un locale in affitto da un privato, sito in via Inzani, 29 a Parma. Da settembre 2013, il Laboratorio si è trasferito in uno storico edificio di proprietà della Curia, sito in Piazzale s. Giacomo, 7, che affaccia su una delle principali arterie del quartiere Oltretorrente, via d Azeglio. Per il quartiere Oltretorrente, il palazzo, noto come edificio degli ex Stimmatini (era, infatti, la casa dei Frati Stimmatini) ha un forte valore affettivo: è stato, infatti, negli anni la sede della scuola media Mazzini-Drago, frequentata da molti abitanti del quartiere, che nel rivedere aperte le porte dell edificio in disuso da molti anni hanno manifestato entusiasmo e curiosità. Il cambio di sede ha comportato, sicuramente, una maggiore visibilità del Laboratorio, ma anche la necessità di dover ridefinire le relazioni con le realtà presenti sul territorio e, quindi, il consolidamento di legami già esistenti e la progettazione di strategie atte a stringere nuovi rapporti: l équipe di lavoro ha, infatti, messo a punto la decisone di riprendere tutti i contatti con il quartiere, (interlocutori istituzionali, del terzo settore, esercizi commerciali) al fine di fare una prima ricognizione dei nuovi bisogni emergenti e avere conoscenza di tutti gli eventuali progetti già in campo. L équipe di lavoro è composta da una coordinatrice, a cui spetta il coordinamento delle attività del Laboratorio e la tenuta dei contatti con l esterno, due operatrici, di formazione psico-sociale, a cui competono la facilitazione delle relazioni con e tra gli ospiti, il monitoraggio delle dinamiche che si manifestano nel Laboratorio, l organizzazione delle attività, ed un operatrice arte terapeuta, che tiene un laboratorio artistico di espressività. Le Presidentesse delle due Associazioni svolgono, perlopiù, un lavoro di back office, partecipando, settimanalmente, alla riunione di équipe e curando le relazioni con attori privati ed istituzionali. Durante la riunione settimanale di équipe, alla quale prendono parte anche i tirocinanti, vengono ideate, progettate e realizzate le varie strategie da portare vanti nel progetto. Dal 2009 ad oggi è aumentato il numero di volontari che, a vario titolo, partecipano alla vita del Laboratorio, nonché di persone che gravitano intorno allo stesso, con scopi diversi: prendere parte alle attività proposte, vivere il Laboratorio come luogo di aggregazione, partecipare alla programmazione trimestrale. Da settembre 2013 si è ripreso ad incontrare il gruppo dei 56

73 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente volontari con cadenza trimestrale, al fine di farli conoscere fra loro e condividere l esperienza Laboratorio; si ambirebbe ad un percorso di formazione comune, anche con i volontari presenti negli altri Laboratori Famiglia (ma al momento questa è solo un ipotesi). La programmazione delle attività nasce dalle richieste dei frequentatori del Laboratorio e le attività stesse sono un occasione di socializzazione, ma, soprattutto, la pretesa per costituire reti che si estendano anche al di fuori delle mura del Laboratorio. Il cambio di sede ha visto i frequentatori storici del Laboratorio presentarsi spontaneamente con il desiderio di ricominciare a frequentare il nuovo luogo e, quindi, le varie attività, tutte assolutamente gratuite, che, al momento (gennaio 2014) sono: il gruppo di Patchwork: si riunisce a cadenza settimanale ed è gestito in completa autonomia dalle partecipanti, donne italiane e non, di tutte le età e di diversa estrazione sociale, che, riunendosi con l intento di sperimentare l arte del Patchwork, in realtà danno vita, seppure inconsapevolmente, a significative occasioni di integrazione interculturale e intergenerazionale; il Progetto Laboratorio Compiti: nato nel 2010, nell ambito del Bilancio Partecipativo 2009 del Comune di Parma, offre una risposta al bisogno delle famiglie di supporto scolastico, familiare ed educativo, grazie all azione di cittadini volontari, riuniti in Associazioni o come singoli; il Laboratorio Compiti che ha sede nel Laboratorio Famiglia in Oltretorrente è gestito un giorno a settimana dall associazione Scout C.N.G.E.I e un giorno a settimana dalla Comunità di S. Egidio ed è rivolto prevalentemente ai bambini della Scuola Primaria; l angolo della Conversazione: è pensato come una lezione di lingua e cultura italiana per donne straniere ed è interamente gestito da una volontaria dell Associazione Liberamente, ha cadenza settimanale e prevede lezioni frontali ed uscite; l associazione Donne Algerine di Parma, nata nella vecchia sede, dall incontro tra donne volenterose di conservare e trasmettere la propria cultura d origine, si ritrova ogni settimana per raccontarsi esperienze, organizzare attività ed iniziative ed incontrare cittadini curiosi di conoscere culture altre; la Scuola di lingua e cultura albanese, a cura dell associazione Scanderberg, che ha deciso di fruire settimanalmente dei locali del Laboratorio a partire dal mese di ottobre 2013, per impartire, in piena autonomia, lezioni di lingua e cultura albanese, rivolte principalmente a bambini albanesi; l Atelier di espressività, due volte al mese, tenuto da un operatrice del Laboratorio, è un momento in cui persone di ogni età (su iscrizione) possono sperimentarsi nell espressione delle proprie emozioni e sentimenti attraverso diverse tecniche artistiche e materiali (in primis, la creta); il Parents & Baby s Time 0-3 anni: due volte al mese è un momento, curato (per il momento) dalle due operatrici di formazione psicosociale che si affiancano a madri con 57

74 Capitolo 2. Il Laboratorio Famiglia in Oltretorrente figli della fascia d età 0-3 anni per sostenerle nel superare in maniera serena i primi anni di vita; le attività sono co-progettate con le madri che vi partecipano; la scuola di lingua e cultura araba, tenuta dalle donne dell Associazione Donne Algerine di Parma, per due volte al mese e destinata prevalentemente a bambini di origine araba; un laboratorio di manualità tenuto da una volontaria dell Associazione Famiglia Più, una tantum; un percorso di danza creativa per bambini e madri 0 7 anni, tenuto da una volontaria del Laborartorio, con un elevata professionalità in tale settore; un percorso di danza creativa per.bambini e madri 0 3 anni, tenuto da una professionista che si è spontaneamente offerta di far qualcosa per il Laboratorio; gli incontri del Gruppo d Acquisto Solidale Palla Corda, una tantum. Il Laboratorio effettua il seguente orario settimanale: TABELLA 13. Orario settimanale del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente operatrici e/o coordinatrice presenti? Lunedì Atelier di espressività (2al mese) Danza creativa(2 al mese) SI NO Martedì Angolo della conversazione SI Progetto Laboratorio Compiti con gli NO Scout del CNGEI Mercoledì Gruppo Patchwork SI Attività non strutturate (e, per due volte SI al mese, Parents & Baby s Time 0-3 anni) Giovedì L Associazione Donne Algerine di SI Parma incontra la comunità Attività non strutturate SI Sabato Progetto Laboratorio Compiti con la NO Comunità di S.Egidio Domenica Scuola di lingua e cultura albanese NO Scuola di lingua e cultura araba (2 al mese) NO La programmazione delle attività è trimestrale e l orario in continua evoluzione, a seconda delle richieste dei frequentatori e dei volontari. I momenti non strutturati sono dedicati alla socializzazione informale, alla ricerca e all incontro di volontari e di realtà del quartiere (Associazioni e singoli cittadini) con cui co-progettare azioni che rispondano ai bisogni della comunità, all accoglienza e all orientamento, al consolidamento delle relazioni. È significativo che vi siano alcuni momenti in cui il Laboratorio è lasciato completamente alla libera gestione di Associazioni altre, rispetto a quelle capo fila: è un importante dimostrazione della promozione del volontariato e della cittadinanza attiva. 58

75 CAPITOLO 3 La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente

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77 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente 1. Ipotesi ed obiettivo della ricerca Dagli aspetti teorici analizzati è possibile formulare le seguenti ipotesi: Un intervento di sviluppo di comunità è finalizzato a produrre un miglioramento nella qualità della vita dei soggetti che vivono nella comunità, quindi accrescere la capacità degli stessi di risolvere i loro problemi e di soddisfare i propri bisogni: il Laboratorio Famiglia è un intervento di sviluppo di comunità? Per comunità (dal latino communitas-communitatis, che sta per comunanza) si intende un insieme di soggetti che condividono aspetti significativi della propria esistenza e che, per questa ragione, sono in un rapporto di interdipendenza, possono sviluppare un senso di appartenenza e possono intrattenere tra loro relazioni fiduciarie" 40 ; più che come oggetto da studiare, è opportuno considerare la comunità come soggetto agente in continua evoluzione, dotato di storia, di un sapere e di un saper fare. L essere comunità (la condivisione, tra i membri di un gruppo, di aspetti che rendono i vari individui interdipendenti) non sempre coincide con il sentirsi comunità (il sentimento che lega coloro i quali, dopo aver sviluppato un comune senso di appartenenza, instaurano relazioni fiduciarie) (Martini, Torti, 2003). In particolare, secondo Chavis e MacMillan, il senso di comunità, presupposto per lo sviluppo della comunità stessa, si articola in: senso di appartenenza (sentirsi parte della comunità), influenza (percezione che il singolo ha di influenzare i processi collettivi che nella collettività prendono vita), soddisfazione dei bisogni (dell individuo attraverso la comunità e viceversa), connessione emotiva condivisa (in base alla qualità dei legami tra individui e alla percezione di condividere, o meno, una comune storia e un comune destino): i frequentatori del Laboratorio si sentono una comunità? Se da una parte la liquidità che connota la società attuale spinge verso l individualismo e, quindi, la ricerca di una propria identità, dall altra la vulnerabilità delle singole identità e la precarietà del processo di costruzione delle singole identità inducono i creatori di identità a cercare delle grucce su cui appendere tutte le loro paure e ansie vissute a livello individuale e quindi una volta fatto ciò a eseguire i rituali esorcistici in compagnia di altri individui afflitti dalle medesime ansie e paure 41 : è l idea di una comunità-gruccia a cui affidare le proprie paure ed insicurezze (Bauman, 2001), esito di costanti processi di negoziazione delle differenze: i frequentatori del laboratorio Famiglia sentono di poter affidare le proprie paure (qui intese come fragilità dovute alla difficoltà nella risoluzione di problemi di varia natura) alla comunità che si è costituita all interno del Laboratorio stesso? Nella valutazione dello sviluppo di comunità è necessario utilizzare indicatori che consentano di valutare se ciò che si sta facendo è sviluppo di comunità e se affronta positivamente il problema da cui il progetto ha preso origine. In particolare, gli indicatori di processo consentono di capire 40 Martini E. R., Torti A. Fare lavoro di comunità, Carocci Faber, Roma, 2003, p Bauman Z. Voglia di comunità, Laterza, Bari-Roma,

78 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente se le attività che stanno avendo luogo sono coerenti rispetto agli obiettivi fissati, domandandosi, nello specifico, se le azioni favoriscono processi di coinvolgimento, partecipazione, connessione (Martini, Torti, 2003): le azioni messe in atto sono coerenti agli obiettivi del progetto? Obiettivo della ricerca sarà, dunque, quello di rispondere alle ipotesi formulate, attraverso l utilizzo di strumenti di ricerca quantitativa e qualitativa, che consentiranno di poter metter a confronto i punti di vista dei soggetti che, a vario titolo, sono coinvolti nel Progetto Laboratorio Famiglia 2. Costruzione degli indicatori La costruzione degli indicatori di processo, che consentiranno di rispondere alle ipotesi precedentemente formulate, è avvenuta a partire dalla lettura degli obiettivi del Progetto Laboratorio Famiglia (tratti dalla pubblicazione ufficiale Il Laboratorio Famiglia: un anno di esperienza 42, del 2010, e da un documento, non ancora ufficiale, a cui hanno lavorato, e stanno lavorando tuttora, le équipe dei tre Laboratorio Famiglia, coordinate dal Responsabile del Centro per le Famiglie, con la Referente dei progetti di sviluppo di comunità), che sono stati messi in relazione alle finalità e agli obiettivi specifici della Convenzione tra il Comune di Parma, le Associazioni Liberamente e famiglia Più e Forum Solidarietà (capitolo 2, pagina 47) 43 ed ai principali processi che un intervento di sviluppo di comunità dovrebbe favorire. Di seguito, è schematizzato il processo che ha condotto alla costruzione degli indicatori, a partire da ciascuno dei quattro obiettivi del progetto Laboratorio Famiglia individuati: 42 Documento on-line all indirizzo 43 Documento on-line all indirizzo 62

79 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente OBIETTIVI del Progetto Laboratorio Famiglia FINALITA E OBIETTIVI SPECIFICI della Convenzione INDICATORI PROCESSI FAVORITI? Promuovere relazioni positive tra nuclei familiari, attraverso le quali giungere allo sviluppo di reti tra famiglie, cittadini e realtà associative di varia natura, nonché al concretizzarsi di esperienze di prossimità tra famiglie, anche con carichi di cura Finalità mobilitare le relazioni positive nelle famiglie e tra le famiglie ponendo i nuclei familiari al centro di un processo di sviluppo comunitario che li veda attori protagonisti col fine ultimo di migliorare la qualità della vita per tutta la comunità e rafforzare la coesione sociale, coinvolgendo i soggetti pubblici, privati e di privato sociale, presenti nel territorio di riferimento Le famiglie che frequentano il laboratorio si incontrano al di fuori dello stesso incontrano Tra le famiglie al di fuori avvengono dello stesso scambi (materiali e immateriali) basati sulla gratuità e sulla reciprocità Entrate in contatto con il Laboratorio, le famiglie hanno aderito ad altre iniziative o proposte intercettate nel Laboratorio stesso Connessione Coinvolgimento Partecipazione Promuovere la positività dell esperienza familiare, riconoscendo la famiglia come soggetto attivo, anche grazie alla fruizione di spazi sociali animati dalle Associazioni di volontariato presenti sul territorio Obiettivo specifico sviluppare idee e progettualità capaci di promuovere il benessere delle famiglie e dei cittadini in generale attraverso l attivazione di pratiche di mutuo aiuto e di cittadinanza attiva Nel Laboratorio si promuovono attività organizzate da famiglie che si aggregano (i frequentatori si sentono soggetti attivi: propone iniziative e ne segue la evoluzione; aderisce alle attività già in corso) I frequentatori del Laboratorio incontrano vengono al di fuori stimolati/ dello stesso rafforzati rispetto all attivarsi come volontari Partecipazione Coinvolgimento 63

80 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente OBIETTIVI del Progetto Laboratorio Famiglia FINALITA E OBIETTIVI SPECIFICI della Convenzione INDICATORI PROCESSI FAVORITI? Creare concrete occasioni di socializzazione per far sì che famiglie ed individui non vivano esperienze di isolamento, prestando una particolare attenzione a situazioni di assenza di legami con l esterno e offrendo sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro Obiettivo specifico far uscire dall isolamento le famiglie, con particolare attenzione alle situazioni maggiormente prive di legami/relazioni con l esterno, accogliendole nelle loro istanze/bisogni e sostenendole con reti e proposte adeguate (ascolto, orientamento, affiancamento, accompagnamento) Al laboratorio si avvicinano persone sole/vulnerabili Intorno alle persone sole si creano reti esterne alla realtà del laboratorio stesso Tra i soggetti della comunità Laboratorio Famiglia si creano esperienze di sostegno nella cura- educazione - conciliazione Connessione Connessione Coinvolgimento Partecipazione Adottare una metodologia di rete, che provochi il consolidarsi delle relazioni esistenti e la promozione di nuovi legami tra persone, famiglie, organizzazioni Finalità promuovere percorsi di integrazione, coesione e sviluppo di comunità, nella logica di un sistema indirizzato all accoglienza della globalità della persona e volto alla sua promozione senza assumere ottiche di tipo assistenziale Chi partecipa al Laboratorio si sente parte di una rete di cui è consapevole di poter essere risorsa e, al contempo, fruitore Coinvolgimento Partecipazione Connessione 64

81 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente 3. Gli strumenti Tutti gli strumenti utilizzati nella ricerca sono stati costruiti a partire dalla batteria di indicatori sopra descritta. 3.1 L intervista semi strutturata L intervista semi strutturata è uno tipologia di intervista qualitativa. Obiettivo dell intervista qualitativa è di entrare nella prospettiva del soggetto studiato, cogliendone categorie mentali, percezioni, interpretazioni, sentimenti; è una conversazione a) provocata dall intervistatore, b) rivolta a soggetti scelti sulla base di un piano di rilevazione e c) in numero consistente, d) avente finalità di tipo conoscitivo, e) guidata dall intervistatore, f) sulla base di uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione 44. Si caratterizza per (Corbetta, 2003): Assenza di standardizzazione: a differenza del questionario, essa non mira a porre l intervistato in categorie predefinite, ma a cogliere nel e categorie mentali; è pertanto uno strumento flessibile che deve adeguarsi alla personalità dei soggetti intervistati Comprensione (contro documentazione): l obiettivo non è raccogliere dati, ma far parlare le persone per comprenderle, ed il contesto della scoperta (concezione di una nuova idea) prevale su quello della giustificazione (controllare empiricamente quanto appreso dalla teoria) Assenza di un campione rappresentativo: l obiettivo è, infatti, quello di coprire le situazioni sociali di interesse della ricerca e non di riprodurre a pieno tutte le caratteristiche della popolazione; la scelta dei soggetti da intervistare avverrà in base all interesse che il ricercatore vedrà in essi Approccio centrato sui soggetti contro approccio centrato sulle variabili: l interesse del ricercatore è di comprendere i fatti sociali, partendo da una lettura globale dei fenomeni e dei soggetti studiati. Nello specifico, l intervista semistrutturata si basa su una traccia, in cui sono riportati gli argomenti che il ricercatore dovrà affrontare durante l intervista, disponendo della libertà di decidere l ordine con cui affrontare i temi ed il modo in cui formulare le domande; a seconda dell intervistato, l intervistatore potrà, dunque, articolare un intervista originale, usare le parole che reputa opportune, chiedere chiarimenti e approfondimenti: lo stile di conversazione cambia a seconda delle caratteristiche dell intervistato e dell interazione tra intervistato-intervistatore (Corbetta, 2003). È necessario che l intervistatore adotti uno stile di conduzione non direttivo, astenendosi da ogni valutazione e mostrando un atteggiamento di disponibilità, accettazione ed interesse. Tale strumento può dare risultati importanti se somministrato ad osservatori privilegiati, ovvero soggetti che non sono oggetto di studio, ma conoscitori ed esperti del fenomeno che si intende studiare, di cui hanno conoscenza diretta e approfondita e quindi un punto di osservazione privilegiato, oppure soggetti che ricoprono una posizione particolare nella 44 Corbetta P. La ricerca sociale: metodologie e tecniche. III Le tecniche qualitative, il Mulino, Bologna, 2003,p

82 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente popolazione oggetto di studio (leader d opinione o di comunità) e persone che hanno una conoscenza profonda dell argomento per le proprie personali vicende. (Corbetta, 2003). I principali vantaggi di questo strumento sono (Palumbo, Garbarino, 2006): la flessibilità per l intervistatore di decidere il modo migliore di condurre l intervista, stabilendo se affrontare o meno tutti i temi che aveva pensato e trascritto sulla scaletta e a decidere, eventualmente, di inserire temi non predefiniti; l elevato tasso di risposta, dato dalla ampia possibilità di espressione concessa all intervistato e maggiore rispetto ai metodi di intervista strutturata; la spontaneità e la maggiore libertà di espressione sia per intervistato che per intervistatore. Gli svantaggi riguardano, invece, (Palumbo, Garbarino, 2006): l influenza che l intervistatore può esercitare sull intervistato, che potrebbe sentirsi giudicato; il tempo necessario da dedicare alla somministrazione dell intervista, sicuramente maggiore rispetto a quelle che richiederebbe un intervista strutturata; la minore garanzia di anonimato. Nel costruire l intervista semi strutturata, si è perseguito l obiettivo di comprendere attraverso un ben definito schema di domande, quali fossero i punti di vista dei diversi soggetti che ad oggi prendono parte, a vario titolo e con ruoli differenti, al coordinamento e alla conduzione del Progetto Laboratorio Famiglia, rispetto a tematiche inerenti lo sviluppo di comunità, in generale, e le specifiche caratteristiche del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente, in particolare. Il progetto, si connota, infatti, per l interazione tra l Ente Pubblico, il Comune di Parma, e l Associazionismo familiare: soggetti diversi per natura, mandato, mission, vision portano avanti insieme delle comuni finalità e degli obiettivi condivisi, ma concordano sui presupposti dell azione e sulla conseguente direzione da intraprendere? L intervista è stata costruita a partire dagli obiettivi generali del progetto, confrontati con le finalità e gli obiettivi della Convenzione tra il Comune e le due Associazioni, e ha indagato le seguenti aree: la percezione della comunità, della famiglia e dell idea di laboratorio; la percezione dello sviluppo di comunità e della rete, intesa come strumento attraverso il quale costruire la comunità stessa; la percezione del ruolo della famiglia, in un contesto storico e sociale che sembra connotarsi per il disgregarsi dei legami sociali, e, quindi, delle relazioni primarie tra individui, nonché per l insorgere di solitudini e nuove povertà; la percezione delle funzioni del Laboratorio Famiglia in ambiti da sempre al centro delle politiche familiari, quali la cura, l educazione e la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro. Si è ritenuto opportuno indagare, inoltre, quanto ciascuno degli intervistati avesse da aggiungere in relazione al proprio specifico ruolo ed alla propria sensibilità inerente il progetto Laboratorio Famiglia. I soggetti intervistati sono il Responsabile del Centro per le Famiglie e la Referente dei progetti di sviluppo di comunità del Centro per le Famiglie, che rappresentano il livello istituzionale ; 66

83 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente le Presidentesse delle due Associazioni, che rappresentano, invece, il livello rappresentativo - associativo ; la coordinatrice e le operatrici del Laboratorio Famiglia, che rappresentano, infine, il livello tecnico operativo. Si è ritenuto, inoltre, opportuno intervistare un Assistente Sociale del Polo Pablo Oltretorrente (Polo territoriale comunale in cui il Laboratorio è inserito) per comprendere il suo punto di vista rispetto alle tematiche concernenti lo sviluppo di comunità, la rete, la fragilità dei legami sociali/familiari, in generale, e rispetto alla percezione del Laboratorio Famiglia come risorsa per la comunità territoriale. Nel trascrivere le interviste si è fatto fede alle audio registrazioni originali. Nel riportare le interviste, di seguito, nel rispetto della privacy dei soggetti intervistati, non ne verranno menzionati i nomi, ma si farà riferimento generico al livello di appartenenza (quindi, istituzionale, politico, tecnico operativo, Assistente Sociale del Polo). Nella trascrizione, gli interventi dell intervistatore saranno contrassegnati dal carattere in grassetto e da una I. Al momento dell intervista, ognuno dei soggetti, dopo aver firmato il modulo di liberatoria all utilizzo dell audio registrazione dell intervista e letto l Informativa sulla privacy, ha ricevuto la seguente griglia di domande ed è stato invitato a scegliere l ordine di risposta, nonché la modalità, che ritenesse più opportuna: 1) Per iniziare, Le chiederei di definire i termini: COMUNITA, LABORATORIO, FAMIGLIA 2) Secondo Lei quand è che un intervento può definirsi di sviluppo di comunità? 3) Secondo lei, quali sono i presupposti affinché tra le famiglie possano crearsi relazioni positive, orientate alla prossimità? 4) In un epoca caratterizzata dal disgregarsi dei legami sociali e dall insorgere della solitudine, quale deve essere il ruolo della famiglia all interno della comunità? 5) Il Laboratorio Famiglia come luogo di sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro: quali sono le strategie attraverso le quali i suddetti compiti si concretizzano? 6) In cosa consiste secondo lei una metodologia di rete e attraverso quali azioni pensa che una rete debba essere costruita? 7) Vuole aggiungere altro a quanto ci siamo già detti? La griglia di domande prevista per l Assistente Sociale del Polo Pablo Oltretorrente è, invece, la seguente: 1) Per iniziare, Le chiederei di definire i termini: COMUNITA, LABORATORIO, FAMIGLIA 2) Secondo Lei quand è che un intervento può definirsi di sviluppo di comunità? 67

84 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente 3) Secondo lei, quali sono i presupposti affinché tra le famiglie possano crearsi relazioni positive, orientate alla prossimità? 4) In un epoca caratterizzata dal disgregarsi dei legami sociali e dall insorgere della solitudine, quale deve essere il ruolo della famiglia all interno della comunità? 5) In cosa consiste secondo lei una metodologia di rete e attraverso quali azioni pensa che una rete debba essere costruita? 6) In cosa il Laboratorio Famiglia può fungere da risorsa per i Servizi Sociali? 7) Le è capitato di inviare dei suoi utenti al Laboratorio Famiglia? Se sì, con quali aspettative e quali perplessità? 8) Vuole aggiungere altro a quanto ci siamo già detti? 3.2. Il Focus Group Il Focus Group è una tecnica di ricerca qualitativa, utilizzata per la prima volta da Robert K. Merton, nel 1941, per valutare dei programmi radio sponsorizzati dal governo statunitense (Migliorini, Rania, Venini, 2007). Diverse sono state le definizioni attribuite negli anni all intervista focalizzata di gruppo; elementi comuni a tutte possono essere individuati (Migliorini, Rania, Venini, 2007): nel percepire il gruppo come fonte di informazione; nell interazione tra i partecipanti (8-12 soggetti) chiamati a focalizzare la propria attenzione su uno specifico argomento; l interesse per uno studio in profondità, attraverso informazioni di natura qualitativa; la presenza di uno o più intervistatori (detti moderatori) ed un contesto non valutativo. Tale strumento trova oggi applicazione in una serie di ambiti (ricerche di marketing, definizione di politiche aziendali e sociali, ricerca sociale, ecc ) ed è usato per (Migliorini, Rania, Venini, 2007): conoscere gli effetti di programmi, prodotti, progetti, servizi; definire ipotesi di ricerca; testare preliminarmente il disegno di strumenti di ricerca quantitativa; approfondire i risultati di ricerca quantitative; confermare/testare ipotesi di lavoro; ottenere informazioni complesse su conoscenze, esperienze, abitudini; scomporre in profondità un argomento complesso in tempi brevi e a basso costo. La realizzazione del Focus Group prevede una serie di fasi: 68

85 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente Pianificazione definzione del problema: formulazione delle ipotesi di ricerca identificazione dei soggetti e selezione dei partecipanti scelta del conduttore adeguato agli obiettivi organizzazione della conduzione del focus group (setting, stimoli, incentivi, registrazione) Conduzione Accoglienza/ riscaldamento presentazione degli stimoli discussione conclusione consegna incentivo Analisi informazioni e stesura report parole contesto consistenza interna frequnza/ampiezza dei commenti intensità dei commenti speicificità delle risposte trovare grandi idee FIGURA 9. Le fasi del Focus Group. Adattamento da Zammuner V.L. I Focus group, Il Mulino, Bologna, 2003 La scelta del numero di partecipanti dipende dall obiettivo della ricerca e dal tempo di durata del focus, che influenzerà la durata degli interventi di ciascun membro. Un campione ridotto è vantaggioso nei casi la ricerca voglia indagare argomenti complessi, intimi o ottenere informazione dettagliate; un campione ampio è opportuno nelle situazioni in cui i soggetti abbiano scarsa conoscenza dell argomento o il ricercatore voglia ottenere informazioni generali su un argomento. Il ruolo del conduttore dovrà essere quello di far vivere il gruppo, quindi di agevolarlo nelle funzioni di produzione (far emergere e discutere informazioni funzionali alla ricerca), facilitazione (rendere fluente la discussione, tenere centrata l attenzione dei partecipanti sul tema, declinare i confronti relativi alle informazioni emerse), delucidazione o regolazione (rendere il gruppo cosciente dei fenomeni che in esso avvengono per farlo funzionare al meglio) (Migliorini, Rania, Venini, 2002). È importante considerare che il processo di analisi di un focus group è per così dire peculiare perché i dati provengono da diverse fonti: osservazione, la conversazione, la registrazione, le informazioni sulle caratteristiche demografiche dei partecipanti ecc 45. L elevata soggettività dei dati raccolti rende questi suscettibili di molteplici interpretazioni a seconda di chi compie l analisi. Vi sono due principali approcci all analisi dei dati (Zammuner, 2003): l approccio etnografico. Partendo dal presupposto che dall interazione sociale e dai contesti situazionali scaturiscono significati diversi attribuiti a cose, persone, concetti, eventi, e che non esistono osservazioni oggettive, ma solo contestualizzate (e quindi scaturenti dall interazione tra soggetto-oggetto) l obiettivo principale di tale approccio è lo studio di come le persone attribuiscono tali significati, per comprenderne il diverso punto di vista e il pensiero rispetto ad un certo oggetto. L analisi dei dati ha lo scopo di 45 Zammuner V.L. I Focus group, Il Mulino, Bologna, 2003, p

86 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente fornire una accurata descrizione di quanto i partecipanti hanno detto, per poi attribuire una spiegazione soggettiva ai dati raccolti l analisi del contenuto. Ha lo scopo di ridurre il gran numero di informazioni di natura non quantitativa presenti in un documento verbale (quindi nella registrazione del focus group) ad un insieme ridotto di informazioni, espresse anche attraverso elementi quantitativi e raccolte in tabelle. Quanto emerso dal focus group è trascritto sotto forma di unità comunicative, che vengono scomposte in elementi più semplici, usando procedure sistematiche, che rispondano a criteri standardizzati. Gli elementi individuati vengono classificati in un sistema di categorie. Guglielmi ritiene che è possibile eliminare gli svantaggi appartenenti ai due approcci integrandoli in un modello ibrido, che integri qualitativo e quantitativo (Migliorini, Rania, Venini, 2002). Il processo di analisi dei dati si scompone in fasi (Zammuner, 2003): Dati grezzi le informazioni fornite dai partecipanti e raccolte attraverso i diversi strumenti di registrazione vengono trascritte e categorizzate Descrizione i dati grezzi vengono rielaborati e, quindi, riassunti, riportando solo i dati grezzi maggiormente significativi Interpretazione è attribuito un significato ai dati, che si basi su quanto è emerso nella discussione e che non sia influenzato dall'obiettivo della ricerca e dal punto di vista del ricercatore Conclusioni in un rapporto vengono riportati i dati mersi dal focus group e specificati gli eventuali utilizzi degli stessi, in vista del problema da cui il focus ha avuto origine e degli obeittivi di ricerca futuri FIGURA 10. L analisi dei dati emersi dal Focus Group. Adattamento da Zammuner V.L. I Focus group, Il Mulino, Bologna, 2003 Ai fine della presente ricerca, sono stati realizzati tre Focus Group: uno con volontari del Laboratorio Famiglia, che potremmo definire attivi, dal momento che gestiscono delle attività; gli altri due con alcuni dei frequentatori del Laboratorio, connotati da condizione socio demografiche, nonché economico culturali, spesso, altamente diverse. Tale diversità e, quindi, eterogeneità è, tuttavia, inevitabile in un contesto, come quello del Laboratorio, che potrebbe, potenzialmente, essere frequentato da chiunque. Nel costruire i Focus Group, si è partiti dalla batteria di indicatori; sono stati, quindi, scelti quattro stimoli, a cui sono state connesse una serie di domande: Si è scelto di utilizzare i medesimi stimoli per entrambi i gruppi in modo tale da poter percepire le reazioni di soggetti che rivestono ruoli diversi nel Laboratorio dinnanzi ad un medesimo oggetto. 70

87 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente FOCUS GROUP FREQUENTATORI STIMOLO Spezzone film Un sogno per domani Regista: Mimi Leder. Descrizione: cosa vuol dire costruire una rete, associarsi, esprimere prossimità Spezzone film Il favoloso mondo di Amelie scena del mercato Regista: Jean Pierre Jeunet Descrizione : la sensazione che si prova a far qualcosa per l altro (facendo, in automatico del bene a se stessi): è il senso del volontariato Scena finale Il cammino della speranza Regista: Pietro Germi Descrizione: Affidando le proprie fragilità all altro da sé, si riescono a superare imprese apparentemente impossibili? Quadro: La danza di H. Matisse Descrizione: nel sostenere l altro mi sorreggo? DOMANDE Vi è mai capitato di frequentare una persona conosciuta al Laboratorio fuori da qui?avete mai sentito l esigenza di voler contattare qualcuno del Laboratorio durante l orario di chiusura? Quand è che secondo voi uno scambio può dirsi gratuito e reciproco? Secondo voi in questo luogo avvengono scambi materiali o immateriali? Quand è che secondo voi uno scambio può dirsi gratuito e reciproco? Secondo voi in questo luogo avvengono scambi materiali o immateriali? Siete mai stati coinvolti da altre persone che frequentano il Laboratorio nell organizzazione di un attività qui o altrove? Da quando frequenti il Laboratorio, ti capita di sentire il bisogno di attivarti come volontario al laboratorio o al di fuori di esso? Vi è capitato di proporre iniziative/attività all interno del laboratorio e di vederle realizzate? O avete pensato di proporne ma poi qualcosa vi ha inibito? Quando una persona è sola/vulnerabile? Pensate che il Laboratorio sia un luogo di accoglienza per persone sole o vulnerabili? Se una persona sola arrivasse al Laboratorio, vi sentireste in grado di starle vicina anche al di fuori del Laboratorio stesso?in che modo? Vi è già capitato? Al laboratorio avete trovato sostegno da altre persone che lo frequentano rispetto alla cura e all educazione, nonché alla conciliazione? Cos è una risorsa? Voi vi sentite una risorsa per il laboratorio? Voi credete di poter fruire delle risorse di cui altre persone del Laboratorio dispongono? 71

88 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente FOCUS GROUP VOLONTARI STIMOLO Spezzone film Un sogno per domani Regista: Mimi Leder. Descrizione: cosa vuol dire costruire una rete, associarsi, esprimere prossimità Spezzone film Il favoloso mondo di Amelie scena del mercato Regista: Jean Pierre Jeunet Descrizione : la sensazione che si prova a far qualcosa per l altro (facendo, in automatico del bene a se stessi): è il senso del volontariato Scena finale Il cammino della speranza Regista: Pietro Germi Descrizione: Affidando le proprie fragilità all altro da sé, si riescono a superare imprese apparentemente impossibili? Quadro: La danza di H. Matisse Descrizione: nel sostenere l altro mi sorreggo? DOMANDE Vi è capitato di veder nascere nel laboratorio relazioni tra soggetti che partecipano alle attività da voi organizzate che proseguono anche al di fuori del laboratorio stesso? Avete sentito di scambi di favori tra famiglie (ad es. lasciami tuo figlio se hai da fare; ti ho portato dei pantaloni che non uso più, ) Fuori dal laboratorio continuano i vostri legami con i soggetti che partecipano alle vostre attività (e con le loro famiglie)?partecipano ad attività organizzate da voi in altre sedi? Siete a conoscenza di attività/eventi formali e informali organizzati da soggetti che partecipano al laboratorio, anche in altre sedi? Nel laboratorio vi è capitato di incontrare persone che vorrebbero attivarsi come volontari o lo avete mai proposto a qualcuno?quale valore pensate possa dare l Associazionismo ad un posto come il Laboratorio? Avete ricevuto da parte di soggetti che frequentano il laboratorio proposte per partecipare ad attività da loro organizzate anche altrove? Secondo voi, quando una persona è sola/vulnerabile? Ne avete mai incontrate qui? Secondo voi da chi dovrebbe essere costituita una rete che affianchi una persona sola?il laboratorio crea reti di supporto alle persone sole? Vi siete mai chiesti se potervi affidare al laboratorio per ricevere supporto nella cura/educazione/conciliazione? Cos è una risorsa? Voi vi sentite una risorsa per il laboratorio? Voi credete di poter fruire delle risorse di cui altre persone del Laboratorio dispongono? 72

89 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente 3.3 Il questionario Più che come una lista di domande, il questionario può essere definito come un contenitore di oggetti (o item), tutti di carattere diverso tra loro, in grado di sollecitare informazioni e da strutturare a seconda degli obiettivi della ricerca (Palumbo, Garbarino, 2006). Le domande sono poste a tutti gli intervistati nel medesimo ordine e nella stessa formulazione: il che rende il questionario uno strumento di ricerca rigido, poco flessibile e, quindi, standardizzato ma che, tuttavia, risulta essere semplice (perché facilmente somministrabile e con risposte a cui si può rispondere con immediatezza), economico (perché somministrabile a molte persone contemporaneamente) e, quindi, se ben strutturato, in grado di rappresentare un fenomeno (Corbetta, 2003). Vi sono diverse modalità di somministrazione di un questionario; tra le più diffuse vi sono (Palumbo, Garbarino, 2006): la somministrazione postale, somministrazione diretta uno uno e l auto somministrazione. Quest ultima modalità è stata quella utilizzata nel presente lavoro di ricerca, seppur, spesso, ha visto l assistenza del ricercatore stesso agli intervistati che ne avessero bisogno. L auto somministrazione implica che il questionario sia di semplice comprensione e compilazione e, preferibilmente, accompagnato da chiare istruzioni. I vantaggi di tale modalità sono la potenziale possibilità di rilevare un gran numero di risposte da parte di tutti i potenziali compilatori ed in tempi abbastanza ristretti (tempestività ed economicità). Tuttavia con questo strumento non si riesce ad approfondire il punto di vista dell intervistato, che dovrà rigorosamente attenersi alle risposte indicate dal ricercatore. È possibile che gli intervistati non rispondano con diligenza se scarsamente motivati e sensibilizzati allo scopo della ricerca. La costruzione di un questionario richiede il delicato passaggio dalla teoria, quindi dai concetti, che sono per natura astratti, ad una loro applicazione a degli specifici oggetti di studio, le unità di analisi, che possono essere rappresentati da individui singoli, gruppi di individui, eventi sociali, eccetera. Una proprietà misurabile di una unità di analisi si chiama variabile, che rappresenta, quindi, l operativizzazione di un concetto astratto (Corbetta, 2003). Un questionario può essere strutturato attraverso domande aperte o chiuse (Bosco, 2003): le prime favoriscono la libertà di espressione dell intervistato, evitando il rischio di forzatura verso una risposta, piuttosto che un altra ed attivando il processo mentale della rievocazione (l individuo è condotto a ricordare verbalmente un evento, un oggetto, un esperienza, per poter rispondere al quesito); le seconde vincolano il rispondente ad attenersi ad una delle alternative proposte, favorendo, invece, il processo mentale del riconoscimento (il soggetto è chiamato a valutare se una determinata informazione soddisfa o meno il criterio oggetto di studio). È opportuno utilizzare domande aperte quando non si intende indagare aspetti suscettibili di valutazione, ma aspetti stabili e facilmente desumibili, quindi in quei casi in cui una stessa domanda non può essere interpretata in maniera differente (Bosco, 2003). Le domande chiuse adottano le scale di frequenza, uno strumento per trattare proprietà qualitative in modo quantitativo, ovvero per 73

90 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente misurarle 46 : al rispondente è proposta una gamma di risposte riferite a differenti frequenze di occorrenza di un determinato evento o comportamento (Bosco, 2003). La scala di frequenza scelta per la realizzazione del questionario utilizzato nel presente lavoro di ricerca è la Scala di Likert, inventata negli anni 30 dallo psicometrico Rensis Likert ed ampiamente usata (da allora sino ad oggi) per la rilevazione di atteggiamenti: per ognuna delle domande proposte, l intervistato deve dire se e in che misura è d accordo. Il frequente rischio che gli intervistati diano risposte a caso (pseudo opinioni) o rispondano in maniera meccanica a tutte le domande della batteria rende necessario l inserimento di risposte << non so >> (Corbetta, 2003). I dati ottenuti dalla compilazione dei questionari rappresentano il materiale empirico grezzo, che va trasformato in una matrice di numeri, la matrice dei dati (o, semplicemente, matrice dati), per poter essere analizzato. La matrice dati è un insieme rettangolare di numeri, dove in riga abbiamo i casi ed in colonna le variabili; in ogni cella derivante dall incrocio fra una riga e una colonna abbiamo un dato,e cioè il valore assunto da una particolare variabile su un particolare caso 47. Per compiere questa operazione di traduzione, detta codifica, è necessario l utilizzo di due strumenti: tracciato record, che indica la posizione che ogni variabile assume nella riga della matrice il codice, code book, assegna a ogni modalità della variabile un valore numerico Nel presente lavoro di ricerca, tracciato record e codice sono stati, per comodità, incorporati nel questionario stesso. Accanto a ogni domanda è riportata la posizione della variabile generata dalla domanda stessa sulla riga della matrice (ad esempio, la domanda sesso, con accanto il numero 1, sarà posizionata nella prima colonna della matrice e potrà avere come variabile o uomo, quindi valore numerico 1, o donna, quindi valore numerico 2); le alternative di risposta sono numerate e il numero viene poi riportato nella matrice (si attribuisce il valore 9 ai casi di non risposta). Se la domanda prevede più risposte, la domanda stessa genera tante variabili quant è il numero di risposte che il soggetto può dare. Costruita la matrice dati, si potrà precedere alla cosiddetta distribuzione di frequenza di ogni variabile, una rappresentazione nella quale ad ogni valore della variabile viene associata la frequenza con la quale esso si presenta nei dati analizzati 48. La fase di analisi dei dati è sicuramente la più interessante, dal momento che consente di vedere i risultati del proprio studio: si parla di analisi monovariata, quindi ad una sola variabile o di analisi a più variabili (multivariata o bivariata), necessaria a comprendere come più variabili sono tra loro in relazione. 46 Palumbo M., Garbarino E. Ricerca sociale: metodo e tecniche, Franco Angeli, Milano, 2006, p Corbetta P. La ricerca sociale: metodologia e tecniche. IV. L analisi dei dati, Il Mulino, Bologna, 2003, p Ibidem p.69 74

91 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente Data della compilazione / / Il seguente questionario è uno strumento della ricerca che Egidio Gaudioso, studente dell Università degli studi di Parma, sta realizzando per la sua tesi di Laurea. Il contributo che Lei può dare alla ricerca è fondamentale. Il questionario va compilato anonimamente. Le chiedo, tuttavia, di rispondere ad una serie di domande generiche relative alla sua condizione socio-demografica attuale, per favorire una migliore lettura dei dati che emergeranno dai questionari compilati e poter stabilire le tipologie di frequentatori del Laboratorio. Grazie per la collaborazione SESSO uomo donna FASCIA DI ETA : < > 65 Area geografica di provenienza: Italia Nord Italia Centro Italia Sud e Isole Europa continentale Africa Continentale Stati Uniti d America Asia Europa Est Maghreb Sud/Centro America Medio Oriente Oceania Stato civile Celibe/nubile Separato/a di fatto Separato/a legalmente Divorziato/a Vedovo/a Sposato/a Fidanzato/a convivente Fidanzato/a non convivente ABITA NEL QUARTIERE OLTRETORRENTE Si No CONDIZIONE LAVORATIVA Occupato/a Disoccupato/a Pensionato/a SE OCCUPATO Lavoro dipendente part-time (meno di 40 ore a settimana) Lavoro autonomo part-time (meno di 40 ore a settimana) Lavoro dipendente full-time (40h/settimana) Lavoro autonomo full-time (40h/settimana) LIVELLO DI ISTRUZIONE Nessun titolo Licenza elementare Licenza media Diploma Laurea NUMERO COMPONENTI DELLA SUA FAMIGLIA (numero di persone con cui abita e a cui è legato anche da vincoli non di sangue, compreso Lei) Abita da solo > 5 75

92 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente DA QUANTO TEMPO FREQUENTA IL LABORATORIO meno di 2 mesi da 7 mesi-1 anno da 3-6 mesi da 2-3 anni da più di 3 anni NEL FREQUENTARE IL LABORATORIO SI RITIENE Frequentatore semplice (frequenta il Laboratorio e/o qualcuna delle attività proposte) Volontario attivo (gestisce un attività specifica nel Laboratorio) Cittadino attivo (collabora a mantenere in vita il Laboratorio: si occupa di manutenzione, far proposte, aiutare nell organizzazione di attività/eventi) 1) Il laboratorio Famiglia è un luogo: a. INFORMALE SI NO b. ACCOGLIENTE SI NO c. DOVE LE PERSONE HANNO L OPPORTUNITA DI INCONTRARSI SI NO d. DOVE CRESCONO AMICIZIE SI NO e. DOVE CRESCONO RECIPROCITA (aiuto tra persone) E PROSSIMITA (lo stare vicini tra persone) SI NO 2) Le è capitato di: LEGENDA: Per niente = mai Poco = 1-3 volte Abbastanza = 4-7 volte Molto = più di 8 volte a. FREQUENTARE ALL ESTERNO DEL LABORATORIO PERSONE CONOSCIUTE NEL LABORATORIO Per niente Poco Abbastanza Molto 76

93 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente b. AVER DONATO A PERSONE CONOSCIUTE NEL LABORATORIO: b.1 TEMPO Per niente Poco Abbastanza Molto b.2 OGGETTI Per niente Poco Abbastanza Molto b.3 ASCOLTO Per niente Poco Abbastanza Molto c. ADERIRE AD INIZIATIVE DI CUI HA AVUTO NOTIZIA NEL LABORATORIO Per niente Poco Abbastanza Molto d. PROPORRE E ORGANIZZARE ATTIVITA CON ALTRE PERSONE INCONTRATE NEL LABORATORIO Per niente Poco Abbastanza Molto e. INIZIARE A FARE VOLONTARIATO ANCHE CON ASSOCIAZIONI DIVERSE DA QUELLE CHE HA INCONTRATO NEL LABORATORIO Per niente Poco Abbastanza Molto f. INCONTRARE NEL LABORATORIO PERSONE SOLE/VULNERABILI Per niente Poco Abbastanza Molto g. VEDERE SOSTENUTE LE PERSONE SOLE DA CHI FREQUENTA IL LABORATORIO Per niente Poco Abbastanza Molto h. AIUTARE NELLA CURA PERSONE INCONTRATE NEL LABORATORIO Per niente Poco Abbastanza Molto i. AIUTARE NEI COMPITI EDUCATIVI LE PERSONE INCONTRATE NEL LABORATORIO Per niente Poco Abbastanza Molto l. SOSTENERE NELLA CONCILIAZIONE PERSONE INCONTRATE NEL LABORATORIO (si è offerto/a di aiutare madri/padri che lavorano e non sanno dove lasciare propri figli) Per niente Poco Abbastanza Molto m. SENTIRSI UTILE PER PERSONE INCONTRATE NEL LABORATORIO Per niente Poco Abbastanza Molto n. AVER BISOGNO DI PERSONE INCONTRATE NEL LABORATORIO Per niente Poco Abbastanza Molto 77

94 Capitolo 3. La ricerca: una valutazione dell esperienza del Laboratorio Famiglia in Oltretorrente 3) Crede che: a. FREQUENTARE IL LABORATORIO POSSA INCIDERE POSITIVAMENTE SULLA SUA QUALITA DI VITA? SI NO b. FREQUENTARE IL LABORATORIO POSSA INCIDERE POSITIVAMENTE SULLA SUA CAPACITA DI RISOLVERE I PROBLEMI? SI NO c. NEL LABORATORIO SI SIA CREATA UNA COMUNITA ( insieme di persone che condividono luoghi, interessi, pensieri, idee, e si sentono parte di un gruppo in cui le relazioni sono basate sulla fiducia) SI NO 78

95 CAPITOLO 4 Le interviste semi strutturate

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97 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate 1. Intervista al soggetto 1 (livello istituzionale) 1) Per iniziare, Le chiederei di definire i termini: COMUNITA, LABORATORIO, FAMIGLIA Difficile. Comunità: quando noi lavoriamo, pensando, appunto, alla comunità, come rapportarci con la comunità e sviluppare la comunità, immaginiamo, fondamentalmente, gruppi di persone in relazione; in realtà, quando progettiamo, immaginiamo non abbiamo grande abbiamo riferimenti teorici, per cui la comunità in teoria è tutto quello che anche la città, i cittadini, ma, poi, dopo, nel lavoro con la pratica, questo comporta avere a che fare con gruppi di persone o che sono già in relazione, o si mettono in relazione, grazie all attività che cerchiamo di realizzare. Non lo so sembra devo parlare in termini teorici? Citare autori? No, non mi sembra il caso. I: no, dal tuo punto di vista Bè, sì, la comunità è proviamo a pensare: una persona quando sente di poter appartenere a una comunità o se sente di poter appartenere a una comunità. Allora, io penso che una persona possa sentire di appartenere a una comunità, quando condivide con persone a cui non è legata con vincoli di parentela o di amicizia diciamo di amicizia dovuta a incontri, nell infanzia, eccetera cioè, quando sente di essere legato a un gruppo di persone con cui non è legato altrimenti, appunto per rapporti di parentela o di amicizia storica, eccetera per il fatto di condividere qualcosa possono essere un luogo da frequentare, valori, regole. Laboratorio. Laboratorio, per me, è un posto dove si provano a fare delle cose e dove non c è qualcuno che te le insegna o, comunque, se c è qualcuno che prova a insegnartele, comunque, poi, dipende da te dipende da chi partecipa essere attivo, proporsi e fare qualcosa. Laboratorio è un luogo dove si possono proporre delle cose, sperimentare delle cose nuove; ed è una cosa che è in continua evoluzione, a seconda dell apporto, del contributo di chi lo frequenta. La famiglia. La famiglia è è il primo fondamentale nucleo su cui ruota la società? No, facciamo delle cose diciamo delle cose sensate! Diciamo che la famiglia è dovrebbe essere il luogo dove una persona cresce e si sviluppa e mantiene per tutta la vita i propri rapporti, vincoli di affetto più significativi. Ovviamente, di famiglie ce ne possono essere tantissime, di diversa natura e con caratteristiche diverse, insomma. Per chi lavora al Centro per le Famiglie, ovviamente la famiglia è, diciamo, il punto di riferimento rispetto all operatività, ai Servizi, a quello che proponi; l interpretazione che abbiamo qui della famiglia, appunto, è il più possibile estesa, quindi, cerchiamo, anche in questo senso, di essere a passo con i tempi, con l evoluzione della società, della cultura, di quanto, appunto, i tempi dettano in termini di cambiamenti sociali, culturali. Comunque, la famiglia continua ad essere, nonostante, dal mio punto di vista nonostante, appunto, i cambiamenti, l evoluzione, anche tutti i dibattiti intorno ai confini entro cui si possano delimitare o 81

98 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate rappresentare una famiglia, insomma, continui ad essere un elemento fondamentale nella tenuta della società e il primo cardine il cardine, su cui si investe poi tutto il legame sociale. Andiamo avanti 2) Secondo Lei quand è che un intervento può definirsi di sviluppo di comunità? Diciamo che proviamo a distinguere: possiamo definire un intervento di sviluppo di comunità, in sede di progettazione, e poi verificare che la comunità non è stata sviluppata, in sede di implementazione del progetto; quando noi progettiamo, pensiamo, appunto, a uno sviluppo di comunità pensiamo a qualcosa che possa generare un cambiamento, accrescere le relazioni fra le persone, la fiducia, il capitale sociale, all interno, appunto, di un contesto, che può essere, appunto, più o meno vasto, a seconda degli obiettivi che decidiamo Poi, si definisce sviluppo di comunità, quando, poi, nella valutazione, insomma, dei risultati, di quello che abbiamo fatto possiamo capire o anche misurare che, effettivamente, c è stato un cambiamento in questo senso; che il capitale sociale delle persone, che sono state intercettate dal progetto, è maturato, si è sviluppato che si è sviluppato in termini, appunto, di regole, di fiducia, di relazioni, di conoscenze altrimenti non ha funzionato. 3) Secondo lei, quali sono i presupposti affinché tra le famiglie possano crearsi relazioni positive, orientate alla prossimità? Bè, innanzitutto, ci deve essere un bisogno comune, tra le famiglie, tra le persone; cioè, il fatto di essere accomunate, diciamo, da una necessità, da un bisogno, che possa essere, in qualche modo, interpretato e vissuto non in solitudine o singolarmente, ma che possa essere, in qualche modo, appunto, anche condiviso o semplicemente messo al fianco di quello degli altri. Poi, bisogna che ci siano contesti contesti, luoghi, che permettano alle persone di incontrarsi fuori dal fuori da dinamiche e logiche prestazionali, performanti, che adesso, come dire, purtroppo ci ci contraddistinguono, caratterizzano la nostra vita da quando ci svegliamo a quando andiamo a letto, tendenzialmente; per cui, appunto, penso a luoghi informali dove nessuno come dire, è valutato o, comunque, giudicato per quello che fa o che non fa; nei quali non devono le persone non devono sentirsi in obbligo di fare cose o di essere all altezza di qualcosa. Quindi devono essere luoghi il più possibile in grado di trasmettere, appunto, serenità e dar tempo restituire tempo alle persone. Quando c è un bisogno comune e tempo libero da però, tempo libero, appunto, da stress, da impegni, dalla necessità di dimostrare qualcosa forse queste sono le condizioni in cui possono nascere relazioni positive, di aiuto, di prossimità fra le persone. 4) In un epoca caratterizzata dal disgregarsi dei legami sociali e dall insorgere della solitudine, quale deve essere il ruolo della famiglia all interno della comunità? Io non so se le famiglie pensano di avere un ruolo cioè, di giocare un ruolo, pensano di cercano di farcela, cioè di saltarci fuori, cioè di affrontare le fatiche quotidiane, cercando di superarle e di saltarci fuori nel miglior modo possibile. Quello che le famiglie, a volte, non 82

99 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate sanno, non vedono, non intuiscono, è che questa cosa può esser fatta insieme ad altre, perché, a volte, certe fatiche, certe difficoltà, affrontate in solitudine, sono inaffrontabili, insuperabili. Quindi, forse, un ruolo della famiglia potrebbe essere, appunto, quello di capire l importanza delle relazioni e, in qualche modo, anche trasmetterle educare, eventualmente, anche figli, bambini, a questa cosa e, quindi, mettersi in discussione, aprirsi. Però, sono cose difficili, ai giorni nostri, insomma: è molto difficile aprirsi, aprire le porte di casa tua, accogliere, essere accolti, mettersi in una relazione di aiuto o di scambio sono tutte cose, adesso, abbastanza difficili; i motivi sono tanti poi, non so se noi stiamo vivendo, adesso, questa cosa, qui a Parma, poi bisognerebbe fare dei confronti a livello sia storico, geografico ma penso che sia una cosa abbastanza diffusa il fatto che le persone (entra un impiegata del Centro per le Famiglie; l intervista si blocca) Che le persone si sentano sole. Tendenzialmente, poi, voglio dire noi siamo abbastanza abituati o a cercare di cavarcela in solitudine, in autonomia, o, quando non ce la facciamo, immaginare che che ci possa essere un Istituzione a venirci incontro, a poterci aiutare, insomma i Servizi Sociali, quando proprio non va, oppure altre realtà. In mezzo, cioè fra la solitudine o il che pensi ce la faccio da solo o mi affido a un Istituzione c è, o dovrebbe esserci, tutto il resto, cioè, la rete, le relazioni prima, la famiglia, gli amici, il vicino, i genitori del compagno di scuola di mio figlio, eccetera, eccetera è molto viviamo in una realtà in cui queste relazioni fanno fatica a essere relazioni positive, appunto, di prossimità e a essere spese in momenti di difficoltà; per cui, cosa succede? Che le persone provano, fino allo sfinimento, a saltarci fuori da sole e, poi, dopo, se non scoppiano, l unica cosa che viene in mente di fare è andare, appunto, ai Servizi Sociali, oppure dal parroco, se, in qualche modo, sono legate alla Parrocchia, o, non lo so, si sfogano dal medico Secondo me, bisogna recuperare tutto quello che c è in mezzo, però, ovviamente, non è solo un lavoro, come dire, sociale; è un lavoro anche culturale, anche ed è molto faticoso, insomma. Il ruolo della famiglia in tutto questo? Non so appunto, in tutto questo, la famiglia può giocare un ruolo positivo o negativo, a seconda degli interpreti, a seconda delle nel senso che una famiglia, che fa esperienze di apertura, di accoglienza, che, come dire, si mette in gioco nelle relazioni e trasmette questo ai propri figli, probabilmente, appunto, cresce se stessa e l ambiente che la circonda e i propri figli, in una dimensione più portata a aiutare e essere aiutati; però ci sono famiglie che vivono questa cosa questa cosa non la vivono, appunto, vivono in solitudine, in chiusura, in ostilità, in nella sfiducia, insomma, diffidenza reciproca, per cui, in questo, giocano un ruolo negativo. 5) Il Laboratorio Famiglia come luogo di sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro: quali sono le strategie attraverso le quali i suddetti compiti si concretizzano? Diciamo che nei progetti del Centro per le Famiglie, il Laboratorio Famiglia è un progetto, appunto, dell Amministrazione, adesso, del Centro per le Famiglie; diciamo che una delle 83

100 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate caratteristiche fondamentali è che le persone è partire dal fatto, appunto, che le persone possono avere in sé, anche se magari non le vedono o non le sanno più usare, o non sanno usare nel giusto modo le risorse, gli strumenti, per poter affrontare, magari insieme ad altri, appunto, come si diceva prima, problemi, difficoltà. La relazione che nei vari servizi servizi, attività, che noi facciamo qua appunto, si instaura con la famiglia una relazione che vede la famiglia e le persone che la compongono portatori di risorse, di capacità. Quindi, anche nei Laboratori Famiglia, si parte da questo presupposto, cioè si parte dall idea di incontrare e agganciare persone e famiglie, che sono, soprattutto, portatori di competenze, anche nel lavoro di cura, di educazione, in tutto quanto. Poi, magari, queste risorse, queste competenze, non sono complete, non sono espresse, interpretate, in modo corretto o nel modo giusto, al momento giusto, per cui, quello che cerchiamo di fare è di dare alle famiglie e alle persone che incontriamo delle chiavi di lettura, delle capacità, degli stimoli, degli strumenti, per poter attingere alle proprie risorse, per quello che sono, per affrontare da sole nel senso, da sole, con i propri mezzi, anche con i propri mezzi, le difficoltà e le fatiche di vita quotidiana. E, quando è possibile, queste risorse, queste competenze, metterle in circolo e giocarle anche per gli altri, insomma. I Laboratori fanno questo: fanno incontrare le persone e cercano di agganciarle, cercano di appunto, prima di incontrarle, conoscerle nelle loro guardando sempre le potenzialità, le competenze che possono mettere in campo; questo non significa non vedere anche le difficoltà, le fatiche, ma significa tener dentro tutta la persona, per quello che è. E quando questo è possibile, e, in teoria, è possibile anche quando abbiamo a che fare, incontriamo persone in apparente stato di grande in apparente, ma anche vero stato di difficoltà ogni persona, anche quella più in crisi, in teoria, ha qualcosa da dare agli altri, insomma. I: quindi, la strategia è di valorizzare quello che le persone possono offrire, possono mettere a disposizione? Si, lo scopo, l obiettivo finale, è sempre quello per cui quando dici si dice cosa posso fare il Laboratorio Famiglia come luogo di sostegno nei compiti di cura, anche di conciliazione dei tempi di vita: allora, il tema non è cosa ti do io Laboratorio a te famiglia o persona che hai bisogno di qualcosa; questo può accadere, ma, in realtà, l attenzione deve sempre quella di cercare di capire insieme alle persone cosa possono fare loro, per loro e per gli altri. Quello che i Laboratori fanno è cercare di attivare situazioni, contesti, in cui questo è possibile o può riuscire meglio; però, prima bisogna conoscer le persone, agganciarle, per cui è un percorso lungo quello di arrivare in una relazione di conoscenza e di fiducia tale con le persone, per cui queste si possano sentire, appunto, nelle condizioni di nel confronto con te e con l altro di tirar fuori quello che hanno di positivo per potersi attivare per sé e per gli altri. Quando questo accade, e a volte è accaduto nei Laboratori, insomma, è un gran bel risultato. 84

101 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate 6) In cosa consiste secondo lei una metodologia di rete e attraverso quali azioni pensa che una rete debba essere costruita? Io non so se le reti si costruiscono, cioè, nel senso che no, pensavo che comunità, reti, sono termini, insomma, che si incontrano è una terminologia che, davvero, non so se ha stufato, però, in realtà, sì nel senso che se ne parla un casino, da un sacco di tempo, e poi siam sempre lì, a cercare di, appunto, fare comunità, a cercare di costruire reti, a fare progetti di rete, a dirci che facciamo progetti di rete. Una cosa che ho imparato in questi anni è che sia, appunto, i progetti di sviluppo di comunità, che tutto il lavoro di rete, non è una cosa che fai in un giorno, o che arrivi a fare un giorno e ci sei riuscito e punto, ti porti a casa la rete! No, è una cosa che su cui bisogna lavorare quotidianamente e ci sono periodi in cui questa cosa funziona e periodi in cui non funziona, non hai tutto sotto controllo e non dipende da te, dipende da tu sei un pezzo della rete, per cui anche se ti metti in testa di costruire la rete, poi non potrai mai esserlo da solo a farla, non dipenderà mai da te il livello, il tenore della qualità della rete si, certo, tu ci puoi mettere del tuo. E la metodologia, insomma bè quella quella, secondo me, ha molto a che fare con l esperienza e la capacità di conoscere un territorio, di capire com è fatto, chi lo interpreta, quali sono i rifermenti, come cambia, perché, poi, appunto, il problema di questi lavori è che oggi una cosa, che ha funzionato, appunto su cui hai lavorato un anno, che ha funzionato per qualche mese, poi, dopo, l anno prossimo non funziona più, però, tu ti ci sei affezionato e vai avanti qualche anno e intanto il mondo intorno a te cambia, e tu pensi di avere una rete e, invece, la rete ce l hanno gli altri. No, insomma son tutti discorsi un po complicati. Sì ho letto molta teoria su questo, per fortuna, nel senso che devi anche ragionare sulle cose. Nella pratica è, davvero, un lavoro molto faticoso e quotidiano che non ha non è visibile, tra l altro, nel senso che è un po difficile quando viene un Assessore e ti chiede di, per esempio, portando i risultati del tuo lavoro, restituire, appunto, il tuo lavoro in termini di ho messo insieme un po di soggetti, persone, attorno a un problema e lo stanno affrontando : è un ottimo risultato. A volte, non è così visibile, nel senso che, a volte, paga di più il punto di vista del fare una cosa, falla tu, perché magari hai i mezzi, gli strumenti, in quel momento lì e puoi far vedere che, in qualche modo, ha funzionato e ha dato una risposta a qualche spesso un po limitata, a qualche esigenza, qualche problema. Invece, il lavoro di rete è una cosa è un po più un po più difficile da far vedere, insomma, un po più impegnativa. Poi un altra cosa che ho imparato è che la rete, appunto che vuol dire tutte le relazioni, la fiducia, fra le persone coinvolte, eccetera è molto faticosa da costruire e ci si mette un attimo a distruggerla, nel senso che, appunto, a volte, un accadimento, anche non dipendente dalla tua volontà, può essere come dire, può mettere in discussione il tuo lavoro di tempo, di tanto tempo, insomma, che tu hai fatto su una rete, su una comunità, su un particolare progetto, insomma. 85

102 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate 7) Vuole aggiungere altro a quanto ci siamo già detti? Ma non so me lo devi dir tu I: per me le cose son chiare per come esposte. Non so, se vuoi dirmi qualcosa dal punto di vista, non so, più progettuale, legato al progetto Laboratorio Famiglia Ma si, no la cosa, secondo me, fondamentale del progetto Laboratorio Famiglia è che, appunto, è un progetto di laboratorio; come ti dicevo all inizio, il laboratorio è una cosa che uno immagina almeno, io immagino in continuo cambiamento, trasformazione. Per cui, un po le parole si contraddicono, nel senso che il progetto, per definizione, deve avere certe caratteristiche, una durata, delle risorse, degli obiettivi definiti, degli interventi chiari; nel laboratorio questo non è proprio così, cioè, nel senso che noi abbiamo condiviso delle finalità, ci sono delle risorse, quelle sì, definite, anche abbastanza limitate, una modalità di lavoro e poi si cerca di fare quello che ci siamo detti, insomma, però, non c è, come dire, una ricetta che è quella. In questo senso, secondo me, è abbastanza difficile come progetto, nel senso che, appunto I: cioè, si notano delle diversità rispetto a, anche tra i diversi contesti territoriali in cui i tre Laboratori hanno sede oppure Bè, si cioè, ci sono variabili molto cioè, ci sono caratteristiche, il contesto dove sono inseriti, i rapporti che c erano già o che si sono costruiti fra le persone, lo spazio, il luogo, la tipologia del luogo, quello che c era già prima, quello che insomma, ci sono un sacco di fattori che rendono poi, appunto, progetti, sulla carta uguali, completamente diversi, insomma; la storia delle persone che sono poi chiamate a interpretarli, nel senso che gli operatori, i coordinatori, danno un impronta diversa a seconda della loro storia, loro formazione, ma nel lavoro sociale è, spesso, così, ma, in progetti come questi, molto, nel senso che non c erano, appunto, esperienze da copiare o idee già sviluppate altrove, insomma; sì, era un po, per certi versi, una scommessa insomma e scommetter sulle relazioni, sulla capacità delle persone di mettersi in relazione, in una relazione positiva, di concepire, interpretare un luogo, tra l altro, un luogo pubblico, insomma, in modo attivo, non passivo, non da fruitore o da utente, ma, in qualche modo, anche da, appunto, interprete, attore, co-protagonista, insomma, è una bella scommessa per i nostri tempi, nel senso che Infatti, il rischio che i Laboratori corrono, spesso, è quello di, come dire, offrire alle persone occasioni di chiamiamolo benessere, insomma alle persone e famiglie, col rischio che vengano queste occasioni vissute da, fondamentalmente, da spettatori, insomma: la festa, il laboratorio X, il ciclo di incontri, il sono tutte occasioni in cui, appunto, le persone arrivano e, nella maggior parte dei casi, molto difficilmente, arrivano già con l idea di dire e bè, io cosa posso fare?, no? Cioè, se vengono, vengono con l idea vediamo cosa mi date ah, è gratis? Bè, meglio. Accompagnarli in questo percorso, per cui, a un certo punto, potresti chiederti anche tu cosa puoi fare cosa puoi fare, che risorse hai da mettere in gioco bè, insomma, non è facile. 86

103 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate I: e rispetto, invece, all Associazionismo familiare? quindi, la promozione del volontariato: qual è il valore aggiunto che può dare ad un luogo pubblico, vissuto informalmente da famiglie? Bè, un po questa cosa che ti dicevo, nel senso che i Laboratori non sono, immagino, percepiti dalle persone come un contesto, come un Servizio oppure, l idea è quella, insomma; se fossero targati Comune, o più targati Comune, o solo targati Comune, il rischio che possano essere vissuti in questo modo è più alto, nel senso che, appunto. Poi, le Associazioni hanno uno stile, una storia, anche uno stile, un approccio, che è diverso da quello dei Servizi, delle Istituzioni, e, forse, appunto, è più capace di mettersi in sintonia con le persone in questo modo, insomma; purtroppo, credo che le persone siano abbastanza abituate, in termini negativi, a immaginare quello che possono avere dal Comune, da un Istituzione, da un Ente, non a quello che possono fare per o fare per gli altri attraverso l Ente, insomma. Per cui, il fatto di sentirsi parte di una realtà in cui c è il Comune, ma ci sono, e sono più visibili, protagonisti, insomma, le Associazioni, secondo me, mette le persone nella si corre meno il rischio che le persone, appunto, vedano più quest aspetto qui, quello della del ricevere un servizio. 2. Intervista al soggetto 2 (livello istituzionale) 1) Per iniziare, Le chiederei di definire i termini: COMUNITA, LABORATORIO, FAMIGLIA Allora, stavo pensando al discorso dei termini, della famiglia, della comunità e del laboratorio; proverei ad andare in ordine così: la famiglia, la comunità, il laboratorio. Magari cioè, penso definizioni, più che altro, a che cosa sono anche per me, a che cosa, in questo periodo, avendo a che fare con queste tipologie di progetti, mi sono fatta come idea. Sulla famiglia, devo dire che, anche per me, l esperienza del Centro per le Famiglie e dei Laboratori mi ha allargato un po gli orizzonti, nel senso che, uno parte dalla propria esperienza di famiglia, quello che vive nella sua vita; per cui, nel mio caso, ho avuto una buona esperienza di famiglia, una famiglia allargata, nel senso che io ho tanti parenti, tanti fratelli dei miei genitori, tanti cugini, tante quindi, io ho vissuto un esperienza di famiglia, dove la famiglia era un punto di riferimento molto grande per la mia crescita, per la possibilità di sviluppare delle relazioni e di formarmi come individuo, come persona; e, poi, da lì, il rapporto con la comunità è stato un po automatico, nel senso che, da un lato, nella famiglia sperimenti alcune modalità, ti relazioni con persone diverse, di sesso diverso, di età diversa, e poi, nella comunità, porti quello che vivi a casa. Tendenzialmente, è molto facile che chi ha una buona esperienza in famiglia viva anche una buona esperienza nella comunità non è scontato, però è più facile, come dire, che il rapporto tra famiglia e 87

104 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate comunità sia come viversi un esperienza di famiglia allargata nella comunità; chi, invece, ha una brutta esperienza di famiglia alle spalle, nella famiglia più ristretta, nel suo nucleo, fa più fatica a entrare in relazione con la comunità più allargata. E, allora, stavo ragionando, quindi, partendo dalla mia esperienza e, poi, da quello che ho vissuto, direi: la famiglia è proprio l esperienza dove l Io matura, cioè, dove il soggetto matura, cresce, matura e si fa la prima esperienza del Noi, che è un esperienza collettiva; quindi, è un Io che, però, già diventa un Noi e, nella comunità, questo passaggio è ancora più forte quindi, una comunità dove i legami, le relazioni sono vissute in maniera o sentite, in maniera. Anche qui, per me, un conto è la società: la società è più, un po più neutra, un po più distante; la comunità la vedo come una cosa che ha dei legami, invece, molto forti, più familiari, se vogliamo, più come una rete familiare. Non sono una che è molto brava a dare le definizioni proprio precise di cosa sono. Cioè, ti dico, la famiglia è il primo nucleo della società, cioè, queste frasi un po così, io non lo so, per me, la famiglia è il luogo dove tu impari chi sei tu, chi sono gli altri e come ti puoi relazionare con gli altri; la comunità è questa famiglia allargata, nella quale altri ruoli, altri giochi di ruolo, appunto, vengono fuori e tu impari a relazionarti, poi, con tutti gli altri. Le modalità sono tante: il laboratorio, per esempio, per me, è una modalità di fare comunità, nel senso che, mi dà l idea che nella vita bisogna sperimentarsi, no? Allora, come in casa tu ti sperimenti in cose più piccole, cominci a prendere conoscenza, anche, delle tue capacità, delle tue esperienze, delle tue il laboratorio è un luogo in cui queste tue capacità, queste tue competenze le puoi mettere a frutto per gli altri, no? Quindi, non solo per te, ma per gli altri. Pensando ai Laboratori Famiglia, in particolare, in questi anni, secondo me, hanno dimostrato questo: che, dove c erano persone che avevano avuto una buona famiglia alle spalle, una buona esperienza di comunità, quindi di relazioni costruite, nel Laboratorio hanno trovato modo di nel Laboratorio Famiglia, quindi, misurandosi con le proprie capacità, hanno avuto modo di portare una risorsa, no? Di portare se stessi e di essere risorsa per quel tipo di esperienza che era il Laboratorio; chi, invece, aveva delle difficoltà, magari che derivavano dalla sua famiglia di origine o dalla comunità nella quale ha vissuto, magari, nel Laboratorio trovava quell aiuto Quindi, secondo me, alla fine, il laboratorio è un occasione di sperimentarsi a più livelli; quindi, dove puoi dare qualcosa di te, in positivo, sui talenti che già hai o ricevere quello che, magari, ti è anche mancato nel discorso della comunità e della famiglia. Intrecciando questi tre termini, così, tra loro, senza dare delle definizioni precise, poi non so se ti servirà qualcosa di più di più preciso. I: no, no, va benissimo così 2) Secondo Lei quand è che un intervento può definirsi di sviluppo di comunità? Secondo me, è un intervento che per fare in modo che quelle relazioni, di cui parlavo prima, crescano, per fare in modo che chi ha qualcosa di bello da dare della sua esperienza di famiglia e di comunità lo possa mettere a disposizione degli altri e, viceversa, chi ha 88

105 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate bisogno di qualcosa lo possa trovare anche lì, ecco, un progetto così, un intervento del genere, deve sviluppare questo; deve deve creare queste relazioni virtuose tra le persone, quindi, non puoi pensare che un intervento abbia solo delle azioni concrete tu ti fai, chiaramente, in un progetto che fai, definisci degli obiettivi, delle finalità, tutte le azioni da fare, ma, perché non rimanga una cosa spot, ma crei davvero sviluppo della comunità nella quale tu stai lavorando, devi poter monitorare quanto sono cambiate le relazioni all interno di quel contesto, per cui: se la comunità è cresciuta; se si è sviluppato un nuovo modo di, non so, di relazionarsi tra le persone; se sei riuscito ad incrociare le generazioni, per esempio; se sei riuscito, con il tuo intervento, a far nascere delle opzioni nuove che prima non c erano. Cioè, per me, un intervento di sviluppo di comunità vuol dire che cambia un territorio, perché, grazie a quell intervento, cambiano tante cose, quindi non è soltanto Per esempio, adesso, non si può è difficile fare degli esempi, però, per dire, se tu dici io faccio, appunto, giocare i bambini tutti i pomeriggi e questa è un azione concreta che fai, magari questo aiuta i bambini a stare bene, aiuta le famiglie a stare a essere un po sollevate da un compito che è quello di però, fai davvero sviluppo di comunità se, oltre a quello, il tuo obiettivo è anche quello di lavorare con i genitori, far conoscere tra loro le mamme, cioè, lavori più a 360 gradi sui soggetti che vengono, così. Quindi, tu puoi dire io nel mio progetto, come azione concreta, offro quel servizio, punto!. Diverso è, invece, uno sviluppo di comunità, perché si creano delle relazioni diverse, tra le persone che frequentano quel luogo, ma anche con, appunto, in questo caso, la rete territoriale che c è attorno, per cui, piano piano, tiro dentro a questo stesso contesto magari dei soggetti che che prima non avevi neanche immaginato. Oppure, appunto, ancora di più, nello sviluppo di comunità, si crea questa, anche questa, apertura alla sorpresa, al nuovo, cioè, sapendo che non puoi, prima, darti proprio tutti gli elementi e gli indicatori per dire la cosa ce la gestiamo così, la facciamo così, ma devi lasciare sempre questo margine di questo margine di possibilità che succeda qualcosa che tu non avevi preventivato. Ecco, quindi, un intervento di sviluppo di comunità, secondo me, deve avere questo centro sul tema delle relazioni, che si scatenano fra le persone, questi obiettivi iniziali, che però tu devi aver la certezza che ti si possono anche stravolgere, devi avere, come operatore, la possibilità di seguire le possibilità che vengono fuori, non di, come dire, andare avanti per la tua strada, perché, magari, poi, quella comunità ti sta dicendo un altra cosa. Quindi, in questo senso, forse, è sviluppo di comunità quando quando crei almeno queste due dinamiche, secondo me. 3) Secondo lei, quali sono i presupposti affinché tra le famiglie possano crearsi relazioni positive, orientate alla prossimità? Intanto, è la prossimità che, spesso, manca, cioè, nel senso che, mentre un tempo ti raccontano no? I nonni, i genitori ti dicono noi eravamo, non so, nel cortile, si giocava tutti, no? I bambini erano più li potevi lasciare tranquillamente fuori, qualcuno li 89

106 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate guardava, c era se non c eri tu, c era l altro genitore, la famiglia era, come dire c era questo. Adesso sappiamo benissimo che non è più così e che, spesso, anche il potersi frequentare fra famiglie non è così scontato; ti frequenti per delle cose specifiche, eventualmente, perché hai i bambini a scuola insieme, fanno sport nella stessa squadra, allora, si creano delle occasioni di relazione fra le famiglie più che altro un po forzate, cioè forzate dal contesto, per cui, appunto, o la scuola, o lo sport o altre cose. Poter creare altre occasioni di relazione, che non partono da una frequentazione dovuta, appunto, a questi ambiti, ma dovuta proprio al fatto anche del non so, dello stare insieme, del fare delle cose insieme, qualcosa di creativo, di nuovo, di diverso io credo che non ci sono molto luoghi che oggi ti consentono di fare questo; quindi, i Laboratori, per esempio, in questo senso, hanno questo ruolo molto interessante di mettere insieme le famiglie con degli obiettivi che non sono prettamente organizzativi, materiali, standard, cioè, più etichettabili, così. E, quindi, i presupposti; cioè, una volta che li hai orientati alla prossimità, cioè hai creato anche le occasioni per stare insieme, per poter fare in modo che queste relazioni siano positive, secondo me, devi dare delle occasioni proprio di socializzazione, che mettano in luce il bello, il positivo, l armonia, che facciano emergere i talenti di ciascuno, che magari, ecco, riesce a mettere in luce il bello che c è nelle persone, sapendo che ognuno ha qualcosa da donare, che non c è nessuno che arriva in un Laboratorio e non ha niente da dare. Magari, appunto, in una società come quella di oggi, dove tutto è veloce, dove tutto riguarda certi cioè, il fatto che tu possa fermarti e dire guarda ma tu cosa sai fare, no? Cosa potresti? Cioè, questa possibilità per ogni famiglia di potersi sentire dono per un altro. Magari c è chi ha un po di tempo, c è chi, invece, ha qualcosa di materiale da donare, che può essere, appunto, banalmente Mi raccontavano che, quando si creano, appunto, degli scambi, no? Possono essere scambi di idee, di dubbi, di fatiche, cioè, quando magari una famiglia, appunto, è affaticata e riesce a scambiare la propria fatica con un altra che, magari, è un po più, in quel momento, sollevata, uno si sente dono per l altro e l altro si sente sollevato: quindi, c è uno scambio, più che altro, di idee, di progetti, di pensieri, fino ad arrivare allo scambio di cose, perché no? Perché magari in un certo contesto, tipo come me, io ho tutto un giro di scambi di vestiti, per esempio, che è molto interessante, perché fa nascere delle relazioni, dove la famiglia sente vicinanza con l altra famiglia, perché è accomunata da una stessa cosa, magari i bambini della stessa età, questo vestitino, così. Cioè, la mia bimba, per dire, è abituata a dire questo vestitino era della, cioè, i nomi delle bambine di cui lei ha i vestiti. Ma è interessante vedere come i bimbi vivono questo in maniera molto tranquilla, no? Come, invece, la società di oggi ti ha abituato ad auto produrti: devi essere tu, autonomo, come dire, devi essere autonomo rispetto agli altri, devi saper stare su da solo e questo concetto un po dell onnipotenza, rispetto a; invece non è così, quindi Sì, forse, ecco proprio poter creare delle relazioni positive è un po l obiettivo! Cioè, non so, dopo da lì le cose nascono, proprio nel momento 90

