EMITTENTI TITOLI S.p.A. EMITTENTI TITOLI S.p.A. Analisi dello stato di attuazione del Codice di Autodisciplina delle società quotate (Anno 2010)

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1 EMITTENTI TITOLI S.p.A. EMITTENTI TITOLI S.p.A. 3/2011 Note e Studi Analisi dello stato di attuazione del Codice di Autodisciplina delle società quotate (Anno 2010) Marzo 2011

2 Analisi dello stato di attuazione del Codice di Autodisciplina delle società quotate (Anno 2010) Sommario: 1. Introduzione e principali conclusioni p. 6 PARTE PRIMA: L ANALISI DELLE RELAZIONI SUL GOVERNO SOCIETARIO 2. Informazioni generali p Adesione al Codice; struttura e forma della relazione p Informazioni sulla struttura del capitale e gli assetti proprietari p. 20 a) Restrizioni al trasferimento di titoli b) Esistenza di titoli con diritti speciali di controllo c) Restrizioni al diritto di voto d) Clausole di change of control e) Accordi che garantiscono indennità agli amministratori 3. L applicazione dei singoli punti del Codice 2006 p Ruolo del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale; sistemi di amministrazione e controllo dualistico e monistico p. 24 a) Cadenza delle riunioni b) Partecipazione alle riunioni c) Informazione sul sistema delle deleghe d) Informazione sull attività di board evaluation e) Cariche in altre società f) Cariche in altre società quotate g) Ruolo del Consiglio di Sorveglianza nel sistema dualistico 3.2. Composizione del CdA e amministratori indipendenti p. 32 a) Numerosità del CdA b) Composizione del CdA c) Indipendenza da Codice e da TUF d) Chairman-CEO e Lead Independent Director e) Presenza femminile 3.3. Valutazione dell indipendenza di amministratori e sindaci p. 42 a) Indipendenza dei consiglieri b) Indipendenza dei sindaci 3.4. Nomina degli amministratori e dei sindaci p. 50 a) Formulazione delle proposte di nomina degli amministratori e dei sindaci 2

3 b) Comitato per le nomine c) Voto di lista: quorum statutari 3.5. Comitato per le remunerazioni p. 55 a) Costituzione di un comitato per le remunerazioni b) Composizione e funzionamento del comitato per le remunerazioni 3.6. Remunerazione degli amministratori p. 58 a) Il livello della remunerazione b) Remunerazione e ruolo ricoperto c) La struttura della remunerazione d) La remunerazione degli indipendenti 3.7. Comitato per il controllo interno p. 70 a) Costituzione di un comitato per il controllo interno b) Composizione e funzionamento del comitato per il controllo interno 3.8. Altri aspetti del sistema dei controlli p. 75 a) La struttura del sistema dei controlli i. Linee guida e valutazione dell efficacia del sistema ii. Amministratore incaricato di supervisionare il sistema e preposto al controllo interno iii. Funzione di internal audit b) Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili (art. 154-bis TUF) c) L applicazione del d.lgs.231/2001 i. Informazione sull applicazione del modello organizzativo e sull OdV ii. Composizione dell OdV iii. Cadenza delle riunioni PARTE SECONDA: L INDAGINE SUL VOTO DI LISTA 4. Il voto di lista p L indagine sui verbali assembleari p. 82 a) Presentazione di una pluralità di liste b) Liste di maggioranza e liste di minoranza c) L esito del voto d) Chi ha presentato le liste 4.2. L indagine sulle Relazioni p.103 a) Caratteristiche di amministratori e sindaci di minoranza i. Numero di altri incarichi ii. Soggetti con tenure lunga (oltre 9 anni) iii. Partecipazione alle riunioni b) Ruolo degli amministratori e dei sindaci di minoranza c) Presenza degli amministratori di minoranza nei comitati 3

4 Appendice 1 Composizione del campione Appendice 2 Tabelle elaborate sulle Relazioni Tabella 1 Informazioni generali Tabella 2 Informazioni sulla struttura del capitale e gli assetti proprietari Tabella 3 Informazioni su CdA, comitato esecutivo e collegio sindacale Tabella 4 Frequenze di partecipazione e altri incarichi degli amministratori Tabella 5 Presenze negli organi (dati su singoli amministratori e sindaci) Tabella 6 Frequenze di partecipazione e altri incarichi dei sindaci Tabella 7 Attività di board evaluation Tabella 8 Distribuzione del numero di altri incarichi (dati su singoli amministratori e sindaci) Tabella 9 Persone fisiche con cariche in più società quotate Tabella 10 Ruolo del consiglio di sorveglianza (solo dualistiche) Tabella 11 Composizione del CdA Tabella 12 Composizione del consiglio di sorveglianza (solo dualistiche) Tabella 13 Presidente e CEO Tabella 14 Presenza femminile negli organi societari Tabella 15 Amministratori indipendenti in situazioni particolari Tabella 16 Sindaci in situazioni particolari Tabella 17 Nomina degli amministratori Tabella 18 Nomina dei sindaci Tabella 19 Comitato nomine (istituzione e composizione) Tabella 20 Comitato nomine (compiti e funzionamento) Tabella 21 Comitato per le remunerazioni (istituzione e composizione) Tabella 22 Comitato per le remunerazioni (compiti e funzionamento) Tabella 23 Presenze nei comitati interni al CdA (dati su singoli amministratori) Tabella 24 Remunerazione degli amministratori Tabella 25 Ripartizione remunerazioni secondo la carica Tabella 26 Ripartizione remunerazioni per carica, in base al settore di appartenenza Tabella 27 Remunerazione degli amministratori indipendenti Tabella 28 Remunerazione degli amministratori indipendenti, in base all appartenenza ai comitati Tabella 29 Remunerazione degli amministratori indipendenti, in base al comitato d appartenenza, all indice e al settore 4

