Perché la fedeltà non toglie la libertà

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1 Copia 1,00. Copia arretrata 2,00 L O S S E RVATOR E ROMANO EDIZIONE SETTIMANALE Unicuique suum IN LINGUA ITALIANA Non praevalebunt Anno LXV, numero 43 (3.813) Città del Vaticano Giovedì 22 ottobre 2015 All udienza generale il Pontefice parla della promessa d amore tra gli sposi Perché la fedeltà non toglie la libertà Nel matrimonio «libertà e fedeltà non si oppongono l una all altra, anzi, si sostengono a vicenda». Lo ha detto Papa Francesco all udienza generale di mercoledì 21 ottobre, in piazza San Pietro, parlando della «promessa d amore che l uomo e la donna si fanno l un l altra». Disteso e sorridente, il Pontefice si è fermato a lungo, come di consueto, a salutare i fedeli presenti. Offrendo loro una riflessione sul tema della fedeltà coniugale, è partito dalla constatazione che «ai nostri giorni, l onore della fedeltà alla promessa della vita famigliare appare molto indebolito». Le cause? «Da una parte ha spiegato perché un malinteso diritto di cercare la propria soddisfazione, a tutti i costi e in qualsiasi rapporto, viene esaltato come un principio non negoziabile di libertà». E dall altra, «perché si affidano esclusivamente alla costrizione della legge i vincoli della vita di relazione e dell impegno per il bene comune». Eppure, ha fatto notare, «in realtà, nessuno vuole essere amato solo per i propri beni o per obbligo. L amore, come anche l amicizia, devono la loro forza e la loro bellezza proprio a questo fatto: che generano un legame senza togliere la libertà». Di conseguenza, ha aggiunto, «l amore è libero, la promessa della famiglia è libera, e questa è la bellezza. Senza libertà non c è amicizia, senza libertà non c è amore, senza libertà non c è matrimonio». Dopo aver invitato a pensare ai danni prodotti «nella civiltà della comunicazione globale, l inflazione di promesse non mantenute, in vari campi, e l indulgenza per l infedeltà alla parola data e agli impegni presi», il Papa ha sottolineato che di contro «la fedeltà è una promessa di impegno che si auto-avvera, crescendo nella libera obbedienza alla parola data». È insomma «una fiducia che vuole essere realmente condivisa, e una speranza che vuole e s s e re coltivata insieme». Di più: la fedeltà alle promesse è secondo la bella immagine suggerita da Francesco «un vero capolavoro di umanità»; un autentico miracolo, «perché la forza e la persuasione della fedeltà, a dispetto di tutto, non finiscono di incantarci e di stupirci. L onore alla parola data, la fedeltà alla promessa, non si possono comprare e vendere. Non si possono costringere con la forza, ma neppure custodire senza sacrificio». E in tale contesto, «nessun altra scuola può insegnare la verità dell amore, se la famiglia non lo fa». Ecco allora la necessità di «restituire onore sociale alla fedeltà dell amore». Occorre, ha concluso, «sottrarre alla clandestinità il quotidiano miracolo di milioni di uomini e donne che rigenerano il suo fondamento famigliare, del quale ogni società vive, senza essere in grado di garantirlo in nessun altro modo». PAGINE 2-3 Giornata dell alimentazione Risorse per pochi briciole per troppi Davanti alla «condizione delle persone affamate» non è possibile accontentarsi «di un generico appello alla cooperazione». Piuttosto occorre domandarsi se «è ancora possibile concepire una società in cui le risorse sono nelle mani di pochi e i meno privilegiati sono costretti a raccogliere solo le briciole». Un interrogativo, questo, che il Papa ha sollevato in un messaggio al direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, in occasione della Giornata dell alimentazione. Nel settantesimo anniversario dell o rg a n i s m o delle Nazioni Unite, il Pontefice ha elogiato gli sforzi compiuti nei confronti di quanti soffrono la fame e la malnutrizione. PAGINA 6 Nel cinquantenario dell assemblea che rappresenta l episcopato Chiesa sinodale PAGINE 10 E 11 Un parroco, una religiosa e una coppia Quattro nuovi santi Appello per la Terra santa Il coraggio della pace Visita agli ospiti di un dormitorio Benvenuti a casa Intervista a «Paris Match» Spesso mi arriva una rosa PAGINA 4 PAGINA 5 PAGINA 7 PAGINE 8 E 9

2 pagina 2 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 22 ottobre 2015, numero 43 Riflessioni sulla promessa d amore tra gli sposi Perché la fedeltà non toglie la libertà Nel matrimonio «libertà e fedeltà non si oppongono l una all altra, anzi, si sostengono a vicenda». Lo ha detto Papa Francesco all udienza generale di mercoledì 21 ottobre, in piazza San Pietro, parlando della «promessa d amore che l uomo e la donna si fanno l un l a l t ra». Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Nella scorsa meditazione abbiamo riflettuto sulle importanti promesse che i genitori fanno ai bambini, fin da quando essi sono pensati nell amore e concepiti nel grembo. Possiamo aggiungere che, a ben guardare, l intera realtà famigliare è fondata sulla promessa pensare bene questo: l identità famigliare è fondata sulla promessa : si può dire che la famiglia vive della promessa d amore e di fedeltà che l uomo e la donna si fanno l un l altra. Essa comporta l impegno di accogliere ed educare i figli; ma si attua anche nel prendersi cura dei genitori anziani, nel proteggere e accudire i membri più deboli della famiglia, nell aiutarsi a vicenda per realizzare le proprie qualità ed accettare i propri limiti. E la promessa coniugale si allarga a condividere le gioie e le sofferenze di tutti i padri, le madri, i bambini, con generosa apertura nei confronti dell umana convivenza e del bene comune. Una famiglia che si chiude in sé stessa è come una contraddizione, una mortificazione della promessa che l ha fatta nascere e la fa vivere. Non dimenticare mai: l identità della famiglia è sempre una promessa che si allarga, e si allarga a tutta la famiglia e anche a tutta l umanità. Ai nostri giorni, l onore della fedeltà alla promessa della vita famigliare appare molto indebolito. Da una parte, perché un malinteso diritto di cercare la propria soddisfazione, a tutti i costi e in qualsiasi rapporto, viene esaltato come un principio non negoziabile di libertà. D altra parte, perché si affidano esclusivamente alla costrizione della legge i vincoli della vita di relazione e dell impegno per il bene comune. Ma, in realtà, nessuno vuole essere amato solo per i propri beni o per obbligo. L amore, come anche l amicizia, devono la loro forza e la loro bellezza proprio a questo fatto: che generano un legame senza togliere la libertà. L amore è libero, la promessa della famiglia è libera, e questa è la bellezza. Senza libertà non c è amicizia, senza libertà non c è amore, senza libertà non c è matrimonio. Dunque, libertà e fedeltà non si oppongono l una all altra, anzi, si sostengono a vicenda, sia nei rapporti interpersonali, sia in quelli sociali. Infatti, pensiamo ai danni che producono, nella civiltà della comunicazione globale, l inflazione di promesse non mantenute, in vari campi, e l indulgenza per l infedeltà alla parola data e agli impegni presi! Sì, cari fratelli e sorelle, la fedeltà è una promessa di impegno che si auto-avvera, crescendo nella libera obbedienza alla parola data. La fedeltà All udienza generale, Papa Francesco ha salutato suor Matilde Del Col, religiosa francescana missionaria di Maria, che il giorno prima ha compiuto novant anni e da quarantacinque lavora in Vaticano nel laboratorio di restauro degli arazzi. Inoltre, a settembre, ha ricordato i sessant anni di professione religiosa. Ad accompagnarla in piazza San Pietro c era anche suo fratello, missionario della Consolata ottantottenne, che ha appena compiuto il suo ventiquattresimo viaggio in Kenya per sostenere l op era evangelizzatrice. è una fiducia che vuole essere realmente condivisa, e una speranza che vuole essere coltivata insieme. E parlando di fedeltà mi viene in mente quello che i nostri anziani, i nostri nonni raccontano: A quei tempi, quando si faceva un accordo, una stretta di mano era sufficiente, perché c era la fedeltà alle promesse. E anche questo, che è un fatto sociale, ha origine nella famiglia, nella stretta di mano dell uomo e la donna per andare avanti insieme, tutta la vita. La fedeltà alle promesse è un vero capolavoro di umanità! Se guardiamo alla sua audace bellezza, siamo intimoriti, ma se disprezziamo la sua coraggiosa tenacia, siamo perduti. Nessun rapporto d amore nessuna amicizia, nessuna forma del voler bene, nessuna felicità del bene comune giunge all altezza del nostro desiderio e della nostra speranza, se non arriva ad abitare questo miracolo dell anima. E dico miracolo, perché la forza e la persuasione della fedeltà, a dispetto di tutto, non finiscono di incantarci e di stupirci. L onore alla parola data, la fedeltà alla promessa, non si possono comprare e vendere. Non si possono costringere con la forza, ma neppure custodire senza sacrificio. Nessun altra scuola può insegnare la verità dell amore, se la famiglia non lo fa. Nessuna legge può imporre la bellezza e l eredità di questo tesoro della dignità umana, se il legame personale fra amore e generazione non la scrive nella nostra carne. Fratelli e sorelle, è necessario restituire onore sociale alla fedeltà dell amore: restituire onore sociale alla fedeltà dell amore! È necessario sottrarre alla clandestinità il quotidiano miracolo di milioni di uomini e donne che rigenerano il suo fondamento famigliare, del quale ogni società vive, senza essere in grado di garantirlo in nessun altro modo. Non per caso, questo principio della fedeltà alla promessa dell amore e della generazione è scritto nella creazione di Dio come una benedizione perenne, alla quale è affidato il mondo. Marc Chagall, «Matrimonio» Se san Paolo può affermare che nel legame famigliare è misteriosamente rivelata una verità decisiva anche per il legame del Signore e della Chiesa, vuol dire che la Chiesa stessa trova qui una benedizione da custodire e dalla quale sempre imparare, prima ancora di insegnarla e disciplinarla. La nostra fedeltà alla promessa è pur sempre affidata alla grazia e alla misericordia di Dio. L amore per la famiglia umana, nella buona e nella cattiva sorte, è un punto d onore per la Chiesa! Dio ci conceda di essere all altezza di questa promessa. E preghiamo anche per i Padri del Sinodo: il Signore benedica il loro lavoro, svolto con fedeltà creativa, nella fiducia che Lui per primo, il Signore Lui per primo!, è fedele alle sue promesse. Grazie. False notizie Sono infondate le notizie sulla salute del Papa diffuse nella notte tra martedì 20 e mercoledì 21 ottobre, in modo irresponsabile, da giornali italiani: lo hanno potuto vedere le migliaia di persone presenti in piazza San Pietro per l udienza generale e lo ha testimoniato l arcivescovo sostituto della Segreteria di Stato, che sul suo account Twitter (@Angelo- Becciu) ha scritto: «Ho incontrato il Papa ieri sera. Sta benissimo e in grande forma! Che è sta gazzarra sulla sua salute?». Anche il direttore della Sala stampa della Santa Sede il gesuita Federico Lombardi, che era intervenuto nella notte con una secca smentita ha ribadito nella mattinata del 21 la totale falsità delle notizie: «Lo faccio dopo le verifiche con le fonti opportune, compreso il Santo Padre». E il momento scelto rivela l intento manipolatorio del polverone sollevato. L OSSERVATORE ROMANO EDIZIONE SETTIMANALE Unicuique suum IN LINGUA ITALIANA Non praevalebunt Città del Vaticano o r n e o s s ro m.v a w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o.v a GI O VA N N I MARIA VIAN d i re t t o re Giuseppe Fiorentino v i c e d i re t t o re Gianluca Biccini co ordinatore Redazione via del Pellegrino, Città del Vaticano fax Servizio fotografico telefono fax photo@ossrom.va w w w. p h o t o.v a TIPO GRAFIA VAT I C A N A EDITRICE L OS S E R VAT O R E ROMANO don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale Abbonamenti: Italia, Vaticano: 58,00 (6 mesi 29,00); Europa: 100,00 - $ U.S.; America Latina, Africa, Asia: 110,00 - $ U.S.; America del Nord, Oceania: 162,00 - $ U.S. Per informazioni, sottoscrizioni e rinnovi: telefono ; fax ; i n f o s s ro m.v a Pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Via Monte Rosa 91, Milano telefono /3003, fax s e g re t e r i a d i re z i o n e s y s t e i l s o l e 2 4 o re. c o m

3 numero 43, giovedì 22 ottobre 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 3 «Il Papa della famiglia»: Francesco ha definito così Giovanni Paolo II alla vigilia della sua memoria liturgica, rinnovando ai fedeli presenti all udienza generale l invito a pregare per i padri impegnati nei lavori del sinodo. Saluto cordialmente i pellegrini di lingua francese, in particolare i fedeli della Normandia, della Diocesi di Creteil, la Comunità apostolica San Francesco Saverio e i giovani venuti dalla Svizzera. Chiediamo a Dio che conceda a ciascuno di restare fedele alle sue promesse, che noi affidiamo al soccorso della sua grazia e della sua misericordia. Che Dio benedica voi e le vostre famiglie. Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Scozia, Irlanda, Danimarca, Norvegia, Cina, Indonesia, Giappone, Malaysia, Canada e Stati Uniti d America. Rivolgo un saluto particolare ai partecipanti all i n c o n t ro promosso dal Centro Internazionale del Diaconato. Dio vi benedica tutti! Rivolgo un cordiale saluto a tutti i partecipanti di lingua tedesca. Saluto specialmente i pellegrini dall A rc i d i o - cesi di Berlino con il loro Presule, Appena nato Patric è stato gettato nella spazzatura, nella periferia di una città congolese. Lo ha salvato un missionario che lo ha fatto curare nell ospedale romano Bambino Gesù, dove un infermiera e suo marito lo hanno adottato. E nel giorno del suo diciottesimo compleanno Patric ha raccontato la propria storia al Papa. Ora il ragazzo sta facendo terapie per migliorare la deambulazione e il linguaggio, sostenuto dalla comunità delle suore di carità dell Assunzione. A documentare a Francesco l attività della Caritas ungherese per accogliere i migranti è stato il direttore nazionale monsignor Gábor Écsy. Mostrando un album fotografico, ha assicurato «il proseguimento dell opera di solidarietà, silenziosa ma efficace». Inoltre il cardinale Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo, ha presentato al Pontefice una folta delegazione della comunità ebraica venuta appositamente dal Brasile per i cinquant anni della N o s t ra aetate. «Questa presenza ha spiegato è il segno della nostra piena collaborazione e della loro attenzione alla testimonianza del Papa soprattutto sul dialogo interreligioso e la pace». Sempre dal Brasile sono arrivati a Roma i responsabili della fondazione Terra attiva, dal 1984 nello Stato di Pernambuco «per servire i più poveri attraverso l educazione per ridare dignità a quanti oggi sono messi ai margini dalla società». Con particolare affetto, poi, Francesco ha abbracciato quattro gemelli costretti sulla sedia a rotelle per una asfissia neonatale che ha procurato loro, al momento della nascita, una serie di problemi anche Ricordato Giovanni Paolo II alla vigilia della memoria liturgica Il Papa della famiglia Mons. Heiner Koch. Ottobre è il mese del Santo Rosario. Vi chiedo di pregare nelle vostre famiglie il Rosario, in particolare per il Sinodo sulla Famiglia, affinché la Beata Vergine Maria ci aiuti a compiere la volontà di Dio. Il Signore vi benedica tutti. Dal rifiuto all accoglienza motori. Per «riprendere slancio nella quotidianità» Kevin, Thomas, David e Jonathan Meola, che hanno dodici anni, sono venuti da Montemiletto, in provincia di Avellino, accompagnati dai genitori che, raccontano, non hanno mai ceduto alla tentazione dello sconforto nonostante le difficoltà. Il mondo dello sport, in particolare, ha testimoniato in piazza San Pietro tutto il suo carico di valori solidali. E così il ciclista Alessandro Vanotti, compagno di squadra di Vincenzo Nibali e Fabio Aru all Astana, è partito sabato 17 dalla sua Bergamo percorrendo 600 chilometri, con altri dieci pedalatori, e facendo tappa nel carcere minorile di Pontremoli, nella casa di riposo di Campansi a Siena e nella casa di accoglienza San Lazzaro di Acquapendente. «Abbiamo condiviso la vita di queste persone ha confidato Vanotti per testimoniare che i problemi si affrontano attraverso la sofferenza, proprio come nel ciclismo». Infatti, ha spiegato il ciclista, «ho tagliato vittorioso i traguardi del Tour de France e del Giro d Italia ma è indescrivibile l emozione provata pedalando con un obiettivo benefico per arrivare dal Papa». Il progetto è stato pensato da don Andrea Pedretti, parroco di Roncola, e dall associazione Eos che sostiene le famiglie con bambini costretti a lunghi e frequenti ricoveri ospedalieri. La pedalata Bergamo- Roma porterà infatti all apertura di una casa di accoglienza vicino all osp edale. Accanto al gruppo bergamasco c erano gli atleti disabili di Cremona che gareggiano con la handbike e che, il 18 ottobre, hanno portato a termine, a Milano, il Giro d Italia. Inoltre a raccontare a Francesco il loro originale stile di correre le maratone sono venuti i podisti dell associazione Amici di Diego. Dal 2004 questi atleti percorrono i 42 chilometri e 195 metri della gara spingendo un loro amico disabile sulla sedia a rotelle, con lo slogan «corriamo per un sorriso». E, ha spiegato Giuseppe Penso, «il sorriso non è solo quello di Diego e di tanti ragazzi disabili che hanno percorso le strade delle maratone in tutto il mondo, New York compresa, ma anche delle tante persone che vedendo questo gesto di comunione iniziano a prestare più attenzione alle sofferenze degli altri». In piazza San Pietro c erano anche tanti giovani disabili, insieme ad anziani e ammalati di tumore, venuti a Roma nell ambito del pellegrinaggio delle opere fondate nel bresciano da don Pierino Ferrari: la comunità Mamre, la comunità del Cenacolo e la cooperativa Raphael. E hanno presentato al Papa la nuova fondazione Laudato si, «impegnata nella realizzazione di un ospedale oncologico a misura d uomo». «Regaliamo un sorriso ai bambini dell Iraq» è la motivazione che ha spinto gli alunni della scuola media di Zagarolo, vicino Roma, a pubblicare un libro di racconti e poesie. E a Francesco i ragazzi hanno consegnato i diritti d a u t o re (500 euro) perché arrivino ai loro coetanei in Medio oriente. Saluto i pellegrini di lingua spagnola, in particolare i gruppi provenienti dalla Spagna e dall America latina. Vi invito a pregare per i padri sinodali, il Signore benedica il loro lavoro, sviluppato con fedeltà creativa e con la ferma speranza che il Signore è il primo a essere fedele alle sue promesse. Dio vi benedica. Carissimi pellegrini del Portogallo, del Brasile e di altri Paesi di lingua portoghese, benvenuti! Di cuore vi saluto tutti e affido al buon Dio la vostra vita e quella dei vostri familiari. Sono lieto d accogliere la delegazione della Comunità Ebraica di San Paolo, accompagnata dal Cardinale Odilo Scherer. Questa visita a Roma vi aiuti a essere pronti, come Abramo, ad uscire ogni giorno verso la terra di Dio e dell uomo, rivelandovi un segno dell amore di Dio per tutti i suoi figli. Grazie! Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente e soprattutto dall Egitto. Cari fratelli e sorelle, continuate ad accompagnare il Sinodo con la vostra preghiera, e siate testimoni della presenza costante di Dio nel mondo attraverso la vostra vita famigliare. Il Signore vi benedica! Do il benvenuto ai pellegrini polacchi. Carissimi, domani celebriamo la memoria di San Giovanni Paolo II, il Papa della famiglia. Siate suoi buoni seguaci nella premura per le vostre famiglie e per tutte le famiglie, specialmente quelle che vivono nel disagio spirituale o materiale. La fedeltà all amore professato, alle promesse fatte e agli impegni che derivano dalla responsabilità siano la vostra forza. Per l intercessione di San Giovanni Paolo II preghiamo che il Sinodo dei Vescovi, che sta per concludersi, rinnovi in tutta la Chiesa il senso dell innegabile valore del matrimonio indissolubile e della famiglia sana, basata sull amore reciproco dell uomo e della donna, e sulla grazia divina. Benedico di cuore voi, qui presenti, e tutti i vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo! Rivolgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua italiana. Sono lieto di accogliere i cresimati della Diocesi di Faenza-Modigliana, accompagnati dal Vescovo Mons. Mario Toso e l Associazione per l assistenza spirituale alle forze armate, con l O rdinario Militare Mons. Santo Marcianò. Saluto l Università Campus-Biomedico di Roma; l Associazione europea Amici di San Rocco; e i gruppi parrocchiali, in particolare i fedeli di Erba, che ricordano il centenario della nascita del vescovo missionario Aristide Pirovano, sempre in prima linea nell aiuto ai poveri. Tutti esorto in questo mese dedicato alle missioni ad accompagnare con la preghiera e con l aiuto concreto l ap o- stolato missionario della Chiesa nei Paesi più bisognosi. Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Domani ricorre la memoria liturgica di San Giovanni Paolo II. Cari giovani, la sua testimonianza di vita sia di esempio per il vostro cammino; cari ammalati, portate con gioia la croce della sofferenza come egli ci ha insegnato con l esempio; e voi, cari sposi novelli, chiedete la sua intercessione perché nella vostra nuova famiglia non manchi mai l a m o re.