107 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate in cui Però credo questo: credo che, prima, il fatto che un operatore si prodighi un po per creare delle occasioni di prossimità è già il primo passo, perché qui la prossimità, in realtà, non c è più, cioè, si è molto persa. Quindi, non so, quali sono i presupposti per creare delle relazioni positive I: potrebbe essere già il fatto proprio di avere il luogo, in cui ci si possa incontrare? Ah, bè, certo! I: e da lì, poi, la prossimità viene anche un po in maniera naturale, no? No, no, appunto, forse l ho detto all inizio, mi stavo perdendo l ho detto all inizio: un conto è dire noi ci vediamo perché i nostri figli vanno a scuola insieme, vanno a sport insieme, un conto è dire viene offerto un luogo diverso, altro che è il Laboratorio Famiglia, magari nel quale mi posso ritrovare con altri. Sì, quindi, il presupposto è anche creare le condizioni perché questo possa avvenire e, poi, le modalità sono diverse, perché, magari, appunto, dal confronto semplice della chiacchierata al momento ludico-ricreativo e di creatività, dove, invece, viene fuori chi sono io, quali sono i miei talenti e questo ti porta, poi, a creare relazioni positive, sì! 4) In un epoca caratterizzata dal disgregarsi dei legami sociali e dall insorgere della solitudine, quale deve essere il ruolo della famiglia all interno della comunità? Noi vediamo oggi la famiglia molto in sofferenza, rispetto al problema dei tempi, di un messaggio comunicativo, che ti arriva fortissimo, di come dovresti essere prestazionale rispetto a tutto, così, quindi, anche qui vediamo, al Centro per le Famiglie, molte famiglie in difficoltà difficoltà nella relazione della coppia, nella relazione tra genitori e figli, dei figli fra di loro, nel contesto Quindi, è, effettivamente, una la famiglia è la prima che risente di questo disgregarsi dei legami sociali, perché nel disgregarsi dei legami, prima di tutto, i primi che si disgregano sono quelli interni alla famiglia. E, tornando un pochino al concetto iniziale di quanto, per esempio, penso che sia importante la famiglia per la costruzione del Sé, per la costruzione della tua esperienza relazionale nel mondo, se la famiglia va in crisi, rispetto agli input che riceve, non riesce più a stare unita su tante cose, sulla sua quotidianità, è chiaro che questo mina tantissimo tutta la base della società, perché abbiamo, sempre di più, bambini che hanno meno punti di riferimento, che non hanno una buona esperienza nella relazione con i genitori, che non hanno, magari, questi esempi dove la famiglia già sia una cosa solida che ti porta entrare nella comunità con più sicurezza; invece, se già vivi in famiglia un esperienza di disgregazione e di fatica, questo è chiaro che ti implica uno sforzo maggiore nel tuo rapporto poi con la comunità e con la società. Quindi, io dico che bisognerebbe trovare il modo di recuperare il valore della famiglia, non cioè, poi uno mi può dire la famiglia tradizionale, la famiglia ; cioè, in realtà, io sono anche dell idea che nei legami ci possono anche essere tutte queste novità sociali su cioè, non dico per forza che c è solo un modello di famiglia, possono esserci 91

108 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate anche più tipologie di famiglia; l importante è che quando parliamo di famiglia sia un esperienza caratterizzata, appunto, da relazioni virtuose e positive. (entra un operatore del Centro per le Famiglie; l intervista si blocca) Quindi, un luogo in cui, appunto, tu puoi fare davvero quell esperienza positiva di relazione con te stesso e con gli altri per poter andar poi fuori con più sicurezza; quindi, il ruolo della famiglia oggi? Secondo me, sarebbe fondamentale, perché noi vediamo, come Centro per le Famiglie, tutti quei bambini che hanno adesso difficoltà e arrivano ai Servizi senza, appunto, punti di riferimento, perché dietro, alle spalle, c è una famiglia disgregata e allora, non so, bisognerebbe fare qualcosa di più per Per esempio, io dico sempre: bisognerebbe far qualcosa di più per rafforzare, prima di tutto, il legame di coppia, cioè, poi non ti dico che una storia può non non deve andare male può andare anche male! Però, io mi chiedo sempre abbiamo fatto tutto quello che potevamo no? Per dare il senso Anche il tema del fidanzamento, per dire, tante volte mi è capitato di parlarne: ma c è ancora un significato in un tempo come questo? Due persone stanno insieme perché? Sì, stanno bene insieme, hanno una storia così, si scambiano affetto, escono con gli amici ma sono insieme cioè, non lo so; a volte vedo un po di sbandamento generale rispetto, però stiamo insieme finchè dura, poi non è che abbiamo un progetto insieme. Il problema è che, poi, abbiamo visto succedere cose, tipo: appunto, stiamo insieme tanti anni, poi, alla fine non abbiamo più il coraggio di chiudere, perché, un po, tutti si aspettano che ci sposiamo o che facciamo una famiglia noi oppure e magari uno dei due sente già che la cosa potrebbe non essere più quella giusta, ma non ha potuto, non ha voluto investire su un progetto di vita insieme che tenga conto del fatto che l altro è una persona e quindi, magari, ha i suoi limiti, i suoi difetti, ma questo può far parte di un percorso comune. Invece no! In una società dove appena le cose sono un po più faticose è meglio lasciar perdere, è così! Peccato che, poi, ogni tanto, invece ci scappa il bambino, in mezzo a questa cosa qua, per cui se ti sei sposato e hai fatto dei figli o anche se non ti sei sposato e hai fatto dei figli, c è in mezzo qualcosa di più e di più grande e l egoismo personale, la fatica o la paura o, appunto, anche un affaticamento sociale, che ti deriva dal fatto che, appunto, la società ti pone di fronte tutta una serie di proposte, idee a cui tu devi tenere testa e, quindi, alla fine ti scordi che hai anche costruito un tuo nucleo di relazioni che dovrebbe reggere, no? Tutto questo e non è facile. Per cui, non lo so come si può fare, per esempio, a investire su quel tempo lì: io ci penso spesso; cioè, un tempo speciale, per esempio, di due giovani che pensano al futuro insieme, perché lì, secondo me, ci sta molto anche della possibilità di stare insieme di due persone, che poi un domani hanno messo su la loro famiglia, sta insieme tutto questo e fa sperimentare alle nuove creature che vengono e che sono in balia di te cioè, io vedo la ***** come guarda noi, cioè, per dire, lei ha *** anni, ma il suo mondo ha già tutta una serie di cose molto precise: per lei, per esempio, noi siamo una cosa sola, ma si capisce benissimo; cioè la mamma e il papà sono un entità unica, per cui quando si mette di mezzo 92

109 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate una separazione, piuttosto che altro, cioè, i bambini soffrono tantissimo no? Rispetto a queste figure, a questo punto di riferimento che viene meno. Allora, credo che se la società è già così in crisi, la comunità ne risente, se la famiglia non recupera anche questo senso di far comprendere ai più piccini che sono, poi, appunto, il presente e il futuro quali sono i punti di riferimento veri. Quindi, non so, la famiglia dovrebbe essere un po il punto di riferimento, secondo me, in quest epoca qui; è che poi, per tante cose che le vengono chieste, per tante cose a cui ci siamo dovuti tutti un po abituare, spesso, non lo è più, per il fatto che la società sia un po schizofrenica e perché la famiglia non regge, secondo me. Cioè, io credo che ci sia molto questo nesso; per cui, questo luogo in cui sperimenti un contesto affettivo, un contesto appunto di relazioni che crescono, se non c è, comunque il soggetto ne risente. I: rispetto, invece, alle famiglie uni personali? Dove, appunto, non c è di mezzo una coppia e tanto meno dei bambini, loro, visto che, comunque, stanno aumentando, secondo te, può essere considerata come una fase preliminare al costituirsi, poi, di una famiglia o, comunque, successiva, in caso di vedovanza, appunto, o è possibile che in questa società ci siano proprio molte persone che facciano come scelta quella di vivere da sole? Questa è una bella domanda. Io credo che proprio l uomo, il nostro essere umano, uomo o donna cioè, noi siamo, ci accorgiamo che siamo molto nella misura in cui ci relazioniamo con gli altri, cioè relazionandoci con gli altri scopriamo anche chi siamo noi. Quindi una figura assolutamente solitaria non ed è anche impossibile proprio per vabbè minimante, cioè al lavoro, piuttosto che per vivere uno ha bisogno di lavorare e già banalmente al lavoro trova anche delle relazioni umane con altri colleghi, questo sicuramente; quindi, non c è nessuno proprio che è solo in mezzo al mondo. Se sceglie una solitudine rispetto a un ambito affettivo di questo tipo e al formarsi una famiglia? Forse ci può anche essere che nei modelli sociali proposti oggi, per n motivi, perché, comunque, la relazione impegna, ogni relazione è impegnativa e, spesso, non è facile anche tenere su tutto; quindi, ci può essere qualcuno che decide per scelta di non costruire la sua famiglia, però, secondo me, arriva un momento in cui Intanto, uno una famiglia d origine ce l ha sempre, a meno che decide di tagliare proprio i ponti con tutti, però un esperienza di famiglia la fa, comunque, da bambino, praticamente vieni al mondo con magari non conoscerai mai tuo padre, ma tua madre per forza. Cioè, quindi, in qualche modo, qualcuno ci deve essere nel mondo che rappresenta, almeno in parte, la tua famiglia; sul fatto di formarti una famiglia tu no, e soprattutto chi vive un discorso di vedovanza, invece, ha vissuto prima la costruzione di un progetto che, poi, si è interrotto come presenza, poi non si è interrotto come progetto. Si può anche essere che uno scelga di secondo me, poi, alla fine cercherà delle occasioni, dei luoghi dove costruire queste relazioni che, per me, gli devono mancare per forza, perché, a un certo punto, è impossibile che non ti manchi questo tipo di costruzione, cioè non ti bastano la televisione, il lavoro, la palestra, cioè non credo 93

110 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate che a un certo punto ti basti; però, questa è una cosa che, non lo so, non ho sperimentato sulla mia pelle. Cioè, penso che abbia la sua dignità tanto quanto il fatto di scegliere di, perché è una scelta consapevole, però credo che poi, in qualche modo, una persona, banalmente te ne accorgi nei momenti più di solitudine, di difficoltà, di malattia o di altre cose quanto il fatto poi di avere invece o anche nella condivisione delle gioie, perché poi così come è faticosa, magari, in certi momenti doversi continuamente relazionare con qualcuno, allo stesso tempo poi vivi delle esperienze bellissime di gioia, rispetto a degli eventi, delle cose che la famiglia ti porta. Quindi, probabilmente la risposta, cioè, è sì: uno può scegliere di non fare questo passo e ha la sua dignità nella comunità tanto quanto, però, secondo me, a un certo punto uno cioè, dove non c è la famiglia, sicuramente, la comunità per questa persona può diventare un luogo di sperimentazione di quei legami familiari che non ha, per cui, magari, uno viene al Laboratorio Famiglia che è single, non ha messo su la famiglia e trova lì un, cioè come dire, un ambiente, un luogo per costruirsi delle relazioni, comunque, virtuose, comunque forti, che durano nel tempo, questo sì. Cioè, non mi appartiene come pensiero nel senso che poi alla fine In realtà, non è vero, perché poi quando ho avuto un attimo di sconforto anch io, pensando non troverò mai la persona giusta per me, perché pensavo che non esistesse, a un certo punto, dato che avevo tanti amici, ma non scattava quel qualcosa, ho detto, ma forse sì forse potevo mettere a frutto anche i miei talenti, la mia visione del mondo, le cose che volevo fare anche nella comunità; quindi, è vero che ho pensato anch io all ipotesi che poteva succedermi di non trovare, però tutta quella serie di energie o di voglia di, che devi spendere da qualche parte quindi, in quel senso, forse la comunità può essere arricchita da queste persone, che, non trovando poi modo di costruire una propria famiglia, portano lì le loro relazioni positive, sì. E, forse, questi luoghi qui sono ancora più belli se si intrecciano di esperienze diverse, significative. 5) Il Laboratorio Famiglia come luogo di sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro: quali sono le strategie attraverso le quali i suddetti compiti si concretizzano? Partiamo con i due più sul tema dell educazione, io credo che il Laboratorio Famiglia, sia con le proposte di attività concrete, sia con le modalità che sceglie quindi l attività è la modalità con la quale, cioè ha un potere educativo nei confronti di chi lo frequenta, bambini o meno, perché c è bisogno di un educazione a 360 gradi anche sugli adulti! Quindi, cioè, già per le cose che propone, la metodologia che usa, per l occasione che ti dà di vivere all interno di un certo tipo di contesto, è un contesto che già è educativo lui di per sé, perché ha tutte queste sfaccettature qua, per cui, perché ti fa scoprire i tuoi talenti, perché ti fa mettere a disposizione degli altri, perché ti chiede qualcosa e perché tu ci puoi portare i tuoi bisogni, così. Io vedo l educazione proprio come un occasione di crescita della persona a 360 gradi; poi, magari, sullo specifico, può diventare anche educazione in ambiti proprio più scolastici, o, addirittura, per chi lo è dal punto di vista della lingua, chi 94

111 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate arriva da un altro Paese, cioè, o sugli usi e costumi di questo territorio, su come si vive sul territorio, sul fatto che possa veicolare informazioni rispetto a normative, o altre cose che il Comune per dire, se il Comune fa la raccolta differenziata e al Laboratorio Famiglia si parla di questo, perché viene fuori il tema, è anche un contesto educativo nel modo Per cui, penso che, cioè, il discorso dell educazione sia proprio intrinseco nel fatto che, del come è il Laboratorio, cioè, è un ambiente educativo, secondo me, per tante cose che propone. Sulla conciliazione dei tempi di vita e lavoro, è chiaro che, quando parliamo di conciliazione è un terminone, nel senso che hanno fatto anche una Legge, la Legge 53, a livello nazionale, cioè, proprio perché ci sono strategie specifiche di conciliazione, no? Che sono quelle, non so, che possono mettere in atto le Aziende, perché, se sei una mamma e torni col bambino, allora ti faccio l Asilo aziendale cioè, per conciliare davvero i tempi della vita e del lavoro servono delle strategie magari anche un po più così, però, anche delle cose più friendly, un po più leggere, più tranquille, come possono essere quella, appunto, di mamme che conoscendosi si aiutano poi fra di loro. Perché magari noi abbiamo scelto la modalità che nei Laboratori Famiglia non porti i bambini e vai via, stai lì, no? È un esperienza di famiglia, però, magari, la vicina di casa che piano piano può dire io vado in questo posto perché lì trovo un ambiente, dove arrivano degli stimoli, così mentre tengo il mio bambino tengo anche il tuo : questo è possibile e, quindi, avendo certi tipi di aperture, avendo, creando le relazioni di prossimità fra le famiglie; cioè, è un meccanismo virtuoso quello che si può generare nel conciliare la famiglia col lavoro. Perché, magari lì per lì, appunto, di solito quando si parla di conciliazione famiglia lavoro, ci son di mezzo degli anziani o dei bambini, perché è questo che devi trovare tu, lavoratore, di fare quadrare; allora, siccome non c è una vabbè, se tu hai l anziano e l anziano può frequentare il Laboratorio Famiglia senza di te questa è una cosa che sicuramente ti potrebbe aiutare nel conciliare l ora del lavoro, perché sai che il tuo anziano è lì, poi torni, come dire, il bambino non lo puoi lasciar da solo, invece, quindi ci sono queste altre modalità, dicevo; però, può essere un luogo, secondo me, in questo senso, di conciliazione dei tempi, attuando delle strategie, appunto, di collaborazione fra le persone, quindi, quando tu hai creato la prossimità, la relazione vera di fiducia, se hai instaurato quella fiducia lì, ecco che allora si può anche contare uno sull altro, per quanto riguarda poi un compito come quello, che è quello di tenersi a vicenda, insomma, i familiari. Fino ad arrivare al compito di cura, nel senso che, poi, anche il discorso della cura, per esempio, se c è la situazione di un disabile o di un anziano o, appunto, di un bambino con problemi, cioè, quello che per una famiglia può diventare pesante, quello che può essere, a volte, a casa, se sei da solo, tu col tuo problema, una cosa che tende, poi nel tempo, a ingrandirsi e a esplodere, il fatto di poterla condividere con altri, quindi una strategia di condivisione, di affiancamento, dove, appunto, il portare i pesi insieme diventa un modo per alleggerirli, diciamo, un pochino, questi pesi: ecco che, allora, il Laboratorio Famiglia, può anche diventare davvero un luogo che sa sostenerti in 95

112 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate un compito di cura. Quindi, penso che la strada un po è questa, quindi, appunto, è un luogo dove tu appena vai, già solo per il fatto che ci sei e vivi delle cose, ricevi degli input educativi molto interessanti, quindi sul tuo sulla tua educazione a 360 gradi; puoi costruire relazioni con altri che ti portano a, come dire, a fidarti, a un livello di fiducia, tale per cui, tu puoi alleviare un pochino, sul tema della conciliazione dei tempi, quelli di un altra famiglia, o, viceversa, puoi ricevere qualcosa, fino ad arrivare, poi, a una condivisione maggiore delle problematiche, magari di una famiglia specifica o di un gruppo di famiglie, che arrivano fino a sostenersi in questi compiti di cura che oggi schiacciano la famiglia se è sola, cioè, se è sola ad affrontarsi il suo problema lo subisce proprio in maniera pesante. Quindi credo che anche qui le strategie sono sempre un po collegate a quello che dicevamo prima, cioè, è questo essere occasione di incontro, questo creare delle piccole modalità, dal laboratorio cioè, delle piccole scuse per fare sperimentare alle persone questo senso di prossimità e fare in modo che magari questa cosa che tu metti in moto, poi, inneschi anche dei processi che, a volte, sono anche, appunto, non dipendono tutti da te, però li faciliti in qualche modo. Quindi, accoglierei questo: come strategia mi sembra più una possibilità di per arrivare a questi tre obiettivi di innescare delle occasioni di condivisione fra le persone 6) In cosa consiste secondo lei una metodologia di rete e attraverso quali azioni pensa che una rete debba essere costruita? Allora, intanto, per esempio, quando si guarda, tipo, non so, a una realtà di un territorio, dove è inserito, per esempio, un Laboratorio Famiglia, il primo passaggio è anche cioè, il primo passaggio è un passaggio di conoscenza, nel senso che, sicuramente, in ogni territorio ci sono delle realtà diverse fra loro, quindi, Associazioni, Parrocchie, Scuole, gruppi, realtà che si sono formate così spontaneamente, cioè ci sono delle esperienze, negozi, commercianti c è tutto un mondo che gira in un territorio e dove ognuno di questi soggetti, molto diversi fra loro, ha la possibilità di scoprire che, anche qui, le relazioni, che si potrebbero creare, potrebbero, come dire, far nascere qualcosa di bello, di nuovo, di inaspettato; e, quindi, prima di tutto, forse, avere una curiosità anche di scoprire cosa si potrebbe creare se le persone che hanno ruoli così diversi, compiti così diversi, ambiti così diversi si mettessero insieme in un certo modo, per avere un obiettivo anche comune. Quindi la metodologia di rete, io credo che sia quella che, prima di tutto, permette alle realtà diverse di conoscersi fra loro, di poter mettere in luce di se stessi, e scoprire dell altro, le caratteristiche principali e, come dire, i valori che ognuno di questi soggetti ha. E, quindi, il primo passaggio, la prima azione, è un azione di ricerca di chi c è e di costruzione di un minimo di relazione di conoscenza e, dopo, il provare a darsi un obiettivo comune, che possa coinvolgere tutti anche se si è così diversi, perché è chiaro che, normalmente, ci si mette insieme perché c è quella realtà, quell obiettivo che abbiamo da raggiungere tutti quanti; se, invece, vuoi lavorare su un territorio per creare queste possibilità, appunto, di 96

113 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate sviluppare la comunità, coinvolgendo i soggetti diversi, devi avere questa metodologia di rete, che si allarga sempre di più, quindi a maglie, dove la rete la rete, in realtà, è fatta di nodi, no? Questi nodi devono essere nodi vitali perché la rete regga e, quindi, già, si vede che tutti quelli che entrano a far parte di questa rete ne siano consapevoli e abbiano voglia, forse, di fare questo passaggio di fiducia nei confronti degli altri, di condivisione, di relazione; cioè, quello che vale per il singolo, secondo me, vale per un soggetto costituito, quindi, se questo soggetto ha voglia di stare insieme ad altri per una sfida più grande, che è quella che, appunto, insieme vogliamo darci un obiettivo chiaro, concreto, che è quello X, ma anche solo vogliamo migliorare il contesto nel quale noi siamo inseriti, perché, in questo territorio, appunto, c è un degrado, c è un sistema di mala vita, c è una situazione di solitudini, quindi, ci proviamo a guardare tutti in faccia e a capire che cosa so io di questa situazione, dove io posso dare un contributo e dove posso stimolare te che hai quella caratteristica. Poi, magari, appunto, nello scoprire le caratteristiche gli uni degli altri, vedi che ci sono già degli elementi dentro, che non ti aspettavi neanche tu, che possono andare a risolvere quel problema che avevi identificato tu, quindi, anche qui, è la prossimità, è il fatto di aver messo accanto i soggetti e fatti guardare negli occhi in maniera un po più per scoprire che avevano già qualcosa in comune e potevano lavorare su qualcosa. Forse, le azioni sono anche qui quelle di creare le occasioni creare le occasioni di scambio, di conoscenza e darsi, forse, un obiettivo comune, per fare in modo che questa esperienza abbia della concretezza, perché se no, sì, ci possiamo vedere cento volte, raccontarci che cosa facciamo, io ti racconto cosa faccio io, tu mi racconti cosa fai tu, dopo di che, ognuno torno a casa sua; e, quindi, invece, il fatto, appunto, di provare a darsi qualche obiettivo comune, con qualche azione concreta, mirata, è un modo, forse, per fare in modo che la rete acquisti, insomma, peso, se no non c è. 7) Vuole aggiungere altro a quanto ci siamo già detti? Io in questi anni stavo pensando all esperienza proprio dei Laboratori, no? Stavo pensando che sono reduce da alcune riunioni un po catastrofiche, in giro per a ****, a ****, questi luoghi che ti ho ogni tanto citato, dove tutti mi dicono ci vorrebbe un Laboratorio Famiglia, no? Ma anche i colleghi di altri Settori, cioè. [ ] l intervistata riporta alcuni dati emersi da un incontro, a cui aveva preso parte qualche giorno prima, relativi a situazioni di malavita E quando l operatore, enunciando le cose che anche la polizia municipale che aveva fatto i sopralluoghi, cioè stiamo proprio a dei livelli alti di disagio e di problematica, quando diceva quali erano state le cose, questa persona ha detto lì, però, non so lì ci vorrebbe un Laboratorio Famiglia, cioè come unica idea rispetto a un contesto problematico a quei livelli. Perché questa persona diceva si ok, noi possiamo fare un intervento di Polizia, ma dopo cosa abbiamo risolto? Noi possiamo fare una cosa, gli portiamo via i bambini si, ma, cioè, con che tipo Hanno fatto anche i casi quelli più e poi alla fine hanno detto si, 97

114 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate forse, invece, è da provar qualcosa che ricostruisca la comunità in un territorio che è devastato e non Quindi, ci vorrebbe qualche occasione si, si ci vorrebbe un Laboratorio Famiglia! e mi ha fatto molto riflettere questa cosa, perché adesso viene vista, anche da colleghi che all inizio, quattro anni fa, non avevano così tanto è cambiata la percezione e anche quello che i Laboratori, i tre attivi, attualmente, stanno facendo in tutte queste cose che tu hai messo giù, quindi, nella costruzione della comunità, nello sviluppo di nuovi percorsi, nella costruzione di reti, per quanto faticoso, con margini di miglioramento enormi, però sono cose che stanno succedendo, dove si capisce che, forse, è anche cioè, c è bisogno di quelle esperienze perché? Perché le famiglie non reggono, perché le comunità di altro genere non incidono e, quindi, forse, è l esperienza di prossimità fatta di piccole cose, fatta di cambiamenti piccoli piccoli, ma, come dire, uno affiancato all altro, che è la vera sfida e, forse, l unica risposta che puoi dare; appunto, perché, siccome oggi è diventato tutto molto virtuale, tutto molto che la gente passa il tempo su Facebook, sul suo computer, così, quando, poi, la metti di fianco a un altro, invece, si può creare una relazione, magari scopre davvero, insomma non lo so. Penso che tutte queste cose che ci siamo detti, in realtà, stanno succedendo, ti ho detto, con grossi margini di miglioramento e con anche tu ci dirai alla fine della tua ricerca quali elementi scientifici si possono però, mi ha colpito molto, appunto, l ultima riunione a cui sono stata di argomenti così problematici sentirmi dire sempre la stessa cosa, cioè io c ero come Centro per le Famiglie e mi dicevano tutti possiamo pensare a un Laboratorio Famiglia? Ci vuole, comunque, un investimento di un minimo economico e di personale e un luogo, perché il luogo abbiamo visto che è importante, proprio perché, nella società del non luogo, poi recuperare il luogo fisico è, invece, importantissimo. Però sì forse potevo aggiungere questo, alla fine: cioè che tutte le cose che ci siamo detti, in realtà, sono proprio oggi una cioè, se ne percepisce l assenza, quando non ci sono queste cose. Allora, anche chi opera nel sociale, in maniera così, si rende conto che ci vorrebbe questo tipo di ricostruzione, che è lenta, sicuramente, ma che è l unica che poi paga nel tempo. I: che, poi, è un po il recuperare, quello che dicevi tu prima, qualcosa che c era prima e che, probabilmente abbiamo perduto, quindi, ad esempio, la semplicità della relazione, dei valori Si, perché anche pensavo all epoca del dopo guerra, dove, comunque, c erano degli obiettivi alti, dove le famiglie avevano certi tipi di possibilità e dove, pian pianino, usciti da quella cosa, sfidando un po il futuro, c era comunque una positività e c era qualcosa da costruire per arrivare a e, però, poi dopo si è fatto sempre di più chiudendosi nelle mura di casa, per cui un po in solitudine, ma ce la facevi da solo. Adesso che, da un lato siamo al top, perché la tecnologia ha fatto dei balzi in avanti, negli ultimi venti anni, pazzeschi, c è un sistema in cui tu potresti avere tutto in click, così, però ti manca poi tutto il resto; per cui, il problema è che devi ritrovare quello che nel frattempo si è perso per strada, sicuramente, 98

115 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate per cui prima, magari, c erano meno oggetti, meno stimoli di un certo tipo, ma più di un certo tipo di esperienze di contesti di relazioni che reggevano, comunque, tutta una sorte; venuti meno quelli, e ti accorgi che per un po ti bastava l oggetto, adesso non ti basta più. Anche perché, tendenzialmente, c è qualcosa che ti dice che potresti aver sempre di più se ci pensi anche come siamo passati dai telefoni che facevano il telefono al telefono che fa tutto e i computer che facevano adesso il computer ti connette con il mondo. Quindi, siamo in una situazione in cui ti viene detto che potresti avere sempre di più e alla fine non hai mai una soddisfazione rispetto alle cose, quindi, forse, poi, dopo, alla fine, quando guardi te stesso ti trovi tu in mezzo a tute queste cose e forse capisci che, invece, le relazioni con le persone sono molto più significative per il tuo stato d animo, che non le cose che hai attorno. Sì, secondo me, sì, recuperare quello che c era e magari non era così; è anche bello pensar che ci sia un evoluzione dei contesti, delle cose, però, sicuramente, alcuni aspetti della prossimità tra le famiglie e della condivisione del territorio e degli spazi erano totalmente diversi prima, questo anche dai racconti delle persone più grandi di noi, insomma. 3. Intervista al soggetto 3 (livello rappresentativo - associativo) 1) Per iniziare, Le chiederei di definire i termini: COMUNITA, LABORATORIO, FAMIGLIA Allora, i termini di comunità Incomincio col termine di comunità. la comunità è il posto in cui vivi, in cui incontri la gente; quindi, comunità significa rapporti fra le persone. La comunità, come dire, quotidiana, che è proprio,, che è rappresentata che è rappresentata da tutte le persone che solitamente incontri, che possono essere le persone del tuo quartiere oppure, non so, ci può essere anche una comunità di lavoro, quindi tutte le persone del sono le persone con cui continui ad avere scambi e come dire con cui anche costruisci, perché diventano la tua rete, i tuoi rapporti, per cui, puoi chiedere consigli, puoi avere informazioni, eccetera. Laboratorio. Laboratorio, per me la parola laboratorio significa qualcosa che, come dire, in cui si sperimenta, qualcosa in cui si a me il laboratorio ricorda il laboratorio scientifico, proprio per mia, così, costituzione quindi è qualcosa in cui si sperimenta, si costruisce e si trovano delle altre opportunità. Sono cose in cui la gente, come dire, le persone provano a fare delle cose nuove oppure a migliorare delle cose, fare delle questo per me è il laboratorio. Cosa significa famiglia. Ecco: anch io mi chiedo cosa significa famiglia. Per molti Per me, la famiglia è quel posto, quel luogo, che non è necessariamente un luogo fisico, ma è un luogo mentale in cui le persone si scambiano affetto e in cui le persone si supportano, si aiutano. Sai che c è qualcun altro su cui appoggiarti. Non è necessariamente fatta da un uomo, una donna e dei bambini, perché, 99

116 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate anzi questa sarebbe una delle cose su cui mi piacerebbe fare un convegno. No, nel senso che si dovrebbe definire il senso di famiglia. Per me, anche due persone dello stesso sesso se stanno insieme con affetto e con amore sono una famiglia non sono un non si sa che cosa, perché, voglio dire, anche rispetto ai bambini si dice ah ma i bambini hanno bisogno di un modello paterno io non l ho mai condiviso, cioè, io mi ricordo quando ero piccolina io abitavo in un paese della Sicilia, quindi non è che abitassi a New York, insomma o a San Francisco e, per esempio, c erano famiglie costituite da persone che magari non so, generalmente erano sempre donne perché gli uomini hanno sempre bisogno di appoggiarsi a una donna, almeno una volta, ormai, insomma si sono evoluti... però mi ricordo, magari c era una vedova con un figlio, due figli e la sorella e, a proposito del modello che modello avevano questi bimbi? Cioè si trovano (i modelli), perché all interno della famiglia c è è chiaro che quando la comunità è più presente o anche la famiglia estesa è più presente, i modelli si trovano in famiglia, ci può essere il nonno, ci può essere lo zio, ci può essere ci può essere anche il vicino di casa, ma anche il maestro o qualsiasi altra persona. Cioè questa storia dei modelli mi convince fino a un certo punto, anche perché è vero che i bimbi hanno una mente, come dire, piatta, ma fino a un certo punto, nel senso non è che dividono uomini e uomini e donne e donne, cioè ci arrivano. La famiglia è anche il posto dove succede di tutto, anche le morti, per cui è il luogo principale delle relazioni dell individuo, alla fine, perché, anche rispetto, per esempio, alla violenza; io lavoro al centro anti violenza, quindi la famiglia è anche poi dove esistono le violenze maggiori insomma, quindi, però, insomma, è il luogo principe, in cui si scambiano, come dire, le pulsioni, non so come dire, cioè, voglio dire, gli scambi affettivi, sia positivi che negativi, cioè, per me è questa la famiglia. 2) Secondo Lei quand è che un intervento può definirsi di sviluppo di comunità? Allora, un intervento può definirsi di sviluppo di comunità, quando si lavora insieme alla comunità, cioè, quando, praticamente, si cercano dei rapporti privilegiati con un po quelli (vabbè, posso dirla in maniera classica, nel senso di studi, ma voglio evitare) con gli opinion leader sviluppo di comunità vuol dire fare crescere la comunità, far si che le persone, dicendolo dal punto di vista più di mission, che di operazioni, operativamente, quando le persone decidono di prendersi cura della comunità, cioè quando le persone in qualche modo pensano di essere comprendono che loro fanno parte di quella comunità, che quella comunità nessuno la può far crescere se non crescono loro insieme alla comunità e che loro devono fare qualcosa perché questo avvenga, che non può avvenire perché qualcun altro ci pensi, come dire essere fino in fondo sto parlando dal punto di vista più del nucleo, cioè, che non può essere qualcuno che fa qualcosa in qualche modo, ma significa che ogni persona e più persone possibili, perché tutti, chiaramente, è possibile; come dire, se tutti sentono che la comunità sono loro,che loro, cioè, che quello che fanno loro e il loro vicino, così, come dire, diventa un bene comune, diventa cosa comune, nel bene e nel male, anche 100

117 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate e quindi, questo per me è sviluppo di comunità, quando le persone lavorano, come dire, insieme per migliorare la comunità, prendendosene in prima persona carico. Ecco questo è poi come si fa, il fatto degli Enti, la rete, quello è un altro discorso, è un discorso tecnico, ma io volevo fare un discorso più di tipo, di tipo finalizzato, cioè qual è l obiettivo, cosa vuol dire, no? I: si si Ti va bene, va bene, oppure volevi qualcos altro I: no no, va bene entra una volontaria del Laboratorio Famiglia; l intervista si blocca 3) Secondo lei, quali sono i presupposti affinché tra le famiglie possano crearsi relazioni positive, orientate alla prossimità? Allora, i presupposti sono quelli di avere degli spazi, dei luoghi, dei momenti di incontro, delle condivisioni, degli interessi, cioè, rendersi conto che, magari, l altro ha degli stessi tuoi interessi, oppure è ricco di cose che ti piacerebbe sapere, no? Oppure che l altro ti può aiutare per ottenere un obiettivo, non so se mi spiego. Quindi, tra le famiglie, possono crearsi delle relazioni positive orientate alla prossimità è questo, cioè, innanzi tutto avere la prossimità, cioè avere un luogo dove si possono incontrare; dopo di questo, esisterà sempre queste cose qui son sempre successe anche nel passato. Io ricordo quando avevo due bambini piccoli, no? A proposito di prossimità, andavo al parco per dire, incontravo d estate, incontravo gli altri e poi dopo diventavamo amici, magari oltre, no? Questo, per esempio: qui c è l opportunità anche per le donne straniere perché è un posto dove, come dire, ci sono anche dei facilitatori rispetto alla prossimità e alla e alla, come dire, alla facilitazione del contatto quindi; perché noi siamo in un quartiere in cui appunto è pieno di stranieri e questo aiuta anche come dire a non mi viene la parola cioè gli stranieri ad avere un inserimento rispetto appunto, sentendosi ascoltati, non sentendosi. I: a non rimanere isolati Si ma, sentendosi proprio come scarto, insomma, ecco. È questa cosa qui si sente molto perché, ad esempio, insomma, ecco, qui viene gente che non abita nel quartiere, perché, la moglie dell Imam che viene qui, abita in centro, abita in ******* di là. E quindi, però, viene qua, perché, perché, insomma come dire, piano piano, cioè, ti senti di che anche tu sei una persona che, in qualche modo ha delle cose da dare e delle cose anche da prendere, no? E questo lo puoi, lo puoi fare in un posto, appunto, in cui la gente ti ascolta e questo è un posto dove la gente ti ascolta non so se mi son spiegata I: quindi avere un luogo, innanzi tutto Avere un luogo e la possibilità di, come dire, di avere appunto queste relazioni con dei facilitatori che le aiutano, perché, se venissero solo così per, facciamo l esempio, no? Vengono due o tre, non so, le mamme si bisticciano perché i bambini si danno oppure non so, capita qualcuna che fa la difficile, ma capita anche una straniera che fa la difficile con 101

118 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate un altra straniera, una dell est lo fa, per esempio, con una perché non ci dimentichiamo che queste cose qui sono successe in altri posti che hanno un esperienza di immigrazione molto più alta della nostra, come gli Stati Uniti dove, di fatto, appunto chi è bianco si sente meglio di chi è nero, anche se viene dall Africa, insomma, non è neanche figlio di, come dire. Cioè, voglio dire, queste sono cose che succedono, quindi un posto dove però esistono delle persone che facilitano è importantissimo, che poi abbiano anche la capacità di lasciare liberi, di, come dire, di gestire la situazione non basta un posto per incontrarsi, uno si può incontrare anche al parco, voglio dire, d estate. A parte che c è sempre questa difficoltà è già più facile se i bambini sono piccoli, però, se i bambini non sono piccoli, se va a finire che al parco ci vai, per esempio, se sei araba, con un altra araba con un bambino arabo. Invece, qui, diventa anche, come dire, un posto dove, tu ti senti persona, sei ascoltata, come dire, ti senti di essere ricca di alcune cose che possono interessare gli altri, insomma, in qualche modo (dal momento che l intervistata continua a tossire, prendo dell acqua) 4) In un epoca caratterizzata dal disgregarsi dei legami sociali e dall insorgere della solitudine, quale deve essere il ruolo della famiglia all interno della comunità? Allora, io penso che il ruolo della famiglia all interno della comunità sia importantissimo e principe; poi dopo non ho preclusione su che cosa vuol dire famiglia; può essere anche una famiglia allargata, può essere, cioè, una famiglia dove ci sono divorzi, dove ci sono bambini cioè, non mi interessa, però io penso che la famiglia sia il luogo principale e lo credo fortemente. Non ho un idea cattolica della famiglia, parliamoci chiaro. Io ho un idea diversa della famiglia: penso che, in questo mondo dove, di fatto, è vero che si è sempre più soli, la famiglia diventa diventa, come dire, può essere, può diventare il nucleo dove, appunto può diventare il bozzolo dove tu ti senti più protetta, dove ti senti di proteggere, dove puoi investire e, come dire, quello ti può aiutare. Cioè, io non vedo la famiglia come quel posto che è necessariamente posto per procreare e allora cioè, io non l ho mai condiviso, nel senso che ci sono anche degli uomini e delle donne, che pur, voglio dire, non facendo sesso etero eh non hanno figli che facciamo? Eh, si, però la religione cattolica, io non lo trovo neanche giusto, ti dà a loro dà il divorzio: la Sacra Rota a loro glielo dà e agli alti no. Insomma, cioè mi pare il tutto un po I: per in consumazione del matrimonio intendi? Si, ma viene consumato il matrimonio. No: è che se tu non hai figli, non puoi avere figli, la Sacra Rota può concederti l annullamento eh cioè non è il discorso della consumazione lì il matrimonio lo consumi, solo che non ti nascono figli e allora se non nascono figli tu puoi avere non è giusto hai capito cosa voglio dire, eh? E no, non è una questione di sesso, perché lì il sesso c è, solo che devono nascere i figli, cioè non mi pare che sia una cosa vabbè. E, quindi ti dicevo che penso che la famiglia sia anzi, guarda io, sinceramente, ultimamente sto, come dire, sto coltivando l idea Tu sai che io lavoro al 102

119 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate Centro Antiviolenza, sai che la violenza intra familiare è la più grossa, e quindi la più alta e adesso nascono dei nuovi momenti, perché gli uomini si rendano conto. Sai vogliono fare, lo stanno facendo all Asl per gli uomini, per gli uomini violenti, a parte che ci andranno il dieci per cento no? Però, io, sinceramente, penso, che bisognerebbe lavorare di più sulla famiglia : nel senso, che questi uomini violenti, alla fine, ho l impressione che io non so che cos è, però, ci sto riflettendo perché, alla fine, loro sono così violenti perché, innanzitutto pensano di non essere capaci di vivere senza qualcuno, no? Questo qualcuno allora: fanno un po come gli animali che hanno bisogno, hai capito? Di soggiogarlo per sentirsi sicuri come il mio gatto che mi dà le cose, mi dà pure i morsetti perché io devo stare sotto secondo lui e lui sta tranquillo I: braccare la preda Si, hai capito? Allora se tu sei lì, cioè, tu non riconosci che per vivere hai bisogno di qualcuno questo qualcuno non vuol dire che sia solo una questione di sesso o di altro, perché magari vai e ti fai l amante fuori, hai capito? ma qualcuno, come dire, hai bisogno della famiglia e, secondo me, gli uomini, più delle donne hanno bisogno della famiglia perché sono cresciuti con una madre, si sentono molto soli, più delle donne secondo me e quindi lo fanno a modo loro, scusami tu sei un uomo, ma, cioè, hai capito cosa voglio dire? Cioè, nel senso, che ti vengono sotto e poi magari ti trattano male perché così, hai capito, pensano che così ti gestiscono, hai capito? E io penso che, insomma, forse bisognerebbe un po fare qualcosa di più per la famiglia, anche per chiarire queste posizioni in famiglia, perché la società ha fatto qualcosa per far crescere le donne, però non ha fatto niente per far crescere la famiglia. Tutto quello che fa per la famiglia è di origine cattolica e io non lo trovo giusto, hai capito cosa voglio dire? Io, invece, penso che la famiglia è un momento importantissimo, perché è il momento in cui tu, insomma, devi gestire cioè, è vero che ci sono i Centri per le Famiglie, quindi ci sono possibilità, però, come dire, io parlo di culturalmente, fare qualcosa per le famiglie, che è una cosa di cui tutti non gliene frega niente perché alla fine le famiglie, come dire, vengono appiattite in qualche modo, non so se rendo l idea I: cioè si riconduce tutto ad un idea di famiglia nucleare, in un certo senso, si nascondono le diversità, non si vedono le diversità? Si, non si coltivano, non si parla di relazioni, hai capito? Non si parla di, come dire il problema della famiglia io non so neanche qual è, hai capito? Cioè, nel senso che ci sto pensando adesso, ci dovrei pensare, dovrei leggere qualcosa, vabbè, a parte che io ho letto delle cose sulle famiglie perché però, voglio dire, forse bisognerebbe un po elaborare qualcosa e guardare anche cosa hanno fatto altri però, io penso che la famiglia, cioè, io penso che succedono tutte queste cose perché è la famiglia che è malata, hai capito? Perché adesso non voglio prenderti troppo tempo però, voglio dire, voglio dire se per esempio, facciamo il caso, dei casi, cioè che riguardano un po il discorso della famiglia. Il 103

120 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate caso di quella signora lì, vicino a Pisa che è sparita, come si chiamava, non mi ricordo più quella con gli occhi azzurri bella praticamente lei viveva in famiglia perché ci aveva, no? Il marito quello ***** lì vabbè che ci aveva pure lei, come dire, era molto rispettosa della famiglia: ci aveva la suocera sotto, il cognato di fianco, ma lì era la famiglia che era malata, hai capito cosa voglio dire? Perché la famiglia cioè, suo marito, pure stando in famiglia e pure lei rispettando anche il fatto che quella fosse la babysitter eccetera cioè, non si sono mai posti il discorso, cioè la famiglia è poggiata più sul rapporto sessuale cioè su delle altre cose che non sono necessariamente importanti, hai capito cosa voglio dire? Per esempio, lui che si vuol sentire uomo, si vuol sentire maschio, si cerca l amante, hai capito, pure se è più brutta di sua moglie, più giovane, hai capito cosa voglio dire? Cioè ci sono queste individualità che diventano tanto forti che distruggono la famiglia, hai capito? Però, non lo so una volta era un po diverso, cioè in India succede ancora cioè noi lo diciamo come negativo, però in India, ancora adesso, capita che lo sposo adesso sempre più spesso, il padre, specialmente di chi è colto, chiede vuoi che te lo cerchi io il compagno o la compagna o te lo cerchi tu? Ad esempio, io ho degli amici indiani, che magari sono di famiglia ricca o colta, e, non so, una ha detto no sceglimelo tu perché io sicuramente posso sbagliare perché preso dall impeto invece, tu che mi conosci meglio, sceglierai la persona giusta perché i rapporti io mi ricordo che quando ho letto il libro della Saraceno, i rapporti fatti sull edonismo, cioè sul discorso del piacere, come dire, in qualche modo, sono entrati alla fine dell 800. Prima dell 800, la famiglia era qualcosa di diverso, non so spiegarmi, hai capito cosa voglio dire? Come dire, era una parte della società, e io penso che bisogna riconquistarla non voglio dire perché io mi sono sposata per amore, perché mi piaceva mio marito, che io mi sono sposata perché magari però, forse, abbiamo perso delle cose che bisogna riconquistare, bisogna, come dire, avere avere la coscienza che anche quelle cose fanno parte della famiglia, cioè hai capito, quindi magari tu ti separi, però resti sempre in una famiglia, non so se rendo l idea I: cioè, la famiglia deve essere basata sulla relazione tra persone da quello che Si si, cioè, principalmente sulla relazione fra persone e sulla fiducia reciproca, il rispetto reciproco e pensare che c è sempre qualcuno che ti può dare una mano, cioè, io per me, è questa la famiglia: c è sempre qualcuno di cui ti puoi fidare, qualcuno che ti può dare più di altri, perché in qualche modo capisci altrimenti per me è questa I: ritornando un attimo alla domanda, il ruolo della famiglia potrebbe essere quello, appunto, di farsi promotrice di relazioni sane e autentiche? Si, di relazioni sane che, però, come dire, in questo non può essere solo la famiglia, secondo me, questo deve essere anche un compito sociale e anche un compito di prevenzione, perché la famiglia è come dire è diventata troppo edonistica, non so se rendo l idea, cioè io non voglio cancellare tutto il fatto che io mi sposo mio marito perché mi piace fisicamente, perché mi fa la corte hai capito cosa voglio dire? Perché io non 104

121 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate voglio cancellare la scelta sessuale per come viene fatta. Dico semplicemente che, però, non può esservi solo quello e perdere il resto, hai capito? Bisogna recuperare anche il resto, quello che c era prima, che, come dire, in qualche modo, ti cancellava questo: il fatto che tu, come dire, costruisci qualcosa con qualcuno. I: una progettualità che non è solo finalizzata al piacere sessuale, in un certo senso Certo, hai capito cosa voglio dire? E questo lo dico adesso, però quando ero giovane anch io facevo le scelte così, però, forse, come dire, bisogna ripensare la famiglia, anche dare questo far riflettere i giovani anche su questo aspetto, hai capito? Perché, guarda che a me al centro mi arrivano delle donne, giusto ieri insomma, questo, praticamente le ha fatto sempre violenza, lei ci aveva 21 anni, 20 anni le ha fatto sempre violenza lei non se ne è mai accorta fino a due anni fa, quando è cresciuta, hai capito cosa voglio perché, l amore, la spinta per lui e sua madre, mi diceva lei mia madre me lo diceva sempre: non ti rendi conto che? lei non se ne era resa conto perché questa affettività così forte, spesso anche di natura sessuale, perché lei sopportava tutte le gelosie che lui le faceva, cioè vuol dire non uscire, insomma delle cose pesanti, perché, come dire, presa solo dalla io non so da che cosa in ogni caso, da un gioco seducente da parte di lui chiaramente, oltre che dal punto di vista sessuale, io non so qual è hai capito? Però, voglio dire, bisogna che la gente pensi che la famiglia è anche qualcos altro la famiglia è un posto che, voglio dire, può anche la famiglia non finisce nel momento in cui finisce devono continuare le relazioni, non se mi spiego? Hai capito cosa voglio dire? Ti faccio un esempio proprio personale [ ] l intervista accenna a una relazione sentimentale di una sua famigliare Cioè, c è una scelta di, come dire, della persona che va al di là sia della sessualità, che dell altro, cioè sono rapporti forti hai capito cosa voglio dire? Vabbè, insomma, è difficile sai, anche perché non è chiaro neanche per me, hai capito? 5) Il Laboratorio Famiglia come luogo di sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro: quali sono le strategie attraverso le quali i suddetti compiti si concretizzano? [ ] chiarimento rispetto alla domanda: la conciliazione non è menzionata nell attuale Convenzione tra il Comune e le due Associazioni, ma in un documento ufficiale, pubblicato nel 2010 (sia in cartaceo che on line) Bè, il mutuo aiuto eh qui, guarda, rispondo secco e tutto; praticamente il mutuo aiuto, perché di fatto, succede così nei compiti di cura e di educazione si è questo. Praticamente, anche il discorso di imparare per i bambini a stare insieme, anche se e non solo, insomma, quando vanno a scuola, ma anche quando ci sono i genitori e quindi in qualche modo, i genitori devono devono insegnare ai figli di rispettare anche gli altri il mutuo-aiuto rispetto al crescere dei figli questo io vedo. Posso andare avanti? Ti è sufficiente? 105

122 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate I: si si 6) In cosa consiste secondo lei una metodologia di rete e attraverso quali azioni pensa che una rete debba essere costruita? Allora, una metodologia di rete significa coinvolgere tutte le persone di una comunità, cioè le persone istituzionali e gli opinion leaders di una comunità le persone che hanno, come dire, un ruolo già a monte sulla comunità e quindi Una metodologia di rete le azioni che io vedo sono gli incontri quindi, costruire tavoli dove cioè, in qualche modo si possa io la vedo così, infatti lo volevo fare [ ] hai capito? Perché c è anche l altra associazione e non abbiamo le stesse noi, ogni volta, dobbiamo regolarci, no? [ ] io penso che ci voglia un tavolo dove si decidano delle cose, nel senso che ci sono dei temi e questi temi vanno, come dire, curati, poi di volta in volta io l ho già fatto sviluppo di comunità l ho fatto proprio all inizio, quand è stato? Nel 92 è stato nel 92 che ho cominciato a farlo. E quindi i tavoli, gli incontri, sono le cose fondamentali, perché lì, poi si decide e poi, man mano, come dire, che coinvolgi e che ti fai conoscere sempre di più dagli altri poi gli altri, come dire, aderiscono, vengono, aderiscono anche loro vogliono fare qualcosa e più tu lavori bene, più, come dire, questa cosa qui si auto come di dice? Come le piante per farle crescere I: si concimano? Si anche perché tutto il discorso Non so se hai letto il libro di Morin? Edgar Morin I: sulla mediazione? No bè, lui ne ha scritti tanti ma ce ne è uno bellissimo che è proprio sul che parla delle comunità, cioè delle comunità e io l ho capito molto bene, perché avendo fatto il liceo i miei colleghi quando eravamo all Università continuavano a non capirlo. Avendo fatto io, prima, scienze naturali so che cos è un ecosistema parlava degli ecosistemi, no? Un ecosistema è un sistema, cioè, di piante, di animali eccetera e possono essere ecosistemi aperti o ecosistemi chiusi. Ci sono degli ecosistemi chiusi che rischiano di meno però poi col tempo come dire muoiono, si gli ecosistemi aperti sono un pochettino più sono rischiosi perché può avvenire qualcosa che come dire in qualche modo distrugge tutto, però, se sono controllati, sono molto più fertili, sono molto più ricchi allora, il discorso dell in questo ecosistema, cioè in questo posto in cui debbano venire delle persone nuove che concimano il sistema, perché al momento stesso in cui entrano dentro danno dei nuovi apporti di idee, di lavoro, di altra roba quindi, io penso che le azioni che penso è proprio questa fertilizzazione della comunità non so se mi spiego? I: quindi ognuno è una risorsa? Certo, è una grossa risorsa che va tenuta controllata, perché può essere anche rischiosa. Come dicevo, nell ecosistema, appunto non so nell ecosistema classico del si sai lui era partito da non mi ricordo come si chiama quell altro sociologo che ha parlato di ecologia della mente 106

123 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate I: Brofenbrenner? Non me lo ricordo più perché ormai sono passati troppi anni però, che sempre avevo fatto all Università vabbè, ad ogni modo, io penso questo che si che proprio il lavorare insieme può, come dire, fertilizzare già un sistema. b) Vuole aggiungere altro a quanto ci siamo già detti? No, io penso che ho parlato pure troppo! 4. Intervista al soggetto 4 (livello rappresentativo - associativo) 1) Per iniziare, Le chiederei di definire i termini: COMUNITA, LABORATORIO, FAMIGLIA Allora, la famiglia, per me, è un insieme di legami derivanti da un unione un unione stabile e, possibilmente, codificata in maniera sociale attraverso il matrimonio fra un uomo e una donna che mettono al mondo dei figli e che si prendono cura delle relazioni inerenti i diversi membri della famiglia; quindi, si prendono cura, prima di tutto, della relazione di coppia, della relazione con i figli e delle relazioni derivanti da questi, quindi anziani, famiglia di lui, diciamo, famiglia di lei. Anche se possiamo dire che oggi si può intendere per famiglia anche un legame meno stabile o derivante da una seconda unione matrimoniale o da una convivenza, in cui, comunque, gli adulti stabiliscono fra di loro e con i minori dei legami di cura e di protezione, di affetto, che durino nel tempo, non occasionali e lo affrontino con grande responsabilità. Per quel che riguarda la comunità, la comunità, invece, è un insieme di persone, di un territorio più o meno vasto, può essere il quartiere o può essere anche una città (però non può essere un numero enorme), nel quale le persone sviluppano rapporti, nuove conoscenze, rispetto reciproco, e cercano di vivere in armonia, di andare d accordo, di superare le difficoltà, che comunque esistono all interno di ogni gruppo e si prendono cura dei bisogni gli uni degli altri. Quindi, possiamo dire che, sicuramente, una comunità, come dire, non può occuparsi di troppi problemi non può essere un posto in cui si affrontano troppi problemi tutti in una volta, se no si diventa, più che una comunità, un luogo di recupero, un luogo di accudimento ma, invece, un luogo dove si cerca di aiutare il benessere delle persone e le buone relazioni, ecco. I: un luogo fisico, quindi? Un luogo fisico, ma anche sì, direi un luogo fisico, nel senso che la relazione virtuale direi che è un altra cosa di buone relazioni e di legami fra le persone, ecco stavo cercando questa parola dove ci sono dei legami che le persone prendono in maniera libera, non costrette, non necessariamente, come nella famiglia, legate, come dire, al sangue o a una scelta di vita, che possono essere legami anche più provvisori: uno viene ad abitare per un certo numero di tempo, appunto, in un quartiere, dove può però diventare può far 107

124 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate parte di questa comunità e poi, magari, dopo un po di tempo andare via. Quindi non necessariamente un legame che deve durare per tutta la vita o, comunque, una parte molto lunga della vita. Direi in un luogo fisico credo di meno a quelle che oggi vengono chiamate comunità virtuali, che esistono e che, però, secondo me, sono meno connotate come comunità e sono più connotate come relazioni che si stabiliscono e che possono venir meno. Laboratorio questo è già più un luogo fisico, dove si possono fare delle cose insieme, dove si costruiscono delle cose nuove, dove si cerca di dare spazio a idee innovative e dove le cose non solo si pensano, ma si fanno; quindi, non è un posto dove qualcuno fa lezione e gli altri ascoltano, ma dove insieme si cerca di realizzare qualche cosa. I: quindi, sulla comunità, è un legame che, comunque, per avvenire necessita per forza di un luogo quindi, se, tipo, io abito in questo quartiere e dopo due mesi, appunto, vado via Faccio fatica a mantenere una rete comunitaria, cioè posso farlo se in quei due mesi, che però mi sembrano abbastanza pochi, ho costruito una rete di legami abbastanza significativi, dove io posso tornare dove posso tornare e recuperare. Nella mia esperienza, vedo che le distanze fisiche hanno un loro significato, quindi che se uno per un certo periodo ha vissuto in quartiere o in una città, poi si sposta, dopo un po di anni, in un altra, mantiene dei legami, però, facilmente, costruisce dei legami nel posto in cui si sposta, si stabilisce; anche se poi, magari, nella comunità precedente ha lasciato, magari, la famiglia di origine o legami di infanzia, però sono dei legami, non sono un essere comunità. Credo che per far comunità ci voglia, sì, anche una prossimità fisica, che non vuol dire, ovviamente, cinquanta metri, ma, comunque, una prossimità che tu possa, in qualche modo, frequentare abbastanza facilmente. Poi non basta essere abitanti di un territorio, ovviamente; si può essere abitanti di un territorio, rimanere anonimi, non conoscere, non stabilire dei legami, non essere interessati; io posso dormire e vivere in un quartiere dove dormo e basta, i famosi quartieri dormitorio, andare a lavorare in un altra città, alla domenica andare a frequentare un centro commerciale e non stabilire legami di comunità con nessuno di questi luoghi che abito o che frequento. I: perfetto 2) Secondo Lei quand è che un intervento può definirsi di sviluppo di comunità? Allora, io non ho, come la Presidentessa dell altra Associazione, studiato, fatto un percorso, sullo sviluppo di comunità, come mio tipo di professionalità; io, credo che lo sviluppo di comunità sia la ricerca di aiutare una comunità a essere se stessa, attraverso che cosa? Attraverso le persone, che possono essere dei leader naturali o che hanno dei compiti istituzionali in questa comunità; faccio un esempio: il parroco di quartiere, se ci fosse se si parla di una città, il Sindaco del Consiglio comunale, piuttosto che delle Associazioni e delle reti che già la abitano, può essere anche una rete di commercianti. Lo sviluppo richiede che queste persone, questi leader o queste Associazioni entrino in relazione fra di 108

125 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate loro, si diano degli obiettivi di crescita per il bene comune, quindi non solo per il bene, che ne so, di una rete di commercianti, piuttosto che del parroco, e puntino a far sì che le persone e i cittadini che abitano questo luogo comincino ad avere fra di loro dei rapporti, che non siano di mero consumo, che non siano rapporti solo di lavoro, che non siano neanche solo dei rapporti di divertimento, ma che siano dei rapporti che vanno a costruire dei legami, dove per legami intendiamo delle persone che si occupano o si preoccupano gli uni degli altri. Quindi, per esempio, anche una scuola è importante all interno delle sviluppo di comunità, se il suo obiettivo non è solo quello di avere più bambini che vadano alla propria scuola, ma se il suo obiettivo è far sì che questi bambini o le famiglie che frequentano, che afferiscono a questa scuola, siano più capaci di intessere rapporti con tutti gli altri. Fra gli obiettivi dello sviluppo di comunità, secondo me, c è quello di rendere le persone dei cittadini più consapevoli, più responsabili e più capaci di uscire dal proprio egocentrismo, da quelli che sono i propri, esclusivamente, bisogni individuali; quindi, uscire da una logica in cui ognuno soddisfa i propri bisogni individuali e soddisfatti quelli sei apposto, in una logica in cui si cerca di far sì che tutti stiano un pochino meglio per cui, non una cosa utopistica in cui tutti devono stare per forza bene ed essere felici, ma in cui io mi preoccupo di dare migliori condizioni di vita al maggior numero di persone e lavoro per questo, appunto, consapevole che i legami e le relazioni fra le persone costituiscono una cosa imprescindibile per quello che è, io credo, lo star bene di una famiglia, di una comunità, di un quartiere. I: Chiarissimo No no dimmelo se non va bene perché io sono un insegnante, non sono una sociologa, anche se poi mi interessano tante cose, ho letto tante cose di mio però, non sono un assistente sociale I: Bè, è interessante anche questo 3) Secondo lei, quali sono i presupposti affinché tra le famiglie possano crearsi relazioni positive, orientate alla prossimità? (entra la coordinatrice del Laboratorio Famiglia; l intervista si interrompe) I presupposti Allora, mi viene da dire che le relazioni possono essere positive, quando una famiglia si è educata è stata educata o si è educata alla fiducia, quindi alla voglia no, proprio alla fiducia, quindi, all apertura agli altri, all apertura ad altre famiglie. Quindi, questo è un po un presupposto: l apertura, la fiducia e la preoccupazione per il bene comune quindi, per cui, non so, tuo figlio possa vivere in un quartiere sicuro, possa vivere in un quartiere dove non lo aggrediscono, possa stare con altri bambini senza sentirsi minacciato per fare questo, devi avere un presupposto di fiducia nei confronti del mondo non necessariamente del mondo inteso come universo mondo, ma del posto in cui vivi. Altri presupposti credo che i figli siano una cosa molto importante: le famiglie con i figli, di solito, proprio perché si preoccupano della crescita dei figli, nella mia esperienza, le vedo 109

126 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate più capaci di creare relazioni con gli altri, rispetto alle famiglie senza figli anche perché i figli ti chiedono di pensare al futuro e, quindi, il futuro comincia a interessarti, mentre, prima, ti interessava solo il presente perché i figli ti chiedono, comunque, un apertura al benessere di qualcun altro, che non è solo il tuo e quindi i figli, da questo punto di vista qui, ti aiutano a prenderti a interessarti di cose che prima non ti interessavano: la scuola, il quartiere, la polizia, l inquinamento e tutta una serie di situazioni fisiche, che tu, adulto, vivi in un certo modo, ma che tu, adulto con bambino, vivi in un altro modo. Per creare relazioni orientate alla prossimità, hai bisogno anche di qualche spazio da vivere insieme: può essere la scuola, può essere il parchetto, può essere la parrocchia, può essere il momento del catechismo, e di condizioni in cui le famiglie entrino in contatto, che di solito ci sono un po naturalmente: se non arriva l asilo, arriva la scuola, la festina, il catechismo insomma, sono, condizioni, diciamo, che vengono di solito a crearsi nei momenti di vita dei figli delle famiglie con figli. Direi, anzi, che ci sono dei momenti, che sono proprio strutturati, di cui si potrebbe approfittare, in senso buono; cioè, ci sono proprio delle tappe nella vita delle famiglie, in cui si potrebbe aiutare a incrementare questa relazione positiva orientata alla prossimità. Le famiglie hanno bisogno,credo, fra i presupposti, di essere sostenute in questo loro percorso, di non sentirsi troppo da sole, cioè, che non si sentano, fra virgolette, abbandonate da quella che è la comunità istituzionale, chiamiamolo Stato, chiamiamolo città, chiamiamolo Istituzione cioè: se le famiglie sono sostenute dalle Istituzioni e si sentono importanti, più facilmente, credo, possono mettersi in relazione di vicinanza, di aiuto e di prossimità con altre famiglie; se le famiglie si sentono, come dire, un po perseguitate, depresse, non considerate da parte di quella che è l Istituzione, possono chiudersi molto dentro se stesse, sviluppare dei presupposti, quasi di, appunto, persecuzione, quindi, sentirsi incapaci anche di dare qualche cosa, anzi di chiedere, chiedere, chiedere, chiedere Mi viene da dire che un altro fattore che può aiutare la relazione di prossimità è di non vivere situazioni di estrema povertà, nel senso che: se è vero che la povertà, per certi versi, se non è estrema, può aiutare può spingere le persone ad aiutarsi gli uni con gli altri, la troppa povertà, ma per certi versi anche la troppa ricchezza, credo che possano essere fattori contrari allo sviluppo di comunità, perché: la troppa ricchezza porta a chiuderti, a sentirti autosufficiente, a vivere a vivere o a far vivere i tuoi figli in un mondo, come dire, un po diverso, a volte, anche fisicamente, molto chiuso, molto recintato, molto scortato, molto agée; e la troppa povertà, perché, viceversa, il tempo, le energie e quello che tu hai sono tesi a soddisfare un minimo vitale senza il quale tu non fai molta fatica a vivere, ecco. Quindi, il non essere troppo poveri vorrebbe dire, non so, l avere un lavoro dignitoso, vorrebbe poter dire utilizzare i Servizi che la comunità offre, avere una casa dignitosa, insomma, avere quelli che vengono definiti gli standard minimi e anche non solo minimi di sopravvivenza. Ecco, invece, credo che la troppa ricchezza, come la troppa povertà, non aiuti. Quindi, potremmo dire, una famiglia 110

127 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate normale, una famiglia media, insomma però, questi presupposti ci devono essere. Credo che se esiste un estrema povertà, molto pesante, bisogna forse prima risolvere alcuni problemi o, comunque, affrontare il discorso il discorso di creazione di una comunità, in maniera diversa I: magari, appunto, la creazione di relazioni basate sulla fiducia potrebbe essere un cioè, un aspetto su cui puntare in situazioni di estrema povertà Sì diciamo che, sicuramente, in una situazione di estrema povertà, le relazioni sulla fiducia sono importantissime; diciamo che in situazioni di estrema povertà, probabilmente, le persone hanno più bisogno di aiuti materiali, ma anche di tipo, non so, istituzionale per cui, non so, vi metto insieme, voglio anche aiutare la mamma che ha bisogno di tenere i bambini per andare a lavorare e non ha un nido, non ha un asilo, però, se io non ho neanche un tre metri per due dove ospitare gli altri bambini, mi diventa molto difficile. In questo caso un piccolo aiuto, che può essere, non so, il vecchio salone parrocchiale o, come succede anche in certi Paesi del terzo mondo, una sala di una comunità, dove magari tu volontariamente ti prendi cura di quegli anziani, di quei bambini, e le altre mamme e papà, magari, possono coltivar la terra o andare al mercato, questa, sicuramente, è una relazione che ti potrebbe aiutare. Credo che da noi, come dire, nelle nostre città, in Occidente, per certi versi, l estrema povertà sconti anche dei fattori di solitudine, di vergogna, che in Paesi più poveri non ci sono; cioè, nei Paesi più poveri, probabilmente, la povertà è una condizione così diffusa, per cui, non ti porta dei sentimenti di vergogna. In Occidente, invece, la povertà, o perché in seguito alla perdita del lavoro, o perché sei nato in una famiglia sfortunata, o perché, semplicemente, tu non puoi avere le cose che, secondo te, tutti dovrebbero avere, porta con sé anche dei sentimenti di inadeguatezza e di vergogna che bloccano il tuo sviluppo e che, quindi, avrebbero bisogno di un maggiore aiuto per essere superate superata questa soglia, poi, probabilmente, tu puoi sentirti in grado, come gli altri, di fare tante cose. Tu dicevi la fiducia: direi che la fiducia, proprio, è uno di quei presupposti fondamentali e che, per altri versi, oggi ce ne è molta poca. Quindi, dare la possibilità alle persone, per esempio, come in questo Laboratorio, cioè, di costruire dei legami, di scoprire che l altro è una persona che può essere prossima, amica, di cui non devi aver paura, perché, un luogo neutro ti aiuta a uscire da questo pregiudizio o giudizio o ignoranza o non conoscenza e, quindi, ti dà la possibilità di creare dei legami, di avere fiducia dell altro: diventa molto importante, perché, se no, la fiducia rischia di essere anzi, c è, ma appena apro il portafogli eh, vedo anche che questi qua ; se tu vedi, diciamo, degli esempi concreti, che gli Albanesi non sono quelli che vanno in giro a spacciare, ma che sono delle persone che si prendono cura dei loro bambini, come faccio io, questo può darmi una relazione di fiducia però lo devo vedere, lo devo, in qualche modo, attuare, perché, invece, intorno i messaggi che noi riceviamo sono messaggi di ostilità, di difesa, di prudenza, che, per carità, serve, ma di prudenza, a volte, eccessiva. 111

128 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate 4) In un epoca caratterizzata dal disgregarsi dei legami sociali e dall insorgere della solitudine, quale deve essere il ruolo della famiglia all interno della comunità? Allora, intanto, bisognerebbe dire che la stessa famiglia è a rischio di disgregarsi e di restare da sola; quindi, prima di tutto, la famiglia andrebbe sostenuta da opportune politiche quelle che vengono chiamate oggi politiche familiari e che, in Italia, non sono attuate da sempre. Quindi, sicuramente, la famiglia andrebbe supportata; una volta che la famiglia è supportata e, quindi, può vivere il suo essere famiglia, all interno della comunità, può esercitare un ruolo, appunto, di accoglienza, nei confronti di altri nuclei familiari, magari, più disgregati; di accoglienza e sostegno, aiuto, amicizia, nei confronti della parte fragile della società o di altre famiglie. Per parte fragile, si può intendere cose molto piccole il bambino che prendo su da casa e che viene a fare i compiti con mio figlio, a fare merenda, intanto che la mamma arriva da lavorare, fino a cose più importanti, come una vera e propria relazione di affido o di adozione. È un antidoto alla solitudine di per sé, cioè se vivi con una famiglia, soprattutto se è una famiglia con più figli; la famiglia con figlio unico corre, forse, maggiormente il rischio della solitudine però, sul tema di famiglie con figli unici, in passato, si è molto riflettuto e pensato, per cui spesso, le famiglie con figli unici sono, poi, quelle che si danno molto da fare per dare ai figli opportunità di legami e di conoscenze altrove. La famiglia all interno della comunità può anche svolgere il ruolo di raccontare visivamente cosa vuol dire prendersi cura, con amore, gli uni degli altri. L amore è una parola sempre molto abusata, però, in una famiglia, diciamo, non particolarmente eccezionale, ma non disgregata, dove si vive l affetto, l amore e la cura, si può dare, come dire, un buon esempio di cosa vuol dire fare questo e lo si può dare ai membri interni della famiglia, che hanno bisogno, comunque, di respirare un aria di amore e di fiducia, ma lo si può dare anche a tutte le persone che entrano in contatto con questa famiglia; e questo, diciamo questo legame di fiducia, di affetto, di cura, si esporta nelle altre relazioni che la famiglia stabilisce quindi, che stabilisce a scuola, che stabilisce sul mondo del lavoro, che stabilisce in parrocchia. E, quindi, il suo ruolo, all interno di una parrocchia, di un quartiere, di una comunità scolastica, può essere quello proprio quello di dire, ci si può prendere cura può essere proprio un messaggio positivo di questo genere: ci si può prendere cura gli uni degli altri, se ci sono dei problemi si possono affrontare, non con la violenza, come, purtroppo, spesso, ancora succede, ma riflettendo, parlando, guardando e i sentimenti e le emozioni vanno curati, accuditi, e non negati o, per certi versi, esasperati, perché possono diventare motivo di scatenamento degli istinti peggiori. Quindi, la famiglia può costituire un grosso antidoto al disgregarsi dei legami sociali, proprio perché può affermare che alcuni legami, che sono dati, appunto, dall amore e dall affetto, ma che vengono costruiti con cura e che sono preziosi ti dicono che i legami possono durare nel tempo e non debbono necessariamente venire distrutti 112

129 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate dall incuria, dalla fatica, dalle difficoltà, che, comunque, la vita ti presenta perché le difficoltà fanno parte della vita, delle relazioni e delle relazioni a tutti i livelli, da quella tra coniugi, a quella all interno di ruoli di lavoro, insomma. Non so se cioè, chiedi, dimmi se devo specificar delle cose 5) Il Laboratorio Famiglia come luogo di sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro: quali sono le strategie attraverso le quali i suddetti compiti si concretizzano? Allora, le strategie che abbiamo scelto sono strategie di coinvolgimento attivo; quindi, noi apriamo dei locali, dei posti, dove ci sono delle persone preparate, che sono le nostre operatrici, o i nostri volontari, o i nostri tirocinanti, che fanno quello che sono chiamati a fare, e, in questi posti, si propongono delle attività o dei momenti di riflessione, o dei momenti di creatività, in cui le famiglie, o gli adulti, o i bambini, che ci frequentano, possono possono esprimere se stessi, possono entrare in relazione con gli altri, possono sviluppare relazioni di fiducia, di conoscenza, attraverso questo primo impatto, che è la frequentazione del Laboratorio su proposte fatte dal Laboratorio o, a volte, fatte dagli stessi frequentanti. Recentemente, un gruppo di frequentanti ci ha chiesto di poter attivare, per esempio, un laboratorio, un momento di ascolto e di discussione di poesie, di serate poetiche, e, quindi, qualcosa di molto spirituale, potremmo dire. Ecco, attraverso queste proposte, le famiglie si incontrano, si conoscono e, quindi, hanno la possibilità di vedersi, di frequentarsi, anche al di fuori del Laboratorio, anche per altri loro bisogni, desideri, conoscenze, amicizie. E, in questo modo, i compiti di cura o di educazione o, anche, di conciliazione fra vita e lavoro possono trovare degli dei nuovi supporti e dei nuovi aiuti dalle persone che si frequentano. Quindi, prima di tutto, si supera quella che è una visione di sfiducia nei confronti del prossimo; in secondo luogo del prossimo che, magari, è straniero, che, magari, è maschio, piuttosto che femmina, che è vecchio, piuttosto che bambino; e in secondo luogo, si instaurano dei rapporti di conoscenza che, appunto, travalicano, gli orari di apertura del Laboratorio e, quindi, in questo modo si costituiscono delle reti che funzionano, a prescindere dai tempi del Laboratorio. Questa estate, abbiamo avuto il gruppo di signore che frequenta il Laboratorio per un attività che viene chiamata del Patchwork, cioè di cucito creativo, che, nel periodo estivo di chiusura del Laboratorio, si è organizzato, prima chiedendo ospitalità in una parrocchia, e, in secondo luogo, incontrandosi a casa di alcune partecipanti e facendosi poi anche dei momenti, che col Patchwork non c entravano niente, che erano la merenda tutte insieme, la visita alla casa di campagna di un altra signora, che forse non avrebbe mai invitato queste altre signore, alcune che, come dire che erano di età e di provenienza diversa, altre invece erano straniere, magari non conosciute; probabilmente non le avrebbe invitate, se non avesse avuto prima una frequentazione in un luogo in cui hai avuto la possibilità di conoscerti. E queste sembrano delle cose piccole, ma, se ci mettiamo nei panni di una persona straniera 113

130 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate che si sente a disagio in una città che non è la sua e che si vede, invece, chiamata a casa e accolta, da un gruppo di persone, che considera, invece, come dire, del posto e, quindi, ancorate in questo quartiere, in questa città o, viceversa, ci mettiamo nei panni di persone, che, magari, sono state in questi anni bombardate di notizie della serie stai attento a tutti quelli che non vengono dalla tua città, perché rischiano di rubarti se apri la porta di casa, e queste perone hanno aperto la loro porta di casa e le hanno ospitate, capiamo che le strategie precedenti, cioè, quelle di fare incontrare le persone in occasione di una passione comune, hanno avuto l esito che in un qualche modo ci si augura o si spera o si ipotizza per il futuro. Per quel che riguarda il sostegno ai compiti di educazione, oltre al Laboratorio Compiti, che sono pomeriggi o mattine dedicate ai bambini che vengono, in questi casi, accompagnati e lasciati a volontari, preparati e scelti per svolgere compiti che, altrimenti, a casa loro non svolgerebbero quindi, essere preparati a scuola e, quindi, imparare a prendere, a diventare cittadini pieni di quello che viene richiesto; abbiamo avuto, in questi anni anche persone che si sono prese cura del singolo bambino, se lo sono portato a casa e hanno fatto per lui quello che, magari, il Laboratorio non poteva fare o, semplicemente, lo hanno, in qualche modo, fidelizzato in casa propria, lasciando poi, magari, questo posto ad altri bambini, che avevano le stesse necessità, quelle di essere assistiti nei compiti. Altre strategie sono quelle di avere, di attivare, momenti ludici, quindi, feste di compleanno dove, magari, le persone che frequentano il Laboratorio portano la torta, o di momenti delle proprie comunità di provenienza, per cui una comunità di provenienza festeggia una determinata cosa e la si estende. Noi, come comunità locale, proponiamo, non so, la festa di S. Ilario, piuttosto che la festa di tutti i Santi; altri, magari, ci propongono di festeggiare la fine del Ramadan, ci propongono di festeggiare l inizio la magari, il Giorno dell Indipendenza dell Algeria, oppure altre cose attraverso questo, anche qui, si viene a conoscenza di culture, di modi di vivere, che, altrimenti, non avremmo possibilità di conoscere e credo che la conoscenza sia un parametro importantissimo per superare tutti quelli che vengono chiamati pregiudizi. I: quindi, diciamo, il sostegno nasce, comunque, dall incontro cioè, nel senso, non è sostenersi può anche essere scambiarsi dei consigli, piuttosto che però, appunto, prima bisogna conoscersi Certo, può essere scambiarsi dei consigli, scambiarsi delle ricette di cucina, raccontare come uno ha affrontato una propria difficoltà in casa col lavoro, col marito, coi figli, facendo, come dire non per dire che sei il migliore, ma semplicemente per far tesoro di quello che tu hai vissuto e condividere con un altro, invece, quelle che sono le difficoltà; perché, sappiamo che anche condividere momenti di difficoltà, anche se non si hanno delle risposte, anche se non si hanno delle ricette con cure da dare, è comunque alleggerire una persona dai suoi pensieri. Quando noi siamo frequentati da persone che hanno perso il lavoro o che, magari, sono senza casa o che, magari, a volte, sono anche senza documenti, 114

131 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate non è che possiamo dare loro il lavoro, la casa, i documenti, però l ascoltare le loro difficoltà, il dire che siamo vicini, il dire che, magari, ci sono momenti, in cui queste difficoltà verranno superate, perché un poco alla volta la vita sarà meno dura, fa sì che queste persone abbiano un fardello meno pesante da portare e credo che anche questo sia un grosso aiuto che si possa dare alle persone; a volte, anche solo parlando e, condividendo pensieri, difficoltà, nostalgie, preoccupazioni per il futuro, e trovando qualcuno che ti ascolta e che, magari, ti racconta che c è passato anche lui o lei, o anche proprio che ti ascolta e ti incoraggia e ti dice di non arrenderti può essere un grosso modo di essere vicino alle persone, di sostenerle nel loro cammino di vita, senza, magari, fare grandissime cose. Da questo punto di vista qui, una strategia è quella di offrire uno spazio in cui le persone possono essere accolte e possono esprimersi, possono raccontare, senza che questo debba essere pagato, perché il Laboratorio è gratuito, senza che uno debba prendere un iscrizione a un club o a una determinata filosofia di vita, perché il Laboratorio è aperto a tutti e, quindi, anche questa sì, direi che è una strategia positiva, quella dell accoglienza, a prescindere dal sesso, dall età, dalla nazione, e quella, comunque, di mettere a disposizione delle persone che, ripeto, o in maniera volontaria, o in maniera professionale, ma, comunque, sempre in maniera adeguata, sono disponibili ad ascoltare. 6) In cosa consiste secondo lei una metodologia di rete e attraverso quali azioni pensa che una rete debba essere costruita? Allora, secondo me, la metodologia di rete è il non lavorare da soli quindi, pur sapere che, in un quartiere, in una comunità, in un luogo di vita, esistono tanti soggetti, che, comunque, si adoperano in maniera diversa, per il benessere delle persone che la abitano. Quindi esistono tante Associazioni, esistono le istituzioni, che non sono nemiche, ma sono amiche di una città, esistono le Biblioteche, esistono le Associazioni, come dire, anche profit, e non solo quelle no profit. La metodologia di rete vorrebbe dire che si cerca di contattare intanto di conoscere, ecco, prima di tutto conoscere le altre realtà presenti, conoscendole, quindi, evidenziando, magari, le realtà, che più condividono la propria mission o con cui si possono condividere dei pezzi della propria mission e metterle in condizione, fare delle proposte di lavorare, di collaborare, con la propria Associazione, col proprio Laboratorio, in una forma di partnerariato, quindi no di dove uno comanda e gli altri obbediscono, dove tu dici che fai già una certa cosa, ma dove è possibile costruire insieme delle azioni o delle strategie o delle offerte alla propria comunità. In questa metodologia di rete, tenere conto che ciascuno è portatore di un pezzo, di un sapere ripeto che può essere un sapere, magari da lungo tempo, perché ci sono delle persone che vivono in quel posto da tempo e ne conoscono vita, morte e miracoli, o di un sapere, perché, magari, portano avanti una mensa o un posto in cui, magari, vanno alcune persone della città e, quindi, quelle persone lì conoscono i bisogni, le necessità, le esigenze di una fetta di persone le conoscono molto bene, quindi, possono darti delle informazioni. E, quindi, la 115