5 Tabella 30 Tabella 31 Tabella 32 Tabella 33 Tabella 34 Tabella 35 Remunerazione degli amministratori indipendenti per riunione, in base ai comitati di appartenenza Remunerazione degli amministratori indipendenti: confronto tra indipendenti non a rischio e indipendenti a rischio Comitato per il controllo interno (istituzione e composizione) Comitato per il controllo interno (compiti e funzionamento) Sistema di controllo interno Organismo di vigilanza Appendice 3 Tabelle sul voto di lista basate sui verbali assembleari Tabella 36 Società dove sono state presentate più liste Tabella 37 Liste presentate nelle società quotate Tabella 38 Esistenza di soci di minoranza che detengono una quota azionaria superiore al quorum Tabella 39 Elezione degli amministratori Tabella 40 Elezione dei sindaci Tabella 41 Dati sulle liste per l elezione degli amministratori Tabella 42 Dati sulle liste per l elezione dei sindaci Tabella 43 Dati sulle liste di minoranza per l elezione degli amministratori Tabella 44 Dati sulle liste di minoranza per l elezione dei sindaci Tabella 45 Esito dell elezione degli amministratori Tabella 46 Esito dell elezione dei sindaci Appendice 4 Tabelle sul voto di lista basate sulle Relazioni Tabella 47 Dati sugli amministratori di minoranza Tabella 48 Dati sui sindaci di minoranza Tabella 49 Qualifica degli amministratori (nelle società con amministratori di minoranza ) Tabella 50 Qualifica dei sindaci (nelle società con sindaci di minoranza ) Tabella 51 Società con amministratori di minoranza e composizione dei comitati Tabella 52 Amministratori di maggioranza e di minoranza nei comitati delle società con amministratori di minoranza Tabella 53 Amministratori di minoranza nei comitati 5

6 1. Introduzione e principali conclusioni Fin dal primo anno di applicazione del Codice di autodisciplina 1, Assonime ha analizzato le relazioni con cui i consigli di amministrazione delle società quotate forniscono informazioni sul proprio sistema di corporate governance (di seguito Relazioni ). In questo documento si esaminano le Relazioni diffuse, fino a luglio 2010, dagli emittenti azioni quotate presso Borsa Italiana. Le Relazioni fanno riferimento all applicazione del Codice (edizione ) nel corso dell anno L indagine 2010 copre tutte le 272 società italiane quotate al 31 marzo 2010, le cui Relazioni erano disponibili al 31 luglio 2010: la copertura è, per la prima volta, integrale (nell indagine 2009 in Note e Studi n. 2/2010, di Assonime 3 si erano esaminate le relazioni di 279 emittenti su un totale di 282 società quotate). Tale risultato è legato all entrata in vigore del nuovo art.123-bis del TUF, che ha imposto agli emittenti valori mobiliari quotati la diffusione (in una specifica sezione della Relazione sulla gestione o in una relazione distinta, approvata dal CdA e pubblicata congiuntamente ad essa) di una Relazione sul governo societario e gli assetti proprietari 4. I risultati si riferiscono alla totalità delle Relazioni, salvo dove specificamente evidenziato (ad esempio, nel caso di risultati riferiti alle società incluse in un particolare indice 5 ). Laddove significativi, sono evidenziati ulteriori dettagli o confronti con Analisi realizzata con il contributo di Massimo Belcredi (ordinario di Finanza Aziendale, Università Cattolica del S. Cuore) e Stefano Bozzi (associato di Finanza Aziendale, Università Cattolica del S. Cuore). Valentina Lanfranchi e Silvia Saino hanno fornito un prezioso aiuto nella costruzione del database. 1 Comitato per la Corporate Governance delle società quotate (ed. 1999), Rapporto - Codice di autodisciplina. 2 Comitato per la Corporate Governance (ed. 2006), Codice di autodisciplina (di seguito nuovo Codice ); cfr. Circolare Assonime n.5/2007. A marzo 2010 il comitato ha approvato un nuovo testo dell art.7, in materia di remunerazione degli amministratori e dei dirigenti con responsabilità strategiche, invitando gli emittenti ad applicarlo entro la fine dell esercizio che inizia nel 2011, e ad informarne il mercato con la relazione sul governo societario da pubblicarsi nel corso del La presente indagine fa pertanto riferimento all applicazione del Codice (edizione 2006) nel testo vigente a fine Le precedenti indagini sono disponibili in nella sezione Corporate Governance. 4 Le disposizioni del nuovo testo dell art.123-bis, introdotto dall art. 5 del d.lgs. n. 173 del , si applicano alle relazioni relative agli esercizi aventi inizio in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto ( ). Le relazioni pubblicate nel 2010 (relative all esercizio 2009) sono pertanto le prime per cui è richiesta la compliance con il nuovo testo. Sono escluse dall indagine solo le (44) società di diritto estero (quasi tutte corrispondenti a casi di double listing) e le 8 società quotate sul mercato AIM Italia, non soggette all obbligo regolamentare di fornire informazione sull applicazione del Codice; ulteriori dettagli sulla composizione del campione sono riportati in Appendice 1. 5 La composizione degli indici è quella corrente al 31 marzo Nell indagine di quest anno è stato necessario adottare la nuova classificazione di Borsa Italiana basata sugli indici FTSE. I dati relativi al 2009 (riferiti all indagine dell anno passato) sono stati riclassificati secondo la composizione degli indici al 21 dicembre La conseguente, inevitabile discontinuità nel sistema degli indici genera limiti di comparabilità con i dati antecedenti al Si è, pertanto, scelto di riportare tali dati solo nel caso degli 6