4 pagina 4 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 22 ottobre 2015, numero 43 Nella messa per le canonizzazioni il Papa ricorda che arrivismo e sequela di Cristo sono incompatibili All ultimo posto I quattro nuovi santi esempio di servizio ai fratelli in umiltà e carità Il parroco italiano Vincenzo Grossi, la religiosa spagnola Maria dell Immacolata Concezione e i coniugi francesi Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin sono stati proclamati santi da Papa Francesco nel corso della celebrazione eucaristica presieduta domenica 18 ottobre, in piazza San Pietro. All omelia, che pubblichiamo di seguito, il Pontefice ha ricordato che il servizio è «la vera autorità nella Chiesa» e che arrivismo e ambizione sono incompatibili con la sequela di Cristo. Le Letture bibliche ci presentano oggi il tema del servizio e ci chiamano a seguire Gesù nella via dell umiltà e della croce. Il profeta Isaia delinea la figura del Servo di Jahwé (53, 10-11) e la sua missione di salvezza. Si tratta di un personaggio che non vanta genealogie illustri, è disprezzato, evitato da tutti, esperto nel soffrire. Uno a cui non attribuiscono imprese grandiose, né celebri discorsi, ma che porta a compimento il piano di Dio attraverso una presenza umile e silenziosa e attraverso il proprio patire. La sua missione, infatti, si realizza mediante la sofferenza, che gli permette di comprendere i sofferenti, di portare il fardello delle colpe altrui e di espiarle. L emarginazione e la sofferenza del Servo del Signore, protratte fino alla morte, si rivelano feconde, al punto tale da riscattare e salvare le moltitudini. Gesù è il Servo del Signore: la sua vita e la sua morte, interamente nella forma del servizio (cfr. Fil 2, 7), sono state causa della nostra salvezza e della riconciliazione dell umanità con Dio. Il kerigma, cuore del Vangelo, attesta che nella sua morte e risurrezione si sono adempiute le profezie del Servo del Signore. Il racconto di san Marco descrive la scena di Gesù alle prese con i discepoli Giacomo e Giovanni, i quali supportati dalla madre volevano sedere alla sua destra e alla sua sinistra nel regno di Dio (cfr. Mc 10, 37), rivendicando posti d o n o re, secondo una loro visione gerarchica del regno stesso. La prospettiva in cui si muovono risulta ancora inquinata da sogni di realizzazione terrena. Gesù allora dà un primo scossone a quelle convinzioni dei discepoli chiamando il suo cammino su questa terra: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete... ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra, non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato» (vv ). Con l immagine del calice, Egli assicura ai due la possibilità di essere associati fino in fondo al suo destino di sofferenza, senza tuttavia garantire i posti d onore ambiti. La sua risposta è un invito a seguirlo sulla via dell amore e del servizio, respingendo la tentazione mondana di voler primeggiare e comandare sugli altri. Di fronte a gente che briga per ottenere il potere e il successo, per farsi vedere, di fronte a gente che vuole siano riconosciuti i propri meriti, i propri lavori, i discepoli sono chiamati a fare il contrario. Pertanto li ammonisce: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore» (vv ). Con queste parole indica il servizio quale stile dell autorità nella comunità cristiana. Chi serve gli altri ed è realmente senza prestigio esercita la vera autorità nella Chiesa. Gesù ci invita a cambiare mentalità e a passare dalla bramosia del potere alla gioia di scomparire e servire; a sradicare l istinto del dominio sugli altri ed esercitare la virtù dell umiltà. E dopo aver presentato un modello da non imitare, offre sé stesso quale ideale a cui riferirsi. Nell atteggiamento del Maestro la comunità troverà la motivazione della nuova prospettiva di vita: «Anche il Figlio dell uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (v. 45). Nella tradizione biblica il Figlio dell uomo è colui che riceve da Dio «potere, gloria e regno» (Dn 7, 14). Gesù riempie di nuovo senso questa immagine e precisa che Egli ha il potere in quanto servo, la gloria in quanto capace di abbassamento, l autorità regale in quanto disponibile al totale dono della vita. È infatti con la sua passione e morte che Egli conquista l ultimo posto, raggiunge il massimo di grandezza nel servizio, e ne fa dono alla sua Chiesa. C è incompatibilità tra un modo di concepire il potere secondo criteri mondani e l umile servizio che dovrebbe caratterizzare l autorità secondo l insegnamento e l esempio di Gesù. Incompatibilità tra ambizioni, arrivismi e sequela di Cristo; incompatibilità tra onori, successo, fama, trionfi terreni e la logica di Cristo crocifisso. C è invece compatibilità tra Gesù esperto nel patire e la nostra sofferenza. Ce lo ricorda la Lettera agli Ebrei, che presenta Cristo come il sommo sacerdote che condivide in tutto la nostra condizione umana, eccetto il peccato: «Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato» (4, 15). Gesù esercita essenzialmente un sacerdozio di misericordia e di compassione. Egli ha fatto l esperienza diretta delle nostre difficoltà, conosce dall interno la nostra condizione umana; il non aver sperimentato il peccato non gli impedisce di capire i peccatori. La sua gloria non è quella dell ambizione o della sete di dominio, ma è la gloria di amare gli uomini, assumere e condividere la loro debolezza e offrire loro la grazia che risana, accompagnarli con tenerezza infinita, accompagnarli nel loro tribolato cammino. Ognuno di noi, in quanto battezzato, partecipa per parte propria al sacerdozio di Cristo; i fedeli laici al sacerdozio comune, i sacerdoti al sacerdozio ministeriale. Pertanto, tutti possiamo ricevere la carità che promana dal suo Cuore aperto, sia per noi stessi sia per gli altri: diventando canali del suo amore, della sua compassione, specialmente verso quanti sono nel dolore, nell angoscia, nello scoraggiamento e nella solitudine. Coloro che oggi sono stati proclamati Santi, hanno costantemente ser- C O N T I N UA A PA G I N A 5

5 numero 43, giovedì 22 ottobre 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 5 Al termine della celebrazione in piazza San Pietro, domenica 18, il Pontefice ha recitato l Angelus con i fedeli presenti, invitandoli a pregare per la pace in Terra santa. Cari fratelli e sorelle, seguo con grande preoccupazione la situazione di forte tensione e di violenza che affligge la Terra Santa. In questo momento c è bisogno di molto coraggio e molta forza d animo per dire no all odio e alla vendetta e compiere gesti di pace. Per questo preghiamo, perché Dio rafforzi in tutti, governanti e cittadini, il coraggio di opporsi alla violenza e di fare passi concreti di distensione. Nell attuale contesto medioorientale è più che mai decisivo che si faccia la pace nella Terra Santa: questo ci chiedono Dio e il bene dell umanità. Al termine di questa celebrazione desidero salutare tutti voi che siete venuti a rendere omaggio ai nuovi Santi, in modo particolare le Delegazioni ufficiali di Italia, Spagna e Fr a n c i a. All Angelus l appello per la Terra santa Il coraggio della pace Saluto i fedeli delle diocesi di Lodi e di Cremona, come pure le Figlie dell O ratorio. L esempio di san Vincenzo Grossi sostenga l impegno per l educazione cristiana delle nuove generazioni. Saluto i pellegrini venuti dalla Spagna, in particolare da Siviglia, e le Suore della Compagnia della Croce. La testimonianza di santa Maria dell Immacolata Concezione ci aiuti a vivere la solidarietà e la vicinanza con i più bisognosi. Saluto i fedeli provenienti dalla Francia, specialmente da Bayeux, Lisieux e Sées: all intercessione dei santi coniugi Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin affidiamo le gioie, le attese e le difficoltà delle famiglie francesi e di tutto il mondo. Ringrazio i Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti, le persone consacrate, come pure le famiglie, i gruppi parrocchiali e le asso ciazioni. Ed ora ci rivolgiamo con amore filiale alla Vergine Maria. DA PA G I N A 4 Quattro nuovi santi della Chiesa vito con umiltà e carità straordinarie i fratelli, imitando così il divino Maestro. San Vincenzo Grossi fu parroco zelante, sempre attento ai bisogni della sua gente, specialmente alle fragilità dei giovani. Per tutti spezzò con ardore il pane della Parola e divenne buon samaritano per i più bisognosi. Santa Maria dell Immacolata Concezione, attingendo dalle sorgenti della preghiera e della contemplazione, visse in prima persona con grande umiltà il servizio agli ultimi, con una attenzione particolare ai figli dei poveri e agli ammalati. I santi coniugi Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin hanno vissuto il servizio cristiano nella famiglia, costruendo giorno per giorno un ambiente pieno di fede e di amore; e in questo clima sono germogliate le vocazioni delle figlie, tra cui santa Teresa di Gesù Bambino. La testimonianza luminosa di questi nuovi Santi ci sprona a perseverare sulla strada del servizio gioioso ai fratelli, confidando nell aiuto di Dio e nella materna protezione di Maria. Dal cielo ora veglino su di noi e ci sostengano con la loro potente int e rc e s s i o n e. Intervento della Santa Sede al Forum di Istanbul Migrazioni e sviluppo sostenibile La questione delle migrazioni va affrontata dalla comunità internazionale nel quadro degli impegni per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030 secondo quanto stabilito dall Assemblea generale dell O nu. Lo ha detto lo scalabriniano Gabriele Bentoglio, sotto-segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, che ha guidato la delegazione della Santa Sede all ottavo global forum on migration and development, svoltosi a Istanbul. Nel suo intervento di giovedì 15 ottobre, padre Bentoglio ha parlato di un punto di svolta poiché la dichiarazione approvata dall Onu per l Agenda 2030, oltre a riconoscere il contributo positivo dei migranti per la crescita inclusiva e lo sviluppo sostenibile, afferma esplicitamente che «la migrazione internazionale è una realtà multidimensionale di grande importanza per lo sviluppo dei Paesi di origine, di transito e di destinazione». Di conseguenza, cercando di garantire «una migrazione sicura, ordinata e regolare, includendo il pieno rispetto dei diritti umani e il trattamento umano dei migranti, indipendentemente dal loro status come migranti, rifugiati o sfollati», l Agenda 2030 ha creato una solida base per l azione relativa a migrazione e sviluppo. A fronte di queste affermazioni di principio c è però il prezzo inaccettabile delle migliaia di vite perse negli ultimi anni. «Malgrado queste tragedie, il mondo soprattutto nei Paesi sviluppati è stato consumato da una retorica controversa e allarmistica sui rifugiati e sui migranti, spesso mescolando erroneamente i due termini nei media e nei dibattiti pubblici. Ciò ha inevitabilmente portato a una risposta disordinata e inadeguata alla migrazione», ha ricordato padre Bentoglio. Sulla questione, il rappresentante della Santa Sede ha fatto tre osservazioni. La prima è che «il crescente numero di migranti è la prova tangibile dell ingiusta distribuzione delle risorse della terra, che dovrebbero essere equamente condivise da tutti» e che «un viaggio per emigrare non è un viaggio di piacere: è un salto nel buio». È dunque fondamentale che i diritti umani dei migranti, indipendentemente dal loro status, siano rispettati appieno. Al tempo stesso, c è un bisogno parallelo di assistere i loro Paesi di origine. La globalizzazione della solidarietà, la cooperazione internazionale e l equa distribuzione dei beni della terra saranno fondamentali per eliminare le disuguaglianze che portano ad abbandonare la propria terra e la propria cultura. La seconda considerazione è che «non c è una strategia migratoria efficace e a lungo termine senza una politica d integrazione parallela e comprensiva basata sulla persona umana quale soggetto primariamente responsabile dello sviluppo. Sebbene l afflusso di migranti e di rifugiati costituisca una seria sfida per le diverse società che li accolgono, la dignità della persona umana ha sempre la precedenza su interessi di parte e considerazioni economiche». I migranti, ha detto ancora padre Bentoglio, non sono persone di cui aver paura. Sono costruttori di ponti tra culture, contribuendo con il duro lavoro, energia e nuove idee. Occorre quindi interrogarsi sui modi per assicurare che la migrazione e l integrazione diventino un arricchimento reciproco, aprendo prospettive positive alle comunità e prevenendo il rischio di discriminazione, di razzismo, di nazionalismo estremo e di xenofobia. Infine, il rappresentante della Santa Sede ha sottolineato come troppo spesso professionisti giovani e preparati, in particolare donne, siano costretti ad accettare lavori non qualificati nei Paesi sviluppati per poter migrare. Così facendo, trascurano i propri talenti e gli sforzi e le risorse investiti nella loro formazione, solo per supplire alla mancanza di forza lavoro in economie sviluppate. Molti altri cadono vittime di pratiche di assunzione immorali, del traffico o del contrabbando. Si devono dunque creare più canali legali e opportunità a beneficio sia del Paese di accoglienza sia del Paese di origine. Ciò potrebbe essere fatto offrendo programmi di scambio a scopo lavorativo flessibili e temporanei o aumentando gli investimenti nelle borse di studio.

6 pagina 6 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 22 ottobre 2015, numero 43 «La condizione delle persone affamate evidenzia che non possiamo accontentarci di un generico appello alla cooperazione. Forse la domanda da porre è un altra: è ancora possibile concepire una società in cui le risorse sono nelle mani di pochi e i meno privilegiati sono costretti a raccogliere solo le briciole?». Con questo interrogativo il Papa si è rivolto al direttore generale della Fao in occasione della Giornata dell alimentazione che coincideva con il settantesimo anniversario dell organismo delle Nazioni unite. Al Professor José Graziano da Silva Direttore Generale della FAO 1. Questa giornata, in cui si celebra il settantesimo anniversario dell istituzione della FA O, pone in primo piano tanti nostri fratelli che, nonostante gli sforzi compiuti, soffrono la fame e la malnutrizione, anzitutto per l iniqua distribuzione dei frutti della terra, ma anche a causa di un mancato sviluppo agricolo. Viviamo un epoca in cui l affannosa ricerca del profitto, la concentrazione su interessi particolari e gli effetti di politiche ingiuste rallentano le azioni all interno dei Paesi o impediscono una cooperazione efficace in seno al- Messaggio del Pontefice nella giornata mondiale dell alimentazione Risorse per pochi briciole per troppi la comunità internazionale. In questo senso, rimane molto da fare per quanto riguarda la sicurezza alimentare, che appare ancora come un obiettivo lontano per molti. Questo doloroso scenario, Signor Direttore Generale, rende ancora più urgente il ritorno all ispirazione che portò alla nascita di codesta Organizzazione e ci impegna a trovare i mezzi necessari per liberare l umanità dalla fame e promuovere un attività agricola capace di soddisfare le effettive necessità delle diverse aree del pianeta. Si tratta di un obiettivo certamente ambizioso, ma improrogabile, che va perseguito con rinnovata volontà in un mondo dove cresce il divario nei livelli di benessere, nei redditi, nei consumi, nell accesso all assistenza sanitaria, nell istruzione e per quanto concerne una maggiore speranza di vita. Siamo testimoni, spesso muti e paralizzati, di situazioni che non è possibile legare esclusivamente a fenomeni economici, poiché sempre di più la disuguaglianza è l effetto di quella cultura che scarta ed esclude tanti nostri fratelli e sorelle dalla vita sociale, non considera le loro capacità e arriva a ritenere superfluo il loro apporto alla vita della famiglia umana. Il tema scelto per la Giornata Mondiale dell Alimentazione di quest anno: Protezione sociale e agricoltura per spezzare il ciclo della povertà rurale, è importante. Un problema che pone in rilievo la responsabilità verso i due terzi della popolazione mondiale a cui manca una protezione sociale anche minima. Un dato reso ancor più allarmante dal fatto che la maggior parte di queste persone vive nelle aree più svantaggiate di Paesi dove l essere poveri è una realtà dimenticata e l unica fonte di sopravvivenza è legata ad una scarsa produzione agricola, alla pesca artigianale o all allevamento su piccola scala. Infatti, la mancata protezione sociale pesa anzitutto sui piccoli agricoltori, allevatori, pescatori e forestali costretti a vivere nella precarietà, poiché il frutto del loro lavoro è subordinato per lo più a condizioni ambientali che spesso sfuggono al loro controllo, e alla mancanza di mezzi per fronteggiare cattivi raccolti o per procurarsi gli strumenti tecnici necessari. Paradossalmente, poi, anche quando la produzione è abbondante, essi incontrano serie difficoltà di trasporto, di commercializzazione, di conservazione del frutto del loro lavoro. Nel corso dei viaggi e delle visite pastorali, ho avuto numerose occasioni di ascoltare queste persone esprimere le loro difficoltà, ed è naturale che io mi faccia portavoce delle gravi preoccupazioni che mi hanno confidato. La loro vulnerabilità, infatti, ha ripercussioni molto pesanti sulla vita personale e familiare, già gravata da tante contrarietà o da giornate estenuanti e senza limiti di tempo, diversamente da quanto accade per altre categorie di lavoratori. 2. La condizione delle persone affamate e malnutrite evidenzia che non basta e non possiamo accontentarci di un generico appello alla cooperazione o al bene comune. Forse la domanda da porre è un altra: è ancora possibile concepire una società in cui le risorse sono nelle mani di pochi e i meno privilegiati sono costretti a raccogliere solo le briciole? La risposta non può limitarsi a buoni propositi, ma consiste piuttosto nella «pace sociale, vale a dire la stabilità e la sicurezza di un determinato ordine, che non si realizza senza un attenzione particolare alla giustizia distributiva, la cui violazione genera sempre violenza» (Enc. Laudato si, 157). Infatti, per le persone e le comunità, la mancata protezione sociale è un fattore negativo in sé stesso e non può essere limitata solo alle possibili minacce per l o rd i n e pubblico, dal momento che la disuguaglianza riguarda gli elementi fondamentali del benessere individuale e collettivo, quali sono ad esempio la salute, l istruzione, la partecipazione nei processi decisionali. Penso ai più svantaggiati, a quanti, per la mancata protezione sociale, patiscono le conseguenze negative di una persistente crisi economica o di fenomeni legati alla corruzione e al malgoverno, oltre a subire i cambiamenti climatici che compromettono la loro sicurezza alimentare. Sono persone, non numeri, e chiedono il nostro sostegno, per poter guardare al futuro con un minimo di speranza. Domandano ai Governi e alle Istituzioni internazionali di operare tempestivamente, facendo tutto il possibile, per quanto dipende dalla loro responsabilità. Considerare i diritti dell affamato e accoglierne le aspirazioni significa anzitutto una solidarietà che si traduce in gesti concreti, che richiede condivisione e non solo una migliore gestione dei rischi sociali ed economici o un soccorso puntuale in occasione delle catastrofi e delle crisi ambientali. È questo ciò che si chiede alla FA O, alle sue decisioni e alle iniziative e ai programmi concreti che si realizzano nei vari luoghi. Questa prospettiva antropologica, però, mostra che la protezione sociale non può essere limitata all i n c re - mento dei redditi, o ridursi all investimento in mezzi di sussistenza per un miglioramento della produttività agricola e la promozione di un equo sviluppo economico. Essa deve concretizzarsi in quell amore sociale che è la chiave di un autentico sviluppo (cfr. ibid., 257). Se considerata nelle sue componenti essenzialmente umane, la protezione sociale potrà aumentare nelle persone più svantaggiate la capacità di resilienza, di affrontare e superare le difficoltà e i contrattempi e a tutti farà comprendere il giusto senso dell uso sostenibile delle risorse naturali e del pieno rispetto della casa comune. Penso in particolare alla funzione che la protezione sociale può svolgere per sostenere la famiglia, nel cui seno i suoi membri imparano fin dall inizio che cosa significa condividere, aiutarsi a vicenda, proteggersi gli uni gli altri. Garantire la vita familiare significa promuovere la crescita economica della donna, consolidando così il suo ruolo nella società, come pure favorire la cura degli anziani e permettere ai giovani di proseguire la formazione scolastica e professionale, per accedere ben preparati al mondo del lavoro. C O N T I N UA A PA G I N A 7