132 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate metodologia di rete si attiva attraverso delle azioni che sono quelle di conoscersi, quindi, una sorta di mappatura del territorio; al interno di questa mappatura, evidenziare, come dicevo prima, le realtà più simili o, comunque, le realtà che mi possono dare dei pezzi di conoscenza che io non ho di mio, non possiedo, e di cui, però, penso di avere bisogno di conoscere; quando è possibile, incontrarsi, o tutti insieme o anche di volta in volta con gli attori, con le persone, che hanno le responsabilità di queste Associazioni, di questi pezzi di vita, di queste conoscenze e, quando è possibile, costruire insieme degli eventi, in cui presentandosi anche insieme in un quartiere o in una comunità si fa capire che non si è lì per portare a casa un risultato ed essere più bravi di tutti, ma si è lì, perché tutti insieme si possono offrire, come dire, delle soluzioni migliori. Credo che un altra azione un altra attenzione, non un azione, possa essere anche quella di stare attenti a non pestarsi i piedi, per cui, se ci sono già delle Associazioni o delle azioni su un territorio molto forti, di un certo tipo, ci si accosta, si chiede aiuto, ma non la si ripropone uguale, perché l altro potrebbe sentirsi un pochino invaso da quello che tu fai; tutt al più si chiede di condividere. Oltretutto, siamo in un periodo di carenza di risorse, di tempo, quindi, andare a fare le stesse cose che fanno gli altri mi sembrerebbe un modo anche poco simpatico di utilizzare le proprie risorse. Quindi, potremmo dire un azione, anche di non sovrapposizione nei tempi e nelle offerte di quello che già altri stanno facendo, con molta attenzione e molta discrezione. I: quindi, secondo te cioè, un coinvolgimento sia dei singoli che Sì, io la vedo sia come un coinvolgimento dei singoli che come un coinvolgimento di Associazioni e, volendo, anche di luoghi, cioè, nulla toglie, che ne so io, ed è già successo, che il Laboratorio compiti scusa, che il Laboratorio Famiglia fa una certa azione a casa di qualcun altro. Quando l anno scorso, l Associazione delle Donne Algerine, che fa capo al nostro Laboratorio, ha voluto fare un laboratorio di cucina, perché aveva piacere di condividere con le proprie socie la cucina parmigiana e di insegnare a persone italiane i fondamenti della cucina algerina, l ospitalità è stata data da un altra Associazione dell Oltretorrente, che ha la cucina, perché noi non ce l abbiamo; quindi, in questo caso forse, non la si può definire un azione di rete, però un azione di collaborazione, che ha portato ad altre collaborazioni, che hanno portato alla stima, alla conoscenza, sia da parte dei singoli, che hanno frequentato i due posti, ma anche, come dire, della comunità in cui si vive e si lavora. Quindi, anche un azione condivisa con una singola Associazione, ma aperta, come dire, al quartiere, alla città, può, in qualche evidenziare, una come dire, che esiste una più vasta rete. Ecco: quando io penso a rete penso un po a quella rete da pesca, per cui ciascuno di noi costituisce un nodino e tutti insieme facciamo delle trame e, se ci mettiamo insieme, facciamo una rete più grande e peschiamo più pesci, dove i pesci sono quello che tu puoi fare di buono per le persone; non è che devi portare a casa dei soldi o I: e il metodo sarebbe? 116

133 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate Il metodo direi che può essere, intanto, appunto, conoscere le realtà esistenti, quindi mapparle. Poi, sedersi intorno a un tavolo o con tutte, che è molto difficile, o, magari, con ciascuna di loro, per presentarsi e conoscere e poi, come terza cosa, costruire piccoli o grandi eventi, piccole o grandi piccole o grandi azioni, piccoli o grandi, mi vien da dire la parola evento non mi piace, ma insomma buoni propositi, cose da fare insieme, proposte da fare alla comunità, in cui ciascuno porta un pezzo, oppure in cui un Associazione fa un po da capofila e tira e le altre, però, mettono il loro pezzettino a disposizione, che può essere può essere il luogo, può essere la rete delle conoscenze, può essere il numero degli associati, può essere il volontario. La difficoltà della rete è quella che si dovrebbe essere, io credo, un po tutti alla pari e, invece, spesso ognuno di noi vuole, come dire, comandare un po di più o essere un po più importante degli altri, oppure un altra difficoltà della rete è che magari, per esempio, noi siamo frutto di un progetto pubblico privato, dove entra il Comune di Parma e dove entrano delle Associazioni no profit, e, magari, un altra Associazione non è così convinta di voler collaborare con le Istituzioni e pensa che collaborare con te voglia dire collaborare con le Istituzioni, quindi, magari, sta un po ai margini e tu più di tanto non riesci a coinvolgerla, non riesci a far capire la bontà del tuo progetto, però anche questo ci sta col fatto che è un mondo difficile. 7) Vuole aggiungere altro a quanto ci siamo già detti? Potrei aggiungere che, per quel che riguarda la metodologia di rete, sicuramente, il cambiamento di Laboratorio, cioè proprio di luogo, adesso in Piazzale S. Giacomo, ha favorito e rilanciato, perché siamo più visibili e perché ormai, insomma è il quarto anno, il quinto anno, ormai, che siamo presenti con gennaio. Quindi, come dire, avendo avendo stabilizzato le reti fiduciarie della persona e una certa la costruzione di alcuni meccanismi virtuosi che, ormai, sono come dire, camminano un po da soli i luoghi, i tempi, le attività ormai sono abbastanza stabili, sono aperti a cose nuove, ma un pochino procedono anche da sole, quindi, si libera un pochino di tempo e di energie per costruire anche qualcos altro. E una scommessa che stiamo facendo sul futuro, questa della rete; anche prima abbiamo lavorato, come dicevo anche prima, con altre Associazioni, però, forse, adesso è maturato proprio il tempo in cui si possa, magari, costruire, anche visivamente, qualche cosa, per cui il quartiere, la città, ci veda in quanti siamo, in quante cose belle possiamo fare insieme e, quindi, poter, da una parte, usufruire di quello che noi offriamo, ma, dall altra, poter dare ciascuno un pezzettino di qualcosa, se non a te, magari, al tuo vicino, perché al tuo vicino di quell altra Associazione sta più simpatico; l importante sarebbe che ciascuno attivasse un pezzettino delle proprie competenze, delle proprie caratteristiche, di quello che può dire all interno di questa rete, come dire, di modo da farla crescere ancora di più. Non so se magari è un idea un po utopica, però già in passato avevamo pensato di dire non ci riusciremo adesso, forse neanche a giugno, di dire, non so, facciamo quell evento tutti insieme, in cui ciascuno porta un tavolo e, magari, 117

134 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate tutta la gente in strada mangia insieme così, una cena sociale del quartiere non ci siamo riusciti, non so se ci riusciremo però, è chiaro che se si è in tanti a proporlo magari ce la fai, se sei da solo no. Questa questo halloween che anche tu hai vissuto, in cui tu sei andato, fra virgolette, a visitare tanti negozi, tante realtà, tante cose è una cosa piccolissima, sicuramente non è una rete, però è un modo con cui tu getti un seme, con cui dici ci sono, sono disponibile a collaborare e gli altri vedono che tu non sei un concorrente, che vuole portare via il lavoro, piuttosto che i soci, piuttosto che le risorse, ma sei qualcuno che, con cui puoi collaborare, con cui puoi crescere e diventare più grande certo, ci vuole molta attenzione e anche molto tempo non è un lavoro che puoi fare in quattro e quattro otto. 5. Intervista al soggetto 5 (livello tecnico operativo) 1) Per iniziare, Le chiederei di definire i termini: COMUNITA, LABORATORIO, FAMIGLIA Cos è il Laboratorio Famiglia? La definizione è, appunto, Laboratorio: dentro la parola laboratorio al di là del luogo fisico, appunto informale, in cui ci troviamo oggi, e in cui sono anche le altre due progettualità simili alla nostra, era pensato come un luogo appunto di ricerca, un luogo di sperimentazione; la parola proprio laboratorio era stata pensata e coniata un po in questo senso. La parola famiglia era legata, invece, ad uno stampo di matrice familiare delle Associazioni che hanno proprio ideato e progettato questi luoghi, per cui, ah! C è una virgola, quindi era proprio la parola laboratorio da sola e la parola famiglia da sola. Quindi, la parola laboratorio, come ti ho detto è un luogo di sperimentazione e un luogo, appunto, di messa a punto di tutta una serie di dinamiche, di situazioni, di proposte. La parola famiglia, quindi lì c era una virgola; per me la famiglia è un gruppo, quindi parlo in termini personali, diciamo, non in termini progettuali, è costituita, può essere costituita da un gruppo di persone o anche da una persona singola; a me evoca molto anche la parola figlio, ma è una cosa, diciamo, mia personale. Partendo, appunto, da un modello di famiglia attuale e per quello che riguarda il nostro lavoro, appunto, abbiamo famiglie di diverso tipo che vengono qui, principalmente famiglie costituite appunto da madre, padre e figli, ma anche famiglie mono genitoriali, nel caso di donne con bambini, ragazze madri piuttosto che anche uomini, diciamo, con figli, e famiglie di separati, appunto: in questo caso, comunque, qua si presentano, di volta in volta, o padre e figlio o madre e figlio e la parola comunità, appunto, molto complessa, a me evoca innanzitutto, appunto, una comunanza, un... diciamo, un insieme di situazioni, di persone, di realtà accomunate da una territorialità, dall essere collocate in un certo luogo, in una certa circostanza, e che hanno, in qualche modo, delle finalità comuni. E una parola molto abusata per cui, mentre la definisco, mi vengono in mente tantissime situazione che vanno 118

135 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate dalla comunità alloggio al senso di comunità; viene utilizzata sia come sostantivo che come aggettivo, quindi è molto molto abusata e, ormai, direi quasi anche confusa in alcune situazioni. Nasceva, secondo me, da una comunanza di intenti, pensando alle famose comuni appunto, in cui magari le persone si ritrovavano a vivere insieme, dividendo degli scopi comuni: anche in quel caso potevano essere ideologici, magari di partito, piuttosto che di realtà di vita che si volevano condividere. Oggi, nel senso più ampio, della nostra comunità fanno parte dai negozi, che ci stanno vicini di casa, alla scuola, dove va magari nostro figlio, al nostro luogo di lavoro; cioè, della mia comunità fanno parte tantissimi Enti e situazioni e realtà che, di fatto, dovrebbero parlarsi, però non è proprio così scontato. Forse siamo noi, diciamo, i cittadini, che, appunto, si costituiscono attorno una loro, possiamo dire, comunità che fungiamo da connettori tra un elemento e l altro. Bò, direi... 2) Secondo Lei, quand è che un intervento può definirsi di sviluppo di comunità? Lo sviluppo di comunità ha, diciamo molto vasta, anche qua! Sicuramente prevede un tavolo di coordinamento centrale composto da Enti e da situazioni, da cittadini anche singoli, che non appartengono a nessuna Associazione o Ente, diversi tra loro, cioè un tavolo che rappresenti in qualche modo tutte le differenze che vengono rappresentate nella comunità di riferimento; da questo tavolo devono nascere dei bisogni, cioè devono essere portati a questo tavolo dei bisogni. Dai bisogni, in teoria, bisognerebbe, poi, capire quali sono le risorse che già ci sono su quel territorio e che potrebbero, appunto, incontrare questi bisogni; in qualche modo, intersecarsi, vedere delle sinergie eventuali tra questi attori rappresentati nel tavolo e poi, di fatto, sguinzagliati all interno dei nostri quartieri, del nostro territorio di riferimento, e da lì tentare, tramite delle tecniche particolari e anche delle tecniche, diciamo, ricavate proprio da studi in questo campo, tentare di andare a sollecitare tutti gli interlocutori, anche i meno vicini, magari, alla problematica stessa di cui si viene a parlare, al fine di raggiungere, diciamo, l obbiettivo che ci si è prefissi, diciamo, come tavolo di coordinamento centrale. Adesso io l ho molto intavolata, tutta la cosa, sulla realtà in cui vivo io adesso, però se parlassimo di sviluppo di comunità in un paesino di montagna, in una comunità montana di cento abitanti di cui 50 sono badanti, 50 sono anziani, probabilmente, questo tavolo non potrebbe funzionare o bisognerebbe agire tramite altre peculiarità di quel territorio. Quindi, per quanto riguarda il quartiere e pensare ad un sviluppo di comunità, ad un quartiere di una città media, per esempio, come Parma, secondo me, bisognerebbe partire da delle consultazioni, insomma, fondamentalmente, e poi, dalle identificazioni di alcuni cittadini, in qualche modo sentinella, importanti per quel quartiere e già punti di riferimento, quindi in qualche modo già accreditati in maniera informale dal resto degli abitanti di quel quartiere, partire da loro per andare a raggiungere poi l obbiettivo. È un lavoro molto lento e molto lungo e gli obbiettivi potrebbero, tra l altro, anche modificarsi nel tempo perché, appunto, la società si sta muovendo in maniera molto rapida, per cui degli obbiettivi, che potevano sembrare fondamentali 5 anni fa, adesso ci 119

136 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate sono bisogni nuovi, bisogni che emergono a loro volta su altri bisogni e quindi è fondamentale un monitoraggio, diciamo, sia dei bisogni, sia delle risposte che delle risorse, in continuo, in itinere. 3) Secondo lei, quali sono i presupposti affinché tra le famiglie possano crearsi relazioni positive, orientate alla prossimità? Innanzitutto, proprio come sentimento molto spontaneo, proprio come cittadina, secondo me, in generale al di là delle famiglie, ma anche tra i cittadini, un modo è sicuramente il porsi un po come esempio, cioè essere in primis un cittadino o una famiglia responsabile che si prende in carico delle piccole cose all interno del suo quartiere, all interno della sua classe, gruppo classe, per i bambini, all interno della sua parrocchia (se sei una persona che va in parrocchia); cioè, il primo presupposto è tu stesso comportarti, diciamo, in modo da essere aperto, diciamo, a vedere le differenze degli altri, a vedere che non è il proprio punto di partenza sempre il punto migliore o il punto più giusto di quello di partenza degli altri. Quindi, sicuramente, un apertura, una predisposizione all ascolto dell altro già può aiutare tra famiglie; il partecipare ad esperienze di vita comunitaria, per cui se fai parte di un Associazione, se fai parte di un gruppo classe anche informale, fare parte di un GAS (Gruppo di Acquisto Solidale) cioè ci sono delle situazioni che ti tengono l orecchio più aperto anche a situazioni, magari, diverse dalla tua e se tu, diciamo, aderisci, a queste, partecipi a determinati gruppi o a determinati momenti di vita quotidiana, sicuramente, hai la possibilità di iniziare ad avere oltre che al tuo punto di vista, a vedere anche il punto di vista degli altri; per cui, per quello che riguarda le famiglie, dei luoghi di aggregazione, degli eventi o situazioni anche di piazza, anche sull esterno, di aggregazione anche spontanea e questo si può pensare partendo dall arredo urbano: il togliere panchine significa non aggregare più sull esterno; il mettere dei coprifuochi o l allarmismo di alcuni media può chiudere dei quartieri magari a delle situazioni di aggregazione giovanile, per cui tutti si spostano, non vanno più in quel quartiere, ma vanno in un altro. Quindi, diciamo, una politica culturale, una politica di architettura proprio urbanistica, una politica di sviluppo e sostegno, per esempio, all Associazionismo; quindi dare sedi ad Associazioni, dare possibilità di inter scambiare stesse sedi, magari per situazioni diverse, la gratuità di alcuni eventi culturali, può aiutare le famiglie a partecipare ad alcuni eventi che, altrimenti, rimarrebbero esclusivi ed elitari magari solo per alcune fasce di popolazione. Si, direi questo. 4) In un epoca caratterizzata dal disgregarsi dei legami sociali e dall insorgere della solitudine, quale deve essere il ruolo della famiglia all interno della comunità? Anche qui, appunto, si parte sempre dalla domanda la domanda è posta un po pensando alla famiglia come risorsa, no? La famiglia come già nucleo costituito da una o più persone e quindi riconosciuto in qualche modo dallo Stato, dal Comune, dall Ente, diciamo, pubblico come una risorsa. Io voglio pensare a questa domanda come una famiglia, pur nella sua 120

137 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate problematicità, risorsa. Risorsa nel senso che, di fronte a questi due problemi grossi, che vengono nominati dalle domande, cioè il disgregarsi dei legami e le solitudini emergenti, può, in qualche modo, svolgere un suo ruolo, non solo come singolo cittadino o singola persona, ma anche come nucleo come..potrei dire: come elemento riconosciuto sotto una forma, appunto. La famiglia che ha un suo significato, ha un suo significato dall esterno e dall interno, per quanto riguarda mille sfaccettature e mille elementi. Il ruolo della famiglia all interno della comunità? Il ruolo della famiglia all interno della comunità su questi due problemi, per quanto riguarda la mia esperienza personale, direi che si deve porre, essendo una risorsa, e trovando al suo interno, comunque, delle risposte, sia che, poi, la famiglia di cui stiamo parlando magari è la stessa che in questo momento si sente sola, piuttosto che non ha grandi legami, perché si parla di una famiglia che viene da via, viene da un altra città italiana piuttosto che da un altro Paese e. Si parla di modi di comunicare, ormai, sempre più superficiali, di mezzi di comunicazione che, comunque, ti sembra, ti fanno apparire attento al messaggio che ti arriva, alla richiesta che ti arriva, ma, di fatto, essendo in modalità molto immediate, molto ad uso e consumo, e cancella, e getta, e rileggi spesso, anche chi si sente magari più vicino, chi pensa di aver legato di aver fatto creato dei legami di fatto, permane, diciamo, questo senso di solitudine o di vuoto o di inadeguatezza di fronte a delle situazioni che sono anche sempre più grandi di noi e più evidenti, perché si inizia a vedere la povertà per strada, si iniziano a sentire casi di famiglie o persone molto vicine a noi che vivono situazioni di grosso disagio, come la perdita del lavoro, piuttosto che il non arrivare alla fine del mese, persone anche che avevano una loro posizione sociale all interno, magari, della scaletta gerarchica, qua, cittadina, che, improvvisamente, pur essendo laureate e tutto, non hanno più un lavoro. Quindi, è molto difficile questa domanda, nel senso che alcune cose, alcuni paletti che noi avevamo nel passato e che determinavano una certa sicurezza nel poter arrivare a un certo obiettivo, adesso questi paletti traballano, per cui non siamo sicuri più di tantissime situazioni, che una volta, invece, erano piuttosto tranquille. 5) Il Laboratorio Famiglia come luogo di sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro: quali sono le strategie attraverso le quali i suddetti compiti si concretizzano? Allora, in primis, qui, all interno di questo luogo, il sostegno, diciamo, su tutti questi ambiti, viene fatto con l accoglienza e con l ascolto; quindi, già arrivare in un luogo amichevole, perché qui non ti viene chiesta, diciamo, entrando un iscrizione, piuttosto che non ti viene chiesto l esibire un documento la gratuità di questo luogo già e anche l empatia, diciamo, che gli operatori devono, subito, far scattare e la fiducia con la persona che varca la soglia, già queste caratteristiche, diciamo, aiutano e sostengono, in qualche modo, nell approccio, nel momento iniziale. La persona che entra qua dentro, che, ovviamente, pur essendo mandata in alcuni casi dai Servizi Sociali, non subito esplicita il reale bisogno della sua 121

138 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate venuta in questo luogo o meglio, si paventa dietro a una ricerca, magari, di sostegno nei compiti, piuttosto che sostegno di cura del bambino, perché non si è stati presi nel Nido diciamo, dietro a una richiesta si nascondono poi, di fatto, i veri motivi, magari, o lo capisce anche la persona stessa, nel senso che non ha una visione così alta del suo bisogno, ma si rende poi conto venendo qua che, di fatto, la vera venuta non era dettata, magari, dal problema a scuola del figlio, ma, in realtà dalla ricerca di una rete, piuttosto che dalla ricerca di un luogo di ascolto, o altro, insomma, che poi può avvenire. Per cui, l ascolto e il sostegno, diciamo, iniziale nell accoglienza. Per quanto riguarda i compiti di cura e di educazione, li vedo molto legati all area all area dei minori, piuttosto che degli anziani, in alcuni casi, oppure di alcune fasi della vita, dove uno, anche temporaneamente, ha delle difficoltà legate, diciamo, a questi ambiti. Il sostegno, per esempio, alla genitorialità, dietro alla parola educazione, qui viene immediatamente e in maniera molto informale, perché non sta scritto, magari, da nessuna parte, pensato col fatto che questo luogo, con tutta la sua libertà di accesso, la sua gratuità e il poter venire e assentarsi anche per lunghi periodi, preveda che con gli adulti cioè, l adulto possa venire da solo, ma nel caso di minori, debbano essere accompagnati; quindi, in questo caso, è una maniera, diciamo, implicita di chiedere all adulto di riferimento, nel campo, appunto, educativo, di essere presente cioè, comunque, di condividere quel pezzetto di pomeriggio, quell attività specifica o quella festa con il minore che viene portato qua. Può esservi, appunto, il rapporto nonno nipote, piuttosto che madre figlio, piuttosto che padre figlio, piuttosto che, anche, amica di famiglia che porta il gruppettino di ragazzi però, comunque, c è sempre il riferimento di un adulto, che, in qualche modo, vede anche un modo di operare qua dentro, un modo riflette sulle attività che vengono proposte, capisce nel tempo che non tutto può essere fatto qua dentro, magari, come viene fatto a casa a uso e consumo del prendere una cosa, di gettarla, di accendere il televisore, di spegnere, di aprire un cassetto e farlo svuotare dal proprio figlio o di prendere dieci libri e non leggerne nessuno con delle piccole pratiche quotidiane, come il noleggio di un libro e il doverlo scrivere e poi il doverlo riportare in ordine, oppure di dover pulire tutti insieme alla fine di un attività, piuttosto che di pensare insieme un attività e poi svolgerla e aspettare il momento giusto perché questa cosa avvenga sono dei modi di operare, anche degli operatori stessi che sono presenti; una ritualità, a volte, di aspettare per servire il the a una certa ora e la merenda e poi di svolgere l attività, aspettando, magari facendola anche un po penare, ma aspettando che arrivino tutti gli altri, perché, in qualche, modo ci si aspetta per fare poi quella cosa bella tutti insieme sono delle piccole, assolutamente, situazioni, che danno una visione, diciamo potrebbe essere molto vicina anche a quella di alcuni genitori o adulti che vengono, o potrebbe anche essere, pensando alle diverse culture, pensando anche ai diversi luoghi di riferimento, diciamo, delle persone adulte che vengono, all età, non soltanto, quindi, alla cultura di appartenenza, ma anche alle generazioni diverse che si incontrano qua dentro, molto 122

139 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate scontate per alcuni, invece, molto molto particolari per altri. Per quanto riguarda la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, col fatto che qui dentro l adulto, a parte che in alcune situazioni, come il Laboratorio Compiti, diciamo, è previsto sempre, di fatto, non si va incontro ad un bisogno specifico dell adulto, che, appunto, magari, avendo un lavoro a tipico, piuttosto che avendo una situazione familiare particolare, magari, di doppia cura di un anziano e di un minore, potrebbe volersi avvalere, magari, di una situazione dove il minore rimane e lui se ne va, magari, per occuparsi di qualche altro elemento della propria famiglia di fatto, qua, per quanto riguarda noi, Laboratorio Famiglia in Oltretorrente, diamo una mano, cioè, ma non dal punto di vista proprio pratico dell organizzazione di alcune situazioni; potrebbe essere stato trattato questo argomento in vari momenti di gruppo informale, attorno a una tazza di the, nel senso di gruppi di auto aiuto, molto semplici, molto spontanei, dove, magari, le persone si danno dei consigli, a vicenda, sul come fare ad organizzarsi in alcune situazioni. Sono nati anche delle situazioni di auto aiuto, cioè, un genitore che ritirava due/tre bambini dalla stessa scuola, magari anche di provenienze totalmente diverse, di famiglie anche con estrazioni molto diverse, ma che, nel tempo, si è capito, venendo qua, che questa mamma con due/tre bambini e adolescenti che veniva, dava una mano a conciliare i tempi a un altra famiglia che, invece, aveva lavori a tipici e, quindi, non poteva ritirare il figlio, non avrebbe mai neanche potuto partecipare a queste attività, presso il Laboratorio Famiglia. Quindi, di fatto, già il fatto che un luogo come questo esista può aiutare nella conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, perché, comunque, se tu trovi, all interno dei tuoi gruppi di riferimento, che sia il gruppo classe, che sia il gruppo di lavoro, piuttosto che l Associazione, qualcuno che ti può dare una mano, oppure un secondo luogo, che non sia la tua abitazione privata, ma un luogo pubblico, che, in qualche modo, può ospitarti e, in quel modo, sgravare, sia la persona che sta dando una mano che quella che viene aiutata, in un terzo luogo perché, qui, comunque, le persone che vengono sanno che non sono completamente sole in qualche modo, anche l operatore presente o le altre mamme presenti daranno una mano, sgraveranno sul compito di cura di quella singola che, magari, in quel momento, ne ha tre di bambini, facciamo un esempio con i minori, che sta, in qualche modo, aiutando. Per cui, già solo il luogo, sempre presidiato, che sia da un volontario, che sia da un operatore, secondo me, ha una funzione oltre che politica, nel senso che dietro poi c è un politica pensata in questo senso, una politica sociale di prevenzione, una politica sociale dedicata, appunto, all accompagnamento di alcune problematiche da qui, poi, puoi capire se, magari, parlando di un problema che aveva tuo figlio, qui viene fuori di più, magari hai anche più coraggio di verbalizzarlo questo problema e, se trovi delle competenze in quel momento presenti tra gli operatori o tra le mamme o tra i volontari, potrebbe anche nascere la cosa, che è successa qua, che tu prendi delle decisioni e porti tuo figlio al centro dislessia, piuttosto che porti tuo figlio all interno di un Associazione che organizza determinate cose, perché capisci che ha delle 123

140 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate predisposizioni in quel senso. Diciamo che è un luogo che, sicuramente, crea dei nuovi pensieri, perché, passandoci così tante persone e così tante differenze, secondo me, può aprirti delle nuove caselle, sia come singolo, che come famiglia, che anche dal bambino verso l adulto cioè, questa cosa può nascere anche da un minore verso un adulto. Poi siamo alla cinque 6) In cosa consiste secondo lei una metodologia di rete e attraverso quali azioni pensa che una rete debba essere costruita? Allora, la rete come parola mi dà subito, mi evoca la partecipazione. La rete, appunto, deve essere costruita costituita da diversi interlocutori; devono essere rappresentate un po tutte le differenze del contesto di cui si vuole in cui si vuole operare, in cui si vuole si vuole parlare. Per costruirla, non basta una convocazione, non basta un tavolo comune; ci vuole un luogo, in qualche modo, riconosciuto; ci vuole un capofila di questa rete o più capofila che svolgano già, o che abbiano svolto prima quindi, ci vuole un riconoscimento, che può essere istituzionale, ma che potrebbe anche essere un riconoscimento informale, ma che per quel luogo ha un importanza. È un lavoro capillare; è un lavoro che prevede prima uno studio del territorio, una, appunto, mappatura molto dettagliata del territorio, un interlocuzione con i singoli, appunto, di quel territorio che devono essere, in qualche modo, informati di quello che c è, che si sta mettendo in moto in quel territorio. Ci deve essere la possibilità che per gli interlocutori ci possa essere partecipazione, ma anche non partecipazione, per cui bisogna prendere in considerazione il fatto che anche un non partecipare è, comunque, una risposta e capire, poi, quella non risposta dove collocarla, se ci sono altre reti in essere che si sentono sopraffatte, magari da una rete più o, magari, da un Istituzione che mette in atto una rete che non va a rappresentare tutti, perché ci sono reti costituite istituzionalmente, come i tavoli di zona, piuttosto che come i tavoli anche, magari, nati in alcuni quartieri da tanti anni, che, alla fine sono rappresentativi solo di loro stessi, non prendono in considerazione il cambio, diciamo, della società tutt attorno e i nuovi, quelli arrivati dopo o che, magari, non erano interessati ai tempi a quella rete non si vedono rappresentati vedono queste reti, alla fine, chiuse su loro stesse e non ci parteciperanno mai. Per cui la rete andrebbe ciclicamente, in qualche modo, riaperta riaperta completamente e rimesse in discussione le figure più capofila, perché altrimenti è molto molto difficile che accedano e che, comunque, rimanga completamente aperta, perché ci sono delle reti costituite anche in questo quartiere, piuttosto che anche in questa città, che, di fatto, sì, si chiamano reti, ma prendono poco del nuovo, molto poco. 7) Vuole aggiungere altro a quanto ci siamo già detti? Si, qualcosa, magari, sulla partecipazione sulla partecipazione attiva, appunto, pensando magari alle famiglie che passano da qui, al modo di aggancio dei cittadini, delle persone, che sono fuori e che ci piacerebbe, in qualche modo, coinvolgere, appunto, nella rete del Laboratorio Famiglia. La cosa positiva, fino a questo momento, in questi cinque anni di 124

141 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate percorso, è stata il non essere identificati completamente come una progettualità istituzionale. Quando diciamo, appunto, che i Laboratori Famiglia son dei luoghi informali, questa cosa è molto importante perché, essendo noi legati al Centro per le Famiglie e, in qualche modo, anche all Assessorato al Welfare, potremmo essere pensati anche come un luogo del Servizio Sociale, cioè un luogo di un luogo un po ghetto dove vanno sole le persone che hanno bisogno o le persone che hanno dei problemi. Col fatto della gestione di due Associazioni, diciamo, cittadine e col fatto di operatori che sono in grado, in qualche modo, di porre l aggancio con la situazione, con la persona che viene, in maniera come potrei definirla in maniera non istituzionale, non non riconoscibile, diciamo, dal cittadino o dal terzo, o dalla seconda persona, che entra qua dentro, come un aggancio, in qualche modo, legato, insomma, a quello che è il pensiero comune sul Servizio Sociale, questa cosa, secondo me, ha permesso che in questi luoghi, l avvicinamento di persone molto diverse tra loro, sia come provenienza, come ceti sociali, come grado di istruzione, come anche provenienze territoriali, perché poi, di fatto, anche se i Laboratori sono dislocati in tre quartieri, di fatto, poi le persone si spostano anche da un quartiere all altro su dove sentono di trovare, magari, un affinità più vicina a quello che è il loro modo di concepire lo stare insieme, il grado di amicalità, appunto, tra le persone o la fratellanza, per quanto riguarda, magari persone che hanno delle situazioni comuni fuori dal Laboratorio e poi si vengono qui ad incontrare anche da quartieri diversi. Per cui è molto molto importante sia la modalità, appunto, di aggancio, sia, poi, la responsabilizzazione delle persone che vengono qua e raccontare un po : il progetto, piano piano, per esempio, spiegando che ci sono le due Associazioni capofila, piuttosto che c è anche il Comune, però, le responsabilità, diciamo, sono in capo alle Associazioni; che cos è un Associazione e che di queste Associazioni ne fan parte, oltre le persone che vi lavorano, in qualche caso, appunto, la grossa parte sono dei volontari, quindi, il grado di responsabilità, ormai, tra l altro appunto di storie ventennali di Associazioni che non si sono improvvisate, ma che, comunque, hanno dei percorsi molto lunghi e che, con il tempo, sono riuscite anche a prendersi delle responsabilità con l Ente pubblico, addirittura, nella gestione di luoghi che presidi, diciamo, pubblici, sulla strada, quindi molto visibili, molto anche difficili, in qualche modo, perché il fatto che qua chiunque possa entrare, chiunque possa venire a chiedere e questo può essere molto gratificante, da una parte, molto bello, anche, però anche molto difficile, perché, nel tempo, appunto, abbiamo verificato che le situazioni possono essere infinite e molto diverse tra loro e con presupposti, appunto, di partenza, pensati in un modo e poi, magari, finali molto molto lontani da quello che era, magari, il pensiero iniziale. Quindi, così una riflessione su questo e sulla gratuità, appunto, di alcune parti di lavoro svolte da queste Associazioni, sul tempo della messa a disposizione e proprio dell ideazione, della progettazione di tante cose che avvengono qua dentro e del portarsi dietro quello che è sì un lavoro, per alcuni di noi, per altri, magari, è più invece una 125

142 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate missione associativa, piuttosto che un modo di vedere la realtà in cui si vive, va sì, ci va messo sopra un accento, ci va in qualche modo, bisogna bisognerebbe porci un attenzione, non so. 6. Intervista al soggetto 6 (livello tecnico operativo) 2) Secondo Lei quand è che un intervento può definirsi di sviluppo di comunità? Allora, inizio da quando un intervento può definirsi di sviluppo di comunità, così poi andiamo un po avanti. Allora, quando può definirsi: sicuramente, lo sviluppo di comunità implica, praticamente, che ci sia, ovviamente, una comunità. la comunità può essere intesa, comunque, in svariati sensi; nel senso che vi sono sicuramente delle comunità intese in un senso macro e delle comunità, poi, intese in senso micro. Nel senso che, la comunità di per sé non è una cosa, diciamo, oggettiva, che uno può, in qualche modo, inquadrare all interno di un confine ben definito. È una cosa che si evolve in base anche, ovviamente, alle motivazioni per le quali le persone si aggregano e creano, ovviamente, una comunità all interno di un determinato contesto. Nel senso che, può esserci sicuramente una comunità un po più definita, diciamo, no? All interno della quale, poi, le persone possono entrare a far parte di varie di vari sottogruppi della comunità e si ha a che fare, sicuramente, con con, anche, la capacità, diciamo, di inclusione delle persone all interno di un gruppo, anziché, ovviamente, in un altro, no? Poiché le persone si aggregano anche in base a motivazioni, intenzioni, a stili, anche, di vita, a scelte, a dei valori e tutto questo crea, ovviamente, quella determinata comunità in quel determinato momento. Anche, perché, qualsiasi intervento di sviluppo di comunità deve tener presente un qui ed ora, in particolar modo; poiché, appunto, abbiamo a che fare con qualcosa in divenire e che non è mai statico né, ovviamente, uguale a se stesso e un qualcosa che cambia e si modifica; si modifica anche in base a chi entra a far parte di questa forma, ovviamente, di aggregazione. Quindi, in qualche modo, bisogna, come dire, anche monitorare questi cambiamenti che avvengono, all interno della società; nel senso che, qualsiasi, ovviamente, sia Istituzione che Associazione, che gruppo, appunto, sia di natura di natura commerciale, come ad esempio i commercianti, sia, ad esempio, appunto, di Cooperativa sociale, che vive un determinato tipo di realtà, costituisce, ovviamente, quella realtà e tende, anche, attraverso, voglio dire, la sua azione su quella comunità a modificare, ovviamente, anche che cosa si definisce come tale. È ovvio che, un po per ritornare a che cosa si definisce sviluppo di comunità che cosa lo definisce? Sicuramente è un intervento di tipo sociale, sicuramente volto, ovviamente, in maniera, come dire, abbastanza la finalità, è quella di innescare un cambiamento all interno della società; quindi, in qualche modo, produrre del benessere per le persone che fanno parte di quella comunità ed è anche un discorso, diciamo, in qualche modo, di riduzione del danno, comunque, se lo vogliamo chiamare così una definizione un 126

143 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate po teorica, però riduzione, come dire, di tutte quelle possibili situazioni, come dire, che possono, in qualche modo, evolversi negativamente e, quindi, in qualche modo, tende a essere effettivamente un intervento che va in direzione della, sicuramente, promozione del benessere della comunità e aspetta che tento di, un pò, allacciarmi alle varie cose I: penso che sia emerso anche cosa secondo te è una comunità, che era la domanda che facevo all inizio La domanda che si faceva all inizio definire, appunto, i termini di comunità 1) Per iniziare, Le chiederei di definire i termini: COMUNITA, LABORATORIO, FAMIGLIA Come, in realtà, questa idea di questo progetto è andata, praticamente, a, in qualche modo, autodeterminarsi e a realizzarsi all interno di un progetto così complesso come quello del Laboratorio Famiglia. Parto da un excursus un pochino storico, nel senso che, prima di iniziare, ovviamente, la fase, comunque, un po della progettazione di un progetto che vada, in qualche modo che abbia come finalità quella della sviluppo della comunità, quindi del suo benessere, in qualche modo, si tengono presenti anche tutta una serie di aspetti, come, ad esempio, se vi sono state, ovviamente, delle indagini, appunto, di natura statistica, se vi sono stati già degli studi preliminari, che vadano, in qualche modo, a costruire, bene o male, un quadro di quello che, appunto, è la comunità, il territorio su cui si va poi, appunto, a fare questo tipo di intervento e per fare questo, ovviamente, anche in questo caso, è stato, appunto, valutato, nella fattispecie, in questo progetto, quello che era uno studio che era stato fatto sul nello specifico su questo quartiere, come su altri, riguardante, proprio, appunto che aveva determinati tipi di finalità, di dare proprio una fotografia del quartiere e degli abitanti, e della popolazione, anche delle provenienze delle varie, appunto, fasce della popolazione e di come, in qualche modo, queste fasce di popolazione costituivano, ovviamente, questa comunità e, in seguito a questa cosa, quindi, sono stati, come dire, elaborati tutti questi dati che provenivano, ovviamente, da questo studio anche, per creare un idea progettuale che è un idea che tiene insieme più livelli, quindi, un idea, anche, abbastanza complessa ed ambiziosa, perché tiene insieme un livello, praticamente, che è quello in realtà del Welfare Mix, che in realtà è un livello in cui il nello specifico, l Istituzione, quindi, pubblica, eccetera, in qualche modo, investiva sulla comunità e, quindi, anche sulle Associazioni, ad esempio, di volontariato, sul Terzo Settore delle delle risorse investiva delle risorse che potessero, in qualche modo, produrre un cambiamento positivo e, in questo caso, l Istituzione ha scelto di allocare delle risorse, ovviamente, per far si che, in realtà, le risorse che provengono dal mondo dell associazionismo, che sono, quindi, le risorse umane, di tipo volontario, potessero, appunto, in qualche modo, essere fautrici di un cambiamento di un cambiamento, ovviamente, atteso, cioè, quello che noi ci attendiamo che si realizzi all interno di quella determinata comunità. Quindi, cosa è successo? In realtà, la cosa interessante che si è venuta a creare era anche un livello, diciamo, all interno 127

144 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate del quale, l Istituzione ha pensato, appunto, a questo dialogo, a questa sinergia, col mondo dell Associazionismo, creando, anche, delle realtà di tipo organizzato, come, ad esempio: un Forum delle Associazioni Familiari, a cui supportato da un Forum nazionale, in realtà, delle Associazioni Familiari; la Consulta delle Associazioni, appunto in qualche modo, voluta e, non so, comunque, portata avanti insieme al mondo dell associazionismo e dell Istituzione ha fatto nascere, appunto, da questo dialogo, da questa interazione tra il mondo dell Istituzione e del Privato sociale, ovviamente, delle idee. Queste idee, poi, si sono strutturate, si sono costruite, in modo tale da diventare, effettivamente, un progetto un progetto che aveva, ovviamente, finalità, obiettivi, tempi di attuazione, ad esempio, anche, delle risorse di tipo economico, quindi, un budget un budget molto ben definito da riuscire, insomma, in qualche modo, a rendere, come dire, produttivo e anche, in realtà, la cosa, diciamo, interessante, in questo discorso, era che la Consulta delle Associazioni familiari, già esistente, eccetera già, quindi, dialogante, in qualche modo è stata appunto definita, appunto, come organo, in qualche modo, che potesse anche, diciamo, farsi un po, come dire, carico, avere l onere e l onore di supportare, appunto, dei progetti di sviluppo di comunità e che, quindi, tutte le Associazioni che facevano capo a questa, appunto, Consulta, di questo organismo, in qualche modo, supportassero uno sviluppo sul territorio che portassero avanti dei valori e delle istanze, che sono, proprio, appunto, del mondo, comunque, del sociale e che, in qualche modo, facessero, appunto germogliare determinati tipi di determinati tipi di obiettivi fondamentali. E l altra cosa che, effettivamente, si era riscontrata anche attraverso un analisi, appunto, comunque, del appunto, del territorio, oltre che, proprio, appunto, una sua mappatura, eccetera era stata che venivano fuori, appunto, dei bisogni sempre più emergenti, tra cui, uno fondamentale era quello di far si che le persone uscissero da un isolamento sociale che si era un po creato, per le condizioni sociali, economiche, eccetera e, in qualche modo, ritornassero un po, appunto, a, come dire, aggregarsi e a relazionarsi insieme, quindi, comunque, a creare delle relazioni, appunto, di sostegno, di sostegno reciproco, di sostegno tra persone, tra famiglie, che potessero, in qualche modo, essere, poi, appunto, il volano, appunto, di un cambiamento un cambiamento dell intera, poi, società questa è la cosa fondamentale. Quindi, in realtà, quando, poi il progetto, nella sua fase, poi, appunto, di progettazione e, successivamente, di realizzazione, si è poi attuato appunto, la finalità era quella che le persone ritornassero, quindi, a vivere delle relazioni delle relazioni, quindi, di prossimità, di vicinanza e che, attraverso, anche, il mondo, comunque, dell Associazionismo, che, in qualche modo, costituiva già, appunto, una rete, comunque, preesistente, eccetera potesse, in qualche modo, essere, effettivamente, il propulsore di questo tipo di cambiamento e e per questo, ovviamente, ci si è dati, appunto, degli obiettivi, a breve, poi, anche, a lungo termine, che, in particolar modo, avessero come, in realtà, come finalità, quella, in realtà della di portare le persone a anche a, come dire, 128

145 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate diventare sempre più, appunto, in qualche modo, autonome e indipendenti, quindi ad empowerizzarsi, in qualche modo, rispetto a rispetto alla possibilità anche di, come dire di la possibilità di creare, di creare insieme una comunità che, in qualche modo, producesse, appunto, dei cambiamenti importanti e significativi a livello, anche, appunto, di tutta la società questo poi potrei andare avanti su tante altre cose, perché, ovviamente, le cose sono tante 3) Secondo lei, quali sono i presupposti affinché tra le famiglie possano crearsi relazioni positive, orientate alla prossimità? Allora, sicuramente, il presupposto è che è quello, praticamente, di una conoscenza reciproca e di un riconoscimento, anche, no? Nel senso che le persone hanno, come dire, bisogno di sentirsi parte di qualcosa hanno bisogno, però, appunto, che questo qualcosa che si crea in un determinato momento, in un determinato contesto, poi, possa, in qualche modo, cioè, ritrovarsi, anche un po, nella loro quotidianità, quindi, ad esempio, quello che accade qui, in questo Laboratorio, che, in realtà, è un Laboratorio, poi, alla fine, di idee, di proposte e di incontri, di relazioni, mi vien da dire, possa, in qualche modo, poi, non accadere soltanto qui, perché questo è il contesto deputato a questo tipo di sperimentazione, ma che possa, in qualche modo, avere una ricaduta anche quando anche quando per strada incontro una persona che, appunto, magari, ho incontrato in quel contesto, con cui, appunto, creare una relazione che, appunto, vada oltre il contesto stesso. Quindi, che non debba essere, ovviamente, legata esclusivamente a questo tipo di situazione, ma che possa, in qualche modo, generare qualcosa che ha una vita propria anche al di fuori di questo I: che sarebbe, poi, quell innescare il cambiamento di cui parlavi E si, nel senso che, fondamentalmente, il compito ora esco un attimo da questo (indicando la griglia con le domande) il compito, diciamo, di quello che è anche l operatore sociale è quello, proprio, di farsi di farsi, in qualche modo, proprio propulsore, come dicevo prima, di questo cambiamento, cioè, nel senso di saper gestire, comunque, voglio dire, la realtà, saper gestire, comunque, i gruppi, i bisogni, le istanze che portano e, comunque, le idee, anche, che vogliono portare alla comunità, saper gestire un aspetto di, comunque, in qualche modo, di monitoraggio della propria attività, però, sempre, in base alle proprie finalità e ai propri obiettivi, cioè, nel senso che non può mai essere una cosa che, insomma, è avulsa da questo, quindi lo devo fare rispetto a quello a cui tendo, in realtà e quello, appunto, di, nel momento in cui il gruppo è diventato sicuramente più autonomo e più in grado, quindi, di gestire determinati tipi di situazioni, ma anche tipi di relazioni, fare, sicuramente, quel passo indietro, per permettere, appunto, alle persone, ai gruppi di avere un loro percorso, un loro cammino. Quindi, una volta che ho, come dire, strutturato, appunto, una leadership, gestito, in qualche modo, il gruppo e la sua complessità, come dire, trovare qualcuno che, in qualche modo, continui un determinato tipo di lavoro perché, il punto è sempre lo stesso, cioè, se un domani, appunto, un operatore non ci fosse più, questo 129

146 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate lavoro non deve essere stato, voglio dire, vano; deve aver prodotto qualcosa e, quindi, quello che deve aver prodotto è, sicuramente, che qualcun altro, a modo suo, con un suo metodo, con una sua modalità, si faccia, in qualche modo, continuatore, quindi, di quella che era la finalità, l istanza, portata dall idea, che poi, appunto, è diventata un progetto e, poi, è diventata, quindi, parte, in realtà, di un modo mi piacerebbe pensare di un modo di vivere, di uno stile di vita delle persone. È ovvio che per fare questo ci vuole molto tempo; però ritornando a quello che stavo dicendo rischia di essere un intervista molto lunga! Quali sono i presupposti affinché tra le famiglie possano crearsi delle relazioni positive allora, quello, sicuramente, dicevo dell incontro, del riconoscimento, del condividere, soprattutto le condividere condividere e avere uno scambio relazionale, anche, interpersonale, perché? Perché, nel momento in cui io frequento un posto e in qualche modo lo vivo, eccetera, però lo vivo in maniera, come dire, come un posto, in cui non posso portare il come dire, il mio contributo, non posso portare la mia, appunto, identità, in qualche modo, perché è questo e, quindi, lo vivo in maniera abbastanza passiva; invece, se devo, praticamente, in qualche modo, interagire, con questo contesto che, ovviamente con cui mi trovo a relazionarmi, devo anche, in qualche modo, mettermi in gioco, quindi, in qualche modo, condividere, in qualche modo, relazionarmi, in qualche modo, aprirmi ad altre situazioni, ad altre persone, e anche, l idea, appunto, di mettere, comunque, come dire, in di mettere, comunque, a disposizione, poi, quelle che sono le mie risorse, le mie capacità, è perché, in realtà, appunto, ho creato, ovviamente, anche dei legami che mi permettono di sperimentarmi anche in ruoli differenti in un contesto che, comunque, mi fa un po da sostegno, da rete. Cioè, non mi sperimenterei mai in un contesto che io ritengo, come dire, cioè, distante da me, dalla mia persona, dalla mia identità, dalla mia perché, ovviamente, entrerei a far parte di un qualcosa che non mi appartiene. Quindi, il mio senso, in realtà, di appartenenza a quel contesto, a quelle famiglie, a quella situazione, lo sviluppo, ovviamente, attraverso delle esperienze, comunque, positive, di interazioni, perché qua non stiamo parlando cioè, si certo, ci possono essere delle interazioni continuative e tra famiglie, in questi anni, le abbiamo sicuramente visto; però, alle volte, sono anche interazioni discontinue. Però, se io quella volta che vengo qui, ok? In quel momento, con quelle persone, io la fotografia, la polaroid che faccio di quell istante lì, praticamente, è che mi porto a casa un senso di benessere, di positività, un senso di aver fatto comunque degli incontri, che per me sono significativi, in qualche modo, all interno della mia storia, all interno della mia cornice bene, tornerò in quel posto lì, in maniera, più, sicuramente, piacevole, rilassata e con, anche carica, comunque, come dire, anche di aspettative, di idee, di voglia di propormi, rispetto a quella situazione rispetto a quella situazione in cui, ovviamente, non mi sono sentita, come dire, accolta, non sento che, appunto, delle parti di me un po si rispecchiano in quel contesto, in quelle persone, non sento di aver trovato qualcosa che mi porto a casa dall esperienza, quindi, praticamente, probabilmente, non 130

147 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate rifarò quell esperienza. Quindi, le variabili che, in realtà, possono crearsi per far si che le famiglie, appunto, in qualche modo, si orientino alla anche alla prossimità, alla vicinanza, in qualche modo, al supporto anche reciproco Perché una finalità molto importante, che abbiamo anche perseguito, al di là della finalità, ma un obiettivo, che abbiamo perseguito, era anche quello della, un po, corresponsabilità e della cogenitorialità, cioè nel senso che in questo posto siamo partiti da un discorso in cui, ovviamente, io, giustamente, poiché è un centro aggregativo per famiglie, non posso, praticamente, lasciare il mio bambino e andare, perché non è un baby-parking, eccetera quindi, comunque, far passare il messaggio, a livello comunicativo, che è un posto in cui mi si chiede, in qualche modo, di stare e di relazionarmi, anche a me adulto siamo passati a un discorso, comunque, di sostegno, diciamo, ecco, reciproco, tra famiglie, tra persone, in cui può capitare, faccio l esempio, per essere abbastanza chiara, che la mamma X non possa restare qui al Laboratorio, perché in quel momento ha delle urgenze, delle incombenze da fare al di fuori di esso, e che, magari, un altra mamma, come dire, si proponga, addirittura, di dire bene, per questo tempo, che può essere mezz ora, che può essere un ora, per far si che tu vada dal medico, per far si che tu vada a fare quella commissione, io mi prendo carico della responsabilità di tenere, di tenere, a livello, quindi, del massimo della gratuità, se vogliamo proprio essere all interno di questo di tenere tuo figlio, affinché tu possa, in qualche modo, diciamo, fare, una cosa importante per te e per la tua vita quindi, per quel momento lì, per la tua quotidianità, nel senso che alle volte gli oneri di cura e di accudimento sono tali da far si che le persone, spesso, non possano fare neanche le cose più semplici che per noi, per la quotidianità, sono abbastanza, diciamo, anche scontate. Quindi, si il fatto che appunto il fatto, comunque, di, come dire anche la variabile, appunto, di incontrarsi in un posto che è neutro rispetto a quella che è la mia casa, la mia vita, la mia abitazione, perché, poi, la casa e la vita delle persone sono cose molto interrelate che mi possa incontrare in un contesto, in cui, effettivamente, tutti possiamo, in qualche modo, vederci, stare insieme, ma, appunto, nella gratuità, nell essere, appunto, in qualche modo, anche di sostegno reciproco e solidali tra di noi, è una cosa molto interessante molto interessante, perché al di là della dimensione, proprio dei metri quadri dell abitazione, il fatto che, appunto, io, comunque, mi incontro in in un contesto, come dire, che non è connotato da me, dalla mia storia, eccetera, ma mi incontro in un contesto altro, vuol dire che quello che accade in questo contesto altro è proprio quello che si innesca lì, in quel momento, con quelle persone là, con quel I: si costruisce insieme Nella costruzione nella co - costruzione di quella realtà lì, cioè non è un altra, non è casa mia, non è non posso mettere le sedie come voglio, non posso fare questo, non posso fare quest altro la cosa che io posso fare è stare o, praticamente, qui e, praticamente, il massimo del passivo, anche se il non verbale dice delle cose e star qui e non interagire, che 131

148 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate non è possibile, perché, la comunicazione ci insegna che noi interagiamo in qualsiasi modo, anche stando qui fermi, zitti e muti; quindi, cioè, direi che la cosa, un po, che noto, è che, mentre, all inizio, appunto, l idea di proporre un discorso in cui la gente sta qui, anche, no? Senza fare niente, perché, in realtà, voglio dire, alle volte, non sempre sono occupati in attività, eccetera l idea di dire sto qui, senza avere questa, appunto, come dire, sempre costante smania di dover fare delle cose, ma di dover semplicemente stare nelle relazioni io trovo che non sia una cosa cioè, trovo che sia già un grande obiettivo, cioè, che abbiamo raggiunto, se uno riesce a stare in un contesto, che non è un contesto sempre, voglio dire, come dire sempre anche, come dire, in movimento, nuovo, diverso, e però trovare un suo spazio, trovare una sua dimensione trovo che sia davvero molto importante, perché, magari c è gente che si sentirebbe a disagio. Magari abbiamo visto gente che non riusciva, praticamente, neanche a star seduta perché? Perché, in realtà, appunto, doveva ancora, effettivamente, costruire, tutta una serie di tutta una serie di, comunque, presupposti, anche perché, bene o male, mi vien da pensare, no? Quando noi andiamo, ad esempio, faccio un esempio ora, diventerà lunghissima, mi dispiace quando noi, ad esempio, andiamo in Chiesa o al ristorante, abbiamo già di nostro uno script della Chiesa e del ristorante, cioè, sappiamo già, ancora prima di entrarci in quella Chiesa lì, anche se io non ci sono mai stato, come praticamente, mi devo, bene o male, comportare, un po perché è consuetudine sociale, un po perché, bene o male, abbiamo assimilato degli schemi comportamentali, tali per cui sappiamo che se si va in Chiesa, ad esempio, si sta zitti, se si va, voglio dire, non lo so, in un ristorante, la prima cosa che uno fa, di solito, si siede, insomma queste cose qui le abbiamo già introiettate, fatte nostre, no? E si sono abbastanza sedimentate, tale per cui sappiamo come comportarci nelle diverse situazioni che si presentano. Ecco, la cosa interessante è che quando le persone, invece, accedono a questo posto per le prime volte, effettivamente si, possono avere uno schema, no? Perché, voglio dire, appunto, per consuetudine, eccetera, però, effettivamente, sono anche in una situazione molto nuova, molto diversa dal consueto, in cui devono un attimo e vedo spesso che c è molto un osservazione, uno studio di quello che accade, no? Per capire come, poi, in qualche modo, cercare di introdursi all interno di questa realtà, di questo contesto quindi, è anche modo di, come dire essere un po in ascolto, essere un po in osservazione, vedere quello che accade, per cercare la mia collocazione, per cercare, appunto, di starci, in qualche modo, e di starci anche bene, perché, se no, non ritornerebbero, questa è la cosa che I: anche perché ogni momento che si costituisce, comunque, è un momento diverso, a sé stante, quindi, magari, uno viene il martedì e vede certe cose, poi viene il giovedì e ne vede tutt altre E lo so, non è facile cioè, nel senso che, comunque, le persone, secondo me, hanno molte più risorse di quelle che noi pensiamo, molte più capacità di quello che noi pensiamo solo 132

149 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate che devono poter esser messe nella condizione di far venir fuori queste risorse e queste capacità. Questo, forse, è un posto che, a seconda dei tempi di ognuno, perché non sono per tutti uguali, dà questa possibilità dà la possibilità di trovare, diciamo, una propria una propria collocazione, una propria intesa non come collocazione fisica, ma intesa come all interno, comunque, di questa comunità e il fatto che poi, ad esempio, ne parlino anche all esterno di questo posto e, quindi, altre persone, attraverso una trasmissione anche di tipo orale scoprano, in realtà, questo posto, attraverso un tam tam, eccetera, credo che sia anche un altra cosa molto importante, perché possiamo fare tutti i volantini di questo mondo, ma se io ti dico sono andata in quel posto lì e mi sono trovata bene, tra il volantino e la mia parola, la mia esperienza, perché, quello che ho esperito in quel momento è una sensazione di, comunque, di piacevolezza, positiva, di benessere tra il volantino e quella cosa lì vale ed è più efficace quella cosa lì ma è normale! Si. Perché me lo stai dicendo tu e io, quindi, ho un legame fiduciario con te, mi fido di te, perché ti conosco: è questa la cosa fondamentale, tra l altro. Quando si creano delle belle sinergie? Quando le persone, in qualche modo, anche, si conoscono cioè, se io non ti conosco, come faccio a sapere? Ecco perché dico che molto spesso c è uno studio anche molto accurato, no? Da parte delle persone c è un osservazione; alle volte stanno lì, magari, stanno zitte, guardano quello che fanno gli altri, magari, in qualche modo, imitano quello che fanno gli altri, magari perché? Perché, comunque devono devono comprendere devono comprendere e devono conoscere e se non conosco non comprendo, quindi, prima, devo conoscere e, nel momento in cui, poi, ho conosciuto quello che accade e le persone che frequentano questo posto, eccetera, eccetera, allora, posso spingermi anche ad essere, effettivamente, più proattivo, più propositivo, in qualche modo, a propormi come risorsa; però, se prima non passo attraverso una serie di sai, è un processo. Lo sviluppo di comunità è un processo, quindi, che ha numerose tappe, numerosi stadi. Ovviamente, non può essere schiocco le dita e la comunità si attiva, anche perché devo capire qual è la comunità che si attiva, ribadisco. Perché, in base al discorso che ho fatto anche prima, quindi, si possono creare in momenti diversi, in contesti diversi, molteplici realtà, quindi, molteplici forme di comunità. Quindi, io posso appartenere alla comunità che fa il GAS (Gruppo d Acquisto Solidale), ma, appunto, appartenere, nello stesso tempo, alla comunità dei figli della classe prima della Scuola Cocconi bene: quella è un altra appartenenza, però, io appartengo ad entrambi, cioè, appartengo a più cose in contemporanea a più è una plurima appartenenza: non può essere un appartenenza univoca, quindi, nel momento in cui sono lì, con quelle persone, io faccio e appartengo a quella comunità; nel momento in cui sono lì con quelle altre persone, appartengo e faccio quell altra comunità però, appunto, porto delle cose, sia all una che all altra porto le mie esperienze, porto le mie conoscenze e, quindi, in qualche modo, alle volte, in maniera del tutto inattesa, spesso, no? Per molte persone dice Ah, ma come fai? in maniera così inattesa, le persone scoprono, effettivamente, cose, scoprono di 133

150 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate avere scoprono di avere, anche, appunto, colleghi, amici, che, voglio dire, possono fare delle cose, essere, in qualche modo, d aiuto in determinate cose e quando lo scoprirebbero se non ci fosse questa possibilità? Se non ci fosse questa condivisione vado aventi 4) In un epoca caratterizzata dal disgregarsi dei legami sociali e dall insorgere della solitudine, quale deve essere il ruolo della famiglia all interno della comunità? Questa è una domanda abbastanza importante quale deve essere? È un compito, diciamo, importante, che viene assegnato un ruolo, anzi, importante, che viene assegnato alla famiglia. Ammesso che anche lì ci sia, appunto, un'unica tipologia di famiglia, anche lì ecco, aprirei un ampio capitolo, ecco su che cosa è I: Infatti, avevo chiesto, comunque, di dare una definizione di famiglia, per capire, appunto, qual è il ruolo che, secondo te, deve occupare il tuo tipo di famiglia all interno, appunto, di questa comunità E ma si fa riferimento all idea che io ho di famiglia? Alle famiglie che, praticamente, io vedo? Cioè, a che cosa mi devo riferire? I: a una tua definizione di famiglia Un autodefinizione? Quindi io mi devo definire come I: Una tua definizione Ah, a una mia definizione, ok (torna alla domanda 2) 2) Per iniziare, Le chiederei di definire i termini: COMUNITA, LABORATORIO, FAMIGLIA La mia definizione è che siano persone, quindi, legate o meno, da legami che siano di tipo, appunto, di sangue, familiari, o meno, e che, in qualche modo, appunto, vivono vivono non solo, appunto, in uno stesso luogo, perché sarebbe molto, voglio dire, semplicistico, riduzioni stico dire che, appunto, sono delle persone che condividono un luogo, allora, anche un albergo sono delle persone che condividono un luogo, cioè, voglio dire, no? Ma che condividono, in realtà, delle relazioni, condividono un modo di stare insieme, in realtà, e di fare famiglia perché, a mio parere a mio parere, ognuno porta a questa a questa, diciamo, entità, a questo sistema porta una parte una parte importante e significativa, diciamo, dei propri sistemi. Quindi, il sistema più ampio è costituito da dei sottosistemi che non sono soltanto, praticamente, in realtà, gli individui singoli che compongono la famiglia, ma sono anche, appunto, le interazioni e aggregazioni tra i vari membri della famiglia. Quindi, in realtà in realtà, io posso dire anche di avere delle famiglie, nella mia definizione delle famiglie che sono, appunto, la mia famiglia di origine, la mia famiglia che ha, appunto, il legame di sangue ma posso dire di avere anche una famiglia di adozione e per famiglia di adozione intendo tutte quelle persone che con me hanno condiviso tratti significativi, importanti, della vita, con cui, appunto, io ho interagito, con cui mi sono 134

151 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate scambiata, appunto, delle conoscenze, con cui ho costruito una relazione, con cui, in qualche modo, appunto, mi sono confrontata, con cui ho fatto passare, appunto, anche dei sentimenti, delle emozioni, anche dei messaggi con cui, appunto, condivido, però, ovviamente qualcosa, cioè, nel senso che nel senso che non posso pensare no? Cioè può essere la condivisione effettivamente di un esperienza, può essere la condivisione di uno spazio, può essere la condivisione di un tempo, può essere la condivisione non lo so, di di svariate cose però, tutto questo, in qualche modo e anche di di come, praticamente, appunto, poi, un individuo si evolve all interno di una famiglia. Perché una famiglia non è mai, anche lì, sempre uguale a se stessa ci sono degli stadi di sviluppo, anche, praticamente, della famiglia; quindi, muta e cambia, praticamente, col cambiare di una serie di variabili, che sono variabili individuali, variabili, appunto, interpersonali, variabili di svariato tipo quindi, si la definizione è che ci sono, appunto, dei legami, delle relazioni, che sono date da un fattore biologico, di sangue, e dei legami che sono dati, praticamente, da... effettivamente dalla condivisione della mia evoluzione. E tutto questo insieme fa la mia definizione di famiglia; cioè, tutte queste cose non la fa una cosa soltanto, ma perché non potrebbe essere così perché anche questo posto dove io lavoro, in realtà, è una parte della mia definizione di famiglia, perché io porto questo posto con me lo porto quando vado a casa e porto parte della mia famiglia d origine e della mia nuova famiglia e delle famiglie a cui ho appartenuto quando vengo qui quindi, cioè, è molto complesso è molto complessa la definizione non è una definizione in cui io posso dire no perché sento di appartenere a molte più cose quindi, la definizione è, appunto, l appartenenza a molteplici legami relazionali che non sono, in realtà, semplicemente dati da un discorso da un discorso di appartenenza né da un discorso di sangue né un discorso di luogo. Non so se sono stata chiara I: si, si 5) Il Laboratorio Famiglia come luogo di sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro: quali sono le strategie attraverso le quali i suddetti compiti si concretizzano? Le strategie attraverso le quali tutti questi compiti si concretizzano? Davvero interessante. Allora, sicuramente sicuramente una strategia può essere, rispetto a tutte queste cose, ovviamente mi vien da dire mi vien da dire, un po non solo cioè, non è solo un discorso di agire insieme o di stare insieme. È un discorso di, secondo me, anche, di cioè, stare insieme, ok? Non solo nel fare, tipo, un attività; non solo nel sostenere l altro, appunto, nel tenere il bambino, nel non è solo quello. Cioè, la strategia è far, comunque, in qualche modo, venire, tipo, fuori, ok? Che io non sono solo quello. Cioè, nel senso che: se la persona faccio un esempio: persona X viene qui no? E dice io sono una persona, ad esempio, tipo, una persona migrante, eccetera, eccetera sono qui, ho tante difficoltà insomma, sono molto sola, eccetera, eccetera ok, ok se io mi fermassi a quello che la 135

152 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate persona che è davanti a me dice, mi sentirei abbastanza impotente quindi, cioè, stare questa impotenza non servirebbe né a lui, né a me come operatore, ovviamente, no? Quindi, la strategia è quella di permettere alle persone (che sia una singola persona o che sia una serie di persone) di vedere che oltre a oltre a quello che stanno portando in quel momento, che sicuramente è un bisogno, che sicuramente è una necessità, che sicuramente c è, praticamente, qualcos altro c è qualcos altro; c è un potenziale inespresso: e da qui, voglio dire, anche il discorso, un pò, sull empowerment cioè, ci sono delle risorse: hai delle risorse, hai delle capacità bene bene: qui puoi trovare il sostegno da parte di una comunità nel far sì che quelle risorse e quelle capacità, in qualche modo, vengano fuori e diventino, in qualche modo, anche produttive. Come luogo di sostegno nei compiti di cura? Eh sicuramente come luogo di educazione e conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro? Eh, sicuramente! La strategia già, appunto, della serie bene, incontriamoci (secondo me) qui incontriamoci qui, ma non incontriamoci, praticamente, cioè, tipo, il singolo bambino, con la singola persona, eccetera, ma incontriamoci qui e, in qualche modo, mettiamo anche no? Mettiamo anche sul piatto, condividiamo anche condividiamo anche sia le difficoltà legate, comunque, alla cura, ma sia le cose anche importanti, significative sia le cose che ho appreso dalla mia esperienza di cura, cioè come madre, come padre, come figlio, come a disposizione, anche, voglio dire, degli altri e mi confronto con questi altri può essere una strategia, vincente per uscire da una situazione in cui penso di essere solo che io che ho quel problema, ad esempio e si, se penso che sono solo io, ebbè, allora è finita cioè, della serie, siamo già messi male, perché il problema è più grande di me, magari o la difficoltà che sto affrontando, oppure, il momento, per quanto bello, per quanto importante, eccetera, eccetera, che sto affrontando, però, anche quello è carico di, voglio dire, come dire, di aspettative, di significati, di emozioni anche, però, appunto, magari, da solo da solo, non lo riesco a gestire. Vediamo, se la strategia è: mettiamo, praticamente, insieme mettiamo insieme sia cose positive, che cose negative sia bisogni, sia vediamo cosa viene fuori vediamo cosa viene fuori, perché è probabile che io impari dall altro delle cose su come gestire delle situazioni e che l altro impari da me delle cose su come gestire delle altre situazioni non credo che sia così scontato, perché, spesso, quando dici alla gente eh (della serie) io ho fatto così no? Allora l altro si può sentire subito attaccato e dire ah si, te hai fatto così, però, io ho a che fare con mio nonno, mio padre, che è pomì e non so come fare. Invece, il discorso è, appunto, è va bene, ci troviamo in una conversazione, in una discussione, in cui io sto parlando, appunto, di queste mie difficoltà, oppure di queste mie, appunto, risorse che ho trovato, eccetera, nel territorio, nella comunità, in un Associazione, anziché in un altra persona; ho trovato queste informazioni: bene, allora, le metto lì e le condivido ecco: se per strategie si intende, appunto, questo questa è una delle strategie, sicuramente! Quella di mettere, praticamente, insieme, i vari pezzi e di costruire, appunto, 136

153 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate un puzzle, che, sicuramente, non dia delle risposte preconfezionate, perché, non ce ne abbiamo ma che si costruiscano delle strategie sempre nuove con con le persone, con i loro apprendimenti, con le loro esperienze quindi, magari, a me può sembrare anche una cosa, un po, come dire ah, vabbè, lei ha quel problema lì però... Bene, però, se io domani dovessi avere quel problema lì, e so che la tal persona ha fatto riferimento a quell Associazione lì, anziché a quell Ente lì, anziché a quella cosa lì bene, potrò andarci anch io anche, ho saputo che lì fanno quella cosa lì bene,,, senza che io mi debba trovare nella condizione di, come dire, mostrare che ho, appunto che ho un problema, che ho un bisogno semplicemente, perché le informazioni, in qualche modo, quello che io so viene messo, praticamente, a disposizione di tutti sono patrimonio di tutti, della comunità non è un patrimonio mio, quindi me le tengo lì perché ah non sia mai la condivisione, eccetera quindi, questo individualismo che si arrocca si arrocca e arrocca, appunto, anche, come dire, la detenzione dei propri diritti, no? In maniera così rigida, eccetera anche perché, il punto è questo: se io posso, appunto, in qualche modo recriminare, no? E chiedere, pretendere, in funzione di questi diritti che ho acquisito è perché, in realtà cioè, ci è stato tutto un processo attraverso il quale li ho acquisiti ma anche perché, appunto, qualcun altro, poi, un domani, possa farlo, anche a sua volta I: una sorta di eredità Ebbè, perché se rimanesse una cosa cioè, voglio dire, fine a se stessa, in cui ho io questi diritti e gli altri non ce li hanno cioè gli altri sarebbero sempre molto desiderosi di avere i miei stessi diritti, ma non potrebbero farlo e, quindi, sarebbe una sorta di impotenza appresa perenne: cioè, in cui apprendo che sono impotente perché io non li avrò mai cioè, non può essere così! Quindi non so se ho risposto alla domanda, eh ti dico sulla questione delle strategie poi ne potrei tirar fuori anche altre, perché, appunto, magari me ne vengono in mente anche altre 6) In cosa consiste secondo lei una metodologia di rete e attraverso quali azioni pensa che una rete debba essere costruita? Si, allora sul discorso, praticamente, del metodo, così come, appunto, della questione, anche della della rendicontazione, in realtà, di quello che attraverso le attività si vuol perseguire, cioè, quello che dicevo prima, gli obiettivi e ancora più in alto la finalità la cosa importante è, sicuramente è, sicuramente, darsi un metodo un metodo che, in particolar modo vale la stessa regola di prima, che sia condiviso. Perché il problema è che, molto spesso, uno può avere il suo metodo che è molto bello, bellissimo, eccetera però, nel momento in cui non è socializzato, non è condiviso, è il mio metodo non è il metodo del gruppo di lavoro, non è il metodo dell équipe, quindi, anche nei nostri intenti, poi andiamo a perseguire delle finalità differenti e siccome questo cioè, da come io strutturo questo dipende anche il raggiungimento, appunto, dei miei obiettivi e della mia finalità, c è qualcosa che non va se io non lo strutturo in maniera adeguata a questo 137

154 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate perché, quando io vado a monitorare, quando io vado ad osservare, ok? Lo faccio con un certo taglio, con un certo criterio però, questo criterio non può essere il mio; cioè, non può essere un osservazione soggettiva, puramente, voglio dire, in qualche modo cioè, qualcosa di un minimo condiviso poi su come lo farò, sul fatto che, magari, io guardo più questo anziché quello là, io guardo la gazzetta più così, anziché quello lo lasciamo, magari, alla soggettività. Però, la cosa qualche punto di riferimento di un minimo oggettivo ci deve essere, se no guardiamo anche in direzioni diverse. Ebbe, è molto bello, perché possiamo vedere cose diverse, però, poi ci dobbiamo capire, dobbiamo utilizzare anche un linguaggio comune, perché, se poi finisce con l essere, ovviamente, una rappresentazione, no? Mentale di quello che io penso di aver visto e io posso pensare di aver visto a me sembra una cosa, a te un altra, a quell altro ne sembra un altra ancora.. però se non viene messa insieme e non viene, appunto non c è un momento di riflessione su cui, appunto cioè, una condivisione di questo credo che manchi proprio un pezzo e credo che questo abbia degli effetti poi, anche, sulla valutazione dell efficacia e dell efficienza del progetto. Cioè, nel senso che io cosa vado a valutare, poi? Se io valuto che il parametro X per me è quello più significativo e per te, invece, è Y quello più significativo cioè, ci dobbiamo mettere d accordo e, quindi, si la cosa interessante è che il lavoro di rete, che tutti pensano che sia, voglio dire, un nuovo un nuovo paradigma epistemologico, in realtà non è un paradigma epistemologico, ma è una metodologia, un metodo è un metodo: non è la cornice all interno della quale io mi muovo, è il metodo che io utilizzo per poter far sì che i nodi di una rete, cioè le realtà che io ho definito, con cui ho deciso, ovviamente, di iniziare un discorso, di interloquire per strutturare un progetto, che è un progetto da cui deriva un cambiamento, sia uno strumento di lavoro, in realtà, perché, in realtà, appunto, comunque, il paradigma, la cornice, dovrei già averla definita, quando ho deciso di, come dire, in qualche modo, impostare impostare un discorso su quella che poteva essere, appunto, una domanda, da parte, appunto, di una comunità, oppure su un bisogno, che si è riscontrato in una comunità, su quello che emerge, appunto, da dei dati, non lo so, scientifici, economici, cioè io potrei aver strutturato, appunto, un idea progettuale sulla base di differenti tipi di cose, però, devo avere già chiaro a che cosa devo mirare e, quindi, in qualche modo, devo avere già chiaro quello che si muove su quel territorio, quello che c è, quali sono già le risorse attive e quelle che posso, ulteriormente, attivare, attraverso il lavoro, in realtà, di raccordo, di connessione, tra i nodi di questa rete, ma, perché, i nodi, spesso e volentieri, già un po ci sono il problema è che non comunicano il problema è che non c è una grande informazione, un grande passaggio di messaggi e di informazioni, ma non è che, voglio dire, il punto zero è messo di qua, cioè è un poco quello che, voglio dire, ci può dire qualcuno, che già vive questo territorio, che già ha fatto determinati tipi di esperienze, no? Cioè, non creo niente cioè, creo più che altro cioè, non creo niente di nuovo, perché magari c è già qualcuno che lavora, voglio dire, su 138

155 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate determinate cose, però creo creo, costruisco insieme a queste altre, appunto, comunque, attori sociali costruisco insieme una nuova realtà, perché faccio delle scelte, perché convoco alcune realtà, anziché altre, definisco, quindi, già lì i confini all interno dei quali mi muovo perché già lì sto facendo una scelta netta di chi metto dentro e di chi metto fuori e sulla base di che cosa metto dentro e sulla base di che cosa tengo fuori quindi, allo stesso modo, credo che, anche tornando un po a quello che ci dicevamo attraverso quali azioni pensa che una rete debba essere costruita: la prima cosa è prima cosa, secondo me, è quella di non negare, voglio dire non negare, prima di tutto, l esperienza altrui, secondo me, e di ritenerla veramente importante e significativa cioè, perché, io posso dire a si che bello, tu fai quello, io faccio quest altro cioè, si, ho capito, cioè, a rimaniamo arroccati, come dicevo prima, su delle posizioni, in cui, se io voglio collaborare e mi voglio connettere a te, in qualche modo, e, su alcune cose, vogliamo, quindi, strutturare, voglio dire, la nostra collaborazione, in modo tale che sia, effettivamente, duratura, continuativa, eccetera devo, in qualche modo, riconoscere importanza, anche, a quello che tu fai, a quello che già, in qualche modo, hai messo dentro, per far sì che potessimo iniziare da questo punto qui e andare avanti. Quindi, il riconoscimento, secondo me, del valore e dell importanza del lavoro che, già, alcune realtà fanno sul territorio. Quindi, per me, tu sei un interlocutore al mio stesso livello bene, e, quindi, scegliamo insieme scegliamo insieme che cosa portare avanti e che cosa, appunto, costruire I: quindi, c è prima una conoscenza delle realtà che operano in un territorio e poi, da quella conoscenza, un riconoscimento Si, perché, secondo me almeno, dal mio punto di vista, negare che qualcun altro faccia, comunque, ad un altro livello, un certo tipo di lavoro su un territorio, su una comunità, non credo che porti cioè, nessun beneficio cioè: non credo che porti nessun beneficio, perché si, allora, alla fine ti posso coinvolgere, però il tuo coinvolgimento, se io già, voglio dire, non ti riconosco valore, non ti do, voglio dire, fiducia, non ti riconosco competenze, già siamo su due posizioni a-simmetriche e, quindi, cioè, non può essere così. Può essere che io riconosco la differenza; so che tu fai quel pezzo di lavoro, io, quindi, ne faccio un altro: insieme, possiamo costruire qualcosa che, per tutti, per chi è insomma, fa parte di questa nostra comunità possa essere di aiuto, essere di beneficio. Poi, ognuno può rimanere lì e fare il proprio pezzo, in maniera, cioè, voglio dire però, su qualcosa ci dobbiamo connettere su qualcosa dobbiamo, in qualche modo, strutturare la nostra rete, se no, diventa un, appunto, come dire, un etichetta, un etichetta teorica, in cui io dico che faccio il lavoro, magari, di rete ma, io in quel momento, cioè, non lo sto facendo se non, in qualche modo, mi metto lì, in qualche modo e, anche, come dire, e negozio, contratto determinate cose perché le idee di un altro non sono le mie: e, quindi, quello che per lui, appunto, è la priorità per quella comunità, non lo è per me, non lo è per quell altro, eccetera. Allora, decidiamo insieme: qual è la priorità? Qual è la finalità, no? Allora poi da 139

156 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate là uno nascono delle cose, perché abbiamo negoziato i significati su cui andiamo poi ad intervenire, a fare l intervento. Se no, io credo bo, non lo so.., poi questa è una mia opinione: se ognuno parla la sua lingua e non ci capiamo, non dobbiamo neanche stupirci, a mio parere perché non ci stiamo capendo, perché tu stai facendo quel pezzo, in maniera, voglio dire, solipsistica io faccio quest altro e facciamo tutti si! È importante, perché non dico di no non è è importante, però, sarebbe anche bello che, insomma, anziché dire ogni volta ah, ma noi non lo sapevamo; ah, ma noi non avevamo conoscenza; non sapevamo che quella cosa era lì; non sapevamo che c era sarebbe bello dire bè, un po so; non tutto, pochino; un pochino so, perché, in qualche modo, c è questa interazione dialogica, c è questo dialogo, c è questa apertura. Poi, dopo, voglio dire, ognuno magari continuerà per la propria strada su alcuni aspetti; però, ci saranno degli aspetti su cui ci I: cammineremo insieme Esatto, si! 7) Vuole aggiungere altro a quanto ci siamo già detti? Potrei aggiungere altro e altro ancora, però non è il caso per te Egidio! Potrei andare avanti per delle ore non è proprio il caso, ecco vedi un po tu perché, se vuoi, ti faccio tutto un discorso sui volontari; ti faccio tutto un discorso sul fatto dell associazionismo perché, io ritengo che un altro valore importante di questo progetto è anche il fatto di come si sia strutturata, alla fine, una una sinergia, ma anche una collaborazione sugli intenti, quindi sulla finalità, di due Associazioni, che sono molto diverse, per statuto, per mission, per definizione, per quello che portano avanti e come, in qualche modo, siano riuscite a trovare dei punti di connessione sulla finalità. Perché, non è che una è cambiata in funzione dell altra, eh? Cioè, non è che, voglio dire, Liberamente, è diventata è diventata, più, voglio dire, cioè, più simile a Famiglia Più, o Famiglia Più è diventata più sim no! Sono rimaste diverse però su qualcosa: il focus della questione, l investimento delle risorse che, ribadisco, sono risorse, ovviamente, costituite dagli operatori, ma anche risorse volontarie, ma anche, appunto, quindi, risorse umane, ma anche le Presidente stesse, voglio dire, sono una un valore alla cosa, per la loro differente esperienza e ha permesso, comunque ha permesso, comunque, questa costanza nel tempo; perché, magari, altre due Associazioni, non lo so, avrebbero trovato il modo di, come dire di dileguarsi; avrebbero trovato il modo non andiamo d accordo, non siamo uguali, se il criterio era, io, praticamente, mi devo rispecchiare in te, partivamo male cioè, voglio dire no, no, no! Io resto uguale a me stesso, però troviamo, appunto, dei modi di collaborare su questa finalità qui, su questo progetto qui I: quindi, già questo, magari, è un esempio di fare rete, di riconoscersi E si! Assolutamente parte da questo, già da questo cioè, dal fatto che Allora, a suo tempo, tutta la Consulta era stata, voglio dire, messa perché le riunioni, voglio dire, 140