7 l indagine dell anno precedente. I commenti nel testo si riferiscono, salvo dove altrimenti specificato, alla classificazione seguente: FTSE Mib, Mid cap, Small cap, Micro cap e Altre 6 (classe residuale, composta dalle società non incluse in alcun indice FTSE); quando significativi, sono riportati anche i risultati relativi al segmento Star. Si è fatto altresì uso di una classificazione settoriale fondata su quella di Borsa Italiana (in particolare, distinguendo tra società finanziarie in senso stretto ossia banche e assicurazioni e non finanziarie). Un quadro d'insieme è offerto dalle tabelle riportate in Appendice 2. Le Relazioni riportano informazioni interessanti anche su altri temi come, ad esempio, l applicazione di norme dettate dalla riforma del diritto societario 7, dalla legge 262/2005 (c.d. legge sulla Tutela del Risparmio) e dai relativi Regolamenti attuativi. L indagine non si limita, tuttavia, ad analizzare le informazioni contenute nelle Relazioni sul governo societario pubblicate dagli emittenti. Come già negli anni passati, essa contiene una parte monografica, dedicata all approfondimento di tematiche rilevanti, che richiedono consistenti integrazioni in termini di dati. L approfondimento di quest anno è dedicato al voto di lista per l elezione degli organi sociali. La decisione di concentrarsi su tale ambito nasce dal perdurare del dibattito sull applicazione concreta di tale istituto, sostanzialmente privo di precedenti esteri e dalla disponibilità, dopo un triennio, di sufficienti dati quanto alla sua concreta applicazione. Si sono pertanto effettuati approfondimenti sotto vari profili: a) anzitutto, si sono analizzati i verbali assembleari al fine di individuare eventuali relazioni tra caratteristiche della società (ad es. dimensione, settore, assetto proprietario) ed effettiva presentazione di liste di minoranza per l elezione degli organi sociali; si sono poi analizzati tipologia dei soci presentatori, numero e caratteristiche delle liste presentate ed esito del voto; tali analisi sono state condotte sia a livello di società, sia a livello di singola lista; indici S&P (in sostanziale continuità, quanto a composizione, con il FTSE Mib) e Midex (accostato al FTSE Mid cap, pur con evidenti limiti la numerosità aumenta da 43 società Midex nel 2008 a 60 FTSE Mid cap nel 2009) e per il segmento Star. 6 Peraltro, le ultime due classi (Micro cap e Altre) paiono avere un interesse limitato, anzitutto a causa della loro numerosità, molto bassa e in ulteriore calo (le Micro cap sono 22 nel 2009 e 12 nel 2010, le Altre società sono 21 nel 2009 e 13 nel 2010). Le Altre società, inoltre, devono spesso la mancata inclusione negli indici FTSE a situazioni molto particolari (ad es. a gravi difficoltà finanziaria e/o alla scarsità del flottante). Pertanto il commento si concentra sulle categorie FTSE Mib, Mid cap e Small cap. 7 D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 e relativi decreti correttivi (d.lgs. 6 febbraio 2004, n.37 e d.lgs. 28 dicembre 2004, n. 310). 7

8 b) parallelamente, sulla base delle informazioni contenute nelle Relazioni, si è svolta un indagine mirata su consiglieri e sindaci di minoranza, al fine di individuare talune loro caratteristiche personali e il ruolo da essi ricoperto all interno degli organi sociali. Anche in tal caso, le analisi sono state condotte tenendo presente le caratteristiche dell emittente (dimensione, settore e assetto proprietario) e quando disponibile l identità dei soci che hanno presentato le liste da cui sono tratti i rappresentanti delle minoranze. L indagine mostra risultati simili a quelli, positivi, dell anno passato; quantità e qualità delle informazioni fornite dalle società sono, generalmente, buone; in molti casi, l adesione alle raccomandazioni del Codice sfiora il 100%; l informazione fornita dagli emittenti consente al mercato di esprimere le proprie valutazioni su sufficienti elementi. A livello generale, è evidente lo sforzo compiuto dagli emittenti sia nel fornire informazioni sul proprio modello di governance, sia nell adeguarlo alle mutate disposizioni del Codice. Le Relazioni sono oggi più complete, più facilmente leggibili e più trasparenti, sia in caso di adesione alle raccomandazioni del Codice, sia nelle ipotesi di eventuale mancata adesione. Un contributo rilevante è venuto dalla pubblicazione della seconda edizione del Format per la relazione sul governo societario predisposto da Borsa Italiana, che include nell Appendice redatta con il supporto di Assonime tabelle riassuntive circa la composizione e il funzionamento degli organi societari 8. È bene ricordare che il ricorso al Format non è obbligatorio né esplicitamente raccomandato da Borsa Italiana. Tale strumento è stato utile soprattutto alle società minori che, grazie ad esso, hanno prodotto relazioni più complete; altre società hanno preferito fornire informazioni dettagliate, ma in forma libera. La quasi totalità degli emittenti ha scelto di aderire formalmente al Codice: si tratta di 258 società (pari al 95% del totale). È inoltre individuabile un numero significativo di società che dichiarano la loro intenzione di disapplicare uno o più principi o criteri applicativi del nuovo Codice, fornendo esplicita motivazione delle scelte effettuate. Lungi dal costituire un arretramento, tali fatti sono indizi di una maggiore maturità nella valutazione da parte degli emittenti delle raccomandazioni del Codice di autodisciplina. Da un lato, infatti, la decisione di seguire o non seguire tali raccomandazioni dovrebbe basarsi su un calcolo costi-benefici riferito al caso concreto; dall altro, le raccomandazioni rappresentano un livello di ottimo (una best practice, appunto) e non di minimo (come accadrebbe se fossero uno standard di legge); è 8 Tali tabelle sono, a loro volta, redatte sulla falsariga della Guida alla compilazione della Relazione sulla Corporate Governance precedentemente pubblicata da Assonime ed Emittenti Titoli. 8