7 numero 43, giovedì 22 ottobre 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 7 Un grazie per aver accolto l invito a venire in questa vostra casa, offerta dalla generosità dei gesuiti che l hanno donata proprio per voi. Così Papa Francesco, giovedì sera, 15 ottobre, si è rivolto ai 30 senzatetto ospiti del dormitorio romano «Dono di misericordia», dove si è recato al termine della riunione del Sinodo. DA PA G I N A 6 Messaggio nella giornata mondiale dell alimentazione Visita del Papa agli ospiti del dormitorio «Dono di misericordia» Benvenuti nella vostra casa Una visita durata circa una ventina di minuti, segnata dalla commozione e dalla familiarità nella struttura di via dei Penitenzieri, allestita in locali di proprietà della Compagnia di Gesù e aperta grazie al contributo della Elemosineria apostolica. Gli ospiti, provenienti in maggioranza dall Italia, ma anche da altre 3. La Chiesa non ha la missione di trattare direttamente tali problemi dal punto di vista tecnico. Tuttavia, gli aspetti umani di queste situazioni non la lasciano indifferente. Il creato e i frutti della terra sono doni di Dio elargiti a tutti gli esseri umani, che ne sono al tempo stesso custodi e beneficiari. Per questo sono destinati ad essere equamente condivisi da tutti. Ciò esige una ferma volontà per affrontare le ingiustizie che riscontriamo ogni giorno, in particolare quelle più gravi, quelle che offendono la dignità umana e toccano nel profondo la nostra coscienza. Sono fatti che non consentono ai cristiani di astenersi dal fornire il loro attivo contributo e la loro professionalità, soprattutto mediante diverse forme di organizzazione che tanto bene fanno nelle aree rurali. Di fronte alle difficoltà non possono prevalere il pessimismo o l indifferenza. Ciò che è stato fin qui compiuto, nonostante la complessità dei problemi, è già un motivo di incoraggiamento per l intera Comunità internazionale, per le sue Istituzioni e le sue linee di azione. Tra queste penso all Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, recentemente approvata dalle Nazioni Unite. Auspico che non resti solo un insieme di regole e di possibili accordi. Confido che ispiri un modello diverso di protezione sociale, a livello sia internazionale sia nazionale. Si eviterà così di utilizzarla a vantaggio di interessi contrari alla dignità umana, o che non rispettano pienamente la vita, o per giustificare atteggiamenti omissivi che lasciano i problemi irrisolti, aggravando in tal modo le situazioni di disuguaglianza. Ciascuno, per quanto è nelle proprie possibilità, dia il meglio di sé in spirito di genuino servizio agli altri. In tale sforzo, l azione della FAO sarà fondamentale se dispone dei mezzi necessari per assicurare la protezione sociale nel quadro dello nazioni non solo europee, emozionatissimi, hanno stretto la mano al Papa che li ha salutati personalmente a uno a uno. Li ha presentati l a rc i v e - scovo elemosiniere Konrad Krajewski, che ha sottolineato come quest opera sia stata resa possibile grazie alle offerte dei fedeli che richiedono le pergamene. In questo modo, ha spiegato, la benedizione apostolica assume un duplice valore: per la persona a cui è destinata e per la carità che giunge a tante persone bisognose. Quando per qualcuno dormire sotto le stelle non è una scelta, ma una necessità, la dimora che i gesuiti hanno messo a disposizione diventa un vero e proprio ambiente familiare. È uno dei primi segni tangibili di come i consacrati, mettendo a disposizione alcune loro strutture, possono rispondere all appello del Pontefice ad accogliere e aiutare le persone in difficoltà. Vi operano tre missionarie della carità, le suore col sari bianco bordato di azzurro fondate da madre Teresa di Calcutta, e due volontari: Vincenzo e Salvatore, che anche loro, senzatetto tra i senzatetto, si sono messi al servizio di quanti ogni sera bussano alle porte del dormitorio. sviluppo sostenibile e della promozione di quanti vivono di agricoltura, allevamento, pesca e foreste. Con questi auspici, invoco su di Lei, Signor Direttore Generale, e su quanti collaborano in codesto servizio alla famiglia umana, la benedizione di Dio ricco di misericordia. Dal Vaticano, 16 ottobre 2015 FRANCESCO Tutto è bene curato anche nei dettagli: tra i tavoli della grande sala, dove poco prima dell arrivo del Pontefice stavano giocando a carte, si mescolano le storie di questi uomini che hanno trovato nel «Dono di misericordia» una nuova casa. Possono restarvi a dormire per un mese intero, poi devono attendere tre mesi prima di potervi ritornare. Una rotazione che permette di ampliare il numero dei beneficiari. Il centro è fornito di cucina per la colazione, tre bagni e una doccia di emergenza e di un corridoio dove sono stati sistemati i letti a castello che possono accogliere 34 uomini. Il Papa ha visitato tutta la struttura, accompagnato, oltre che dall elemosiniere, da monsignor Diego Ravelli, capo ufficio dell Elemosineria apostolica, e dai gesuiti che hanno fatto gli onori di casa: il preposito generale, Adolfo Nicolás Pachón, e il superiore della comunità della Curia generalizia, Joaquín Barrero Díaz. Erano presenti anche padre Federico Lombardi, suor Cyrene, provinciale delle missionarie della carità, e Gianna, referente dei sessanta volontari della sezione romana dell Unitalsi che si occupano del servizio docce e della barberia sempre gestita dall Elemosineria apostolica sotto il colonnato di piazza San Pietro. Non manca uno spazio per la lettura: nella grande stanza è stata sistemata una libreria, al cui lato è stato affisso il regolamento del dormitorio. Gli ospiti devono rispettare un orario preciso per l ingresso (dalle 18 alle 19) e devono svegliarsi alle Hanno il tempo per la pulizia personale, la sistemazione del letto e dell armadietto. Alle 8 devono lasciare la casa, perché le suore e i volontari possano riordinare e fare pulizia. Le persone ospitate per la notte possono anche cenare alla vicina mensa del Dono di Maria. (nicola gori)

8 pagina 8 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 22 ottobre 2015, numero 43 di CAROLINE PIGOZZI Intervista di Francesco a «Paris Match» Sp esso mi arriva una rosa Papa Francesco è solo e viene verso di me sorridendo. Gli presento Marc Brincourt, caporedattore fotografico, ed Eric Vandeville, con la macchina fotografica digitale tra le mani. Affabile, il Santo Padre pronuncia qualche parola in francese e ci invita a seguirlo in una piccola sala che dà su un cortile interno. Ho un fiume di domande. Questo Papa è carismatico, il suo timbro di voce mite, rassicurante, e il suo modo di parlare italiano con dei giri di frase spagnoli rendono rari questi momenti, tanto spontanei quanto singolari. Venerdì 9 ottobre resterà una data impressa nella mia memoria. Santo Padre, come sta? Bene. Ma, come lei sa, i viaggi sono comunque molto faticosi e in questo momento, con il Sinodo dei vescovi, mi resta pochissimo tempo per il resto... Lei è appena rientrato da un lungo viaggio. Perché non era mai andato negli Stati Uniti? I viaggi che ho fatto sono stati motivati da riunioni legate ai miei incarichi come maestro dei novizi, provinciale, rettore delle facoltà di filosofia e di teologia, vescovo. Nessuna di quelle riunioni, congressi, sinodi si è tenuta negli Stati Uniti, ed è questo il motivo per cui non ho avuto l occasione di visitare prima questo paese. Il 18 ottobre, durante il sinodo sulla famiglia, canonizzerà il padre e la madre di santa Teresa di Lisieux. Perché proprio l o ro? Louis e Zélie Martin, i genitori di santa Teresa del Bambino Gesù, sono una coppia di evangelizzatori, che durante tutta la loro vita hanno testimoniato la bellezza della fede in Gesù. Tra le mura domestiche e fuori. È noto quanto la famiglia Martin fosse accogliente e aprisse la sua porta e il suo cuore, nonostante a quel tempo una certa etica borghese, con la scusa del d e c o ro, disprezzasse i poveri. Loro due, insieme alle cinque figlie, dedicavano energie, tempo e denaro all aiuto di chi si trovava nel bisogno. Sono certamente un modello di santità e di vita di coppia. Perché lei, che è argentino, ha una tale devozione verso una delle nostre sante più popolari, Teresa di Lisieux? È una delle sante che più ci parla della grazia di Dio e di come Dio si prenda cura di noi, ci prenda per mano e ci permetta di scalare agilmente la montagna della vita se solo ci abbandoniamo totalmente a lui, ci lasciamo trasp ortare da lui. La piccola Teresa aveva compreso, nella sua vita, che è l amore, l amore riconciliatore di Gesù, a muovere le membra della sua Chiesa. Questo mi insegna Teresa di Lisieux. Mi piacciono anche le sue parole contro lo «spirito di curiosità» e le chiacchiere. A lei, che si è lasciata semplicemente sostenere e trasportare dalla mano del Signore, chiedo spesso di prendere nelle sue mani un problema che ho di fronte, una questione che non so come andrà a finire, un viaggio che devo affrontare. E le chiedo, se accetta di custodirlo e di farsene carico, di inviarmi come segno una rosa. Molte volte mi capita poi di riceverne una... È l amore di san Francesco d As s i s i per la natura e la causa dell ecologia che le hanno fatto scegliere il suo nome? ne, il cardinale Cláudio Hummes, un amico, che era seduto vicino a me, mi ha abbracciato e mi ha detto di non dimenticarmi dei poveri. Poi ho pensato anche al mondo dilaniato da tante guerre e violenze. Francesco con la sua testimonianza è stato un uomo di pace. Nell enciclica Laudato si, che inizia con le parole del Cantico delle creature, ho cercato di mostrare quali legami profondi esistano tra l impegno per sradicare la povertà e la cura del creato. Bisogna lasciare ai nostri figli e nipoti una terra vivibile e impegnarsi a costruire una pace vera e giusta nel mondo. Lei è il Papa di un epoca che si deve confrontare con vasti sconvolgimenti climatici. Quale sarà il suo messaggio per la conferenza internazionale di Parigi sul clima? Il cristiano è realista, non catastrofista. Proprio per questo, però, non possiamo nasconderci un evidenza: l attuale sistema mondiale è insostenibile. Spero davvero che il vertice possa contribuire a scelte concrete, condivise e lungimiranti, per il bene comune. Servono nuove modalità di sviluppo perché possano crescere e vivere dignitosamente le tante donne, i tanti uomini, i tanti bambini che oggi soffrono per la fame, lo sfruttamento, le guerre, la mancanza di lavoro. Servono nuove modalità condivise per mettere fine allo sfrut- Come fare? L umanità deve rinunciare a idolatrare il denaro e rimettere al centro la persona umana, la sua dignità, il bene comune, il futuro delle generazioni che popoleranno la terra dopo di noi. Altrimenti i nostri discendenti saranno costretti a vivere su cumuli di macerie e di sporcizia. Dobbiamo coltivare e proteggere il dono che ci è stato fatto, non sfruttarlo in modo sconsiderato. Dobbiamo prenderci cura di chi non ha il necessario per vivere e cominciare ad attuare riforme strutturali che rendano il mondo più giusto. Rinunciare a egoismo e avidità per vivere tutti un p o meglio. La Nasa ha annunciato lo scorso luglio la scoperta di un pianeta dalle dimensioni simili a quelle terrestri, Kepler 452 B, che assomiglia alla Terra. Ci saranno altrove altri esseri pensanti? Non saprei davvero come risponderle: finora le conoscenze scientifiche hanno sempre escluso che vi sia traccia di altri esseri pensanti Non ci avevo nell universo. È vero, finché non pensato prima. Più venne scoperta l America noi pensavamo che non esistesse, e invece esi- ancora e prima ancora del messaggio steva. Ma in ogni caso credo che ci di san Francesco si debba attenere a quanto ci dicono sulla custodia del gli scienziati, pur sempre coscienti creato, a muovermi che il Creatore è infinitamente più in quel momento è grande delle nostre conoscenze. stato il suo vivere Quello di cui sono certo è che l universo, la povertà evangelica. tamento indiscriminato del nostro e il mondo in cui noi abitia- Quando in contamento clave era stata ormai pianeta. La nostra casa comune è inquinata, si sta deteriorando, c è bisomo, non è il frutto del caso né del caos, ma di un intelligenza divina, raggiunta la gno dell impegno di tutti. Dobbia- dell amore di un Dio che ci vuole soglia dei voti necessari mo proteggere l uomo dall auto di- per l elezio- s t ru z i o n e. C O N T I N UA A PA G I N A 9

9 numero 43, giovedì 22 ottobre 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 9 Intervista di Francesco a «Paris Match» DA PA G I N A 8 bene, ci ha creati, ci ha voluti e non ci lascia mai soli. Quello di cui sono certo è che Gesù Cristo, il figlio di Dio, si è incarnato, è morto sulla croce per salvare noi uomini dal peccato, ed è risorto vincendo la morte. Crede che paesi come la Francia, che accolgono un gran numero di cristiani, possano un giorno aiutare le comunità d oriente minacciate dall islamismo a ritornare nei loro paesi? Quanto sta accadendo sotto gli occhi di tutti è una tragedia umanitaria, che ci interpella. Per noi cristiani restano imprescindibili le parole di Gesù che ci ha invitato a vederlo nei poveri e nei forestieri bisognosi di aiuto. Ci ha detto che ogni gesto di solidarietà verso di loro è un gesto verso di lui. Ma nella sua domanda lei tocca un tema importantissimo: non possiamo rassegnarci al fatto che queste comunità, che oggi sono minoritarie nelle regioni mediorientali, debbano lasciare le loro case, le loro terre, le loro occupazioni. I cristiani sono cittadini a pieno titolo di quei paesi, sono presenti come seguaci di Gesù da due millenni, pienamente inseriti in quei contesti culturali, nella storia dei loro popoli. Abbiamo il dovere umano e cristiano di agire di fronte all emergenza. Non possiamo però dimenticare le cause che l hanno provocata, far finta che non esistano. Chiediamoci perché tanta gente fugge, quali sono le cause di tante guerre e di tanta violenza. Non dimentichiamo chi fomenta l odio e la violenza, e anche chi specula sulle guerre, come i trafficanti di armi. E non dimentichiamo neppure l ip o crisia di quei potenti della terra che parlano di pace ma poi, sottobanco, vendono le armi. non devono essere al servizio del denaro: le conseguenze di quanto sta accadendo sono sotto gli occhi di tutti! Il giubileo della misericordia comincerà l 8 dicembre. Come le è venuta l idea? Da Paolo VI in poi la Chiesa ha posto sempre più l accento sul riferimento alla misericordia. Durante il pontificato di san Giovanni Paolo II, questo accento si è espresso con ancora più forza: l enciclica Dives in m i s e r i c o rd i a, l istituzione della festa della Divina misericordia, la canonizzazione di santa Faustina Kowalska. Prolungando questa linea, riflettendo e pregando, ho pensato che sarebbe stato bello proclamare un anno santo straordinario, il giubileo della misericordia. vox clamantis in deserto, voce di uno che grida nel deserto. Credo però che proprio la fedeltà al Vangelo ci chieda di essere costruttori di ponti e non di muri. Non bisogna esagerare sul ruolo del Papa e della Santa Sede. Quello che è accaduto tra Stati Uniti e Cuba ne è un esempio: abbiamo soltanto cercato di favorire la volontà di dialogo presente nei responsabili dei due Paesi. E soprattutto abbiamo pregato. Come fa a conservare la sua semplicità e il suo rigore di gesuita dopo aver celebrato a Manila una messa davanti a sette milioni di fedeli e a centinaia di milioni di telespettatori? Quando un sacerdote celebra la messa è certamente davanti ai fedeli ma innanzitutto è davanti al Signore. Comunque, più si è davanti alle pre più da vicino. Cercare di fare ogni cosa della vita quotidiana, anche le più piccole, con il cuore aperto a Dio e agli altri. Cercare di avere lo stesso sguardo di Gesù sulla realtà e di mettere in pratica i suoi insegnamenti giorno dopo giorno e nei rapporti con le persone. Cosa pensa di quello che scriveva Béranger, un autore francese dell Ottocento, sui gesuiti: «Uomini neri, da dove uscite? Usciamo da sottoterra, mezzi volpe, mezzi lupo, la nostra regola è un mistero, siamo i figli di Loyola»? È veramente audace scriverlo! E forse addirittura astuto... [Papa Francesco ride]. Oltre due secoli fa i gesuiti sono stati espulsi dalla Cina. Oggi la Cina è sparita dal suo pensiero? Al di là dell assistenza immediata cosa si può fare per i rifugiati? Si può cercare di risolvere questo dramma solo guardando lontano. Agendo per favorire la pace. Lavorando concretamente per risolvere le cause strutturali della povertà. Impegnandosi per costruire modelli di sviluppo economico che abbiano al centro l uomo e non il denaro. Operando perché la dignità di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino, di ogni anziano sia sempre risp ettata. Capitalismo e profitto sono parole diaboliche? Il capitalismo e il profitto non sono diabolici se non si trasformano in idoli. Non lo sono se rimangono strumenti. Se invece domina l ambizione sfrenata di denaro, e il bene comune e la dignità degli uomini passano in secondo o in terzo piano, se il denaro e il profitto a ogni costo diventano un feticcio da adorare, se l avidità è alla base del nostro sistema sociale ed economico, le nostre società sono destinate alla rovina. Gli esseri umani e l intero creato Il formidabile entusiasmo di cui lei è oggetto potrà contribuire a risolvere la crisi mondiale? In questi delicati campi l azione del Papa e della Santa Sede prescinde dal grado di simpatia che in questo o in quel momento suscitano le persone. Cerchiamo di favorire con il dialogo la soluzione dei conflitti e la costruzione della pace. Cerchiamo instancabilmente vie pacifiche e negoziali per risolvere le crisi e i conflitti. La Santa Sede sulla scena internazionale non ha interessi da difendere, ma agisce attraverso tutti i suoi possibili canali per favorire l incontro, il dialogo, processi di pace, il rispetto dei diritti umani. Con la mia presenza in paesi come l Albania e la Bosnia ed Erzegovina ho cercato di incoraggiare esempi di convivenza e collaborazione tra uomini e donne di diverse fedi religiose per il superamento delle ferite lasciate aperte dai recenti tragici conflitti. Non faccio progetti né mi occupo di strategie di politica internazionale: sono cosciente che la voce della Chiesa in tante occasioni e situazioni è una folle, più bisogna essere sempre coscienti della nostra piccolezza, del nostro essere «servi inutili», come ci domanda Gesù. Chiedo ogni giorno la grazia di poter essere segno che rimanda alla presenza di Gesù, testimonianza del suo abbraccio di misericordia. Per questo qualche volta quando sento gridare «viva il Papa!», invito a dire «viva Gesù!». Da cardinale Albino Luciani, di fronte agli applausi, ricordava: «Voi credete che l asinello cavalcato da Gesù mentre entrava in Gerusalemme tra gli osanna potesse pensare che questa accoglienza fosse rivolta a lui?». Ecco, il Papa, i vescovi, i sacerdoti, tengono fede alla loro missione se sanno essere quell asinello e aiutano a far vedere il vero protagonista, sempre coscienti che se oggi ci sono gli osanna domani possono arrivare i cro cifiggilo!. Qual è l eredità più preziosa che ha ricevuto dalla Compagnia di Gesù? Il discernimento caro a sant Ignazio, la quotidiana ricerca per meglio conoscere il Signore e seguirlo sem- No, assolutamente! La Cina è nel mio cuore. È qui [si batte il petto]. S e m p re. Immagina veramente di poter un giorno andare in una pizzeria romana o di prendere l autobus vestito come un semplice prete? Non ho abbandonato del tutto il clergyman nero sotto la tonaca bianca! Mi piacerebbe certo poter girare ancora per strada, per le strade di Roma, che è una città bellissima. Sono sempre stato un prete di strada. Gli incontri più importanti di Gesù e la sua predicazione sono avvenuti per strada. Certo mi piacerebbe tanto andare a mangiare una buona pizza con degli amici. Ma so che non è così facile, quasi impossibile. Quello che non mi manca mai è il contatto con la gente. Ne incontro tantissima, molta di più rispetto a quando ero a Buenos Aires, e questo mi dà molta gioia! Quando abbraccio le persone che incontro, so che è Gesù a tenermi tra le sue braccia.