157 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate abbiamo partecipato anche noi, eccetera, al corrente del fatto che c erano delle idee progettuali ma quali realtà, Associazioni hanno creduto? Perché era stata data a tutti la possibilità, tutti quelli che facevano parte della Consulta, la possibilità di attuare questo tipo di progetto. Chi ha creduto? Chi ha preso l onere e l onore? Ma anche chi ha creduto, effettivamente, in qualcosa di, potremmo dire, anche un po di visionario, di immaginifico no? cioè, nel senso che, quando un progetto nasce, alla fine, non sai mai dove ti porterà, poi, nel tempo si, puoi avere chiare, voglio dire, le cose che ho detto prima però, non puoi sapere come si evolverà nel tempo, perché, voglio dire, per quanto uno possa avere una capacità di previsione, è un po limitata, no? Perché dipende anche dall aspetto poi potrei fare anche un appunto sul budget, su tutto il resto, no? È che anche lì, voglio dire, si doveva arrivare a una forma di compromesso, anche su quello, anche rispetto alle risorse sia risorse umane che, voglio dire, alle risorse finanziarie, e anche lì è stato un processo cioè, non è che avviene tutto così ci mettiamo insieme e facciamo il progetto no! Cioè, si è dovuti passare attraverso delle fasi, che credo che siano fisiologiche, evolutive. Non si può prescindere, proprio perché non siamo la stessa cosa! Siamo due cose diverse, quindi dobbiamo cercare un linguaggio, per capirci. Ora, voglio dire, non è che non ci siano i momenti, in cui, voglio dire ci sono ci sono situazioni di confronto, eccetera, e però, voglio dire, ci si confronta, riconoscendo riconoscendo il valore della differenza. Questo, a mio parere. Poi, sui volontari, un altro inciso piccolo inciso sui volontari un inciso sui volontari è molto interessante, perché, attualmente, come dicevo precedentemente, ci sono tre differenti tipi di volontari. Un volontario semplice, un volontario conduttore dell attività, o, comunque, responsabile dell attività, e un volontario che, come ti dicevo, può essere, appunto, il cittadino attivo, no? Ecco, noi abbiamo, attualmente, dei volontari, tra virgolette, semplici semplici perché? Perché hanno trovato la loro motivazione hanno trovato il loro soddisfacimento nell essere delle persone che supportano, in qualche modo, l attività degli operatori, le attività che avvengono che hanno trovato il loro motivo di essere, appunto, nel come dire anche nell interazione no? Tra le persone o, comunque, tra le famiglie che ci frequentano. Quindi, in qualche modo, voglio dire, davanti, comunque, alla questione, cioè, di una motivazione, magari, appunto, di un bisogno personale, in qualche modo, si sono messi in gioco e hanno messo a disposizione il loro tempo, le loro energie e le loro risorse, comunque, per supportare ad un livello, in cui, magari, non si sentono pronti ad essere, diciamo, più attivi, più attori, diciamo, della scena, nel proporre attività, eccetera ma che, comunque, risponde risponde a delle loro a delle loro motivazioni, a delle loro aspettative. Quindi, in qualche modo, abbiamo visto anche un modificarsi rispetto a questo, perché c erano persone che fino ad oggi non si sono mai proposte di essere fautrici di un attività, quindi, di un momento di incontro, aggregante, che, adesso, in un percorso di crescita, dicono si può fare! si può fare e, quindi, siamo passati, magari, dall essere 141

158 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate volontari, come dire, si semplice però anche essere si potrei diventare anche la persona che, insomma, si mette a disposizione, perché ho delle risorse e voglio, voglio dire, metterle a disposizione di tutti, a conoscenza di tutti, perché no? Poi abbiamo avuto sempre dei volontari conduttori di attività. Questi conduttori di attività, anche loro rispondono a delle motivazioni, a delle esigenze, a dei bisogni, voglio dire, di natura personale, di natura filantropica, di natura di varia natura, ecco! Però, il punto non è tanto quello: è vedere, come, nonostante tutto, ci sia una grande costanza nel tempo, perché, in tutte le esperienze di volontariato, in qualche modo, si arriva a un momento in cui c è un momento di, come dire, di stallo, un momento, un po, di incertezza, se continuare, non continuare, ma qual è ancora la mia motivazione come posso rimettermi in gioco, perché ormai questo ruolo mi sta un po stretto oppure io non ho più il tempo, non ho più le energie, le risorse ecco, è bello vedere come, comunque, se un po, effettivamente, motivati a modificare alcune modalità, alcune i volontari, in qualche modo, si mettono in gioco si mettono in gioco, anche, pensando a come ristrutturare la loro il loro ruolo, la loro idea: cioè, magari, io, fino a questo momento, sono stata, appunto, una cosa e ho fatto questo ruolo qui, eccetera, eccetera conducevo l attività però, magari, mi potrei giocare anche in un altro ruolo magari, appunto, si posso continuare questa cosa, perché mi piace, perché mi dà soddisfazione, perché, pèr me, insomma, è quello che ho sempre fatto nella vita, magari, no? Però, posso fare posso anche ristrutturarmi e pensare anche ad altro, proporre anche altro, vedere c è la possibilità c è la possibilità di poter fare poter fare altro, ma fare altro, non solo rispetto a me, ma anche rispetto anche a portare avanti, magari, appunto, delle istanze, dei valori, delle idee.. poi, potranno incontrare, appunto, le idee di qualcun altro e insieme potremmo costruire nuovi mondi, nuove cose però anche quello è un percorso, è stato un percorso cioè, non è avvenuto tutto così, rapidamente, come si può ben vedere ci sono stati dei tempi c è stata, appunto, comunque, sempre una motivazione nel far sì che, insomma, le persone le persone potessero, come dire al di là che ci sono, ribadisco, dei momenti di stallo, di frustrazione e, anche, un po di impotenza rispetto ad alcune situazioni ma che potessero trovare dei nuovi stimoli, dei nuovi modi di essere. Per quanto riguarda il cittadino attivo, ne abbiamo qualcuno e, sì, sono persone che, effettivamente, magari condividono, appunto, l idea, condividono il progetto, eccetera, ma che, in qualche modo, preferiscono non coinvolgersi eccessivamente no? In questa responsabilità, in questa continuità e, quindi, sostengono, comunque, il progetto, perché, in qualche modo, sono legati anche, effettivamente, all idea e, comunque, al discorso di essere, effettivamente, di aiuto, in qualche modo, alla comunità però, lo fanno ad un altro livello: lo fanno dicendo metto a disposizione le mie competenze, il mio tempo, sulla base di quello che posso, coinvolgendomi, però, non in maniera così responsabilizzata, autonoma e anche continuativa cioè, coinvolgendomi su alcune cose e magari non su altre. E questo sì abbiamo avuto persone focalizzate, magari, su un determinato tipo di compito, di obiettivo, 142

159 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate eccetera, no? Che portassero avanti pezzi importanti, significativi, però che, per motivi personali, familiari, di varia natura, preferiscono, effettivamente, stare in una relazione di questo tipo, in cui ti sostengo, ti supporto, però mantenendo anche una mia autonomia nel definire come ecco. I: ok, ti chiedevo ancora solo due cose che, secondo me, non sono molto chiare: secondo te, che cosa si intende per Laboratorio? torna alla domanda 1 1) Per iniziare, Le chiederei di definire i termini: COMUNITA, LABORATORIO, FAMIGLIA Laboratorio lo potremmo chiamare anche officina delle idee, lo potremmo chiamare anche in altri modi fucina lo potremmo chiamare in vari modi, no? Io intendo una sperimentazione cioè, non un progetto sperimentale, una sperimentazione: cioè, io sperimento sperimento delle cose sperimento delle cose all interno di questo progetto. Quindi, l idea è essere un qualcosa di sperimentale I: quindi, dove anch io cittadino posso venire e sperimentarmi, in un certo senso; dove chiunque può sperimentarsi. Si, cioè, un luogo, che non è un luogo fisico, ma un luogo anche mentale, perché, io ribadisco, quando vado fuori poi ce l ho dentro, quindi, l ho fatto proprio. Un luogo che posso definire un luogo del quotidiano, un luogo in cui avvengono delle cose avvengono delle interazioni e in cui nascono relazioni, nascono idee, si consolidano dei legami, ne nascono dei nuovi si! Un posto in cui io mi posso sperimentare I: l ultima cosa era sul ruolo della famiglia, appunto, all interno della comunità torna alla domanda 4 4) In un epoca caratterizzata dal disgregarsi dei legami sociali e dall insorgere della solitudine, quale deve essere il ruolo della famiglia all interno della comunità? Il ruolo della famiglia il ruolo è molto importante, perché, effettivamente, porta avanti, al di là di un discorso valoriale perché, allora, cioè, voglio dire, ci sono anche altre forme di organizzazione che portano avanti, appunto, un discorso valoriale ci possono essere delle Associazioni, che possono essere, appunto, forme religiose, forme politiche, eccetera cioè, nel senso che i valori vengono portati avanti da svariati, voglio dire, attori. Anche la famiglia, dal canto suo, è, in qualche modo, portatrice, a mio parere, di risorse, portatrice, comunque, come dire, di bisogni, ma portatrice anche di valori, portatrice di ricchezza quindi, quello che porta alla comunità è una grande ricchezza. Proprio perché, come dicevo prima, è plurima e differenziata, porta notevole ricchezza alla comunità; ovviamente, è un valore non monetario, non riducibile a però, porta praticamente del valore, che è un valore relazionale, un valore di sostegno anche, sociale è un valore molto importante, a mio parere, perché, in realtà, uno ti mostra praticamente che, al di là dei diversi tipi di famiglia no? Che ho citato prima di famiglia che ci possono essere, che tu non sei da solo e 143

160 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate che sei comunque importante per qualcuno che sei importante per qualcuno, perché vieni visto da qualcuno, cioè, sei nella testa di questo qualcuno che siano i tuoi, appunto, famigliari, che sia questa famiglia che, insomma, può essere il Laboratorio Famiglia, che sia un altra famiglia che può essere, voglio dire, quella del tuo appartamento con gli studenti oppure dell Associazione da cui vai a fare volontariato, eccetera però, loro sono importanti per te, tu sei importante per loro, perché loro, ovviamente, vedono delle cose in te, ti vedono, cioè, sei tu sei tu con la tua identità, con la tua complessità, ribadisco, con le tue risorse, con quindi, credo che sia molto importante perché, appunto, si costituisce la famiglia costituisce, comunque, una comunità in cui le persone sono tenute a mente, tenute in conto, viste cioè, non sono più quel nessuno che incontro per strada cioè, tu mi riconosci, ma mi riconosci perché, comunque, appunto, sono presente nella tua testa, non solo fisicamente davanti a te cioè non so se mi son spiegata: è un concetto un po forse troppo complesso però il discorso è questo, cioè: se io fossi un estraneo che passo di là e nessuno mi vede, nessuno mi riconosce, eccetera bene, quanto io sto incidendo nella vita degli altri, in questa comunità, in questa società alla quale appartengo. Questo è il grosso problema, a mio parere, che si ha spesso, praticamente, con le persone straniere non ne parliamo quando non hanno i documenti che, tra l altro, appunto, è molto più complesso perché, appunto, sono, come dire, trasparenti cioè, non si vedono ma in realtà esistono quando io io mi chiedo: quando si è fatto, appunto vabbè l ultimo censimento già ha messo un attimo ha ritarato il tiro però, i precedenti: quando si fa finta che quando io vado, praticamente, a guardare la densità della popolazione no? Di quanti membri è composta la popolazione e vado soltanto a vedere quanti sono i residenti e quanti sono basta, vado a vedere solo i residenti ho detto, cioè, è un dato parziale, perché ho detto una minima parte delle persone che abitano, che vivono, in quel territorio tutti gli altri dove sono? Non ci sono? Perché se non ci sono, sono io allora che li vedo, perché, cioè, ci sono e come no e vivono in quel territorio lì quindi non posso, voglio dire, far finta che l altro non esiste. Cioè, devo dire bene, ci sono dei residenti, delle persone domiciliate, ci sono degli studenti fuori sede, ci sono delle persone straniere che hanno, appunto, magari non hanno né domicilio, né residenza, o che ce l hanno da un altra parte, dove hanno preso la residenza per motivi X, quando sono venuti in Italia o perché sono rifugiati politici e la residenza la prendi, voglio dire, nel posto dove ti danno lo status non lo so cioè: è tutto questo, cioè, il punto è proprio questo, secondo me cioè, nel momento in cui, appunto, io esisto, bene, divento un interlocutore, appunto cioè, te devi parlare con me, perché, se esisto, sto dicendo con la mia esistenza, sto affermando qualcosa, cioè, che non puoi far finta che io non esista quindi devi prendere in considerazione anche il mio punto di vista, ti devi confrontare anche con me no? Stavo rispondendo alla cosa della famiglia sì porta al fatto di essere visti, di essere tenuti in considerazione, all interno della comunità di essere, appunto, in qualche modo, nutriti dalla comunità lo vogliamo dire 144

161 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate così? È un termine psicologico molto nutriti dalla comunità o, comunque, nutrire la comunità? bi-direzionalmente? Io nutro questa comunità attraverso, appunto, non solo economicamente, ma anche attraverso il fatto che veicolo dei valori, dei significati e delle risorse metto dentro delle cose e tutto questo va a costituire la comunità. 7. Intervista al soggetto 7 (livello tecnico - operativo) 1) Per iniziare, Le chiederei di definire i termini: COMUNITA, LABORATORIO, FAMIGLIA Allora, comunità, laboratorio, famiglia. Molto interessante. Allora, per comunità è una bella domanda perché occorre chiedersi quale comunità, dal momento che può essere declinata in varie maniere. Quindi, qua tu intendevi nel senso proprio più generale o la comunità a cui ci rivolgiamo noi? I: in senso generale, secondo il tuo vissuto, il tuo sapere, il tuo punto di vista, poi se vuoi declinarla In generale, ok. Allora, in senso più generale è un insieme di persone, di individui che condividono qualcosa, che può essere un sistema valoriale, che può essere un appartenenza geografica; nel nostro caso specifico, ci rivolgiamo, in primis, al quartiere, quindi c è una definizione di tipo territoriale, che, effettivamente, è molto arbitraria, però bisogna pur partire da qualcosa. C è da dire che lo stesso individuo può avere differenti appartenenze a livello di comunità, perché può far parte, appunto, di una comunità territoriale, una comunità religiosa, una comunità dovuta al suo genere, e, quindi, può essere declinato in modi molto differenti. Diciamo che, sì, vedo l aspetto della condivisione di un sistema di valori, di credenze, il tratto, forse, che, in generale, può essere più caratteristico del concetto di comunità quindi, sì, di questo tipo, ecco. Il laboratorio il laboratorio intendi il laboratorio a livello, anche qui, da Zanichelli, o il nostro Laboratorio? I: dal tuo punto di vista Ok. Allora, il laboratorio è un luogo dove si sviluppano si sviluppano cose, si sviluppano idee; quindi, è un luogo di creazione, di condivisione questo lo intendo in senso proprio più ampio, quindi anche un laboratorio teatrale ha queste caratteristiche, dove le persone si incontrano e si crea uno scambio, si crea una creatività condivisa per arrivare a un certo obiettivo. Per quanto riguarda noi, penso che sia pertinente come termine che, a suo tempo, è stato scelto, anche se in un altro contesto politico, in un altro contesto storico, ma lo trovo ancora attuale, perché, comunque, in questo luogo, c è la possibilità di sviluppare, a partire da mille cose differenti di sviluppare dei processi nuovi, dei processi creativi, inteso intendendo la creatività come la capacità di applicare determinate soluzioni, appartenenti a un contesto, a un altro contesto, quindi di riuscire un po a scavalcare gli ambiti. Ti dicevo, 145

162 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate a partire da differenti cose, differenti persone, differenti realtà, giungere a qualcosa di nuovo tutti insieme. Quindi, il termine laboratorio mi piace perché lo vedo molto legato a una dimensione di processo, più che al raggiungimento di un obiettivo, perché, come ci siamo detti, il laboratorio può poi essere proprio applicato a diversi dalla scuola al tempo libero. La famiglia. Bene: questa è una questa è la domandona, perché guarda ha già questa è la domanda che, a livello politico, sociale, dà luogo a mille interpretazioni e a diversi soggetti che, letteralmente, si scannano su questo termine. Allora, la famiglia, secondo me, è un luogo un luogo relazionale, perché non sempre c è una corrispondenza fisica di coabitazione delle persone che fanno parte di una famiglia. È un luogo, soprattutto sociale, dove diverse persone, non sempre legate da legami di sangue si offrono reciprocamente un sostegno, una condivisione, una condivisione di l ho già detto questo una condivisione, appunto, di pensieri, di modi di essere e questo avviene sia a livello orizzontale, quindi fra pari o all interno di una coppia, per esempio, sia in verticale, quindi a livello intergenerazionale, quindi tra genitori e figli, fra nonni e nipoti. Siamo in una società in cui dare una definizione più stringente rischia di essere, a mio avviso, una quasi una scappatoia per gli addetti ai lavori, in cui tu una volta che tu, addetto ai lavori, hai dato la tua semplificazione di famiglia, ti sei semplificato il lavoro; invece, aimè, non è così, perché non possiamo basarci semplicemente o solamente o ritenerla una caratteristica necessaria, una una questione, diciamo, di legame con valore legale, come può essere il matrimonio, o meno, e con questo andare a escludere altre realtà, che hanno caratteristiche di famiglia, ma che non vogliamo includere te l ho detto, a mio avviso, forse anche per una questione di semplificazione da parte di chi ci lavora. Poi c è tutto un aspetto, nella definizione di famiglia, appunto, come ci dicevamo rispetto al discorso sulla comunità, di natura valoriale, di natura storica, che non si può prescindere da questo tipo di discorso, però, a mio avviso, non ci si può neanche far limitare da questo. I: quindi come luogo relazionale non intendi un luogo appunto, mi dicevi, che non intendi una coabitazione Non necessariamente un luogo fisico; è ovvio, la coabitazione facilita i legami, la condivisione della quotidianità facilita la creazione di legami, però, non penso che per dire, io e anche te non viviamo più con la nostra famiglia d appartenenza ormai, siamo venuti via da anni, però, non per questo, non è più la tua famiglia; non c è più questo tipo di legame molto forte. Penso che i tuoi genitori, come i miei, come quelli di qualsiasi persona che va vivere altrove i genitori rappresentino sempre un punto di riferimento importante, anche se non c è più la dimensione della coabitazione; fanno sempre parte, invece, delle relazioni più importanti della tua vita, quelle proprio le prime, le più essenziali. E, quindi, sì penso sia proprio un discorso più di condivisione di valori, di idee, di reciproco sostegno, reciproca solidarietà nei confronti degli altri membri della tua famiglia, che non un discorso strettamente legato al vivere nella stessa casa o all avere un legame legalmente 146

163 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate riconosciuto. Poi, certo, c è tutta la dimensione del riconoscimento sociale della famiglia, cioè, che cos è che viene socialmente riconosciuto come famiglia e questa è, secondo me, una questione ancora, tutt ora, aperta, perché, a seconda delle appartenenze, della comunità di riferimento a cui ti rivolgi, questa definizione può cambiare molto e può essere, quindi, vista come famiglia una cosa che in altre comunità, in altri contesti, non è vista come tale. Poi, noi, come Laboratorio, per mettere insieme tutti e tre i termini, cerchiamo, appunto, di lasciare questa definizione il più aperta possibile e questo perché le nostre finalità sono di natura inclusiva, cioè di creare un integrazione tra vari soggetti individuali, insomma, associazionistici, e via dicendo e questo significa, per creare una vera integrazione questa non avviene da una definizione stringente, dove poi gli altri si devono adeguare, perché tu così non crei né un inclusione, né un integrazione tu crei, semplicemente, un omologazione o un omogeneizzazione, chiamala insomma, poi anche su questo ci sono varie scuole di pensiero in base a quello che tu hai deciso come definizione di famiglia, di comunità, eccetera. Invece, un vero processo di integrazione e di inclusione tu lo ha nel momento in cui tutti i soggetti coinvolti sono disponibili a ri attribuire il significato alle cose e, quindi, vuol dire che tutti si mettono in gioco, disposti a perdere qualcosa di quella che è la loro posizione individuale, ma anche per guadagnarne qualcosa dalla diversità degli altri e dalle posizioni degli altri e, allora, sì che crei una nuova realtà, veramente condivisa, se no, anche qui, è molto semplice dire le cose state così, quindi voi vi adeguate, così ci siamo tutti integrati. 2) Secondo Lei quand è che un intervento può definirsi di sviluppo di comunità? Anche questa è una super domanda. Allora. Quand è che un intervento può definirsi sviluppo di comunità? Allora, questo è un discorso molto ampio. Diciamo che lo sviluppo di comunità, e, quindi, ne deriva un intervento che rientra all interno di questo modo di operare, ha determinate caratteristiche, che prevedono, appunto, anzitutto un coinvolgimento cioè, credo sia l elemento imprescindibile un coinvolgimento e partecipazione da parte degli appartenenti alla comunità a cui ti stai rivolgendo. Da questo punto di vista, vuol dire che gli interventi che si vengono a creare possono essere si può partire anche qui per semplificare di due tipi: interventi calati dall alto o interventi che nascono dal basso; poi anche qui, appunto, si tratta del discorso del bottom up e del top down. Gli interventi calati dall alto, a noi ci piace chiamarli sviluppo di comunità, ma, secondo me, non è che sono proprio sviluppo di comunità; laddove, un amministrazione o un altra entità, che desidera fare sviluppo di comunità, dall alto decide, rilevando in maniera, di fatto, arbitraria, perché nel momento in cui il soggetto decide auto nomante quali sono i criteri con cui rileva i bisogni, diventa un processo un po autoreferenziale, a mio avviso decide quali sono i bisogni e decide, quindi, quali sono gli obiettivi che si pone e decide con quali strategie risolvere la cosa: ecco, in questo caso, si vede che, talvolta, vengono definiti come sviluppo di comunità questi tipi di interventi, ma sono, forse, 147

164 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate interventi rivolti alla comunità, in cui la comunità è il tuo target, ma non è uno sviluppo di comunità quindi però, sono degli interventi che, da un punto di vista organizzativo, gestionale, burocratico, sono estremamente più semplici. Invece, un processo di vero sviluppo di comunità, a mio avviso, deve prevedere la reale partecipazione degli individui appartenenti alla comunità a cui fai riferimento. Questo cosa significa? Pone apre la strada a tutta una serie di quesiti estremamente importanti, che sono, quindi, chi detiene il potere all interno di questo intervento I: cioè, chi lo attiva, chi lo promuove? No, no, no non solo chi lo attiva, chi detiene il potere? Perché nel caso più classico: è l Amministrazione o sono i cittadini? A chi spetta l ultima parola all interno dell intervento, che poi tu poni in essere? Chi decide come strutturarlo? La questione del potere è, secondo me, un passaggio del potere e chi lo detiene è un passaggio che, secondo me, non si può illudere all interno dello sviluppo di comunità, così come, ne derivano, appunto, la definizione dei bisogni, la definizione degli obiettivi e del tipo di interventi che tu vuoi porre in essere. E si apre anche la questione, strettamente connessa a quella del potere, di quale ruolo hanno i committenti, quindi, mettiamo un Amministrazione, però, può essere, appunto come ti ho detto, anche un altro Ente, che si propone di procedere a un discorso di sviluppo di comunità. Quale ruolo ha e quale ruolo hanno gli operatori, a vario titolo, a vari livelli, all interno dell intervento? Quindi, secondo me, occorre porsi anche questo tipo di quesiti nel momento in cui tu definisci un intervento di sviluppo di comunità, se lo vuoi, effettivamente se vuoi che effettivamente rientri nello sviluppo di comunità, se no, va bene lo stesso, però è altra cosa. Il coinvolgimento, appunto, avviene avviene in modi differenti; ci sono, a volte i casi, laddove le istanze partono effettivamente dal basso, di cittadini che, in vario modo, si auto organizzano, creano comitati, creano situazioni, però che spesso sono molto orientate alla rivendicazione: non di rado, ecco, prende piede questo tipo di di iter, l auto organizzazione dal basso, e questo perché il bisogno che questi cittadini identificano e che, quindi, pongono in un ottica di rivendicazione, spesso per loro è molto pressante, quindi non c è molto l occhio della negoziazione e della conciliazione c è molto l idea del io ho bisogno di questo, tu Comune mi devi dare questo e viene spesso viene posta in questi termini. Quindi, in questi tipi di processi, è necessario, laddove partano in questo modo, quindi partire dal basso è necessario, secondo me, riuscire a affiancare queste persone che, comunque, hanno avuto lo spirito di organizzarsi, di porsi un quesito, non a livello individuale, cioè io ho bisogno di questo, ma a livello più collettivo e questo, comunque, lo ritengo apprezzabile. Riuscire ad affiancarsi a loro, però, senza l ottica dell esperto che ti viene a spiegare il tuo problema, perché non è assolutamente produttivo come approccio; riuscire ad affiancarsi a loro in modo tale che venga ben definito il problema in tutte le sue sfumature, in tutti i suoi livelli e che, quindi, diventi si formi all interno di questo collettivo, chiamiamolo così, un effettiva idea progettuale, che 148

165 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate quindi non sia la mera rivendicazione, ma si crei un contesto dove si capisce come arrivare a questo obiettivo, quale ruolo hanno i diversi attori che, quindi sono coinvolti quindi, non solo noi X cittadini chiediamo, tu Comune rispondi, punto. No, effettivamente qual è il ruolo di tutte queste persone e che cosa possono fare e quali risorse la comunità ha già a sua disposizione per iniziare a rispondere al problema I: la comunità ampia o In questo caso dipende anche dal tipo di problema che ti viene posto, perché, alcune volte, non è neanche necessario coinvolgere una comunità più ampia. Parlavamo del del discorso, appunto, il collettivo, l Amministrazione, ma, banalmente, può anche essere il super condominio che ha una serie di problemi e continua a telefonare all amministratore tu me lo devi risolvere : è una piccola comunità anche quella, che ha tutte le sue dinamiche e deve riuscire un po a venirne fuori senza pensare che l autorità dall alto ti fornisca la soluzione al problema, perché, ormai, siamo entrati, secondo me, in una dimensione a livello proprio sociale, e questo è frutto di anni e anni e anni di politiche sociali, che hanno dato questa che hanno creato questa credenza, che, in fondo, l Ente, l Istituzione, il Servizio Sociale, nella fattispecie, sono lì per fornirti qualcosa, quindi, si è creata negli anni una visione molto assistenzialista. E, quindi, dopo anni che c è questa visione, non trovo strano che, dall altra parte, quindi dal basso, dalla cittadinanza, dal collettivo che si forma, si crei un ottica di rivendicazione, perché se tu mi hai educato dalla nascita che tu mi fornisci, a richiesta, mi dai risposta e mi fornisci e si, poi, si crea questa dicotomia qui da cui non è semplice uscirne automaticamente, non è così semplice. Laddove, invece, ci siano interventi di altro tipo, forse più frequenti, diciamo un po più calati dall alto, una situazione più di questo tipo, secondo me, appunto, è necessario evitare di incorrere in quello che ci siamo detti prima, cioè, io penso, io gestisco, io definisco, io faccio e poi sono stato tanto bravo che ho fatto lo sviluppo di comunità ed è un errore in cui è facile incorrere, come ho detto prima, sia per una questione di semplificazione, per una questione economica, per una questione burocratica, perché, a volte, è molto più semplice che lo stesso soggetto si occupi di tutto; invece, coinvolgere altri soggetti implica una serie di richieste di permessi, richieste di autorizzazioni pensa anche solo laddove è il Comune che organizza un evento culturale e laddove, invece, è un gruppo di cittadini che richiede un certo tipo di evento: immaginati l iter dei permessi da richiedere che cosa ne può venir fuori. Da questo punto di vista, quindi, un po si scade in questo tipo di cose per semplificazione e, un po, ci si scade per ciò che ci siamo detti prima, relativamente a chi detiene il potere, chi decide, perché richiede molto coraggio da parte di un Amministrazione porsi in un ottica più paritaria nei confronti dei cittadini che vuole coinvolgere; cioè, darli effettivamente, concretamente, la possibilità di decidere, di coinvolgerli e poi accettare la decisione presa e questo non è non è da tutti, non è semplice e, appunto, come ho detto, richiede un certo atto di coraggio, ecco, perché, nel momento in cui poi i cittadini non te le 149

166 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate mandano a dire, te lo dicono nei denti che, insomma, gli interventi che hai fatto non sono andati bene devi essere anche in grado di accettare tutto questo e di riuscire, comunque, a porti in un ottica propositiva. Relativamente a questo, però, ci si chiede quale, effettivamente, ruolo può avere il committente, l ente proponente, l Istituzione, insomma poi, penso all Istituzione, in fondo, perché questo contesto qui si rifa a quello un po rimaniamo con questi occhiali qui. Quale ruolo quindi può avere e, nella fattispecie, quale ruolo hanno poi gli operatori, perché, poi, comunque, l Ente è un termine astratto, in concreto ci sono gli operatori a lavorare e quale ruolo? Il ruolo, a mio avviso, deve essere quello di riuscire a affiancare la comunità che tu coinvolgi affiancarla, sostenerla e facilitare il processo con cui si giunge a una determinata progettualità, tenendo conto che, appunto, una parte fondamentale dell intervento di sviluppo di comunità non è tanto il raggiungimento di uno specifico obiettivo cioè, mettiamo il lampione in mezzo alla piazza: non è tanto quello, quanto il processo attraverso cui tu giungi a questo obiettivo. Quindi, il coinvolgimento, i processi decisionali, come avvengono, e, quindi, gli operatori devono avere la capacità, da un lato, di tenere le fila di ciò che sta avvenendo, per evitare che il gruppo si disgreghi, perché poi è facile che subentrino derive, subentrino posizioni che, poi, i soggetti interessati hanno difficoltà a conciliare, quindi sono tutte cose che poi nelle dinamiche dei gruppi accadono quindi, riuscire un po a tenere fila di questo; però, dall altro, riuscire anche a fare un passo indietro e permettere alle persone coinvolte di essere gli effettivi protagonisti di questo cambiamento. Quindi, non è l operatore che interviene, ti dice cosa fare, ti dice come farlo, ti dice cioè, ti dice tutto e tu esegui e tu, cittadino, esegui, ma non è così assolutamente, se no, anche qui, diventa altra cosa. Cosa ne pensi? I: si si Ok. I: esaustiva Troppo esaustiva? Ok 3) Secondo lei, quali sono i presupposti affinché tra le famiglie possano crearsi relazioni positive, orientate alla prossimità? Questa è molto bella come domanda. Famiglie e relazioni positive e la prossimità. E qui, secondo me, si pone cioè, un pochino si pone aspetta, rileggo la successiva perché forse allora questa cosa che mi è venuta in mente è più pertinente per la successiva. Ok. No, allora, ne parliamo dopo di questo. Allora, quali presupposti affinché tra le famiglie possano crearsi relazioni positive, orientate alla prossimità. Diciamo che, appunto, le famiglie, come abbiamo detto prima, che risentono di una definizione molto ampia, presentano numerose istanze anche di natura, proprio, meramente pratica, che alcune alcune riguardano, in senso più lato, tutta la cittadinanza, la società pensa a presupposti di natura proprio urbanistica, dei trasporti capisci che, nel momento in cui tu progetti 150

167 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate degli interventi, non ti puoi esimere dal tenere in considerazione anche queste cose; fai poco di orientato alla prossimità, se le famiglie a cui tu ti rivolgi vivono a chilometri di distanza l una dall altra, perché il territorio è, magari, un territorio di provincia, esteso e immagina le campagne, le fattorie. Quindi, ti devi porre il problema del come si vedono, che entra un operatrice del Laboratorio; l intervista si interrompe Ti dicevo: quindi, ci devono essere presupposti di natura proprio logistica, che facilitino tutto questo se tu vuoi che, non lo so che le mamme con i bimbi si relazionino in modo informale, così, molto auto organizzato, non puoi pensare una città dove non ci sono parchi gioco, perché, logisticamente, diventa poi difficile, allora devi creare strutture altre che suppliscano a questa carenza. Quindi, da un lato c è tutto un discorso, veramente, molto più ampio, sulla logistica; dall altro, si si tratta di riuscire a creare situazioni, a creare contesti, che facilitino la partecipazione delle famiglie, anzi tutto; quindi ci sono che facilitino la partecipazione delle famiglie con tutte, in particolar modo, le loro specificità ed eventuali carichi che possono avere, perché ci sono famiglie con carichi di cura molto gravosi e, se tu vuoi creare una rete di prossimità intorno a loro, non ti puoi esimere dal considerare il carico che, nella fattispecie, hanno e, quindi, esistono molte specificità. Che cosa si può fare? Si può creare occasioni di incontro, di socializzazione, di scambio che, tenendo conto, appunto, di tutto quanto ci siamo detti, quindi di queste necessità logistiche di quello che le famiglie hanno bisogno per partecipare quindi, fatto salvo quello, occasioni di incontro e di socializzazione, dove le famiglie possano incontrarsi e possano vedersi reciprocamente, come portatrici di un sapere, che può, reciprocamente, quindi, in modo più solidaristico, rispondere a bisogni che altri hanno. E, in questo caso, per fare un esempio molto molto semplice, non sempre è necessario chiamare l esperto di turno nel gruppo di neo mamme penso a delle neo mamme che sono al primo figlio, che è un momento, secondo me, molto, molto stressante, nella vita di una persona e di una coppia, perché devi ridefinire te stesso, devi ridefinire il tuo ruolo, devi ridefinire la sua vita nell interno, perché si crea un livello di complessità molto, molto diverso rispetto a quello che vivevi precedentemente; e, quindi, penso a una situazione in cui, non sempre è necessario contattare l ostetrica, contattare il pediatra, contattare l esperto e, quindi, medicalizzare o istituzionalizzare qualsiasi cosa, quando forse sarebbe più semplice e creerebbe anche una sensazione di maggiore auto efficacia nei genitori avere la possibilità di condividere l esperienza con altri genitori, che ti permettono di normalizzare ciò che sta accadendo che, quindi, è normale che un bimbo abbia le coliche, non sta morendo, non gli sta succedendo niente di grave: è una fase, che fa parte, appunto, dei primi mesi di vita di un bambino, e va avanti anche poi, di più, quindi, se tu hai contatti con altri genitori che già ci sono passati, che già ti riportano la loro esperienza, fa sì che quando ti accade questo non pensi andiamo all Ospedale, perché capisci che ciò che sta accadendo è un processo naturale. E, secondo me, questo deve essere molto molto incentivato come modo di porsi, 151

168 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate come processo, perché, in senso più ampio, da un punto di vista sociale, si anche questo, nel corso degli anni, si è creata sempre una maggiore settorializzazione, si è arrivati a patologizzare eventi della vita che sono naturali, per cui, la gravidanza non è una malattia, il parto non è una malattia, la menopausa non è una malattia, perché ti stanno proponendo anche questo; se tu vai a vedere da un punto di vista, proprio sarebbe interessante per un analisi sociologica: iniziano a proporti farmaci per la menopausa, cioè, tu donna ti senti triste perché i tuoi ormoni stanno calando? Prendi questa pastiglia e starai meglio quando è un evento naturale che per secoli c è stato e, insomma, sono sopravvissute tutte, non è successo niente di grave a nessuno. E che cosa succede? Che, quindi, quelli che sono, a volte, processi naturali, li vivi come una malattia e si crea un clima di sempre maggiore solitudine, sempre minore confronto tra le persone; laddove tu vedi che ciò che vivi lo vivono anche gli altri, ti rassereni un pochino, ti rendi conto che quello che ti sta accadendo è perfettamente naturale. E, quindi, quali presupposti per riuscire a far sì che si crei questa prossimità, queste relazioni positive, che sono relazioni di condivisione, di empatia, di sostegno reciproco? I presupposti che devi creare sono situazioni in cui, in modo informale, quindi, laddove le persone non si sentano oggetto di studio, non si sentano giudicate nel momento in cui esprimano una loro perplessità, esprimano un loro bisogno, un loro disagio, ma anche molto semplice, come ti dicevo, il mio bimbo ha le coliche ; quindi, creare, sì, situazioni di informalità, perché, laddove tu crei situazioni più formali con l esperto, che risponde alle tue domande, che è importante avere quello, però, ricadi molto in quello che ci siamo appena detti, cioè, secondo me, in realtà, vai a incentivare la solitudine della persona, perché io ho il problema, io sento l esperto, l esperto mi risponde, la cosa si chiude lì tre settimane dopo, un altro problema, sento l esperto, la cosa si chiude lì! Però, in realtà, io non estendo la mia rete di conoscenze, non estendo i miei legami di prossimità, rimango sempre io con i miei problemi e, di volta in volta, contatto l esperto di turno; quindi, è la dimensione di informalità che, secondo me, facilita questo clima positivo, che poi crea le relazioni. Poi, può essere opportuno che, all interno di questo clima di informalità, ecco, ci sia qualcuno che faciliti le relazioni, perché non sempre le persone sono così spontaneamente disposte a mettersi in gioco, a lasciarsi andare, quindi qualcuno che un pochino crei, ma anche all interno della situazione di informalità stessa, faciliti questi processi; però, ecco, che il tutto avvenga in modo molto naturale, molto spontaneo. 4) In un epoca caratterizzata dal disgregarsi dei legami sociali e dall insorgere della solitudine, quale deve essere il ruolo della famiglia all interno della comunità? Ecco, questa secondo me è una domanda bellissima, questa mi piace, questa te l approvo! Questa mi piace, perché è la famiglia nella comunità. Allora, oltre a un discorso molto semplice della famiglia come primo nucleo all interno del quale cresci, eccetera, eccetera, secondo me c è, invece, di molto importante da tenere conto di un elemento che la famiglia porta, per sua natura, con sé e che risulta avere delle ripercussioni sociali, quindi 152

169 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate all interno della comunità, molto importanti, che è il fattore della coesione all interno della famiglia; perché un alto livello di coesione familiare è quello che proprio, in primo luogo, riesce a rispondere alle necessità e a creare la prima socialità infatti, vediamo che il discorso della disgregazione dei legami sociali parte, a mio avviso, in primis, da una disgregazione dei legami familiari e, quindi, noi vediamo che quelli che sono i soggetti che ora vengono definite le nuove povertà, le nuove fragilità, nascono anche in contesti, dove uno degli elementi, non l unico uno degli elementi, perché poi c è anche un discorso relativo alla tendenza di vivere al di sopra delle proprie reali possibilità e via dicendo; però, uno degli elementi, a mio avviso, è un discorso di coesione familiare, perché, laddove una coppia si ritrova a non avere il lavoro, quello che è sempre accaduto, in primis, è che uno si rivolgeva ai genitori. La realtà dei fatti è questa, cioè, i primi ammortizzatori sociali in Italia è sempre stata la famiglia d appartenenza; che cosa accade? Che ci sono sempre più persone che, in realtà, non vivono più col proprio nucleo di origine ci ritroviamo a nuclei familiari sempre più piccoli; pensiamo un tempo, quando c erano le famiglie, in cui nella stessa casa vivevano nonni, genitori, zii cioè, c erano più generazioni che condividevano lo stesso tetto, con legami di parentela, molto più ampi: adesso i nuclei si sono molto ridotti; abbiamo famiglie uni personali, famiglie monoparentali e capisco che, laddove c è una famiglia monoparentale, nel momento in cui viene a crollare l aspetto lavorativo e non hai più questo punto di riferimento, che poteva essere un alto tasso di coesione familiare che anni fa c era, cosa succede? Che vai ai Servizi: è questo quello che accade e non ci sono più né le possibilità economiche, né le caratteristiche per poter rispondere a tutte queste domande; la realtà, a mio avviso è questa non ci sono più le risorse, che un tempo ci raccontavamo di avere, e sono cambiate le richieste. Per esempio, si pensi al fenomeno migratorio: non è che sono più bisognosi; semplicemente, forse, non hanno una rete d appoggio, che la, tra virgolette, tradizionale famiglia italiana ha a disposizione. Come ti ho detto, nel momento in cui tu hai necessità, la prima cosa che pensi è vabbè, sentiamo la mia famiglia, la famiglia del tuo compagno, così se può darci una mano ; queste persone non hanno qui la loro famiglia a chi chiedono? A chi possono chiedere? Laddove poi sei qui da poco tempo, non hai avuto occasione, come ci dicevamo prima, di crearti delle relazioni che estendano i tuoi legami sociali, veramente c è una dimensione di solitudine molto forte, a cui non sai far fronte e a cui l instabilità, che si è creata a livello più ampio, diventa difficile da fronteggiare da soli. E, quindi, sì: partire dalla famiglia per fare un lavoro sulla comunità, ritengo sia molto importante e questo è un elemento di cui occorre tenere conto, la coesione familiare, all interno della quale rientrano poi soggetti che possono fare da traino all interno della comunità; che, quindi, per varie ragioni penso a quelle che possono essere le coppie di pensionati, che, magari ancora, quindi, tutto sommato, riescono a fronteggiare il clima economico che c è invece di pensarli come soggetti che hanno concluso il loro periodo produttivo, quindi il discorso lavorativo si è 153

170 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate concluso, e considerarli un carico per la società, una spesa, per cui io ti pagherò la pensione fino a che vivi, invece possono essere portatori di risorse, di saperi, che hanno accumulato nel corso del tempo e che possono essere rimessi in gioco all interno della comunità, per aiutare, invece, altre persone che si trovano, invece, in una dimensione di maggiore difficoltà, a fronteggiare la situazione, proprio per essere, proprio terra, terra, banali, banali; appunto, la signora pensionata che, però, magari, ha vissuto il dopo guerra sa come fare economia in una casa, perché in gioventù si è trovata a dover fronteggiare questa situazione, forse può dare consigli utili, invece, ad una famiglia, che ci si ritrova ora, per altre ragioni meno infelici di una guerra, ma che, comunque, creano poi ripercussioni sociali molto importanti lo stesso, a riuscire a gestire l economia familiare in modo più snello, in modo più economico, rispetto a quanto non siamo, in realtà, abituati a fare; noi siamo abituati a comprare cose che non ci servono, a usare prodotti in modo improprio, perché potremmo produrre le stesse cose in modo più semplice a casa, ma, in realtà, abbiamo perso la capacità di farlo e, quindi, non dico che viviamo di precotti, ma poco ci manca potrebbe, ecco, essere una possibilità: riuscire a creare una collaborazione, una sinergia tra famiglie, per fronteggiare la situazione in cui ci stiamo trovando, ecco prenderla un po come un opportunità di rinnovamento. I: ok quindi, cioè, potrebbe essere una famiglia che fa un po da ponte tra l individuo e la comunità, come ruolo della famiglia? Si ogni famiglia può avere ecco, molteplici ruoli nella misura in cui io famiglia, che ho un bisogno molto specifico, posso ricevere aiuto, sostegno da un altra famiglia in questo settore, ma io, a mio volta, posso essere portatrice di un sapere, di una competenza, che mi aiuta che mi permette, di essere di aiuto a un altra famiglia; quindi, creare, tra virgolette, una circolarità, che è più una rete ecco, perché, poi, comunque, ci sono vari nodi che si intersecano; immagina le famiglie come i nodi di una rete, in cui quindi ogni famiglia può avere delle delle necessità, a cui deve rispondere, ma, allo stesso modo, può farsi promotrice di benessere di un altra famiglia, perché la signora anziana, di cui dicevamo prima, può magari vivere una dimensione di solitudine, e, invece, magari, ogni tanto, avere la visita dell altra famiglia con i bimbi, che, un po, ecco, rallegrano il clima familiare, quindi permettono alla persona di sentirsi nuovamente utile di sentirsi nuovamente collocata nella società. Noi abbiamo molte persone che, in realtà, non si sentono chiaramente collocate a livello sociale; abbiamo creato una società in cui tu sei tale, perché consumi, perché produci, e la tua definizione è data dal consumo che fai, non da ciò che sei nel momento in cui tu smetti di fare tutto questo, perdi un identità; abbiamo creato luoghi che non sono più luoghi, sono privi di significato: noi non diamo più significati alle piazze, se non come serie di san pietrini su cui cammino per arrivare alla destinazione quindi, cioè, abbiamo creato un forte clima di anomia. E, quindi, qual è il nostro compito, a partire dalle famiglie per poi arrivare alla comunità? E ridare insieme significato ai nostri luoghi, 154

171 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate significato alle nostre esistenze; quindi ridefinire, fermo restano, come ci siamo detti prima, che questo significa anche mettersi in gioco e significa essere disposti a cedere qualcosa di ciò che siamo per ricevere qualcosa di nuovo e valorizzare la diversità di tutti e questo è un passaggio che non è sempre facile nelle comunità, perché se tu vai a vedere, penso, ecco, a una realtà specifica che può essere proprio quella nostra del Laboratorio e dell Oltretorrente che, sì, da questo punto di vista, può essere un vero e proprio Laboratorio, nella misura in cui tu hai, in questo quartiere hai persone che vivono qui da tutta la vita, che hanno, quindi, visto tutto l evolversi di Parma, della città, del quartiere. Però, di contro, questo è diventato anche un luogo dove, non di rado, un immigrato viene a vivere, non di rado, vengono a vivere gli studenti, quindi ci sono anche numerosi flussi proprio dall esterno della città, che portano un loro vissuto, una loro cultura, una loro serie di valori. Che cosa può accadere, da questo punto di vista? Cioè, c è proprio i due estremi di un modo di porsi che può assumere la comunità locale, che, da un lato, è quello che viene definito proprio localismo difensivo, cioè, qui le cose sono sempre state così e devono rimanere così, il quartiere è sempre andato avanti così, quindi, chi viene da fuori o si adegua o è l estraneo, il diverso, e non va bene; oppure, c è un discorso più di localismo estensivo, più disponibile, quindi, a integrare tutto ciò che arriva dall esterno per creare una nuova realtà, quindi, come ci siamo detti prima, non inclusione, nel senso di omogeneizzazione, ma inclusione, nel senso di ridefinizione dei posti, ed è un clima molto più fecondo, molto più positivo, perché è quello dove chiunque può trovare un suo ruolo e trovare una sua collocazione, una sua dimensione, che, effettivamente, lo faccia sentire come membro di una comunità, come appartenente a questa realtà, e che soddisfi questo suo bisogno; comunque, il bisogno di appartenenza è uno dei bisogni umani, insomma, più importanti, ecco. I: Ok 5) Il Laboratorio Famiglia come luogo di sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro: quali sono le strategie attraverso le quali i suddetti compiti si concretizzano? Allora, il discorso dei compiti di cura lo trovo, tra virgolette, più pertinente per il discorso del Portico (l altro dei tre Laboratori Famiglia presenti in città), però, comunque, anche per quanto riguarda noi, magari, delle cose le possiamo dire; educazione, ok e poi facciamo un discorso anche sul discorso educativo; conciliazione tra tempi di vita e di lavoro che cosa intendi con questo? [ ] chiarimento rispetto alla domanda: la conciliazione non è menzionata nell attuale Convenzione tra il Comune e le due Associazioni, ma in un documento ufficiale, pubblicato nel 2010 (sia in cartaceo che on line) Allora, mettiamola così: se tu mi intendi conciliazione tra tempi di vita e di lavoro in senso nel senso proprio più ampio del Welfare, non è una cosa di cui noi ci occupiamo, nella 155

172 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate misura in cui noi qua non gestiamo Servizi che possano facilitare questo tipo di conciliazione; se, invece, la intendiamo in senso più ampio, dove il Laboratorio può essere luogo, dove attraverso la creazione di relazioni, attraverso la creazione di un clima di prossimità e di solidarietà reciproca si si creano i presupposti per cui una famiglia può, avvalendosi del rapporto con un altra famiglia, riuscire più facilmente a conciliare i propri tempi di vita e di lavoro, in questo caso, può accadere qualcosa del genere, cioè, nella misura in cui è accaduto, talvolta, che famiglie che si sono conosciute qui, che hanno iniziato la loro relazione qui, hanno creato una relazione di cura reciproca dei figli, tale per cui, magari, le famiglie si sono trovate facilitate in questo aspetto della loro vita. Quindi, se me lo intendi come risvolto, diciamo, che può nascere all interno del Laboratorio, questo sì, può anche accadere, però proprio come Servizio offerto alle famiglie, per facilitare questo, ci sono altri progetti del Comune che hanno avuto questa finalità e che ci sono tutt ora, ecco; però, penso al progetto che hanno fatto, che si chiama Una casa in più? E quello? Quello sulle un po sulle tagesmutter, ecco quello lì quello rientra proprio nella definizione più ferrea di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro; poi, se la vogliamo intendere, appunto, in senso molto più ampio, in senso più lato, vabbè, questo sì, cioè. Ma anche il sostegno nei compiti di cura, nella misura in cui noi qui non forniamo un servizio che ti assiste nella tua quotidianità e, quindi, ti offre un sostegno nella cura del tuo carico di cura mi sto ripetendo troppo mi sono incartata! Ma si crea una situazione in cui tu, in effetti, qui puoi, facendo ricorso alle risorse che le altre famiglie rappresentano, trovare, magari, una risposta ad alcuni tuoi bisogni che rientrano in queste categorie. Invece, il discorso dell educazione lo trovo molto interessante, molto pertinente, partendo da un presupposto entra una frequentatrice del Laboratori; l intervista si blocca Allora, ti dicevo, luogo di educazione e quali strategie. Allora, partiamo da una premessa, che ritengo necessaria, giusto per per avere chiaro quale senso, poi, dare al mio discorso, intendendo l educazione proprio nel senso etimologico del termine; cioè, educazione viene da e-ducere, tirare fuori, e questo è, a mio avviso, un luogo ideale dove fare questo cioè, il Laboratorio, questo luogo, è il luogo ideale dove porre in essere l educazione intesa in questo senso: cioè, trarre dalle persone, aiutarle a far emergere da loro le loro qualità, le loro competenze, le loro conoscenze, ciò che di positivo hanno, ciò che hanno in termini di risorse. E si riconduce, quindi, un po, a un metodo maieutico, quindi di sollecitare la persona a esprimere. entra la coordinatrice del Laboratorio; l intervista si blocca Stavamo facendo il discorso sull educazione e sul metodo maieutico, che lo ritengo, ti dicevo, molto pertinente pèr questo contesto e molto pertinente nello sviluppo di comunità, proprio come metodo di lavoro, laddove, quindi, l operatore facilita nelle persone un emersione delle loro caratteristiche, delle loro qualità, delle risorse, e, quindi, che cosa 156

173 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate accade? Che tu poni in essere un intervento educativo, nel momento in cui tu adotti questa strategia, perché, comunque, è un intervento educativo e questo, secondo me, si ricollega a un passaggio che c è nella Convenzione, laddove si parla di creare occasioni strutturate per la socializzazione, eccetera, eccetera, eccetera e questo perché, secondo me, si rientra proprio nel campo educativo, laddove l intervento educativo è, appunto, strutturato cioè, strutturato, nel senso più ampio del termine, cioè, è sempre un intervento ben determinato: non è casuale,è intenzionale l intervento educativo è sempre intenzionale, cioè tu lo poni in essere per raggiungere un obiettivo ben specifico, non si fanno le cose a caso, ecco, tutto qui! E, quindi, nel momento in cui tu crei un occasione di socialità, giustamente, in questo ambito, la percezione deve essere quella di un occasione informale, però, ciò non toglie che nel momento in cui la organizzi, tu la strutturi a caso; non basta fare entrare dieci persone e pensare che da sole si relazioneranno reciprocamente e la giornata andrà bene e poi qualcuno deciderà di fare un attività, no non è così, non accade questo. Occorre, quindi che ci sia ecco, questo è un passaggio molto importante un intenzionalità in ciò che accade ed è anche uno dei passaggi che, secondo me, distingue fortemente l operato dell educatore, dell operatore, dell animatore chiamalo come vuoi, perché anche su questo, se vuoi, si può aprire un discorso, che, in parte, abbiamo anche già fatto sulla figura che si trova qua all interno e un volontario, perché, mentre l operatore ha chiaro qual è la finalità dell intervento, l intervento è intenzionale, è continuativo nel tempo e si basa su certi presupposti, quindi su una lettura dell ambiente, una lettura del contesto, diciamola così, in senso più ampio, poi poi si può aprire il capitolo su che cosa osservare; però, diciamo, si basa su una lettura del contesto, sulla base della quale tu poni in essere un intervento voluto, intenzionale, per il raggiungimento di un obiettivo specifico, utilizzando metodi consoni alla situazione, che può essere, appunto, i classici metodi di gestione di un gruppo, però cioè, tu hai consapevolezza di tutto questo processo, che ha una finalità e avviene in modo sistematico e continuativo. Quello che, invece, può fare un volontario, nessuno ci si aspetta che faccia questo, perché, se no, diventa un lavoro; il volontario che cosa fa? Ti può supportare in questo; può fornire le sue competenze; può trovare in questo luogo, a sua volta, per se stesso, un luogo di socialità, un luogo di creazione di relazioni e può inserirsi, in maniera positiva e attiva, in questo processo; però, ecco, non ci si aspetta che ci sia non si pretende che ci sia una piena consapevolezza di tutto questo. Se tu vai a vedere tutti i volontari che abbiamo, che, magari, vengono a proporre delle attività, nessuno pretende da loro che facciano una puntuale analisi del contesto in cui vengono a operare, che pongano in essere attività che hanno finalità ben precise; cioè, fanno quello che sanno fare, propongono agli altri, si mettono a disposizione e gli altri partecipano, partecipano volentieri, però, ecco, è una dimensione un po diversa, altrimenti, secondo me, si rischia anche che poi ci sia una confusione di, una sovrapposizione di diverse cose. Vediamo un attimo se ci può essere altro in questo senso 157

174 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate sì no, no direi che non lo so, cioè, tu vuoi chiedermi qualcosa, c è qualcosa che secondo te ci si può tornare dimmi pure, non ci son problemi I: no, no. è chiaro: cioè, educazione, quindi creare occasioni strutturate, affinché l intervento riesca davvero a tirar fuori Si, si educazione intesa proprio, come ti ho detto, a livello etimologico, quindi, intesa in quel senso, perché l educazione non è ma a livello proprio in vari ambiti, dal pedagogico allo psicologico il concetto della tabula rasa, dove io immetto la mia conoscenza, ecco, diciamo che, fortunatamente, è sorpassato; quindi, l educazione non è dire agli altri cosa devono fare, cosa devono essere o instillare conoscenze personalmente, la intendo più, a livello di metodo di lavoro, come catalizzare nella persona i processi per i quali riesce a far emergere gli elementi positivi che porta, di cui a volte non è consapevole, perché, poi, bisogna anche vedere quale descrizione di sé fa la persona, quale identità si crea e, quindi, a volte, le persone, che si vedono molto bisognose sotto alcuni aspetti, ed effettivamente può anche essere così, però non riescono a vedere in se stesse, anche quegli elementi di positività che possono permettere di inserirsi in un circuito virtuoso dove possano loro essere portatori di benessere per altre persone e, a loro volta, da queste persone possano ricevere un sostengo in quegli ambiti in cui sono, effettivamente, più carenti, perché poi tutti noi abbiamo ambiti in cui siamo più carenti, ambiti in cui lo siamo meno, ecco. 6) In cosa consiste secondo lei una metodologia di rete e attraverso quali azioni pensa che una rete debba essere costruita? [ ] chiarimento rispetto alla domanda, relativo alla metodologia di rete Ok. La rete, a mio avviso, più che una metodologia in sé, la creazione della rete, è uno dei passaggi dello sviluppo di comunità, che si crea attraverso delle metodologie specifiche. Ecco, poi perché, se no la metodologia di rete, cioè intendere la rete come una metodologia, mi genera un momento di confusione! Allora, come riuscire a costituire una rete, quindi ok sì! Il senso è questo! Allora, come si può fare? Anche questo, sì, è un passaggio molto interessante. Allora, la rete costituisce uno dei passaggi fondamentali dello sviluppo di comunità, laddove, appunto, dove non fai sviluppo di comunità da solo nel tuo ufficio; quindi, per forza di cose, ti devi relazionare ad altri soggetti, coinvolgerli e con loro definire obiettivi, strategia, da porre in essere. Occorre vedere, all interno di questa rete che vuoi creare, che tipo di relazione tu vuoi porre in essere con gli altri soggetti, con gli altri attori sociali, che possono essere, appunto, istituzioni, privato sociale, cittadini singoli poi, appunto, c è il discorso degli opinion leader, che loro possono essere un nodo importante di una rete. Cosa accade? Allora, all interno di questo, se tu vuoi creare un buon processo di sviluppo di comunità, secondo me, non si può prescindere da un da un approccio orientato all empowerment della comunità e, quindi, ciò significa che i membri della comunità devono avere una almeno una percezione, se non un effettivo controllo, di 158

175 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate ciò che andrà ad accadere, perché, altrimenti, si ritorna a ciò che ci siamo detti prima degli interventi calati dall alto con una consapevolezza critica di quelli che sono i vari passaggi attraverso cui il cambiamento è possibile; quindi, c è un passaggio, da questo punto di vista, anche proprio informativo cioè, l individuo coinvolto, il soggetto coinvolto, deve avere chiari i passaggi per cui si può raggiungere un certo obiettivo se io non so a quale ufficio si presenta una domanda, faccio poco e Ecco, si ritorna sempre, in questo senso, al al discorso del potere e di chi lo detiene, perché, nel momento in cui tu vai a creare una rete, la rete va gestita ed è necessario, poi, giungere, affinché la rete funzioni bene, è necessario poi giungere all ultimo passaggio di quello che è il discorso sull empowerment, poi, dalla proprio vecchia definizione di Zimmerman, punto per punto, che è il discorso della partecipazione, quindi, relativo a controllo, senso critico e la partecipazione; se tu vuoi giungere avere il passaggio della partecipazione, per cui sono necessari gli altri due, la partecipazione è un passaggio fondamentale della creazione della rete. Cioè, se le persone non partecipano alla rete, tu non hai la rete, quindi, per forza di cose, tu devi riuscire a coinvolgere e a far partecipare le persone. Tutto questo, quindi, la allora, proprio perché è un discorso, a mio avviso, molto complesso, sono chiari i passaggi che sto facendo o vuoi che te li rimetto un attimo in ordine? I: no, no io riesco a starci a dietro Ok, ok allora cioè, quello che ti stavo dicendo è, semplificando, che se tu vuoi creare una rete, quindi devi fare delle azioni per far sì che si crei una rete, devi aver presente che, a mio avviso, ciò che tu ti poni come uno degli obiettivi per la creazione della rete un processo di empowerment, a mio avviso, che richiede tutte quelle caratteristiche che ci siamo detti, quindi, una possibilità di controllo, un senso critico, che permette ai membri di sapere quali sono i passaggi e quali sono i processi, e un effettiva partecipazione ecco, diciamo, semplificando, è questo. Tutto questo, poi, crea, nelle persone che partecipano, che sanno, che possono agire, anche un altro aspetto che, a livello di a livello individuale, a livello di sviluppo di comunità e, secondo me, a livello anche proprio sociale, è fondamentale è la dimensione della speranza, che è anche un passaggio che, poi, è stato trattato da Bloch, se non mi ricordo male, un dieci, quindici anni fa, quindi, qua siamo proprio noi arriviamo un po tardi alle cose che è quello per cui, se le persone hanno la sensazione di poter effettivamente incidere sul proprio destino, di poter giungere a un obiettivo, di aver il controllo della situazione, per quanto umanamente è possibile averlo, ovviamente, si crea una percezione di sé come persona efficace; c è anche proprio, quindi, un discorso sull autoefficacia, sul senso di competenza, che la persona può avere e che va un po a contrastare questo senso di impotenza che le persone hanno appreso, che si è diffuso, per cui, che cosa accade? Che noi abbiamo un sistema sociale, per cui, facilmente una persona è convinta che qualsiasi cosa io faccia, tanto le cose stanno così questo è proprio una caratteristica, un senso di impotenza appreso invece, riuscire a generare un contesto, una 159

176 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate situazione in cui, tutto questo non è più così, ma le persone si sentono realmente in grado di cambiare il loro destino, quello che vedono, almeno il loro destino, di cambiare le cose ecco, secondo me, questo è un passaggio importante nella creazione di una rete, perché è inutile, a mio avviso, che tu convochi un tavolo di Associazioni, un tavolo di cittadini, vuoi creare dei gruppi tematici, non lo so, perché anche quello può essere un metodo di lavoro stabilisci una serie di tematiche di interesse comune, attorno alle quali si possono poi focalizzare gli interessi dei tuoi diversi attori sociali che cerchi di agganciare, di inserire in una rete. Qual è il punto? Nel momento in cui tu crei il tavolo, il tavolo tematico, un tavolo per tema o per appartenenza dei soggetti che tu stai coinvolgendo, insomma, poi lo puoi organizzare come vuoi il punto fondamentale, secondo me, è che nel momento in cui tu li convochi e già qui bisogna vedere a quale titolo tu li convochi, cioè, li convochi perché sei l autorità, li convochi per che cosa anche questo poi è un altro aspetto, se no poi mettiamo troppe cose insieme Nel momento in cui tutto questo se le persone che tu convochi, non sanno bene come si svolgerà il progetto, non sanno perché sono lì e, in realtà, non hanno un reale potere decisionale, al secondo incontro non viene nessuno, perché devono venire a fare quello che gli dici tu? Non vengono e, ti dirò, hanno anche ragione! Non mi sento di dare torto. I: quindi, il tavolo è un azione successiva, diciamo; non è tra i primi passaggi? Allora, secondo me, sì io lo porrei in essere come azione successiva, nella misura in cui penso sia opportuno vedere le realtà, le varie realtà, mettiamola così pensiamo alle realtà dell Associazionismo, pensiamo anche ai singoli individui avere una fase preliminare in cui tu li incontri individualmente, perché, a mio avviso, l incontro individuale è più facile per spiegare puntualmente il nostro progetto, qual è il progetto che tu stai proponendo, qual è l iter che tu stai proponendo permettere all altro di raccontarsi, di raccontarti, insomma, qual è il suo punto di vista, qual è la sua ottica; nel momento in cui tu, quindi, riesci ad avere all interno della tua mappatura, che, preliminarmente, hai fatto, se vuoi costituire una rete, riesce ad avere anche, almeno a grandi linee, vedere quali sono i punti di vista dei vari soggetti, puoi più facilmente mettere su un tavolo, mettere su una rete, poi il tavolo è la manifestazione fisica della rete; però, puoi più facilmente mettere su un tavolo e poi gestirlo, perché, poi, c è anche l aspetto della gestione della rete, che non è cosa da poco. Puoi anche vedere, appunto, come ti dicevo prima, appunto, se vuoi fare un discorso non di tavoli per appartenenza, diciamo, per persone giuridiche, il tavolo dell Associazione, il tavolo delle Cooperative, il tavolo della ma lo vuoi fare, magari, all interno di poli tematici, se tu hai preliminarmente avuto contatti con le varie realtà, puoi capire quali sono questi poli tematici, altrimenti sei sempre tu dall alto che decidi su che cosa ci dobbiamo orientare. Una volta che, sperando bene, si riesce a mettere queste persone insieme attorno a un tavolo, che, appunto, è un discorso di manifestazione fisica della rete, perché poi ci sono varie possibilità di mantenere i contatti e, da questo punto di vista, l avvento di Internet 160

177 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate è stato provvidenziale c è tutto un discorso di manutenzione della rete, di conservazione e di gestione e, da questo punto di vista, proprio metodologico, se vuoi che ci sia un buon funzionamento della rete, tu devi fare proposte molto chiare, molto ben definite, ecco evitare che si vengano a creare situazioni in cui le proposte che vengono formulate sono talmente vaghe che, da un lato, ognuno rischia poi di interpretarle a modo suo e, quindi, in realtà, i vari soggetti stanno lavorando a progetti diversi perché ognuno se l è raccontato a modo suo; dall altro, puoi cioè, quello che rischi è che si aprano grossi contenziosi fra gli appartenenti alla rete, perché, poi c è anche quest aspetto qui, che occorre riuscire a gestire le dinamiche di gruppo questo è, secondo me, uno degli aspetti, nel piccolo, però più propriamente metodologici che ci sono, cioè, come si gestisce un gruppo, come si gestiscono i vari aspetti progettuali, come riuscire a sollecitare, a stimolare, delle persone che poi sono aspetti metodologici di diversi livelli in questo lavoro; però, come riuscire a stimolare nelle persone l emersione di l emersione o lo sviluppo, l implementazione, di tutta una serie di life skill di cui dispongono, che possono sviluppare, che sono quelli che permettono di inserirsi, in modo prolifico, all interno della loro rete, della loro piccola rete che hanno creato, ecco. Penso, appunto, alle famiglie che ci frequentano, agli individui, che ci frequentano che è necessario tutto questo e, un po, si ricollega quindi al discorso delle funzioni dell operatore, per cui tu sei qui anche per questo, per riuscire a permettere alle persone di esternare le loro capacità poi tutto un discorso sulle life skill e dare il tuo sostegno a livello progettuale, però, sempre che rimanga tale, che sia un sostegno, che non sia una sostituzione, perché è ovvio che, magari, le competenze, da un punto di vista progettuale, che ha un operatore sono diverse dal gruppo di persone che ha l idea ma non sa come svilupparla e, quindi, tu offri il tuo sostegno in questo senso; quindi, sempre un muoversi un po in bilico tra il sostegno e la facilitazione, però, allo stesso tempo, riuscire a fare il famoso passo indietro per permettere alle persone di essere loro a portare avanti l azione e a rendersi autonome e indipendenti, quindi ecco, quello è il passaggio anche questo secondo me è un passaggio metodologico fondamentale, cioè, il momento in cui tu ti rendi conto che è venuto il momento di fare il famoso passo indietro, se no c è sempre un po di assistenzialismo dietro l angolo un po in tutti noi c è e, quindi, per riuscire a evitare questo, ecco. I: Perfetto, se vuoi aggiungere altro Hai qualche domanda, qualche cosa, qualche I: no, per me è tutto è molto chiaro Sono stata molto chiara, che bello. Ok, sì, vediamo cosa può rimanere di interessante; si può fare tutto un discorso sulla se pensi possa essere utile sul discorso dei gruppi di pari, cioè, il ruolo dell operatore come educatore cioè, il discorso dell educazione tra pari, tra dispari I: altrimenti, se vuoi, un passaggio sul volontariato 161

178 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate Ok, si può ricollegare un pochino anche al discorso del volontariato in questo senso, ed è questo. Cioè, che è sempre un discorso a cavallo tra il ruolo dell operatore, l empowerment, il volontariato ed è questo, cioè, nel momento in cui l operatore riesce a facilitare tutta una serie di facilitare l emersione, quindi il discorso, appunto, del metodo maieutico, dell educazione, che abbiamo fatto riesce a facilitare l emersione nelle persone di una serie di capacità, di abilità, di abilità sociali, relazionali, perché, comunque, la finalità è quella lì cioè, la finalità per la creazione una socialità positiva, di una prossimità, è generare dei beni relazionali, quindi, è importante quali sono le capacità relazionali dei soggetti con cui cerchi di creare tutto questo; e, quindi, riuscire a far emergere, a implementare queste capacità, che è uno degli obiettivi che come operatori ci si pone è quello che ti permette poi, in alcuni particolari cittadini, particolarmente sensibili, ma, da questo punto di vista, anche in una posizione privilegiata, perché non di rado sono persone che vengono che hanno un riconoscimento sociale di questo ruolo, cioè il volontario diventa tale quando c è un riconoscimento sociale di questo ruolo da parte delle altre persone che frequentano il posto e questo è molto importante, così come una sua la famosa scienza e coscienza assunzione di responsabilità connessa a questo ruolo. Quindi, c è un processo di consapevolezza in questo; che cosa si viene a creare? Che, quindi, la persona che diventa volontario, che quindi in modo più consapevole si attiva, è riconosciuto, si offre, offre se stesso, quello che sa, offre il suo aiuto alla comunità, diventa una persona dotata di competenze, di riconoscimento, diventa un punto di riferimento pari all interno della comunità, perché è proprio un membro della comunità che, diciamo, è emerso ed è diventato tale. Gli operatori non rientrano propriamente nel gruppo dei pari della comunità, per quanto poi, a livello progettuale, a livello di partecipazione, gli operatori co - partecipano nella progettazione, quindi non è solo in capo agli operatori, ma a tutti gli altri soggetti. Quindi, c è, da parte degli operatori, un ruolo di co - partecipazione, però, allo stesso tempo, sono degli individui dispari, rispetto alla comunità, perché hanno un ruolo ben definito, hanno un mandato ben definito. Invece, il volontario, ecco, può essere quella figura pari rispetto alla comunità ed è importante, molto importante, che emerga questo per far sì che poi un processo più a lungo termine diventi autonomo, la comunità diventi autonoma, quindi riesca, a un certo punto, a svincolarsi dalla presenza dell operatore, dalla presenza, ecco, dell esperto. 162

179 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate 8. Intervista al soggetto 8 (Assistente Sociale del Polo Pablo - Oltretorrente) 1) Per iniziare, Le chiederei di definire i termini: COMUNITA, LABORATORIO, FAMIGLIA Io, alla parola comunità, mi viene in mente un gruppo di individui accomunati da uno spazio territoriale o, comunque, da un elemento fondante in comune, nel senso che, mi è venuto in mente come esempio, per esempio, una comunità religiosa, che io, nel mio termine di comunità, la intendo come comunità, anche se, magari, non ha un riferimento spaziale definito. Gli individui che appartengono a una comunità penso siano legati da delle relazioni o, comunque, delle interazioni e, all interno di questo gruppo, chiamiamolo gruppo, che si crea, credo che ogni individuo abbia una propria funzione o un ruolo che, in qualche modo, formalmente o informalmente, viene riconosciuto dagli altri. Per laboratorio laboratorio, a me viene in mente un luogo, uno spazio, all interno del quale si può creare, si può studiare e si può sperimentare, in linea generale; vuoi una specifica rispetto ai nostri Laboratorio Famiglia di Parma oppure intendevi laboratorio in senso generale? I: sì, in senso generale; se vuole, magari, declinarlo come Laboratorio Famiglia va bene lo stesso Ok. Sì, nel senso che, pensando al laboratorio come luogo in cui si crea, si studia o si sperimenta, per esempio, il Laboratorio Famiglia potrebbe essere uno spazio dove le famiglie possono creare delle relazioni, creare delle iniziative, delle attività, piuttosto che anche partire per uno studio del territorio, con una conoscenza del territorio all interno del quale è inserito e sperimentare delle relazioni tra le famiglie o, comunque, sperimentare anche delle attività innovative rispetto al quartiere in cui è inserito, mi viene da pensare questo Famiglia. Famiglia, in realtà, è la parola che sembra più scontata e, invece, non è facile, poi, definirla, nel senso che, inizialmente, penso ad una definizione di famiglia classica, quindi, a un gruppo di individui, di persone legate da dei legami parentali, quindi, fondamentalmente, da dei legami di sangue, di discendenza o per matrimonio, eccetera. In realtà le famiglie sono molto più, come dire più elastiche, in questo momento storico; quindi, mi viene da pensare alla famiglia dove, sì, ci può essere il legame di sangue, che rimane l elemento fondante, rispetto alla definizione di famiglia, ma credo anche che esistano delle famiglie dove prevale il legame dal punto di vista affettivo, cioè, quindi, delle relazioni che sono, mi vien da dire, di fatto. Forse non è bellissima come definizione, però, dove, comunque, all interno i membri vengono riconosciuti dagli altri, indipendentemente dal legame di sangue, penso, per esempio, alle coppie di fatto o, per esempio, alle famiglie ricostruite o, comunque, a dei legami per cui una persona viene ritenuta un famigliare anche se, di fatto, non c è un legame giuridico, ma solo affettivo e di ruolo. E, anche all interno della famiglia credo che, come una piccola comunità, ci siano dei ruoli ben definiti, 163

180 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate formalmente o informalmente, che, però, sono riconosciuti da tutti gli altri membri. Spero di essermi spiegata bene. I: e rispetto, invece, alle famiglie costituite da una sola persona, secondo lei, possono definirsi famiglie o qualcosa d altro? Io credo che non esista, di fatto, una persona completamente sola, nel senso che, comunque, può essere magari sola per scelta di relazioni, però, di fatto, una persona non viene mai dal nulla, quindi, probabilmente, ha, comunque, anche se delle relazioni interrotte o, comunque, allentate o, magari, non particolarmente significative o persone con cui ha una frequentazione assidua, però, comunque, una persona, normalmente, ha, comunque, un appartenenza familiare I: quindi, diciamo, famiglia uni personale potrebbe essere una sorta di etichetta per indicare, comunque, persone che abitano da sole, fondamentalmente, perché, magari, dietro hanno le loro relazioni familiari, alle spalle Certo, magari interrotte, magari disfunzionali, però credo che una persona completamente isolata non esista. Poi, magari, non lo so, sono relazioni che andrebbero ricostruite, non lo so, pensando al punto di vista del Servizio Sociale, però, credo che, comunque, un legame con qualcuno, anche se magari molto allentato, credo che possa esistere, in qualche modo 2) Secondo Lei quand è che un intervento può definirsi di sviluppo di comunità? Allora è grande questa domanda! Credo che un intervento, per definirsi sviluppo di comunità, debba partire da un presupposto: che la comunità, sulla quale si vuole operare, abbia delle risorse proprie e delle potenzialità che sono sotto valorizzate, mi viene da dire; e, quindi, che servano delle azioni e degli approcci, che, tenendo la comunità come centro dell intervento, un agente esterno noi, essendo un Servizio Sociale, mi vien da pensare, un Servizio Sociale possa inserirsi all interno di una comunità, come un agente che possa sostenere, comunque, un autodeterminazione della comunità, quindi, non proporre degli aspetti predefiniti e dati per come si può dire I: calati dall alto? Calati dall alto, bravissimo. Però che sostenga, appunto, quelle che possono essere, stimolare delle iniziative o delle capacità di cambiamento, di affrontare delle difficoltà, che sono già all interno della comunità stessa. E, quindi, credo che sia necessario comprendere quelle che sono le caratteristiche e i bisogni della comunità, come prima cosa; fare, ovviamente, delle proposte che possano essere dalla comunità, quindi, renderle chiare, comprensibili, anche, per esempio, quali possono essere gli interventi e i Servizi che possono essere offerti alla comunità, per poter valorizzare le loro competenze, e ottenere, ovviamente, la partecipazione e la cooperazione della comunità, nel senso che non si può entrare in una comunità, se questa non ha voglia di lavorare, seguirti e, quindi, anche capire se ci sono delle resistenze e come possono essere gestite ed, eventualmente, superate. Questa è l idea che avevo 164

181 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate 3) Secondo lei, quali sono i presupposti affinché tra le famiglie possano crearsi relazioni positive, orientate alla prossimità? Allora. Innanzitutto, credo che una famiglia per, come dire, essere disponibile a entrare in una rete di prossimità debba avere una disponibilità, una sensibilità propria di partenza, anche una disponibilità propria di risorse, di tempo, di caratteristiche personali. Partito da questo, che credo sia fondamentale, perché una famiglia possa mettersi in gioco, e, quindi, sono fattori interni della famiglia e, quindi, caratteristiche proprie, l altro aspetto credo che sia quello di creare degli spazi, dove le famiglie possano incontrarsi, creare un rapporto di fiducia e anche di volontà di collaborare, nel senso che, essendo una prossimità, diciamo, di spontaneità, quindi di volontà di essere disponibili rispetto ad altri, si debba creare anche, proprio, una relazione di fiducia, no? Tra le famiglie stesse: e, quindi, credo che, un po, sia questo: riuscire a creare degli spazi dove la famiglie si possano conoscere e incontrare, trovare, magari, degli aspetti che le possano accomunare, in qualche modo, per partire da questa cosa che, magari, le accomuna e le fa sentire vicine, no? In qualche modo, non dico simili, però con qualche cosa che le accomuni partire da quello per capire se poi ci sono altri spazi, altre modalità per creare altre cose in comune; cioè, da cosa nasce un po cosa, no? Se il rapporto si struttura tra le famiglie. Non so, son stata chiara, comprensibile? I: sì! Ok 4) In un epoca caratterizzata dal disgregarsi dei legami sociali e dall insorgere della solitudine, quale deve essere il ruolo della famiglia all interno della comunità? Allora è un po difficile! No, nel senso che il fatto del disgregarsi dei legami sociali e dell ampliarsi della solitudine credo che sia un aspetto che il Servizio Sociale vede abbastanza spesso, soprattutto seguendo delle situazioni, insomma, difficili. Il ruolo della famiglia all interno della comunità? Forse, rispetto al discorso che dicevamo prima, no? Del creare le relazioni positive orientate alla prossimità forse, questo potrebbe essere un ruolo per creare quello che, magari, prima era più spontaneo tra famiglie, no? Tipo, il mutuo aiuto, l assistenza reciproca e, quindi, questo potrebbe essere un ruolo che potrebbe avere la famiglia all interno della comunità, nel senso di affiancarsi ed essere un punto di riferimento reciproco ad altre famiglie. Non so se questo sia facilissimo da creare e da raggiungere, però, forse, questo potrebbe essere un aspetto che la famiglia potrebbe svolgere. Non sempre i Servizi riescono a garantire alle famiglie la stessa, proprio non voglio dire prossimità, però, la stessa spontaneità e la stessa vicinanza emotiva che può essere, invece, offerta da un altra famiglia, che, magari, anche se in misura diversa, con risorse diverse, fondamentalmente, si trova ad affrontare, un po, le difficoltà che accomunano un po tutte le famiglie: da quella organizzativa a quella dell educare i figli, assistere magari i famigliari invalidi, che diventano anziani. Questo è un po il pensiero che mi viene 165