9 quindi del tutto fisiologico che esse non trovino piena applicazione presso tutte le società quotate; ciò è vero soprattutto per taluni criteri la cui applicazione meccanica sarebbe, in realtà, in contrasto con lo spirito del Codice. Una serie di informazioni di base, quali la composizione di organi e comitati, la frequenza delle riunioni e la partecipazione delle singole persone sono oggi disponibili sempre o quasi sempre. Ciò è, in parte, ricollegabile all entrata in vigore del nuovo testo dell art.123-bis TUF, che ha imposto a tutti gli emittenti la pubblicazione di una Relazione sul governo societario e gli assetti proprietari. Riguardo ai punti coperti dal Codice di autodisciplina, tuttavia, l aumento dell informazione è relativo soprattutto alle società che, non aderendo al Codice, non erano in precedenza tenute a fornire spiegazioni dettagliate (su base comply or explain) sulle loro scelte di governance. Informazioni sugli assetti proprietari sono da tempo pubblicamente disponibili. Le Relazioni contengono oggi informazioni aggiuntive su vari punti, sovente raccolte in una specifica sezione. Restrizioni al trasferimento di titoli o al diritto di voto (e titoli con diritti speciali di controllo) sono poco frequenti e riscontrabili quasi solo tra le società maggiori (in particolare tra le privatizzate ). È invece frequente la comunicazione (nel 40% dei casi, che sale al 76% tra le società maggiori) di clausole di change of control, di solito incluse in contratti di finanziamento e/o in accordi commerciali. I dati in materia vanno, peraltro, letti con cautela: la sussistenza di dubbi circa i concreti confini delle macro-tipologie citate dalla norma pare avere indotto le società, in sede di prima applicazione, a classificare le situazioni, assai variegate, riscontrabili nella pratica, in modo non del tutto uniforme. La cadenza delle riunioni consiliari è in lieve aumento (10,3 riunioni/anno, in media), dovuto essenzialmente alle società minori. Le società maggiori mostrano una frequenza di riunioni lievemente inferiore a quella comunque elevata del Oltre metà del listino comunica di avere effettuato attività di board evaluation. L autovalutazione è stata svolta con maggior frequenza dalle società maggiori (tra esse l 89% delle società del FTSE Mib e il 78% delle Mid cap). Il ricorso a consulenti si conferma poco frequente (15 casi, quasi tutte società a partecipazione statale o riconducibili a due gruppi privati) e sostanzialmente limitato ad alcune realtà di grandi dimensioni. Il dato è in aumento rispetto all anno passato: è possibile e anzi normale, tuttavia, che l eventuale ricorso a (costosi) servizi di consulenza abbia luogo con periodicità pluriennale. L informativa sulle deleghe è disponibile quasi sempre ed è sovente di buona qualità, con una descrizione dettagliata delle competenze delegate e di quelle riservate al Consiglio. L istituzione della figura del Lead Independent Director è riscontrabile in 100 9

10 società, pari al 37% del totale. L istituzione è frequente soprattutto dove il presidente coincide con l azionista che controlla la società, sia egli o meno qualificabile come CEO. La costituzione di un comitato esecutivo è poco frequente (44 casi); esso permane più diffuso nel settore finanziario, dove è costituito dal 55% delle società (contro l 11% delle società non finanziarie). Il numero medio annuo di riunioni è 10,7. Peraltro, tale dato mostra una notevole variabilità (da un minimo di 0 a un massimo di 93 riunioni/anno). Sotto tale denominazione convivono quindi comitati esecutivi con caratteristiche assai diverse, che vanno da un coinvolgimento diretto in decisioni di business corrente fino a ruoli limitati e, talvolta, quasi di back-up in caso di necessità. L identificazione nominativa degli amministratori esecutivi, non esecutivi e indipendenti, è disponibile quasi sempre 9. Gli amministratori esecutivi sono pari al 31% dei componenti del CdA; il restante 69% è dunque composto da amministratori non esecutivi. Gli amministratori indipendenti sono pari al 35% del totale. Il peso delle varie classi all interno del CdA è relativamente stabile nel tempo; il dato mostra, invece, una notevole variabilità a livello di settore. Il peso percentuale degli amministratori esecutivi, non esecutivi e indipendenti nel settore finanziario era tradizionalmente diverso (minore per gli esecutivi, maggiore quello dei non esecutivi e degli indipendenti) rispetto ai settori non finanziari. Tale anomalia è progressivamente venuta meno: la presenza di indipendenti è, anzi, ora minore tra banche e assicurazioni (32%, ma ancora nel 2007 era pari al 50%) che tra le società non finanziarie (ove è da anni stabilmente pari al 36%). La qualità degli indipendenti sta progressivamente allineandosi agli standard del Codice: negli anni passati era nota la diffusione, soprattutto nel settore bancario, di situazioni particolari (riconducibili sostanzialmente a quelle considerate critiche dai criteri applicativi del nuovo Codice) meritevoli di un attenta valutazione da parte del mercato, soprattutto nei casi in cui le ragioni dell apparente disapplicazione dei criteri del Codice non erano spiegate in dettaglio. La frequenza di tali situazioni si è ridotta in modo rilevante ed è sovente accompagnata almeno per alcuni criteri (in particolare per la permanenza in carica ultranovennale) da un esplicita e motivata scelta di disapplicarli. È anzi possibile che, in taluni casi, ciò che le società presentano come disapplicazione di un criterio corrisponda, in realtà, a una corretta applicazione, in senso sostanziale e non formalistico, dei principi del Codice. Le società hanno complessivamente consiglieri: uomini e 169 donne (pari al 6% del totale), dato quest ultimo in lieve ma continuo aumento (erano 166 nel 2009, 158 nel 2008, 136 nel 2007, 125 nel 2006). Una rappresentanza femminile è 9 Per la precisione, non è individuabile solo in 19 casi, pari allo 0,7% del totale: si tratta, per di più, quasi sempre, di presidenti onorari o di persone appena nominate o dimissionarie alla data della Relazione. 10