10 numero 43, giovedì 22 ottobre 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 10/11 «Una delle eredità più preziose dell ultima assise conciliare»: così Papa Francesco ha definito il Sinodo dei vescovi nel discorso che ha concluso, sabato 17 ottobre nell aula Paolo VI, la commemorazione del cinquantesimo anniversario dell istituzione. All i n c o n t ro hanno partecipato, tra gli altri, i padri sinodali, i delegati fraterni e gli uditori che in questi giorni prendono parte alla quattordicesima assemblea generale ordinaria, e membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Proprio per sottolineare il tema del sinodo in corso «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo» a fare da colonna sonora alla mattinata è stato chiamato il Piccolo coro Mariele Ventre dell An t o n i a n o di Bologna: quarantuno bambine e bambini, diretti da Sabrina Simoni, hanno portato con il loro canto in aula atmosfere serene e gioiose di vita familiare. Il Papa è giunto in basilica accompagnato dal prefetto della Casa Pontificia, l arcivescovo Georg Gänswein, e dal reggente, monsignor Leonardo Sapienza. Ad accoglierlo il se g re t a r i o generale del sinodo, il cardinale Lorenzo Baldisseri, e il sottosegretario, il vescovo Fabio Fabene; il relatore generale dell assemblea in corso, il cardinale Péter Erdő, il segretario speciale, l arcivescovo Bruno Forte, e i quattro presidenti delegati, i cardinali André Vingt-Trois, Luis Antonio G. Tagle, Raymundo Damasceno Assis e Wilfrid Fox Napier; il cardinale Christoph Schönborn, che ha poi tenuto la relazione commemorativa. L incontro, presentato dal giornalista Claudio Farnetani, è stato aperto dal Pontefice con la recita della Preghiera per la famiglia e, dopo il saluto del cardinale Baldisseri, è stato introdotto dalla proiezione del documentario «Camminando insieme» dedicato ai cinquant anni di storia del sinodo, dalla sua istituzione nel 1965 a opera di Paolo VI, fino all assemblea in corso, che si concluderà domenica 25 ottobre con la solenne concelebrazione nella basilica di San Pietro. Ha preso quindi la parola il cardinale arcivescovo di Vienna. Dopo di lui si sono succedute le comunicazioni relative ai cinque continenti, tenute successivamente dal cardinale Vincent Gerald Nichols, dal vescovo Mathieu Madega Lebouakehan, dal cardinale Ricardo Ezzati Andrello, dal patriarca Louis Raphaël I Sako e dal cardinale Soane Patita Paini Mafi. Quindi Papa Francesco ha pronunciato il discorso che pubblichiamo qui di seguito. Al termine, dopo la preghiera dell Angelus e la benedizione, Francesco ha salutato affettuosamente i piccoli coristi dell Antoniano, ringraziandoli per i canti e posando insieme a loro per una foto di gruppo. Beatitudini, Eminenze, Eccellenze, Fratelli e Sorelle, L autografo di Paolo VI per il discorso tenuto il 29 settembre 1967 nella prima riunione del Sinodo dei vescovi graziamento al Signore. Dal Concilio Vaticano II all attuale Assemblea, abbiamo sperimentato in modo via via più intenso la necessità e la bellezza di «camminare insieme». In tale lieta circostanza desidero rivolgere un cordiale saluto a Sua Eminenza il Cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale, con il Sotto-Segretario Sua Eccellenza Monsignor Fabio Fabene, gli Officiali, i Consultori e gli altri Collaboratori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, quelli nascosti, che fanno il lavoro di ogni giorno fino a tarda serata. Insieme a loro, saluto e ringrazio della loro presenza i Padri sinodali e gli altri Partecipan- Il Papa ricorda i cinquant anni del sinodo e ribadisce che la Chiesa è come una piramide capovolta L autorità del servizio Agire sempre «cum Petro et sub Petro» non limita la libertà ma garantisce l unità mentre è in pieno svolgimento l Assemblea Generale Ordinaria, commemorare il cinquantesimo anniversario dell istituzione del Sinodo dei Vescovi è per noi tutti motivo di gioia, di lode e di rinti all Assemblea in corso, nonché tutti i presenti in quest Aula. In questo momento vogliamo anche ricordare coloro che, nel corso di cinquant anni, hanno lavorato al servizio del Sinodo, a cominciare dai Segretari Generali che si sono succeduti: i Cardinali Władysław Rubin, Jozef Tomko, Jan Pieter Schotte e l Arcivescovo Nikola Eterović. Approfitto di tale occasione per esprimere di cuore la mia gratitudine a quanti, vivi o defunti, hanno contribuito con un impegno generoso e competente allo svolgimento dell attività sinodale. Fin dall inizio del mio ministero come Vescovo di Roma ho inteso valorizzare il Sinodo, che costituisce una delle eredità più preziose dell ultima assise c o n c i l i a re 1. Per il Beato Paolo VI, il Sinodo dei Vescovi doveva riproporre l immagine del Concilio ecumenico e rifletterne lo spirito e il metodo 2. Lo stesso Pontefice prospettava che l o rg a - nismo sinodale «col passare del tempo potrà essere maggiormente perfezionato» 3. A lui faceva eco, vent anni più tardi, San Giovanni Paolo II, allorché affermava che «forse questo strumento potrà essere ancora migliorato. Forse la collegiale responsabilità pastorale può esprimersi nel Sinodo ancor più pienamente» 4. Infine, nel 2006, Benedetto XVI approvava alcune variazioni all Ordo Synodi Episcoporum, anche alla luce delle disposizioni del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese orientali, promulgati nel frattemp o 5. Dobbiamo proseguire su questa strada. Il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio. *** Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola «Sinodo». Camminare insieme Laici, Pastori, Vescovo di Roma è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica. Dopo aver ribadito che il Popolo di Dio è costituito da tutti i battezzati chiamati a «formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo» 6, il Concilio Vaticano II proclama che «la totalità dei fedeli, avendo l unzione che viene dal Santo (cfr. 1 Gv 2, 20.27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il Popolo, quando «dai Vescovi fino agli ultimi Fedeli laici» mostra l universale suo consenso in cose di fede e di morale» 7. Qual famoso infallibile in credendo. Nell esortazione apostolica Evangelii gaudium ho sottolineato come «il Popolo di Dio è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile in c re d e n d o» 8, aggiungendo che «ciascun Battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del Popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni» 9. Il sensus fidei impedisce di separare rigidamente tra Ecclesia docens ed Ecclesia discens, giacché anche il Gregge possiede un proprio «fiuto» per discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa 10. È stata questa convinzione a guidarmi quando ho auspicato che il Popolo di Dio venisse consultato nella preparazione del duplice appuntamento sinodale sulla famiglia, come si fa e si è fatto di solito con ogni Lineamenta. Certamente, una consultazione del genere in nessun modo potrebbe bastare per ascoltare il sensus fidei. Ma come sarebbe stato possibile parlare della famiglia senza interpellare le famiglie, ascoltando le loro gioie e le loro speranze, i loro dolori e le loro angosce 11? Attraverso le risposte ai due questionari inviati alle Chiese particolari, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare almeno alcune di esse intorno a delle questioni che le toccano da vicino e su cui hanno tanto da dire. Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell ascolto, nella consapevolezza che ascoltare «è più che sentire» 12. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo «Spirito della verità» (Gv 14, 17), per conoscere ciò che Egli «dice alle Chiese» (Ap 2, 7). Il Sinodo dei Vescovi è il punto di convergenza di questo dinamismo di ascolto condotto a tutti i livelli della vita della Chiesa. Il cammino sinodale inizia ascoltando il Popolo, che «pure partecipa alla funzione profetica di Cristo» 13, secondo un principio caro alla Chiesa del primo millennio: «Quod omnes tangit ab omnibus tractari debet». Il cammino del Sinodo prosegue ascoltando i Pastori. Attraverso i Padri sinodali, i Vescovi agiscono come autentici custodi, interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa, che devono saper attentamente distinguere dai flussi spesso mutevoli dell opinione pubblica. Alla vigilia del Sinodo dello scorso anno affermavo: «Dallo Spirito Santo per i Padri sinodali chiediamo, innanzitutto, il dono dell ascolto: ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del Popolo; ascolto del Popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama» 14. Infine, il cammino sinodale culmina nell ascolto del Vescovo di Roma, chiamato a pronunciarsi come «Pastore e Dottore di tutti i cristiani» 15 : non a partire dalle sue personali convinzioni, ma come supremo testimone della fides totius Ecclesiae, «garante dell ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa» 16. Il fatto che il Sinodo agisca sempre cum Petro et sub Petro dunque non solo cum Petro, ma anche sub Petro non è una limitazione della libertà, ma una garanzia dell unità. Infatti il Papa è, per volontà del Signore, «il perpetuo e visibile principio e fondamento dell unità tanto dei Vescovi quanto della moltitudine dei Fedeli» 17. A ciò si collega il concetto di «ierarchica communio», adoperato dal Concilio Vaticano II: i Vescovi sono congiunti con il Vescovo di Roma dal vincolo della comunione episcopale (cum Petro) e sono al tempo stesso gerarchicamente sottoposti a lui quale Capo del Collegio (sub P e t ro ) 18. *** La sinodalità, come dimensione costitutiva della Chiesa, ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico. Se capiamo che, come dice san Giovanni Crisostomo, «Chiesa e Sinodo sono sinonimi» 19 perché la Chiesa non è altro che il «camminare insieme» del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore capiamo pure che al suo interno nessuno può essere «elevato» al di sopra degli altri. Al contrario, nella Chiesa è necessario che qualcuno «si abbassi» per mettersi al servizio dei fratelli lungo il cammino. Gesù ha costituito la Chiesa ponendo al suo vertice il Collegio apostolico, nel quale l apostolo Pietro è la «roccia» (cfr. Mt 16, 18), colui che deve «confermare» i fratelli nella fede (cfr. Lc 22, 32). Ma in questa Chiesa, come in una piramide capovolta, il vertice si trova al di sotto della base. Per questo coloro che esercitano l autorità si chiamano «ministri»: perché, secondo il significato originario della parola, sono i più piccoli tra tutti. È servendo il Popolo di Dio che ciascun Vescovo diviene, per la porzione del Gregge a lui affidata, vicarius Christi 20, vicario di quel Gesù che nell ultima cena si è chinato a lavare i piedi degli apostoli (cfr. Gv 13, 1-15). E, in un simile orizzonte, lo stesso Successore di Pietro altri non è che il servus servorum Dei 21. Non dimentichiamolo mai! Per i discepoli di Gesù, ieri oggi e sempre, l unica autorità è l autorità del servizio, l unico potere è il potere della croce, secondo le parole del Maestro: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo» (Mt 20, 25-27). Tra voi non sarà così: in quest espressione raggiungiamo il cuore stesso del mistero della Chiesa tra voi non sarà così e riceviamo la luce necessaria per comprendere il servizio g e r a rc h i c o. *** In una Chiesa sinodale, il Sinodo dei Vescovi è solo la più evidente manifestazione di un dinamismo di comunione che ispira tutte le decisioni ecclesiali. Il primo livello di esercizio della sinodalità si realizza nelle Chiese particolari. Dopo aver richiamato la nobile istituzione del Sinodo diocesano, nel quale Presbiteri e Laici sono chiamati a collaborare con il Vescovo per il bene di tutta la comunità ecclesiale 22, il Codice di diritto canonico dedica ampio spazio a quelli che si è soliti chiamare gli «organismi di comunione» della Chiesa particolare: il Consiglio presbiterale, il Collegio dei Consultori, il Capitolo dei Canonici e il Consiglio pastorale 23. Soltanto nella misura in cui questi organismi rimangono connessi col «basso» e partono dalla gente, dai problemi di ogni giorno, può incominciare a prendere forma una Chiesa sinodale: tali strumenti, che qualche volta procedono con stanchezza, devono essere valorizzati come occasione di ascolto e condivisione. Il secondo livello è quello delle Province e delle Regioni Ecclesiastiche, dei Concili Particolari e in modo speciale delle Conferenze Episcopali 24. Dobbiamo riflettere per realizzare ancor più, attraverso questi organismi, le istanze intermedie della collegialità, magari integrando e aggiornando alcuni aspetti dell antico ordinamento ecclesiastico. L auspicio del Concilio che tali organismi possano contribuire ad accrescere lo spirito della collegialità episcopale non si è ancora pienamente realizzato. Siamo a metà cammino, a parte del cammino. In una Chiesa sinodale, come ho già affermato, «non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare «decentralizzazione»» 25. L ultimo livello è quello della Chiesa universale. Qui il Sinodo dei Vescovi, rappresentando l episcopato cattolico, diventa espressione della collegialità episcopale all interno di una Chiesa tutta sino dale 26. Due parole diverse: collegialità episcopale e Chiesa tutta sinodale. Esso manifesta la collegialitas affectiva, la quale può pure divenire in alcune circostanze «effettiva», che congiunge i Vescovi fra loro e con il Papa nella sollecitudine per il Popolo di D io 2 7. *** L impegno a edificare una Chiesa sinodale missione alla quale tutti siamo chiamati, ciascuno nel ruolo che il Signore gli affida è gravido di implicazioni ecumeniche. Per questa ragione, parlando a una delegazione del patriarcato di Costantinopoli, ho recentemente ribadito la convinzione che «l attento esame di come si articolano nella vita della Chiesa il principio della sinodalità ed il servizio di colui che presiede offrirà un contributo significativo al progresso delle relazioni tra le nostre Chiese» 28. Sono persuaso che, in una Chiesa sinodale, anche l esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore luce. Il Papa non sta, da solo, al di sopra della Chiesa; ma dentro di essa come Battezzato tra i Battezzati e dentro il Collegio episcopale come Vescovo tra i Vescovi, chiamato al contempo come Successore dell apostolo Pietro a guidare la Chiesa di Roma che presiede nell amore tutte le Chiese 29. Mentre ribadisco la necessità e l urgenza di pensare a «una conversione del papato» 30, volentieri ripeto le parole del mio predecessore il Papa Giovanni Paolo II: «Quale Vescovo di Roma so bene [...] che la comunione piena e visibile di tutte le comunità, nelle quali in virtù della fedeltà di Dio abita il suo Spirito, è il desiderio ardente di Cristo. Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particolare, soprattutto nel constatare l aspirazione ecumenica della maggior parte delle Comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova» 31. Il nostro sguardo si allarga anche all umanità. Una Chiesa sinodale è come vessillo innalzato tra le nazioni (cfr. Is 11, 12) in un mondo che pur invocando partecipazione, solidarietà e trasparenza nell amministrazione della cosa pubblica consegna spesso il destino di intere popolazioni nelle mani avide di ristretti gruppi di potere. Come Chiesa che «cammina insieme» agli uomini, partecipe dei travagli della storia, coltiviamo il sogno che la riscoperta della dignità inviolabile dei popoli e della funzione di servizio dell autorità potranno aiutare anche la società civile a edificarsi nella giustizia e nella fraternità, generando un mondo più bello e più degno dell uomo per le generazioni che verranno dopo di noi 32. Grazie. 1 Cfr. FR A N C E S C O, Lettera al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Em.mo Card. Lorenzo Baldisseri, in occasione dell elevazione alla dignità episcopale del Sotto-Segretario, Rev.mo Mons. Fabio Fabene, 1 aprile Cfr. BE AT O PAOLO VI, Discorso per l inizio dei lavori della I Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 30 settembre BE AT O PAOLO VI, Motu proprio Ap o - stolica sollicitudo, 15 settembre 1965, Pro emio. 4 SAN GI O VA N N I PAOLO II, Omelia nella conclusione della VI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 29 ottobre Cfr. Aa s 98 (2006), CONCILIO ECUMENICO VAT I C A N O II, Cost. dogm. Lumen gentium (21 novembre 1964), Ibid., FR A N C E S C O, Esort. ap. Evangelii gaudium, 24 novembre 2013, Ibid., Cfr. FR A N C E S C O, Discorso in occasione dell Incontro con i Vescovi responsabili del Consiglio Episcopale Latinoamericano (C.E.L.A.M) in occasione della Riunione generale di Coordinamento, Rio de Janeiro, 28 luglio 2013; ID., Discorso in occasione dell Incontro con il Clero, persone di vita consacrata, e membri di consigli pas t o ra l i, Assisi, 4 ottobre Cfr. CONC. ECUM. VA T. II, Cost. past. Gaudium et spes, 7 dicembre 1965, Ibid., CONC. ECUM. VA T. II, Cost. dogm. Lumen gentium, FR A N C E S C O, Discorso in occasione della Veglia di preghiera in preparazione al Sinodo sulla famiglia, 4 ottobre CONC. ECUM. VA T. I, cost. dogm. Pastor Aeternus, 18 luglio 1870, cap. I V: Denz Cfr. anche CODEX IURIS CANONICI, can. 749, FR A N C E S C O, Discorso per la Conclusione della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18 ottobre CONC. ECUM. VA T. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 23. Cfr. anche CONC. ECUM. VA T. I, Cost. dogm. Pastor Aeternus, Prologo: Denz Cfr. CONC. ECUM. VA T. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 22; Decr. Christus Dominus, 28 ottobre 1965, SAN GI O VA N N I CR I S O S T O M O, Explicatio in Ps. 149: PG 55, Cfr. CONC. ECUM. VA T. II, Cost. dogm. Lumen gentium, Cfr. FR A N C E S C O, Discorso per la Conclusione della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18 ottobre Cfr. CODEX IURIS CANONICI, cann Cfr. ibid., cann Cfr. ibid., cann FR A N C E S C O, Esort. ap. Evangelii gaudium, 16. Cfr. ibid., Cfr. CONC. ECUM. VA T. II, Decr. Christus Dominus, 5; CODEX IURIS CA- NONICI, cann Cfr. SAN GI O VA N N I PAOLO II, Esort. ap. postsinod. Pastores gregis, 16 ottobre 2003, FR A N C E S C O, Discorso alla Delegazione Ecumenica del Patriarcato di Costantinopoli, 27 giugno Cfr. SANT IGNAZIO DI ANTIO CHIA, Epistula ad Romanos, Proemio: PG 5, FR A N C E S C O, Esort. ap. Evangelii gaudium, SAN GI O VA N N I PAOLO II, Lett. enc. Ut unum sint, 25 maggio 1995, Cfr. FR A N C E S C O, Esort. ap. Evangelii gaudium, ; Lett. enc. Laudato si, 24 maggio 2015,