182 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate I: e rispetto, invece visto che Lei diceva che, come Servizio Sociale, Le capita spesso, insomma, di verificare che, effettivamente, vi sia un disgregarsi dei legami sociali e un aumento della solitudine quali, diciamo, fasce di popolazione, secondo Lei, sono più interessate da questo fenomeno; cioè, dalla vulnerabilità, dalla precarietà, comunque, dei legami sociali? Allora, di primo istinto, mi verrebbe da dire che, effettivamente, quelle più fragili, da questo punto di vista, sono le persone straniere, perché si trovano spesso ad avere una rete familiare, magari, lontana; però, in realtà, non è sempre così, perché molte famiglie straniere, pur non avendo parenti, riescono a creare, comunque, dei legami con, magari, famiglie della stessa appartenenza geografica. Credo che sia un po trasversale, nel senso che, magari con modalità diverse, con bisogni diversi, però, credo che, un po, la solitudine delle famiglie sia un po trasversale, probabilmente legata ai molti impegni, al fatto che ci sono difficoltà nell educare i figli, soprattutto nella fascia dell adolescenza, della preadolescenza, che presenta dei bisogni sempre nuovi. Quindi, mi viene difficile fare una categoria che si possa dire questa è la categoria di famiglie più interessate dal discorso della disgregazione dei legami sociali ; perché, per esempio, molto spesso, anche nelle coppie che si separano si creano delle fratture con le famiglie d origine, piuttosto che con la rete familiare in senso più ampio. Quindi, con caratteristiche diverse, rispetto alle difficoltà e ai problemi che affrontano, con delle risorse familiari diverse per affrontarli, però, mi viene da dire che, anche se a livelli e con gradi diversi, il discorso del disgregarsi e della solitudine della famiglia mi sembra abbastanza trasversale. Forse, quello che cambia è l intensità e le risorse e modalità per farvi fronte, ecco, mi viene da dire questo. 5) In cosa consiste secondo lei una metodologia di rete e attraverso quali azioni pensa che una rete debba essere costruita? Allora, io non sono più freschissima di studi, quindi, probabilmente, non sarò molto tecnica! però, la metodologia di rete, mi viene da pensare proprio come la possibilità di costruire, un po, quelle reti che dicevamo prima rispetto alla disgregazione. Ricostruire o, comunque, sollecitare qualcosa che già esiste, no? Prima, quando dicevamo che, secondo me, l individuo singolo, unico, probabilmente, non esiste, mi viene da pensare che la metodologia di rete stia proprio nel ricostruire dei rapporti, delle connessioni tra quella che è la solitudine, la famiglia sola, piuttosto che la persona sola con quelle che sono le potenzialità che può avere attorno: possono essere persone, possono essere Servizi, possono essere Associazioni, piuttosto che altre situazioni che lo possano far sentire meno solo. Quali azioni? Questo è più difficile: credo che bisogna partire sicuramente da uno studio chiaro, da una valutazione chiara di quelle che sono le risorse e le potenzialità; partendo da queste, capire quali possono essere le modalità per ricostruire questi legami o connettere questi punti di questa rete che si sono un po disconnessi, diciamo. E credo che, insomma, dire proprio, in linea generale, delle azioni standardizzate mi viene un po difficile, nel senso 166

183 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate che credo che sia opportuno trovare strategie situazione per situazione, proprio per la differenza che può presentare una situazione rispetto ad un altra I: e, invece, rispetto alla rete tra Servizio Sociale e Associazioni, Istituzioni presenti sul territorio? In che modo, secondo Lei, si può cercare, comunque, una collaborazione o, comunque, la costruzione di una rete? Allora. rispetto alle Associazioni o, comunque, altre realtà, che possono essere presenti sul territorio, credo che sia una cosa importante farsi conoscere come Servizio, prima di tutto, e mettersi a disposizione per conoscere quelle che sono altre realtà, perché credo che si possa partire da solo da una conoscenza reciproca, credo che sia il punto di partenza. E un altro aspetto importante, credo che si costruisca, poi, gradualmente, quello che può essere un rapporto di fiducia, no? Nel senso che essere presente come Servizio, all interno del proprio territorio, certo, con una serie dei Servizi, ma anche con una disponibilità di ascolto rispetto a queste Associazioni e trovare proprio la capacità di riuscire a collaborare in modo come si può dire reciproco, in modo che si costruisca, appunto, un rapporto di fiducia tra le due situazioni, insomma, tra le due realtà. E, poi, un discorso di continuità, credo che sia importante, nel senso che, una volta costruita una conoscenza, una fiducia, vanno, comunque, coltivate, anche se non, magari, nella quotidianità, perché può diventare difficile per entrambi, però garantirsi una continuità di rapporti per poter coltivare nel tempo, comunque, una collaborazione che si può creare 6) In cosa il Laboratorio Famiglia può fungere da risorsa per i Servizi Sociali? Allora. Noi siamo state, tra l altro, recentemente a visitare il nostro Laboratorio Famiglia, qua in quartiere. Credo che sia una realtà che può fungere da risorsa per i Servizi Sociali, nel senso che, effettivamente, loro, davvero, mi sembrano dentro un discorso di sviluppo di comunità; nel senso che, oltre al fatto di essere all interno del territorio, quello che ho colto è proprio la modalità di lavorare loro è molto più vicina allo sviluppo di comunità di quanto non possa essere in questo momento, in questa fase, il Servizio Sociale. Anche se il Servizio Sociale nostro si sta, come dire, organizzando, orientando rispetto a una modalità di lavoro di questo tipo, credo che loro riescano davvero a creare dei legami con una spontaneità e una produttività di relazioni, proprio all interno del quartiere, molto preziosa, credo che ci siano degli aspetti che possano, davvero, essere sviluppati solo in un Laboratorio Famiglia, proprio rispetto alla prossimità, al modo in cui le famiglie si approcciano al Laboratorio, al modo in cui si relazionano e quello che trovano, poi, all interno del Laboratorio. Cosa che il Servizio ancora, oggi come oggi, è ancora strutturato più come un Ente istituzionale, no? Che sta muovendo un po, ancora, i primi passi rispetto a un nuovo modo di lavorare. E, quindi, davvero mi sembrano proprio nell ambito del creare, dello studiare, dello sperimentare i Laboratorio Famiglia. Io ho colto questo, insomma, dalla conoscenza che abbiamo avuto 167

184 Capitolo 4. Le interviste semi strutturate 7) Le è capitato di inviare dei suoi utenti al Laboratorio Famiglia? Se sì, con quali aspettative e quali perplessità? Allora. In realtà, come *** di Polo, non ho in carico direttamente situazioni familiari, quindi, non mi è mai capitato di fare un invio vero e proprio rispetto al Laboratorio Famiglia e, quindi, mi viene un po difficile. Posso darti una risposta un po più teorica, nel senso dirti cosa mi aspetterei e che perplessità avrei, pensando di inviare una famiglia. Allora, invierei, per esempio, una famiglia che ha necessità di crearsi dei rapporti o, comunque, di sperimentare delle relazioni positive. Cerco di spiegarmi meglio, nel senso che ci sono famiglie che soffrono questo aspetto della solitudine, no? Non solo dal punto di vista concreto e organizzativo: faccio un esempio banalissimo, la mamma sola che ha bisogno di accompagnare i bambini a scuola, piuttosto che organizzarsi tutta una serie di cose; però, l aspetto della solitudine, mi viene più da pensare al fatto di non avere qualcuno con cui confrontarsi: i problemi che sto affrontando, per esempio, come mamma, saranno gli stessi che affronta un altra mamma? Lei come, per esempio, fa con i suoi figli quando si trova in questo problema? E, quindi, mi viene da pensare che lì una mamma, un papà o, comunque, una famiglia potrebbe davvero iniziare a incontrare delle altre famiglie, magari attraverso quelle che sono, insomma, inizialmente le attività che il Laboratorio Famiglia propone e, poi, crearsi, davvero, dei rapporti anche di confronto, di poter parlare, di sentirsi un po meno soli, anche dal punto di vista della relazione, non tanto per avere un Servizio, un intervento, ma proprio per avere un aspetto più di relazione, proprio con qualcuno che fa il genitore come te, in qualche modo; quindi, mi verrebbe da pensare a una cosa di questo tipo I: quindi, diciamo, secondo Lei, il punto di forza sarebbe il fatto di trovare altre famiglie e non, diciamo, dei professionisti a cui chiedere, comunque, consigli, o entrambi le cose? Allora. Tutte e due, nel senso che, probabilmente, nella fase iniziale, il fatto che possa essere presente una figura, come dire, riconosciuta, è rassicurante, no? In qualche modo, ti spiega che cos è, come funziona; poi, io credo che la spontaneità del rapporto dia qualcosa di aggiunto, rispetto a quello che può essere un operatore che, semplicemente, ti può, non so, dare delle indicazioni, piuttosto che dei consigli, piuttosto che spiegarti dove sono i Servizi, che cosa fanno. Qualcuno che li ha vissuti, utilizzati, vive nella quotidianità quello che vivi tu credo che garantisca una prossimità e una spontaneità che ha un valore aggiunto, in qualche modo, no? Mi viene da pensare questo 8) Vuole aggiungere altro a quanto ci siamo già detti? No, direi di no 168

185 CAPITOLO 5 I Focus Group

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187 Capitolo 5. I Focus Group 1. Il Focus Group con i frequentatori del Laboratorio Famiglia, 2 dicembre 2013 Al Focus Group (FG) hanno partecipato: A, che frequenta il Laboratorio da circa 1 anno per avere supporto linguistico e, soprattutto, trovare sostegno psico - emotivo, dovendo vivere lontana dai suoi 4 figli, rimasti in Burkina Faso B e C, coniugati, che frequentano, in media, una volta a settimana il Laboratorio con i loro 3 nipotini (al FG era stato invitato solo C, che ha però portato con sé anche la moglie) D, che frequenta il Laboratorio per partecipare ad un corso di Patchwork E, che viene al Laboratorio, al martedì mattino, per frequentare il corso di Italiano e, al pomeriggio, per dare la possibilità ai suoi bimbi, non ammessi alla scuola materna, di relazionarsi ad altri bambini. Una delle invitate ha comunicato che sarebbe stata assente un ora prima del FG. La seguente tabella riporta alcuni dati socio demografici relativi ai partecipanti al FG: Nome A B C D E Sesso F F M F F Anno e luogo di nascita 1983, Burkina Faso 1948, Parma 1946, Parma 1956, Parma 1982, Tunisia Stato civile Coniugata Coniugata Coniugato Coniugata Coniugata Professione / Disoccupata Pensionata Pensionato Disoccupata Disoccupata Attività lavorativa (casalinga) Titolo di Scuola Media Licenza Laurea Licenza studio Abita in quartiere Oltretorrente Numero figli naturali Da quanto tempo frequenta il Laboratorio elementare superiore media media No Si Si No No 4 (non abitano in Italia) anno 2 anni 2 anni 1 anno 2 mesi TABELLA 14. Dati socio demografici dei partecipanti al Focus Group Il FG si è svolto presso il Laboratorio Famiglia: la stanza principale è stata riservata al gruppo, mentre la stanza delle attività è stata destinata all intrattenimento dei bambini presenti, sorvegliati da Angela. Il FG è stato condotto con l ausilio della dott.ssa Morena Drago (indicata nel testo del FG con la sigla M). Ora di convocazione: / ora di inizio: /ora di fine: I partecipanti vengono fatti accomodare; vengono offerti loro dei dolci e delle bevande per favorire la socializzazione e, man mano che arrivano, presento loro Morena ed Angela. 171

188 Capitolo 5. I Focus Group Ringrazio loro per essere venuti. La prima ad arrivare è D; seguono C e B; poi, arriva E, accompagnata da due dei suoi tre figli, di 3 e 5 anni. A FG iniziato, arriva A (che aveva comunicato che non sarebbe riuscita a partecipare) in compagnia del figlio di una sua amica, di appena 8 mesi. Vengono fatte compilare le Liberatorie per la Privacy e le schede anagrafiche e consegnate le Informative sulla Privacy. D C B E A AUDIO REGISTRATORE M EG TV PC FIGURA 11. Il setting del Focus Group Mentre B, C, D rompono subito il ghiaccio e non mostrano titubanza alcuna a esprimere quanto pensano, A e E mostrano grande disagio: in particolare, E, sin da quando arriva, sembra volersi chiudere in se stessa; non toglie il cappotto, né la borsa. Di seguito, è riportato il testo del FG (la sigla EG sta per Egidio): EG: Lo sviluppo di comunità è un intervento., una filosofia di intervento, che ha come finalità quella di andare ad aumentare il benessere e la qualità della vita dei membri di una comunità. L interrogativo, però, è cosa dobbiamo intendere per comunità. Quindi, appunto, la mia ricerca sul Laboratorio Famiglia è finalizzata, appunto, a capire che tipo di comunità si è costituita all interno di questo luogo e, soprattutto, se si è costituita una comunità, partendo dal presupposto che ognuno di noi ha una sua idea di cosa sia una comunità, di cosa voglia dire comunità; cioè, nella letteratura esistono tantissime definizioni del termine comunità, quindi a me piacerebbe indagare con voi cos è dal vostro punto di vista una comunità, da chi deve essere composta e come va avanti una comunità, attraverso quali forze si alimenta una comunità. Vi farò vedere, appunto, una serie di spezzoni di film, giusto per rompere un po il 172

189 Capitolo 5. I Focus Group ghiaccio, e, da lì, poi inizieremo una discussione, anche rispetto a delle domande che io e Morena vi porremo nel corso del tempo. Cercheremo di far presto così vi liberiamo subito. Allora,innanzitutto vi volevo chiedere vabbè, i nomi li sappiamo, sappiamo i nomi di tutti giusto? Li rinfreschiamo un attimo, se vuoi iniziare B con il tuo nome, così ce li ricordiamo i partecipanti dicono il loro nome Lei è Morena se avete bisogno di chiederci qualcosa durante l intervista. Innanzitutto, vi volevamo chiedere di dare una definizione del termine laboratorio, la prima cosa che vi viene in mente, in modo tale che lo scriviamo qui su questo foglio (indicando la lavagna) e abbiamo, comunque, attraverso questo foglio, attraverso questa lavagna, abbiamo comunque una traccia di quello che ci stiamo dicendo nel corso della discussione. Chi vuole iniziare a dire cioè laboratorio a cosa vi fa pensare? C: è un oggetto di studio; un oggetto di studio, attenzione, visto nel contesto della comunità, eh. E la cosa stessa, già è un esempio EG: Ok, quindi, un oggetto di studio D: e di esperimento EG: Altre idee? B: un elaborazione di dati avuti, mettiamo; perché, praticamente, è un insieme di cose che si elaborano e formano, poi, un programma EG: Un insieme di oggetti potremmo dire? B: No, di pensieri, che poi vengono elaborati EG: Quindi, da elaborare B: Si EG: Tu, E? cosa ti viene in mente, non preoccuparti! E: Non so io, non ho capito bene A 3.57 dall inizio della discussione arriva A. La facciamo accomodare, presentandole gli altri partecipanti e Morena e sintetizzandole l argomento del FG. EG: Laboratorio, quindi, cosa vi fa pensare (rivolgendomi, in particolare a A e E). Laboratorio Famiglia, che è il nome di questo posto M: (rivolgendosi a E) anche pensando alla prima volta che sei venuta qua, pensando vado al Laboratorio, cosa ti è venuto in mente? 173

190 Capitolo 5. I Focus Group E non risponde EG: Tu A, se ti diciamo Laboratorio? Cosa ti viene in mente, pensando a questo posto? Passa un po di tempo, ma A non dice nulla EG: L allegria? A ride EG: La prima parola, senza pensarci troppo; la prima parola che ti viene in mente A: non lo so EG: Ok, dai. Invece se parliamo della parola famiglia? Cosa vi viene in mente? Una definizione di famiglia famiglia, lo scrivo. C: con famiglia, mi viene in mente, subito, il legame, che è un legame parenterale, chiamiamolo, però non diciamo esteso, via, visto in questo contesto EG: Quindi un legame di sangue, di parentela C: diciamo esteso, visto nel contesto, cioè è naturalmente parenterale, ma esteso, cioè, diciamolo visto come comunità, ecco B: io lo vedo come un nucleo di persone D: che vivono almeno parte del tempo insieme; famiglia è vivere insieme B: un nucleo di persone, con esigenze diverse. Un po disgregato come nucleo EG: Tu A? cosa ti fa venire in mente famiglia? Per esempio, la tua famiglia come la definisci? Tante persone, poche persone? A: si, c è tante persone in famiglia, ma anche poche EG: Quindi, un insieme di persone che abitano insieme? A: insieme, anche per sangue EG: Per sangue. Possono abitare anche lontani nel tuo caso A: Eh? EG: Possono abitare anche lontani? A: si 174

191 Capitolo 5. I Focus Group EG: Tu, E? Dai, tanto siamo tra di noi, è una cosa tra amici, diciamo, non ti far nessun problema, non c è timore di sbagliare M: quando pensi ai tuoi bimbi alla tua casa, alle faccende, ad esempio; proprio famiglia, cosa ti viene in mente? E non risponde EG: L ultimo termine che volevo di cui volevo una definizione è comunità D: comunità è una famiglia molto allargata, senza legami di sangue; sarà legata da motivi diversi, non so co abitazione, non so. EG: Diciamo che c è un vincolo, ma non è un vincolo di sangue B: Si D: la religione C: è un convivere è un convivere come idee D: sì, per motivi vari B: di diverse etnie C: di idee e di etnie diverse B: di abitudini EG: E, quindi, cos è che tiene insieme tutte queste idee, tutte queste abitudini? D: può essere la religione, può essere B: la religione no, perché D: bè, comunità ebraica, sono insieme B: ah, si, si D: no, qua no; nel senso, il concetto di comunità, questa comunità, ovviamente, tiene insieme l interesse del quartiere B: delle persone D: vivere meglio insieme, forse. Questa eh (riferendosi alla Comunità Laboratorio Famiglia), perché di comunità ce ne sono tante B: integrazione D: anzi, qui è il contrario 175

192 Capitolo 5. I Focus Group EG: Tu, A, se pensi alla tua comunità. Comunità, quindi, tante persone? Dai A, tu sei una chiacchierona, non ti vergognare! Tanto conosci tutti Non ti preoccupare anche se l italiano non è perfetto, io vi ho chiamato perché penso che siate delle persone valide e potete darmi, comunque, una mano importante. M: dai, aiutiamo Egidio EG: Comunità communauté in francese B: tutti noi abbiamo esigenze di integrazione, nel senso che oramai questa nuova questo nuovo modo di vivere, specialmente nell Oltretorrente, è molto sentito questo discorso, specialmente per i bambini; nel senso che i bambini si devono integrare C: forse, per i bambini è molto meglio B: tutti insieme, anche le famiglie, però i bambini, in futuro, sono i bimbi che devono andare a scuola insieme, giocare insieme, vivere insieme C: ma un bambino non ha queste problematiche, diciamo B: no, lui no, ma nasce dalla famiglia C: cioè, se la famiglia è contro a tutte le integrazioni, naturalmente il bambino viene educato in quella condizione; però, diciamo che il % dei bimbi non hanno alcun problema di integrazione con altre razze B: devono avere la possibilità di integrarsi e, quindi, secondo me, una comunità nel contesto è importante, perché io, venendo con i miei bambini, i bambini sono a contatto con altri bambini di diverse nazionalità EG: Ok, quindi è un contenitore di tante diversità? B: di tante diversità, di modi di vivere è bello vederli disegnare insieme, studiare insieme, che poi, sostanzialmente sarà il futuro, stringi, stringi EG: Ok, voi volete aggiungere qualcosa che vi è venuta in mente, così, da dirci?a, non far la timida! La comunità, per esempio, un villaggio del Burkina, secondo te, è una comunità, communauté? A: une village? EG: Sì, un villaggio del Burkina A: sì, si chiama comunità 176

193 Capitolo 5. I Focus Group EG: Comunità quindi, da chi è formata questa comunità?grandi, piccoli raccontaci un po Allora, dai, iniziamo a vedere un pezzo di film STIMOLO 1: Spezzone film Un sogno per domani, Regista: Mimi Leder (durata 2 min, 22 s) EG: Secondo voi, cosa c era di importante in questo film, cioè, cosa vi ha trasmesso questa piccola scena? D: che un aiuto piccolo, all inizio l espansione del tuo aiuto può diventare una cosa grande, se fatta come si deve e trasmessa; se ogni persona si prende un piccolo carico, alla fine, vengono aiutate tante persone è una buona idea! EG: Secondo voi? C: sì, in effetti, è così tu sai cosa faccio io e la stessa cosa cerchiamo di inculcarla ad altra gente, cercando di dare un tuo, diciamo, segno, se puoi, perlomeno quando puoi; tu sai che io faccio sindacato volontario da una vita ormai e cerco anche di portare dentro nuovi proseliti, no? Qualcuno che serva, perché, nella condizione non faccio solo quello; io vivo in mezzo, veramente al quartiere, vivo in mezzo alla multi etnia perché ce li ho tutti, sto con tutti. Sarebbe, come diceva, utopia riuscire a coinvolgere tutti ma è dura per me, l ho sempre detto, è molto dura riuscire a coinvolgere altra gente B: sì, infatti, cercare di far capire agli altri che siamo tutti C: che c è bisogno di aiutare B: di aiutarsi D: sì, anche con piccole cose B: di aiutarsi, sia nella cerchia familiare, ma sostanzialmente aprire gli occhi al mattino, aprire la finestra, c è la mia famiglia, ma c è anche qualcos altro sì, a vivere, non solo nel tuo guscetto, ma se puoi fare qualcosa per gli altri, ben venga, nei limiti del possibile EG: Tu, E? Dai questo bambino che disegna alla lavagna in pratica, l idea di questo bambino è che ogni singola persona può aiutare altre persone: quindi, all inizio disegnava un 177

194 Capitolo 5. I Focus Group bambino e, poi, quel bambino aiuta altri due bambini, quei due bambini ne aiutano altri due, a testa. A te A, cosa fa pensare? Non so se, ad esempio, vi è capitato, all interno del Laboratorio Famiglia, di trovare delle persone che che magari da cui avete avuto un aiuto o che, comunque, avuto aiutato e che, poi, avete anche visto al di fuori del Laboratorio. Se avete conosciuto delle persone, qui dentro, da cui, poi, avete ricevuti aiuti o è nata un amicizia che è andata anche al di fuori del Laboratorio stesso M: vi è mai successo? D: non avete un amica, qualcuno, che avete conosciuto qua, nessuno? M: cioè, qui dentro hai conosciuto persone che poi frequenti anche fuori dal Laboratorio? Non è ancora successo? E? e tu, A? A: non ho capito EG: Se ti è capitato di venire al Laboratorio, di incontrare una persona che, poi, è diventata una tua amica, che vedi anche fuori dal Laboratorio, che senti per telefono A: che vedo qua? EG: Si, che hai conosciuto qua e poi vi vedete anche fuori di qui A: sì, sì EG: Ti è capitato, vero? A: sì, sì EG: E come è nata questa amicizia? Secondo te poteva nascere in un altro luogo, tipo incontrando per strada una persona è così facile? Qui forse è più facile entrare in contatto? A: sì M: secondo voi? D: secondo me sì M: vi è capitato? D: bè, sì poi, abbiamo un gruppo di Patchwork, quindi è un altra cosa, insomma; però, siamo amiche io incontro fuori, a me piace molto 178

195 Capitolo 5. I Focus Group B: anche noi con i bambini, veniamo qua, i bambini son contenti, ci date una mano, ogni tanto, quando siamo qui D: poi, può essere cioè, devi trovare un punto, io penso, di partenza vabbè il cucito può essere un aggregante, nel senso, a noi interessa una cosa e a tanti interessa quella cosa, ci mettiamo lì, facciamo questo e, intanto, parliamo, passiamo una mattina, parliamo anche d altro se uno ha bisogno, gli dai una mano; cioè parti da una cosa: per noi è quello, ma può essere qualsiasi cosa B: se avessi tempo, mi piacerebbe partecipare, mi piacerebbe venire, perché fate delle cose veramente belle D: però si parte da quello, però tante volte, ma sì, si lavora, però soprattutto si parla, si scambia EG: Ecco, si scambia, una parola chiave! D: si scambiano, non so, una mattina io ho un problema, uno arriva e dice guarda, ti vedo un po e si parla, poi, in realtà, si parla molto e poi, magari, uno lavora a casa! B: come, ad esempio, io andando in palestra mi ritrovo sempre con le stesse persone D: ecco, diciamo, sono le idee che si scambiano, scambi anche umani: se tu vedi una persona tutti i mercoledì, alla fine, ti accorgi se ha bisogno di qualcosa, se ha bisogno di parlare, insomma, se non sta bene e, poi, semplicemente si ride! B: ma poi, è bello perché incontri persone con cui non hai passato e, allora, non ti porti dietro gli scheletri che hai nell armadio D: Sì, anche quello è importante B: e io vado volentieri in palestra, perché ci sono 15 persone della mia età e con cui non hai un passato ed è bello anche se incontri un amica che magari conosci da tanto, ma c è il lato positivo e il lato negativo; quindi, invece, qui, non dico che sia tutto positivo, ma D: uno lascia i problemi fuori dalla porta B: ecco! D: ed è un grande aiuto psicologico 179

196 Capitolo 5. I Focus Group C: cioè, questo è un luogo dove si parla di tutto, meno che del ricordo Mentre B, C, D continuano a concordare sull importanza dell incontrare al Laboratorio persone alle quali non si è legate dal passato, mi rivolgo ad A per chiederle se la sente di parlare un po della sua storia: dice di sì EG: Ad esempio adesso A vi dice un po quello che per lei ha rappresentato il Laboratorio Famiglia A: Sì, perché io sono venuta in Italia nel 2012; qua c era mio marito, però mio marito lavora. La mattina lui va a lavorare, io sono a casa, tutti i giorni. Non sapevo dove andare, non conoscevo nessuno. E dopo io stavo andando a fare la spesa con la mia amica del Burkina Faso e siamo passate davanti al Laboratorio e mi ha detto questo è un posto per gente che vuole parlare; io ho incontrato la coordinatrice e la mia amica ha parlato con lei e ha detto sì, può venire tutti i giorni, quando vuole, può venire! E dopo, ormai, sono venuta qui e non sapevo parlare niente, solo francese, anche la coordinatrice parla francese poco; dopo le operatrici mi hanno aiutato a parlare questo in francese vuole dire questo in italiano; questo in francese vuole dire questo in italiano! e poco, poco D: hai imparto A: ho imparato; dopo sono andata a scuola, anche tutti i giorni, perché ho tempo ora che sono qua D: per imparare A: sì EG: Si, diciamo che è un posto in cui avvengono tante cose, avvengono degli scambi e non solo materiali B: sì, ci si integra EG: Cioè, ad esempio, loro due (indicando B, C) portano ogni volta che vengono la merenda per tutti i bambini: quello è uno scambio materiale; però mi pare di capire che perlopiù avvengono scambi immateriali D: anche imparare la lingua è importante, perché senza la lingua non c è comunicazione C: infatti, perché se no rimani emarginato, se non sai esprimerti, diciamo, nel Paese in cui vai; me ne accorgo anch io, quando andavo nei Paesi, diciamo, dell Africa, in Tunisia, là parlavano 180

197 Capitolo 5. I Focus Group quasi tutti italiano o francese, perciò riuscivo a capire sempre; però, altrimenti sarei stato emarginato. Invece, per esempio, in Turchia, non parlano nulla solo turco e un inglese turchizzato! EG: Ad esempio, invece, E viene qui con i suoi due bimbi e, a volte, anche con la terza; lei ha iniziato a venire, perché anche lei voleva un posto per portare i bambini che non sono stati presi all asilo, giusto? E: sì EG: Poi, da lì, ha iniziato a frequentare il corso di italiano, vengono al laboratorio di espressività quindi, è diventato un po, anche per lei, un punto di riferimento. Poi ha portato una sua amica al laboratorio di espressività, quindi, si diffonde anche la voce, no? A: anche io facevo la scuola di lingua italiana qua con una volontaria EG: E per caso cioè, in questo grande contenitore che è il Laboratorio Famiglia, ad esempio, da qui avete iniziato anche poi a frequentare altri luoghi o, comunque, avete partecipato a delle attività di cui avete avuto notizia qua dentro? Non so, magari, leggendo la bacheca avete visto, non so sabato c è questa iniziativa in quel posto e, quindi, magari siete andati o avete saputo, da altre donne, altri uomini, che vengono qui, che c erano anche altri posti in cui poter andare per un evento Ad esempio, A, tu che stai cercando anche lavoro, ti è capitato di venire al Laboratorio e qualcuno ti ha detto guarda, puoi andare a cercare lavoro lì; puoi portare il curriculum lì? Capita anche questo? A: Sì, sì. Anche una donna qui mi ha aiutato a fare il curriculum M: quindi al Laboratorio avete avuto informazioni di attività che si svolgono fuori? D: può darsi che me ne sia dimenticata C: no B: no, anche perché non ci siamo neppure informati, ne abbiamo già tante C: a fine settimana siamo su in collina; durante la settimana, da un quarto alle otto hai degli impegni e devi inserire i tempi poi che devi gestire B: e, poi, magari ci sono diverse età; noi, ormai, alla nostra età, le abitudini, le persone che frequentiamo sono sempre le stesse. I giovani, invece, allargano di più le conoscenze; un po per il tempo, un po per pigrizia, un po perché vogliamo fare le nostre cose che ci piacciono di più e, quindi, allargare, per noi, alla nostra età, diventa un po difficile. Magari un giovane può essere più interessato 181

198 Capitolo 5. I Focus Group EG: A te, E, invece, ti è capitato che qui dentro qualcuno ti ha detto di un iniziativa che si faceva da un altra parte e tu sei andata? E: no B: per esempio, i bambini, mio nipote, si è divertito tantissimo qua dentro quando hanno fatto i burattini; l altra è molto interessata al laboratorio di espressività, però al lunedì lei ha altri impegni STIMOLO 2: Spezzone film Il favoloso mondo di Amelie, Regista: Jean Pierre Jeunet (durata 1 min, 28 s) EG: Voi, A e E, avete capito un po? A: un po D: era un po veloce EG: Lo sintetizziamo. È la scena di questa ragazza che, a un certo punto, sente una sorta di spinta, una vocazione, e le viene voglia di aiutare le persone; quindi, trova per strada un signore che non vede, è cieco, allora lo aiuta ad attraversare la strada, gli racconta, nel frattempo, quello che vede, quindi vede la fioraia, il giornalaio, e lo porta fino alla fermata della metropolitana. Quindi, fa una cosa gratuita per un altra persona, perché sente dentro di sé questo desiderio di aiutare l umanità, il mondo. Cosa vi volete dire qualcosa su questo? D: bisogna stare attenti chissà se voleva andare veramente fino alla metropolitana! Bisogna stare attenti ad aiutare a volte, perché ci vuole il modo giusto, non bisogna sopraffare l altrui. Lì la Amelié ha un preso B: sì, questa smania di realizzarsi D: a volte si fa così, ma anche noi ah, lo aiuto, lo aiuto ; magari uno vuole essere aiutato, ma B: ci sono delle persone che rifiutano D: e, insomma, bisogna sempre avere molto rispetto, chiedere sempre all altrui 182

199 Capitolo 5. I Focus Group B: ma noi abbiamo una signora in palestra che ha bisogno di essere aiutata, ma assolutamente non si fa aiutare D: però, bè, sì, d accordo EG: A voi è mai capitato di aiutare un altra persona in maniera gratuita, anche come volontari? C lo so, perché lui fa il volontario al sindacato D: insomma, io cerco di aiutare; poi, dopo sì, mi è capitato: quando vedi una persona che conosci che ha bisogno gli dai una mano C: infatti, noi abbiamo dei casi un po particolari; c è anche gente che non si muove, cioè praticamente non deambula più D: ah, e quindi rimane in casa, gli fate la spesa C: e devi andare, cioè mi vai tu?, la spesa c è sempre qualcuno che ci vuole lì, no? Però, più che altro, tutte le documentazioni che servono, perché ce ne è e ce ne è tanta, non avete idea di quanto D: tutta la burocrazia C: di questa gente che, poi, ha già degli aiuti sociali, perciò ti chiederà sempre una risposta, a meno che non ha vinto al Totocalcio o al Superenalotto, richiedono sempre delle sovvenzioni B: anche perché adesso la burocrazia è troppo complicata; ad esempio, un anziano che non si tiene aggiornato e che non fa una richiesta di invalidità, gliela sospendono, non gliela danno più! D: tutti gli anni la deve rinnovare B: ma un anziano, se non ha un figlio che poi i figli, oggi giorno, sono tutti talmente impegnati M: comunque, tornando un po a voi, a noi e al Laboratorio, proprio da quando lo frequentate, magari, vi è capitato di trovarvi in una situazione un po come Amelié in questo momento, di sentire dentro B: sì, certo, certo C: a me è già capitato, diciamo, nel senso che già sono cose che ho sempre ho fatto, ho sempre aiutato gente B: noi abbiamo provato a portare altre persone, ma non sono più tornate M: quindi, lei questo istinto lo ha già provato 183

200 Capitolo 5. I Focus Group C: è una filosofia di vita la mia che è sempre stata così purtroppo, non andrà bene? Cioè mi son sempre detto, prima di tutto, di non far male ad altri, è semplice, non ti costa nulla però, nel contempo, a me dà tanto, devo esser sincero, a me dà tanto B: ad esempio, io avevo avevamo portato due persone, che avevano una bambina e con la sua mamma voleva fare i compiti al sabato e lei viene al sabato a fare i compiti? EG: Non lo so B: e perché loro hanno chiesto di frequentare il Laboratorio al sabato per i compiti e mi hanno detto abbiamo telefonato e non c era nessuno C: infatti, secondo me non è vero B: non puoi dire che non è vero, se funziona questo servizio perché noi dobbiamo anche dare delle informazioni giuste, perché se uno mi chiede, non so, avrei una necessità al sabato pomeriggio di fare i compiti, poi, a un certo punto, mi hanno detto che non c è nessuno D: magari se hanno bisogno, è una questione anche di organizzazione, magari se uno mette in bacheca c è un volontario al sabato, magari ce ne son di maestri disponibili EG: C è già il Laboratorio Compiti al sabato D: ah, c è C: già c è, il punto è quello B: no, io volevo chiedere questo, se uno deve dare una notizia per il Laboratorio deve essere una notizia certa EG: E invece a voi A e E è mai capitato di venire qua e aiutare una persona a fare qualcosa; anche fuori, insomma, una vostra amica in difficoltà la avete aiutata, ad esempio, a guardare i bambini?no? E, invece, avete proposto alle ragazze del Laboratorio di fare qualche attività, di di, non so, magari, vi viene in mente un idea, tipo di fare un laboratorio, un attività di palline per il Natale e, magari, vi siete messi insieme ad altre persone e lo avete proposto? D: no, non l ho proposto, ma EG: L idea c è! D: sì, quella ci vuole! M: come mai non si è sentita di proporre? D: e ma perché io faccio già non lo so, non mi è venuto in mente, perché si lo farei volentieri quello che è bricolage, ma sì bisogna vedere i bambini, per esempio, se ci fossero 184

201 Capitolo 5. I Focus Group dei bambini che amano fare questa cosa, perché no? Ci si mette un giorno, non so, bisogna vedere se i bambini hanno voglia di farlo B: i bambini, secondo me, sono quelli che hanno più voglia di fare di tutti e di imparare, perché è venuta la signora (qui al Laboratorio), ad esempio, che confezionava gli orecchini e dopo, poi, uno se era interessato, insomma ma le bimbe, specialmente, la manualità la amano molto, anche perché venire qui vuol dire giocare e fare qualche cosa che, praticamente, non farebbero a casa, perché o la televisione, o quindi, qui venire a contatto con qualche cosa di diverso, come la creta, quelle cose lì, si mettono lì e sono molto interessati EG: Quindi, secondo voi, è possibile fare una proposta che poi tutti quanti insieme possano realizzare? D: certo B: sì, comunque, questi bambini hanno un sacco di impegni e quindi trovarli tutti per esempio noi abbiamo spostato il giorno dal mercoledì al giovedì e di bambini il giovedì ci sembra ce ne siano meno rispetto al mercoledì (qui al Laboratorio). Bisognerebbe trovare un giorno in cui ci siano tutti i bambini, ma è difficile, perché hanno mille impegni EG: E, secondo te E, se tu volessi proporre una cosa al Laboratorio, tipo un corso di lingua araba, lo potresti fare qui? Cioè, secondo te, ci sarebbero delle persone che parteciperebbero? D: tu insegneresti? EG: No? Ok B: magari, anche proprio l arabo che sarebbe utile C: potrebbe essere utile STIMOLO 3: Scena finale Il cammino della speranza, Regista: Pietro Germi (durata 4 min, 44 s) EG: Allora, ho scelto questo pezzo di film, perché è significativo, secondo me, far vedere come tante persone insieme possono fare una grande impresa. Cioè, queste persone erano partite dalla Sicilia, al Sud dell Italia, per arrivare in Francia, al Nord Nord, più a Nord di Parma; e, comunque, in questo cammino alcuni sono morti, altri li hanno abbandonati, però, alla fine, unendosi, hanno fatto qualcosa di grande. Secondo voi invece, a voi cosa ha trasmesso? Cosa ti ha fatto pensare A questo pezzo di film?hai capito un pochino? 185

202 Capitolo 5. I Focus Group A: sì M: cioè, queste persone partono dalla loro terra, la abbandonano, abbandonano tutte le loro amicizie, la loro famiglia, per andare in un posto dove sperano di trovare un miglioramento. Vedendo questa scena, avete sentito qualcosa? ad E suona il telefono. Va via. La accompagno fuori. M resta con il gruppo C: cioè, stiamo tornando, sempre, all idea di comunità, che, alla fin di tutto si inquadrano così, perché questa gente ed è una condizione, anche lì, di tante idee diverse, nonostante la stessa provenienza, però, dopo, sì, si uniscono, riescono a fare una coesione, talmente stretta, che riescono a passare dei momenti difficili e riescono a vincere; ciò vuol dire che l unione fa la forza D: l obiettivo comune viene più facile! M: A, tu ti sei mai ritrovata, ad esempio, in questa situazione? No A: no C: il finale è l umanità di queste guardie di frontiere che li lasciano passare M: A, ad esempio, tu non hai lasciato qualcosa, un territorio, una comunità per venire qua? A: per venire qua? EG: Cosa hai lasciato in Burkina? D: non ti dispiace, non ti manca niente? Ti mancherà qualcosa sì? C: è a metà dell Africa, giusto? A: sì EG: Chi è che hai lasciato in Burkina, che non hai portato con te, lo vogliamo dire? A: i miei figli C, D, E chiedono un po di notizia ad A sul Burkina Faso (è uno Stato, con cosa confina, ) EG: A, ad esempio, ha lasciato i suoi figli in Burkina; lei è venuta qui per raggiungere suo marito. Quindi, secondo, voi, quando una persona è sola può trovare qui supporto? Cioè, vive meglio se trova supporto? D: sicuramente 186

203 Capitolo 5. I Focus Group B: anzi, ha bisogno, è una necessità D: da soli non si va da nessuna parte EG: Ma quand è che, secondo, voi, una persona è sola? Quand è che dite questa persona, secondo me, è sola e ha bisogno di aiuto? D: ci possono essere motivi loro, legati alla lingua o all integrazione con altre persone, ma si può essere soli anche se uno è di Parma, è vero? C: certo D: ce ne sono di persone sole che non hanno B: secondo me, la solitudine è uno stato mentale e quindi per loro (indicando A) C: bè, non sempre B: non sempre, però loro si trovano un po fuori da D: mancano i posti di ritrovo EG: Secondo te, A? quand è che dice quella persona è sola? A: sola? EG: Sola, senza nessuno A: Sola quando non c è nessuno ad aiutare B: secondo me la lingua è importante D: non capire cosa ti stanno dicendo C: tu hai degli usi che sono completamente diversi e, praticamente, cioè, doverti riadattare, rinascere, chiamiamola una sorta di rinascita, perché, a questo punto, cioè, se io ho sempre piantato il chiodo con un martellino che è grande così, poi mi danno un martello più grande e poi un altra cosa e tutto insieme, cioè, è un cambiamento e ti trovi fuori da quello che hai avuto con i tuoi usi B: e, poi, anche la situazione economica che uno ha, perché se c hai i denè; è anche la situazione economica che ti blocca, se c hai i denè le barriere le abbatti M: quindi, uno quand è che solo, alla fine? Quand è che ci si può sentire soli? 187

204 Capitolo 5. I Focus Group C: diciamo, il 90 % delle volte quando lo vuoi essere, quando non si vuole D: quando uno non è integrato C: esatto, quando non ci si vuole integrare D: poi se non hai la famiglia, peggio ancora; se non hai la famiglia passiamo alla comunità, ma una delle due ci deve essere EG: Quindi, non è solo una disposizione della persona che è sola: è anche un po il contesto che contribuisce a far sentire solo? D: se sei solo in famiglia è perché hai dei famigliari che non sanno se sei solo nella comunità, eh, vuol dire che non ti hanno appoggiato C: più di una volta è anche perché non ti vuoi inserire, non accetti questo cambio, come dicevo prima un cambio proprio di usanze, no? E vuoi mantenere e logicamente vieni emarginato, perché tu vieni qui, abbiamo delle usanze, eccetera EG: Però, come dicevate prima, non è soltanto un problema degli immigrati la solitudine! B: no, perché ogni giorno, secondo me, ci sono molte persone sole C: no, perché ricordiamoci dei tempi passati: le grandi emigrazioni sono avvenute nei primi anni sessanta, quindi dal Meridione e c è sempre stata da parte nostra, diciamo, nel nostro contesto, diffidenza nei confronti di queste persone che venivano dal Sud D: sempre, la diffidenza c era C: anche perché arrivavano con le loro usanze B: poi, si avverte più in città, che come diceva (il film) nelle campagne D: come diceva il film, si è meno soli nelle montagne, in quattro, che non in città B: e sì, anche perché in montagna, essendo poche persone si conoscono tutti, invece la città si è in tanti, quindi hai diffidenza del vicino, quindi ti chiudi sempre di più nel tuo nucleo familiare, che magari, poi, pian pianino scompare M: quindi, come avete detto, questa è una condizione sia che parte dalla persona, quando uno lo vuole essere, sia quando ti ci mettono gli altri D: e certo, perché c è una parte oggettiva e una parte soggettiva, dipende 188

205 Capitolo 5. I Focus Group M: poi può essere la famiglia o la comunità; può essere anche, come ha detto la signora, di città o di montagna, di contesto urbano EG: E, qui al Laboratorio, le persone sole ci sono o non ci sono, secondo voi? D: ci sono sì B: ci sono sì, solo il fatto che queste persone qua desiderano andare in una struttura in cui incontrano delle altre persone, possono collaborare in diverse attività vuol dire che c è e, specialmente, le donne hanno un fondo di solitudine EG: Secondo te, A, qui arrivano delle persone sole? A: persone sole EG: Come eri tu ad esempio, ce ne sono altre? A: sì sì EG: E, secondo te, sono soltanto le persone che arrivano, ad esempio, dall Africa o anche persone italiane? A: tutti, africani, italiani EG: E, quindi, qui si crea un po una rete A: sì B: certo, un contatto, contatto! C: però, il fattore di venire qua, in questo Laboratorio, vuol dire che tu ti vuoi inserire, non vuoi essere solo cerchi di capire anche quelle che sono le attività, perché qua non c è mai stato nessuno che ti ha buttato fuori D: sì, fai uno sforzo, esci di casa B: però puoi anche essere trascinato, perché magari tu hai un amico C: per me il Laboratorio utile per queste cose qua, solo che, anche come dicevo prima, è dura far cadere dentro più gente B: ma per i giovani è diverso, noi persone più grandi, non anziane, più grandi, diciamo, abbiamo delle abitudini diverse D: ma ci vuole un punto di partenza e di interesse comune, allora forse qualcosa si muove 189

206 Capitolo 5. I Focus Group EG: E rispetto, invece, alla ai compiti di cura, educazione (rivolgendomi ad A) la cura, quando curi una persona con dei problemi anche fisici l educazione, quindi, educare un bambino, far crescere un bambino e poi, alla conciliazione, che sarebbe la connessione tra il tempo di vita e il tempo di lavoro; cioè, quando tu lavori hai bisogno di persone che ti aiutino a guardare tuo figlio A: sì EG: Secondo voi, in questo posto, avviene anche un po uno scambio, un confronto rispetto alla cura, all educazione, alla conciliazione? Cioè, se io dovessi essere una mamma che ha problemi a educare mio figlio, nel senso che vede che mio figlio, comunque, è molto scostumato, va male a scuola, secondo voi, qui, potrei trovare, oltre agli operatori, anche altre persone in grado di aiutarmi e in che modo? B: certo, con i consigli che date quando vedo i miei bambini e dico guarda come si picchiano e allora tu dici e ma c è un po di gelosia, sai quando giocano insieme e allora due o tre volte voi avete espresso il vostro pensiero sui comportamenti dei bambini EG: Quindi, diciamo, attraverso, il confronto B: certo, magari vivere insieme, hai anche un confronto con le persone che vedono i tuoi nipoti, come li vedono, perché, giustamente, io li vedo in un modo e voi potete valutare i bambini insieme e capire quali sono le problematiche di questi due bambini e dire mah, non so, c è una forma di gelosia nei giochi, non so, uno è po aggressivo, quell altro, non so ; le persone, al di fuori della famiglia, giudicano più correttamente il comportamento dei bambini. Ecco, sì, io riesco a capire quando un amichetto ha dei comportamenti sbagliati, perché non mio nipote; mio nipote D: sei meno coinvolta B: esatto, mio nipote lo tollero un po di più e dico, mah e, invece, le persone fuori dall ambiente giudicano per quello che è il comportamento di ogni bambino e capiscono anche quali sono le carenze affettive STIMOLO 4: Quadro: La danza di H. Matisse EG: A, tu l avevi mai vista questa immagine? Questo quadro di un pittore? A: no 190

207 Capitolo 5. I Focus Group EG: Questo qua io l ho scelto perché mi dà un po l idea di questo cerchio di persone che se magari provo a toglierne una, mi dà un po l idea che tutte le altre cadono, quindi è come se ognuna di queste persone è necessaria all altra, è una risorsa per l altra. Secondo voi, quando parliamo, invece, di risorse, cos è una risorsa? D: tutti siamo la comunità viene fatta da tante persone e ognuno ha le sue capacità e le porta, ognuno è una risorsa per l altro B: una potenzialità, ognuno ha le proprie potenzialità M: quindi, risorsa come potenzialità D: assolutamente è quello che se non riusciamo a capirlo, non ci salteremo fuori! C: se non abbiamo risorse siamo finiti, cioè, è semplice, no? D: e se non sfrutti le risorse giustamente non vai avanti B: ogni individuo ha la sua potenzialità e la sua risorsa, che può, praticamente, trasmettere ad un altro EG: Voi vi sentite risorse per il Laboratorio? D: bè, abbiam detto che tutti le hanno, se tutti le hanno B: ce le avremo anche noi! Nel nostro piccolo, diamo quello che possiamo M: e percepite gli altri come risorse, venendo qua? D: certo C: indiscutibilmente B: certo, altrimenti non verremmo! Certo sono cose molte complicate ed è difficile, però bisogna iniziare. Ecco, ad esempio, io ho notato una cosa, che d estate il Laboratorio rimane chiuso tantissimo, dopo riformare un inserimento e tutto diventa molto dura, perché i Laboratori chiudono a giugno e si riapre a ottobre, quindi, per chi ha, specialmente, dei bambini D: sì, magari in estate ci sarebbe bisogno B: io, ad esempio, molti vanno via a Parma, non c è molta gente, però, se si parla di un discorso di integrazione, è molto importante, perché se lei viene a Parma (rivolgendosi a D) in luglio, lei non capisce di essere di una parmigiana, eh? Specialmente nel nostro quartiere in luglio ed agosto, a volte, arrivo giù e dico ma non so, noi dove siamo andati a finire? Non perché a me 191

208 Capitolo 5. I Focus Group non faccia piacere che ci siano anche gli altri, però, onestamente, anche loro poi i bambini non vanno a scuola e loro non hanno la possibilità di andare in vacanza oppure al Centro estivo e buttare cinquanta euro a settimana! EG: Si sente comunque una carenza B: e sì Ad un ora dall inizio della discussione ci salutiamo. B e C sono i primi ad andarsene, perché devono ritirare il nipote a scuola. Segue D. Rimaniamo con A EG: Dai A, allora, risorsa ci vuoi dire cos è? M: dai, che adesso siamo tra di noi, così non ti vergogni più! Hai letto sul dizionario cos è risorsa? A: re source EG: Cos è? Cosa significa, secondo te? A: una risorsa, non so EG: Stamattina è timida A! M: dai, non essere timida! Ad esempio, lui per me potrebbe essere una risorsa se io non so fare qualcosa e lui mi aiuta A: ah, sì, così M: tu, ad esempio, quand è che ti rendi conto che sei di aiuto per gli altri? A: io che aiuto gli altri, sì l aiuto per gli altri va bene M: quando?ti capita? EG: Se una tua amica deve andare a fare la spesa, ti telefona e dice A, potresti guardarmi il bimbo, che devo andare a far la spesa tu vai o no? A: e si vado, quando c ho tempo vado EG: Quindi, in quel momento, sei una risorsa M: sei una risorsa? A: sì sì, quando c ho tempo vado 192

209 Capitolo 5. I Focus Group EG: E, quando vieni qui al Laboratorio, secondo te, tu riesci ad aiutare qualcuno? A: sì sì M: in che modo? A: perché, quando loro volevano cambiare (sede, si riferisce al trasloco), io venivo qua, aiutavo, portavo EG: Aiutava nel trasloco, a pulire A: dopo aiuto loro a pulire tutte le cose EG: Però, quando vieni qui, e secondo te, trovi una persona magari un po triste, tu che gli fai un bel sorriso, secondo te, lo stai aiutando? A: io? Non so, qualcuno che EG: Tu arrivi qua e trovi una persona un po triste arrivi e fai un bel sorriso, quando sei felice, secondo te lo stai aiutando? A: eh, sì EG: Quindi è importante anche stare con le persone, oltre ad aiutare nelle cose pratiche A: sì, posso parlare con lei EG: Sì, perché lei (A) dà tanti consigli alle persone M: si? A: anche una operatrice ha fatto con me così, dici, parla parla parla EG: Una delle operatrici parla molto con lei, però lei anche poi parla con le altre persone, racconta sempre della sua esperienza, quindi, insomma. Interrompiamo la registrazione e salutiamo anche A. 193

210 Capitolo 5. I Focus Group 2. Il Focus Group con i volontari del Laboratorio Famiglia, 2 dicembre 2013 Al Focus Group (FG) hanno partecipato: A, volontaria dell Associazione Liberamente, che tiene, ormai da anni,un corso di Lingua e cultura italiana rivolto a donne straniere e promuove attività a rilevanza culturale; B, che, nel Laboratorio, è una delle principali curatrici di un corso di Patchwork; C, che rappresenta l Associazione Donne Algerine a Parma, che ogni giovedì mattina si ritrova al Laboratorio; D, che coordina un gruppo di ragazzi Scout del CNGEI che gestiscono un attività di supporto scolastico nell ambito del Progetto Laboratorio Compiti, una volta a settimana; E, volontario della Comunità di S. Egidio, è uno dei responsabili dell attività di supporto scolastico che si svolge al sabato pomeriggio, sempre nell ambito del Progetto Laboratorio Compiti. La seguente tabella riporta alcuni dati socio demografici relativi ai partecipanti al FG: Nome A B C D E Sesso F F F F M Anno e luogo 1945, Parma 1965, Parma 1976, 1951, Parma 1974, Parma di nascita Algeria Stato civile Nubile Coniugata Coniugato Coniugata Coniugato Professione / Attività Pensionata Coltivatrice diretta Disoccupata (casalinga) Pensionata Ricercatore universitario lavorativa Titolo di Laurea Licenza Laurea Diploma Laurea studio Abita in quartiere Oltretorrente Numero figli naturali Da quanto tempo frequenta il Laboratorio Media Magistrale No No Si No No anni (da quando ha aperto) 2 anni 4 anni (da quando ha aperto) 3 anni 3 anni TABELLA 15. Dati socio demografici dei partecipanti al Focus Group Il FG si è svolto presso il Laboratorio Famiglia: la stanza principale è stata riservata al gruppo, mentre la stanza delle attività è stata destinata all intrattenimento dei bambini presenti, sorvegliati da Roberta. Il FG è stato condotto con l ausilio della dott.ssa Morena Drago (indicata nel testo del FG con la sigla M). 194

211 Capitolo 5. I Focus Group Ora di convocazione: / ora di inizio: / ora di fine: I partecipanti vengono fatti accomodare; vengono offerti loro dei dolci e delle bevande per favorire la socializzazione. Ringrazio loro per essere venuti e, man mano che arrivano, presento loro Morena e Roberta. La prima ad arrivare è D, seguita da B :B e D iniziano subito a parlare tra di loro, con il desiderio di conoscersi; B tiene decisamente le fila del discorso. Arriva A, che si aggrega subito al discorso in corso tra B e D. C, arriva con i suoi tre bambini, che vengono fatti accomodare nella stanza riservata al gioco, in compagnia di Roberta. In ritardo di 44 minuti arriva E, che non mostra difficoltà ad inserirsi nella discussione; Nel corso del FG, vi sono stati dei momenti in cui B ed A hanno cercato di centrare su se stesse l attenzione: in particolare, B ha rappresentato, in alcuni passaggi, un elemento di disturbo, che non è sempre si è riusciti ad arginare. Vengono fatte compilare le Liberatorie per la Privacy e le schede anagrafiche e consegnate le Informative sulla Privacy. B C D E A AUDIO REGISTRATORE EG M TV PC FIGURA 12. Il setting del Focus group In attesa che C termini di compilare la documentazione, tra A e D, entrambi ex insegnanti, inizia un confronto rispetto al sistema scolastico; interviene B citando un caso di inagibilità di una struttura scolastica: la interrompiamo per poter iniziare Di seguito, è riportato il testo del FG (la sigla EG sta per Egidio): 195

212 Capitolo 5. I Focus Group EG: vi ringrazio per essere venute. Come vi avevo accennato, questo lavoro serve per la mia tesi di Laurea. Vi spiego brevemente l argomento della mia tesi di Laurea; parlerà dello sviluppo di comunità, che è una strategia di intervento, che viene utilizzata nell ambito delle politiche sociali, il cui fine è quello di migliorare il benessere e la qualità della vita di una comunità. Il problema sta, poi, appunto, nel definire cosa sia una comunità, perché ci sono diverse definizioni in letteratura. A me piacerebbe capire, appunto, insieme alle persone a cui ho chiesto di partecipare a questo gruppo cosa è poi, effettivamente, una comunità dai vari punti di vista e, soprattutto, se pensate che all interno del Laboratorio Famiglia si sia creata negli anni una comunità. Per iniziare vi chiedevo, proprio, di dare una rapida definizione di tre termini che ora scriveremo alla lavagna e di, magari, riportarla sul foglio che ho messo nella carpetta, che sono i termini Laboratorio, Famiglia, Comunità. Scrivono le definizioni, riportate qui di seguito (E, essendo arrivato in ritardo, scriverà le sue definizioni alla fine del Focus): COMUNITA A: gruppo di persone allargato a più famiglie e individui anche di culture diverse, ma integrate B: aggregazione con la cittadinanza con varie iniziative. La comunità è tutta la città volendo C: diverse persone che abitano nella stessa città D: gruppo di persone che si incontrano stabilendo relazioni di conoscenza, aiuto, cultura E: è quel luogo dove le persone sentono insieme e cercano il bene comune FAMIGLIA A: gruppo di persone legato da un legame di sangue e/o affettivo B: aiuto, con personale specializzato, per cercare di risolvere i diversi tipi di problemi che possono insorgere nell ambito familiare C: gruppo di persone che hanno una cosa in comune D: insieme di persone con rapporti di parentela (consanguinei o legami affettivi) E: è dove si costruisce il futuro con dolcezza e amore LABORATORIO A: luogo in cui si elabora e si lavora per B: attività di vario genere da effettuarsi presso una struttura 196

213 Capitolo 5. I Focus Group C: luogo che raccoglie tante persone D: gruppo di lavoro E: un luogo in cui si fa pratica di qualcosa Chiedo di leggere le definizioni. B dà le sue definizioni facendo riferimento al Laboratorio Famiglia in Oltretorrente. EG: mi pare che nelle definizioni di famiglia, più o meno, mi pare che venga messo in evidenza il fatto che sia un legame tra persone D: per me si EG: che, poi, può essere un legame di sangue o un legame affettivo. Tu, B, che tipo di definizione senti vicina? B: bè, un po tutte e due, nel senso che, sì, la famiglia è non necessariamente un legame di sangue A: no, no, per me neanche B: sono delle persone che tu fai la tua famiglia A: ci tengo a dire anch io che non è un legame di sangue, però di affettività ci sono tutte e due le cose B: non necessariamente A: oggettivamente. Io poi la famiglia non la amo molto, infatti non me la son formata EG: è una famiglia uni personale la tua A: eh sì B: sì, poi lì dipende da cioè, appunto, il fatto di esser legati da cioè, che siamo fratelli non è detto che ci vogliamo bene, magari, sono più legato, per dire, al famoso amico o amica o, anche, un semplice conoscente che, comunque, in una qualche maniera fa parte della mia famiglia, che so che quando ho bisogno posso considerare più fratello una persona così che non veramente mio fratello EG: e, diciamo, quindi, la comunità, potrebbe essere un po quel B: no, la comunità è una cosa diversa. La comunità, volendo, è un insieme di persone che comunque possono fare, almeno dal mio punto di vista, cose insieme in armonia e per il bene di tutti, non necessariamente per il mio; cioè, io posso fare una cosa per tutti, però non è necessario 197

214 Capitolo 5. I Focus Group cioè neanche tanto un mio fine personale. Invece, una persona, tornando al discorso della famiglia posso creare un mio gruppo familiare con amici, conoscenti, con le persone con cui io voglio vivere; dopo si vive con tutti, però, se devo scegliere le persone, non è che necessariamente facciano parte del mio stesso DNA D: o forse non è detto che sia una famiglia un gruppo di persone che scegli B: puoi avere un legame profondo, volendo con tuo marito non siete neanche parenti D: sì, sì, ma non dico che la famiglia sia sempre necessariamente una comunità o un gruppo che finzioni bene, non è detto, ecco; però, secondo me, rimane famiglia lo stesso se ci sono dei rapporti di parentela; è la famiglia classica, quella formata da genitori, figli e fratelli: secondo me, si chiama famiglia, anche se all interno non c è un grande accordo. Mentre, son d accordo anch io che si possano stabilire delle relazioni, anche più significative e più utili, se vuoi, più profonde, al di là della famiglia di sangue C: quella non si chiama famiglia amicizia, così; la famiglia è composta da madre, padre e figli B: allora la famiglia è la cosa istituzionale che ti dice le famiglie son composte da madre, padre, figli, cugini, zii, tutta quella roba lì no A: io l ho vista sotto un aspetto normale, nel senso che ho aggiunto o affettivi (si riferisce alla definizione scritta), perché ho pensato alle famiglie allargate, che non sono unite da legami di sangue EG: per famiglia allargata intendiamo, cioè, lo zio, il pro zio, oppure altro? A: no, no, io intendo, magari, i figli di primo letto, divorziati, o roba del genere EG: ok, ok A: io intendevo questo, che comunque sono una famiglia e parlo in senso più erudito che altro, però questa è la situazione reale, perché anch io sono della tua idea che vanno anche meglio tanti altri amici o, addirittura, uno che non sia affatto parente, però, di fatto, io credevo che bisognasse dare un idea di famiglia, eccetera, ecco. Io la mia famiglia, voglio dire, non è solo di sangue, perché altrimenti però adesso c è un affettività che è anche importante, perché esiste il divorzio, esistono i coniugi che si risposano e, comunque, non è che non esistono i figli o, eccetera. È quello è il mio concetto: io spiego il mio, perché così avete chiara la mia idea, se è importante EG: potremmo dire che sia nella famiglia che nella comunità c è una sorta di interdipendenza tra persone? 198

215 Capitolo 5. I Focus Group A: sicuramente sì, perché se tu vieni in una comunità, almeno per come la vedo io, e questa comunità non ti guarda in faccia, non ti conosce, quindi non comunica, ecco, allora noi viviamo in una città che non è una comunità, perché comune vuol dire che abbiamo qualche cosa in comune, abbiamo qualche cosa a cui partecipiamo insieme e, non so, al di là, ho tenuto a dire, delle diverse culture le diverse culture è molto ampio come ambito possono essere diversissime, ma ci deve essere lo stesso rispetto, la stessa reciprocità, hai capito? Altrimenti, non viviamo in una comunità; viviamo in un luogo, dove ci sono tante persone che però non comunicano. A me proprio la radice (etimologica) della comunità è una cosa che abbiamo in comune e questo comune deve essere anche qualcosa a cui noi partecipiamo, gli altri partecipano insieme a noi, altrimenti la comunità non ha significato, questo è quello che penso io EG: voi rispetto alla comunità, invece, siete d accordo rispetto, quindi, a questo avere qualcosa in comune? D: sì C: sì A: la cosa in comune che non sia la mera religione, che sia appunto un rapporto di fiducia B: il territorio A: il territorio, ma non solo, anche la fiducia, perché se tu sei una comunità, abitiamo tutti qui, vuol dire B: tutti qui sicuramente A: esatto, ma anche la fiducia di poter parlare, la fiducia di entrare in un negozio, quella di scambiare due parole, quella di fidarsi anche di quello che ti attornia, perché se no allora, altrimenti, per me, è qualcosa d altro, non è un comunità B: ed è quello che si perso un po A: il senso, sicuramente; però stiamo io credo che si stia recuperando, con un lavoro anche di volontariato un pochino almeno questo concetto, per cui Noi, credo che sia un problema che affrontiamo, quello di fare entrare nella nostra comunità, quindi, anche quelli che vengono da culture diverse, che senza questi tipi di Laboratori non avrebbero lo stesso tipo di integrazione, non siete d accordo? EG: anche tu C vuoi dirci qualcosa visto che è venuto fuori il tema dell immigrazione? C: sì! Ha ragione A: la comunità non vuol dire un gruppo di persone, così, che abitano nello stesso luogo, però che hanno una cosa in comune, che c è una fiducia fra di loro; per esempio, 199

216 Capitolo 5. I Focus Group io quando sono venuta qui in Italia, abitavo nel quartiere da tanti anni, ma non conoscevo nessuno, non parlavo con nessuno, però quando ha aperto questo Laboratorio è stata una cosa in comune del quartiere, con persone del quartiere, con persone che abitano fuori dal quartiere. È nata una cosa proprio bella EG: il fatto magari di poter ritrovarsi in uno stesso luogo? A: ma non solo, scusami. Lei, per esempio, (rivolgendosi a C) sta facendo le Donne Algerine, adesso sta facendo ginnastica, poi ha fatto un corso si è integrata lei è una brava cuoca di, quindi, come si dice, EG: di cous cous? A: no, non solo di cous cous; lei fa la pizza più buona della nostra. Io quando abitavo di fronte e avevo problemi di zuccheri, spesso, le chiedevo un po della sua pizza; cioè, c era, c è anche questo; cioè, il venire a me piace molto il cous cous, lei mi faceva anche quello in primavera e io le facevo qualche cosa d altro, cioè voglio dire, c era anche questo essere insieme, che poi, io mi chiedo sempre, a che cosa serve; stare insieme nel Laboratorio o stare insieme anche fuori per diventare una comunità? EG: così anticipiamo tutto il focus group! Teniamola buona A: è una domanda e allora poi forse daremo una risposta B: e tornando al discorso della comunità, forse, di una volta, diciamo, comunque, Parma io vengo da fuori, ho sempre abitato fuori, però, è sempre stata una cittadina sui abitanti, adesso un pochino i più, perché si è allargata parecchio, però quant è, 120 EG: B: non è che ce ne son tanti di più, rispetto a trenta anni fa, cioè, in proporzione, ci son delle città che forse si son sviluppate di più, però cioè, è un paesone comunque A: lo è sempre stato B: non lo so, perché vedo su a Traversetolo che non è più non ci si conosce più cioè, andavi fuori, conoscevi tutti, adesso esci, ma A: noi, infatti, non facciamo più comunità, nel senso che, secondo me io sono stata fuori a insegnare, poi ho insegnato a Parma, son tornata a Parma e io mi sono trovata molto male, proprio perché Parma è poco aggregante, è poco accogliente, è respingente, tante volte, comunque, nei confronti io sono nata Parma, quindi, non so poi sono andata via che avevo 13 anni, quindi ho fatto a 18 l Università a Bologna, poi ho dato il concorso e sono finita 200

217 Capitolo 5. I Focus Group a Brescia e sono ritornata tardi, insomma. Eppure, non la sento come la mia città, non la vivo bene Parma, perché la trovo un pochino B: bè, Parma, comunque, diciamo che è una città un po chiusa, di suo A: molto, è molto chiusa e questo si vede B: cioè, è un po negli abitanti stessi di Parma, che, comunque, è una città un po chiusa; però, nello stesso tempo, c era questa cosa un po si vive bene, si vive male che, comunque, tutti ci si conosceva A: prima, forse B: e questa cosa si è persa, ma non solo in città, anche nei paesi EG: il fatto di non conoscersi A: no, io pensavo, una comunità di quartiere EG: Bè, forse, nel quartiere è più facile trovare una dimensione B: diciamo che Parma era così una volta, adesso non esistono neanche più i quartieri, in pratica A: io sto dicendo, semplicemente, che ci si trova male tornando da fuori; io, dopo 35 anni, sono tornata e non ho trovato nulla di accattivante D: è pesante come definizione! A: si è pesante, però anche perché io non sono, voglio dire, un emigrante, per cui non conosco la lingua, non conosco gli usi e i costumi, no! Ma proprio è, davvero, una città poco aggregante, ma anche con i giovani, con gli studenti, con tutti quasi indispettita. Io parlo per quello che conosco, perché non è conosca tutto B: no, ma io è successo venti giorni fa: venivo giù, in centro, in bicicletta; sono passata in centro alle 5 e mezza, ho fatto via Repubblica e via Mazzini, non c era nessuno! Cioè, ma questa cosa qui manco all una di mezza di notte una cosa del genere succedeva a Parma EG: era più animata? B: c era gente a tutte le ore del giorno e della notte! Adesso, alle 5 e mezza di pomeriggio non c era nessuno! In via Mazzini i negozi vuoti! EG: e come mai secondo te? B: e che ne so io! Dove è sta gente? EG: forse oggi è di più la gente che lavora? 201

218 Capitolo 5. I Focus Group B: ma ha sempre lavorato la gente A: a Parma c è sempre stato un buon lavoro, ma probabilmente D: io, invece, sono rimasta un po stupita trovandomi alle 8 e mezza di sera proprio in questa via (via D Azeglio) e vedendo la strada piena di ragazzi; bè, c era anche chi festeggiava la laurea, ma forse, adesso, questa abitudine di stare in giro, davanti ai bar B: più che altro sono fuori dai bar perché dentro non possono fumare! D: bè, ma dentro e fuori B: bè ma a quell ora sì perché vanno a comprare l aperitivo D: sono cambiate sicuramente le usanze dei giovani! A: bè, ma c è da dire che le persone comuni hanno paura adesso; cioè, molti hanno paura di uscire dopo le 7, dopo le 8 di sera D: sì, però lei forse faceva riferimento al pomeriggio, tardo pomeriggio B: sì, era pomeriggio, ora di spesa, ora di andar a fare la vasca in centro A: bè, forse, nessuno ha più voglia di fare le vasche, sarà anche un brutto periodo; no è vero! Io trovo della gente che è molto stanca e che è molto giù: non hanno voglio di fare le vasche, come una volta che si andava in giro EG: ora forse c è più una tendenza a chiudersi allora? A: sì, secondo me sì B: può essere anche il periodo, magari uno dice cosa ci vado fare in centro ; se guarda la vetrina si deprime, perché non si può neanche comprare! A: no, ma una volta c era una felicità di festeggiare; ora c è una scontentezza C: quella manca B: bè siamo in una situazione che EG: perché manca secondo voi? A: è deprimente questa grande crisi B: ma non è è vero, ci sono tante problematiche a livello lavorativo, stanno chiudendo tutti. Il problema è che già non c è lavoro, ma abbiamo una situazione che, oltretutto una volta, bene o male, un governo c era, adesso manco quello c è 202

219 Capitolo 5. I Focus Group A: no, no, se è per quello c è Letta M: senza cadere EG: evitiamo la politica! B: non c è stabilità A: voi giovani, smettetela di dire che non parlate di politica, perché la politica è la vita! M: no, era per dire di aiutare Egidio a rimanere sul suo tema A: ebbè, ma anche questo è un tema B: è tutto comunque A: collegato B: volendo, poi sul sociale, sul A: sì, perché il fatto di non avere EG: dei riferimenti, delle certezze, magari? A: sì B: perché la gente poi è destabilizzata! Cioè, io conosco della gente, ragazzi, che vivono separati in casa, non si parlano, non si guardano, solo che non hanno i soldi, perché almeno lì riescono a pagare l affitto, ne pagano uno, cioè ma delle situazioni che sono allucinanti! A: ecco perché non hanno voglia di andare a passeggio EG: forse c è più malessere?voi (C, D) volete aggiungere qualcosa rispetto a questo senso di malessere? D: ma, sicuramente, rispetto agli anni dell immediato dopo guerra, ora è probabilmente diversa, comunque, la percezione dei rapporti che ci sono tra le persone, probabilmente. Allora, abitavo in centro e forse si sentiva di più anche questa collaborazione tra famiglie, eccetera; probabilmente, la stessa struttura delle abitazioni che è cambiata, quindi, dai mega condomini in avanti. Mi ricordo che un mio collega aveva provato a istituire una specie di comune condominiale negli anni 70, poi, insomma, con scarso risultato, però, in effetti, si sente l esigenza di costruire dei rapporti. Mi sembra, invece, adesso ritornando a questo Laboratorio, che sia una bella proposta di attivare una comunità, una comunità di quartiere, se vogliamo, un occasione di incontro, perché se ne sente, comunque, secondo me, l esigenza, ritornando appunto anche anche all ingresso di queste persone che, trent anni fa, non c erano cominciavano, appena, però, è cambiata anche non ce ne erano, però adesso contribuiscono 203

220 Capitolo 5. I Focus Group B: no, trent anni fa Parma, comunque, è una città che gli stranieri li ha sempre vissuti, perché, con l Università, cioè, io mi ricordo, quando era ragazza io, che venivano dall estero ce ne erano tanti! D: bè, non così tanti A: no bè gli stranieri che venivano qui B: sì venivano qua per studiare A: da dove? Dall estero? C era qualche americano, che io abbia conosciuto, ma l estero inteso anche come persone che vengono, anche bisognose, per essere accolte, insomma EG: sì, bè, è sicuramente aumentata l immigrazione negli ultimi anni B: sì, ma quello è un fenomeno generale, nel senso che, forse, noi non eravamo abituati a questo tipo di immigrazione, perché in Francia ce l hanno sempre avuta, c erano le colonie in Inghilterra D: stiamo ora facendo i conti con questa cosa EG: e mi sembra che ci siamo riusciti, vedendo C B: no, non è che, assolutamente EG: volevo sentire il punto di vista di C, perché lei abita nel quartiere Oltretorrente, quindi, da quando sei arrivata in Italia più o meno in che anno sei arrivata?da quando sei arrivata hai notato, dal tuo punto di vista, un evoluzione di questo quartiere? Questo sentirsi comunità, tu, l hai notato nel quartiere Oltretorrente? C: allora, io, prima del Laboratorio, non sentivo la comunità, niente! Era proprio ognuno a casa sua; però dopo il Laboratorio, veramente, è stato un cambiamento radicale, ho conosciuto le italiane abbiamo creato un amicizia veramente importante per me, anche per i miei amici, le mie amiche, che siamo diventate la comunità algerina adesso siamo più uniti Vi siete dati un identità? C: sì, siamo più forti; c è un punto (il Laboratorio) dove ci vediamo ogni giovedì, facciamo delle cose abbiamo fatto delle belle cose insieme, ma anche con gli italiani D: è servita, quindi, a farvi conoscere tra di voi, con altre persone italiane e trovare un punto di incontro, che non fosse la casa dell una o della altra, immagino C: sì, ecco, sì! B: ma siete solo algerine o c è anche 204

221 Capitolo 5. I Focus Group C: nel nostro gruppo, solo algerine B: no no, era così, magari, pensavo anche altre comunità C: no, nel nostro gruppo solo algerini D: è casuale il fatto che siate tutte algerine EG: direi che il ghiaccio si è rotto! Vi faccio vedere il primo spezzone di film STIMOLO 1: Spezzone film Un sogno per domani, Regista: Mimi Leder (durata 2 min, 22 s) EG: qualche riflessione? Su questa idea utopistica? A: l utopia è sempre stata di moda ma, comunque, io non ho afferrato una cosa: il ragazzino era il figlio di questa signora e questo uomo chi è? EG: è il padre con cui, comunque, c è un conflitto. Lui è alcolista, vive da un altra parte, non con loro A: e niente, questa è la classica famiglia dove si vede che ci sono delle problematiche, e anche forti, e, certamente, il ragazzo è propositivo, non è che si chiuda; è una persona aperta anche socialmente, per cui la sua richiesta è quella là di dare un aiuto, probabilmente per riceverlo, e di allargare questa cosa: se uno si occupa di tre, tre si potranno occupare di tre per tre, nove; ogni persona B: alla fine ogni persona si occupa di altre persone A: e quindi sì, quest utopia, che non è, forse, utopia, ma è una possibilità, se non così matematicamente certa; qui c è un buon concetto della comunità no? Che al contrario della famiglia che, invece, non è bella, però c è la volontà di salvare se stesso, gli altri, quelli che ne hanno bisogno, mi sembra che sia quello che sono riuscita a capire dallo spezzone: che lui creda nella possibilità di migliorare, perché se ognuno aiuta, ognuno potrà vivere meglio EG: quindi, questa idea di scambiarsi un favore, passarsi un favore, secondo voi, appunto, sarebbe possibile pensare anche al Laboratorio come luogo di scambio, di scambio di ecco, secondo me, scambio non è qualcosa soltanto di materiale D: lo è già, secondo me, di fatto, almeno, io lo percepisco così per quel poco che frequento e che ho frequentato il Laboratorio, perché mi piacerebbe forse frequentarlo di più ed anche ad altri livelli, però, sì, lo percepisco; io capisco che all inizio, forse, quando è partita la cosa io ero un po scettica, sinceramente, anche perché non ero coinvolta più di tanto, no? Direttamente; devo dire che, invece, sono molto favorevolmente colpita, diciamo, dallo sviluppo di questo tipo 205

222 Capitolo 5. I Focus Group di Laboratorio, perché mi sembra che sia una comunità. E anche un laboratorio, l ho detto prima, per laboratorio è lavoro, qua si svolgono lavori di tipo diverso, ma in comunità; cioè c è una scambio basato soprattutto sulle relazioni, secondo me, e c è uno scambio culturale, uno scambio di ci sono diverse reciprocità, diverse occasioni di scambio reciproco, di rendersi utile e di andare a casa con qualcosa, comunque. Son d accordo con B, quando prima diceva non necessariamente io vengo perché ho un esigenza o perché mi aspetto qualche cosa o desidero qualcosa, però, indipendentemente, è facile che passi questo, che si assorba qualche cosa, che ci si porti a casa una ricetta, un dolce, un sorriso, un sì, anche, alcune volte mi è capitato di parlare, anche quest anno, con delle mamme straniere e, diciamo, sono momenti a cui ripenso volentieri e che se posso, se mi chiedono, di dar un consiglio o, insomma, scambiar una parola, però sono occasioni che sento che, comunque, mi arricchiscono, dei piccoli pezzetti. E, poi, il fatto di vedere che vengono persone in momenti diversi, anche per le cose più banali: un giorno, quando era al Laboratorio Compiti, è venuta una signora abbastanza su di età, che ha portato una borsina di libri che erano di sua figlia, ma iper datati; c è un libro, che adesso ho portato a mio nipote, con delle immagini che mi ricordano i libri che avevo io da bambina e quindi mi ha fatto anche piacere EG: si rivive anche la storia qui D: sì, sì e quindi anche questo passar le cose; la prima cosa che vien da dire è sono libri vecchi, polverosi, no? Se andassimo ad acquistare in una biblioteca per bambini, certamente, non andremmo a scegliere queste cose, però, insomma, ogni cosa ha un suo valore entra una frequentatrice del Laboratorio; il FG si interrompe per alcuni minuti arriva E a 44 minuti dall inizio del FG. Gli introduco brevemente l argomento, illustrandogli quanto emerso fino ad ora EG: quindi, secondo voi, ritornando anche a quello che diceva A, poi dopo l ho bloccata, questa rete che, magari, inizia qui si estende anche al di fuori di queste mura, secondo voi? Questo scambio A: sì, se non è solo all interno del Laboratorio, ma gli scambi avvengono anche all esterno del Laboratorio? Molto meno! Diciamo così che, qui nel Laboratorio, si riesce a fare un certo tipo di lavoro, anche perché le persone che vengono sono sempre corrette, hanno questa forma mentis, cioè, vengono qui quelli che vogliono io son venuta qui cinque anni fa, io sono nata col Laboratorio, con l idea di mettermi qui e, quindi, non di fare del bene, che questo è lontano da me, però di stare qui, conoscere queste persone, perché insegnavo italiano e conoscevo delle lingue e mi sono subito messa in gioco, per vedere anche se c era un certo tipo di sensibilità, anche qui. Quindi, qui al Laboratorio, ci sono tante persone disponibili continuamente; fuori, però, è molto più difficile, perché è questa la realtà dei fatti. Io penso che, forse un pochino 206