11 presente nei CdA di 127 società (erano 124 nel 2009, 120 nel 2008, 105 nel 2007, 93 nel 2006), pari al 47% del totale; per la prima volta, una società ha un CdA a maggioranza femminile. Il quadro per i sindaci è simile: le società hanno 817 sindaci; si tratta di 762 uomini e 55 donne (pari al 7% del totale); questo dato è in lievissima flessione, dopo anni di lieve ma continuo aumento (erano 59 nel 2009, 41 nel 2008, 32 nel 2007). Almeno una donna è presente nei collegi sindacali di 52 società, pari al 20% del totale (erano 55 nel 2009, 37 nel 2008, 29 nel 2007). 3 società hanno un collegio sindacale a prevalenza femminile. La trasparenza sul procedimento di nomina di amministratori e sindaci è buona, per effetto sia della piena applicazione del Codice, sia della progressiva concreta applicazione della legge 262/2005. Tale legge, rendendo obbligatorio il voto di lista, aveva prodotto una diminuzione del quorum medio per la presentazione di liste (sceso, per l elezione del CdA, dal 2,6% nel 2006 al 2,2% nel 2008). Gli statuti societari sovente contengono richiami impliciti o espliciti alle soglie fissate dalla Consob in misura, tra l altro, inversamente proporzionale alla capitalizzazione. Pertanto, la modifica della capitalizzazione a seguito dei mutevoli andamenti borsistici può produrre una parallela dinamica dei quorum. L anno passato ciò aveva causato un inversione di tendenza (il quorum medio era risalito al 2,5%); con la ripresa dei corsi, il quorum medio è puntualmente tornato a scendere (al 2,3%). Con riferimento all articolazione dei lavori del consiglio, il comitato per le remunerazioni e il comitato per il controllo interno sono oggi istituiti da una grande maggioranza delle società (84% per il CR, 88% per il CCI). Il Codice raccomanda che i comitati siano: a) composti interamente da amministratori non esecutivi; b) la maggioranza dei quali indipendenti. La prima raccomandazione (composizione di soli non esecutivi) è seguita dal 94% delle società per il CR e dal 97% per il CCI. La seconda (maggioranza di indipendenti) è seguita dal 90% delle società per il CR e dal 95% per il CCI. Il CR (CCI) è composto solo da amministratori indipendenti in 58 (102) casi. La terza raccomandazione (presenza di amministratori con financial expertise) è seguita dal 79% degli emittenti. La remunerazione media degli amministratori è pari a 235 mila, in calo del 7% rispetto all anno precedente; il calo è più accentuato per gli amministratori esecutivi (è il 9% per gli AD). La remunerazione varia in misura notevole secondo la dimensione dell impresa e in misura minore secondo il settore. La componente principale è rappresentata dagli emolumenti per la carica (53% del totale); gli altri compensi pesano per il 36% del totale; più basso è il peso dei bonus (10%; nel 2009 erano il 14%); i benefici non monetari hanno un peso trascurabile (1%). 11

12 Il decremento della remunerazione risulta più forte (10%) nei settori non finanziari ed è attribuibile principalmente a un calo dei bonus (scesi in media da 34 mila a 21 mila ), legato a un andamento economico non favorevole. Il taglio dei bonus è più marcato per gli AD (16%) e per i presidenti (31%). Peraltro, anche la remunerazione degli amministratori indipendenti (tipicamente non destinatari di bonus) subisce un calo, pari al 3%. A diversi ruoli corrisponde una diversa retribuzione: sul gradino più alto sono gli amministratori delegati (in media 672 mila ). Seguono i presidenti con 555 mila. Gli altri consiglieri qualificati come esecutivi nelle Relazioni percepiscono mediamente 356 mila. Molto netti sono i gradini successivi: i non esecutivi percepiscono in media 83 mila. I consiglieri indipendenti si collocano sul gradino più basso, con una remunerazione di 53 mila. I consiglieri non esecutivi percepiscono raramente bonus; peraltro ricevono con frequenza altri compensi (di solito connessi a cariche in società del gruppo) per importi significativi. Gli indipendenti, invece, percepiscono compensi aggiuntivi raramente e/o per importi trascurabili. Se si focalizza l attenzione sui soli indipendenti classificati come a rischio, si osserva che essi percepiscono remunerazioni più elevate solo nel settore finanziario (119 mila contro i 96 mila degli altri); nelle società non finanziarie la differenza di compenso è trascurabile. La remunerazione degli indipendenti varia in proporzione alla dimensione dell emittente: è 101 mila nel FTSE Mib, 48 mila tra le Mid cap e 25 mila tra le Small cap. Ciò riflette probabilmente sia una diversa complessità dei problemi (e quindi un diverso impegno loro richiesto) sia, almeno in parte, un diverso grado di strutturazione nell applicazione delle raccomandazioni del Codice. Mentre le società maggiori mostrano una situazione sostanzialmente equilibrata, nelle società minori può sorgere qualche dubbio riguardo alla congruenza di importo e struttura dei compensi rispetto al ruolo richiesto agli indipendenti dal Codice. Continuano a sussistere aree in cui ulteriori miglioramenti sono possibili, anche se la loro ampiezza si va progressivamente riducendo. In particolare, alcune raccomandazioni innovative formulate dal nuovo Codice trovano tuttora un applicazione parziale (nomina del Lead Independent Director, procedimento di board evaluation, talvolta composizione dei comitati). Si registrano, peraltro, promettenti segnali di aumento della disclosure a tale proposito (soprattutto in tema di valutazione dell indipendenza degli amministratori). 12