11 pagina 12 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 22 ottobre 2015, numero 43 Messe a Santa Marta Chi ha portato via la chiave Giovedì 15 ottobre «Una delle cose più difficili da capire, per tutti noi cristiani, è la gratuità della salvezza in Cristo». Perché da sempre ci sono «dottori della legge» che ingannano restringendo l amore di Dio in «piccoli orizzonti», quando è invece qualcosa di «immenso, senza limiti». È una questione che inizialmente ha impegnato Gesù stesso, l apostolo Paolo e tanti santi nella storia, fino ai nostri giorni. E tra questi c è stata anche Teresa d Avila. Nel giorno in cui la Chiesa ricorda la mistica carmelitana di cui ricorrono i 500 anni della nascita Papa Francesco ha evidenziato come questa donna abbia ricevuto dal Signore «la grazia di capire gli orizzonti dell a m o re». Celebrando giovedì mattina, 15 ottobre, la messa nella cappella di Casa Santa Marta, il Pontefice ha collegato le letture tratte dalla lettera di Paolo ai Romani (3, 21-30a) e dal Vangelo (Luca 11, 47-54) con la straordinaria esperienza vissuta da Teresa. Anche lei, ha spiegato, «è stata giudicata dai dottori dei suoi tempi. Non è andata in prigione, ma si è salvata per poco, e comunque è stata inviata in un altro convento e vigilata». Del resto, ha fatto notare, «questa è una lotta che perdura nella storia, tutta la storia». La storia appunto di cui parlano entrambi i brani delle letture. Riproponendole il Papa ha osservato come sia Paolo sia Gesù sembrino «un p o arrabbiati, diciamo infastiditi». Perciò si è chiesto da dove venisse questo malessere in Paolo. L ap ostolo, è stata la risposta, «difendeva la dottrina, era il grande difensore della dottrina, e il fastidio gli veniva da questa gente che non tollerava la dottrina». Quale dottrina? «La gratuità della salvezza. Dio ha detto Francesco in proposito ci ha salvato gratuitamente e ci ha salvato tutti». Mentre c erano gruppi che dicevano: «No, si salva soltanto quella persona, quell uomo, quella donna che fa questo, questo, questo, questo, questo... che fa queste opere, che compie questi comandamenti». Ma in tal modo «quello che era gratuito, dall amore di Dio, secondo questa gente contro la quale parla Paolo», finiva col divenire «una cosa che possiamo ottenere: Se io faccio questo, Dio ha l obbligo di darmi la salvezza. È quello che Paolo chiama la salvezza per mezzo delle opere». Perciò è così difficile da comprendere, la gratuità della salvezza in Cristo. «Noi siamo abituati ha proseguito il Papa a sentire che Gesù è il Figlio di Dio, che è venuto per amore, per salvarci e che è morto per noi. Ma lo abbiamo sentito così tante volte che ci siamo abituati». Quando infatti «entriamo in questo mistero di Dio, di questo amore di Dio, questo amore senza limiti, un amore immenso», ne restiamo talmente «meravigliati» che «forse preferiamo non capirlo: meglio la salvezza nello stile facciamo queste cose e saremo salvi». Certo, ha chiarito il Pontefice, «fare il bene, fare le cose che Gesù ci dice di fare, è buono e si deve fare»; eppure «l essenza della salvezza non deriva da ciò. Questa è la mia risposta alla salvezza che è gratuita, viene dall amore gratuito di Dio». Ed è per questo che lo stesso Gesù può sembrare «un po accanito contro i dottori della legge», ai quali «dice cose forti e molto dure: Vo i avete portato via la chiave della conoscenza, voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi glielo avete impedito, perché avete portato via la chiave, cioè la chiave della gratuità della salvezza, di quella conoscenza». Infatti, ha rimarcato il La seduzione del chiaroscuro C è un «virus» potente e pericoloso che ci insidia, ma c è anche un Padre «che ci ama tanto» e ci protegge. È la subdola seduzione dell ip o- crisia al centro dell omelia di Papa Francesco durante la messa celebrata a Santa Marta la mattina di venerdì 16 ottobre. Il riferimento è quello evangelico proposto dalla lettura del giorno (Luca, 12, 1-7): «Gesù era in mezzo a migliaia di persone» una moltitudine radunata attorno a lui a tal punto «che si calpestavano a vicenda» e, prima «di parlare alla gente, di insegnare» come era solito fare, si rivolge «ai discepoli che erano Venerdì 16 ottobre lì». In mezzo a tanta gente «parla loro di una cosa piccolissima: del lievito». L avvertimento del Signore «Guardatevi bene dal lievito dei farisei» somiglia, ha detto il P0ntefice, a quello di «un medico, che dice ai suoi collaboratori, ai suoi aiutanti: Guardate bene che tutta questa gente non venga contagiata dal virus». E il «lievito dei farisei», ha aggiunto Francesco, è «l ipocrisia». Quell ipocrisia di cui Gesù ha parlato loro sempre con estrema franchezza, dicendogli «in faccia»: «Ipocriti. Ipocriti: voi siete ip o criti!». Ma cos è, in sostanza, quel virus di cui Gesù parla «in mezzo a quella moltitudine»? Lo ha spiegato il Papa: «L ipocrisia è quel modo di vivere, di agire, di parlare che non è chiaro», che si presenta in maniera ambigua: «forse sorride, forse è serio... non è luce, non è tenebra». È un po come il serpente: «si muove in una maniera che sembra non minacciare nessuno» e ha «il fascino del chiaroscuro». L ip o crisia, cioè, ha il fascino «di non dire le cose chiaramente; il fascino della menzogna, delle apparenze». Lo stesso Gesù, nei vangeli, aggiunge alcune notazioni sul comportamento dei «farisei ipocriti» dicendo che sono «pieni di se stessi, di vanità» e che gli piace «passeggiare nelle piazze» per far vedere che sono imp ortanti. Gesù mette in guardia da costoro e, riprendendo la parola, dice a tutti: «Non spaventatevi, non abbiate Francesco Guadagnuolo, «Santa Teresa d Av i l a» C O N T I N UA A PA G I N A 13 Papa, questi dottori della legge pensavano che ci si potesse salvare soltanto «rispettando tutti i comandamenti», mentre «chi non faceva quello era un condannato». In pratica, ha detto Francesco con un immagine molto evocativa, «accorciavano gli orizzonti di Dio e facevano l amore di Dio piccolo, piccolo, piccolo, piccolo, alla misura di ognuno di noi». Dunque ecco spiegata «la lotta che sia Gesù sia Paolo fanno per difendere la dottrina». E a chi dovesse obiettare: «Ma padre, non ci sono i comandamenti?», Francesco ha risposto: «Sì, ci sono! Ma ce n è uno, che Gesù dice che è proprio come la sintesi di tutti i comandamenti: amare Dio e amare il prossimo». Proprio grazie a «questo atteggiamento di amore, noi siamo all altezza della gratuità della salvezza, perché l amore è gratuito». Un esempio? «Se io dico: Ah, io ti amo!, ma ho un interesse dietro, quello non è amore, quello è interesse. E per questo Gesù dice: L amore più grande è questo: amare Dio con tutta la vita, con tutto il cuore, con tutta la forza, e il prossimo come te stesso. Perché è l unico comandamento che è all altezza della gratuità della salvezza di Dio». Al punto che Gesù poi aggiunge: «In questo comandamento ci sono tutti gli altri, perché quello chiama fa tutto il bene tutti gli altri. Ma la fonte è l amore; l orizzonte è l amore. Se tu hai chiuso la porta e hai portato via la chiave dell amore, non sarai all altezza della gratuità della salvezza che hai ricevuto». È una storia che si ripete. «Quanti santi ha affermato Francesco sono stati perseguitati per difendere l amore, la gratuità della salvezza, la dottrina. Tanti santi. Pensiamo a Giovanna d Arco». Perché la «lotta per il controllo della salvezza soltanto si salvano questi, questi che fanno queste cose non è finita con Gesù e con Paolo». E non finisce neanche per noi. Infatti è una lotta che pure noi ci portiamo dentro. Ecco dunque il consiglio del Pontefice: «Ci farà bene oggi domandarci: io credo che il Signore mi ha salvato gratuitamente? Io credo che io non merito la salvezza? E se merito qualcosa è per mezzo di Gesù Cristo e di quello che lui ha fatto per me? È una bella domanda: io credo nella gratuità della salvezza? E infine, credo che l unica risposta sia l amore, il comandamento dell amore, del quale Gesù dice che lì sono riassunti gli insegnamenti di tutti i profeti e tutta la legge?». Da qui l invito conclusivo a rinnovare «oggi queste domande. Soltanto così saremo fedeli a questo amore tanto misericordioso: amore di padre e di madre, perché anche Dio dice che lui è come una madre con noi; amore, orizzonti grandi, senza limiti, senza limitazioni. E non ci lasciamo ingannare dai dottori che limitano questo amore».

12 numero 43, giovedì 22 ottobre 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 13 Quanto e come Lunedì 19 ottobre «La cupidigia è un idolatria» da combattere con la capacità di condividere, di donare e di donarsi agli altri. Il tema spinoso del rapporto dell uomo con la ricchezza è stato al centro della meditazione di Papa Francesco durante la messa celebrata a Santa Marta la mattina di lunedì 19 ottobre. Partendo dal brano evangelico di Luca (12, 13-21) che narra dell uomo ricco preoccupato di accumulare i proventi dei suoi raccolti, il Pontefice ha notato come «Gesù insista contro l attaccamento alle ricchezze» e «non contro le ricchezze in se stesse»: Dio, infatti, «è ricco» egli stesso «si presenta come ricco in misericordia, ricco in tanti doni» ma «quello che Gesù condanna è proprio l attaccamento alle ricchezze». Del resto, lo «dice chiaramente» quanto sia «molto difficile» che un ricco, cioè, un uomo attaccato alle ricchezze entri nel regno dei cieli. Un concetto, ha continuato il Papa, ribadito in maniera ancora più forte: «Voi non potete servire due padroni». In questo caso Gesù, ha sottolineato Francesco, non mette in contrapposizione Dio e il diavolo ma Dio e le ricchezze, perché «l opposto di servire Dio è servire le ricchezze, lavorare per le ricchezze, per averne di più, per essere sicuro». Cosa accade infatti in questo caso? Che le ricchezze «divengono una sicurezza» e la religione una sorta di «agenzia di assicurazioni: Io mi assicuro con Dio qui e mi assicuro con le ricchezze qui». Ma Gesù è chiaro: «Questo non è possibile». A tale riguardo il Pontefice ha fatto riferimento anche al brano evangelico «del giovane tanto buono che ha commosso Gesù», il giovane ricco che andò via «rattristato» perché non voleva lasciare tutto per darlo ai poveri. «L attaccamento alle ricchezze è un idolatria» ha commentato il Papa. Siamo infatti di fronte a «due dei: Dio, il vivo, il Dio vivente, e questo dio di oro, nel quale io metto la mia sicurezza. E questo non è possibile». Anche il passo evangelico proposto dalla liturgia «porta a questo: due fratelli che litigano sull eredità». Una circostanza di cui facciamo esperienza anche oggi: pensiamo, ha detto Francesco, a «quante famiglie conosciamo che hanno litigato, litigano, non si salutano, si odiano per un eredità». Succede che «più importante non è l amore della famiglia, l amore dei figli, dei fratelli, dei genitori, no: sono i soldi. E questo distrugge». Tutti, si è detto sicuro il Papa, «conosciamo almeno una famiglia divisa così». Ma la cupidigia è anche alla radice delle guerre: «sì, c è un ideale, ma dietro ci sono i soldi: i soldi dei trafficanti di armi, i soldi di quelli che approfittano della guerra». E Gesù è chiaro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia: è pericoloso». La cupidigia, infatti, «ci dà questa sicurezza che non è vera e ti porta sì a pregare tu puoi pregare, andare in Chiesa ma anche ad avere il cuore attaccato, e alla fine finisce male». Tornando all esempio evangelico, il Pontefice ha tracciato il profilo dell uomo di cui si narra: «Si vede che era bravo, era un imprenditore bravo. La sua campagna aveva dato un raccolto abbondante, sempre era pieno di ricchezze». Ma invece di pensare a condividerle con i suoi operai e le loro famiglie, ragionava su come accumularle. Ne cercava «sempre di più». Così «la sete dell attaccamento alle ricchezze non finisce mai. Se tu hai il cuore attaccato alla ricchezza quando ne hai tante ne vuoi di più. E questo è il dio della persona che è attaccata alle ricchezze». Perciò, ha spiegato Francesco, Gesù invita a fare attenzione e a tenersi lontano da ogni cupidigia. E, non a caso, quando «ci spiega la strada di salvezza, le beatitudini, la prima è la povertà di spirito, cioè non attaccatevi alle ricchezze : beati i poveri in spirito», quelli che «non sono attaccati» alle ricchezze. «Forse ne hanno ha osservato il Papa ma per il servizio degli altri, per condividere, per fare andare avanti tanta gente». Qualcuno, ha aggiunto, potrebbe chiedere: «Ma, padre, come si fa? Qual è il segno che io non sono in questo peccato di idolatria, di essere attaccato o attaccata alle ricchezze?». La risposta è semplice, e si trova anche nel Vangelo: «dai primi giorni della Chiesa» c è «un segno: fate l elemosina». Però non basta. Infatti se io do a quelli che hanno bisogno «è un buon segno», ma devo anche chiedermi: «Quanto do? Quello che mi avanza?». In tal caso «non è un buon segno». Devo, cioè, rendermi conto se donando mi privo di qualcosa «che forse è necessario per me». In quel caso il mio gesto «significa che è più grande l amore verso Dio che l attaccamento alle ricchezze». Quindi, ha sintetizzato Francesco, «prima domanda: D o?»; seconda: «Quanto do?»; terza: «Come do?», faccio cioè come Gesù donando «con la carezza dell amore o come chi paga una tassa?». Ed entrando ancora più nel dettaglio ha chiesto: «Quando tu aiuti una persona, la guardi negli occhi? Le tocchi la mano?». Non bisogna dimenticare, ha detto il Pontefice, che chi abbiamo di fronte «è la carne di Cristo, è tuo fratello, tua sorella. E tu in quel momento sei come il Padre che non lascia mancare il cibo agli uccellini del cielo». Perciò, ha concluso, «chiediamo al Signore la grazia di essere liberi da questa idolatria, l attaccamento alle ricchezze»; chiediamogli «la grazia di guardare lui, tanto ricco nel suo amore e tanto ricco nella sua generosità, nella sua misericordia»; e anche la grazia «di aiutare gli altri con l e s e rc i - zio dell elemosina, ma come lo fa lui». Qualcuno potrebbe dire: «Ma, padre, lui non si è privato di niente...». In realtà, è la risposta, «Gesù Cristo, essendo uguale a Dio, si privò di questo, si abbassò, si annientò». Venerdì 16 ottobre DA PA G I N A 12 paura: soltanto guardatevi dal lievito di questa gente, perché tutto quello che è nascosto verrà alla luce. Non c è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi, ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all orecchio, nelle stanze più interne, sarà annunciato dalle terrazze». Come per dire: nascondersi non aiuta, perché alla fine «tutto sarà chiaro». E diceva questo, ha spiegato il Papa, «perché il lievito dei farisei portava la gente ad amare più le tenebre che la luce». Lo stesso apostolo Giovanni lo sottolinea quando scrive: «Gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce». A questo punto, ha aggiunto Francesco proseguendo nella sua riflessione, Gesù «attira l attenzione sulla fiducia in Dio». Perché se è vero che «questo lievito è un virus che ammala» e fa morire e Gesù avvisa: «Guardatevi! Questo lievito ti porta alle tenebre. Guardatevi!» è anche vero che c è qualcuno «più grande», ed è «il Padre che è nel Cielo». Per spiegare questa presenza premurosa del Padre, Gesù dice: «Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure, nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati». Da qui «l esortazione finale: Non abbiate paura! Valete più di molti passeri!». Il Pontefice ha approfondito proprio tale aspetto. «Davanti a tutte William Blake, «Eva tentata dal serpente» (1800) queste paure» ha detto che vengono insinuate dal «virus», dal «lievito dell ipocrisia farisaica», dobbiamo essere confortati da quanto ci dice Gesù: «C è un Padre. C è un Padre che vi ama. C è un Padre che ha cura di voi». Di fronte alla «seduzione del chiaroscuro, alla seduzione del serpente», Gesù ci rassicura: «Tranquilli, il Padre vi ama, vi difende. Abbiate fiducia in Lui. Non abbiate paura di queste cose». Così, ha spiegato il Papa, Gesù, «partendo dal più piccolo in mezzo a tanta gente, arriva al più grande, al Padre che ha cura di tutto, anche dei più piccoli, perché non si ammalino, perché non si contagino di questa malattia». E, ha sottolineato Francesco: «Quando Gesù ci dice questo, ci invita a pregare», ci invita a pregare affinché non cadiamo «in questo atteggiamento farisaico che non è né luce né tenebre», che sta sempre a metà strada e «mai arriverà alla luce di Dio». Perciò, ha concluso, «Preghiamo tanto». Chiediamo al Signore: «custodisci la tua Chiesa, che siamo tutti noi: custodisci il tuo popolo, quello che si era radunato e si calpestavano tra loro, a vicenda. Custodisci il tuo popolo, perché ami la luce, la luce che viene dal Padre, che viene da Tuo Padre». Dobbiamo, ha aggiunto il Papa, chiedere a Dio di custodire il suo popolo «perché non divenga ipocrita, perché non cada nel tepore della vita», perché «abbia la gioia di sapere che c è un Padre che ci ama tanto».