223 Capitolo 5. I Focus Group adesso, prendo C, ma c è tutto un gruppo di queste ragazze, che forse adesso cominciano, dopo cinque anni forse adesso cominciano ad avere dei contatti reali anche con persone al di fuori del Laboratorio; quindi, qui c è stata, secondo me, una lunga incubazione, un lungo parto, diciamo così, per cui adesso, forse, probabilmente, ma questo lo dirà C, si stanno raggiungendo degli obiettivi più allargati, nel senso di comunità, perché prima eravamo proprio nel senso del Laboratorio. Poi, certo, io qui conosco delle persone, qui a Parma, che sono talmente allucinanti io, che ho viaggiato tanto, lo posso dire, lo posso garantire: Parma è talmente chiusa che è molto imbarazzante essere parmigiani D: io penso che, forse non sarà un idea mia, nel Laboratorio, questo Laboratorio possa servire ad aprirsi all esterno forse più a loro (indicando C), in modo da continuare questo EG: a loro, gli immigrati? D: per esempio, gli immigrati, che non a noi, non so, io penso a me, io sono A: no, ma io non parlavo di me, non mi sono messa tra quelle che avevano delle problematiche, anche perché, in realtà, non ne ho, però, trovo che sia ma, io sento quello che dicono sugli autobus, quello che pensano, quello che dicono sui neri, sui bianchi, sui gialli, sui turchini: è una cosa veramente terribile; non c è assolutamente da parte di molti la minima volontà di aprirsi a una cultura diversa, né migliore, né peggiore, ma diversa, e, quindi, di integrarsi B: siamo talmente tutti diversi, però A: no, no, allora, ci sono delle diversità reali, poi parliamo no, è che come quando a scuola si parla di handicap: io mi arrabbiavo subito ed ero della sezione handicap, perché ci sono dei problemi che bisogna prendere sul serio e dei problemi che sono meno problemi che si possono risolvere con un po di buona volontà! Quindi, diciamo che noi i nostri problemi, come italiani, ce li possiamo risolvere, però, rimane il fatto che ho trovato Parma una città chiusa e vedo nei confronti delle altre persone, o le altre persone che vengono da fuori sono gentili, sono carine, rispondono alle aspettative di educazione di quello che ti vuole hai capito cosa voglio dire? Quindi, è una cosa terrificante! In più vai lì e accettano perché allora, è musulmano, perché è questo, perché ha un altra religione, perché ha un altro modo di vivere; io la prima cosa che ho detto qua dentro, e C è testimone, perché è stata la prima a mettere piede, dico guardate ragazze: io non sono sposata, non credo in Dio e i bambini mi piacciono a casa delle loro mamme e faccio un complimento! Vi sentite di venire a studiare con me? ecco! E vero che io sono perché, ho detto, sono un pochino diversa, vengo qui al Laboratorio, vengo ad insegnare, ma mica a propormi come esempio. Ci state? Io sono molto diversa ho detto però, io con voi ci sto volentieri : e questa deve essere una reciprocità che deve comunque esistere e che io credo che tolga le persone, che stanno in determinati ambienti, magari scolastici, perché noi insegnanti siamo estremamente abituati a 207

224 Capitolo 5. I Focus Group EG: anche E è un insegnante E: più o meno, insegno a un Università, l ENAIP A: c è una sensibilità, perché siamo proprio abituati, ma i primi tempi sono stati duri: io mi ricordo le prime volte averli ecco, cominciando dall handicap, visto che parliamo socialmente, ci sono stati imposti dall alto, senza avere ricevuto, comunque, un educazione adeguata; poi, un po alla volta, un po alla volta, cominci a capire, cominci ad aprirti e ad accettare. Quindi, quando sono venute queste persone nuove per noi, perché noi non avevamo l Impero, perché noi non abbiamo niente a che spartire né con la Francia, né con l Inghilterra, perché loro è ovvio: ce li avevano in casa; io le prime volte che andavo in Inghilterra ero sconvolta da quanto nero ci fosse, per me, i neri erano tutti uguali: è la verità, io facevo una fatica bestia a riconoscere e bisogna essere seri in queste cose! Quindi, vedi come eravamo ignoranti, impreparati B: ma perché è l ignoranza verso non lo straniero quando viene da bianco, nero o rosso, cioè, perché, comunque, anche l interno A: e no, no, lo straniero che è rosso B: per dire, da Parma a Reggio ah, i Reggiani sono qui, sono lì, sono cioè, per, dire, no? A: e no, quello è costume che uno si mette lì a parlar dei Reggiani B: quindi, quando una persona ti viene da chissà dove e che cosa, c è diffidenza, ma quella diffidenza che, comunque, voglio dire, è un essere umano, è ovvio, l ho proprio buttata terra, terra, terra cosa c è di diverso? Perché ha un altra religione? A me ne frega delle diverse religioni, ne frega minimamente A: ma non a tutti, non a tutti B: è quello, è quello: perché i musulmani sono musulmani e sono tutti così, quell altro viene dalla Costa d Avorio e sono tutti così; non è vero! Cioè, sono A: è quello che sto dicendo B: sì, però la paura dello straniero, ecco! D: si, però, tornando al Laboratorio, come ricaduta all esterno, io, banalmente, mi riferivo ad un occasione; forse, loro hanno più occasioni immediate di una ricaduta all esterno. Come diceva C prima adesso ci conosciamo, cominciamo ad allargarci, certo, sono soprattutto donne algerine, ma questo non è detto che siano solo loro e se poi venga una donna marocchina no ci sia spazio anzi 208

225 Capitolo 5. I Focus Group M: approfitto di questo per farvi una domanda: volevo chiedervi avete visto all interno del Laboratorio nascere, magari, delle relazioni, che, poi, sono andate aventi anche al di fuori degli incontri, delle attività, oppure questo si verifica poco? C: sì, sì. Io dico che al Laboratorio sembra che è nata la prima famiglia: il papà, la mamma e i figli; dopo i figli si sposano, fanno figli. Al Laboratorio, ci siamo conosciute, abbiamo fatto amicizia e questa amicizia si è allargata: siamo andate fuori in giro insieme, abbiamo fatto dei progetti insieme, fuori da qua. Io, per esempio, a casa mia, ho un amica italiana che veniva a trovarmi, quando ero malata il mese scorso; tutte le domeniche veniva a trovarmi, anche alle otto della sera M: quindi, ci sono anche degli scambi tra famiglie?di favori, ad esempio al di fuori delle attività del Laboratorio? C: sì. Sì. Io prima le davo sempre il cous cous e quando io ero malata mi portava sempre le lasagne, i tortelli, come una della mia famiglia, una sorella M: quindi ci sono proprio anche degli scambi, che vanno al di là delle attività che vengono organizzate, al bisogno C: sì EG: Tu, E, vuoi aggiunger qualcosa? E: ma, sì. Stavo pensando, adesso, guardando quello schema, magari, mi viene in mente che noi quello che cerchiamo di fare è anche di portare delle persone abbastanza giovani, diciamo dell età delle scuole superiori, ad incontrare i bambini del quartiere e mi rendo conto che non finisce qua questa cosa, perché l incontro di questi ragazzi, che, magari, appunto, vengono da, hanno una forma mentis un po chiusa, però è un incontro abbastanza coinvolgente con, appunto, famiglie, bambini, di diverse parti del mondo che li cambia; allora, questo cambiamento poi loro lo vivono anche fuori dal Laboratorio Famiglia e questo, secondo me, mi sembra che richiami quello schema. Cioè, uno che, come dire, affronta una realtà diversa qui e poi dopo, come dire, affronta questa realtà che, poi, magari, quando è a scuola, con i coetanei quindi, questo mi sento di dire che è vero. Poi, è chiaro che alcuni che si sono attaccati di più vanno, insomma, a trovare i bambini anche a casa; quindi, come dire, al di fuori del Laboratorio, nascono dei rapporti, diciamo, in più, ecco B: siamo sempre qui, perché dal momento che tu la conosci una persona, ti rendi conto che è come te; il problema è alla base, che dici io quello lì, quello che dicevo prima, viene dall Africa ed è l africano ; voglio dire. No! È una persona come te, non cambia mica niente; quando le persone le conosci, come tutti, in tutti i popoli del mondo, ci sono le brave e le cattive 209

226 Capitolo 5. I Focus Group persone, ma quello è un altro discorso, non è che tutti i cattivi sono venuti in Italia fortunatamente no! EG: quindi, diciamo che il Laboratorio è quel posto da cui può partire quella sorta di volano che poi deve diffondersi altrove? B: questo sicuramente; un altro posto è la scuola, però, poi, vedo che tante volte ci sono ragazze che sono anche aperte mentalmente, voglio dire. Però, poi, vedo, su da noi, non è che siamo un Comune in pace, siamo 8000 abitanti, voglio dire cioè, tutti lì cadono! EG: cioè, quindi, ci sono dei luoghi chiamati a fare un minimo di controllo sociale, quindi la scuola, B: no, però, per dire: ad esempio, ci sono le classi, che adesso, in tutti i paesi di Italia, ci sono i bambini stranieri e si isolano loro stessi, perché tu li chiami a fare le feste di compleanno, a fare qui, a fare lì: non ci vengono, sono loro stessi che non vengono! Allora, io ti chiamo una volta, ti chiamo due, ti posso chiamar la terza volta e la quarta, cioè, non ti guardo neanche in faccia, per dire EG: vabbè, però quello penso che non sia il fatto di essere stranieri, penso che vada un po oltre A: bè, insomma, si acuisce B: e, dal momento che io ti chiamo D: scusa! Se noi ribaltassimo la situazione e se fossimo noi in un Paese straniero, invitato a partecipare alle feste di compleanno, forse non è detto che ci andremmo subito, forse eh! B: però, il bambino, comunque, sì non ne discuto, però il bambino, se sono a scuola 24 ore sono a scuola tutta la mattina, tutto il giorno, a seconda degli orari che fanno, quindi, cioè, non è che vai i bambini, cioè, sono quelli i bambini, sono quelli della scuola! D: però sono i genitori che li mandano i bambini; i bambini, certo, hanno meno problemi: crescono insieme, si relazionano, vivono insieme B: ma io lo faccio per il bambino D: no, ma lo so, l intenzione è la migliore, sicuramente, però, secondo me, non è facile per noi metterci nei panni degli adulti stranieri, forse ci pensano un attimo C: forse gli stranieri non hanno la cultura di fare i compleanni! B: ma no, perché non sono tutti quelli che vogliono sono pochi 210

227 Capitolo 5. I Focus Group EG: ci vuole tempo, anche quelli son processi lunghi! B: bè, però insomma, quando sei a scuola, ti dico subito non ci eravamo neanche accorti: in prima elementare, c erano da comprare i libri, prendi su, vai a prendere venti di questi, venti di quest altro e venti di religione; poi, porto sti libri e domando a una ragazza marocchina ma io te l ho preso il libro, ho fatto bene? ah, sì sì, hai fatto bene!, ha detto perché male non gli fa hai capito? E perché non vorrei aver fatto una gaff, cioè, perché io non mi son neanche posta il problema, però so che, ho detto, normalmente, voi la religione non la fate no, no, è bene che la faccia ha detto EG: l ultima cosa che volevo dirvi su questo punto era se vi capita di organizzare delle attività, dato che molti di voi fanno parte di altre Associazioni, se vi capita di organizzare delle attività, al di fuori del Laboratorio, e vedere, comunque, una partecipazione di persone anche del Laboratorio stesso, non so,se c è un evento in un altro posto C: sì, sì, ad esempio, abbiamo organizzato un corso di dolci, tante volte,ad esempio, hanno partecipato tante persone dal Laboratorio EG: anche in altri luoghi quindi? C: sì, abbiamo fatto anche tre volte la giornata del cous cous della primavera, un pranzo, tutti insieme, e c erano quasi tutte le persone che frequentano il Laboratorio B: c era un casino di gente, non sapevamo neanche dove metterci! EG: quindi, funziona questa rete, mi pare di capire. Vediamo allora il prossimo pezzetto di film STIMOLO 2: Spezzone film Il favoloso mondo di Amelie, Regista: Jean Pierre Jeunet (durata 1 min,28 s) EG: rispetto a questo invece? Che cosa vi viene in mente? D: Aveva bisogno di questo? Avrà avuto bisogno di questo? B: e lo stavo dicendo anche io doveva attraversare la strada? No perché era abbastanza C. delle volte, io ho capito che cerchiamo di aiutare delle persone senza chiedere di che cosa hanno bisogno e dopo le mettiamo nel A: nel caos! B: come va a finire quella scena? 211

228 Capitolo 5. I Focus Group EG: così, la scena poi si concentra su di lei, lui è ormai è arrivato lì, parcheggiato non sappiamo che fine ha fatto! B: parcheggiato lì, non sa neanche dove era! D: lei forse si è sentita bene EG: ecco! D: però non sappiamo se effettivamente è stato utile quello che ha fatto B: eh, è quello! E: comunque rideva lui D: lui si, anche all inizio sembrava contento EG: di avere una persona che lo curasse B: ma era contento o era spiazzato? D: subito sembrava di sì EG: Però lei ha avuto questa sorta di slancio per cui, alla fine, si sentiva bene e, probabilmente, anche lui, trascorrere quei pochi secondi con una persona, per lui è stata magari qualcosa di diverso e ha fatto star bene anche lui, al di là del fatto che B: sì, anche se lui non doveva andare dove l ha portato, comunque, tutto l insieme è stato utile forse anche a lui, nel senso che ha avuto un esperienza C: forse perché ha fatto un viaggio che non vedeva cosa c è e lei ha raccontato A: lei gli ha raccontato tutto, in maniera veloce, però simpatica, per cui, pur essendo l approccio strano per se stesso, poteva essere assolutamente gradevole; io credo che lei, in effetti, si sia sentita meglio di lui, ma chissà, lui probabilmente non aveva mai visto un film a colori o così come glielo stava dipingendo lei, anche se estremamente di fretta E: secondo me mi sembra che non esista neanche qui al Laboratorio Famiglia un volontario asettico: è chiaro che c è un coinvolgimento, quindi, appunto, c è amicizia, simpatia. Con troppa simpatia si possono anche fare degli errori, però ugualmente, anche, cioè, in questa cosa, appunto, simpatica e coinvolgente, anche, appunto, questo signore non vedente ha tratto giovamento, secondo me; cioè, è importante questa dimensione. Anche, ad esempio, noi facciamo i compiti con i bambini, ma non siamo dei docenti inflessibili, come dire, di grammatica italiana, ecco; cioè, cerchiamo anche di metter su un rapporto con i bambini, perché se no 212

229 Capitolo 5. I Focus Group D: non a caso, alcuni vengono senza i compiti E: eh sì, esatto! B: bè, venire a fare dei compiti senza i compiti C: mio figlio B: è uno di quelli! C: i compiti li fa o venerdì sera o sabato mattina, però a lui piacerebbe venire qua anche se non ha i compiti E: bè, digli di venire il sabato pomeriggio! C: io penso che lui disturba dopo EG: quindi diciamo che, da questo punto di vista, come diceva E, è emerso anche il fatto che essere volontari può essere anche un valore aggiunto per un posto come questo. Voi siete tutti volontari: qual è, quindi, secondo voi, il valore aggiunto che potete dare al Laboratorio Famiglia? A: io credo la nostra capacità di interagire con gli altri, anche la nostra affettività; io credo che noi abbiamo la possibilità anche di captare, anche, dei bisogni; ma io parlo anche, molto, come insegnante: siamo stati abituati, quindi forse ci viene più facile, non lo so. Io parlo per me, però vedo anche le ragazze (le operatrici), che ci sono più spesso, vedo proprio che capiscono abbastanza al volo quelle che sono le necessità delle persone che vengono qui, quindi, sì non sono soltanto delle brave segretarie, delle brave, così, lavoratrici del Laboratorio, ma sono anche delle persone che sanno incontrare l altro; cioè, voglio dire, è estremamente importante EG: e, invece, rispetto a voi che fate tutto gratuitamente, con la vostra volontà, secondo voi, cioè, volevo sapere proprio qual è il vostro punto di vista A: sì, sì, io parlavo di questo, che c è la volontà, altrimenti non verremmo neanche; c è questa capacità di confrontarsi con gli altri e di recepire, perché questo importante, intanto, ma bisogna anche ascoltare B: e anche un po di egoismo A: ma non credo proprio B: no no un po di egoismo, nel senso che, comunque, magari se vedi che quello che hai davanti, che cerchi di aiutare ti fa star bene anche a te A: no, ma questo qui non è egoismo, questa è sana 213

230 Capitolo 5. I Focus Group B: è sano egoismo EG: è reciprocità? A: sì, se tu pensi che hai davanti una statua di marmo, che non ti dà nulla, allora è meglio che tu stia a casa, insomma, voglio dire, perché lo scopo del Laboratorio non è questo, ecco. Io sono qui, insegno, ma quando ho detto non solo italiano a chi l ho detto prima? Ecco, ho detto non solo, proprio perché non è quello che insegno soltanto, poi, voglio dire, c è anche altre cose, abbiamo parlato di tutto. Il nostro, poi, si chiamava Angolo della conversazione; abbiamo anche parlato di molte ricette, per esempio, perché nessuno lo sa, ma ci hanno anche pubblicato un libro (con le donne algerine), anche perché abbiamo lavorato in un certo modo. Alcune di loro (le donne algerine) non sono potute venire, però i fotografi sono venuti qua, hanno fatto delle foto questo libro, in questo libro ci sono le foto loro; poi, io sono andata a prendere il libro alla festa, dove insomma, hanno fatto una festa, anche in nostro onore, e quindi anche a Bologna siamo state, per cui. Quindi, va al di là proprio e la ricetta era la mia! EG: tu, C, stavi dicendo qualcosa prima? C: nel Laboratorio la minima cosa è trovare una persona che ti ascolta, perché quando vai in giro fuori, anche se sei stressato, se sei giù di morale, hai dei problemi, non trovi un posto dove le persone ti ascoltano; invece, qua, appena tu entri, a me le persone che qua, per esempio A, la coordinatrice, le operatrici, appena mi vedono oggi non stai bene; oggi sei felice; oggi ; sono subito mi conoscono bene, anche se, delle volte, provo a nascondere delle cose, però siamo così uniti, così vicini che possiamo capire anche con gli occhi E: poi, secondo me, la gratuità è un valore, cioè, far le cose gratis, anche fuori gratis, a questo mondo, cioè, non c è più niente gratis; far una cosa gratis, penso che, come si diceva prima, rende felici, però anche vedo che fare una cosa gratis per un altro, cioè, è un valore, migliora la società, secondo me EG: e vi è mai capitato, ad esempio, di vedere delle persone che, magari, seguendo il vostro esempio di volontari, hanno poi deciso di attivarsi anche loro come volontari? C: sì, sì tanti; a me, tra le mie amiche (le donne algerine) ci sono tante che non frequentavano il Laboratorio e quando io dicevo dai venite erano un po indignate, dicevano ma cosa facciamo, cosa veniamo a fare ; però, adesso, quando hanno capito cosa vuol dire Laboratorio, adesso vengono spesso A: credo che la domanda fosse un altra EG: Sì, se, attraverso voi, altre persone si sono attivate come volontarie, quindi venire qui e anche loro proporre delle attività da svolgere gratis, fare qualcosa gratis 214

231 Capitolo 5. I Focus Group C: è quello A: no, ma voi venite qua ma perché allora non abbiamo capito, queste signore vengono qua e fanno qualcosa per il Laboratorio? C: sì, sì sono diventate anche loro volontarie A: a ecco, non avevo capito EG: Volete, rispetto al volontariato, aggiungere altro? A: ma, io, cosa vuoi che ti dica? Fai le cose anche quando sei stanco e poi faccio delle cose, quand è stato, giovedì (alla sera, A ha letto alcuni suoi scritti con altre due donne)? Che sono venuta, sforzandomi parecchio, poi è stato carino, ecco, però poi dopo ho detto sono contenta di essere andata ; cioè, mi sono praticamente quasi violentata, perché non è nel mio carattere, però, poi mi è venuto in mente, ho fatto tanti lavori in questo senso M: lei conosce persone che si sono proposte A: ma io, guarda, ho un amica a cui dico sempre perché non vieni, poi lei mi dice sempre verrò e non l ho ancora vista, comunque, perché ci sono quelli che hanno i buoni propositi M: quindi, ci sono alcuni casi in cui le persone recepiscono bene il volontariato, in altri, invece, rimane più un buon proposito? A: sì, e poi, secondo me, davvero possono esserci secondo me, se quella signora venisse una sola volta, dopo tornerebbe, io sono di questa idea: che bisogna provarci EG: è giusto lo scoglio iniziale A: sì, c è questo gap che devi superare B: sì perché poi uno dice non tanto il fatto di dire cosa fare, ma poi se ci vado una volta poi devo andarci sempre, anche una cosa del genere, ma quello ti viene automaticamente, se fai una cosa che ti piace fare A: no, ma io vorrei anche dire questo: delle volte, ti costa, perché delle volte non sto bene, ecco, voglio dire, staresti anche a casa, perché ne ho avute di cose B: perché, appunto, se dici no oggi, se vado là, faccio più del danno che dell utile, succede, voglio dire, poi vai e stai bene A: no no ma io lo faccio lo stesso! 215

232 Capitolo 5. I Focus Group C: ma anche per i bambini, il Laboratorio è una cosa il Laboratorio quando si svegliano e dicono mamma ma oggi c è il Laboratorio? e dico sì, si svegliano felici, quando non c è dicono e vabbè! STIMOLO 3: Scena finale Il cammino della speranza, Regista: Pietro Germi (durata 4 min, 44 s) EG: su questo cosa vi viene in mente, cosa vi ha comunicato? B aveva visto il film due giorni prima del FG: inizia a farne una sintesi; la blocco EG: io lo ho scelto perché mi comunicava, cioè, innanzi tutto mi faceva riflettere sulla solitudine: era significativo, secondo me B: no, no, non è la solitudine EG: ti dico quello che mi ha trasmesso B: sì, ma questo gruppo di persone, che si odiano tra loro e scappano dalla Sicilia per andare a lavorare in Francia EG: esatto, anche questo B: perché hanno trovato questo qui che ha detto e andiamo in Francia che c è e apriti cielo, come succede adesso in certi posti del mondo e loro sono clandestini, perché loro, comunque, vanno in Francia da clandestini ed è quello che sta succedendo adesso con loro (indicando C) EG: però, appunto, rispetto al fatto che un gruppo di persone, ne hanno persi tanti per strada, però, comunque, messi insieme, riescono a realizzare un impresa che, altrimenti, sarebbe stata impossibile, cioè passare dalla Sicilia alla Francia B: si, ma perché, comunque, c è lui che li tiene insieme, c è una persona che li tiene insieme EG: esatto B: perché se no loro, da quando sono arrivati a Roma, se non fosse stato per lui, come si chiama? Se non ci fosse stato lui, tant è che la donna, quella lì che ha il bambino in mano, che i bambini non ho capito di chi sono, quella ragazza lì, lei era scappata e la trovano per strada e gli altri non la vogliono perché lei ha fatto qualcosa EG: quindi tante persone disgregate B: e lui ha detto ma scusate, è nella vostra situazione 216

233 Capitolo 5. I Focus Group EG: mettiamoci insieme! Quindi comunque rispetto a questo mettersi insieme, come dicevamo anche prima B: è, comunque, l unità che, comunque, in qualche maniera, sono riusciti a mantenere li ha portati dove dovevano andare, lo scopo finale è stato raggiunto EG: perché, appunto, si sono uniti. E secondo voi, invece, quand è che una persona è sola o vulnerabile? A: probabilmente, sono vulnerabili anche questi (i protagonisti della scena del film), perché non riescono l atteggiamento della signora, il suo è un viso estremamente spaventato, quindi, voglio dire, quella gente era tutta vulnerabile D: presi singolarmente sono vulnerabili B: sì, ma perché, comunque, presi in quel momento lì, con tutte le peripezie che hanno avuto, perché una cosa che doveva essere di due, tre giorni ci hanno messo poi dei mesi ad arrivare lì, eh M: bè, riguardo proprio alla solitudine, quand è che una persona è sola? Quand è che ci si sente soli? A: ci si può sentire soli in tanti modi, è una risposta estremamente difficile M: per esempio A: puoi essere solo davanti a una cosa oceanica o davanti a tuo marito con i tuoi figli; la solitudine è, spesso, un sentimento del cuore che va al di là. Io credo che una persona si senta sola quando non è capita, quando si sente sfruttata, quando non si sente amata, ma, soprattutto, io credo, quando non è capita, quando non cerchiamo di capire le problematiche delle persone, la felicità e l infelicità, il fatto di conoscerci e dire ma come stai oggi e quello di dare un occhiata che sia accogliente. Ecco, se tu non ricevi un occhiata da nessuno, quella è la vera solitudine C: ma anche quando non conosci, vai in un posto che non conosci nessuno, lì ti senti più che sola; per esempio, noi, quando siamo arrivati in Italia, era tutto diverso, la lingua, non riuscivamo a capire, non parlavamo con nessuno: è una cosa terribile M: secondo te, E, invece E: ma, spesso, secondo me, cioè davanti a delle difficoltà, magari anche piccole, no? Che però non si riescono a superare. Io ho presente le famiglie che vengono, appunto, il sabato dicendo eh, mio figlio non va tanto bene a scuola, però mi rendo conto che probabilmente, il fatto che la lingua sia diversa, perché molti sono stranieri, la difficoltà anche a rapportarsi con le maestre, 217

234 Capitolo 5. I Focus Group sono tutta una serie di cose che ti fanno sentire solo in un Paese straniero; cioè, magari, anche cose che, appunto, per una famiglia italiana potrebbero essere facilmente superate, per la tradizione, i rapporti, per tante famiglie diventano insuperabili, come attraversare un confine, ecco. Penso che, sì, anche la paura rende soli, il fatto di non conoscere gli altri B: sì, forse più quello, perché, comunque, cioè lei diceva (C) sono qui e non conosco nessuno, non conosco la lingua, quindi non riesco a interagire, neanche a chiedere il pane, perché non so come si dice, quindi diventa problematica anche questa cosa qui e ben vengano questi posti E chi le aiuta queste persone sole? B: posti come questo, il problema è che non tutti sanno di queste realtà; ma sole, nel senso che comunque sole cosa vuol dire? Qualsiasi cosa; io mi posso sentire sola, che poi cioè qua (in riferimento a quanto detto da E) si parla di extracomunitari, ma torniamo a quelle famiglie con disagi EG: no, no, non è solo una questione di extracomunitari B: io mi posso sentire solo, ma quando sai che ci sono dei posti come questo che, comunque, in una qualche maniera, tu vieni dentro senza chiederti chi sei e ti dicono di cosa hai bisogno, possiamo aiutarti in una qualche maniera ; guarda io vengo dentro perché ho difficoltà ad andare a fare la spesa, scrivetemi l elenco della spesa EG: e rispetto, invece, ai compiti di cura, educazione, conciliazione, visto che, comunque, ultimamente, si parla tanto della conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, si parla tanto dei problemi di cura perché la popolazione sta invecchiando molto, ci sono molti anziani che non hanno più figure in grado di accudirli, lo stesso avviene per i bambini che, comunque, molto spesso hanno i due genitori che lavorano; che poi vi sono anche problemi a livello educativo, perché nelle scuole aumentano i casi di bullismo, voi sicuramente ne sapete più di tutti (A, D) e, secondo voi, appunto, in questo luogo avviene anche uno scambio rispetto a queste tematiche? Se sì, in che modo? C: sì, per esempio conosci la G (una pre - adolescente che frequenta il Laboratorio)? La G che prima veniva qua con la nonna, stavamo molto bene insieme con la nonna; adesso la nonna sta male, però la G continua a venire con la babysitter perché si trova bene qua, anche se non c è la nonna che la porta, perché sta male, però lei viene lo stesso e si trova bene B: però qui torniamo al discorso che si faceva prima della famosa comunità, perché io mi ricordo quando era un bambina, si andava giù in cortile, saremo stati in venti, venticinque bambini, ma di tutte le età, a partire da quello di due anni che cominciava già a camminare, si arrangiava da solo a camminare al dodici, tredicenne; quindi, automaticamente ti controllavi uno con l altra e non andavi fuori, andavi in cortile, non andavi in strada, non ci pensavi neanche di 218

235 Capitolo 5. I Focus Group andare in strada. Adesso, cioè io vedo, anche nei palazzi dove ci sono tanti bambini, non ci sono, dove sono sti bambini? O stanno in casa, qualcuno gli viene in mente di portarlo al parchetto come i cani e non li mollano insieme, quindi, automaticamente, ho bisogno, come diceva C, e ho dovuto chiamare la babysitter, una volta li lascio al vicino di casa Non esiste più questa cosa, secondo voi, si è persa? C: si è persa B: si è persa molto; una volta trovavi in giro per città i bambini da soli che andavano dalla nonna, dall amico, ora non esiste più questa cosa qui D: c era più sicurezza EG: e questo, secondo voi, può essere visto come un posto in cui le famiglie si confrontano rispetto all educazione dei figli, alla cura? C: sì B: sì, perché tu vieni, hai un A: magari, non è che ci si confronti così B: però se io so di avere un problema, poi, dopo la gente ha paura e quindi non viene; però se io so che ho un problema con mio figlio, con la scuola, con la lingua, sai che ci sono dei posti, perché non c è solo questo, ce ne sono diversi M: il Laboratorio può essere un supporto per quanto riguarda l educazione, la conciliazione? B: secondo me sì, è comunque un inizio EG: Dal punto di vista del Laboratorio Compiti, voi, D, E, che, comunque, incontrate tante famiglie? E: io vorrei avere più rapporti con le famiglie, però è chiaro che c è sempre pochissimo tempo per farlo, però mi rendo conto che quando vengono qui i bambini sono arrivati in modo diverso dalle famiglie, cioè, il fatto che portino a casa i compiti fatti, quando invece a casa non riescono a farli, questo cambia l atteggiamento dei genitori verso i figli C: risolvono un grosso problema E: esatto B: però chi porta qua i bambini per farli fare i compiti perché a casa per un motivo o un altro non riesce a farglieli fare, ma non perché non vuole farli, ma non sono in grado i genitori! Perché io, c è gente più giovane di me, io ho fatto la terza media e vorrei farvi vedere la mia 219

236 Capitolo 5. I Focus Group pagella: io penso di essere la persona più ignorante di questo mondo, però quando in quarta elementare facevano le divisioni, mi son venute a chiedere delle mamme più giovani di me, con le scuole superiori, ma come si fanno le divisioni? A me è caduto E. certo A: questo è un altro problema B: ma questi erano italiani! A: indubbiamente B: ben vengano loro (indicando C) che mi metto nei suoi panni, che per certe cose, ma non la matematica che è uguale in tutto il mondo, ma l italiano, la storia, la geografia, perché cambiano, e non si è in grado di insegnarle, ma io capisco benissimo E: secondo me, proprio, cambia la visione che tu hai di tuo figlio, perché, magari, non riesci a capire se tuo figlio va male a scuola, perché, non so, non ci arriva, e il fatto che tuo figlio torni a casa con i compiti fatti cambia il rapporto dei genitori col bambino B: ma sicuramente, perché se io non sono in grado di aiutarti per qualsiasi motivo, tu sei andato là, hai avuto un aiuto per fare i compiti, oggi li ha fatti con lui, domani prova, se non ci riusciamo la prossima volta ti fai spiegare: è il genitore, capito, dal momento che vengono qui a fare i compiti è perché i genitori che ritengono che i bambini facciano i compiti e imparino e, invece, ci sono quelli che se ne fregano EG: però, appunto, al di là di fare i compiti, c è dietro tutto l aspetto di sostegno proprio nell educazione, nella relazione tra genitore e bambino, che va oltre il compito B: ma non è mica detto che poi il bambino quando va a casa insegna a fare i compiti al genitore! EG: no, appunto, la domanda era se all interno di questo luogo avviene anche, oltre al sostegno al bambino nel fare i compiti, se i avviene anche il sostegno al genitore nella relazione B: a bè, quello lo devono saper loro (D, E) D: può capitare B: delle volte bisogna mettere il genitore col bambino a fare i compiti! E: sì sì, delle volte può capitare D: spesso i bambini vengono da soli, non vengono accompagnati e quindi ci sono meno occasioni di parlare con i genitori; quest anno mi è capitato di incontrare spesso una mamma 220

237 Capitolo 5. I Focus Group che viene anche con i bambini piccoli, quindi mentre i ragazzi fanno fare i compiti ai bambini a me è capitato di parlare, anche su questioni didattiche, così, qualche suggerimento A: anche a me spesso è capitato che qualcuno mi chiedesse di insegnare come insegnare; il problema è quello di avere dei figli che vadano bene a scuola: è un grosso problema dei genitori, che a volte mi chiedono se faccio lezione anche per loro così poi sono in grado di aiutare loro i figli, perché c è anche questa volontà da parte dei genitori D: sì sostanzialmente è quello, i genitori che mandano i figli qua sono stati sensibilizzati, anche dagli insegnanti di scuola; quindi, si è cercato di far capire anche ai genitori il valore di quest opportunità, di questo Laboratorio. A me è capitato anche di raccontare a delle colleghe insegnanti EG: un passaparola quindi D: sì sì è un passaparola B: ma è sempre la volontà dei genitori che ci tengono A: bè certo altrimenti non si informerebbero B: però come dicevi (E) sono più bambini stranieri, che italiani, perché i genitori proprio non li possono aiutare STIMOLO 4: Quadro: La danza di H. Matisse EG: L ho scelto perché mi dà un po l idea di questo cerchio di persone che si incastrano in modo tale che se spostiamo una, mi dà l idea che tutte le altre cadono. Quindi, rispetto a questo, volevo chiedervi che cos è una risorsa e se voi vi sentite una risorsa per questo Laboratorio? E se, allo stesso tempo, credete, comunque, di poter fruire delle risorse che gli altri hanno da offrirvi. Partiamo da E E: cos è una risorsa? Difficile, nel senso cioè, tutti possono essere risorsa: ho sempre pensato che non c è nessuno che non può fare niente per gli altri, questa è una considerazione che, cioè, ad esempio, anche un anziano allettato può fare qualcosa per un altro, può aiutare quindi, tutti sono risorsa. Io mi sento una risorsa? Sì, sì sì, cerco di essere una risorsa, poi a volte, è chiaro, non so se positiva o negativa. Penso che il discorso della rete, dell essere nello stesso luogo, fare a volte cose simili, a volte cose diverse, tutto questo arricchisce D: sostanzialmente, sono d accordo, già in parte forse ho risposto prima con un altro intervento; credo che, secondo me, arricchiscono queste occasioni di offrirsi, di dare, attraverso il volontariato, quindi anche attraverso un attività di ascolto. Penso, soprattutto, non so, ai genitori 221

238 Capitolo 5. I Focus Group stranieri che ho occasione di incontrare sul cammino. Questo quadro mi suggerisce anche un altra parola: armonia, quindi la aggiungerei alla visione di questo Laboratorio, di questa comunità, in aggiunta a quanto detto prima C: secondo me, una persona può essere può dare e ricevere e la catena si costruisce così nell andare avanti: io faccio così, tu fai quello e lui fa quello; io propongo questo, l atro dice un altra cosa e così si forma la comunità M: secondo te cos è una risorsa? C: risorsa è dove la persona può dare, può essere utile per se stessa e anche per gli altri EG: è un qualcosa che doni di te? C: sì, sì un aiuto, un idea, tante cose M: e tu nel Laboratorio senti di recepire delle risorse da parte di altre persone? C: sì, sì io ho ricevuto tante cose, soprattutto per il morale, sì! B: io dico una frase non ci sono maestri: siamo tutti maestri e tutti allievi EG: significativa M: una risorsa per te cos è? B: è essere utili, una cosa che è utile a tutti, io sono una risorsa per lei, lei per me, quando dai e quando ricevi, più che altro, perché se ricevi vuol dire che c è qualcuno che ti dà e quello che t ha dato, se riesci a recepirlo davvero, riesce a darlo anche a qualcun altro EG: tu, A? A: no, personalmente credo di essere una risorsa, ma nella misura in cui chi può attingere una risorsa da qualche cosa ne abbia davvero da usufruire, perché io, essendo una risorsa, devo anche credere, altrimenti non danziamo più insieme, ma ballo da sola, che ci siano delle risposte anche dall altra parte: C, parlo di C perché la conosco da quattro anni C diventa una risorsa per me nella misura in cui la intendo per risorsa; quando lei ha detto il morale è estremamente importante, perché sul piano personale, come insegnante, credo di essere stata per loro una risorsa, ma sul piano umano, credo di aver ricevuto anche tanto: abbiamo danzato davvero insieme e se ci fossimo sparpagliate, sicuramente non avremmo fatto un bel balletto. Io sono convinta che il bello di questo sia continuare capendo, perché per la rete, come diceva D, bisogna andare insieme C: fare insieme 222

239 Capitolo 5. I Focus Group A: fare insieme! Poi, a volte è possibile, a volte no anche perché poi altrimenti diventa un utopia nell utopia, ma questo deve essere lo scopo, ecco C: ma anche nella vita, se ti ricordi A la storia di mamma Aisha A: sì, la fiaba algerina C: sì, posso raccontare un po questa fiaba? Che una donna aveva una gatta, dopo questa gatta ha bevuto il latte della donna; cosa ha fatto la donna? Ha tagliato la sua coda e le ha detto devi portarmi il mio latte, così ti rido la coda ; e questa gatta, poverina, è andata dalla capra A: lei avrebbe voluto il latte, ma per prendere il latte ci voleva il terreno, allora le ha dovuto dar da bere perché crescesse l erba, andare dalla mucca perché potesse, insomma è tutta una storia per e quando lei ritorna con il latte, la mamma Aisha le ridà la coda C: allora per crescere l erba ci voleva l acqua, ci voleva il giardiniere, ci voleva l idraulico era tutta una catena: ognuno ha bisogno dell altro, non c è nessuno perfetto che può fare tutto da solo; la solitudine non può portare le persone avanti, ci vuole sempre un aiuto dagli altri EG: allora, direi che con questa bella fiaba possiamo salutarci. Vi ringrazio ancora per essere venuti; è stato davvero importantissimo il vostro contributo Ci salutiamo 223

240 Capitolo 5. I Focus Group 3. Il Focus Group con i frequentatori del Laboratorio Famiglia, 14 dicembre 2013 Dal momento che nel primo FG fatto con alcuni frequentatori del Laboratorio Famiglia (il giorno 2 dicembre) si sono verificate delle dinamiche inattese (due delle donne invitate hanno interagito poco; uno degli invitati ha portato con sé anche sua moglie), si è ritenuto opportuno realizzarne un altro, contattando dei frequentatori altri rispetto a quelli già intervistati, al fine di aumentare la quantità di punti di vista utili ad arricchire la ricerca. Al Focus Group (FG) hanno partecipato: A, che frequenta il Laboratorio da due anni, con la sua bambina, nel momento destinato a madri con figli della fascia di età 0 3 anni; B. che fa parte del gruppo delle Donne Algerine, che si ritrova al Laboratorio al giovedì mattina; C, che frequenta il Laboratorio da pochi mesi con le sue tre bambine, per partecipare all Atelier di espressività; inoltre, facendo parte di un Gruppo di Acquisto Solidale, ha proposto all équipe del Laboratorio di poter utilizzare, una tantum, la struttura per incontrarsi con gli altri membri del gruppo, che ha poi coinvolto anche nelle altre attività proposte dal Laboratorio. La seguente tabella riporta alcuni dati socio demografici relativi ai partecipanti al FG: Nome A B C Sesso F F F Anno e luogo di 1979, Brindisi 1972, Algeria 1986, Parma nascita Stato civile Nubile Coniugata Nubile Professione / Attività lavorativa Operatrice d accoglienza Disoccupata (casalinga) Disoccupata (casalinga e mamma professionista ) Titolo di studio Laurea Laurea Diploma ragioneria Abita in quartiere No No Si Oltretorrente Numero figli naturali Da quanto tempo 2 anni 4 anni 1 mese e mezzo frequenta il Laboratorio TABELLA 16. Dati socio demografici dei partecipanti al Focus Group Il FG si è svolto presso il Laboratorio Famiglia, nella stanza principale. Ora di convocazione: 9.30 / ora di inizio: 9.40 / ora di fine: A e B arrivano in orario; C viene contattata telefonicamente, ma non risponde, mentre B riferisce che D non potrà raggiungerci per motivi di salute. Inizia la discussione con A e B, che, di fatto, non sarà una discussione di gruppo; quando sarà terminata, giungerà C, che verrà, quindi, intervistata da sola. 224

241 Capitolo 5. I Focus Group Vengono fatte compilare le Liberatorie per la Privacy e le schede anagrafiche e consegnate le Informative sulla Privacy. B A C AUDIO REGISTRATORE EG EG AUDIO REGISTRATORE TV TV PC PC FIGURA 13. Il setting del Focus Group Di seguito, è riportato il testo del FG (la sigla EG sta per Egidio): EG: bene, doveva essere un gruppo, ma non lo sarà, essendo sole voi due: faremo una bella discussione. Vi spiego il motivo di questo FG: sto facendo una tesi sullo sviluppo di comunità e l obiettivo della mia tesi vuole essere quello di verificare se all interno del Laboratorio Famiglia si è costituita una comunità e che tipo di comunità è, perché, appunto, come sappiamo, ci sono diversi tipi di definizioni di comunità, che vengono date dalla letteratura, dagli studiosi; a me piacerebbe capire se questa è una comunità, attraverso il punto di vista di persone che come voi lo frequentano. Quindi, nello specifico, B, vuoi dirci tu in che modo frequenti il Laboratorio? B: sì, io la prima che sono venuta era per imparare l italiano; io sapevo un pochino dalla televisione, dalla però mi hanno detto che c era una signora che faceva le lezioni, che faceva anche l Angolo della conversazione; a me piaceva questo Angolo della conversazione, perché noi parlavamo con la signora E (la volontaria che tiene il corso di lingua e cultura italiana), perché lei mi correggeva, quando dicevo una cosa sbagliata; lei mi diceva di dire ma mi correggeva. Abbiamo fatto anche tante cose, per esempio, mi ha detto la E (volontaria che tiene il corso di lingua e cultura italiana) che doveva fare le fiabe del nostro Paese e io ho scritto una fiaba che mi raccontava la mia mamma e le è piaciuta tanto e la ha messa nel suo libro, sì. Abbiamo fatto tanto, anche quando c era la festa di Natale, l anno scorso, abbiamo portato dei dolci, fatto insieme la festa, parliamo delle nostra cultura, di tutto, dei nostri figli, della nostra famiglia. Anche se ci sono dei momenti tristi, per esempio, io ho perso un fratellino, aveva

242 Capitolo 5. I Focus Group anni, 3 anni fa, e la E (volontaria che tiene il corso di lingua e cultura italiana) mi ha chiamata, mi ha detto devi venire qua ; quando sono venuta, la E (volontaria che tiene il corso di lingua e cultura italiana) mi ha fatto ha portato tante cose, così non mi sentivo sola, anche le operatrici; allora mi è piaciuto, mi sento che sono nella mia famiglia EG: quindi tu, diciamo, sei venuta al Laboratorio per una tua esigenza, che era quella lì di imparare la lingua, e poi da lì hai trovato, comunque, dell altro? B: sì, sì, delle amiche EG: e poi si è anche costituito il gruppo delle Donne Algerine B: sì, poi abbiamo fatto l Associazione Donne Algerine, avevamo l idea di farla A: quindi è nata da qui? EG: sì B: sì, al Laboratorio; avevamo questa idea e poi, adesso, abbiamo fatto questa Associazione EG: invece tu, A, vuoi raccontarci in che modo frequenti il Laboratorio, come ne sei venuta a conoscenza? A: sì, allora, le due operatrici sono delle mie amiche, abbiamo lavorato insieme tempo fa; mi è nata la bimba che adesso ha 2 anni e la bimba andava dai nonni, quindi, io sono venuta qui perché sapevo che c era un gruppo 0 3 anni, quando lei aveva circa 1 anno, perché volevo che interagisse con altri bambini, visto che, comunque, dai nonni stava con la cuginetta, ma solo con una bimba e, invece, volevo che socializzasse con altri bambini anche in vista del fatto che sarebbe, poi, stata inserita al Nido al compimento dei 2 anni. Quindi ci incontravamo circa una volta alla settimana, chiaramente, poi, a seconda degli impegni, piuttosto che le malattie, quindi diciamo che non è stata una presenza costante la mia, di tutte le volte. Poi, c è stato un periodo di pausa, che è stata quella estiva, che è stata abbastanza, quindi, ho ricominciato quest anno e gli incontri sono ogni due settimane, quindi per adesso sono venuta un paio di volte, non frequento proprio assiduamente, nel senso che io e la bimba potremmo venire anche al di là della giornata per i più piccoli, però, in realtà, non,lo facciamo perché quest anno lei va all asilo, finisce alle tre e mezza, dopo me la spupazzo un po a casa, nel senso che è stata già abbastanza con altri bambini EG: ok. Quindi, insomma, in tutti e due i casi, c era un bisogno che, qui dentro, mi pare di capire sia stato soddisfatto, no? Quindi per te quello di trovare un luogo di socializzazione per la bimba e per te la lingua. Quindi, vi chiedo, secondo voi, come possiamo definire il Laboratorio Famiglia, magari iniziamo proprio col dare una definizione ai due termini Laboratorio e Famiglia 226

243 Capitolo 5. I Focus Group B: si chiama Laboratorio Famiglia proprio perché è un nome inerente, perché le famiglie si incontrano qua, cambiano degli auguri, cambiano le culture, i loro problemi, tutto EG: quindi Laboratorio perché c è un incontro tra famiglie, tra culture? B: sì EG: secondo te, A? A: a me dà più l idea della sperimentazione, nel senso che, via via, c è stata anche flessibilità, nel senso che a seconda delle cose che succedevano poi si modificavano, nel senso che c è stato proposto a noi, per esempio, di vederci solo tra famiglie, piuttosto che intervenisse un operatrice, cioè che ci autogestissimo, perché era venuto fuori che forse era la cosa che poteva essere più utile in quel momento; nel senso che, via via, poi, cambia anche la modalità a seconda di quello che interviene all interno del gruppo EG: invece, rispetto al termine famiglia, magari anche pensando ai vostri vissuti di famiglia, alle vostre famiglie di origine, secondo voi la famiglia come la possiamo definire? B: non ho capito EG: una tua definizione, secondo te, che cosa è una famiglia? B: una famiglia sono, come si dice, attaccati uno all altro, che uno pensa all altro, non lo so, che c è un tetto che, come si dice? A: li unisce B: li unisce tutti insieme, per me è così A: non è facile! Perché più ci pensi, più ci sono delle varianti che magari rischi di non includere, perché mi verrebbe in mente un bambino che viene preso in cura da qualcun altro in uno stesso luogo, però, in realtà, non è solo questo, perché famiglia è anche dove non ci sono dei bambini. Però, forse, qui i bambini ci sono, in realtà, sempre; in realtà, quello che vedo poi sono sempre le mamme, sì è vero che l anno scorso c era un papà EG: è un luogo, quindi, frequentato perlopiù da mamme con bambini, secondo voi? A: per quello che ho visto io, sì EG: invece la parola comunità?comunità. Anche, magari,b, se ci vuoi parlare di questo termine rispetto al luogo da cui provieni, l Algeria, magari lì avete un idea diversa del fare comunità, dell essere comunità 227

244 Capitolo 5. I Focus Group B: sì, ci sono in Algeria delle famiglie composte dai nonni, tutti nella stessa casa, i nonni, i genitori, i bambini, anche gli zii A: anche qui fino a un po di tempo fa B: sì, anche gli zii, questa anche è una famiglia, sì ci sono; non è solo i genitori e i bambini EG: quindi una comunità, diciamo, è una famiglia però allargata, perché, comunque, comprende anche chi non è legato da una parentela, insomma B: si ci sono i nonni, gli zii, le zie, tutti EG: quindi, comunque, comunità ma con una parentela di base B: come? EG: nel senso che i nonni, gli zii sono comunque legati da una parentela, dall essere parenti B: si EG: e anche nella comunità, secondo te, rimane questo legame di sangue, di parentela? B: sì EG: secondo te, invece, A? A: mi viene in mente un insieme di persone che hanno legate da qualche motivo che può essere un progetto comune, degli obiettivi comuni, che hanno un certo tipo di frequentazione, però, diretta e continuativa, direi; nel senso che non so se qui è proprio una comunità, per quanto la frequento io EG: ok, perché non so se, ad esempio, a voi capita di incontrare delle persone qui nel Laboratorio e poi di incontrarle, magari, anche al di fuori A: a me non è successo EG: bè forse B è facilitata in questo nel senso che ha il suo gruppo di donne algerine e comunque tra voi vi frequentate B: sì, anche prima del Laboratorio A: forse dopo vi siete frequentate di più facendo l Associazione? B: sì sì EG: anche perché l Associazione nasceva un po dall esigenza di avere un luogo fisico dove incontrarsi, visto che molte hanno una casa piccola e vengono da parti diverse della città? 228

245 Capitolo 5. I Focus Group B: sì, sì EG: quindi, secondo voi, le relazioni che nascono qui potrebbero continuare fuori però non sempre questo avviene? A: io penso di sì EG: ok, vi faccio vedere uno spezzone di un film STIMOLO 1: Spezzone film Un sogno per domani, Regista: Mimi Leder (durata 2 min, 22 s) EG: secondo voi qual è il significato della scena di questo film, dove c è questo bambino che ha l idea di un mondo in cui le persone si scambiano favori tra di loro; quindi, io faccio un favore a te, tu lo fai d altre due persone, quelle due persone lo faranno ad altre due, tutto in maniera gratuita. Questa cosa a voi cosa fa pensare? A: ma lì diceva che era un obiettivo che, comunque, non si poteva raggiungere individualmente, quindi la sua idea è che un gruppo di persone possano, invece, raggiungerlo e quindi ci sia uno scambio di favori tra di loro, no? Quindi una reciprocità EG: esatto, secondo te B? B: non ho capito bene; ho capito che questo bambino ha problemi con i genitori EG: si, lui ha una situazione familiare complicata, quindi gli viene dato questo compito in classe, in cui si chiede di B: forse lui si sentiva da solo EG: dici che, magari, lui, sentendosi solo, sognava questo mondo in cui le persone si aiutano tra di loro? B: sì EG: e, secondo voi, in questo posto avvengono degli scambi tra persone, cioè, dei passaggi da favore? B: questo posto qui? Sì certo, sì EG: in che modo? B: come si dice? Io non riesco EG: non ti preoccupare anche se non è corretto, tranquilla! 229

246 Capitolo 5. I Focus Group B: per esempio, se c è qualcuno che ha un problema, quando viene qua, io non ho capito bene però, quando viene qua noi aiutiamo questa persona a risolvere il suo problema; non lo so, se qualcuno vuole chiedere qualcosa nel nostro gruppo, quando viene e noi siamo lì facciamo chiediamo per esempio alla coordinatrice del Laboratorio io non ho capito bene, però ho capito così EG: ci si aiuta se qualcuno ha delle difficoltà, quindi? B: sì si, ci sono delle persone in difficoltà e io chiedo alla nostra rappresentate (la Presidentessa dell Associazione Donne Algerine a Parma) e noi facciamo qualcosa per quella persona EG: vi attivate, insomma B: sì EG: e anche se questa persona non è proprio magari del vostro gruppo? B: sì, la settimana scorsa è venuta una persona (una signora algerina) che non abita qua, abita a Colorno; è arrivata qua perché suo marito non lavora, non ha niente e noi abbiamo fatto, ognuna di noi ha portato una spesa dalle nostre case e la signora è venuta qua e noi abbiamo aiutato questa signora, perché è rimasta senza lavoro, senza EG: quindi è avvenuto uno scambio di oggetti, di cibo, in questo caso B: sì, sì, di oggetti EG: ok, e dal tuo punto di vista, A, invece? A: nel mio caso, un po di meno, devo dire, frequentandolo, appunto, molto di meno; poi, devo dire, sono anche cambiate le persone che lo frequentavano (il gruppo per mamme e bambini 0 3 anni), quindi i legami sono stati un po instabili, diciamo, però, se dobbiamo pensare a qualcosa che abbiamo scambiato, direi le informazioni, nel senso che rispetto ad attività per bambini, piuttosto che, come fare con il lavoro, dove lasciare i bambini, cioè, informazioni che potessero riguardare la gestione dei bambini e che condividevamo, bambini molto piccoli, perché il gruppo è 0 3 anni EG: ed è capitato, magari, di essere coinvolti da persone che avete incontrato qui in attività che vengono svolte altrove? Non so, magari una delle signore che avete conosciuto qui vi ha detto c è un iniziativa in un altro posto e voi magari siete andate, anche per curiosità? B: sì, sì c è il Centro Interculturale e adesso noi facciamo la ginnastica lì; si c è un operatrice di Forum Solidarietà che ha contattato la presidentessa della nostra Associazione per andare lì e adesso anche se c è qualcosa al Centro Interculturale l operatrice di Forum Solidarietà chiama la presidentessa; per esempio, ieri c erano degli studenti che volevano sapere cosa facciamo nel 230

247 Capitolo 5. I Focus Group nostro orario di sacrificio e la signora ha chiamato la Presidentessa per andare lì a spiegare agli studenti al Centro Interculturale, ieri. Anche noi facciamo ginnastica lì lunedì mattina EG: quindi, voi, praticamente vi state diffondendo in tutta la città! B: sì EG: siete nate in Oltretorrente ma in realtà vi state allargando altrove B: sì, per esempio io non conoscevo quel centro (il Centro Interculturale) e me lo hanno detto qua e ora lo conosco A: io mi sembra proprio di no, sinceramente EG: anche rispetto, non so, ad iniziative di volontariato, magari avete incontrato una persona che vi ha detto io faccio volontariato altrove e avete iniziato? A: no B: no EG: e secondo voi, questo è un posto frequentato da persone che possiamo definire sole, persone che, magari, hanno vissuti di solitudine, si sentono sole a casa e, quindi, vengono qui? B: sì, c è quella signora del Burkina Faso; lei ha lasciato i bambini al suo Paese e viene qua, ogni tanto quando vengo qui la trovo. Ha imparato bene l italiano, c è anche suo marito adesso; lei era prima da sola però adesso conosce altre persone EG: quindi, secondo te, che tipo di aiuto ha trovato qui? Aiuto nella lingua? B: sì, molto, ha imparato bene, prima non sapeva niente, non parlava: ha la volontà; invece, ci sono delle donne, che io conosco, da dieci sono anni qua, più di dieci anni e non parlano italiano perché stanno chiuse in casa loro suona il telefono di B; risponde EG: secondo te, invece, A? A: ma le mamme che ho visto io non mi sembravano particolarmente sole, nel senso che, però, era uno spazio che, probabilmente, non trovavano altrove, nel senso che magari questi bambini non avevano cuginetti vicini, piuttosto che uno spazio per stare insieme in un altro luogo, che non fosse il Nido, piuttosto che la casa e allora sole in queste senso mi sembravano; nel senso che anch io non avrei saputo come far vedere alla mia bimba altri bambini, a parte la cuginetta che, comunque, non è sempre disponibile, non ce n è altri di bimbi vicini, insomma, o figli di mie amiche, ancora no, non ce ne avevano, e quindi in questo senso. Poi non so, nel senso che 231

248 Capitolo 5. I Focus Group non siamo arrivati a un livello di confidenza tale da dire che c è stata un apertura in questo senso, che mi dicevano guarda, la situazione familiare, quindi, non saprei dire sinceramente; era un luogo più che altro di interazione tra bambini, sì, dove ci si scambiava anche due chiacchiere rispetto alla propria situazione, ma non così approfonditamente EG: anche perché la cadenza era quindicinale? A: no era una volta alla settimana, però una volta mancava uno, una volta mancava l altro, perché poi i bambini, magari, si ammalavano; poi io non sono di questo quartiere quindi portare la bimbetta piccolina EG: bè soprattutto di inverno A: poi di estate c è stato il fermo e quindi diciamo EG: E, quindi, una persona, appunto, sola, secondo voi, come potrebbe essere aiutata? Un po B ce l ha detto e, invece, secondo te, una persona se è da sola, viene qui, come può essere aiutata, cioè, qual è la motivazione che dovrebbe scattare nella sua testa affinché inizi a frequentare un posto come il Laboratorio? A: non ho capito bene la domanda EG: immaginiamo una persona da sola che, a un certo punto, inizia a frequentare il Laboratorio, secondo te che tipo di aspettative potrebbe avere rispetto al Laboratorio? A: appunto, lei ce l ha già un po detto, nel senso che poi frequentandosi con una certa costanza qui, in qualche modo, nascono delle relazioni che ti possono facilitare, sia a livello concreto, nel senso che appunto ci diceva che hanno fatto la spesa per una donna sola, piuttosto che a livello emotivo, come è stato fatto con lei, no? Nel senso che in una situazione di lutto in cui si è sentita magari un po sola le altre l hanno supportata perché, comunque, la conoscevano, perché comunque frequentava questo posto, in qualche modo, c era una relazione di un certo tipo B: sì, anche devi aiutare la persona, non so, ad uscire, andare dal dottore, perché ci sono delle persone che non parlano italiano; c è una tunisina che conosco e ogni volta viene al Laboratorio e prende una di noi per andare dalla dottoressa, perché lei non sa parlare EG: quindi offrite anche un servizio di mediazione linguistica e culturale B: sì, perché lei è chiusa nella sua casa; ci sono tante persone così. C è una che conosco io, anche lei algerina, e anche lei; adesso fa ginnastica con noi, è uscita un pochino, però prima no, io non la vedevo, solo se c era una festa A: ma perché non conoscono nessuno? Per questo motivo? 232

249 Capitolo 5. I Focus Group B: no, lei conosce; io la conosco da quest anno, lei da tre anni è qua, però io l ho conosciuta solo quest anno EG: e tu, B, senti di poter dire che sei una risorsa per il Laboratorio? B: come? EG: senti di essere una risorsa B: si, una re source! Sì, sì EG: per il Laboratorio, in generale, o solo per il tuo gruppo di donne algerine? B: no, in generale, anche per altre, non solo noi, ci sono altre donne che conosco dalla Tunisia, dal Marocco, che vengono qua per imparare l italiano; sì, ci sono altre che vengono qua EG: e una risorsa, secondo voi, cos è quindi?quand è che magari una persona è una risorsa per un altra? A: penso quando si possa dare qualcosa che sta nelle aspettative dell altra persona no? Che quell altra persona e ricerca e un altro può appagare questa aspettativa, insomma EG: tu B, vuoi commentare B: non ho capito bene EG: quand è che senti di essere utile per un altra persona, di servire a un altra persona? B: come sento io? Sì, se c è una persona che ha bisogno di un aiuto noi lo facciamo volentieri, sì; un aiuto anche se lei vuole andare a fare gli esami, andiamo con lei, anche per, non lo so se c è una che vuole andare a un Assistenza anche questo facciamo noi; se c è una persona che ha bisogno noi lo facciamo EG: quindi, se dovessimo un po dire i punti di forza, cioè le cose che vanno e le cose che non vanno bene per il Laboratorio? Secondo voi, quali termini potremmo utilizzare? B: non ho capito bene EG: lo scrivo: le cose positive e le cose negative A: sicuramente di positivo che è un luogo di incontro, che difficilmente si trova B: e negativo? EG: negativo no, cose no B: non c è negativo 233

250 Capitolo 5. I Focus Group EG: non so, B, secondo te c è qualcosa che vorresti che succedesse nel Laboratorio e ancora non succede? Qualcosa che ti piacerebbe vedere qua dentro, che magari ancora non hai visto? B: si, c è quest anno che mi hanno detto che (qui al Laboratorio) fanno dei corsi di lingua albanese e anche mi hanno detto che si possono fare di arabo: questo mi è piaciuto; io sarò l insegnante di arabo, per due volte a mese (al Laboratorio), però per me è poco: per un bambino che impara l arabo almeno ogni domenica è poco, due volte al mese è pochissimo A: anche per adulti questo? B: per tutti EG: ma di origine araba o potrei venire anche io italiano? B: si, perché no! Tutti A: le facevano prima le conversazioni in arabo, mi ricordo, due anni fa B: sì, era la Presidentessa dell Associazione che faceva il corso con altri italiani EG: quindi, secondo te, diciamo, la cosa positiva di questo posto è che ti permette di fare delle cose che non potresti fare in un altro luogo? B: sì, sì EG: la cosa negativa è che, forse, ci sono tante persone che vogliono fare delle cose e quindi, a volte, bisogna un po rinunciare B: magari ogni domenica va bene, però due volte al mese è pochino, i bambini imparano poco; ci sono anche dei bambini che imparano alla Moschea, anche qua c è un Centro per non so come si chiama A: forse in via Mantova c è B: no, la strada dell Ospedale che va A: via Gramsci, via Abbeveratoia? B: non so come si chiama, un Centro proprio che fanno il corso di pasticceria, sì c è una classe, c è un Associazione della Tunisia con le maestre che fanno anche arabo ogni domenica; sì sì ci sono EG: quindi, il Laboratorio a voi donne straniere, algerine vi ha anche permesso di farvi conoscere B: sì anche per i nostri bambini fanno imparare anche l arabo 234

251 Capitolo 5. I Focus Group EG: quindi tu da quando frequenti il Laboratorio, diciamo, ti senti più integrata, ti senti cioè, ti senti più accolta da noi italiani? B: sì, quest anno sì; da quando abbiamo fatto l Associazione abbiamo tanti progetti, per esempio, l ottobre africano, l anno scorso, lo abbiamo fatto al Laboratorio, un giorno che abbiamo fatto tutti i cibi algerini, cibi salati oppure dolci, tutto EG: secondo te, A, come mai lei si sente più riconosciuta da quando è nata questa Associazione all interno del Laboratorio? Magari come singolo era meno non aveva un identità, invece da quando poi è nata l Associazione A: e forse perché è stata riscoperta proprio la parte identitaria di se stessa, nel senso che frequenta persone che condividono con lei, magari, la nazionalità, può far vedere agli altri cose positive dell essere algerini, no? I cibi, piuttosto che la cultura, la religione; si è riappropriata come può esercitare una parte della sua identità, no? B: sì, perché prima del Laboratorio eravamo tutti, quasi tutti, chiusi nelle nostre case, io mi sentivo sola qua in Italia, mi sentivo un pochino rinnegata una donna in un altro Paese, con altre persone, mi sentivo chiusa A: e poi, forse, si perdono anche le parentele, ma anche per noi italiani che magari veniamo da altre zone, ma anche chi è di Parma, un po si perde cioè, tempo fa, erano più stretti i legami tra parenti, ci si frequentava molto di più; adesso, un po si è perso e questo lascia un po di solitudine, magari, però, questi posti aiutano a riacquisire delle relazioni B: sì, sì è così EG: quindi, diciamo, il Laboratorio, in alcuni casi, fa quello che prima facevano i parenti? A: un po sì, almeno sentendo lei, perché a me, appunto, è un caso un pochino diverso EG: ok, volete aggiungere qualche pensiero sul Laboratorio? A: ma io nel senso che per arrivare qui, appunto, non è il mio quartiere, quindi ci metto venti minuti, questo è un po un deterrente, però se io fossi in questo quartiere mi piacerebbe che fosse più frequente l incontro, cioè, davvero, per sperimentare quello che dice lei, secondo me, non basta incontrarsi una volta ogni due settimane e penso che quello che ha vissuto lei è importantissimo, nel senso che davvero ti senti B: anch io dico che se il Laboratorio fosse vicino la mia casa verrei sempre, ogni giorno, però io anche sono troppo lontana EG: di che quartiere sei? 235

252 Capitolo 5. I Focus Group B: via trieste EG: lì c è il Laboratorio San Leonardo B: c è? EG: si. Quindi il Laboratorio te lo porti dentro anche quando sei a casa, magari quando vai a fare la spesa, ti capita di parlare del Laboratorio con delle persone, tendi a diffondere questo progetto, insomma? B: sì, io quando vado all altro Laboratorio (ad un Laboratorio Compiti, dove B porta i suoi figli, nei pressi di casa sua), non mi sento a casa, mi sono abituata qua, non posso cambiare Laboratorio, no. Anch io, ho detto che il martedì magari vengo qua al corso di italiano: voglio imparare tante cose che mi mancano di italiano EG: quindi si è creata un po una rete qui dentro? B: sì EG: perché comunque se tu vieni da un altro quartiere e, comunque, vieni fino a qui, vuol dire che questo posto davvero per te ha un significato importante B: sì, importante, non posso andare a un altro Laboratorio, questo è una seconda casa EG: volete dire ancora qualcos altro visto che abbiamo finito prima del previsto, essendo solo in due? B: apposto A: va bene! EG: grazie mille Ci salutiamo e nel frattempo arriva C, a discussione ormai conclusa; viene intervistata individualmente EG: in realtà doveva essere un gruppo di discussione, quindi, dovevamo essere quattro; poi, appunto, una ragazza non è più venuta,tu sei arrivata tardi, quindi facciamo una cosa diversa dal previsto C compila la documentazione EG: bene, se, intanto, vuoi raccontarmi un pò qual è stato il tuo approccio al Laboratorio, quindi, cos è che ti ha spinto a venire, cosa ti aspettavi di trovare quando sei venuta, cosa poi hai trovato, insomma 236

253 Capitolo 5. I Focus Group C: allora, sono stata spinta a venir qua perché volevo far fare alle bambine, le più due grandi, principalmente, un attività di tipo espressivo, nel senso o pittura o manipolazione di creta o altre cose, sì, non ne ho idea, ok? Ho fatto ragioneria e qualche esame di Economia, quindi proprio non è il mio mondo quello dell espressività! E, quindi, sì, mi piaceva che le bambine trovassero un posto dove poter fare queste cose perché penso che siano importanti per loro, proprio sotto l aspetto educativo. E, quindi, in realtà, ero partita non per il Laboratorio, ero partita in un atelier privato, solo che aveva un prezzo assurdo, te lo dico sinceramente, ti dico la verità! E, allora vabbè là erano seguite da sta qua che era molto brava e tutto il resto, però vabbè, allora, mi son detta posso venire qua, siccome non potevo permetterlo, e seguire io le bambine, magari poi ne riparliamo a casa, magari posso imparare anche io delle tecniche, cioè, insomma, per fare qualcosa con le bambine. Poi proprio mi piaceva essere partecipe mentre loro fanno delle cose, ci tenevo proprio tanto a questa cosa dell espressività EG: è nata quindi da un esigenza educativa, dal voler un sostegno, diciamo, nell educazione? C: esatto, sì EG: poi, da lì è nata un altra idea, no? C: sì, io son venuta qua e mi è piaciuto molto, infatti siamo rimaste e continuiamo a venirci volentierissimo EG: cos è che ti è piaciuto? C: della creta? EG: no del C: del Laboratorio in generale? EG: di quello che, insomma, hai visto oltre la creta e l attività in sé C: sì, sì, il fatto che questo posto è bellissimo perché è libero, nel senso che tutti possono avere accesso senza particolari obblighi cioè, un po come un laboratorio aperto persone di diversa età, diversa cultura, estrazione sociale possono venire qua e si incontrano ed è strano perché qua vanno tutti d accordo, non che sia strano d accordo, però è bello! EG: c è un clima, diciamo, di armonia, di serenità C: sì! Ed è bello, non è come fuori che magari, non so, uno dice una frase, passa per razzista: qua si va tutti d accordo! Ed è bello, ma anche, per dire, non so, i bambini, i giovani, con gli anziani mi sembra che sia proprio un clima di armonia che magari fuori, non proprio per strada, però, insomma, nella società, in generale, non trovi 237

254 Capitolo 5. I Focus Group EG: quindi, questo diciamo è un po una sorta di rifugio no? Rispetto al caos che c è fuori qui puoi trovare, comunque, qualcosa che fuori non vedi, quindi, un integrazione di culture, ma anche di generazioni, no? C: sì! E, poi, niente, vedendo il posto che è bello e tutto il resto, abbiamo pensato che, magari, era una buona idea per fare le riunioni col nostro Gruppo d Acquisto, perché io non volevo invadere il posto, però no, nel senso che è accogliente, c è il posto per i bambini, perché noi siamo tutte famiglie con bambini, non so noi siamo anche cioè, nel senso, volevamo venir qua col nostro Gruppo d Acquisto e in cambio poi di qualcosa, quindi, in cambio, non so, di far dei laboratori, in cambio di avevo parlato con la coordinatrice, quindi, proprio, ci piaceva il discorso piuttosto che prendere una sala per venti euro, prendere una sala e in cambio far qualcosa: parlandone col nostro Gruppo d Acquisto, per tutti è stato molto bello questo discorso qua, perché c è uno scambio e noi lo riteniamo più importante, piuttosto che i venti euro, i quaranta euro, il costo di una saletta EG: quindi, secondo te, in questo luogo avvengono degli scambi, oltre che, diciamo, potrebbero essere scambi materiali, quindi un po di vestiti, ma anche degli scambi immateriali, secondo te? C: sì, sì, sì. Io penso che sia importantissimo questo discorso qua, molto di più piuttosto che gli scambi immateriali, secondo me EG: tu ti ritrovi con l etichetta, cioè, proprio col nome che è dato a questo posto? Quindi Laboratorio, mi pare di sì, perché dicevi il fatto di sperimentarsi, di incontrarsi; invece, famiglia? C: sai che ci pensavo che in effetti famiglia, sì, rende l idea, però dà più l idea di famiglia con bambini piccoli, no? Cioè, non famiglia tipo anziani, perché, magari, due anziani sono famiglia, sono stati famiglia per tanti anni, però magari dà un po meno l idea, no? Oppure i single? Non sono famiglia? Laboratorio, sicuramente sì; Famiglia, forse, così a primo impatto, può essere riduttivo verso le famiglie con bambini piccoli EG: quindi, secondo te, nel dizionario comune, diciamo, famiglia evoca comunque la famiglia con bambini piccoli, no? Quindi, magari, molti non entrano perché pensano che possa essere un luogo per bambini piccoli, secondo te? Magari un single è meno incentivato? C: quello sicuramente sì! Laboratorio un single no! EG: potrebbe essere considerato una famiglia uni personale, però, magari, non è ancora così ancorata quest idea di famiglia con un singola persona 238

255 Capitolo 5. I Focus Group C: esatto. Eppure, io penso che se un single venisse qua, ance solo a fare, non so, la creta o a fare altri laboratori, eccetera, eccetera, secondo me, i troverebbe accolto in una famiglia, quindi questo sicuramente sì; cioè, famiglia intesa come punto in cui tu vieni accolto come in una famiglia, perché c è pace, armonia, si fanno delle cose, scambi di idee, magari scambi anche materiali, non lo so, questo sicuramente sì! Però, sì, famiglia così, a primo impatto, ti viene in mente la famiglia con bambini piccoli, secondo me, per parere mio personale EG: e, invece, dal tuo punto di vista, la comunità come la possiamo definire? C: in che senso? Non ho capito EG: una tua definizione del termine comunità C: comunità che c è qui dentro o in generale? EG: magari, in generale e, poi, se secondo te qui dentro c è una comunità C: domanda molto difficile, ho bisogno di un minuto per riflettere! Comunità nel senso proprio, non società, comunità? EG: c è una differenza, secondo te, tra comunità e società? C: sì, secondo me c è differenza perché la comunità sono persone che vogliono far qualcosa anche per gli altri: qui dentro la vedo come una comunità interessante perché ci sono scambi di idee, cioè io la vedo in questo modo, lo vivo così il Laboratorio. Invece, la società, secondo me, racchiude anche le persone che non hanno voglia o non possono, per qualsiasi motivo, avere scambi di idee o materiali o qualsiasi altra cosa con gli altri, no? EG: ok, quindi ritorna il tema dello scambio, del, magari, anche del sostegno C: sì, esatto EG: ti faccio vedere uno spezzone di film STIMOLO 1: Spezzone film Un sogno per domani, Regista: Mimi Leder (durata 2 min, 22 s) EG: è un pazzo o un genio Travor? C: no, ha ragione! Secondo me, ha ragione, sì, dovrebbe essere così! EG: ok, quindi, secondo te, si potrebbe passare il favore qui? C: si, qua sì EG: secondo te, si innescano delle relazioni, magari con le persone aspetta, riformulo! Al di là del gruppo GAS, con il quale tu, immagino, hai già delle relazioni precedenti rispetto a 239

256 Capitolo 5. I Focus Group quando vi siete incontrati nel Laboratorio, con le altre persone che tu hai incontrato negli altri momenti, quindi, la creta, nello specifico, secondo te, potrebbero nascere delle relazioni che continuino poi al di fuori del Laboratorio stesso oppure secondo te no? C: questo non lo so, mi auguro di sì e penso che sarebbe importante, nel senso, io non ho ancora provato, quindi non so dirti, probabilmente sì EG: ok, per quel po che hai visto, magari, hai percepito che delle persone che frequentano le attività, secondo te, sono amiche anche fuori o vengono soltanto per fare l attività stessa? C: guarda, quelle due o tre persone che ho visto ho visto che non erano amiche tra di loro, quindi, però, ad esempio, la signora che porta sempre i dolci l ho vista fuori e l ho salutata; si ma anche l ultima volta che siamo venute a far la creta, c era davanti la signora quella anziana bionda e anche lei l ho salutata, ci si parla fuori, non è che si viene qua da perfetti sconosciuti e si esce che non hai conosciuto nessuno. Poi, relazionano più approfondite, nel senso di diventare amici, magari, non so, invitarsi a casa, vengono col tempo, ecco; è poco che frequento, per cui EG: e, secondo te, questo è un luogo di accoglienza anche per persone che magari si sentono sole o per persone che possiamo definire vulnerabili, quindi anziani, disabili, eccetera? C: sì, sicuramente, come dicevo prima, il fatto che qui uno si senta un po come in famiglia, secondo me è molto bello, sì, secondo me uno potrebbe venir qua nel caso avesse bisogno; è che poi, magari, non so, se sei pieno di problemi, tutto il resto, non ci pensi poi al Laboratorio, capisci quello che voglio dire? Magari poi è difficile collegare le due cose, però sì EG: secondo te, in che modo si potrebbe cioè, una persona sola in che modo potrebbe poi trovare la motivazione per venire qua?dici tu: magari sei solo, sei pieno di problemi e non C: e non ci pensi! Non lo so EG: secondo te, basta passare qui, leggere Laboratorio Famiglia ed entrare, o andare sul sito informa famiglie oppure secondo te ci sarebbe bisogno di diffondere il progetto in un altro modo? C: secondo me, quello che si fa è già abbastanza va già abbastanza bene. Ecco, magari, non so, io nell informa famiglie ho letto veramente poco delle attività che si fanno qui dentro, quindi, magari, non so, visto che è settimanale, magari ogni due settimane, non so, scrivere qualcosa tipo, non so, anche solo ricordare del fatto che c è il laboratorio della creta; io credo di non averlo letto nell informa famiglie. Magari, poi, c era e mi è sfuggito, però se c è una volta in un anno, perché, giustamente, lo dice all inizio del laboratorio, quando parte, se poi non lo si ricorda durante l anno, magari Poi, ad esempio, sul sito, questo lo avevo detto alla 240

257 Capitolo 5. I Focus Group coordinatrice, il sito del Laboratorio non era molto aggiornato con le cose che si fanno, ad esempio, non c era scritto del fatto che fanno Patchwork al mattino, poi, magari, un anziano non usa il computer e non naviga sul sito, son d accordo, però non so. Ad esempio, sul fronte anziani o persone adulte, io non so se c è un altro modo per raggiungerli, perché, escludendo il computer, che magari non tutti vi accedono, non so se c è, tipo, per i bambini, oltre all informa famiglie, c è anche il giornale la città dei bimbi e lì ad esempio c è scritto del Laboratorio, mi sembra di averlo letto. E, invece, per gli adulti, per gli anziani o per i single, non so se c è qualcosa EG: quindi, secondo te, una persona potrebbe sentirsi una risorsa qui? C: si io mi sento una risorsa EG: e lo frequenti da appena un mese! C: si, esatto! Mi sento una risorsa perché già prima di arrivare qua, ad esempio, con il nostro GAS avevamo fatto dei laboratori, noi come insegnanti, eravamo gratuite, poi si facevano delle cose, tipo preparazioni così, il costo della preparazione si faceva pagare: tipo un laboratorio di cosette naturali, quindi, non so, ti fai il burro per il corpo, il materiale costa, quindi avevamo fatto pagare solo il materiale. E mi sento una risorsa in questo senso: che adesso son già d accordo con quelle del nostro GAS che prima o poi qui organizzeremo qualcosa EG: bene dai, più o meno tutto quello che cercavo di indagare è emerso C: Ok, va bene Ci salutiamo 241

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259 CAPITOLO 6 I questionari

260

261 CAPITOLO 6. I questionari 1. La codifica dei dati attraverso il tracciato record e il codice Tracciato record e codice sono stati incorporati nel questionario stesso. Accanto a ogni domanda è riportata la posizione della variabile generata dalla domanda stessa sulla riga della matrice (ad esempio, la domanda sesso, con accanto il numero 1, sarà posizionata nella prima colonna della matrice e potrà avere come variabile o uomo, quindi valore numerico 1, o donna, quindi valore numerico 2); le alternative di risposta sono numerate e il numero viene poi riportato nella matrice (si attribuisce il valore 0 ai casi di non risposta). Se la domanda prevede più risposte, la domanda stessa genera tante variabili quant è il numero di risposte che il soggetto può dare. Sesso Uomo Donna Non risponde Fascia di età < >65 Non risponde Area geografica di provenienza Italia Nord Italia Centro Italia Sud e Isole Europa continentale Europa Est Africa Continentale Maghreb Stati Uniti d America Sud/Centro America Asia Medio Oriente Oceania Non risponde Stato civile Celibe/nubile Separato/a di fatto Separato/a legalmente Divorziato/a Vedovo/a Sposato/a Fidanzato/a convivente Fidanzato/a non convivente Non risponde Posizione della variabile nella colonna della matrice Abita nel quartiere Oltretorrente Si

262 CAPITOLO 6. I questionari No Non risponde Condizione lavorativa Occupato/a Disoccupato/a Pensionato/a Non risponde Se occupato Lavoro dipendente part time Lavoro autonomo part time Lavoro dipendente full time Lavoro autonomo full time Non risponde Livello di istruzione Nessuno titolo Licenza elementare Licenza media Diploma Laurea Non risponde Numero componenti della sua famiglia Abita solo >5 Non risponde Da quanto tempo frequenta il Laboratorio Meno di 2 mesi Da 3-6 mesi Da 7 mesi-1 anno Da 2-3 anni Da più di 3 anni Non risponde Nel frequentare il laboratorio si ritiene: Frequentatore semplice Volontario attivo Cittadino attivo Non risponde Il Laboratorio Famiglia è un luogo Informale Si No Non risponde Accogliente Si No Non risponde

263 CAPITOLO 6. I questionari Dove le persone hanno l opportunità di incontrarsi Si No Non risponde Dove crescono amicizie Si No Non risponde Dove crescono reciprocità e prossimità Si No Non risponde Le è capitato di: Frequentare all esterno del Laboratorio persone conosciute nel Laboratorio Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde Avere donato a persone conosciute nel Laboratorio: Tempo Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde Oggetti Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde Ascolto Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde Aderire ad iniziative di cui ha avuto notizia nel Laboratorio Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde Proporre e organizzare attività con altre persone incontrate nel Laboratorio Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde

264 CAPITOLO 6. I questionari Iniziare a fare volontariato anche con Associazioni diverse da quelle che ha incontrato nel Laboratorio Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde Incontrare nel Laboratorio persone sole/vulnerabili Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde Vedere sostenute le persone sole da chi frequenta il Laboratorio Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde Aiutare nella cura persone incontrate nel Laboratorio Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde Aiutare nei compiti educati persone incontrate nel laboratorio Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde Sostenere nella conciliazione persone incontrate nel Laboratorio Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde Sentirsi utile per persone incontrate nel Laboratorio Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde Aver bisogno di persone incontrate nel Laboratorio Per niente Poco Abbastanza Molto Non risponde

265 CAPITOLO 6. I questionari Crede che: Frequentare il laboratorio possa incidere positivamente sulla sua qualità di vita? Si No Non risponde Frequentare il laboratorio possa incidere positivamente sulla sua capacità di risolvere i problemi? Si No Non risponde Nel laboratorio si sia creata una comunità Si No Non risponde

266 CAPITOLO 6. I questionari 2. La matrice dei dati

267 CAPITOLO 6. I questionari 3. La distribuzione di frequenza Di seguito si prenderanno in considerazione le frequenze assolute (numero di casi che presentano un valore) relative a ciascuna delle variabili: Sesso uomini donne 9% 91% FIGURA 14. Percentuale di uomini e donne che hanno risposto al questionario Età < >65 24,14% 3,45% 29,31% 43,10% FIGURA 15. Classi di età delle persone che hanno risposto al questionario Abita nel quartiere Oltretorrente si no N.R. 6,90% 20,69% 72,41% FIGURA 16. Percentuale di intervistati che abita/non abita nel quartiere Oltretorrente 251

268 CAPITOLO 6. I questionari Condizione lavorativa 24,14% 3,45% 20,69% occupato/a disoccupato/a pensionato/a N.R. 51,72% dei 12 occupati: 4 lavoro dipendente part-time; 2 lavoro autonomo part - time; 4 lavoro dipendente full-time; 2 lavoro dipendente part - time FIGURA 17. Condizione lavorativa degli intervistati Provenienza 0 persone da Europa Continentale, USA, Sud/centro America, Medio Oriente, Oceania 32,76% 48,28% 6,90% 1,72% 5,17% 1,72% 1,72% 1,72% italia nord asia italia centro italia sud/isole europa est N.R. FIGURA 18. Area geografica di provenienza degli intervistati Stato civile 60,34% 5,17% 3,45% 3,45% 3,45% 13,79% 6,90% 1,72% 1,72% celibe/nubile N.R. separato/a di fatto separato/a legalmente divorziato/a vedovo/a sposato/a fidanzato/a convivente fidanzato/a non convivente FIGURA 19. Stato civile degli intervistati 252

269 CAPITOLO 6. I questionari Livello di istruzione 29,31% 13,79% 31,03% licenza elementare licenza media 25,86% diploma laurea FIGURA 20. Livello di istruzione degli intervistati Numero di componenti della sua famiglia 22,41% 22,41% 17,24% 18,97% 12,07% 5,17% 1,72% Abita da solo >5 N.R. FIGURA 21. Numero di componenti delle famiglie degli intervistati Da quanto tempo frequenta il Laboratorio 15,52% 22,41% meno di 2 mesi da 3-6 mesi 8,62% 15,52% 36,21% da 7 mesi-1 anno da 2-3 anni da più di 3 anni 1,72% N.R. FIGURA 22 Quantità di tempo da cui gli intervistati frequentano il Laboratorio Nel frequentare il Laboratorio si ritiene 6,90% 8,62% 17,24% 67,24% frequentatore semplice volontario attivo cittadino attivo N.R. FIGURA 23 Percezione che gli intervistati hanno di sé nel frequentare il Laboratorio 253

270 CAPITOLO 6. I questionari Il Laboratorio Famiglia è un luogo Informale 6,90% 20,69% 72,41% SI NO N.R. Accogliente 1,72% 98,28% SI NO N.R. Dove le persone hanno l opportunità di incontrarsi 1,72% 12,07% 86,21% SI NO N.R. Dove crescono amicizie 8,62% 10,34% 81,03% SI NO N.R. Dove crescono reciprocità e prossimità 1,72% 10,34% 87,93% SI NO N.R. 254

271 CAPITOLO 6. I questionari Le è capitato di: Frequentare all esterno del Laboratorio persone conosciute nel Laboratorio 36,21% 39,66% Per niente Poco 15,52% 6,90% Abbastanza Molto N.R. 1,72% Avere donato a persone conosciute nel Laboratorio: Tempo 6,90% 37,93% 15,52% 17,24% 22,41% Per niente Poco Abbastanza Molto N.R. Oggetti 25,86% 32,76% Per niente Poco 15,52% 5,17% 20,69% Abbastanza Molto N.R. Ascolto 44,83% 10,34% 13,79% Per niente 8,62% 22,41% Poco Abbastanza Molto N.R. 255

272 CAPITOLO 6. I questionari Aderire ad iniziative di cui ha avuto notizia nel Laboratorio 37,93% 6,90% 8,62% 10,34% 36,21% Per niente Poco Abbastanza Molto N.R. Proporre e organizzare attività con altre persone incontrate nel Laboratorio 36,21% 29,31% Per niente Poco 22,41% 8,62% 3,45% Abbastanza Molto N.R. Iniziare a fare volontariato anche con Associazioni diverse da quelle che ha incontrato nel Laboratorio 24,49% 22,45% 6,12% Per niente Poco Abbastanza 46,94% Molto N.R. Incontrare nel Laboratorio persone sole/vulnerabili 43,10% 29,31% Per niente Poco 10,34% Abbastanza 13,79% 3,45% Molto N.R. 256

273 CAPITOLO 6. I questionari Vedere sostenute le persone sole da chi frequenta il Laboratorio 14,58% 10,42% 27,08% Per niente Poco 47,92% Abbastanza Molto N.R. Aiutare nella cura persone incontrate nel Laboratorio 34,48% 20,69% 31,03% 12,07% Per niente Poco Abbastanza Molto N.R. 1,72% Aiutare nei compiti educati persone incontrate nel laboratorio 39,66% 15,52% Per niente Poco 20,69% 3,45% 20,69% Abbastanza Molto N.R. Sostenere nella conciliazione persone incontrate nel Laboratorio 65,22% 21,74% 10,87% Per niente Poco Abbastanza Molto N.R. 2,17% 257

274 CAPITOLO 6. I questionari Sentirsi utile per persone incontrate nel Laboratorio 41,38% Per niente 10,34% 17,24% 5,17% 25,86% Poco Abbastanza Molto N.R. Aver bisogno di persone incontrate nel Laboratorio 20,69% 18,97% 17,24% 5,17% 37,93% Per niente Poco Abbastanza Molto N.R. Crede che Frequentare il laboratorio possa incidere positivamente sulla sua qualità di vita? 1,72% 1,72% 96,55% SI NO N.R. Frequentare il laboratorio possa incidere positivamente sulla sua capacità di risolvere i problemi? 5,17% 13,79% 81,03% SI NO N.R. Nel laboratorio si sia creata una comunità (insieme di persone che condividono luoghi, interessi, pensieri, idee, e si sentono parte di un gruppo in cui le relazioni sono basate sulla fiducia) 8,62% 13,79% SI 77,59% NO N.R. 258

275 CAPITOLO 7 L analisi dei dati

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277 CAPITOLO 7. L analisi dei dati 1. Premesse La riforma del Titolo V della Costituzione, (rubricato Le regioni, le Province, i Comuni) avvenuta con la Legge 18 ottobre 2001, n.3, ha novellato l articolo 118 della Costituzione italiana, introducendo il principio di sussidiarietà: articolo 5, comma 4: Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Nella sua classica definizione, per sussidiarietà si intende che lo Stato, di fronte alla società singoli cittadini, famiglie, gruppi intermedi, associazioni e imprese non debba fare di più, ma neanche di meno, che offrire un aiuto (subsidium ferre) all autonomia di questi ambiti e sfere sociali 49. In Italia, ha prevalso, fino agli anni Settanta, un modello istituzionale, o quasi totale, di Welfare, inteso come un sistema in cui prestazioni e servizi vengono erogati direttamente dalla Pubblica Amministrazione, su base universalistica ed in cui, di conseguenza, il servizio pubblico viene percepito come quello organizzato e gestito dallo Stato (Colozzi, 2005); un modello che ha trovato concretezza in Politiche Sociali connotate dall assistenzialismo, osteggiato, oggi, da un principio costituzionale, che proibisce all Istituzione di intervenire nella vita dei cittadini se questi siano in condizione di gestire autonomamente i propri compiti. Allorché i soggetti, in situazioni di disagio, non siano in grado di far fronte ai propri carichi, è l Ente più vicino al cittadino che ha l onere di intervenire, sfruttando tutte le risorse presenti sul territorio e, comunque, cercando di rafforzare le energie dei soggetti per aumentarne le capacità di risposta, attraverso strategie di empowerment (Colozzi, 2005): i cittadini sono chiamati, come singoli o come gruppi, ad intervenire sulla propria realtà sociale. A tal fine, gli Enti pubblici possono stipulare Convenzioni con Associazioni del Terzo Settore, sia di Volontariato (articolo 7, Legge 266/91 Legge quadro sul volontariato) che di Promozione sociale (articolo 30, Legge 383/2000 Disciplina delle associazioni di promozione sociale). Sono, dunque, sempre più frequenti nell attuale scenario del Welfare, forme di collaborazione tra pubblico e privato: l Ente Locale, in particolare, è chiamato ad attivare e sostenere processi di collaborazione con e fra gli attori della società civile, raccolti in gruppi, sia formali che informali, o come singoli. Collaborare, tuttavia, costa fatiche, risorse,e presenta dei rischi, come il timore di perdere la propria visibilità, l allinearsi alle logiche degli altri partner, il delegare agli altri le proprie funzioni; è pertanto necessario che tra i partner della collaborazione si instaurino relazioni fiduciarie, che si definiscano obiettivi e finalità, ruoli e tempi della 49 Colozzi I. Sussidiarietà, voce pubblicata nel Dizionario di Servizio Sociale, diretto da M. Dal Pra Ponticelli, Carocci Faber, Roma, 2005, p

278 CAPITOLO 7. L analisi dei dati collaborazione e che i diversi soggetti che collaborano siano motivati a farlo e godano di abilità sociali e competenze relazionali (Campanini, 2002). Costruire contesti collaborativi diventa un esigenza in un contesto sociale connotato dalla complessità dei bisogni e delle risorse, limitate e scarse (Campanini, 2002). Gli operatori del sociale sono, oggi, sempre più chiamati ad ottimizzare le risorse e, quindi, a lavorare per progetti: si sente, spesso, parlare a tal fine di sviluppo di comunità, una filosofia, sorretta da principi ispiratori, criteri di orientamento e scelta, concernenti il potenziamento delle risorse, dell autonomia, delle competenze e delle responsabilità di individui, famiglie o gruppi, stanziati in uno specifico contesto (Martini, Torti, 2003). Tuttavia, affinché un intervento, che ha l obiettivo di migliorare la condizione di vita della comunità, produca effetti positivi, è necessario rendere i soggetti che vivono la comunità stessa protagonisti attivi dei processi decisionali; attraverso la partecipazione, i cittadini attivi sono chiamati ad esercitare un influenza diretta sui fattori che condizionano la propria vita (Martini, Torti, 2003). A tal proposito, si parla di quarto settore per indicare quanti attivamente agiscono, in forma collettiva, per se stessi e per chi presenta situazioni vicine alla propria; gli utenti e i soggetti di una comunità diventano, in tal modo, operatori in grado di mettere la propria creatività a disposizione della risoluzione di problemi collettivi (Folgheraiter, 2006). Sarebbe auspicabile che la progettazione sociale, orientata alla comunità, si fondasse su modalità che si rifanno all approccio concertativo-partecipato, che si fonda, secondo Pozzobon (1994), sull assunto per il quale la conoscenza si basa sulle costruzioni di molteplici osservatori (e, pertanto, non coincide con una realtà esterna oggettiva), che, in questo approccio, hanno modo di interagire, mediante processi di negoziazione: come affermò Watzalawick (1988), dunque, la realtà non è scoperta, ma inventata (Leone, Prezza, 2011). Considerando, dunque, l interazione sociale tra molteplici attori, tale approccio rimanda alle questioni del punto di vista (dall interazione tra più prospettive, nel processo di progettazione, si definisce il problema e si struttura l ambiente, in modo non sempre coincidente) e del potere (le molteplici decisioni che vanno assunte in fase di progettazione, sono l esito di processi di negoziazione tra i diversi attori coinvolti, il cui potere di influenza è connesso al proprio ruolo e alla propria posizione organizzativa). Presupposti di questo approccio sono che: i problemi sociali, che non devono essere letti aprioristicamente, non si caratterizzano per una causalità lineare; vi sono molteplici letture dei bisogni e molteplici letture interpretative; i Servizi e gli operatori non erogano ricette e soluzioni, ma aiutano ad aiutarsi; le persone dispongono di potenzialità e risorse tali da poter impegnarsi in progetti per sé e per la collettività (Leone, Prezza, 2011). 262

279 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Ogni attore della progettazione è portatore di una propria professionalità (data dal settore professionale d appartenenza) e, soprattutto, di una dimensione valoriale, che non sempre coincide con quella degli attori insieme ai quali dovrà progettare, né, tantomeno, con quella dei destinatari del progetto stesso; inoltre, spesso nelle organizzazioni sociali si verifica che il rapporto tra persona e valore non sia mediato da un oggetto tangibile (un bene o un servizio da erogare o da produrre), e che, a volte, la dimensione valoriale prevalga sulla dimensione tecnica operativa (Leone, Prezza, 2011). Le diverse organizzazioni del sociale, nel co progettare sono chiamate, quindi, a condividere una comune progettualità: la difficoltà è legata al fatto che le organizzazioni sono spesso enormemente diversificate tra loro per struttura organizzativa, mission, settore, valori, codici linguistici, culture organizzative, nonché per livello di istituzionalizzazione, massimo nelle Istituzioni, sociologicamente intese (Tribunali, Comuni, Scuole, Istituzioni religiose, ), e minimo nelle piccole e medie imprese o gruppi di volontariato (Leone, Prezza, 2011). L interazione tra diversi attori riguarda tutte le tappe della progettazione: dall ideazione alla valutazione, in cui dovranno verificarsi i risultati, secondo i diversi punti di vista. Tale interazione si fa più complicata, quindi, quando i soggetti chiamati alla progettazione appartengono al Pubblico e al Privato sociale e devono realizzare un intervento a favore della comunità: vi sono tre livelli che devono dialogare. Quando si parla di progetti rivolti alla comunità, è inevitabile il riferimento al lavoro di comunità, quel processo tramite cui si aiutano le persone a migliorare le loro comunità di appartenenza attraverso iniziative collettive 50, per far sì che le persone interiorizzano tale miglioramento, mediante l impiego di operatori di comunità retribuiti (a differenza dei leader di comunità informali, non retribuiti, che hanno ruoli dichiarati altri rispetto a quelli degli operatori) (Twelvetrees, 2006). Tra i vari approcci del lavoro di comunità, lo sviluppo di comunità, quindi il lavorare con la comunità, prevede che gli operatori accompagnino i soggetti in modo non direttivo, non condizionando le scelte rispetto alle decisioni da intraprendere; il lavoro di rete (o pianificazione), quindi il lavorare per la comunità, prevede, invece, che gli operatori collaborino in maniera attiva con i decisori politici e lo organizzazioni che erogano servizi, per sensibilizzare questi rispetto alle esigenze della comunità, incidendo sul miglioramento dei Servizi, nonché, più in generale, delle politiche sociali (Twelvetrees, 2006). Unendo i due approcci, ne deriva che gli operatori di comunità mirano ad attivare la comunità dal basso mediante un azione sociale, psicosociale, sociopolitica, che punta alla responsabilizzazione collettiva, alla 50 Twelvetrees A. Il lavoro sociale di comunità. Come costruire progetti partecipati, Erikson, Trento, 2006, p

280 CAPITOLO 7. L analisi dei dati attivazione e sostegno di processi di collaborazione/partecipazione, allo sviluppo di relazioni e competenze tra i membri di una comunità (Martini, Torti, 2003). È raro, tuttavia, che un Ente pubblico finanzi processi di reale attivazione dal basso, dove gli operatori aiutino le persone a esplicitare i propri bisogni ed aggregarsi per soddisfarli, perché lunghi e costosi; è più diffusa, invece, l attivazione di processi di attivazione dall alto, volti ad orientare la comunità e a sostenerla nel suo sviluppo: tuttavia, afferma Willmott (1989) che le iniziative di coinvolgimento comunitario calate dall alto possono funzionare alla sola condizione che vi siano anche iniziative costruite dal basso (Twelvetrees, 2006). Nei progetti di comunità valutare è un dovere, nonché un diritto di chi finanzia i progetti e di chi, a vario titolo, nel progetto è coinvolto; la valutazione di un progetto di sviluppo di comunità verte su due aspetti caratteristici, strettamente connessi, ovvero i cambiamenti che si mira a produrre (obiettivi, connessi ai bisogni della comunità) e i modi tramite i quali si intende produrre tali cambiamenti (processi) (Martini, Torti, 2003). Al di là degli obiettivi specifici che un progetto di sviluppo di comunità si pone, è possibile individuare due obiettivi generali: risolvere un determinato problema, sviluppando il sentimento di comunità; sostenere la comunità come soggetto, accrescendo la sua capacità di azione e di problem solving (Martini, Torti, 2003). Nel valutare un progetto di sviluppo di comunità sono gli attori del progetto a dar valore ai dati, mediante una valutazione partecipata che include un processo di negoziazione fra i diversi attori portatori di differenti interessi, che si realizza all interno di uno specifico contesto culturale e che non può eludere la dimensione etica, trincerandosi dietro il paravento della scientificità 51. La complessità della realtà caratterizzante la comunità su cui un progetto interviene è ben espressa dai diversi stakeholders (portatori di interessi) coinvolti nel medesimo progetto in maniera differente, poiché hanno bisogni, visioni di realtà, valori, attese diversi e otterranno dal progetto benefici (svantaggi) diversi. Ciò premesso, nel procedere alla valutazione del progetto Laboratorio Famiglia, che rientra nel Nuovo Piano strategico del Welfare, inteso come percorso di sviluppo di comunità, del Comune di Parma, si è ritenuto necessario confrontare i diversi punti di vista dei soggetti coinvolti nel progetto stesso, progetto che nasce da una Convezione, stipulata nel 2008 (per gli anni 2009, 2010, 2011; poi prorogata, anche per l anno 2012, per il 2013 e per il primo semestre del 2014). Essendo l obiettivo generale del progetto la promozione di concrete esperienze di prossimità tra famiglie, attraverso la promozione di luoghi sociali relazionali fruibili dalle famiglie e animati dalla presenza delle associazioni familiari della Consulta e 51 Martini E. R., Torti A. Fare lavoro di comunità, Carocci Faber, Roma, 2003, p

281 CAPITOLO 7. L analisi dei dati del territorio che vorranno collaborare 52, si è ritenuto di considerare come soggetti che partecipano attivamente al Progetto: il Comune di Parma, le Associazioni e le famiglie (dove per famiglie si intende ogni forma familiare, compresi i singoli individui). Nello specifico, il Comune di Parma, nella Struttura Operativa Famiglia e Sviluppo di Comunità, facente capo al Settore Welfare, titolare delle funzioni di promozione e tutela a supporto dei minori e delle famiglie, si impegna, per la realizzazione del progetto sopra descritto, a: garantire il corretto funzionamento della presente convenzione nel rispetto degli obiettivi generali e specifici della stessa anche attraverso le verifiche necessarie al buon andamento complessivo del progetto; mettere a disposizione, appena possibile e gratuitamente, e per tutta la durata della convenzione, i locali siti al piano terreno dell unità immobiliare Ex Stimmatini [ ];autorizzare gli utilizzi della stessa sede operativa, per attività non inerenti al progetto ed in orari diversi da quelli programmati per le attività del progetto, a favore di famiglie affidatarie, associazioni familiari, altre realtà del territorio che si rivolgessero al Comune di Parma; in proposito sarà definita una specifica modalità attuativa, dando altresì atto che la S.O. Famiglia e Sviluppo di Comunità consulterà in via preventiva le Associazioni Famiglia Più e LiberaMente ;[ ] ; assicurare le risorse necessarie alla sua positiva conduzione [ ] ; progettare un nuovo modello gestionale che sia adatto a qualificare, consolidare e sviluppare ulteriormente le esperienze delle Associazioni della Consulta delle Associazioni Familiari del Comune di Parma convenzionate, nella conduzione di progetti orientati allo sviluppo di comunità; proporre e realizzare un modello gestionale partecipato adatto ad accompagnare questo programma, costituendo un apposito Comitato di Gestione. L Associazione Famiglia Più e l Associazione LiberaMente si impegnano a svolgere le seguenti azioni: assumere come priorità la promozione dello sviluppo di un contesto socioambientale favorevole alle relazioni ponendo l attenzione ai bisogni ed alle sensibilità delle famiglie, con particolare attenzione a quelle residenti nel quartiere Oltretorrente; offrire dei momenti di incontro, di scambio, accoglienza e animazione per le famiglie e i cittadini del quartiere e non e realizzati anche con il coinvolgimento di diverse realtà del territorio quali ad esempio Associazioni Familiari, Coop. Sociali, plessi scolastici, gruppi informali e altre Associazioni; realizzare iniziative volte a favorire l attivazione del protagonismo di gruppi di famiglie e cittadini e finalizzate alla promozione di pratiche di scambio e mutuo aiuto 53. Le due Associazioni, con una storia ed un identità molto forti e finalità, per alcuni aspetti, contrapposte, hanno dovuto individuare una comune modalità di azione e di condivisione di obiettivi e finalità per riuscire a portare avanti il progetto, e confrontarsi costantemente con 52 Convenzione per lo sviluppo del progetto Laboratorio Famiglia in Oltretorrente, articolo 3, pagina 6 documento consultabile on line, all indirizzo 53 Ibidem, articolo 6, pagina 7 265

282 CAPITOLO 7. L analisi dei dati l Ente pubblico, che funge da committente, nonché da mandante: delle risorse materiali pubbliche sono state affidate a due Associazioni Private per perseguire interessi collettivi, riguardanti il benessere della comunità. 2. Analisi dei dati Vedremo, di seguito, come si sono espressi i diversi attori, rispetto a delle tematiche attinenti lo sviluppo di comunità e il lavoro di rete, in generale, e l esperienza del Laboratorio Famiglia. Si ricorda che i soggetti sono stati intervistati: mediante intervista semi strutturata la referente dei progetti di sviluppo di comunità ed il responsabile del Centro per le Famiglia (livello istituzionale); le Presidentesse delle due Associazioni (livello rappresentativo associativo); le operatrici e la coordinatrice del Laboratorio (livello tecnico operativo); mediante focus group (FG), a rappresentanza delle persone che frequentano il Laboratorio Famiglia, una volontaria che tiene il corso di lingua e cultura; una volontaria per il corso di Patchwork; una volontaria ed un volontario (l una degli Scuot CNGEI e l altro della Comunità di S. Egidio) per il Laboratorio Compiti; una volontaria dell Associazione Donne algerine a Parma; due frequentatori anziani (coniugati) che frequentano il Laboratorio con i nipoti; due madri (un italiana e una tunisina) che frequentano il Laboratorio con i loro figli, una donna algerina che frequenta il gruppo delle donne algerine; una donna italiana che frequenta il gruppo del patchwork; una donna burkinabè che frequenta il Laboratorio in momenti diversi della settimana. mediante questionari, tutti coloro i quali abbiano avuto modo di compilare il questionario, lasciato presso il Laboratorio dal 20 novembre 2013 al 20 dicembre 2013 (in totale, 58 questionari compilati). Si ricordano, inoltre, le caratteristiche dei soggetti intervistati mediante Focus Group (FG): Volontari volontaria (1945) dell Associazione Liberamente, che tiene, da 4 anni,un corso di Lingua e cultura italiana rivolto a donne straniere e promuove attività a rilevanza culturale; volontaria (1965) del corso di Patchwork (da 2 anni); Presidentessa (1976) dell Associazione Donne Algerine a Parma, che ogni giovedì mattina si ritrova al Laboratorio (da 4 anni); 266

283 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Volontaria (1951) che coordina un gruppo di ragazzi Scout del CNGEI che gestiscono un attività di supporto scolastico nell ambito del Progetto Laboratorio Compiti, una volta a settimana (da 3 anni); volontario (1974) della Comunità di S. Egidio, è uno dei responsabili dell attività di supporto scolastico che si svolge al sabato pomeriggio, sempre nell ambito del Progetto Laboratorio Compiti (da 3 anni). Frequentatori una giovane ragazza del Burkina Faso (1983) che frequenta il Laboratorio da circa 1 anno per avere supporto linguistico e, soprattutto, trovare sostegno psico - emotivo, dovendo vivere lontana dai suoi 4 figli, rimasti in Burkina Faso (da 1 anno); due anziani coniugi (19848, 1946), che frequentano, in media, una volta a settimana il Laboratorio con i loro 3 nipoti (da 2 anni); una donna (1956) che frequenta il Laboratorio per partecipare ad un corso di Patchwork (da 1 anno); una giovane ragazza tunisina (1982), che viene al Laboratorio, al martedì mattino, per frequentare il corso di Italiano e, al pomeriggio, per dare la possibilità ai suoi bimbi, non ammessi alla scuola materna, di relazionarsi ad altri bambini (da 2 mesi); una giovane madre (1979) di una bimba di 2 anni, con la quale frequenta il gruppo mamme/bimbi 0 3 anni (da 2 anni); una donna (1972), che frequenta il gruppo delle Donne algerine (da 4 anni); una giovane madre (1986), che frequenta con le sue tre bimbe il corso di espressività e usufruisce con il suo Gruppo d Acquisto Solidale delle stanze del Laboratorio per ritrovarsi una tantum (da circa 2 mesi). Per l analisi dei dati qualitativi emersi dalle interviste e dai Focus Group non si procederà riportando le parole in originale dei soggetti (già esposte nei capitoli precedenti) ma la loro sintesi ed interpretazione, sulla base dell assunto per cui l interpretazione è qualcosa di soggettivo. Per l analisi dei dati quantitativi emersi dai questionari, si procederà con la tecnica dell analisi bi variata: si andrà quindi, a ricercare la relazione tra le variabili, ovvero la variazione concomitante fra i loro valori (co variazione). Trattandosi di relazioni di tipo probabilistico, le affermazioni che ne scaturiscono valgono a livello medio; inoltre, la statistica dice soltanto che sussiste una relazione tra due variabili e sarà compito del ricercatore, in base alle sue conoscenze teoriche, esterne alla matrice-dati, conferire un interpretazione a tale relazione (Corbetta, 2003). Le funzione statistiche utilizzate per l analisi dei dati quantitativi saranno: la distribuzione di frequenza, la media (e quindi la 267

284 CAPITOLO 7. L analisi dei dati deviazione standard), la correlazione (attraverso il coefficiente di Pearson, che ha un valore compreso tra -1, quando non c è correlazione, e 1, quando c è correlazione). 3. Risultati 3.1 Lo sviluppo di comunità Soggetto 1 Soggetto 2: Soggetto 3 LIVELLO ISTITUZIONALE È di sviluppo di comunità un intervento che generi un cambiamento, in termini di aumento delle relazioni tra persone, della fiducia, del capitale sociale, all interno di un contesto, più o meno vasto; un cambiamento che si possa tradurre in aumento del capitale sociale dei soggetti intercettati dall intervento, in termini di regole, fiducia, relazioni, conoscenze. Elementi chiave: contesto; fiducia; capitale sociale; relazioni. Un intervento è di sviluppo di comunità se consente di far crescere le relazioni virtuose tra i membri di una comunità, tra i quali si creino occasioni di condivisione di esperienze familiari e comunitarie; è necessario definire obiettivi, finalità, azioni e dotarsi di strumenti per monitorare quanto siano cambiate le relazioni all interno del contesto specifico (relazioni anche tra generazioni) e come si sia modificato il modo di relazionarsi tra le persone. È un intervento che provoca un cambiamento della realtà territoriale, attraverso la costruzione di reti tra gruppi e singoli, ed è connotato dall imprevisto, quindi dalla flessibilità intesa come capacità di apertura al nuovo. Elementi chiave: contesto, relazioni, capitale sociale, fiducia, cambiamento, realtà territoriale, reti, flessibilità. LIVELLO RAPPRESENTATIVO ASSOCIATIVO È sviluppo di comunità: quando si lavora insieme alla comunità, partendo da rapporti privilegiati con gli opinion leader, per far crescere la comunità; quando le persone decidono di prendersi cura della comunità, a cui sentono di appartenere, perché essa può crescere solo grazie a loro, non attraverso interventi esterni; quando la comunità è percepita dalle persone che ne fanno parte come bene comune e quindi ciascuno si impegna per migliorarla, consapevole che la singola azione di ognuno possa giovare anche agli altri. È un fine dello sviluppo di comunità fare in modo che le persone si sentano una comunità. Elementi chiave: lavorare con; cura della comunità; senso di appartenenza; senso di comunità; condivisione; benessere collettivo; osservatori privilegiati; attivazione dal basso. 268

285 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Soggetto 4 Soggetto 5 Soggetto 6 Lo sviluppo di comunità consiste nell aiutare una comunità ad essere se stessa, rendendo i cittadini più consapevoli e responsabili, nonché meno egocentrici e disposti a sostenere anche i problemi altrui, attraverso l azione di leader naturali (da reperire nella comunità stessa) ma anche istituzionali, nonché di Associazioni ed eventuali reti già esistenti. È necessario che i soggetti, che decidano di guidare l intervento, entrino tra loro in relazione, dandosi obiettivi comuni, per far crescere il bene comune e fare in modo che tra le persone che abitano un luogo si creino dei legami, (e non solo rapporti non di mero consumo, lavoro, divertimento); fra gli obiettivi c è anche quello di rendere le persone cittadini più consapevoli, più responsabili, per giungere, infine, a migliorare le condizioni di vita del maggior numero possibile di persone. Elementi chiave: lavorare con la comunità; prendersi cura della comunità; senso di appartenenza; senso di comunità; rete; bene comune; obiettivi e finalità comuni; condivisione; relazione; miglioramento delle condizioni di vita; fare per sé e per gli altri. LIVELLO TECNICO OPERATIVO Per mettere in atto interventi di sviluppo di comunità è necessario istituire tavoli di coordinamento, che originino da problematiche sentite come comuni, e che siano rappresentativi di tutte le realtà presenti in una comunità, composti da Enti, Associazioni, gruppi di cittadini e singoli, per comprendere la natura dei bisogni della comunità stessa e le risorse; creare, quindi, sinergie per fare insieme, coinvolgendo il maggior numero possibile di attori. È necessario, altresì, darsi degli obiettivi comuni e condivisi. Partire, quindi, da soggetti che siano rappresentativi di un contesto, quale può essere un quartiere. È un lavoro lento e lungo, che deve tener conto dei cambiamenti socio culturali, e quindi dei bisogni, delle possibili riposte e risorse (che andranno a provocare cambiamenti degli obiettivi che ci si è dati in partenza). Elementi chiave: tavoli; bisogni comuni; risorse scarse; sinergie; fare con; coinvolgimento; processo lento; cambiamenti. Lo sviluppo di comunità è un processo, intervento, di tipo sociale, che deve tenere conto di un qui ed ora, finalizzato a cambiare le condizioni di vita di una comunità (premesso che deve essere chiaro qual è la comunità che si attiva o che si intende attivare) e, quindi, a migliorarne la qualità di vita, diffondendo benessere, anche attraverso interventi di riduzione del danno. Nello specifico, il progetto Laboratorio Famiglia si è basato su uno studio che aveva riguardato il quartiere Oltretorrente e dal quale erano emersi nuovi bisogni, tra cui quello di fare uscire le persone da un dilagante isolamento sociale, per tornare ad aggregarsi, creando relazioni di sostegno reciproco tra persone. Finalità dello 269

286 CAPITOLO 7. L analisi dei dati sviluppo di comunità deve essere di empowerizzare le persone per renderle in grado di creare insieme una comunità ed incidere sui cambiamenti importanti per la comunità stessa. Elementi chiave: processo; qui ed ora; miglioramento della qualità della vita; promozione del benessere; relazione; uscita da situazioni di isolamento; sostegno; empowerment. Soggetto 7 Lo sviluppo di comunità prevede, innanzi tutto, il coinvolgimento e la partecipazione dei soggetti che appartengono a una comunità, che possono partire dal basso (top down) o essere attivati dall alto (bottom up), in base a chi detiene il potere; in ogni caso, è necessario che gli operatori accompagnino i soggetti in un processo di presa di consapevolezza rispetto ai veri bisogni della comunità e, quindi, alle istanze da perseguire, innescando logiche innovative che si distacchino da quelle di natura assistenzialista, e, quindi, affiancando e sostenendo la comunità stessa e facilitando il processo con cui si giunge a una determinata progettualità. Il coinvolgimento deve riguardare tutti i livelli, anche se, spesso, avviene soltanto nel momento in cui si siano già definite le strategie di intervento a cui le comunità è chiamata ad adeguarsi. Fondamentale nello sviluppo di comunità non è l obiettivo che si raggiunge ma il processo tramite cui vi si giunge. Dopo aver sostenuto la comunità ed assicurato la solidità dei gruppi che costituiscono la comunità stessa, è necessario che l operatore faccia un passo indietro, per rendere le persone coinvolte gli effettivi protagonisti del loro cambiamento, mediante processi di empowerment e non, quindi, di sostituzione alla persona. Elementi chiave: appartenenza; coinvolgimento; partecipazione; processo; presa di consapevolezza; affiancamento, sostegno, facilitazione; progettualità; protagonismo delle persone; cambiamento; empowerment; top down e bottom up. ASSISTENTE SOCIALE DEL POLO Un intervento di sviluppo di comunità parte dal presupposto che la comunità, sulla quale si vuole operare, ha delle proprie risorse e potenzialità sotto valorizzate, che un attore esterno, quale può essere un Servizio Sociale, ha il compito di stimolare, favorendo l autodeterminazione della comunità stessa. È opportuno non calare degli interventi dall alto standardizzati, ma favorire l attivazione della comunità dal basso e, quindi, la partecipazione e la cooperazione. Elementi chiave: risorse/potenzialità sotto valorizzate; autodeterminazione; cooperazione; partecipazione; top down e bottom up. 270

287 CAPITOLO 7. L analisi dei dati 3.2 La rete Soggetto 1 Soggetto 2: Soggetto 3 LIVELLO ISTITUZIONALE La rete va curata quotidianamente. È fatta di tanti nodi che si intersecano, per cui, le decisioni non possono essere prese individualmente; la qualità della rete dipende dalla modalità in cui i diversi attori si relazionano, in base anche all esperienza di ciascuno, nonché alla conoscenza dei fenomeni che riguardano il territorio su cui si interviene (con particolare attenzione ai cambiamenti che lo riguardano). Le reti nascono, crescono e si esauriscono; i risultati di un lavoro di rete (che, tra le altre cose, è finalizzato alla creazione di legami di fiducia tra le persone) non sono immediatamente visibili. Elementi chiave: cura; nodi; relazione; esperienza; conoscenza del territorio (e dei fenomeni); ciclo vitale delle reti; risultati non visibili nell immediato. Per creare una rete bisogna partire dalla conoscenza del territorio e delle realtà in esso presenti (Istituzioni, Associazioni, commercianti, gruppi formali, informali): ognuno degli attori presenti in un territorio deve poter scoprire che dalla relazione con gli altri (ciascuno con le proprie diversità e, quindi, i propri valori) possono nascere obiettivi comuni ed azioni a questi finalizzate. La rete può essere usata per sviluppare una comunità e deve essere pronta ad accogliere sempre più soggetti. È fatta di nodi, dove ogni nodo è uno dei soggetti che decide di entrare in relazione con gli altri e fidarsi degli altri e capire ciò che può fare per e con gli altri, per definire poi insieme delle strategie e modalità di azione. È la prossimità che tiene in vita la rete: creare occasioni di scambio che siano però finalizzate ad obiettivi concreti, altrimenti la rete rimane un qualcosa di astratto destinato a disgregarsi. Elementi chiave: conoscenza del territorio; diversità; valori; nodi; sviluppo di comunità; fiducia; fare per e con gli altri; azione; prossimità; scambio; concretezza. LIVELLO RAPPRESENTATIVO ASSOCIATIVO Metodologia di rete significa coinvolgere tutte le persone che abbiano un ruolo in una comunità (Istituzioni, opinion leader, ) ; per costruirla è opportuno costruire tavoli in cui si discuta di specifici temi, portati all attenzione da osservatori privilegiati (Associazioni, ), ed in cui si comprenda come mettere insieme le risorse di cui ciascuno dispone; pian piano, si coinvolgono nuovi attori che, apportando nuove risorse alla rete già in essere, continuano a nutrirla. È importante che ognuno riconosca il valore dell altro. Elementi chiave: coinvolgimento; temi ben definiti; osservatori privilegiati; unire le risorse; nutrimento; riconoscimento. 271

288 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Soggetto 4 Soggetto 5 Soggetto 6 Adottare una metodologia di rete significa non lavorare soli e sapere, quindi, che in un contesto vi sono più attori (Istituzioni, Associazioni, singoli, ) che, in maniera diversa, si adoperano per il benessere di chi vi abita. La rete si costruisce a partire dalla conoscenza, innanzitutto, delle realtà che condividono (in tutto o in parte) la propria mission (mappatura); seguono, poi, dei tavoli in cui far incontrare i soggetti individuati (tutti insieme o in momenti diversi) e attraverso cui ognuno può apprendere qualcosa di nuovo e rendersi conto che la finalità ultima di tutti è il bene comune È come una rete da pesca in cui ognuno costituisce un nodo: tutti i nodi hanno la medesima importanza (ma punti di vista differenti, dovuti a una conoscenza diversa della medesima realtà, che devono interagire), sono sullo stesso livello e non devono ostacolarsi tra loro. La presenza dell Ente pubblico (come nel caso del progetto Laboratorio Famiglia) può fungere, a volte, da impedimento al coinvolgimento di nuovi attori. Elementi chiave: unire le risorse scarse; benessere; conoscenza; apprendere dall altro; bene comune; stessa dignità; nodo; visioni molteplici di una stessa realtà; Ente pubblico come disincentivo alla rete. LIVELLO TECNICO OPERATIVO Rete è la partecipazione tra diversi interlocutori, che rappresentino tutte le differenze del contesto in cui si intende operare; per costruirla non è sufficiente un tavolo, ma sono necessari uno o più capifila riconosciuti dall Istituzione o anche informalmente e che condividano un luogo fisico in cui i beneficiari della rete possano identificarsi. È importante che si conosca dettagliatamente quanto avviene o è avvenuto in un territorio e, al contempo, quanto si sta attivando. Fondamentale è il non sopraffare reti già in corso che lavorano per l obiettivo che con la propria rete si mira a perseguire (non sopraffarsi, non ostacolarsi). Va rimessa costantemente in discussione, in base ai cambiamenti socio culturali. Elementi chiave: partecipazione; diversità; riconoscimento; condivisione; luogo fisico; identificazione; messa in discussione; conoscenza; cambiamento; uno o più capifila. La rete è generalmente attivata da un attore che decide chi coinvolgere e chi no. Come prima azione è fondamentale non negare l esperienza altrui, quindi riconoscere il valore e le competenze di quanto altri fanno, seppur ad altri livelli, in un contesto e dar loro fiducia, rispettandone la diversità. È, inoltre, necessario darsi un metodo che sia condiviso e consenta a tutti gli attori di osservare gli stessi aspetti della realtà su cui si agisce, seppure con modalità dettate dalla propria soggettività, e di confrontarsi parlando un comune linguaggio. Il lavoro di rete non è un paradigma epistemologico, ma il metodo da utilizzare, affinché diverse realtà possano interagire, strutturando progetti tramite cui innescare un 272

289 CAPITOLO 7. L analisi dei dati cambiamento, e, al contempo, uno strumento di lavoro. È necessario conoscere quanto avviene in un territorio, quali sono le risorse attive e quali quelle ulteriormente attivabili, attraverso un lavoro di connessione tra i nodi di una rete, che, spesso, non comunicando tra loro, rischiano di mettere in atto le medesime azioni, con sprechi di energie e di risorse. Gli attori della rete, ognuno con il proprio punto di vista, costruiscono una nuova realtà: negoziando si decide insieme cosa costruire e come farlo. Elementi chiave: coinvolgimento; riconoscimento; fiducia; comune linguaggio e metodo; interazione; strumento; conoscenza; comunicazione;co costruzione di una nuova realtà; negoziazione; risorse; nodi. Soggetto 7 La rete è uno dei passaggi dello sviluppo di comunità, strumentale alla definizione condivisa e partecipata di obiettivi e delle relative strategie da porre in essere. I soggetti coinvolti devono aver ben chiari i passaggi tramite cui giungere ad un certo obiettivo (passaggio di informazioni) ed essere messi nelle condizioni di partecipare, attraverso processi di empowerment, che dotino gli attori di possibilità di controllo e senso critico rispetto ai processi da innescare, dando loro la sensazione di poter attivamente incidere sul proprio destino (speranza). È inutile convocare dei tavoli di Associazioni o cittadini, con il desiderio di creare gruppi tematici,, di interesse comune, se i soggetti convocati non hanno chiaro chi è il soggetto che li convoca, perché lo fa e come si svolgerà il progetto; saranno disincentivati a partecipare agli incontri successivi se non percepiranno di avere un reale potere decisionale. I tavoli potrebbero essere un azione successiva ad incontri individuali che consentano ai vari attori di spiegare il progetto che si propone, di raccontare e raccontarsi: in tal modo si avrà ben chiaro cosa i vari attori fanno sul territorio e come, quindi, eventualmente suddividerli in tavoli tematici: il tavolo è la manifestazione fisica della rete. È importante curare la rete e da questo punto di vista si possono utilizzare anche mezzi innovati, quali i Social Network. Innescata la rete all operatore è richiesto di facilitarla e sostenerla ma senza sostituirsi agli attori, riuscendo a fare un passo indietro a favore dell autonomia. Elementi chiave: passaggio dello sviluppo di comunità; condivisione; coinvolgimento; partecipazione; obiettivi comuni; comunicazione; chiarezza; empowerment; possibilità di controllo e senso critico; speranza; potere decisionale; incontri individuali preliminari; cura. ASSISTENTE SOCIALE DEL POLO Attraverso interventi di rete è possibile ricostruire legami disgregati e connessioni tra persone e tra persone e Servizi, Istituzioni, Associazioni che possano sostenere il soggetto. Bisogna partire da una valutazione chiara delle risorse e delle potenzialità di cui una persona è 273

290 CAPITOLO 7. L analisi dei dati portatrice: non è, quindi, possibile pensare a delle azioni standardizzate. Per costruire reti tra Istituzioni, Associazioni, realtà presenti in un territorio è necessario partire da una reciproca conoscenza ed ascolto, per giungere a creare delle relazioni solide basate sulla fiducia, e continuare costantemente e con continuità a curare la rete costituitasi. Elementi chiave: ricostruzione/costruzione; chiara valutazione; no standardizzazione; ascolto/conoscenza reciproci; fiducia; cura; continuità/costanza. 3.3 Comunità, Laboratorio, Famiglia COMUNITA Soggetto 1 Soggetto 2: Soggetto 3 Soggetto 4 LIVELLO ISTITUZIONALE Gruppi di persone in relazione, o da mettere in relazione attraverso l azione istituzionale, legati tra loro da rapporti, che non sono di sangue, parentela o amicizia (precedente al lavoro di comunità), e che condividono qualcosa (un luogo, valori, regole). Elementi chiave: gruppo; persone; relazione; condivisione (luogo, valori, regole); appartenenza. Estensione dei legami familiari, da cui il rapporto con la comunità è, in linea di massima, influenzato, nel senso che chi ha avuto una buona esperienza di famiglia vivrà anche una buona esperienza nella comunità; è una famiglia allargata, perché, a differenza della società, percepita come neutra e distante, la comunità si basa su legami e relazioni più intimi. È nella comunità che il soggetto può trovare quanto non ha avuto dalla propria famiglia (anche nei casi in cui il soggetto abbia deciso di dar vita ad una famiglia uni personale). Elementi chiave: legami; relazioni; influenza dell esperienza familiare; famiglia allargata; famiglie uni personali. LIVELLO RAPPRESENTATIVO ASSOCIATIVO E il posto in cui vivi quotidianamente ed è quindi costituita dall insieme delle persone ( nel tuo quartiere, a lavoro,.. ) con cui entri in relazione, con cui costruisci dei rapporti ed instauri degli scambi. Elementi chiave: quotidianità(costanza); insieme; persone; relazione; costruzione; scambio. E l insieme di persone stanziate su un territorio non troppo esteso (dimensione del quartiere), in cui le persone si relazionano, sviluppando cura dei bisogni altrui, conoscenza e rispetto reciproci, armonia e accordo, e cercando di superare insieme le difficoltà (inevitabili in un gruppo), che non devono, tuttavia, 274

291 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Soggetto 5 Soggetto 6 Soggetto 7 essere eccessive e opprimenti. Le persone scelgono con chi instaurare dei legami (a differenza che nella famiglia, dove i legami sono dati), che possono essere circoscritti ad un tempo limitato. Affinché si crei una comunità sono necessari una prossimità fisica, nonché un tempo e uno spazio, in cui le relazioni abbiano modo di essere; non basta condividere un territorio per sentirsi una comunità. Elementi chiave: insieme; persone; territorio; cura; relazione; conoscenza; rispetto; armonia; difficoltà; legami scelti e non imposti; prossimità; spazio; tempo. LIVELLO TECNICO OPERATIVO Comunanza, insieme di situazioni, persone, realtà, che hanno in comune un territorio (da condividere) e delle finalità, degli scopi (che nelle comuni, da cui origina il senso di comunità, erano di natura politica); sono tante le realtà che possono fare parte di una comunità, ma non sempre comunicano tra loro: sta anche al singolo costruire le proprie relazioni e connettere gli elementi. Elementi chiave: comunanza; insieme; persone; realtà; condivisione; relazioni; comunicazione; connessione. Esistono molteplici comunità a cui si può appartenere contemporaneamente, che possono essere micro o macro; non esiste, dunque, una comunità oggettivamente intesa. Le persone, che si aggregano in base a comuni motivazioni, interessi, idee, valori, possono essere incluse in più comunità. Ogni soggetto contribuisce a influenzare la realtà che vive e in cui vive: nutre la comunità e dalla comunità è nutrito, in una relazione bi-direzionale. Elementi chiave: molteplicità; appartenenza; micro/macro; aggregazione; comunione; inclusione; influenza; nutrimento bidirezionale. Vi sono molteplici comunità, intese come l insieme di persone che condividono qualcosa (un sistema valoriale, un appartenenza geografica); un individuo può contemporaneamente appartenere a più comunità. Nel caso del Laboratorio, ci si rivolge ad un quartiere. Elementi chiave: molteplicità; condivisione; appartenenza. ASSISTENTE SOCIALE DEL POLO Gruppo di individui, accomunati da uno o più aspetti (come, ad esempio, uno spazio territoriale), ciascuno con un proprio ruolo ed una propria funzione, formalmente o informalmente riconosciuti, e tra loro in relazione. Elementi chiave: gruppo; in comune; ruolo/funzione; riconoscimento; relazione. FREQUENTATORI La definizione di comunità porta con sé l idea di una famiglia allargata, in cui, chiaramente, non vi siano legami di sangue o di parentela. Un insieme di persone che scambiano, fanno 275

292 CAPITOLO 7. L analisi dei dati insieme, condividono. È un convivere tra idee, religioni, abitudini, etnie diverse, che possono essere tenute insieme da un comune interesse (che potrebbe essere quello di vivere nel medesimo quartiere). Affinché si crei comunità, è necessario che tra i soggetto vi siano rapporti diretti, continuativi, costanti. A differenza della società, che porta alla mente una struttura ampia e distaccata, la comunità evoca l idea di legami di e relazioni di vicinanza. Elementi chiave: famiglia allargata; legami (non di sangue e parentela); insieme; scambio; fare con; condivisione; convivenza tra diversità; comune interesse; diverse culture, religioni, etnie; rapporti costanti, continuativi, diretti; vicinanza. VOLONTARI È un gruppo di persone allargato, che comprende più famiglie e individui, anche di culture diverse, ma integrate, che insieme possono fare il bene di tutti. È un insieme di persone diverse che abitano nella stessa città e si incontrano stabilendo relazioni di conoscenza, aiuto, scambio culturale. Si concretizza in un luogo, in cui le persone si sentono orientate da un comune sentire e dalla ricerca del bene comune. Tra gli individui di una medesima comunità vi dovrebbe essere interdipendenza, reciprocità, fiducia (di poter entrare in un negozio senza il timore di scambiare due chiacchiere; di poter fermarsi a parlare con qualcuno in strada; ): condividere un luogo non è, quindi, l unico presupposto affinché vi sia comunità, se poi mancano legami di fiducia tra chi vive il luogo stesso. Elementi chiave: gruppo; insieme; diversità; integrazione; bene comune; conoscenza; aiuto; scambio; relazioni; reciprocità; fiducia; intercultura; luogo; condivisione. Comunità come relazione tra individui Dal momento che nelle interviste e nei FG è emersa, prevalentemente, un idea di comunità come un insieme di relazioni tra persone che condividono aspetti della loro vita, sono state considerate le variabili Le è capitato di sentirsi utile per persone incontrate nel Laboratorio e Le è capitato di aver bisogno di persone incontrate nel Laboratorio (rispettivamente 29 e 30 nella matrice del questionario), ritenute adeguate a misurare il grado di interazione (e, quindi, di relazione, intesa come uno scambio di risorse interne a ciascun soggetto) tra le persone (assunto che la qualità di una relazione è difficilmente quantificabile), dal momento che, secondo i teorici dello scambio, un sistema sociale può essere considerato un insieme di interazioni e negoziazioni che si fondano su aspettative condivise, forme istituzionalmente riconosciute dello scambio e su strutture che originano da posizioni di simmetria/dissimmetria (Donati, 2006). Si è ritenuto opportuno mettere in relazione le due variabili alla quantità di tempo da cui ciascun intervistato frequenta il Laboratorio, dal momento che tanto nelle interviste quanto nei FG è emerso che per entrare in relazione con l altro da sé c è bisogno di tempo. 276

293 CAPITOLO 7. L analisi dei dati a) Correlazione tra tempo di frequentazione del laboratorio (variabile 10) e la percezione della propria utilità per l altro (variabile 29) Il coefficiente di correlazione Pearson tra le due variabili è pari a 0,24: vi è una correlazione positiva, ma bassa, tra il tempo da cui gli intervistati frequentano il Laboratorio ed il sentirsi più o meno utili per le persone del Laboratorio stesso. Si è, pertanto, verificato se esiste una correlazione tra chi frequenta da più tempo il Laboratorio (da 2-3 anni, il 22,41% degli intervistati e da più di 3 anni il 36,21% degli intervistati) e la percezione della propria utilità per le altre persone incontrate nel Laboratorio. È emerso un coefficiente di correlazione Pearson pari a 0,18: la correlazione è bassa. Si deduce, di conseguenza, che le persone che frequentano da più tempo il Laboratorio non necessariamente hanno consapevolezza di ciò che possono fare per gli altri. b) Correlazione tra tempo di frequentazione del laboratorio (variabile 10) e la percezione del proprio bisogno di relazione con l altro (variabile 30) Il coefficiente di correlazione Pearson tra le due variabili è pari a 0,34: tra la variabile 10 e la 30 vi è, dunque, una correlazione più significativa rispetto a quella che sussiste tra la variabile 10 e la 29. Per cui il tempo da cui gli intervistati frequentano il Laboratorio ha un influenza sulla percezione del maggiore/minore bisogno che ciascuno sente del bisogno di relazionarsi alle persone incontrate nel Laboratorio stesso. Si è, pertanto, verificato se esiste una correlazione tra chi frequenta da più tempo il Laboratorio (da 2-3, il 22,41% degli intervistati e da più di 3 anni, il 36,21% degli intervistati) e l'aver bisogno di altre persone incontrate nel Laboratorio; è emerso un coefficiente di correlazione Pearson pari a 0,26: essendo la correlazione tra le due variabili bassa, si deduce che le persone che frequentano da più tempo il Laboratorio non necessariamente sono entrate in relazione con le altre persone conosciute al punto tale da sentirne il bisogno. Comunità come condivisione del territorio (variabile 5) Rispetto all idea di comunità come il condividere un qualcosa, che può essere un territorio, emerge, dalle distribuzioni di frequenza, relative alla variabile 5, che tra le persone che hanno risposto al questionario: il 74,14% NON ABITA nel quartiere Oltretorrente il 18,97% ABITA nel quartiere Oltretorrente il 6,90% non ha risposto 277

294 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Non è possibile, quindi, affermare che tra le persone che frequentano il Laboratorio vi sia la condivisione di un medesimo territorio, inteso come quartiere di residenza. La comunità Laboratorio famiglia (variabile 33) Nonostante i soggetti intervistati non condividano un territorio, inteso come quartiere, alla domanda relativa alla variabile 33 (crede che nel Laboratorio si sia creata una comunità - insieme di persone che condividono luoghi, interessi, idee e si sentono parte di un gruppo in cui le relazioni sono basate sulla fiducia): il 77,59% ha risposto SI l 8,62% NO il 13,79% non ha risposto Considerando solo il 77,59% di persone che ha risposto SI alla variabile 33, ne deriva che nella comunità Laboratorio Famiglia, in media, ci si sente poco utili per l'altro, ma si ha abbastanza bisogno dell'altro. 51,00% 46,67% UTILE PER L'ALTRO BISOGNO DELL'ALTRO Per niente Poco Abbastanza Molto N.R. FIGURA 24. Percezione di sé come utile per l altro / bisognoso dell altro tra coloro che credono che nel Laboratorio Famiglia si sia creata una comunità Inoltre, del 77,59% degli intervistati che pensa che nel Laboratorio si sia creata una comunità, si vanno a considerare: Il 51% degli intervistati che ha risposto di sentirsi poco utile per l altro Il 46,67% degli intervistati che ha risposto di avere abbastanza bisogno dell altro 278

295 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Si va, quindi, a considerare da quanto tempo i soggetti appartenenti alle suddette classi di percentuali frequentano il Laboratorio: Sentirsi poco utile per l'altro/ da quanto tempo? 39,13% 8,70% 4,35% 17,39% 30,43% meno di 2 mesi da 3-6 mesi da 7 mesi-1 anno da 2-3 anni da più di 3 anni N.R. 4,76% 4,76% 4,76% 47,62% 14,29% 23,81% Avere abbastanza bisogno dell'altro/ da quanto tempo? FIGURA 25. Correlazione tra la percezione che ha di sé (come utile per l altro / bisognoso dell altro) chi pensa che nel Laboratorio Famiglia si sia creata una comunità e la quantità da cui frequenta il Laboratorio Se ne deduce che chi frequenta il Laboratorio, da 2 anni a da più di 3 anni, ha abbastanza consapevolezza della necessità di affidarsi all altro, ma, al contempo, è poco consapevole di ciò che per agli altri può fare, in termini di utilità: è, quindi, necessario molto tempo affinché, attraverso interventi di sviluppo di comunità, possano realizzarsi processi di empowerment, così come hanno sostenuto gli intervistati, che portino le persone ad essere consapevoli di ciò che possono fare con e per gli altri. 279

296 CAPITOLO 7. L analisi dei dati LABORATORIO LIVELLO ISTITUZIONALE Soggetto 1 Un posto in cui provare a fare delle cose, anche attraverso l aiuto di altri (che non sia una sostituzione), in cui è richiesto a chi partecipa di essere attivo e propositivo. È in continua evoluzione, a seconda di chi lo frequenta. Soggetto 2: E una modalità di fare comunità, in cui sperimentarsi e prendere conoscenza delle proprie capacità e competenze, che possono essere messe a disposizione degli altri. Nel caso del Laboratorio famiglia, si è dimostrato risorsa, negli anni, chi aveva alle spalle buone esperienze di famiglia e comunità, carente, invece, chi aveva esperienze piuttosto negative: il laboratorio è un occasione di dare e ricevere (soprattutto se ti è mancato qualcosa da parte della tua famiglia o comunità d appartenenza). LIVELLO RAPPRESENTATIVO ASSOCIATIVO Soggetto 3 Qualcosa in cui si sperimenta, si costruisce e si creano delle altre opportunità; si provano a fare cose nuove o a migliorare quanto esiste. Soggetto 4 Un luogo fisico, dove si possono fare delle cose insieme, dove si costruiscono delle cose nuove, dove si cerca di dare spazio a idee innovative e dove le cose non solo si pensano, ma si fanno; quindi, non è un posto dove qualcuno fa lezione e gli altri ascoltano, ma dove insieme si cerca di realizzare qualche cosa. LIVELLO TECNICO OPERATIVO Soggetto 5 E un luogo fisico, informale, di ricerca, sperimentazione. Soggetto 6 Contesto in cui avvengono incontri, relazioni, proposte, scambi di idee, che vanno oltre il contesto stesso; il Laboratorio Famiglia in particolare è luogo deputato a una sperimentazione (intesa come lo sperimentare delle cose) che mira a generare qualcosa che abbia vita propria anche al di fuori del luogo fisico: è, infatti, anche un luogo mentale, un luogo delle interazioni, del quotidiano. Soggetto 7 Un luogo in cui si crea, si condivide, si sviluppano idee. Nello specifico, il Laboratorio Famiglia è un luogo che offre la possibilità di sviluppare, a partire dalla diversità (di cose, persone, realtà), di creare qualcosa di nuovo insieme, sfruttando la creatività (intesa come capacità di applicare soluzioni appartenenti ad un contesto ad un contesto altro da quello ordinario), mediante un processo (ciò che più conta non è l obiettivo la strada attraverso la quale vi si giunge). ASSISTENTE SOCIALE DEL POLO È un luogo all interno del quale si può creare, si può studiare e si può sperimentare; in particolare, il Laboratorio Famiglia potrebbe essere uno spazio dove le famiglie possano entrare in relazione e progettare, ad esempio, delle attività, anche innovative. 280

297 CAPITOLO 7. L analisi dei dati FREQUENTATORI Al termine Laboratorio si associano le idee dell oggetto di studio e della sperimentazione, quindi, della flessibilità, dell imprevisto, del cambiamento, a seconda di quanto accade tra chi vi partecipa. È un insieme di dati (intesi come pensieri ed idee) che vengono elaborati, nonché contesto di incontro e scambio tra culture, pensieri, idee. VOLONTARI È un luogo, che comprende tante persone, in cui si elabora e si lavora per ed in cui si fa pratica di qualcosa. Dalle interviste e dai FG, si evince che il Laboratorio è un luogo in cui sperimentarsi, facendo proposte, ed in cui creare a partire dalla diversità di cui ciascuno è portatore. Prenderemo in considerazione la variabile 22: le è capitato di proporre e organizzare attività con altre persone incontrate nel Laboratorio. Diversità come numero dei componenti della propria famiglia (variabile 9) Calcoliamo la correlazione tra la variabile 22 ed il numero di componenti della propria famiglia (variabile 9): il coefficiente di Pearson è 0,21. Dal momento che la correlazione tra le due variabili è bassa, si può dedurre che il numero di componenti della propria famiglia sia poco in relazione con la maggiore o minore propensione a far proposte ed organizzare attività all interno del Laboratorio. Considerando, adesso, coloro che alla domanda relativa alla variabile 22 hanno risposto poco (36,21%), abbastanza (29,31%) molto (3,45%), (in totale 40 intervistati) si evince che in media (=3,65) chi si sente più attivo nel proporre/organizzare attività è chi ha una famiglia con un numero di componenti compreso tra i 3 e i 4 membri (tendente a 4 ): 20% 20% 22,50% 15% 15% 5% Abita da solo >5 2,50% N.R. FIGURA 26. Numero dei componenti delle famiglie di chi si sente poco/abbastanza/molto attivo nella proposta/organizzazione di attività nel Laboratorio 281

298 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Diversità come area geografica di provenienza (variabile 3) Calcoliamo la correlazione tra la variabile 22 e l area geografica di provenienza (variabile 3): il coefficiente di Pearson è pari a 0,04, per cui la correlazione è quasi nulla; si deduce che la diversità intesa come diversa area geografica di provenienza non è in relazione con la maggiore/minore attivazione nella proposta/organizzazione di attività. Considerando, quindi, coloro che alla domanda relativa alla variabile 22 hanno risposto poco (36,21%) abbastanza (29,31%) molto (3,45%), (in totale 40 intervistati), si evince che in media (=3,65) chi si sente più attivo nel proporre/organizzare attività con altre persone nel Laboratorio proviene dall'italia del Nord o dal Maghreb: 50% 35% ita nord ita centro ita sud / iso africa continentale maghreb asia FIGURA 27. Area geografica di provenienza di chi si sente poco/abbastanza/molto attivo nella proposta/organizzazione di attività nel Laboratorio Diversità come diversa condizione lavorativa (variabile 6) e diversità intergenerazionale (variabile 2) Consideriamo, in ultimo, la diversità intesa come condizione lavorativa (variabile 6: occupato/disoccupato/pensionato) e fascia di età di appartenenza (variabile 2). Mediamente, chi ha risposto al questionario è disoccupato (media = 1,96, con deviazione standard di 0,77) Mediamente, chi ha risposto al questionario appartiene alla fascia di età (media = 2,87, con una deviazione standard di 0,81). 52,73% 18,18% 25,45% occupato/a disoccupato/a pensionato/a FIGURA 28. Condizione lavorativa degli intervistati 282

299 CAPITOLO 7. L analisi dei dati 27,27% 43,64% 25,45% 3,64% < >65 FIGURA 29. Classe di età di appartenenza degli intervistati Considerando, quindi, solo gli intervistati che alla domanda relativa alla variabile 22 hanno risposto poco (36,21%), abbastanza (29,31%), molto (3,45%), se ne verificano la classe di età e la condizione lavorativa (1 degli intervistati non risponde alla condizione lavorativa per cui il totale, in valore assoluto, è di 39, e non di 40): poco abbastanza molto 25% 22,50% 12,50% 15% 5% 7,50% 7,50% < ,50% FIGURA 30. Classe di età di appartenenza di chi si sente poco/abbastanza/molto attivo nella proposta/organizzazione di attività nel Laboratorio >65 2,50% 23,08% 20,51% 20,51% poco abbastanza molto 15,38% 10,26% 5,13% 2,56% 2,56% occupato disoccupato pensionato FIGURA 31. Condizione lavorativa di chi si sente poco/abbastanza/molto attivo nella proposta/organizzazione di attività nel Laboratorio 283

300 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Se ne deduce che: le persone che si impegnano maggiormente nel Laboratorio appartengono alla fascia d età anni (quella che ha dato il maggior numero di risposte al quesito in questione); i disoccupati e i pensionati, che sono la maggioranza degli intervistati, alla risposta relativa alla variabile 22 rispondono perlopiù poco, a differenza degli occupati, che pure essendo in meno, rispondono perlopiù abbastanza. Si può, quindi, affermare che nel contesto del Laboratorio si crea insieme a partire da una diversità che si connota perlopiù come diversità intergenerazionale e di provenienza geografica (nonostante la prevalenza di italiani e maghrebini). FAMIGLIA Soggetto 1 Soggetto 2: LIVELLO ISTITUZIONALE Andando oltre la canonica definizione di famiglia come primo nucleo fondamentale di una società, la si può considerare come il luogo in cui un individuo cresce e si sviluppa, attraverso rapporti che durano tutta la vita, e come elemento fondamentale nella tenuta della società; è un termine che comprende molteplici diversità e che va relazionato alle evoluzioni socio culturali. Il Centro per le Famiglie ha una visione di famiglia ampia. Elementi chiave: crescita e sviluppo; luogo; relazioni; diversità; cambiamento. Andando oltre la canonica definizione di famiglia come primo nucleo fondamentale di una società, dovrebbe essere un punto di riferimento importante per la crescita dell individuo e la possibilità di sviluppare relazioni, che consentano al soggetto di formarsi; è il contesto in cui sperimentare e apprendere modalità di relazione con soggetti di sesso ed età varia ed in cui l Io matura e fa la prima esperienza del Noi. È il luogo dove il soggetto apprende chi è e chi sono gli altri e come può relazionarsi all altro da sé. Elementi chiave: punto di riferimento; crescita e sviluppo; possibilità; relazioni; formazione; sperimentazione e apprendimento; maturazione; Io; Noi; luogo. 284

301 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Soggetto 3 Soggetto 4 Soggetto 5 Soggetto 6 LIVELLO RAPPRESENTATIVO ASSOCIATIVO Luogo mentale (non necessariamente fisico) in cui le persone si scambiano affetto, si sostengono, si aiutano, si affidano; può essere costituita da due soggetti dello stesso sesso a patto che sappiano stare insieme con affetto e amore (anni fa, le donne crescevano insieme i propri figli, quando i mariti emigravano per lavoro). Non è l unico contesto in cui il soggetto in evoluzione può trovare i propri modelli di identificazione. È il luogo principe in cui l individuo scambia pulsioni e affetti, ma anche in cui avvengono anche lutti e violenze. La famiglia non è solo quella che si rifà ad una definizione di stampo cattolico: vi sono nuove forme familiari (famiglie ricostituite, ). Elementi chiave: luogo mentale; scambio; sostegno; aiuto; affidarsi; affetto; amore; diversità di modelli; pulsioni; nuove forme familiari. Insieme di legami derivante da un unione stabile, che sia riconosciuta e accettata dalla società, perché fondata, possibilmente, sul matrimonio tra un uomo e una donna, che mettono al mondo dei figli e si prendono cura delle relazioni tra i diversi membri della famiglia stessa. La cura delle relazioni familiari avviene a più livelli (genitore figlio; nonno figlio; nonno - nipote; ). Oggi, per famiglia, si può intendere anche un legame meno stabile derivante da una seconda unione matrimoniale o da una convivenza, in cui, comunque, gli adulti stabiliscano, con grande responsabilità, fra di loro e con i minori dei legami di cura, protezione, affetto, non occasionali e che durino nel tempo. Elementi chiave: legame; stabilità; riconoscimento/accettazione sociale; matrimonio uomo/donna (ma oggi anche convivenza o seconde nozze); figli; cure delle relazioni; intergenerazionale; responsabilità; protezione; affetto. LIVELLO TECNICO OPERATIVO Gruppo di persone o persona singola in relazione. Spesso con figli. Ne esistono diverse forme, anche mono genitoriali (donne con bambini, ragazze madri, uomini con figli) e ricostituite. Elementi chiave: gruppo; relazione; figli; diverse forme (mono genitoriali; ricostituite; ). Gruppo di persone tra le quale vi è un legame (si sangue o meno) che non necessariamente condividono un luogo fisico, ma delle relazioni, un modo di stare insieme e di fare famiglia. È un sistema costituito da molteplici sottosistemi dati dagli individui che compongono la famiglia stessa e da tutte le loro interazioni/aggregazioni (sia interne che esterne ai confini familiari). È possibile appartenere a più sistemi familiari (con i quali il soggetto condivide tratti 285

302 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Soggetto 7 significativi importanti; interagisce; scambia conoscenze, sentimenti, emozioni e messaggi; sta in relazione; si confronta). Non è sempre uguale a se stessa (stadi di sviluppo). Esistono, dunque, legami familiari che originano da fattori biologici e legami dati invece dalla condivisione di aspetti altri della propria evoluzione. Elementi chiave: legame; condivisione; relazioni; modo di stare insieme; sistema; molteplici appartenenze; scambio (di conoscenze, sentimenti, emozioni, messaggi); confronto; stadi di sviluppo (evoluzione); molteplici forme. Luogo relazionale (non fisico, non sempre coabitazione) e sociale, dove persone, non sempre legate da fattori biologici, si offrono reciprocamente sostegno, condivisione di pensieri, modi di essere, valori, idee, sia a livello orizzontale che verticale. La famiglia di origine rimane, comunque, un punto di rifermento importante. La definizione non deve essere stringente, ma il più possibile aperta e in continua evoluzione (a seconda dei cambiamenti socio culturali). Non è il riconoscimento legale o il legame di sangue che definisce che cosa sia una famiglia, ma la condivisione e ciò che socialmente è riconosciuto come famiglia (questione sempre aperta, perché il riconoscimento sociale cambia a seconda delle comunità di riferimento). Il Laboratorio Famiglia, promuovendo l integrazione/inclusione, ha una definizione il più aperta possibile di famiglia, che si discosta da logiche omologanti e omogeneizzanti. Elementi chiave: luogo relazionale/sociale ; non sempre coabitazione; reciprocità; sostegno; condivisione (di pensieri, idee, valori, ); intergenerazionale (relazioni verticali e orizzontali); definizione aperta in costante evoluzione (cambiamenti socio culturali); riconoscimento sociale; integrazione/inclusione VS omologazione/omogeneizzazione. ASSISTENTE SOCIALE DEL POLO È un termine di difficile definizione, dal momento che un rischio ricorrente è quello di soffermarsi sulla sua accezione classica e di non considerare le numerose forme familiari emergenti nell attuale momento storico, legate da vincoli, non di parentela/sangue, ma affettivi (coppie di fatto, famiglie ricostituite, ). Ogni componente della famiglia ha un ruolo dagli altri riconosciuto, formalmente o informalmente. Non esistono persone completamente sole e non in relazione con la propria famiglia di origine: l etichetta famiglia uni personale indica, perlopiù, persone che abitano da sole, ma che, comunque, hanno dei legami con i propri famigliari, anche se allentati. Elementi chiave: molteplici forme familiari emergenti; vincoli di sangue/parentela o affetto; ruolo riconosciuto; relazione. 286

303 CAPITOLO 7. L analisi dei dati FREQUENTATORI E un legame parenterale esteso; un nucleo di persone. si caratterizza per il vivere insieme (condivisione tempo/luogo), tra soggetti con esigenze diverse. E un legame di sangue, tra poche o tante persone che vivono sotto lo stesso tetto, ma possono anche abitare lontani. E riduttivo pensare alla famiglia come alla sola famiglia con bambini piccoli: anche i single costituiscono una famiglia, per cui bisogna ampliare la definizione alla molteplici diversità. Elementi chiave: legame parentale o di sangue esteso (famiglia allargata); nucleo; con-vivere (condividere un tetto); gruppo più o meno ampio; esigenze diverse; lontananza; famiglia uni personale; pregiudizio verso forme che si distaccano da quella di famigli con bimbi; molteplici diversità. VOLONTARI Gruppo di persone unite da un legame di sangue e/o affettivo o dall avere qualcosa in comune; luogo in cui si costruisce il futuro con dolcezza e amore. La famiglia d origine rimane tale anche se tra i suoi membri non vi sia accordo. Oggi esistono nuove forme familiari (famiglie ricostruite), ma per famiglia si intende comunque quella canonica formata da madre, padre e figli. Elementi chiave: gruppo; legame (sangue e/o affettivo); condivisione; avere qualcosa in comune; nuove forme familiari; amore. Le persone che hanno compilato il questionario hanno una famiglia (numero di persone con cui abita e a cui è legato anche da vincoli non di sangue) composta da: TABELLA 17. Numero dei componenti delle famiglie degli intervistati 1 membro 12,07% 2 membri 22,41% 3 membri 22,41% 4 membri 17,24% 5 membri 18,97% Più di 5 membri 5,17% È evidente che prevalgono le famiglie con un numero di membri compreso tra i 2 e i 3, anche se è significativo come il 18,97% degli intervistati abbia una famiglia composta da più di 5 membri. Emerge, inoltre, chiaramente come la percentuale di coniugati (60,34%) superi nettamente quella dei non coniugati: 287

304 CAPITOLO 7. L analisi dei dati TABELLA 18. Stato civile degli intervistati Celibe/nubile 13,79% Separato/a di fatto 3,45% Separato/a legalmente 3,45% Divorziato/a 3,45% Vedovo/a 5,17% Sposato/a 60,34% Fidanzato/a convivente 6,90% Fidanzato/a non convivente 1,72% Verifichiamo se esiste una correlazione tra la variabile 9 (il numero dei componenti della famiglia) e la variabile 4 (lo stato civile): il coefficiente di Pearson è pari a 0,21; ne deriva una correlazione tra le due variabili, seppur non elevatissima. Vogliamo, quindi, verificare il numero di componenti delle famiglie di coloro i quali risultano essere coniugati (60,34%), che risulta, in media, pari a 3,65 (con una deviazione standard di 1,34): 22,86% 28,57% 20% 20% 2,86% 5,71% Abita da solo >5 FIGURA 32. Numero di componenti delle famiglie degli intervistati coniugati Si può dedurre, che in media, i soggetti che frequentano il Laboratorio e che hanno risposto al questionario, sono coniugati e hanno una famiglia composta da un numero di membri che oscilla tra 3 e 4. È interessante soffermarsi sulle persone che hanno compilato il questionario e dichiarano di abitare da sole: le famiglie uni personali nel quartiere Oltretorrente, nell anno 2012 risultavano essere il 56,6% (2739 su un totale di 4841 famiglie residenti): da ciò si deduce che la maggior parte delle famiglie che abitano in quartiere sono composte da una sola persona: per comprendere pienamente questo dato, bisognerebbe avere una conoscenza adeguata delle caratteristiche di questo 56,6% di famiglie. 288

305 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Ciò che interessa verificare, in questa sede, è se tra il 12,07% di famiglie uni personali che hanno compilato il questionario, ve ne sia qualcuna che vive in quartiere, considerando che solo il 20,69% degli intervistati ha risposto di abitare in quartiere Oltretorrente (dato non completamente attendibile, dal momento che qualcuno degli intervistati potrebbe non aver ben chiaro quali siano i confini del quartiere di riferimento): 33,33% 25% 16,67% 8,33% 8,33% 8,33% abita da solo >5 N.R: FIGURA 33. Numero dei componenti delle famiglie degli intervistati che abitano nel quartiere Oltretorrente L 8,33% delle famiglie uni personali che ha risposto al questionario, appartiene principalmente alla fascia d età e 35-65: 41,67% 41,67% 16,67% >65 FIGURA 34. Classe d età degli intervistati che abitano da soli (nel quartiere Oltretorrente) In ultimo, vogliamo verificare se esiste correlazione tra il numero di componenti della famiglia (variabile 9) e l'area geografica di provenienza (variabile 3): il coefficiente di Pearson è pari a 0,37, per cui c'è una discreta relazione tra le due variabili. Dalla distribuzione delle frequenze, rispetto al numero dei componenti della famiglia e all area geografica di provenienza, emerge che le famiglie più numerose giungono dal 289

306 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Maghreb (5 membri) e quelle più presenti nel contesto del Laboratorio sono italiane con un numero di componenti che oscilla tra 3 e 2: 12,07% 12,07% 15,52% ita nord ita centro ita sud/iso europa est africa cont. maghreb asia N.R. > FIGURA 35. Numero dei componenti delle famiglie degli intervistati, suddivisi per area geografica di provenienza Si può concludere che le famiglie che frequentano il Laboratorio (in base a quanto emerso dalle risposte date ai questionari) sono perlopiù italiane e maghrebine, con un numero di componenti medio compreso tra 3 e 4, con una netta prevalenza di persone coniugate: sembrerebbe, dunque, prevalere un modello familiare tradizionale, che non considera le diversità dei modelli familiari emergenti. 3.4 La prossimità, l integrazione, la coesione: i presupposti Soggetto 1 LIVELLO ISTITUZIONALE E necessario che vi sia un bisogno comune tra famiglie e tra persone, che possa, quindi, essere condiviso con altri, piuttosto che vissuto in solitudine, in contesti, che si discostino da logiche prestazionali e performanti, e che restituiscano agli individui serenità e tempo (libero da stress, impegni e dal dover dimostrare qualcosa a qualcuno). Elementi chiave: bisogno comune; condivisione; tempo; dono; contesti (spazi); informalità VS logiche prestazionali. 290

307 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Soggetto 2: Soggetto 3 Soggetto 4 Le famiglie, oggi, sono chiamate a frequentarsi per fini ben specifici e dettati dai contesti in cui si vive (la scuola, lo sport, ); sarebbe, invece, opportuno creare occasioni di relazione che nascano dal desiderio di stare insieme, di fare delle cose insieme, che siano nuove, diverse. Una volta create le occasioni, bisogna donare dei momenti di socializzazione (chiacchierate informali, momenti ludico ricreativi e di creatività) che mettano in luce le risorse che in ognuno, sicuramente, risiedono e che, però, spesso, rimangono latenti. È importante avere spazi in cui le persone possano fermarsi, allontanandosi dai ritmi frenetici della società attuale, per riflettere su quello che possono e sanno fare, pensandosi come dono per l altro da sé, attraverso scambi materiali, di idee, dubbi, fatiche, progetti, pensieri. È importante, inoltre, che le famiglie possano rendersi conto che molte volte problemi che sentono solo come propri sono anche di altri e che, quindi, ci si può affidare agli altri per uscire da situazioni di disagio, nonostante i modelli sociali che esaltano, oggi, l imperativo dell autonomia e dell onnipotenza. Elementi chiave: occasione; relazione; stare insieme; fare con; fare per; socializzazione; tempo; riflessione; risorsa; spazio; scambio; dono; condivisione; affidarsi; onnipotenza. LIVELLO RAPPRESENTATIVO ASSOCIATIVO Avere spazi, luoghi, momenti di incontro, in cui condividere interessi, perplessità, risorse. Contesti in cui ci si senta ascoltati e non messi ai margini (soprattutto per gli stranieri), grazie all aiuto di facilitatori; in cui si venga considerati tutti come persone in grado di dare qualcosa di sé e ricevere qualcosa dall altro ed in cui entrare in relazione. Elementi chiave: spazi; incontro; condivisione; risorse; facilitazione; sentirsi persone; reciprocità; relazione. Educare alla fiducia (oggi molto scarsa, che ti impedisce di fidarti del posto in cui scegli di vivere e di chi vi abita), all apertura all altro (ad altre famiglie) e alla preoccupazione per il bene comune. Le famiglie con figli sono più in grado di preoccuparsi degli aspetti sopra citati e, quindi, di entrare in relazione, perché crescere un figlio significa, comunque, preoccuparsi del benessere di un altra persona, pensando al suo futuro. Sono necessari spazi da vivere insieme, in cui le famiglie possano entrare in contatto (che si creano anche naturalmente : la scuola, la festa di compleanno, ). È importante che le famiglie percepiscano la vicinanza e il sostegno delle Istituzioni: saranno, in tal modo, più disposte a mettersi a disposizione delle altre famiglie, perché sentiranno di avere qualcosa da offrire. La prossimità è osteggiata dall eccessiva povertà (che ti porta a ricercare esclusivamente beni materiali che ti facciano sopravvivere), così come 291