13 L approfondimento sul voto di lista ha riguardato, come accennato, due distinti profili: a) le modalità con cui ha trovato applicazione nell ultimo triennio il voto di lista, con particolare attenzione alle caratteristiche delle società dove sono presentate più liste, alle qualità delle liste medesime e dei soci che le hanno proposte, nonché all esito delle votazioni; b) talune caratteristiche personali di consiglieri e sindaci di minoranza, nonché il ruolo da essi ricoperto dopo la nomina distinguendo anche in tal caso secondo le caratteristiche sia dell emittente, sia dei soci che hanno proposto la candidatura. La lettura convenzionale, frequentemente proposta nel dibattito, che vede il voto di lista come un meccanismo utilizzato solo, o in prevalenza, dagli azionisti delle società privatizzate e in particolare dai fondi comuni di investimento risulta smentita in modo netto. Il voto di lista riguarda un insieme di emittenti più ampio e una tipologia di azionisti assai più variegata. Anzitutto, il voto di lista è una realtà presso una quota considerevole, sebbene minoritaria delle società quotate: gli emittenti in cui soci di minoranza hanno sfruttato la possibilità di eleggere propri rappresentanti negli organi sociali sono un centinaio (il 40% del totale). Nelle società che adottano il modello di governo tradizionale, la presentazione di liste di minoranza ha solitamente avuto luogo sia per il CdA, sia per il collegio sindacale, anche quando l elezione è avvenuta in assemblee distinte. Nel restante 60% dei casi il mancato ricorso al voto di lista non pare dovuto alla carenza di opportunità legate alla prevalenza di assetti proprietari concentrati. È assai raro che non esista almeno un azionista in grado di presentare, da solo, una lista alternativa a quella del socio di controllo: ciò accade in soli 27 casi (pari all 11% delle società il cui verbale è disponibile) per l elezione degli amministratori e in 18 casi (pari al 7% delle società il cui verbale è disponibile) per quella dei sindaci. La mancata presentazione di liste di minoranza pare dovuta, quindi, a un limitato interesse per tale opportunità (connesso a ben noti fenomeni di apatia razionale degli investitori), non a una presunta elevatezza dei quorum. La presentazione di liste di minoranza è segnalata dalla presentazione di più liste (ossia di un numero di liste 2). Essa è particolarmente frequente (supera l 80% dei casi) nelle società privatizzate e tra quelle a controllo pubblico. Ciò è, evidentemente, connesso all influenza della regolamentazione (in particolare della legge 474/1994). Peraltro, molte società non appartenenti a tali categorie hanno visto la presentazione di liste di minoranza : la presentazione di più liste, ad esempio, ha avuto luogo nel 36% delle società non appartenenti al gruppo delle privatizzate, nel 30% di quelle a controllo familiare, nel 50% delle società controllate da fondi e di quelle prive di un 13

14 azionista di riferimento (widely held). La presentazione di una pluralità di liste è più frequente nelle società più grandi (60% nel FTSE Mib) e nel settore finanziario (52% tra banche e assicurazioni). La frequenza con cui sono presentate più liste dipende dall assetto proprietario e dalla decisione degli azionisti rilevanti di diventare attivi, presentando propri candidati, senza preventivamente coordinarsi con eventuali soci di maggioranza. Tale decisione dipende da un calcolo dei connessi costi e benefici, ed è influenzata non solo dalla regolamentazione ma anche dall eventuale decisione del singolo emittente di indicare volontariamente un quorum statutario inferiore al limite massimo fissato da Consob. A fine 2009, il quorum medio (per l elezione degli amministratori) era pari al 2,3%. Le società dove sono state presentate più liste hanno però un quorum statutario leggermente inferiore (pari al 2,1%). Dove sono presentate più liste, il loro numero è solitamente pari a due: i soci evitano di sopportare i costi connessi alla presentazione di candidature che hanno scarse probabilità di successo. La presentazione di tre o più liste è più frequente dove lo statuto prevede un sistema elettorale proporzionale e/o dove il numero di posti riservati alle minoranze è superiore a uno. Le liste sono presentate quasi sempre da soci. In rari casi (sovente cooperative) una lista è presentata dal CdA (o dal CdS) uscente. In tali casi la lista presentata dal CdA (o CdS) risulta sempre prima per numero di voti. Le liste sono identificabili come di maggioranza o di minoranza in relazione all esito della votazione. Le liste di minoranza sono state 128 per gli amministratori e 113 per il collegio sindacale. Normalmente il ranking delle liste in base ai voti ottenuti coincide con quello calcolabile in base al possesso azionario certificato al momento della presentazione. Può però accadere che una lista, che appare di minoranza alla presentazione, ottenga più voti delle altre. Due le possibili ragioni: a) chi ha presentato la lista ha depositato una certificazione relativa solo a parte delle azioni detenute; b) la lista ha raccolto in assemblea voti di altri azionisti. Le liste ottengono sovente in assemblea voti corrispondenti a un numero di azioni superiore a quello con cui sono state presentate. Il fenomeno interessa anche le liste di minoranza. Quasi la metà delle liste di minoranza 10 è presentata da soci privati. Fondi di private equity e soci finanziari (banche e assicurazioni) contano per un ulteriore 10% ciascuno. Le liste per l elezione di amministratori presentate da una pluralità di fondi comuni 10 Per la precisione, si tratta del 44% del totale. I dati riportati nel testo sono riferiti all elezione degli amministratori; peraltro i dati riferiti all elezione dei sindaci sono generalmente molto simili. 14