13 pagina 14 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 22 ottobre 2015, numero 43 Il nome della suora Martedì 20 ottobre Non abbiamo «un Dio meschino» e neppure «un Dio fermo». Il nostro è «un Dio che esce» per «cercare ognuno di noi». E quando ci trova, «ci abbraccia, ci bacia», perché è «un Dio che fa festa» e in cielo si fa «più festa per un peccatore che si converte» che «per un centinaio che rimangono giusti». Su questo amore «senza misura» del Padre il Pontefice è tornato nell omelia della messa celebrata a Santa Marta martedì mattina, 20 ottobre. Come di consueto Francesco ha preso spunto dalle letture della liturgia, in particolare dal brano della lettera ai Romani (5, ) nel quale san Paolo ricorda che «come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti». Si tratta ha fatto notare il Papa di «un riassunto della storia della salvezza», nel quale l apostolo «ci dice come salva Dio, come ci ha salvati, come ci salva: come dà la salvezza che è l amicizia fra noi e lui». Il Pontefice ha collegato questo passo a quello della liturgia del giorno precedente, nel quale ha rammentato «abbiamo parlato dell elemosina, abbiamo detto che Dio dà senza misura: dà se stesso, il suo Figlio». Anche stavolta il discorso verte su «questa idea: come dà Dio, in questo caso l amicizia, la salvezza tutta nostra?». La risposta del Pontefice è che Dio «dà come dice che darà a noi quando facciamo un opera buona: ci darà una misura buona, pigiata, colma, traboccante». Una generosità che richiama alla mente il concetto di «abbondanza». E non a caso, ha osservato Francesco, «questa parola abb ondanza in questo brano viene ripetuta tre volte». Dunque «Dio dà nell abb ondanza». Tant è vero che Paolo, a mo di «riassunto finale» del suo discorso, afferma: «Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia». Ecco com è «l amore di Dio: senza misura. Tutto Pietro Morando, «Il figliol prodigo» (1926) Messa per i consacrati della Segreteria di Stato Concentrati sull essenziale I consacrati e quanti prestano servizio in Segreteria di Stato hanno partecipato giovedì 15 ottobre, festa di Santa Teresa d Avila, alla messa celebrata dal cardinale Parolin, segretario di Stato, nella Cappella paolina del Palazzo apostolico. All omelia il porporato ha proposto ai consacrati tre «semplici e impegnativi punti di spiritualità e di impegno: essere artefici di comunione, diventare sempre più testimoni di gioia, concentrarsi sull essenziale». Riguardo alla spiritualità di comunione, ha esortato: «Fatela crescere all interno delle vostre case, nella comunità ecclesiale e oltre i suoi confini, là dove il mondo è lacerato da odio e da follie omicide; e soprattutto in questo luogo, in Segreteria di Stato, dove il Signore vi ha chiamato a svolgere la vostra missione». Ricordando il noto elenco delle malattie curiali fatto da Papa Francesco, il cardinale ha sottolineato come nonostante tutto ci sia «tanta professionalità; tanta disponibilità a servire in maniera spesso umile e nascosta e tanto spirito di sacrificio». Così come c è un «clima di fraternità e di famiglia. Di tutto ciò ha detto re n d i a - mo grazie a Dio. Ma vi esorto anche a crescere in comunione» e come «te- se stesso». Egli infatti, ha ricordato il Papa, «inviò suo Figlio, si abbassò per farsi compagno di strada, per camminare con noi: lui stesso camminò con noi, dall inizio con il suo p op olo». Cosa significa allora «questa sovrabbondanza di darsi che è l a m o re di Dio»?. Significa che «Dio non è un Dio meschino: lui non conosce la meschinità, lui dà tutto». Significa ancora che «Dio non è un Dio fermo: egli guarda, aspetta che noi ci convertiamo». In sostanza, ha sotto- stimoni di gioia». Infine il porporato ha fatto memoria della mistica d Avila, «che ha saputo coniugare i tratti propri di Marta e Maria»: azione e contemplazione. In pratica i due atteggiamenti dei consacrati, che sono chiamati soprattutto oggi a evitare «uno dei rischi più diffusi e insidiosi, sul piano religioso ma anche su quello puramente umano», che «consiste nel tralasciare l importante per l urgente, l essenziale per il contingente». L avvenimento rientra tra le iniziative promosse dai consacrati della Segreteria di Stato in occasione dell anno che si è aperto il 30 novembre 2014, prima domenica di Avvento, e si concluderà il 2 febbraio 2016, festa della presentazione di Gesù al tempio che Papa Francesco ha voluto dedicare loro. Già il 20 aprile scorso i cinquantuno consacrati (trentuno donne e venti uomini) in servizio alla Terza loggia si erano incontrati per una giornata di preghiera e di fraternità, svoltasi al monastero agostiniano dei Santi Quattro Coronati in Roma e conclusasi con un agape fraterna al Pontifico collegio irlandese. lineato il Pontefice, «Dio è un Dio che esce: esce a cercare, a cercare ognuno di noi». Ogni giorno «lui ci cerca, ci sta cercando», come fa il pastore con la «pecora smarrita» o la donna con la «moneta perduta». Dio «cerca: sempre e così. Dio aspetta attivamente. Mai si stanca di aspettarci». Il suo atteggiamento è quello del «padre vecchio» che «ha visto venire, rientrare il figlio da lontano» e subito gli è andato incontro «ad abbracciarlo». Anche «Dio ci aspetta: sempre, con le porte aperte». Perché il suo cuore «non è chiuso: è sempre aperto». E «quando noi arriviamo come quel figlio, ci abbraccia, ci bacia: un Dio che fa festa». Gesù «lo dice esplicitamente parlando della giustificazione, cioè dei peccati perdonati: ci sarà più festa in cielo per un peccatore che si converte che per un centinaio che rimangono giusti». Questo «è l a m o re di Dio; Dio ci ama così, senza misura». Certo, ha riconosciuto Francesco, «non è facile, con i nostri criteri umani siamo piccoli, noi, limitati capire l amore di Dio. Possiamo capire in questi gesti del Signore questa sovrabbondanza, ma capire tutto non è facile». In proposito il Papa ha rievocato la figura di una religiosa conosciuta durante il suo ministero a Buenos Aires. Era «una suora anziana, molto anziana, che tutta la vita aveva lavorato in un reparto dell ospedale, e ancora lavorava lì» Aveva «più di 84 anni» ma lavorava «sempre con il sorriso. Aveva sicuramente l esperienza dell a m o re di Dio, perché parlava sempre dell amore di Dio e faceva sentire questo amore». Per questo «le avevano dato un soprannome»: la chiamavano «la suora amore-di-dio». Ed è «una grazia», ha commentato il Pontefice, «trovare questa gente, questi santi, a cui il Signore ha dato il dono di capire questo mistero, questa sovrabbondanza del suo amore». Resta il fatto che «noi sempre abbiamo l abitudine di misurare le situazioni, le cose con le misure che noi abbiamo: e le nostre misure sono piccole». Per questo ha raccomandato Francesco «ci farà bene chiedere allo Spirito Santo la grazia, pregare lo Spirito Santo, la grazia di avvicinarci almeno un po per capire questo amore e avere la voglia di essere abbracciati, baciati con quella misura senza limiti». San Paolo, in realtà, «aveva capito quanto brutto fosse il peccato, ma quanto grande fosse la sovrabbondanza dell a m o re di Dio. A tal punto che si sente piccolo e in un momento, mosso dallo Spirito Santo, chiama Dio papà». Abitualmente «parla del Padre, il Padre», ma «in un momento dice: papà». Dunque, ha ribadito il Papa, «grazie allo Spirito posso dirgli papà». Da qui l invito conclusivo: «Chiediamo la grazia di sentire questo amore, che è un amore di papà, un grande amore, senza limiti».

14 numero 43, giovedì 22 ottobre 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 15 D all ottava alla decima congregazione generale Tanta gente prega per il sinodo La nona congregazione generale di mercoledì pomeriggio, 14 ottobre, si era aperta con una piccola confidenza fatta dal Papa ai padri sinodali. Tanta gente prega per il Sinodo e accompagna il suo svolgimento e i padri sinodali, ha assicurato il Pontefice in apertura dei lavori, raccontando di aver raccolto tale confidenza durante i saluti all udienza generale del mattino. Dopo le sue parole, sotto la presidenza del cardinale Vingt-Trois, i 238 padri sinodali hanno continuato ad ascoltare gli interventi sulla terza parte dell Instrumentum laboris. Tra questi, quelli dello stesso arcivescovo di Parigi, di altri porporati: Coccopalmerio, Robles Ortega, Salazar Gómez, Alencherry, Marx e degli arcivescovi Aguiar Retes, Lyrio Rocha, Arreguy Yarza. Da più parti si è parlato delle esperienze pastorali già avviate nei confronti di tanti coniugi che necessitano di un accompagnamento particolare, come nel caso dei divorziati risposati civilmente. Significativa è l istituzione in alcune diocesi di una pastorale specifica rivolta loro. L obiettivo è di accompagnarli spiritualmente e guidarli alla piena comprensione della dottrina cattolica. Non fissando l attenzione solo sulla richiesta di concedere o meno la comunione eucaristica, ma condividendo un cammino e vivendo accanto a loro. Sull argomento della comunione ai divorziati è stato fatto notare come in alcune situazioni occorrano un discernimento e un approfondimento particolari. Come nel caso in cui una persona abbia la volontà sincera di cambiare la situazione illecita in cui si trova, ma sia nell impossibilità di rimuovere l ostacolo della convivenza, che impedisce di attuare il proposito. Quando si presentano queste situazioni, è necessario un attento esame da parte di un sacerdote autorizzato dal vescovo. È poi opportuno richiedere a questi fedeli una vita cristiana esemplare, in particolare nella partecipazione frequente alla liturgia e nell e s e rc i - zio delle opere di carità. Molti gli inviti a riflettere sul modo con cui la Chiesa può aiutare a sanare le ferite della famiglia contemporanea. A tale proposito, è stata evidenziata l urgenza di una conversione e di una nuova evangelizzazione che interessi non solo i più lontani, ma tutta la comunità cristiana. Per evitare il fallimento di tanti matrimoni, si è insistito sulla necessità di una migliore preparazione dei fidanzati. Per questo, molti padri sinodali hanno rimarcato l urgenza di un più efficace e incisivo tempo di preparazione al matrimonio. In particolare, è stato proposto di organizzare un corso online almeno che offra e presenti i principi basilari del sacramento, promuovendo anche un sistema di accompagnamento delle coppie. È stato anche sollecitato che i pastori siano sempre disponibili ad andare incontro agli sposi e cerchino con vera creatività pastorale di far sentire a queste persone che qualcuno li ascolta, li accompagna, li consiglia. Questo itinerario di discernimento dovrebbe essere offerto soprattutto ai divorziati risposati. Gli interventi dei delegati fraterni, delle uditrici e degli uditori Con sguardo di donna Con lo sguardo e la tenerezza delle donne, il sinodo ha abbracciato stamani tante storie delle famiglie, soprattutto attraverso le voci di ventitré donne uditrici, grandi esperte sul campo a cui, è stato affermato, ci si può sempre rivolgere per capire cosa fare, anche e soprattutto quando ci sono problemi di mezzo. È stata declinata al femminile la dodicesima congregazione generale che ha coperto l intera mattinata di venerdì 16 ottobre, portando in aula le storie reali delle famiglie. I lavori, alla presenza del Papa, sono stati diretti dal cardinale presidente delegato di turno, Raymundo Damasceno Assis. Sono stati 262 i padri che hanno preso parte a questa sessione, iniziata sotto il segno dell ecumenismo: a prendere, infatti, per primi la parola sono stati i dodici delegati fraterni. Tutti i cristiani è stato il filo conduttore degli interventi dovrebbero finalmente parlare con una lingua chiara e comune su e per la famiglia, perché proprio quest ultima potrebbe rivelarsi la strada privilegiata verso l unità. In questa prospettiva, un ruolo chiave è quello dei matrimoni misti che, è stato ribadito non solo da parte cattolica, non costituiscono mai un problema perché sono un opp ortunità di dialogo e conoscenza reciproca. Nell esporre il loro punto di vista particolare sulle questioni che riguardano più da vicino le famiglie, i delegati non hanno nascosto anzitutto l impegno comune verso la piena unità di tutti i cristiani. E alcuni lo hanno espresso in modo esplicito. Robert K. Welsh, rappresentante dei Discepoli di Cristo, a questo proposito ha raccontato la sua storia personale: sua moglie è cattolica come cattolici sono anche la figlia e i nipoti. Il più grande di loro, Trace, che ha quattordici anni, è oltretutto un chierichetto preparatissimo. Ma ha confidato Welsh è una grande sofferenza non poter condividere insieme l eucaristia. Di qui un vero e proprio appello per arrivare alla piena unità. Da parte ortodossa, poi, sono stati riproposti i capisaldi della verità sul matrimonio cristiano come sacramento. La Chiesa ha rilevato il rappresentante del patriarcato di Costantinopoli non intende imporre leggi come qualunque gruppo di pressione: si tratta invece di far sentire gli uomini non orfani ma amati da Dio anche in un contesto sociale nuovo e in continua mutazione. E questa continua evoluzione è stata segnalata anche da parte anglicana, con l auspicio che non si perda però mai di vista la gioia che viene proprio dall essere cristiani. Altrimenti si rischia di essere persino noiosi e quindi del tutto irrilevanti. È stata anche rimarcata l imp ortanza di trovare le parole giuste per farsi capire dalle famiglie, soprattutto dai giovani che vorrebbero sposarsi ma che spesso sono disorientati in un mondo ormai sempre più secolarizzato. I metodisti hanno posto l accento sull imp e- gno ad accogliere le coppie che non hanno figli con una particolare menzione per il coraggio di ricorrere all adozione. La centralità della Scrittura, poi, è stata al centro del contributo venuto dall Alleanza battista, insieme al suggerimento di far capire che, come recita un loro inno, Gesù è davvero un amico per tutti e soprattutto per chi è in difficoltà. Invece un forte incoraggiamento a proseguire sulla ben avviata strada del dialogo è stato proposto dai luterani. Da parte sua, il rappresentante siro-ortodosso ha puntualizzato che l Eucaristia non è un premio o una ricompensa né parte di una punizione. Per i copti, invece, pur suggerendo di avere sempre un atteggiamento di tenerezza e comprensione, è bene ribadire l insegnamento della Chiesa riguardo l omosessualità e il divorzio. Nell assicurare che tante persone, in ambito non cattolico, stanno seguendo con attenzione i lavori del sinodo, con lo studio e la preghiera, i delegati hanno portato al Papa e ai padri i saluti fraterni, tra gli altri, dei patriarchi ortodossi Bartolomeo, Ireneo e Daniele, di Tawadros e dell arcivescovo di Canterbury. Un primo anello di congiunzione tra i dodici interventi dei delegati fraterni e i ventisette delle Nel corso degli interventi liberi è stato anche suggerito di inserire nella relazione finale del sinodo un riferimento alle famiglie dei migranti. Al termine della congregazione generale sono stati ricordati i cento anni del cardinale Loris Capovilla. Il dibattito sulla terza parte dell I n s t ru m e n t u m laboris era stato portato avanti anche nella mattinata di mercoledì 14, durante l ottava congregazione generale. A conclusione delle relazioni dei circoli minori, infatti, avevano trovato spazio gli interventi di quindici padri sinodali tra i quali i cardinali Pell e Bassetti, gli arcivescovi Celli, Atanga, Tesfamariam, Bùi Văn Ðoc e Fisichella, e i vescovi Semeraro e Tarabay. L'invito a un accompagnamento costante, continuo delle famiglie, nel quale il discernimento diventi una vera e propria forma di diaconia è stato un tema ricorrente. In particolare, è stata più volte sottolineata l'urgenza di una seria pastorale dei giovani e degli adolescenti per formarli al matrimonio: «Non bastano è stato detto pochi giorni di corso prematrimoniale». Per tutti, i padri invitano a usare misericordia e comprensione, ma anche attenzione a non minimizzare o mutare la Parola di Dio: «Una buona madre ha detto uno degli intervenuti non offre qualsiasi cosa a suo figlio». Sono quindi stati toccati alcuni temi specifici, come quello dell adozione e dell affido: è una scelta di genitorialità più estesa che va valorizzata. E ancora: difesa della vita («Le famiglie devono diventare santuari dove la vita è protetta»), cura pastorale delle coppie conviventi e dei divorziati risposati, considerazione delle difficoltà delle famiglie costrette all'emigrazione, attenzione alla realtà di quanti hanno tendenze omosessuali pur nella chiarezza della contrarietà al matrimonio fra persone dello stesso sesso. La Chiesa, è stato detto, deve guardare alla realtà contemporanea consapevole delle tante difficoltà con le quai la famiglia si confronta, ed avere lo sguardo del buon samaritano, cioè: «vedere, accogliere, guarire e integrare». La decima congregazione generale si è svolta giovedì mattina, 15 ottobre. Sono intervenuti 43 dei 262 padri presenti all assemblea che, aperta e conclusa dalla preghiera guidata da Papa Francesco, è stata presieduta dal cardinale Tagle. A prendere la parola, tra gli altri, i cardinali Koch, Piacenza, Turkson, Bagnasco, Mafi, Kasper, Mamberti, Sturla Berhouet e Braz de Aviz, il patriarca Laham e i due parroci italiani. La Chiesa non deve mai aggiungersi alla lista delle istituzioni che stanno rendendo addirittura invisibili le famiglie che nel mondo soffrono per la negazione dei diritti più elementari come la mancanza del lavoro o di una casa, o per questioni gravissime come la fame, la violenza. Essa invece è chiamata a rispondere alle tante attese delle persone, testimoniando con misericordia la verità di Cristo sull uomo e sulla famiglia stessa. È questa una delle molteplici chiavi di lettura presentate nel corso della congregazione. Sull impegno a essere realmente accanto a ogni famiglia, per sostenerla, gli interventi sono stati C O N T I N UA A PA G I N A 16 C O N T I N UA A PA G I N A 17