308 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Soggetto 5 Soggetto 6 Soggetto 7 dall eccessiva ricchezza (che ti fa percepire come autosufficiente). Elementi chiave: educazione; fiducia; apertura; bene comune; relazione; spazi; vivere con; vivere per; Istituzioni vicine; reciprocità (dare ricevere); eccessiva povertà/ricchezza. LIVELLO TECNICO OPERATIVO Agire con responsabilità e da esempio per gli altri, aprendosi alle diversità e accettando i punti di vista altrui; ascoltare, partecipare ad esperienze di vita comunitaria (e ad esperienze di vita altre da quelle ordinarie), essere curiosi, sperimentarsi in luoghi/momenti/ruoli altri da quelli cui si è abituati. Le Istituzioni hanno il potere/dovere di agire a favore della prossimità, attraverso politiche sociali (e anche urbanistiche), che favoriscano l aggregazione tra individui e lo scambio (di sedi, iniziative, ) tra Associazioni e la partecipazione dei cittadini ad eventi culturali gratuiti che, altrimenti, rimarrebbero di nicchia. Elementi chiave: azione responsabile; apertura alle diversità; promozione istituzionale dell associazionismo, della gratuità; politiche sociali e urbanistiche; partecipazione; sperimentarsi; curiosità; ri-pensarsi; scambio. La conoscenza reciproca e il riconoscimento, possibili grazie alla relazione, allo scambio e alla condivisione e facilitati dall agire dell operatore sociale, che promuove e monitora i processi e i cambiamenti, accompagna i gruppi mostrandosi capace di fare un passo indietro, allorché le persone si mostrino in grado di adottare modi di agire comunitari (che abbiano, precedentemente, interiorizzato). Ciascuno deve essere messo nella condizione di offrire le proprie risorse e capacità, dopo aver creato dei legami con gli altri da sé, in contesti di sostegno, in cui si promuova la formazione di reti ed in cui sia possibile sperimentarsi in ruoli differenti. Bisogna offrire alle famiglie contesti accoglienti, in cui sia possibile fare esperienze positive, di benessere, favorite dall incontro con l altro, che fungano, quindi, da incentivo a frequentare con continuità quei contesti, mostrandosi propositivi e proattivi. Elementi chiave: conoscenza/riconoscimento; reciprocità; relazione; scambio; condivisione; facilitazione; operatore sociale; accompagnamento; passo indietro; interiorizzazione di modi di agire comunitari; processi/cambiamenti; risorse/capacità; legami; reti; sperimentarsi; accoglienza; benessere; incontro; continuità; pro positività/pro attività. Accorgimenti nella progettazione urbanistica di luoghi e spazi pubblici; contesti che facilitino la partecipazione, l incontro, la socializzazione, lo scambio; contesti informali in cui le famiglie possano reciprocamente percepirsi come portatrici di un sapere e di risorse, attraverso le quali rispondere ai bisogni altrui, 292

309 CAPITOLO 7. L analisi dei dati promuovendo l essere solidali e confrontandosi rispetto a fasi specifiche del ciclo di vita individuale e familiare, per rendersi conto che, spesso, i propri problemi riguardano anche altri e che non vi è sempre bisogno di ricorrere all esperto per risolverli. (altrimenti si rischia di patologizzare eventi naturali e favorire la solitudine). Vi è bisogno di situazioni in cui le persone non si sentano oggetto di studio, né giudicate nel momento in cui esprimano una perplessità, un bisogno, un disagio, di qualsiasi natura, ed in cui vi siano dei facilitatori della relazione, perché non sempre le persone sono disposte al confronto. Elementi chiave: progettazione di politiche sociali e urbanistiche; facilitazione/facilitatori; relazione; partecipazione; incontro; socializzazione; scambio; informalità; risorse/sapere; solidarietà; confronto; condivisione; processi di risoluzione condivisa dei problemi; non giudizio. ASSISTENTE SOCIALE DEL POLO Presupposto affinché tra famiglie si creino relazioni orientate alla prossimità è, innanzitutto, la disponibilità delle famiglie stesse di risorse, tempo, sensibilità. È, inoltre, importante, disporre di spazi, dove le famiglie possano incontrarsi, conoscersi,creare rapporti di fiducia (basati sulla volontà di collaborare), scoprire di avere caratteristiche comuni, partendo dalle quali si può dar vita a qualcosa di nuovo, da costruire insieme. Elementi chiave: disponibilità di risorse/tempo/sensibilità; spazi; incontro; conoscenza; relazione; fiducia; fare insieme. PUNTO DI VISTA DEI VOLONTARI E DEI FREQUENTATORI Gli indicatori utilizzati per misurare il punto di vista dei volontari e dei frequentatori, rilevati attraverso i FG e i questionari, sono: Le famiglie che frequentano il laboratorio si incontrano al di fuori dello stesso le famiglie che frequentano il laboratorio si incontrano al di fuori dello stesso; tra le famiglie avvengono scambi (materiali e immateriali) basati sulla gratuità e sulla reciprocità; al Laboratorio si avvicinano persone sole/vulnerabili; intorno alle persone sole si creano reti esterne alla realtà del laboratorio stesso; chi partecipa al Laboratorio si sente parte di una rete di cui è consapevole di poter essere risorsa e, al contempo, fruitore. FREQUENTATORI La giovane frequentatrice burkinabè, la signora che frequenta il corso di Patchwork e la signora algerina, membro dell Associazione Donne Algerine a Parma, raccontano di avere conosciuto nel Laboratorio persone che hanno poi iniziato a frequentare anche fuori:nel primo caso vi è una forte solitudine data dalla lontananza dal proprio Paese di provenienza; nel secondo caso, vi è la partecipazione ad un gruppo di donne che si 293

310 CAPITOLO 7. L analisi dei dati ritrovano con costanza e continuità (a cadenza settimanale) per portare avanti un compito ben preciso (lavorano anche per realizzare prodotti da vendere o per presentare lavori in contesti di competizione); nel terzo caso, infine, si tratta di una donna che si ritrova settimanalmente con donne della medesima nazionalità. La giovane madre che frequenta da poco tempo il Laboratorio, con le sue tre bimbe, si augura di poter stringere relazioni solide, che proseguano anche fuori, e afferma che già adesso, incontrando per strada persone del Laboratorio, ci si saluta e si scambia qualche parola. Gli altri intervistati non hanno mai frequentato all esterno persone conosciute nel Laboratorio. Tra le famiglie avvengono scambi (materiali e immateriali) basati sulla gratuità e sulla reciprocità Secondo la donna del gruppo Patchwork sarebbe importante che ognuno desse un piccolo aiuto al prossimo, prendendosene cura, a seconda delle risorse di cui dispone. L anziano uomo racconta che da tempo fa il sindacalista volontario e che, credendo fortemente nella solidarietà tra persone, ha cercato di portare al Laboratorio altra gente, ma è difficile coinvolgere nuove persone! L anziana donna crede che sarebbe molto bello poter contare su qualcuno al di fuori del proprio guscio. Secondo la madre della bimba di due anni, c è scambio quando c è reciprocità (dare/ricevere gratuitamente). Secondo la madre delle tre bimbe, il Laboratorio è un luogo in cui avvengono, perlopiù, scambi immateriali, in cui ciascuno può fare dono di sé (con le altre ragazze del suo Gruppo d Acquisto, vuole tenere dei corsi gratuiti al Laboratorio come quel qualcosa da dare in cambio rispetto all ospitalità che sentono di ricevere; è l etica del dono, dello scambio). Rispetto allo SCAMBIO: secondo la donna del patchwork, è fondamentale trovare un punto di partenza, un attività da condividere con altre persone (che può essere il cucito); poi, in realtà, quando il gruppo del Patchwork si ritrova, si parla tanto, si ride, ci si sfoga e ci si confida; per scambiare idee e pensieri è necessario frequentarsi con costanza; incontrando le donne del Patchwork settimanalmente ci si conosce e ci si rende conto se una di loro ha bisogno di qualcosa; secondo l anziana signora, per aprirsi all altro da sé sono necessarie frequentazioni costanti (racconta del gruppo di donne con cui si incontra settimanalmente in palestra); il bello del Laboratorio è il fatto 294

311 CAPITOLO 7. L analisi dei dati di incontrare persone con cui non hai passato, e quindi non vi è rancore, e con le quali, pertanto (secondo l anziano uomo) si può parlare di tutto ed il ricordo vive soltanto attraverso i racconti di ognuno (è un luogo neutro: si scambiano storie di vita); dall esperienza della ragazza burkinabè, giunta al Laboratorio perché si sentiva sola e aveva bisogno di persone con cui parlare, anche per imparare l italiano, avere informazioni su come muoversi e vivere a Parma, si può affermare che al Laboratorio avvengono scambi di sapere, di informazioni, di tempo di cui ci si priva per donarlo ad altri, di ascolto (la donna del Patchwork e i due anziani coniugi, iniziano a riflettere sull importanza della conoscenza della, lingua per integrarsi, tema che ricorrerà spesso); tra le madri del gruppo bambini 0 3 anni, ci si scambia informazioni e consigli relativi alla delicata fase del ciclo vitale che si trovano ad affrontare; la donna algerina racconta che nel suo gruppo di donne ci si aiuta anche attraverso scambi materiali: fanno la spesa, ad esempio, quando c è qualcuna del gruppo (o no) in difficoltà economica. Al Laboratorio si avvicinano persone sole/vulnerabili Secondo gli anziani coniugi, gli anziani sono particolarmente vulnerabili (e al Laboratorio non ne vengono molti, perché preferiscono trovarsi altrove) soprattutto se non hanno figli che orientino loro anche rispetto ai diritti e alle prestazioni previdenziali di cui possano godere. Secondo la donna del Patchwork, al Laboratorio ci sono persone sole, perché il desiderio di andare in una struttura per incontrare altra gente potrebbe essere, di per sé, indice di solitudine. Per la donna anziana le persone sole sono soprattutto le donne; per la burkinabè ci sono anche tanti italiani soli. La donna algerina prende come esempio la ragazza burkinabè (le due hanno partecipato al FG in momenti diversi) per affermare come le persone sole siano perlopiù quelle prive di una rete naturale (quale la famiglia): è, infatti, a suo avviso, la solitudine che spinge a cercare punti di riferimento, soprattutto quando la tua famiglia è lontana. La forza di volontà mostrata dalla ragazza burkinabè nell integrarsi è l esempio che il sostegno altrui può aiutare a cambiare la propria situazione. La mamma della bimba di 2 anni racconta di non essere entrata in confidenza con le altre mamme al punto tale da capire se siano più sole di quanto realmente danno a sembrare: le potrebbe considerare sole, nel 295

312 CAPITOLO 7. L analisi dei dati senso di non avere spazi altri (escluso il Nido) in cui far socializzare i bimbi. La madre delle tre bimbe pensa che al Laboratorio le persone sole vengano accolte ma che, al contempo, quando si vivono situazioni di grosso disagio è difficile pensare che oltre la porta di casa propria vi sia qualcuno disposto a dare aiuto. Intorno alle persone sole si creano reti esterne alla realtà del laboratorio stesso Secondo l anziano uomo e la donna del patchwork, è importante che pur nella diversità le persone si uniscano e creino coesione per superare eventuali difficoltà e raggiungere più agevolmente obiettivi comuni e condivisi. Ammettono, anche insieme all anziana donna, che la solitudine riguarda tutti (italiani e non), ma poi, nell esprimersi fanno sempre rifermento a loro (indicando la ragazza burkinabè) e tornano, puntualmente, sulla necessità di integrazione (per LORO) e, quindi, il bisogno di luoghi di ritrovo come il Laboratorio, la conoscenza della lingua. Secondo l uomo anziano, gli stranieri giunti in Italia dovrebbero vivere una sorta di rinascita, quindi apprendere nuovi usi, costumi; secondo l anziana signora, è logico che tu venga emarginato se, venendo in Italia, non vuoi accettare di dover cambiare le tue usanze per adeguarti a quelle italiane: se frequenti da straniero il Laboratorio è perché ti vuoi integrare, quindi, esci di casa e già ti stai sforzando (a detta dell uomo anziano). Secondo l anziana donna, con il denaro è meno probabile rimanere soli (le barriere le abbatti). Se per la ragazza burkinabè si è soli quando non c è nessuno che ti può aiutare, per l anziano uomo, invece, si è soli quando lo si vuole essere (nella maggior parte dei casi); per la donna del Patchwork quando non ci si integra e quando non si ha una famiglia alle spalle (in tal caso si può, però, contare sulla comunità, ma bisogna darsi da fare per non rimanerne fuori). L anziana donna afferma che al Laboratorio si crea un contatto tra persone che può, poi, diventare una rete esterna, ma è difficile coinvolgere le persone più di tanto (secondo l anziano uomo) ed è più facile farlo quando c è una passione che accomuna (secondo la donna del Patchwork). Secondo la mamma della bimba di due anni, le persone sole vengono perlopiù aiutate dentro il Laboratorio, con sostegno, relazioni durature, e con aiuti pratici (orientamento, informazioni, ). 296

313 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Chi partecipa al Laboratorio si sente parte di una rete di cui è consapevole di poter essere risorsa e, al contempo, fruitore. Le famiglie che frequentano il laboratorio si incontrano al di fuori dello stesso Per la donna del Patchwork, ogni persona è una risorsa per qualcuno: ognuno infatti, secondo l anziana donna, ha delle potenzialità; le due donne si sentono risorse per le altre persone incontrate nel Laboratorio e sentono di poter godere delle risorse altrui: se così non fosse, sarebbe più difficile vivere; si crea, quindi, una circolarità tra quello che ognuno può donare di sé all altro. Secondo l anziana donna, il Laboratorio è una risorsa soprattutto per i bambini (nell educazione e nella cura): infatti, quando nei mesi estivi è chiuso, se ne sente la mancanza. La ragazza burkinabè si sente una risorsa nelle mansioni pratiche (trasloco, dare una mano con le pulizie) e giova delle risorse che gli altri le offrono in termini di ascolto, tempo; non sembra essere consapevole di quanto anche lei possa fare per altre persone che vivono situazioni simile alla sua, ad esempio raccontando loro la sua storia. La donna algerina si sente risorsa per donne che vivono, come lei, la condizione di donna immigrata in un Paese straniero. Per la mamma della bimba di due anni sei una risorsa quando soddisfi le aspettative di un'altra persona e, per la mamma delle tre bimbe, al Laboratorio ciò è possibile: puoi metterti in gioco. VOLONTARI Secondo la volontaria del corso di lingua/cultura italiana, aiutando l altro si vive meglio: spesso chi vive situazioni di disagio è più motivato a migliorare se stesso e gli altri. La volontaria del Laboratorio Compiti crede che il Laboratorio famiglia possa essere un occasione di incontro da cui nascano relazioni che potenzialmente possano estendersi ad di fuori. Il volontario del Laboratorio Compiti afferma che portando dei giovani volontari ad aiutare i bambini a fare i compiti e, quindi relazionarsi con le famiglie di questi bambini, che, molto spesso, arrivano da Paesi stranieri, si innesca in essi un cambiamento, un apertura mentale che foggia la loro forma mentis, che ha, inevitabilmente, delle ripercussioni sul loro modo di agire anche fuori dal Laboratorio, nei contesti di vita quotidiani (si verificano anche situazioni in cui i volontari frequentano le case dei bambini). La volontaria del corso di italiano crede che tra gli adulti tali cambiamenti siano molto meno probabili: al Laboratorio Famiglia, vengono, a suo avviso, persone già predisposte alla relazione con l altro, già motivate al sostegno del prossimo; fa, quindi, l esempio della Presidentessa dell Associazione Donne Algerine, che ha iniziato a frequentare il Laboratorio spinta dall esigenza di integrarsi e poi, 297

314 CAPITOLO 7. L analisi dei dati accompagnata e sostenuta, ha iniziato ad avere contatti reali fuori dal Laboratorio con persone altre, nonché Associazioni, Enti pubblici. Sono, tuttavia, processi lunghi, che a Parma vengono ostacolati da una scarsa volontà di aprirsi all altro. La Presidentessa delle Donne Algerine racconta che le è capitato di ricevere visite a casa propria da parte di donne italiane conosciute al Laboratorio, soprattutto nei momenti di difficoltà. Tra le famiglie avvengono scambi (materiali e immateriali) basati sulla gratuità e sulla reciprocità Nella comunità del Laboratorio Famiglia, ad avviso della volontaria del Laboratorio Compiti, avvengono scambi, intesi come il lavorare/fare insieme (come in un laboratorio scientificamente percepito) per dei comuni obiettivi; si tratta di scambi di relazioni e culture, anche se l obiettivo dichiarato per il quale si partecipa al Laboratorio è il voler frequentare un attività specifica, lo scambio avviene sempre e comunque, nella misura in cui ogni soggetto è in grado di prendere e portare fuori qualcosa dal Laboratorio (che può essere un oggetto, magari anche antico, per far rivi vere la storia, così come una ricetta o un consiglio). La volontaria del corso di italiano ritiene che al laboratorio avvengano scambi basati sulla diversità: lei stessa, ha accettato di fare qualcosa (in termini di dono del suo tempo e del suo sapere) per delle donne che percepisce come diverse da sé, che non si sente di rispecchiare le caratteristiche che ci si aspetterebbe da una donna della sua età (dal momento che è nubile e non ha dato vita ad una famiglia propria, così come tradizionalmente intesa), le quali la hanno accettata per quello che realmente è. La Presidentessa delle Donne Algerine, che abita in quartiere, racconta anche di scambi di cibo (e quindi di cultura) con persone che ha conosciuto al Laboratorio, ma avvenuti al di fuori del Laboratorio stesso. Al Laboratorio si avvicinano persone sole/vulnerabili La volontaria del Laboratorio Compiti pensa che vulnerabile sia chiunque, da solo, debba affrontare quella per lui è una difficoltà; ci sono difficoltà, ai nostri occhi piccole, secondo il volontario del Laboratorio Compiti, ma che, se si è da soli, sembrano insuperabili e ciò vale molto per gli stranieri che spesso non possono contare su reti solide. La percezione della solitudine è qualcosa di soggettivo, secondo la volontaria del corso di italiano: si è, però, di sicuro soli quando non ci si sente accolti, compresi. La Presidentessa delle Donne Algerine racconta di essersi sentita sola appena giunta in Italia perché non conosceva nessuno e, a tal proposito, la 298

315 CAPITOLO 7. L analisi dei dati volontaria del Patchwork, afferma che sia la non conoscenza a creare solitudine. Concordano tutti sul fatto che al Laboratorio vi siano persone sole/vulnerabili e sembra che l esser straniero aumenti il rischio di sentirsi soli. Intorno alle persone sole si creano reti esterne alla realtà del laboratorio stesso È nel Laboratorio, principalmente, che una persona sola può trovar sostegno, perché si sente accolta, ascoltata, presa in considerazione. Sono, perlopiù, reti interne al Laboratorio. Chi partecipa al Laboratorio si sente parte di una rete di cui è consapevole di poter essere risorsa e, al contempo, fruitore. Per il volontario del Laboratorio Compiti, ogni persona è una risorsa: ciascuno arricchisce una rete (che è quella del Laboratorio Famiglia) da cui si prende e a cui si dà. La volontaria del Laboratorio Compiti, si sente risorsa nella misura in cui è in grado di incontrare e ascoltare l altro (che può essere la madre di un bambino straniero che le chiede aiuto nel far fare i compiti al figlio): ciascuno alimenta la rete e la comunità vive in armonia. La Presidentessa delle Donne Algerine crede di aver ricevuto tanto dal Laboratorio e di aver anche donato qualcosa di sé (aiuti pratici, idee): la comunità si crea se tutti, sentendosi risorse, perché utili al prossimo, danno e fanno con e per gli altri, cooperando, collaborando, condividendo. Per la volontaria del Patchwork, ognuno è maestro ed allievo ; ognuno è utile all altro quando da quest altro è in grado di ricevere qualcosa e quando l altro è in grado di recepire ciò che tu intendi donare di te stesso. La volontaria del corso di italiano si sente risorsa nella misura in cui è in grado di poter ricevere dall altro, altrimenti rischia di ballare da sola : fare insieme, a volte, è realmente possibile, ma altre volte è pura utopia. Per comprendere se all interno del Laboratorio si crea prossimità tra le persone si andranno a considerare le variabili della matrice: 299

316 CAPITOLO 7. L analisi dei dati 17 (Le è capitato di frequentare all esterno del Laboratorio persone conosciute nel Laboratorio); 18 (Le è capitato di aver donato a persone conosciute nel Laboratorio TEMPO); 19 (Le è capitato di aver donato a persone conosciute nel Laboratorio ASCOLTO); 26 (Vedere sostenute le persone sole/vulnerabili); 29 (Le è capitato di sentirsi utile per persone incontrate nel Laboratorio); 30 (Le è capitato di aver bisogno si persone incontrate nel Laboratorio); 32 (crede che frequentare il Laboratorio possa incidere positivamente sulla propria capacità di risoluzione dei problemi). Variabile 17 Si vuole calcolare la correlazione tra la variabile 17 e la variabile 2 (età): il coefficiente di correlazione Pearson è 0,25 per cui vi è una correlazione non elevata tra le due variabili. Si considera, quindi, la fascia di età a cui appartengono le persone che dichiarano di frequentare abbastanza (39,66%), poco (36,21%) o molto (6,90%) le persone incontrate nel Laboratorio, anche fuori: poco 25% abbastanza molto 14,58% 16,67% 10,42% 10,42% 12,50% 2,08% 6,25% < >65 2,08% FIGURA 36. Classe d età di appartenenza degli intervistati che frequentato poco/abbastanza/molto le persone incontrate nel Laboratorio anche al di fuori del Laboratorio stesso In media le persone che frequentano fuori dal Laboratorio persone conosciute nel Laboratorio hanno una età compresa tra i anni e i anni (media=2,95, con deviazione standard = 0,7). 300

317 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Considerando il 25% degli intervistati che incontra abbastanza persone conosciute nel Laboratorio anche fuori e che appartiene alla classe d età 35-65, emerge che: Sono tutte donne (variabile 1) Provengono da (variabile 3): Nord Italia 33,3% Maghreb 58,33% Sud Italia 8,33% FIGURA 37. Spezzone della matrice dei dati relativo ad età, provenienza, sesso degli intervistati che frequentano abbastanza persone conosciute nel Laboratorio anche fuori Considerando, inoltre, le sole persone che si frequentano anche fuori dal Laboratorio abbastanza (39,66%) e molto (6,90%) emerge che, in media, frequentano il Laboratorio da un periodo di 2-3 anni (media 3,92 con deviazione standard=1,46). Graficamente, si può osservare, come il 51,85% di chi ha risposto di frequentare (abbastanza o molto) fuori dal Laboratorio persone conosciute nel Laboratorio, frequenta il Laboratorio da più di 3 anni: 51,85% 7,41% 14,81% 18,52% 3,70% meno di 2 mesi 3-6 mesi 7 mesi - 1 anno 2-3 anni più di 3 anni FIGURA 38. Relazione tra quantità di tempo da cui si frequenta il Laboratorio e atteggiamento relativo all incontrare abbastanza/molto fuori dal Laboratorio persone conosciute nel Laboratorio stesso 301

318 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Se ne deduce che affinché possano instaurarsi relazioni tra persone che proseguano anche fuori dal Laboratorio è necessario conoscersi nel tempo; è, tuttavia, un ipotesi che chiaramente non considera le predisposizioni naturali delle persone, nel senso che potrebbero esserci persone con una capacità elevata di entrare in relazione con l altro e stringere rapporti che oltrepassino le mura del Laboratorio anche nel giro di pochi mesi. Variabile 18 Alla variabile 18 hanno risposto: Per niente 17,24% Poco 22,41% Abbastanza 37,93% Molto 6,90% N.R. 15,52% Verifichiamo se esiste una correlazione tra le variabili 18 e 6 (condiziona lavorativa: occupato/disoccupato/pensionato): il coefficiente di Pearson è 0,15, per cui la correlazione è quasi inesistente; ne deriva che la condizione lavorativa non influenza necessariamente l'atteggiamento relativo al donare più o meno tempo. Verifichiamo la condizione lavorativa delle persone che hanno dichiarato di aver donato abbastanza (37,93%) o molto (6,90%) tempo di sè ad altre persone conosciute nel Laboratorio. 50% abbastanza molto 25% 16,67% 4,17% 4,17% occupato disoccupato pensionato FIGURA 39. Condizione lavorativa degli intervistati che hanno donato abbastanza/molto tempo di sé ad altre persone conosciute nel Laboratorio Si nota che ad aver donato abbastanza tempo sono perlopiù i disoccupati, che, ipoteticamente, potrebbero disporre di una maggiore quantità di tempo libero (a seconda, chiaramente, degli impegni di cura-educazione) e che, come visto in precedenza, rappresentano la maggior parte delle persone che ha risposto al questionario. 302

319 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Delle risposte date dai disoccupati che hanno donato abbastanza tempo, andiamo a considerare: il sesso; la fascia di età; la provenienza geografica; la numerosità della loro famiglia attuale; da quanto tempo frequentano il Laboratorio; Si considerano, quindi, tutti gli intervistati disoccupati che alla domanda 18 hanno risposto abbastanza: <18 16,67% sesso (variabile 1) 16,67% uomo 83,3% donna fascia d età (variabile 2) ,67% provenienza (variabile 3) Italia Sud Maghreb 8,33% 66,67% 35-65: 41,67% Italia Nord 16,67% Africa cont. 8,33% numero componenti famiglia attuale (variabile 9) >5 N.R. 16,67% 33,33% 33,33% 8,33% 8,33% da quanto tempo frequenta il Laboratorio (variabile 10) meno di 2 da 3-6 da 7 mesi da 2 3 più di 3 mesi mesi 1 anno anni anni 8,33% 8,33% 8,33% 16,67% 58,33% FIGURA 40. Spezzone della matrice dei dati relativo a sesso, età, provenienza, numero dei componenti della famiglia e quantità di tempo di frequentazione del Laboratorio degli intervistati che hanno donato abbastanza tempo a persone conosciute nel Laboratorio. Si tratta prevalentemente di donne, con una età compresa tra i e i anni, provenienti perlopiù dal Maghreb, con delle famiglie abbastanza numerose (tra i 4 e i 5 membri) e che frequentano il Laboratorio da più di 3 anni. Soffermandoci sul 6,90% delle persone che ha risposto di aver donato molto tempo alle persone incontrate al Laboratorio, emerge che: 303

320 CAPITOLO 7. L analisi dei dati % sesso (variabile 1) tutte donne fascia d età (variabile 2) 35-65: 50% provenienza (variabile 3) Italia Nord Maghreb 25% 25% condizione lavorativa (variabile 6) occupato disoccupato 25% 50% >65 25% pensionato 25% numero componenti famiglia attuale (variabile 9) 3 -> 25% 5 -> 75% da quanto tempo frequenta il Laboratorio (variabile 10) più di 3 anni -> 75% N.R. -> 25% FIGURA 41. Spezzone della matrice dei dati relativo a sesso, età, provenienza, condizione lavorativa, numero dei componenti della famiglia e quantità di tempo di frequentazione del Laboratorio degli intervistati che hanno donato molto tempo a persone conosciute nel Laboratorio. E possibile, quindi, affermare che la variabile che realmente influenza la maggiore o minore tendenza a donare parte del proprio tempo a persone conosciute nel Laboratorio è rappresentata dalla quantità di tempo da cui si frequenta il Laboratorio stesso. L avere una grande famiglia da accudire o un lavoro non necessariamente significa che le persone non siano in grado di poter donare il proprio tempo all altro da sé; al contempo, chi non ha un occupazione (assunto che il lavoro di cura-educazione, che coinvolge tanto i disoccupati, quanto i pensionati, è anch esso considerabile un occupazione consistente), non necessariamente ha dedicato molto del suo tempo a chi ha incontrato nel Laboratorio. Variabile 20 Alla variabile 20 hanno risposto: Per niente 8,26% Poco 22,41% Abbastanza 44,83% Molto 10,34% N.R. 13,79% Verifichiamo se esiste una correlazione tra la variabile 20 e la variabile 18: il coefficiente Pearson è pari a 0,78; c'è una correlazione abbastanza elevata tra le due variabili; si può dunque ipotizzare che chi dona più tempo alle persone incontrate nel Laboratorio doni anche più ascolto. 304

321 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Consideriamo le persone che hanno risposto di aver donato abbastanza (44,83%) e molto (10,34%) ascolto e confrontiamo il dato con le risposte date dai medesimi soggetti alla domanda relativa alla variabile 18: abbastanza ascolto molto ascolto per niente tempo 3,13% - poco tempo 21,88% - abbastanza tempo 56,25% 6,25% molto tempo - 12,50% TABELLA 19. Quantità di tempo donata dagli intervistati che hanno donato abbastanza/molto ascolto a chi hanno incontrato nel Laboratorio Il 56,25% delle persone che ha risposto al questionario ha donato abbastanza ascolto e abbastanza tempo: ne potrebbe scaturire che il dono del tempo che una persona fa di sé ad un altra viene inteso dagli intervistati come dono principalmente della propria capacità di ascolto. Variabile 25 Ci domandiamo se tra coloro che pensano che nel Laboratorio si sia creata una comunità rientri anche chi vede sostenute le persone sole da chi frequenta il Laboratorio. Verifichiamo, quindi, se esiste una correlazione tra la variabile 33 (crede che nel Laboratorio si sia creata una comunità) e la variabile 25: (il coefficiente di Pearson è pari a 0,30, per cui tra le due variabili esiste una correlazione ma non troppo elevata. Consideriamo chi ha risposto SI alla domanda 33 e verifichiamo se (e in che percentuale) vede sostenute le persone sole da chi frequenta il Laboratorio: 15,56% 4,44% 6,67% 46,67% 26,67% per niente poco abbastanza molto N.R. FIGURA 42. Percentuale in cui gli intervistati che credono che nel Laboratorio si sia creata una comunità vedono in esso sostenute le persone sole 305

322 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Se ne può dedurre che nella comunità Laboratorio Famiglia le persone sole vengono sostenute. Variabili 29, 30, 32 Ci domandiamo se chi pensa che nel Laboratorio crescano reciprocità e prossimità si senta utile e abbia bisogno delle persone del Laboratorio. Verifichiamo se esiste una correlazione tra la variabile 16 (il Laboratorio famiglia è un luogo dove esistono reciprocità e prossimità) e le variabili 29 e 30: tra le variabili 16-29, il coefficiente di Pearson è 0,39; tra le variabili 16-30, il coefficiente di Pearson è 0,28. Andiamo, quindi, a considerare coloro i quali hanno risposto SI (87,93% degli intervistati) alla variabile 16 e verifichiamo la risposta che hanno dato alle domande relative alle variabili 29 e 30: 41,51% 39,62% sentirsi utile aver bisogno 28,30% 20,75% 20,75% 11,32% 13,21% 13,21% 5,66% 5,66% per niente poco abbastanza molto N.R. FIGURA 43. Percentuale in cui chi crede che nel Laboratorio crescano prossimità/reciprocità si sente utile per e ha bisogno di altre persone incontrate nel Laboratorio Ne deriva che tra chi pensa che il Laboratorio sia un luogo in cui crescano reciprocità e prossimità, il 41,51% si sente poco utile per le altre persone e il 45,28% ha abbastanza (39,62%) o molto (5,66) bisogno delle altre persone: è, quindi, ipotizzabile che al Laboratorio si avvicinino persone che necessitino del supporto altrui nella risoluzione dei propri problemi. 306

323 CAPITOLO 7. L analisi dei dati L 81,03% degli intervistati ha risposto SI alla domanda relativa alla variabile 32 (crede che frequentare il Laboratorio possa incidere positivamente sulla propria capacità di risoluzione dei problemi). La correlazione tra la variabile 30 e la variabile 32 è quasi nulla: il coefficiente Pearson è infatti pari a Consideriamo, allora, coloro i quali hanno risposto SI alla domanda 32 e verifichiamo la risposta che hanno data alla domanda 30. 6,38% 12,77% 14,89% per niente 23,40% poco abbastanza 42,55% molto N.R. FIGURA 44. In che percentuale chi crede che frequentare il Laboratorio possa incidere positivamente sulla propria capacità di risoluzione dei problemi ha anche bisogno di persone incontrate nel Laboratorio Ne emerge che il 48,94% degli intervistati che pensa che frequentare il Laboratorio possa incidere positivamente sulla propria capacità di risoluzione di problemi afferma di aver bisogno delle persone incontrate nel Laboratorio (abbastanza 42,55% e molto 6,38%). Verifichiamo, allora, in media, a che classe d età appartiene, da dove proviene e con quante persone abita (famiglia), chi ha risposto SI alla variabile 32 e chi ha risposto abbastanza o molto alla variabile 30: 307

324 CAPITOLO 7. L analisi dei dati molto abbastanza > abita solo N.R. asia maghreb africa cont. ita centro ita nord > % 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50% FIGURA 45. classe d età d appartenenza, area geografica di provenienza, numero di membri della famiglia degli intervistati che pensano che frequentare il Laboratorio possa incidere positivamente sulla propria capacità di risoluzione dei problemi e che hanno abbastanza/molto bisogno di persone incontrate nel Laboratorio È, allora, possibile concludere che chi pensa che frequentare il Laboratorio possa incidere positivamente sulla propria capacità di risoluzione dei problemi e sente di avere molto o abbastanza bisogno delle altre persone incontrate al Laboratorio ha perlopiù tra i 35 e i 65 anni, ha una famiglia con un numero di componenti compreso tra 3 e 5 e proviene dall Italia del Nord o dal Maghreb. 308

325 CAPITOLO 7. L analisi dei dati 3.5 Il ruolo delle famiglie e la cittadinanza attiva Soggetto 1 Soggetto 2: LIVELLO ISTITUZIONALE Probabilmente le famiglie non sono consapevoli di avere un ruolo bene definito: cercano di affrontare le fatiche quotidiane, spesso inconsapevoli di poter contare sulle risorse di altre famiglie per uscire da situazioni difficili; a volte, infatti, se affrontate in solitudine certe situazioni sembrano irrisolvibili. La famiglia dovrebbe, dunque, cogliere l importanza delle relazioni ed educare alla relazione e alla solidarietà. È, tuttavia, difficile, oggi, aprirsi, accogliere, essere accolti, instaurare relazioni di scambio ed aiuto, dal momento che si è abituati a percepirsi come autonomi ed indipendenti (a causa della dilagante diffidenza e sfiducia nel prossimo) o, comunque, a contare esclusivamente sull intervento istituzionale: tra la solitudine e l intervento istituzionale ci sono le reti e le relazioni, che vanno recuperate, attraverso un lavoro di tipo sociale ed anche culturale. In ciò, la famiglia può esercitare un ruolo positivo o negativo, a seconda delle esperienze che vive o ha vissuto. Elementi chiave: inconsapevolezza delle proprie ed altrui risorse; ruolo non definito; solitudine; educare alla relazione e alla solidarietà; apertura; accoglienza; scambio/aiuto; percezione di sé come autonomo/indipendente; assistenzialismo; reti; recuperare la relazione; lavoro socio culturale. Oggi, le famiglie soffrono perché non si sentono in grado di conciliare i propri tempi ed adempiere alle richieste socio culturali, connotate dall imperativo di essere prestazionali. Il disgregarsi dei legami sociali origina da un disgregarsi dei legami intra familiari, fondamentali per la costruzione del Sé: quando la famiglia non è coesa ne risentiranno anche le relazioni che ciascun membro avrà con l esterno e, quindi, la società nel suo complesso (è più facile avere buone relazioni comunitarie se si hanno relazioni familiari solide). Bisognerebbe recuperare il valore della famiglia, in un contesto sociale connotato dall emergere di nuove tipologie familiari, al centro delle quali rimanga, comunque, l idea di famiglia come esperienza connotata da relazioni virtuose e positive, a partire da un solido legame di coppia che si basi su un progetto di vita comune e condiviso, maturato in un tempo preliminare alla formazione della coppia stessa (ciò che oggi le famiglie sembrano non avere). La famiglia dovrebbe ritornare ad essere un punto di riferimento fondamentale, soprattutto per l educazione dei bambini. Elementi chiave: difficoltà nel conciliare tempi/adempiere ad imperativi prestazionali; disgregarsi dei legami sociali/intra familiari; coesione; valore della famiglia (relazioni virtuose e positive); solido legame; progettualità di vita comune; condivisione; tempo della riflessione; punto di riferimento. 309

326 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Soggetto 3 Soggetto 4 LIVELLO RAPPRESENTATIVO ASSOCIATIVO La famiglia funge da nucleo in cui sentirsi protetti, in cui investire le proprie risorse e sostenersi nella reciprocità, in un contesto sociale connotato dalla solitudine: non ha, dunque, come unico ruolo quello di procreare. Sarebbero necessari interventi sociali e culturali, che non siano esclusivamente di natura cattolica, volti a ristabilire i ruoli e le posizioni interni alla famiglia e quindi a farla crescere, nel riconoscimento delle diversità. È a partire dall 800 che i rapporti familiari hanno iniziato a connotarsi per l edonismo, che, oggi, sembra dilagare e concretizzarsi in relazioni intra familiari in cui le individualità schiacciano l idea del Noi. Le relazioni familiari sono divenute meno intime e profonde, perché ogni membro familiare sembra più legato alla volontà di costruire un Sé autonomo ed indipendente: ci si può svincolare fisicamente dalla propria famiglia, ma le relazioni (coltivate o non coltivate) permangono comunque e dovrebbero ritornare ad essere basate sulla fiducia, sul rispetto e sostegno reciproci. Elementi chiave: protezione; fiducia; sostegno; rispetto; reciprocità; investimento del Sé; interventi socio culturali per ridare valore alla famiglia (non solo di stampo cattolico); riequilibrare ruoli/posizioni; riconoscimento delle diversità; edonismo dilagante; individuo VS noi; indipendenza/autonomia; relazioni permanenti. La famiglia è a rischio di disgregamento e di solitudine e andrebbe, pertanto, sostenuta da adeguate politiche familiari, che le consentano di esercitare un ruolo di accoglienza, sostegno, aiuto di altri nuclei familiari che vivano situazioni di disagio e difficoltà di varia natura e consistenza. Ha il ruolo di fungere da antidoto alla solitudine (una famiglia con figlio unico è forse più a rischio di solitudine, ma anche più predisposta ad agire con e per la comunità) e di mostrare alla comunità cosa voglia dire prendersi cura, con amore e fiducia, gli uni degli altri e promuovere la reciprocità e la solidarietà, attraverso le quali è possibile affrontare i problemi ascoltando e riflettendo insieme. Ha, inoltre, il ruolo di mostrare che i legami possono durare nel tempo e non si dissolvono dinnanzi alle difficoltà, che connotano le relazioni a tutti i livelli. Elementi chiave: rischio di disgregamento/solitudine; accoglienza, sostegno, aiuto; reciprocità; antidoto alla solitudine; prendersi cura; amore/fiducia; risoluzione condivisa dei problemi; riflessività; durevolezza nel tempo; ruolo esemplificativo e di promozione. 310

327 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Soggetto 5 Soggetto 6 Soggetto 7 LIVELLO TECNICO OPERATIVO Il ruolo della famiglia è quello di fungere da risorsa, riconosciuta socialmente come soggetto complesso e in continua evoluzione, anche se è sola o arriva da un Paese altro. Risorsa nell epoca dell incertezza e dell instabilità, in cui tutto è veloce e non sempre si riesce a stare al passo con i tempi e con le mete che il contesto socio - culturale impone, tant è che, nel momento in cui si inizia a vedere la povertà che dilaga per strada e la precarietà esistenziale, ci si sente sempre più vulnerabili e fragili. Elementi chiave: risorsa; riconoscimento sociale; soggetto complesso/in evoluzione; incertezza/instabilità; mete sempre più alte; vulnerabilità/fragilità. La famiglia è portatrice di valori, risorse, bisogni e grande ricchezza (non in senso materiale), che origina dalla diversità che la contraddistingue: porta alla comunità un valore relazionale, di sostegno anche sociale, attraverso il quale comunica che non si è mai soli e che si è importanti per qualcuno altro da sé, perché si è nella testa di questo qualcuno (che può essere la famiglia di origine, gli studenti con cui si condivide un appartamento, l Associazione con cui si fa volontariato, ) che ti percepisce come soggetto dotato di una ben precisa identità, complessità e risorse. La famiglia identifica un soggetto che cessa di essere un qualunque e diviene parte di una comunità che nutre e da cui è nutrito. Elementi chiave: portatrice di valori, risorse, bisogni, ricchezza; diversità; valore relazionale; identità data dal fatto di appartenere a un gruppo/essere nella testa dei membri del gruppo; complessità; nutrimento bidirezionale. La famiglia è un soggetto coeso che risponde alle necessità dei suoi membri, che in essa fanno le prime esperienze di socialità; dal disgregarsi dei legami intra familiari originano il disgregarsi dei legami sociali e le nuove povertà. La famiglia, infatti, tradizionale ammortizzatore sociale, oggi si connota per una contrazione del numero dei suoi membri (si è passati dalle famiglie allargate a nuclei sempre più piccoli) che non le consente più di rispondere, in maniera adeguata, alle esigenze dei suoi membri (che diventano sempre più complesse, a causa della sproporzione tra le mete che l attuale società propone e le risorse che fornisce per giungervi): un tempo, quando le generazioni familiari condividevano lo stesso tetto, se un soggetto si trovava a vivere una situazione di disagio, poteva contare sui membri della propria parentela; oggi, molte famiglie sono uni personali o mono genitoriali per cui, se un soggetto perde improvvisamente il lavoro e non ha alle spalle una famiglia d origine solida (perché, magari, abita lontana, come, soprattutto, nel caso di persone straniere) si 311

328 CAPITOLO 7. L analisi dei dati potrebbe trovare a vivere una situazione di grande disagio e avere come unica ancora di salvezza l accesso ai Servizi Sociali, che, a loro volta, dispongono di risorse ridotte per rispondere a molteplici e complessi bisogni. È opportuno quindi che la famiglia recuperi la sua coesione e funga da traino, da risorsa e fonte di sostegno all interno della comunità, a seconda della fase del ciclo di vita familiare che si trova ad affrontare (ad esempio, i pensionati potrebbero essere visti non come soggetti a cui dover pagare le prestazioni previdenziali perché improduttivi, ma come fonte di saperi e risorse, accumulate nel corso del tempo, grazie alle quali aiutare chi vive in difficoltà). Ogni famiglia può avere molteplici ruoli nella misura in cui è in grado di donare e ricevere risorse, in un ottica circolare di integrazione solidale tra famiglie, considerate come i vari nodi di una rete. Elementi chiave: coesione minata dalla disgregazione dei legami intra familiari; nuove povertà; contrazione del numero dei membri della famiglia; sproporzione mete risorse; risorsa/fonte di sostegno; molteplici ruoli; integrazione solidale tra famiglie; circolarità; rete. ASSISTENTE SOCIALE DEL POLO Il Servizio Sociale si ritrova, spesso, ad affrontare situazioni di persone che soffrono di solitudine; non si può identificare una specifica categoria di persone fragili e vulnerabili, a rischio di solitudine, dal momento che, attualmente, seppure con modalità, risorse, bisogni diversi sono molte le persone che soffrono del disgregarsi dei legami sociali (persone straniere prive di una rete familiare; genitori di adolescenti che si ritrovano a dover affrontare bisogni sempre nuovi e più complessi; coppie che si separano con figli a carico; ). Bisognerebbe investire sulle famiglie che dispongono di più risorse ed energie, affinché facciano da sostegno per le famiglie più bisognose d aiuto (mutuo aiuto, come avveniva più spontaneamente, tempo fa) e diventino un punto di riferimento, nonché una risorsa per i Servizi Sociali, che, spesso, faticano ad entrare in sintonia con le famiglie (l aiuto che una famiglia può trarre da un altra famiglia percepita come al proprio livello è spesso più prezioso rispetto a quello che giunge dall alto, dal momento che, attraverso il confronto, ci si rende conto che, spesso, i problemi che si pensano come propri riguardano o hanno riguardato anche altri). Elementi chiave: aumento di situazioni di solitudine/disgregarsi dei legami sociali; investire su famiglie che godono di più risorse/energie; mutuo aiuto; aiuto tra pari; confronto; risorsa per i Servizi Sociali. PUNTO DI VISTA DEI VOLONTARI E DEI FREQUENTATORI Gli indicatori utilizzati per misurare il punto di vista dei volontari e dei frequentatori, rilevati attraverso i Focus Group e i questionari, sono: entrate in contatto con il Laboratorio, le famiglie hanno aderito ad altre iniziative o proposte intercettate nel Laboratorio stesso; 312

329 CAPITOLO 7. L analisi dei dati nel Laboratorio si promuovono attività organizzate da famiglie che si aggregano; i frequentatori del Laboratorio vengono stimolati/ rafforzati rispetto all attivarsi come volontari; Entrate in contatto con il Laboratorio, le famiglie hanno aderito ad altre iniziative o proposte intercettate nel Laboratorio I frequentatori si sentono soggetti attivi (propone iniziative e ne segue la evoluzione; aderisce alle attività già in corso, si sente utile per l altro). FREQUENTATORI Alla ragazza burkinabè è capitato, perlopiù, di apprendere dal Laboratorio di luoghi a cui potersi rivolgere per la ricerca del lavoro (orientamento, informazione). La donna del Patchwork e le due madri non hanno mai aderito ad iniziative esterne al Laboratorio (non era a conoscenza, inoltre, di tutte le attività che si svolgono all interno del Laboratorio famiglia), così come i due anziani, secondo i quali da anziani è più difficile aderire a nuove iniziative, andare oltre quelle che sono le proprie abitudini, anche a causa di un calo della curiosità. La donna algerina partecipa ad attività organizzate al Centro Interculturale (che si trova in tutt altro quartiere): il gruppo delle Donne Algerine, da quando si è costituito in Associazione, si sta estendendo, organizzando eventi altrove; si è dato un identità forte e ben definita. Nel Laboratorio si promuovono attività organizzate da famiglie che si aggregano (i frequentatori si sentono soggetti attivi: propone iniziative e ne segue la evoluzione; aderisce alle attività già in corso) Tra gli intervistati, l unica ad aderire/promuovere ad attività nate dall aggregazione di famiglie è la donna algerina, che è stata coinvolta dalle altre donne del suo gruppo, a far parte dell Associazione Donne Algerine ed, in seguito, ad insegnare arabo ai bambini arabi. Gli altri intervistati non sembrano aver mai proposto/organizzato attività con altre famiglie. La donna del patchwork sarebbe disposta, ad esempio, a far fare attività ai bambini, se ne avessero voglia, anche se fino ad ora non ci aveva mai pensato. I due anziani coniugi sentono di essersi attivati allorché hanno cercato di portare nuove persone al Laboratorio, che però poi non sono più tornate. La mamma delle tre bimbe si è subito attivata portando al Laboratorio altre mamme con bambini del Gruppo d Acquisto Solidale di cui fa parte. I frequentatori del Laboratorio vengono stimolati/ rafforzati rispetto Nessuno degli intervistati si è attivato come volontario da quando frequenta il Laboratorio. La donna del patchwork e la signora anziana ritengono che nell aiutare l altro (cosa che, a livelli diversi, capita spesso frequentando il 313

330 CAPITOLO 7. L analisi dei dati all attivarsi come volontari Entrate in contatto con il Laboratorio, le famiglie hanno aderito ad altre iniziative o proposte intercettate nel Laboratorio Laboratorio) bisogna avere molta discrezione: non bisogna sopraffare l altro e sostituirsi ad esso, per soddisfare i propri bisogni. Spesso, infatti, l altro non vuole essere aiutato o rifiuta l aiuto. L anziano uomo fa il volontario sindacalista da tanti anni e racconta come la gente che si rivolge ai sindacati sia, sempre più, già fruitrice di altre tipologie di Servizi Sociali; in generale, anche fuori dal Laboratorio, la sua filosofia di vita è quella di aiutare il prossimo, per quanto possibile. VOLONTARI Secondo la volontaria del Laboratorio Compiti, il Laboratorio Famiglia può servire ad aprirsi all esterno, soprattutto agli immigrati. A tal proposito, la Presidentessa delle Donne Algerine, afferma che nel Laboratorio ha trovato amicizie (che vanno anche al di fuori delle mura del Laboratorio) e che, da quando è stata fondata l Associazione, è più facile entrare in contatto con iniziative e proposte esterne. Nel Laboratorio si promuovono attività organizzate da famiglie che si aggregano La volontaria del corso di italiano di recente ha dato vita, insieme ad altre donne, ad una serata letteraria e sta programmando con altri volontari un ciclo di incontri sui diritti umani. La Presidentessa delle Donne Algerine racconta di quando il suo gruppo ha organizzato un corso di cucina algerina in un Circolo dell Oltretorrente (perché al Laboratorio non c è una cucina) a cui hanno partecipato tante persone del Laboratorio, così come all evento annuale del cous cous di primavera. I frequentatori del Laboratorio vengono stimolati/ rafforzati rispetto all attivarsi come volontari Secondo la volontaria del corso di italiano, il valore aggiunto che il lavoro dei volontari può attribuire al Laboratorio è dato dalla capacità di saper incontrare/ascoltare l altro e captarne i bisogni per poter interagire (affettività), nonché dalla volontà di dare/prendere dall altro. Secondo la volontaria del Patchwork nel desiderio di aiutare il prossimo vi è insita una sorta di egoismo, che, invece, per la volontaria del corso di italiano è reciprocità. Per il volontario del Laboratorio Compiti, la gratuità in sé è già un valore importante, dal momento che fuori non c è più nulla di gratuito. Secondo la Presidentessa delle Donne Algerine, le donne della sua Associazione hanno ben chiaro che ciascuna deve contribuire alla tenuta in vita del Laboratorio, per cui, senza problemi, si prodigano a fare delle cose gratuite per il Laboratorio stesso (dalle pulizie alla preparazione di 314

331 CAPITOLO 7. L analisi dei dati dolci per gli eventi). La volontaria del corso di italiano ha cercato di portare al Laboratorio altre persone che, a suo avviso, potrebbero offrire competenze/tempo, ma con scarsi risultati: pensa che basterebbe venire una sola volta al Laboratorio per poi attivarsi. Per valutare se nel Laboratorio si promuovono il ruolo della famiglia e la cittadinanza attiva, consideriamo le variabili: 9 (numero di componenti della famiglia); 11(nel frequentare il Laboratorio si ritiene frequentatore semplice, volontario attivo, cittadino attivo); 21 (le è capitato di aderire ad iniziative di cui ha avuto notizia nel Laboratorio). Variabile 21 Il coefficiente di Pearson tra la variabile 21 e la 9 è pari a 0,27, per cui tra le due variabili c'è una correlazione positiva (seppure bassa): per niente poco abbastanza molto N.R. abita solo - 8,62% 1,72% - 1,72% 2 3,45% 8,62% 6,90% - 3,45% 3 3,45% 6,90% 10,34% - 1,72% 4 1,72% 3,45% 8,62% 1,72% 1,72% 5 1,72% 6,90% 5,17% 5,17% - >5-1,72% 3,45% - - N.R ,72% ,34% 36,21% 37,93% 6,90% 8,62% TABELLA 20. Frequentazione di attività esterne al Laboratorio in base al numero di componenti della propria famiglia Gli intervistati che partecipano abbastanza (37,9%) ad attività di cui hanno avuto notizia nel Laboratorio, ma che si svolgono al di fuori dello stesso hanno una famiglia composta da un numero di membri compreso tra 3 e 4. La maggior parte degli intervistati che partecipa molto (6,90%) ha una famiglia composta mediamente da 5 membri. Inoltre, chi partecipa abbastanza ha un età appartenente in media alla classe Consideriamo quindi l'età di chi ha risposto abbastanza o molto alla domanda 21: 315

332 CAPITOLO 7. L analisi dei dati 53,8% abbastanza molto 3,8% 15,4% 3,8% 3,8% 11,5% 7,7% < >65 FIGURA 46. Classe di età di appartenenza degli intervistati che partecipano abbastanza/molto ad attività fuori dal Laboratorio Verifichiamo se esiste una correlazione tra la variabile 21 e la variabile 11 : il coefficiente Pearson è pari a 0,16; esiste una correlazione positiva tendente al minimo. Verifichiamo quindi in che modo frequentatori semplici (67,24%), volontari attivi (17,24%), cittadini attivi (6,90%) partecipano ad attività esterne al Laboratorio (non includiamo l'8,62% degli intervistati che non ha risposto alla variabile 11): 25,86% 22,41% frequentatore semplice volontario attivo cittadino attivo 8,62% 10,34% 1,72% 1,72% 5,17% 1,72% 3,45% 1,72% per niente poco abbastanza molto FIGURA 47. In che percentuale frequentatori semplici, volontari attivi e cittadini attivi partecipano ad attività esterne al Laboratorio Mediamente (media =2,24, con deviazione standard = 1,03) alle attività esterne al Laboratorio si partecipa poco. 316

333 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Consideriamo in che misura frequentatori semplici, volontari e cittadini attivi, che partecipano abbastanza o molto ad attività esterne al Laboratorio, propongono/organizzano attività all interno del Laboratorio con altre famiglie (variabile 22). Nell analisi, non consideriamo i 3 intervistati che, pur avendo risposto abbastanza o molto alla variabile 22, non hanno risposto alla variabile 11 proporre/ organizzare NEL Laboratorio frequentatore semplice volontario attivo cittadino attivo partecipare FUORI dal Laboratorio abbastanza molto per niente 13,04% - poco 8,70% 4,35% abbastanza 34,78% - molto - - per niente - - poco 8,70% - abbastanza 13,04% 4,35% molto 4,35% 4,35% per niente - - poco - - abbastanza - 4,35% molto - - TABELLA 21. Misura in cui frequentatori semplici, volontari attivi, cittadini attivi, che partecipano abbastanza/molto ad attività esterne al Laboratorio, propongono/organizzano attività all interno nel Laboratorio Soffermandoci sui volontari attivi, la correlazione tra l'attivarsi nel Laboratorio e fuori dal Laboratorio è positiva ed elevata (coefficiente di Pearson = 0,40). Mediamente si attivano tutti abbastanza (media = 3,24) sia dentro che fuori dal Laboratorio: 75% 50% abbastanza molto poco 25% 25% 25% fuori dal Laboratorio nel Laboratorio FIGURA 48. Misura in cui i volontari attivi si attivano, mediamente, all interno e all esterno del Laboratorio Consideriamo, per concludere, età, numero di membri della famiglia, residenza in quartiere (o no), provenienza, tempo di frequentazione del Laboratorio, sesso dei cittadini e dei volontari attivi: 317

334 CAPITOLO 7. L analisi dei dati N.R. più di 3 anni 2-3 anni 7 mesi-1 anno 3-6 mesi meno di 2 mesi > abita solo volontario attivo cittadino attivo non abita in quartiere abita in quartiere maghreb ita sud ita centro ita nord > <18 donne uomini 0% 20% 40% 60% 80% 100% FIGURA 49. Principali caratteristiche socio-demografiche dei cittadini e dei volontari attivi Variabile 23 Verifichiamo se esiste correlazione tra la variabile 23 (le è capitato di iniziare a fare volontariato anche con Associazioni diverse da quelle che ha incontrato nel Laboratorio) e: la variabile 2 (età): coefficiente Pearson = 0,09; la variabile 9 (numero componenti famiglia): coefficiente Pearson =0,09; la variabile11 (percezione di sé nel laboratorio): coefficiente Pearson =0,11; la variabile 22 (proporre/organizzare nel Laboratorio): coefficiente Pearson = 0,

335 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Verifichiamo allora in che misura chi ha risposto poco (24,49%), abbastanza (22,45%), molto (6,12%) alla variabile 23 si attiva nel Laboratorio, proponendo/organizzando attività con altre famiglie (variabile 22). TABELLA 22. Misura in cui chi fa poco/abbastanza/molto volontariato fuori dal Laboratorio propone/organizza attività nel Laboratorio fa volontariato FUORI dal Laboratorio poco abbastanza molto propone/ organizza attività NEL Laboratorio per niente 11,54% - - poco 23,08% 23,08% - abbastanza 11,54% 7,69% 11,54% molto - 7,69% - Emerge che, mediamente, le persone che fanno abbastanza volontariato fuori dal Laboratorio, si attivano poco nel Laboratorio; chi propone/organizza poco nel Laboratorio fa anche poco volontariato fuori; chi, invece si attiva abbastanza nel Laboratorio fa volontariato fuori poco o, al contrario, molto. Verifichiamo, inoltre, l'età, il numero di componenti della famiglia e la percezione di sè rispetto al laboratorio (frequentatore semplice, volontario attivo, cittadino attivo) di chi ha iniziato a far volontariato anche fuori dal Laboratorio poco, abbastanza, molto: N.R. cittadino attivo volontario attivo frequentatore semplice N.R. > poco abbastanza molto abita solo > <18 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% FIGURA 50. Principali caratteristiche socio-demografiche degli intervistati che fanno poco/abbastanza/molto volontariato fuori dal Laboratorio 319

336 CAPITOLO 7. L analisi dei dati In media, chi ha iniziato a far volontariato fuori dal Laboratorio ha tra i anni, è un frequentatore semplice, ha una famiglia di circa 3 membri. Verifichiamo, infine, se vi è una correlazione tra il fare volontariato anche fuori dal Laboratorio e il periodo da cui si frequenta il Laboratorio (variabile 10): il coefficiente di Pearson equivale a 0,21, per cui vi è una correlazione non elevata.. per niente poco abbastanza molto N.R. 8,62% 10,34% 6,90% 17,24% 8,62% 5,17% 5,17% 5,17% 3,45% 3,45% 3,45% 1,72% 1,72% 1,72% 1,72% 1,72% 1,72% meno 2 mesi 3-6 mesi 7 mesi-1 anno 2-3 anni più di 3 anni N.R FIGURA 51. Relazione tra la quantità di tempo da cui si frequenta il Laboratorio ed il fare volontariato fuori dal Laboratorio In media (= 1,56) sono poche le persone che hanno iniziato a fare volontariato anche fuori dal Laboratorio: chi lo fa, frequenta il Laboratorio, in media (= 3,56) da 7 mesi a 3 anni. 3.6 Il Laboratorio Famiglia come luogo di sostegno nei compiti di cura, educazione e conciliazione tra tempi di vita e di lavoro Soggetto 1 LIVELLO ISTITUZIONALE L approccio del Laboratorio Famiglia consiste nel riconoscere che le persone sono dotate di risorse di cui sono consapevoli, ma anche di risorse latenti o cristallizzate, di competenze e capacità da poter mettere a disposizione della comunità, anche nel lavoro di cura, educazione. Il Laboratorio offre alle persone chiavi di lettura, stimoli e strumenti per poter superare, con i propri mezzi e 320

337 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Soggetto 2: Soggetto 3 Soggetto 4 quelli altrui, le fatiche quotidiane, strutturando momenti di incontro e conoscenza. L attenzione non è tanto concentrata su quanto il Laboratorio può offrire, ma sul capire insieme alle persone cosa ciascuno può fare per e con gli altri. Facendo conoscere tra loro persone e promuovendo il sorgere di relazioni basate sulla fiducia, si ambisce a far sì che ogni singolo individuo possa tirar fuori quanto possiede e attivarsi per sé e gli altri, in un ottica circolare. Elementi chiave: risorse riconosciute, latenti o cristallizzate; competenze/capacità; stimoli/strumenti; incontro/conoscenza/fiducia; fare per/con gli altri; attivarsi; circolarità. Il Laboratorio è un contesto educativo, poiché consente alle persone di scoprire/rafforzare/attivare i propri talenti e le proprie risorse, offrendo, quindi, occasioni di crescita tanto agli adulti quanto ai bambini. L educazione offerta può, poi, vertere su specifiche tematiche (la lingua, per gli stranieri; gli usi e i costumi; informazioni pratiche relative ai modi di vivere nella quotidianità ). Rispetto alla conciliazione e alla cura (che potrebbe, ad esempio, riguardare anziani o giovani diversamente abili) la strategia scelta dal Laboratorio è quella di far incontrare e conoscere tra loro le famiglie, attraverso una serie di attività e/o eventi, favorendo percorsi di co genitorialità e collaborazione, a partire dalla costruzione di relazioni di fiducia e dalla prossimità tra soggetti, per giungere alla condivisione di problematiche individuali o collettive: nel sostenersi reciprocamente, le famiglie alleggeriscono i loro carichi, dai quali rimarrebbero, al contrario, schiacciate. Elementi chiave: scoperta/rinforzo/attivazione di talenti/risorse; crescita/incontro/ conoscenza; co genitorialità e collaborazione; fiducia; prossimità; condivisione; sostegno reciproco. LIVELLO RAPPRESENTATIVO ASSOCIATIVO Il mutuo aiuto e il relazionarsi sono le strategie con cui perseguire i tre obiettivi. Elementi chiave: mutuo aiuto; relazione. Per giungere ai tre obiettivi sono state scelte strategie basate sul coinvolgimento attivo della cittadinanza: in spazi pubblici, ad accesso gratuito e libero (non è prevista una schedatura, né un iscrizione), animati da professionisti con il supporto di volontari si propongono attività, momenti di riflessione, momenti ludici (pensati dagli operatori e/o dai frequentatori stessi) in cui famiglie, adulti, bambini possano, partire dall incontro e dalla conoscenza reciproci, esprimere se stessi, dare/ricevere ascolto, scambiare consigli rispetto alle modalità attuate per superare determinate situazioni o, semplicemente, delle ricette di cucina, sviluppare relazioni di fiducia ed iniziare a frequentarsi anche al di fuori del Laboratorio stesso. In tal modo è possibile trovare persone da cui attingere come 321

338 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Soggetto 5 fonte di sostegno nell affrontare i compiti di cura, educazione, conciliazione: condividendo pensieri, difficoltà, nostalgie, preoccupazioni per il futuro è possibile alleggerirsi dei propri pensieri. Il sostegno che il Laboratorio può offrire è, prevalentemente, di natura relazionale, quindi, immateriale; dal confronto con l altro, è possibile cogliere che non si è gli unici a vivere determinate situazioni, positive o negative che siano. Si assiste, nel Laboratorio, ad interazioni tra persone di età, genere, provenienza diverse: conoscendo l altro da sé, la sua cultura e il suo modo di vivere, in un contesto che faciliti la relazione, è possibile oltrepassare gli eventuali pregiudizi. Strategia particolare, nel caso dei compiti di educazione, è quella offerta dal progetto Laboratorio Compiti, che, tra le altre cose, consente alle famiglie di conoscersi attraverso i bambini (figli) per iniziare poi a sostenersi e frequentarsi fuori dal Laboratorio stesso. Elementi chiave: coinvolgimento attivo; spazi pubblici ad accesso libero/gratuito; professionisti e volontari; incontro; conoscenza; reciprocità; espressione di sé; ascolto; scambio/sostegno immateriale (perché prevalentemente relazionale); fiducia; frequentazioni esterne; condivisone/confronto/interazione; contesto facilitante; pregiudizio. LIVELLO TECNICO OPERATIVO Il sostegno nell educazione, nella cura e nella conciliazione, avviene attraverso l accoglienza, l ascolto e la capacità di empatia, offerti in un contesto ad accesso libero e gratuito, finalizzato, tra le altre cose, al creare relazioni basate sulla fiducia. A differenza di un Servizio Sociale, che si rivolge ad un utenza ben definita, il Laboratorio è un posto aperto a tutti; per cui la persona (in alcuni casi inviata dai Servizi Sociali) non esplicita subito le sue reali esigenze, ma ricevendo nel Laboratorio ascolto e sostegno, può prendere consapevolezza dei suoi reali bisogni e problemi, spesso non coincidenti con quelli che credeva di avere. Rispetto all educazione, il sostegno si concretizza in maniera informale e non dichiarata, attraverso il confronto con altri adulti, genitori, con i quali si condivide parte del proprio tempo in attività più o meno strutturate; nel Laboratorio le generazioni e le culture si incontrano e gli adulti di riferimento hanno modo di osservare delle modalità di operare e delle pratiche (esito di processi di riflessione) messe in atto da altri adulti (sia gli operatori che gli altri frequentatori) che possano consentire di ripensare alcuni aspetti della propria genitorialità o, comunque, della propria funzione educativa. Rispetto alla conciliazione, non è previsto che l adulto possa lasciare il proprio figlio al Laboratorio ed assentarsi: il sostegno, in questo senso, avviene attraverso momenti (strutturati o spontanei) di confronto relativo a come i vari genitori 322

339 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Soggetto 6 Soggetto 7 presenti, nel qui ed ora, vivono o hanno vissuto la conciliazione stessa; da qui, è possibile che nascano situazioni di auto aiuto (un genitore che viene al Laboratorio con un gruppetto di bambini di cui è responsabile, anche di provenienza, età, estrazione sociale differenti). Attraverso queste interazioni è possibile, ad esempio, capire quale sia il vero problema del proprio figlio e, quindi, verbalizzarlo, grazie al supporto dei professionisti presenti e degli altri frequentatori/volontari, per comprendere insieme come, poi, risolvere il problema stesso. È un luogo finalizzato anche alla prevenzione e all accompagnamento di alcune problematiche, nonché un luogo che, attraverso l incontro quotidiano tra molteplici diversità, può generare nuovi pensieri ed opportunità. Elementi chiave: accoglienza; ascolto; empatia; accesso libero/gratuito; sostegno; processi di presa di consapevolezza; confronto; informalità; condivisione; interazioni tra generazioni/culture diverse; ripensarsi; auto aiuto; supporto di professionisti/volontari/frequentatori; processi collettivi di risoluzione dei problemi; comprendere insieme; prevenzione; accompagnamento; incontro tra molteplici diversità; nuovi pensieri/opportunità. Le strategie attraverso le quali si concretizza il sostegno nei compiti di cura, educazione, conciliazione consistono nello stare insieme per fare, permettendo alle persone (come singole o aggregate) di vedere che oltre il bisogno che portano in uno specifico momento c è un potenziale inespresso, ci sono risorse di cui prendere consapevolezza, mediante strategie di empowerment. Attraverso il confronto, che si realizza durante momenti di discussione, ci si rende conto che il problema di un singolo soggetto può riguardare anche altre persone e che conversando è possibile trovare soluzioni altre rispetto a quelle finora tentate nella risoluzione del problema stesso: condividendo, ci si scambia informazioni ed insieme, ciascuno con le proprie esperienze, i propri apprendimenti, i propri vissuti, si costruiscono strategie innovative. Elementi chiave: stare insieme per fare; vedere oltre il bisogno espresso; empowerment; confronto; condivisione; soluzioni ai problemi alternative; strategie innovative; co costruzione; scambio; processi di soluzione collettiva dei problemi; percezione che il problema di un singolo riguarda anche altri. Rispetto alla conciliazione, il Laboratorio può essere il luogo, in cui, attraverso la creazione di relazioni, di un clima di prossimità e solidarietà reciproca, si manifestino i presupposti per i quali una famiglia possa avvalersi dell aiuto di un altra famiglia (è accaduto che famiglie incontratesi al Laboratorio abbiano, 323

340 CAPITOLO 7. L analisi dei dati poi, iniziato a frequentarsi anche all esterno sostenendosi vicendevolmente nei compiti di conciliazione). Per quanto riguarda la cura, può verificarsi che, facendo ricorso alle risorse di cui altre famiglie dispongono, si possano trovare risposte ai propri bisogni. Relativamente all educazione, che deriva dal termine latino e ducere (tirare fuori), il Laboratorio è il luogo ideale in cui gli operatori, mediante interventi strutturati e, quindi, non casuali, possano facilitare l emersione delle risorse (qualità, competenze, conoscenze) di cui ciascuna persona è portatrice. L informalità non impedisce all operatore di mettere in atto interventi intenzionali, dal momento che deve avere sempre bene in mente, a differenza del volontario (a cui è richiesto di supportare gli operatori) le finalità del progetto che porta avanti. L educazione è, quindi, da intendere come metodo di lavoro, mediante il quale è possibile far emergere gli elementi positivi di cui ciascuno dispone (e dei quali, alle volte, non si è consapevoli), a partire dalla descrizione che il soggetto fa di sé e della propria identità: le persone spesso si sentono molto bisognose sotto alcuni versi al punto da non riuscire a percepire gli elementi positivi di sé, che potrebbero favorire il benessere di altre persone, dalle quali poter, viceversa, ricevere sostegno negli ambiti in cui ci sente carenti. Elementi chiave: relazioni; prossimità/solidarietà reciproca; risposte ai propri bisogni; interventi dell operatore intenzionali/strutturati (non casuali); trarre fuori/emersione di risorse ed elementi positivi; carenza dell uno può divenir risorsa per l altro. PUNTO DI VISTA DEI VOLONTARI E DEI FREQUENTATORI L indicatore utilizzato per misurare il punto di vista dei volontari e dei frequentatori, rilevati attraverso i focus group e i questionari, è: Tra i soggetti della comunità Laboratorio Famiglia si creano esperienze di sostegno nella curaeducazione - conciliazione Tra i soggetti della comunità Laboratorio Famiglia si creano esperienze di sostegno nella cura- educazione - conciliazione. FREQUENTATORI La madre della bambina di 2 anni trova sostegno educativo grazie al confronto con le operatrici e nella conciliazione (rispetto a dove lasciare la bimba quando lei lavora) grazie allo scambio di informazioni con le altre mamme del gruppo. L anziana donna trova sostegno educativo ed un piccolo sollievo al suo carico di cura nei consigli che riceve dalle operatrici rispetto alla relazione tra i suoi nipoti, dal momento che pensa che le persone fuori dalla famiglia giudichino con maggiore oggettività. La madre delle tre bimbe riceve sostegno educativo nel senso che ha modo di vivere un esperienza, quale quella della lavorazione della creta, insieme alle sue figlie, e, quindi, di poter fare esprimere queste ultime artisticamente. 324

341 CAPITOLO 7. L analisi dei dati La ragazza burkinabè ha appreso l importanza del confronto con le persone attraverso l osservazione delle modalità relazionali comportamentali delle operatrici. Tra i soggetti della comunità Laboratorio Famiglia si creano esperienze di sostegno nella curaeducazione - conciliazione VOLONTARI La Presidentessa delle Donne Algerine, a proposito della conciliazione, racconta di una preadolescente che veniva al Laboratorio con la nonna; da quando quest ultima si è ammalata, avendo trovato un luogo accogliente, continua a frequentarlo con la sua babysitter. Secondo la volontaria del corso di italiano avvengono pochi confronti rispetto a queste tematiche e che, spesso, riceve richieste di aiuto da parte dei genitori stranieri rispetto alla didattica. La volontaria del Patchwork sostiene che al Laboratorio possano venire persone che abbiano problemi educativi con i propri figli per avere consigli dagli esperti; di fatto, però, la gente ha paura di esporsi e mostrare i suoi problemi, temendo risvolti negativi (ad esempio, segnalazioni ai Servizi Sociali). Il volontario del Laboratorio Compiti crede che il sostegno ai compiti menzionati avvenga nel momento in cui i genitori si rendono conto che il proprio figlio è in grado di svolgere i compiti (a tal proposito la Presidentessa delle Donne Algerine esprime le difficoltà che i genitori stranieri incontrano nell aiutare i figli nei compiti, per la scarsa conoscenza della lingua/cultura italiana, come ben evidenzia anche la volontaria del Patchwork): cambia l immagine del figlio agli occhi dei genitori. La volontaria del Laboratorio Compiti racconta di situazioni in cui i genitori le hanno chiesto aiuto rispetto al rapporto educativo con i figli. Dal momento che dalle interviste e dai FG è emerso che il sostegno alla cura educazione conciliazione avviene nel Laboratorio Famiglia attraverso il confronto, quindi l ascolto, verifichiamo se esiste una correlazione tra la variabile 20 (le è capitato di donare ascolto) e le variabili: 26 (aiutare nella cura): coefficiente di Pearson = 0,51; 27 (aiutare nei compiti educativi): coefficiente di Pearson = 0,52; 28 (sostenere nella conciliazione): coefficiente di Pearson = 0,51; Verifichiamo in che misura le persone che hanno risposto molto (10,34%) o abbastanza (44,83%) alla domanda 20, sostengono altre persone (attraverso l'ascolto e, quindi, il confronto) nella cura - educazione conciliazione: 325

342 CAPITOLO 7. L analisi dei dati aiutare nella cura aiutare nei compiti educativi sostenere nella conciliazione 53,13% 37,50% 31,25% 40,63% 31,25% 21,88% 18,75% 15,63% per niente poco abbastanza 6,25% 3,13% 6,25% 6,25% 3,13% 3,13% molto N.R. FIGURA 52. Misura in cui gli intervistati, che donano abbastanza/molto ascolto alle persone incontrate nel Laboratorio, sentono di sostenere altre persone (del Laboratorio) nei compiti di cura-educazioneconciliazione Sembra che la maggior parte degli intervistati si sostengano poco o per niente, attraverso l ascolto, nei compiti educativi, di cura e nella conciliazione tra tempi di vita e di lavoro. Variabile 27 Verifichiamo, allora, sesso, età, numerosità della famiglia di chi ha risposto di aiutare abbastanza (31,25%) nei compiti educativi: > abita solo > <18 donna uomo 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% FIGURA 53. Principali caratteristiche socio-demografiche degli intervistati che aiutano abbastanza nei compiti educativi In prevalenza sono donne che appartengono alla fascia di età 35-65; non sembra esserci un incidenza sulla propria predisposizione a sostenere nei compiti educativi attraverso l ascolto e la numerosità della propria famiglia. 326

343 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Verifichiamo se chi ha abbastanza (37,93%)o molto (5,17%) bisogno delle persone incontrate nel Laboratorio (variabile30) ha anche una famiglia numerosa: 20,83% 20,83% 25,00% abbastanza molto 8,33% 8,33% 4,17% 4,17% 4,17% abita solo >5 N.R. FIGURA 54. Numero dei membri delle famiglie degli intervistati che hanno abbastanza/molto bisogno di persone incontrate nel Laboratorio In media (media = 3,5) chi ha bisogno delle persone incontrate nel Laboratorio ha una famiglia abbastanza numerosa (considerando che al , il numero dei componenti della famiglie della città di Parma ammontava a 2,10). Ne potrebbe, quindi, scaturire che il bisogno delle persone che frequentano il Laboratorio sia anche un bisogno attinente l educazione, perlopiù dei figli. Variabile 26 Confrontando la variabile 26 (aiutare nella cura) con la variabile 20 (aver donato ascolto) prevalgono le risposte per niente (34,48%) e poco (31,03%). 15,52% < >65 12,07% 10,34% 10,34% 8,62% 8,62% 6,90% 6,90% 6,90% 3,45% 3,45% 3,45% 1,72% 1,72% per niente poco abbastanza molto N.R. FIGURA 55. Sostegno nei compiti di cura e classe d età di appartenenza Verificando, allora, l età media della piccola percentuale di coloro che sostiene nella cura abbastanza (12,07%) o molto (1,72%) e della più ampia percentuale di chi non sostiene o sostiene poco, emerge che l età media di chi ha risposto per niente (media = 2,85) e poco 327

344 CAPITOLO 7. L analisi dei dati (media = 2,77) oscilla tra le classi e L età media di chi ha risposto abbastanza (media = 3,14) oscilla tra le classi e > 65; una sola persona ha risposto molto ed ha più di 65 anni. Ne potrebbe derivare che il confronto sulle tematiche relative la cura riguarda prettamente le persone più adulte, anche se la correlazione tra l aver sostenuto nella cura e la fascia d età d appartenenza è piuttosto bassa (coefficiente di Pearson = 0,12). Variabile 28 Il sostegno alla conciliazione (variabile 28), attraverso l ascolto (variabile 20) avviene: per niente nel 53,13% dei casi; poco nel 21,88%; abbastanza nel 15,63%; molto nel 6,25%. Ciò può essere spiegato con il fatto che il Laboratorio è frequentato perlopiù da pensionati (24,14%) e disoccupati (51,72%). Verifichiamo la condizione lavorativa di chi sostiene nella conciliazione attraverso l ascolto poco, abbastanza e molto poco abbastanza molto TOT. occupato 37,50% 6,25% 6,25% 50,00% disoccupato 12,50% 25,00% - 37,50% pensionato 12,50% ,50% 100,00% abita solo 12,50% ,50% 2 25,00% 6,25% - 31,25% 3 18,75% - 6,25% 25,00% 4-6,25% - 6,25% 5-18,75% - 18,75% > ,00% N.R. 6,25% - - 6,25% 100,00% FIGURA 56. Spezzone della matrice dei dati relativo a condizione lavorativa e numero dei componenti della famiglia degli intervistati che hanno sostengono poco/abbastanza/molto nei compiti di conciliazione, attraverso l ascolto Al quesito hanno risposto perlopiù occupati (50%) e persone con una famiglia con un numero di membri compreso tra i 2 e i 3: emerge che gli occupati sentono di sostenere poco altre persone nella conciliazione, attraverso l ascolto. 328

345 CAPITOLO 7. L analisi dei dati Per rendere più agevole la comprensione della variabile 28 si è esemplificata, nella formulazione della domanda, una possibile forma di supporto nella conciliazione: si è offerto/a di aiutare madri/padri che lavorano e non sanno dove lasciare i propri figli. Vediamo, dunque, se esiste una correlazione tra la variabile 28 e la variabile 29 (le è capitato di sentirsi utile per persone incontrate nel Laboratorio): il coefficiente di Pearson equivale a 0,58; se ne deduce che sussiste una correlazione positiva. Verifichiamo se chi si sente poco (41,38%), abbastanza (25,86%), molto (5,17%) utile per le persone incontrate nel Laboratorio, si sente anche poco, abbastanza, molto utile nel sostenere nella conciliazione le persone incontrate nel Laboratorio: 38,10% sentirsi utile per le persone incontrate nel Laboratorio POCO sentirsi utile per le persone incontrate nel Laboratorio ABBASTANZA sentirsi utile per le persone incontrate nel Laboratorio MOLTO 16,67% 14,29% 7,14% 7,14% 4,76% 2,38% 2,38% 2,38% per niente poco abbastanza molto N.R. sostegno nella conciliazione FIGURA 57. Percezione della propria utilità per le persone incontrate nel Laboratorio e sostegno nella conciliazione Verifichiamo, infine, se la percezione di sé (variabile 11) come frequentatore semplice (67,24%), volontario attivo (17,24%), cittadino attivo (6,90%) influenza il proprio maggiore o minore impegno nel sostegno alla cura educazione conciliazione (dall analisi elimineremo i 5 intervistati che non hanno risposto al quesito relativo alla variabile 11): 329

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