15 coordinati da Assogestioni sono solo 11, tutte in società del FTSE Mib. Tali liste sono effettivamente concentrate presso società privatizzate caratterizzate da un regime normativo e/o statutario particolarmente favorevole all elezione di rappresentanti di minoranza. Esse hanno eletto 25 consiglieri, che nel FTSE Mib rappresentano il 42% del totale dei consiglieri di minoranza e coprono il 34% dei posti riservati per statuto alle minoranze. Tali liste sono caratterizzate dal più alto numero medio di consiglieri eletti (2,3, pari all 81% dei candidati presentati). Le liste di minoranza hanno frequentemente successo: il 91% di esse ha eletto almeno un candidato. La probabilità di successo, comunque elevata, è superiore nel settore non finanziario; è però inferiore tra le società widely held (69% per l elezione degli amministratori, 75% per quella dei sindaci) poiché un assetto proprietario frazionato rende l esito della votazione meno prevedibile a priori. Il numero di candidati inseriti in ciascuna lista è definito strategicamente, in base: a) al meccanismo elettorale (maggioritario vs. proporzionale); b) al numero di posti riservati per statuto alle minoranze; c) ad eventuali ulteriori previsioni statutarie. Le liste di minoranza hanno un numero di candidati amministratori inferiore rispetto a quelle di maggioranza; esse riescono a eleggere il 40% dei candidati presentati (le liste di maggioranza il 95%). La probabilità di elezione di un singolo candidato dipende, ovviamente, non solo dal sistema elettorale e dai voti ottenuti da ciascuna lista ma anche, per il meccanismo dei quozienti, dalla sua posizione all interno della lista. Il numero totale di amministratori (sindaci) effettivamente eletti dalle minoranze nel triennio in esame è pari a 186 (107), pari al 18% del totale. Il numero medio di candidati eletti da ciascuna lista di minoranza è pari a 1,5 nel caso degli amministratori (0,9 in quello dei sindaci). Esso dipende dal meccanismo elettorale (maggioritario/proporzionale e quota riservata). Numero e peso degli amministratori di minoranza sono più alti tra le società maggiori, nel settore finanziario e, soprattutto, tra le società privatizzate (dove raggiungono il 34% del totale). Anche l assetto proprietario ha un influenza considerevole: tra gli emittenti a controllo pubblico il peso dei consiglieri di minoranza (33%) è approssimativamente doppio rispetto a quanto osservabile altrove. Tra i sindaci simili differenze non sono riscontrabili a causa della struttura uniforme del collegio (quasi sempre composto da 3 sindaci, 1 dei quali può essere di minoranza). Gli amministratori (sindaci) effettivamente eletti dalle minoranze coprono il 56% (44%) dei posti riservati per statuto alle minoranze. Tale rapporto assume un valore assai maggiore nelle società più grandi (per gli amministratori, è l 82% nel FTSE Mib) e nel settore finanziario. 15

16 La lettura delle Relazioni sul governo societario 11 consente di ricavare ulteriori informazioni sul fenomeno del voto di lista. Anzitutto, essa consente di osservare il progressivo incremento del numero di consiglieri di minoranza (da 90 nel 2006 fino a 169 quest anno); si riscontra inoltre la diminuzione del loro numero medio (e peso in termini percentuali): da 3,9 nel 2006 (31% del totale) a 1,9 (17% del totale) quest anno. Tale fenomeno è spiegabile con il fatto che, dopo l instaurazione dell obbligo di istituire il voto di lista, le società minori hanno, solitamente, previsto l elezione di un singolo consigliere di minoranza (pari al minimo richiesto dal TUF). Il quadro riguardante i sindaci di minoranza è simile. Il numero totale di sindaci di minoranza è in ulteriore aumento (da 64 nel 2006 fino a 99 quest anno); il peso medio dei sindaci di minoranza è però stabile (1 su 3). L analisi delle caratteristiche personali (in termini di altri incarichi ricoperti, di durata in carica e di partecipazione alle riunioni) degli amministratori (e sindaci) di minoranza non conferma l ipotesi che essi abbiano caratteristiche marcatamente diverse rispetto a quelle dei consiglieri (e sindaci) di maggioranza, né rispetto a quelle degli amministratori indipendenti. L analisi dei ruoli da essi ricoperti mostra, anzi, che, contrariamente a quanto sovente affermato nel pubblico dibattito, i consiglieri di minoranza non sono sempre qualificabili come amministratori non esecutivi e indipendenti. Tra le società con amministratori di minoranza, ben il 95% del totale ha istituito il comitato per il controllo interno, mentre il 98% ha istituito il comitato per le remunerazioni. Si tratta di percentuali non solo elevate ma anche sensibilmente superiori alla media. Tra le società con amministratori di minoranza che hanno istituito il CCI, il 56% ha inserito almeno uno di essi nel comitato. La frequenza dell inserimento di almeno un consigliere di minoranza nel CCI è maggiore nelle società più grandi, nelle società privatizzate che dispongono di un maggior numero di consiglieri di minoranza e in quelle a controllo pubblico. L andamento generale è simile per il comitato remunerazioni. Gli amministratori di minoranza sono frequentemente coinvolti nei comitati; ciò accade soprattutto nelle società maggiori e nei settori non finanziari. Gli amministratori più coinvolti sono quelli nominati dai fondi coordinati da Assogestioni, seguiti da quelli nominati da banche e assicurazioni e da fondi di private equity o comunque operanti singolarmente (55%). Nel complesso, l eventuale inserimento nei comitati pare 11 La diversa disponibilità dei dati genera campioni lievemente differenti a seconda che si ragioni sui verbali assembleari o sulle Relazioni. Non deve pertanto stupire qualche piccola differenza tra i numeri esposti di seguito, riferiti alle Relazioni, e quelli riportati in precedenza (e riferiti ai verbali). 16

17 correttamente legato al possesso di adeguate qualifiche professionali da parte dei consiglieri di minoranza e non essere, come talvolta affermato, evitato a priori da parte degli emittenti. 17