15 pagina 16 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 22 ottobre 2015, numero 43 Verso la conclusione del sinodo DA PA G I N A 15 uditrici e degli uditori è stato sicuramente la questione dei profughi a causa delle gravi violenze in Medio oriente. Tanto che Thomas Schirrmacher, a nome dell Alleanza evangelica mondiale, ha anche proposto al Papa di costituire un organismo per collaborare fattivamente a garantire accoglienza e futuro alle tante famiglie cristiane costrette alla fuga dalle persecuzioni e ora alle prese con nuovi contesti sociali in cui non è agevole inserirsi senza perdere le proprie tradizioni. Una questione scottante, subito ripresa all inizio della serie degli interventi degli uditori. In aula sono state infatti rilanciate le testimonianze, sotto le bombe, di tante famiglie cristiane che continuano a vivere la loro fede, seppure in un contesto di persecuzione. Una questione, è stato denunciato, che vivono tante famiglie cristiane in Nigeria sotto la minaccia delle violenze di Boko Haram. Ma la denuncia di ogni tipo di abuso e violenza, soprattutto contro le donne, è tornata poi a più riprese nelle parole delle uditrici e degli uditori, le quali hanno riportato le voci delle famiglie che seguono o con cui condividono esperienze comunitarie e missionarie. Fino alla proposta di un appello chiaro contro il traffico di esseri umani che vede come prime vittime proprio le donne in- sieme ai bambini. L icona della locanda del buon samaritano, riproposta in uno degli interventi, ha rilanciato la questione centrale di un vero accompagnamento delle famiglie. Del resto, è stato rilevato, i sacerdoti sono seguiti in tutta loro missione mentre le coppie di sposi, in fin dei conti, seguono un corso prematrimoniale, spesso rapido, che si esaurisce in un paio di mesi. Proprio dall esperienza sul campo è venuto fuori anche un motivo di speranza riguardo al bene che le tante famiglie che cercano di vivere la fede cristiana, pur in mezzo alle difficoltà, possono portare nella società dominante. Sempre attraverso frammenti di vita concreta, ecco rilanciati il ruolo e la dignità degli anziani, di pa- ri passo con la spontaneità dei bambini che, con la loro schiettezza, contribuiscono a un modello autentico di vita familiare. La questione dei metodi naturali per la regolazione della fertilità è stata proposta insieme a un impegno ad andare controcorrente rispetto a una cultura anticristiana che si nutre anche di una crisi economica e sociale globalizzata. A sintetizzare questa realtà è risuonata in aula la definizione di Sampo Generation, tipica della Corea, che, è stato rilevato, significa niente più corteggiamento, matrimonio e figli a causa della pressione sociale e dei problemi economici. Tra le iniziative concrete per rilanciare la proposta cristiana, anche un team interdisciplinare che veda protagonisti i laici, soprattutto le donne. Di loro invece è stato affermato si parla ancora troppo poco. E non si riconosce abbastanza il loro ruolo concreto, siano esse madri, figlie, nonne e mogli. Sarebbe opportuno, infine, che le famiglie cristiane si unissero di più per testimoniare, coi fatti, i valori fondamentali, a cominciare dal rispetto reciproco, utilizzando magari proprio il momento del battesimo dei bambini come luogo privilegiato di catechesi e conversione. Tra gli intervenuti i coniugi iracheni Marqus Odeesho, la religiosa costaricana Berta María Porras Fallas, la docente argentina María Marcela Mazzini, e la coordinatrice del mensile dell Osservatore Romano donne chiesa mondo Lucetta Scaraffia. In precedenza la riflessione sui temi della misericordia, della formazione, della missionarietà della famiglia, ma anche dell ascolto e della realtà di certe situazioni che richiedono discernimento, aveva caratterizzato i lavori dell undicesima congregazione generale svoltasi nel pomeriggio di giovedì 15. Alla presenza di Papa Francesco, e sotto la presidenza del cardinale Tagle, il segretario generale, cardinale Baldisseri, ha reso noto che fino a quel momento erano intervenuti nelle varie sessioni, 247 padri sinodali e uno ha presentato il suo contributo per iscritto. Tra gli interventi del pomeriggio, quelli dei cardinali Tettamanzi, Filoni, Caffarra, Menichelli, Danneels, e degli arcivescovi Osoro Sierra e Zékiyan. Ai 249 padri sinodali presenti sono state illustrate varie esperienze pastorali e presentate alcune proposte per venire incontro alla crisi e ai bisogni delle famiglie. In particolare è stato sottolineato come nonostante le situazioni critiche in cui una famiglia si trova, la grazia sacramentale data nel matrimonio e che si estende di conseguenza alla famiglia stessa, non è mai offerta per poi essere ritirata in qualche circostanza. Al contrario, è l uomo che ignora o non fa uso di questo tesoro, come insegnava Giovanni Paolo II. Infatti, come è stato spiegato, è impensabile che Cristo divorzi dalla Chiesa e che quindi Dio rinneghi o abbandoni la sua famiglia. Nel matrimonio è stato fatto notare il sacramento non muore mai e la grazia non è mai annullata, anzi esso può rivivere se esiste un po di fede, perdono e verità tra i coniugi e con i figli. A questo proposito è stato spiegato come la vocazione matrimoniale e la vita di famiglia non siano ad tempus e abbiano bisogno ogni giorno di essere scelte, rinnovate e confermate, così come avviene per la vocazione sacerdotale e per quella alla vita consacrata. Riguardo poi ai molti Paesi in cui le Chiese sono giovani e l evangelizzazione è recente, l insegnamento sul matrimonio e la famiglia deve essere chiaro e comprensibile. A questo proposito è venuto un suggerimento: viste le diversità di tante situazioni culturali, sociali e religiose, sia data alle conferenze episcopali la possibilità di studiare e fare proposte che tengano in conto situazioni matrimoniali specifiche, che poi la Santa Sede valuterà. Proprio per andare incontro alle famiglie ferite e per evitare che nell amore sponsale prenda il sopravvento la divisione, è necessario che gli sposi facciano un atto di fedeltà al dono di Dio, ma bisogna anche che i pastori e la comunità diventino custodi con tenerezza della debolezza umana e offrano la medicina della grazia. La pastorale è stato sottolineato deve portare lo stupore della paziente e sanante misericordia senza tradire la verità. Occorre, perciò, accoglienza, comprensione, partecipazione solidale, integrazione generosa, che diventano valori necessari per formare discepoli che si trasformino in samaritani ubbidienti e lieti. Senza questi atteggiamenti è stato fatto notare si rischia di essere costruttori di un regno di separati: i giusti da una parte, i peccatori dall altra. È stato anche invitato a riflettere sul caso dei coniugi innocenti e abbandonati. La persona lasciata che ha avuto e ha vissuto senza dubbio la grazia della vocazione sponsale, è da considerarsi che con l abbandono sia indotta alla vocazione di piena castità? A questo proposito, un padre sinodale ha fatto riferimento a una prassi orientale risalente almeno al VI secolo, quella in cui in qualche caso particolare, la Chiesa orientale, pur ribadendo l indissolubilità del matrimonio, e con il discernimento del vescovo, tollerava un rito penitenziale per coloro che, fallito il matrimonio e non avendo più la possibilità di ricostruirlo, si risposavano. L invito è a riflettere sulla questione con una prospettiva più attenta all epikèia. Un altro padre sinodale ha parlato di casa della misericordia, intesa come il luogo dove Dio risiede in noi, dove il suo Spirito ci inabita. La parola ebraica rahumin, che corrisponde al termine latino m i s e r i c o rd i a, non contiene è stato spiegato la parola c u o re, ma sceglie un altro termine: seno, utero. Questo perché, come è stato precisato, il luogo della misericordia è uno spazio dove regna la tenerezza del cuore, un atmosfera che assomiglia al calore del seno materno. È stato fatto poi riferimento alle migliaia di persone che hanno inviato questioni e suggerimenti per il Sinodo. Tutto ciò è stato fatto notare veniva dal loro cuore, in quanto Dio li inabitava. Si è parlato anche delle vittime del silenzio, cioè dei ragazzi e delle ragazze oggetto di incesto da parte dei genitori o dei fratelli. Queste persone abusate nell infanzia dovrebbero trovare un attenzione particolare all interno del dibattito del Sinodo. È stato anche il pomeriggio in cui sono intervenuti tre coppie di uditori: i coniugi Villafania, collaboratori della Evangelium Foundation a Manila nelle Filippine, i coniugi Witczak, responsabili del Worldwide Marriage Encounter International Ecclesial Team degli Stati Uniti d America e i due sposi italiani Paloni e Calabrese, impegnati nella pastorale missionaria. Successivamente da lunedì 19 ottobre si sono riuniti i tredici circoli minori, riuniti per discutere sulla terza parte dell Instrumentum laboris, dedicata alla «missione della famiglia oggi». Quindi nel pomeriggio di martedì 20 infine sono riprese le congregazioni generali: i padri si sono ritrovati in aula per la lettura delle ultime relazioni dei gruppi linguistici e la consegna dell ultimo elenco dei modi. In aula erano presenti 256 padri sinodali; presidente di turno era il cardinale Wilfrid Fox Napier. Dopo la preghiera dell Ad s u m u s guidata da Papa Francesco, ha dapprima preso la parola il metropolita Ilarione il quale ha portato al Pontefice e all assemblea il saluto del patriarca Cirillo. Nel suo intervento il metropolita di Volokolamsk ha sottolineato come la società contemporanea sia caratterizzata da una preoccupante crisi dei valori tradizionali e come la stabilità delle famiglie cristiane sia minata anche dai numerosi conflitti che portano a migrazioni di massa e quindi a sfaldamento dei legami e alla possibilità accresciuta di matrimoni misti. Occorre quindi, ha detto, un lavoro comune nella Chiesa in difesa della famiglia e del suo essere fondamento solido della so cietà. Dopo il metropolita hanno quindi preso la parola i tredici relatori, nell ordine: l a rc i v e s c o v o Chaput, l arcivescovo Martin, il cardinale Lacunza Maestrojuán, il cardinale Piacenza, il vescovo Brambilla, l arcivescovo Porras Cardozo, l a rc i v e - scovo Coleridge, l arcivescovo Durocher, l a rc i v e - scovo Ulrich, l arcivescovo Kurtz, l a rc i v e s c o v o Koch, padre Dumortier, padre Arroba Conde. A chiusura della congregazione si è tenuta la prima votazione per l elezione del Consiglio di segreteria del sinodo. Erano presenti 261 padri. Una seconda votazione è prevista per giovedì 22 e porterà all elezione di dodici membri: tre per l Africa, tre per le Americhe, tre per l Europa e tre per l Asia e l Oceania. A questi si aggiungeranno tre membri di nomina pontificia e il segretario generale con il sottosegretario del sinodo che sono membri ex officio. Infine nella giornata di mercoledì, si è riunita la commissione per l elaborazione della relazione finale.

16 numero 43, giovedì 22 ottobre 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 17 Luci e ombre nell accessibilità dei risultati delle sperimentazioni farmaceutiche L insostenibile leggerezza dei database di CARLO PETRINI DA PA G I N A 15 espliciti. Soprattutto è stato rimarcato e rilanciato il primato della grazia e la necessità di un accompagnamento pastorale che non si esaurisca nel pur decisivo tempo della preparazione al matrimonio. E proprio una formazione accurata dei giovani che intendono sposarsi è stato uno dei temi più ricorrenti negli interventi in aula. Il dibattito sulla preparazione al sacramento del matrimonio ha suggerito anche la proposta di chiedere perdono per la trascuratezza e per l incapacità con cui, in tante occasioni, nelle parrocchie si trattano le questioni che riguardano le famiglie, in particolare quelle che hanno vissuto una dolorosa frattura. Per questo è stato affermato occorrono operatori pastorali davvero preparati ma soprattutto aperti e capaci di ascolt a re. Fondamentale è non lasciare mai sole le famiglie in difficoltà. Numerosi padri hanno indicato la strada verso una sempre maggiore integrazione e partecipazione nella vita della comunità ecclesiale, magari attraverso percorsi penitenziali di riconciliazione e di vera conversione.si tratta èstato anchedetto didire laverità nella carità senza fare compromessi per piacere al mondo moderno. Non può esserci infatti una duplice verità, una dottrinale e l altra pastorale. Come non c è contrapposizione fra verità e misericordia. Inoltre, prudenza e discernimento spirituale sono altre parole chiave per fare la verità nella carità. Negli Stati Uniti, in Europa e in altre parti del mondo si stanno adottando, ormai da alcuni anni, politiche per rendere pubblicamente accessibili i dati delle sperimentazioni cliniche. È questo un orientamento molto positivo. Esso si presta a molte considerazioni. Una in particolare merita attenzione: prendendo spunto da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista «PLoS One», si deve essere consapevoli che occorre cautela nell interpretare i dati pubblicamente disponibili. Si faccia un passo indietro: con una legge federale statunitense, nel 1997, si istituì il registro Clinicaltrials.gov e si stabilì che, dal momento dell entrata in funzione, vi dovessero essere inserite tutte le nuove sperimentazioni cliniche. Il registro fu inaugurato nel 2000 e segnò una tappa importante nella trasparenza, anche verso i cittadini, della sperimentazione clinica. Gli autori dello studio pubblicato in «PLoS One» hanno preso in considerazione le sperimentazioni condotte negli Stati Uniti nel periodo tra il 1972 e il 2012 con finanziamenti pubblici e riguardanti l effetto dei farmaci o degli integratori alimentari nel trattamento e nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Il risultato è sorprendente: il 57 per cento delle sperimentazioni pubblicate prima del 2000 mostrava significativi effetti benefici dei farmaci o degli integratori, mentre soltanto l otto per cento delle sperimentazioni pubblicate dopo il 2000 mostra effetti analoghi. Steven Novella, noto non solo per le sue ricerche in campo neurologico, ma anche per il suo impegno nell ambito dello scetticismo scientifico come membro del Committee for Skeptical Inquiry, definisce i risultati dello studio «incoraggianti», ma anche «un po inquietanti»: sorge spontaneo pensare che prima della registrazione fossero più facili e frequenti le manipolazioni dei risultati da parte dell industria, per evidenti interessi commerciali. È probabile che, purtroppo, ciò avvenga. Tuttavia, molto probabilmente la spiegazione non è (solo) questa: infatti, secondo i dati elaborati nello studio pubblicato in «PLoS One», la co-sponsorizzazione da parte dell industria non pare correlata in modo significativo al fatto che i risultati siano positivi. Inoltre, non vi sono sensibili differenze metodologi- I lavori sinodali Perciò è stato ribadito non si tratta di cambiare la dottrina cattolica; ma sicuramente si deve cambiare l atteggiamento verso quanti, per varie ragioni, sono ai margini della vita della Chiesa. E di fronte all a v a n z a re del secolarismo è stato suggerito non di adattarsi a quel sistema oppure di formare un club di perfetti che non si vuole contaminare, ma di sapere entrare in un dialogo aperto, mantenendo sempre la propria identità cristiana. Non sono poi mancati riferimenti alla responsabilità generativa e anche all importanza delle adozioni. Tra i richiami più insistenti, particolarmente sentito quello per un linguaggio che sia chiaro e comprensibile a tutti. Il nodo dei matrimoni misti, nei loro aspetti positivi o negativi, è stato affrontato da diversi punti di vista: nei contesti a maggioranza musulmana, con seri problemi riguardo la poligamia, o buddista. Al sinodo è stato anche proposto un approfondimento della teologia del matrimonio nei dialoghi ecumenici. Da ridisegnare, come è stato ancora rilevato, è la preparazione degli operatori per il servizio affidato ai tribunali, in particolare dopo la recente riforma dei processi che implica, oltretutto, maggiore responsabilità e discernimento insieme a competenza scientifica e umanità. Infine la tragedia di tante famiglie cristiane in Siria è risuonata in tutta la sua crudezza, con la domanda a cui trovare risposta: come aiutare le famiglie cristiane a restare in patria e a non cercare all estero un futuro mig l i o re? che tra studi condotti prima e dopo l entrata in vigore dell obbligo di registrazione. Infatti, le sperimentazioni, in genere, seguono metodologie scientificamente rigorose: il vaglio preventivo che i comitati etici devono dare alle nuove sperimentazioni che vengono proposte è utile per garantire non solo l eticità, ma anche la scientificità degli studi. Dunque, pressioni commerciali e miglioramenti metodologici hanno certamente influito, ma, da soli, non giustificano il cambiamento. Secondo Veronica Irvin della Oregon State University, coautrice dello studio, i risultati indicano, probabilmente, che l obbligo di registrazione abbia indotto a un maggior rigore nel riportare i risultati. In altre parole, l obbligo di registrazione costringerebbe gli scienziati a dichiarare, a priori, metodi e obiettivi e, a posteriori, tutti i risultati ottenuti: sarebbe, quindi, frenata la tentazione, tipica per lo scienziato, di p i l u c c a re tra i risultati soltanto quelli che meglio corrispondono a ciò che egli sperava di trovare. Tutto ciò induce non solo a riflettere sulla deontologia dei ricercatori, ma anche a trarre una lezione per i cittadini: occorre cautela nell interpretare i dati pubblicamente disponibili delle sperimentazioni. L obbligo di registrazione nel database pubblico è stato, giustamente, salutato come un ulteriore passo verso una maggiore trasparenza, ma vi sono insidie per gli osservatori poco attenti: per esempio, gli autori dello studio pubblicato in «PloS One» segnalano che limitandosi a leggere titolo e riassunto di una sperimentazione si può essere indotti a pensare che i risultati siano positivi, ma, approfondendo, spesso si constata che la rilevanza clinica è scarsa. Inoltre, i dati devono essere inseriti nel contesto. Rimanendo ancora al caso descritto in «PLoS one», le differenze tra i risultati delle sperimentazioni condotte prima e dopo l inizio del secolo possono avere anche un altra spiegazione: negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso le azioni di prevenzione cardiovascolare erano scarse, mentre da alcuni anni si attuano misure di prevenzione efficaci. L efficacia di tali misure è tale da rendere ormai difficili ulteriori miglioramenti mediante nuovi farmaci o integratori: ciò può essere una delle spiegazioni dei risultati ottenuti dopo il La disponibilità pubblica del database è, dunque, un valore, ma l utilizzo deve essere prudente. Alla domanda se il database governativo assolva il suo ruolo di trasparenza nella ricerca clinica, Robert Roth, direttore medico del Weinberg Group, risponde: «Una delle esigenze del pubblico del XXI secolo sembra essere l accesso a questo genere di dati, ma attenzione, la gran parte delle volte si tratta di dati non utili per il pubblico e potenzialmente fuorvianti».

17 pagina 18 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 22 ottobre 2015, numero 43 Per riflettere sulla Scrittura Wassily Kandinsky, «All Saints day II» (1911) Domenica 1 novembre, Tutti i Santi Fatti, non parole di LEONARD O SAPIENZA Scrive un famoso filosofo: «Torno sempre al Vangelo, la mia vera patria spirituale: niente di ciò che Cristo dice meraviglia o delude» (Henry Bergson). Dovrebbe essere impegno quotidiano del cristiano quello di tornare al vangelo; di uniformare la propria vita a esso. È quello che hanno fatto i santi, che oggi ricordiamo in un unica festa. Non hanno vissuto in maniera eccezionale; non hanno fatto cose straordinarie. Hanno soltanto preso sul serio il vangelo. Si sono sforzati di praticare, a volte con tanta difficoltà, le Beatitudini proposte da Cristo. E, così, ci fanno capire che l impresa eccezionale è essere normali. Il segreto di un cristiano è proprio vivere il vangelo. Gli uomini del nostro tempo sono stanchi di parole; chiedono «fatti, non parole». E, allora, noi cristiani rimettiamo al centro il vangelo. Meditiamo il vangelo. Viviamo il vangelo. Lasciamoci coinvolgere dal vangelo. Permettiamo che la nostra vita sia messa in discussione dal vangelo. Perché a ogni pagina del vangelo ci attende una s o r p re s a. Ap o c a l i s s e 7, : Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Salmo 23: Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore. 1 Giovanni 3, 1-3: Vedremo Dio così come egli è. Ma t t e o 5, 1-12: Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Solo così possiamo superare la tentazione dell abitudine e della stanchezza. Scriveva il cardinale Giovanni Battista Montini: «Io penso che la religione oggi decada più per il senso di abitudine, di stanchezza, di consuetudine con cui si vive, che per l'assalto dei suoi nemici». Davvero, noi cristiani offriamo spesso una caricatura del cristianesimo. E così facendo ci facciamo complici della decadenza religiosa della società. Dobbiamo domandarci: siamo entusiasti, come i santi, della nostra fede? Siamo autentici seguaci di Cristo? Il Signore ci chiama ad una forma di vita che tante volte ci può apparire paradossale; ci propone cose che sembrano impossibili. Ma lo fa perché non ci vuole mediocri. «Cristo vuole dei giganti al suo seguito! Il tempo in cui viviamo vuole degli eroi e dei santi» (cardinale Giovanni Battista Montini). Allora non ci sembri esagerato questo invito: facciamoci santi. Lo esige la dignità della vita cristiana. Lo esige Cristo. Lo insegnano i santi. Lo richiedono gli altri. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Mtwara (Tanzania), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Gabriel Mmole, in conformità al canone del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all ufficio di Ausiliare della Diocesi di Spiš (Slovacchia), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Andrej Imrich, Vescovo titolare di Castello Tituliano, in conformità ai canoni 411 e del Codice di Diritto Canonico. Provviste di Chiese Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Mtwara (Tanzania) Sua Eccellenza Monsignor Titus Joseph Mdoe, finora Vescovo titolare di Baanna e Ausiliare dell Arcidiocesi di Dar-es- Salaam. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Mocoa-Sibundoy (Colombia) il Reverendo Luis Albeiro Maldonado Monsalve, del clero dell Arcidiocesi di Medellín, finora Parroco della Parrocchia Nuestra Señora del Rosario a Bello e Vicario Episcopale della Zona Nord dell Arcidio cesi. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Penonomé (Panamá) il Padre Edgardo Cedeño Muñoz, S.V.D., finora Parroco della Parrocchia Virgen de la Medalla Milagrosa a Panamá. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Zomba (Malawi) il Padre George Desmond Ta m b a l a, O.C.D., Definitore Generale dei Carmelitani Scalzi. (15 ottobre 2015) Il Santo Padre ha nominato l Eminentissimo Cardinale Nicolás de Jesús López Rodríguez, Arcivescovo di Santo Domingo, Suo Inviato Speciale alla celebrazione del V centenario della città di Cumaná (Venezuela), ove cominciò l evangelizzazione del Sudamerica, in programma il 27 novembre Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Senigallia (Italia), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Giuseppe Orlandoni, in conformità al canone del Codice di Diritto Canonico. Provviste di Chiese Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Añatuya (Argentina) il Reverendo Monsignore José Melitón Chávez, del clero dell A rc i d i o - cesi di Tucumán. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Líbano-Honda (Colombia) il Reverendo José Luis Henao Cadavid, del clero della Diocesi di Jericó, finora Parroco della Parrocchia «Nuestra Señora de las Mercedes» in Andes. Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Senigallia (Italia) il Reverendo Monsignore Francesco Manenti, del clero della Diocesi di Crema, finora Vicario Generale della medesima Diocesi, Parroco e Insegnante di Teologia. (17 ottobre 2015) Nomina episcopale La nomina italiana di questa settimana riguarda la Chiesa nelle Marche. Francesco Manenti vescovo di Senigallia È nato a Sergnano, provincia di Cremona e diocesi di Crema, il 26 giugno 1951, ed è stato ordinato sacerdote il 28 giugno 1975, incardinandosi nella diocesi di Crema. Ha ricoperto, tra gli altri, gli incarichi di vicario parrocchiale presso la cattedrale di Crema, direttore dell ufficio catechistico diocesano, direttore spirituale presso il seminario vescovile di Crema, responsabile del centro diocesano di spiritualità e direttore diocesano dell ufficio famiglia. Insegna teologia dogmatica nei seminari riuniti di Lodi, di Crema, di Cremona e di Vigevano, e teologia al seminario del Pime a Monza e presso gli istituti superiori di scienze religiose di Crema, di Lodi e di Cremona. Dal 2006 è vicario generale. Dal 2011 è parroco della Santissima Trinità a Crema. Inoltre è membro della commissione per la formazione permanente del clero. Lutti nell episcopato Monsignor Alessandro Plotti, arcivescovo emerito di Pisa, è morto lunedì mattina, 19 ottobre, al policlinico Gemelli di Roma, dove era ricoverato da tempo. Aveva 83 anni. Era infatti nato a Bologna l 8 agosto Alunno dell Almo Collegio Capranica, era stato ordinato sacerdote il 25 luglio Nominato vescovo titolare di Vannida e ausiliare di Roma il 23 dicembre 1980, aveva ricevuto l ordinazione episcopale il 6 gennaio 1981 da Giovanni Paolo II. Promosso alla Chiesa metropolitana di Pisa il 7 giugno 1986, aveva fatto l ingresso in arcidiocesi il successivo 17 giugno. Dal 2000 al 2005 era stato vicepresidente della Conferenza episcopale italiana. Il 2 febbraio 2008 aveva rinunciato al governo pastorale dell arcidiocesi pisana. Ritiratosi a Roma, il 19 maggio 2012 era stato nominato amministratore apostolico «ad nutum Sanctae Sedis» della diocesi di Trapani, in seguito al sollevamento dell ordinario dalla cura pastorale della diocesi. Aveva mantenuto l incarico fino al 3 novembre 2013, quando era stato nominato il nuovo vescovo. Monsignor Ignazio Cannavò, arcivescovo emerito di Messina - Lipari - Santa Lucia del Mela, è morto lunedì, 19 ottobre. Il compianto presule era nato a Fiumefreddo di Sicilia, in diocesi di Acireale, il 12 dicembre 1921 ed era stato ordinato sacerdote il 5 novembre Eletto alla Chiesa titolare di Ottava e al contempo nominato vescovo ausiliare di Acireale il 31 ottobre 1970, aveva ricevuto l ordinazione episcopale il successivo 13 dicembre. Il 21 febbraio 1976 era stato nominato coadiutore con diritto di successione di Messina. Il 20 dicembre seguente era stato nominato prelato di Santa Lucia del Mela. Il 3 giugno 1977 era succeduto per coadiuzione all arcivescovo di Messina e il 10 dicembre seguente era stato nominato vescovo di Lipari. Il 30 settembre 1986, con l erezione dell arcidiocesi di Messina - Lipari - Santa Maria del Mela, ne era divenuto primo arcivescovo. Il 17 maggio 1997 aveva rinunciato al governo pastorale. Le esequie sono state celebrate martedì pomeriggio, 20 ottobre, nella cattedrale di A c i re a l e.

18 numero 43, giovedì 22 ottobre 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 19 A Vienna il convegno su Francesco e la rivoluzione della tenerezza Si è svolto dal 15 al 17 ottobre presso l università di Vienna il congresso internazionale sul tema «Papa Francesco e la rivoluzione della tenerezza dell amore». I lavori sono stati introdotti da un messaggio inviato dal cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo metropolita di Vienna (impegnato al sinodo), il quale ha sottolineato come «con l esortazione apostolica Evangelii gaudium Pa p a Francesco ha presentato il documento programmatico della riforma della Chiesa che si propone di realizzare». Questo documento ha aggiunto il porporato «ha sullo sfondo il concilio Vaticano II, con uno sguardo sul presente» ed è caratterizzato «da una visione teologica che permea anche l intero pontificato. Ciò è emerso dai primi passi verso la riforma della Curia e continua a valere dinanzi alle grandi sfide. In questo dà buoni risultati il valido atteggiamento gesuita di consultarsi a lungo e poi decidere con chiarezza». Pubblichiamo stralci dagli interventi di Carlos María Galli, decano della facoltà di teologia di Buenos Aires, e di Pierangelo Sequeri, preside della Facoltà teologica dell Italia settentrionale, riportati integralmente sul sito dell Osservatore Romano. di CARLOS MARÍA GALLI N ella Lumen gentium il concilio Vaticano II esprime una nuova coscienza ecclesiologica. L unità dinamica dei due primi capitoli, articolati con la struttura di un dittico, risponde alle macro-categorie Mistero e Popolo. Francesco ha manifestato la sua preferenza per questa categoria, come ha confermato nell Evangelii gaudium. Con Francesco avviene un duplice ritorno del Popolo di Dio che irrompe in modo nuovo sulla scena, come si osserva a Piazza San Pietro e nei viaggi apostolici. Tale legittimità dal basso, a partire dall affetto del popolo credente, si aggiunge alla legittimità dall alto data per opera dello Spirito nell elezione e nella guida del suo ministero. La Chiesa con volto latinoamericano vive un kairòs singolare. Lo Spirito Santo «soffia dove vuole» (Giovanni, 3, 8) e ha soffiato come «una forte raffica di vento» (Atti degli apostoli, 2, 2). Il nuovo Papa è stato eletto quando le periferie del mondo (orbi) sono apparse nel cuore della città (urbs). Francesco rappresenta l arrivo del global south nel cuore della Chiesa e anche del mondo, come abbiamo visto nella sua visita all O nu. La Chiesa cresce nel sud del mondo. Negli ultimi cento anni si è verificata un inversione nella composizione del cattolicesimo. Nel 1910 il 70 per cento dei battezzati cattolici viveva nel nord e il 30 nel sud. Nel 2010 il 32 per cento viveva nel nord (24 in Europa, 8 in Nord America) e il 68 nei continenti del sud: 39 in America Latina, 16 in Africa, 12 in Asia, 1 in Oceania. Dopo un primo millennio segnato dalle Chiese orientali e un secondo diretto dalla Chiesa occidentale si intravede un terzo millennio rivitalizzato dalle Chiese del sud in una cattolicità interculturale incentrata teologalmente nella Chiesa di Roma e con una dinamica policentrica. Il ritorno del Popolo di Dio comprende il ritorno di varie questioni ecclesiali conciliari: il sensus fidei di tutti i credenti; le iniziative delle Chiese locali; le strutture collegiali e sinodali; il dialogo ecumenico e interreligioso; la missione permanente in tutte le periferie; il posto dei poveri nella Chiesa; uno sguardo rinnovato sulla famiglia come Chiesa domestica; la chiamata ai teologi a essere figli del loro popolo, credenti e profeti, a pensare pregando e pregare pensando, insieme con un rapporto istituzionale più rispettoso verso di loro; la lotta contro il clericalismo e il centralismo; i legami fraterni dei ministri ordinati con tutti i fedeli uomini e donne perché «i laici sono, semplicemente, l immensa maggioranza del Popolo di Dio. Al loro servizio c è una minoranza: i ministri ordinati» (Evangelii gaudium, 102). La teologia argentina ha compreso il mondo del quale parla il Concilio attraverso le realtà del popolo e della sua cultura. Ha pensato al popolo Dal basso «Polittico della Misericordia», Piero della Francesca ( ) come un soggetto storico collettivo e come un luogo ermeneutico per leggere i segni dei tempi. Nella visita del Papa agli Stati Uniti e ad altri Paesi abbiamo visto che lui entra nel cuore della cultura popolare. La nostra teologia ha nutrito ciò che è popolare con un concetto teologico che proveniva dall ecclesiologia del Vaticano II. La Facoltà di Teologia di Buenos Aires, che compie cento anni, è stata pioniera nel commentare la Lumen gentium nel La corrente argentina non è stata conosciuta. Il grande pubblico europeo ha conosciuto solo le opere dei teologi latinoamericani più famosi. Un eccezione è stata il riconoscimento da parte dei grandi teologi tedeschi. Noi cogliamo dalla Lumen gentium il Popolo di Dio come colui che cammina con i popoli nella storia. Su questa strada la nostra teologia si è dedicata a pensare le relazioni tra il Popolo di Dio e le culture dei pop oli. Per Francesco «questo Popolo di Dio si incarna nei popoli della terra, ciascuno dei quali ha la propria cultura» (Evangelii gaudium, 115). La sezione «un popolo dai molti volti» ( ) sviluppa l immagine del volto in senso ecclesiologico per fondare l inculturazione interculturale della Chiesa. «Nei diversi popoli che sperimentano il dono di Dio secondo la propria cultura, la Chiesa esprime la sua autentica cattolicità e mostra la bellezza di questo volto pluriforme» (116). La storia mostra che il Cristianesimo, costituito secondo la logica dell incarnazione del Figlio di Dio, acquisisce diversi volti culturali. «Non farebbe giustizia alla logica dell incarnazione pensare in un Cristianesimo monoculturale e monocorde» (117). Ogni processo di inculturazione genera nuove espressioni di fede e di Chiesa secondo la tradizione di ogni popolo. La Chiesa cresce per «i diversi popoli nei quali si è inculturato il Vangelo» (122). Francesco è un nuovo inizio della riforma promossa dal Concilio. La ricezione del Vaticano II e la riforma della Chiesa sono entrate in una nuova fase. Al Papa interessa la continuità della riforma. Egli sostiene che il Concilio abbia operato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea e tale dinamica sia assolutamente irreversibile. Francesco invita alla riforma a partire dalla «freschezza originale del Vangelo» (11). Dice che «il concilio Vaticano II ha presentato la conversione ecclesiale come l ap ertura a una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù Cristo» (26). La riforma della Chiesa nasce dalla sua radice evangelica per essere più fedele a Cristo. Francesco unifica l interpretazione dell ecclesiologia conciliare accomunando Lumen gentium, Gaudium et spes e Ad gentes p erché non si possono separare il Popolo di Dio e la sua missione nel mondo. Dice: «Tutto il Popolo di Dio annuncia il Vangelo» (Evangelii gaudium, ). E riprende la formula «tutti siamo discepoli missionari» ( ), formulato nella Conferenza di Aparecida, dove ho collab orato con lui come perito teologico. La riforma è la conversione missionaria di tutto il Popolo di Dio e di tutti nel Popolo di Dio. Francesco vuole «la riforma della Chiesa in uscita missionaria» (17), una «pastorale in conversione» (25-33), una «conversione missionaria» (30). E sottolinea: «Spero che tutte le comunità cerchino di usare i mezzi necessari per avanzare nel cammino della conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno» (25). L azione missionaria è il paradigma di tutta la Chiesa. «Sogno una scelta missionaria capace di trasfor- C O N T I N UA A PA G I N A 20

19 pagina 20 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 22 ottobre 2015, numero 43 Il no di Mosè di PIERANGELO SEQUERI N el libro biblico dell Esodo si trova una pagina di impressionante bellezza, che non posso leggere senza provare ogni volta una forte emozione. L episo dio che racconta è connesso con il momento drammatico del ritorno dell idolatria nell esperienza del popolo dell alleanza in cammino verso la terra promessa. Dio stesso annuncia a Mosè il tradimento del popolo: mentre egli riceveva le tavole della legge che doveva sigillare l alleanza con Dio, il popolo convinceva Aronne a consentire la costruzione di un idolo da adorare. «Lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece, farò una grande nazione», dice Dio a Mosé (Esodo, 32, 10; cfr. D e u t e ro n o m i o, 9, 13-14). La risposta di Mosé è semplice, abile, grandiosa. «Perché dovranno dire gli Egiziani: con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra?» (Esodo, 32, 12a). E poi, il Dio che ha promesso ai Padri una lunga discendenza, verrà forse meno alla sua parola? In ogni caso, ribadisce Mosé, è vero che il popolo ha commesso un grave peccato: però, se non puoi perdonarli, «cancella anche me dal tuo libro». Il risultato come sappiamo sarà un lungo passaggio attraverso le prove della storia, che lo stesso Mosè dovrà condividere: ma il popolo non verrà distrutto. Rivoluzione della tenerezza DA PA G I N A 19 mare ogni cosa (...). La riforma delle strutture che esige la conversione pastorale si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie» (Evangelii gaudium, 27). Chiama a riformare le strutture ecclesiali «affinché diventino più missionarie» (27), includendo la conversione del Papato e del governo centrale della Chiesa (32). Questa dinamica dovrà impregnare la forma storica della Chiesa. Si può constatare quindi l importanza del progetto della Conferenza di Aparecida (2007) perché il Papa prende alcune delle sue linee e le rilancia in un modo strategico nel suo programma riformatore. Ma egli non intende esportare un modello latinoamericano ma vuole che ogni Chiesa assuma la missione in modo inculturato nel proprio tempo e nel proprio luogo. Con Francesco la dinamica della conversione missionaria della periferia latinoamericana dà il suo contributo alla riforma dell intera Chiesa. La grandezza del gesto di intercessione di Mosè sta nel rifiuto del privilegio che Dio gli accorda, al prezzo della separazione del suo destino da quello della sua gente. Ammonisce duramente il popolo per la sua infedeltà a Dio, però, nello stesso tempo espone se stesso, di fronte a Dio, per la vita del popolo. Penso che si riveli qui una dimensione dell i n t e rc e s s i o n e che deve sempre di nuovo istruire anche noi, figli della nuova alleanza. L intercessione non oscura il giudizio di Dio sul peccato. Nondimeno, invoca la misericordia divina sul peccatore senza separare la propria vita dalla sua: non è enorme anche religiosamente questa esposizione solidale allo sguardo di Dio? L intercessione non innalza la sua preghiera dal luogo di una purezza separata, ma piuttosto da quello di un affezione solidale. La preghiera di Mosè è il contrario di quella che ascoltiamo dal fariseo nella parabola di Gesù sul fariseo e il pubblicano. L identificazione di fronte a Dio con il destino del popolo, come qualità essenziale della dignità e della purezza del ministero ecclesiastico e dell intero ministero evangelico della Chiesa mi appare molto debole nella coscienza e nello stile cristiano. I pastori devono esprimere nel modo più semplice e diretto la loro richiesta a Dio di non voler essere separati dal destino del popolo: nella buona e nella cattiva sorte, in questa vita, e nell accesso al regno in cui si compie la promessa della salvezza. Devono proclamare apertamente di non voler essere salvati senza di loro. Non hanno accettato, dalla vocazione, soltanto la gioia del ministero della salvezza, ma anche i suoi rischi. Il rischio di dover affrontare momenti di regressione e di oscuramento della fede: senza arrendersi, ma anche senza esasperare il proprio risentimento fino ad abbandonare il popolo al suo destino. Il rischio di dove condividere lunghi periodi di smarrimento e di indifferenza nei confronti delle virtù elementari della convivenza: la passione per la giustizia, la custodia dei più deboli, la cura del bene comune. Il rischio proprio a motivo della compassione nei confronti del popolo di Dio, che rimane destinatario delle promesse di essere confusi con i peccatori, indicati come complici del peccato, sospettati di cedimento all incredulità e di tradimento della giustizia divina. Gesù, dopo essere stato rinchiuso nel fraintendimento della sua mediazione solidale, fu inchiodato alla pretesa evidenza della sua condizione di bestemmiatore della giustizia divina e di complice della trasgressione della legge sacra. La fede cristiana proclama che egli portò questo scandalo fino in fondo, per amore di tutti gli uomini, senza scendere dalla croce e senza separarsi da noi, peccatori, che non abbiamo altra speranza se non questa. E cioè, la speranza che il Figlio stesso decida liberamente di sopportare anche questa estrema conseguenza dell amore misericordioso di Dio: l esperienza di sentirsi giudicato, da coloro che si lasciano ispirare dalle potenze stesse del peccato, come un peccatore imperdonabile. Fino a patire in se stesso l esp e- rienza della lontananza di Dio. «Si è addossato i nostri dolori e noi l abbiamo giudicato castigato» (Isaia, 53, 1-12: 4). La legge è capace di mediazione, ma non di intercessione. L attitudine a congiungere direttamente la mediazione religiosa del sacro e l esp o- sizione di sé nell intercessione per l altro, è una questione di formazione e di stile cristiano inconsapevolmente ma gravemente oscurata. L interesse della sua riabilitazione, quale evidenza primaria dell annuncio evangelico, non interessa esclusivamente la trasparenza della testimonianza ecclesiale. Nell odierno orizzonte della cultura e della società secolare, questa attitudine deve rappresentare anche una provocazione importante per l èthos civile. La domanda radicale sul potere («cosa giustifica il potere di un uomo su altri?») è avvolta, nell epoca recente, da un generale atteggiamento di sospetto e di critica. Il potere è certamente una figura di relazione molto complessa, che abita nel modo più diretto la sua affinità con le radici del divino, del sacro, della religione. Le democrazie moderne hanno sviluppato un rapporto circolare fra il potere di rappresentanza e il potere di governo, nell intento di trovare il punto di mediazione necessario a garantire l autorità indispensabile al potere correggendone la deriva verso l autogiustificazione. La problematica attuale del sistema, a fronte dello sviluppo di una società degli individui per molti aspetti coerente con la cultura della persona e della libertà mostra i segni di un indebolimento della mediazione del potere nei confronti del legame sociale. La soluzione meramente procedurale giuridica di questa mediazione appare sotto molti aspetti inefficace e inadeguata. Nicolas Poussin, «Mosè rompe la roccia per far scaturire una fonte» (1649, particolare) L esempio di Mosè che abbiamo ricordato è anche l esempio di ciò che ultimamente giustifica la rappresentanza e l esercizio del potere. La mediazione senza intercessione, il richiamo alla legge senza condivisione del rischio, la riserva di una via d uscita privilegiata e parallela a quella dei fallimenti che toccano il popolo, appaiono sempre più come un modo di legittimazione del potere destinato a produrre corruzione e a suscitare scandalo. Vale certamente per la comunità religiosa, vale anche s e m p re più per la comunità civile. L intercessione come atteggiamento mentale e pratico dell accettazione di un destino comune comporta l umiltà di riconoscersi, in ogni caso, come soggetti a un istanza di giustizia e di giudizio che affonda le sue radici nel sacro, e da ogni lato ci supera. E impedisce alla mediazione di sostituirsi al fondamento, di farsi autoreferenziale, di perseguire l unico obiettivo di garantire se stessa. Una dimensione religiosa che ricupera fortemente questo tratto qualificante, che la rivelazione cristiana colloca nella mente e nel grembo stesso di Dio, introduce analoga umiltà e analogo spirito di dedizione nell èthos delle politiche della convivenza civile. Sotto questo profilo, la rivoluzione della tenerezza di Papa Francesco perde ogni ambigua connotazione retorica e sentimentale, per assumere il progetto di una vera e propria trasformazione del rapporto fra potere e rappresentanza nel senso più ampio possibile. Un uomo che dice: «Se non vuoi salvare questi, cancella anche me dal tuo libro della vita», non è semplicemente un uomo generoso, è un vero capo. «I grandi uomini e donne di Dio sono stati grandi intercessori» (Evangelii gaudium, 283). È presto per dire in che modo questa ispirazione potrà produrre la svolta che ci è necessaria, nella Chiesa e nell umana convivenza. Di certo, siamo già piuttosto in ritardo, quanto allo slancio costruttivo che le dovremo dedicare: in primo luogo a vantaggio delle generazioni in arrivo.

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