18 PARTE PRIMA: L ANALISI DELLE RELAZIONI SUL GOVERNO SOCIETARIO 2. Informazioni generali (adesione al Codice; struttura e forma della relazione) 2.1. Adesione al Codice; struttura e forma della relazione L adesione al Codice di autodisciplina è volontaria; alle società che vi aderiscono è richiesto di informare annualmente il mercato sull applicazione dei principi e criteri applicativi in esso contenuti. Peraltro, il nuovo testo dell art.123-bis TUF 12 impone ora la diffusione di una Relazione sul Governo societario e gli assetti proprietari, in cui devono essere riportate, tra l altro, informazioni circa l eventuale adesione a un Codice di comportamento in materia di governo societario promosso da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, motivando le ragioni dell'eventuale mancata adesione ad una o più disposizioni, nonché le pratiche di governo societario effettivamente applicate dalla società al di là degli obblighi previsti dalle norme legislative o regolamentari 13. Tale norma ha avuto l effetto di portare al 100% la percentuale che era peraltro già in precedenza molto alta di società che offrono disclosure su taluni aspetti fondamentali (menzionati nell articolo) del loro modello di governo societario. La quasi totalità degli emittenti ha scelto di aderire formalmente al Codice: si tratta di 258 società (pari al 95% del totale: cfr. Tab.1, in Appendice 2): tra esse tutte quelle appartenenti all indice FTSE Mib e il 07% delle Mid cap 14. I 14 casi restanti (erano 12 nel 2009) sono società che comunicano esplicitamente di non aderire al Codice di autodisciplina e che forniscono informazioni sul proprio sistema di corporate governance sulla base del dettato dell art.123-bis del TUF 15. Una motivazione della 12 Tale articolo è stato dapprima inserito dall art. 4 del d.lgs. n. 229 del e poi sostituito dall art. 5 del d.lgs. n. 173 del Le disposizioni dell articolo, così come modificato dall art. 5, comma 1 del d.lgs. n. 173/2008, si applicano alle relazioni relative agli esercizi aventi inizio dalla data successiva a quella di entrata in vigore del decreto ( ), cioè alle Relazioni 2009 pubblicate nel Il contenuto minimo della Relazione prevede, oltre a quanto riportato nel testo: a) una serie di specifiche informazioni sulla struttura del capitale e sugli assetti proprietari dell emittente; b) le norme applicabili alla nomina e alla sostituzione degli amministratori, se diverse da quelle legislative e regolamentari applicabili in via suppletiva; c) le principali caratteristiche dei sistemi di gestione dei rischi e di controllo interno esistenti in relazione al processo di informativa finanziaria, anche consolidata, ove applicabile; d) i meccanismi di funzionamento dell'assemblea degli azionisti; e) la composizione e il funzionamento degli organi di amministrazione e controllo e dei loro comitati. 14 Naturalmente, si allude alle sole società di diritto italiano incluse nell indagine. 15 L aumento di numero è dovuto all esplicita non adesione al Codice di alcune società che l anno passato non avevano pubblicato la Relazione. 18

19 mancata adesione è sovente disponibile (in 9 casi): essa è generalmente riconducibile alla struttura e alle caratteristiche della società (in particolare alla dimensione o, talvolta, alla natura di holding di partecipazioni); talvolta essa è accompagnata dall affermazione che il modello di governance adottato è adeguato a tali caratteristiche 16. L adesione al Codice sta dunque diventando una decisione meno scontata e più matura. Qualità e quantità delle informazioni fornite dagli emittenti sono oggi, generalmente, soddisfacenti. La struttura della Relazione segue, nella maggioranza dei casi, il Format per la relazione sul governo societario (di seguito Format ) predisposto da Borsa Italiana 17, che include nell Appendice redatta con il supporto di Assonime tabelle riassuntive circa la composizione e il funzionamento degli organi societari 18 con il supporto di Assonime. È bene ricordare che il ricorso a tale strumento non è obbligatorio né esplicitamente raccomandato da Borsa Italiana: il Format è stato seguito dal 74% del listino (58% nel 2009; 47% nel 2008), soprattutto nelle realtà di minori dimensioni (79% presso le Small cap, 92% presso le Micro cap); le società maggiori hanno sovente preferito non seguire il Format (o seguirlo solo parzialmente: la percentuale di adozione del Format scende infatti al 53% nel FTSE Mib). Il Format è stato quindi utile soprattutto alle società minori che, grazie ad esso, hanno prodotto relazioni più complete; altre società hanno preferito fornire informazioni dettagliate, ma in forma libera. Tale elemento può essere colto anche nell esame delle Tabelle sintetiche sulla compliance con il Codice, accorpate rispetto alla prima versione e inserite in allegato alla fine del Format. Esse includono ora alcune tabelle su composizione e funzionamento degli organi societari redatte sulla falsariga degli schemi-tipo proposti nella Guida alla compilazione della Relazione sulla Corporate Governance (di seguito Guida 19 ) pubblicata da Assonime ed Emittenti Titoli e diffusamente adottate negli anni 16 Tra le società che hanno aderito al Codice, inoltre, 9 hanno precisato che l adesione è solo parziale. È peraltro difficile individuare un filo unificante tra esse: accanto a società che disapplicano interi articoli del Codice o aderiscono a versioni antecedenti del Codice si trovano società che dichiarano di disapplicare singoli principi o criteri (spesso riguardanti la costituzione di comitati o i compiti ad essi assegnati); tali situazioni non paiono sempre chiaramente distinguibili da ciò che in altre società è identificato come non compliance accompagnato da spiegazione. 17 Si fa riferimento alla seconda edizione del Format, pubblicata a febbraio Una prima edizione del Format era stata pubblicata da Borsa Italiana nel febbraio Borsa Italiana aveva esplicitamente qualificato il Format come sperimentale e diretto soprattutto a un utilizzo a fini di verifica della natura e del contenuto delle informazioni da inserire nella relazione sul governo societario relativa all'esercizio 2007 e/o per i controlli di competenza del collegio sindacale. 18 Tali tabelle sono, a loro volta, redatte sulla falsariga della Guida alla compilazione della Relazione sulla Corporate Governance precedentemente pubblicata da Assonime ed Emittenti Titoli. 19 Cfr. il sito sezione Corporate Governance. 19

20 passati. La pubblicazione di tali schemi-tipo, che aveva subito contemporaneamente alla pubblicazione della prima edizione del Format un calo verticale (dal 77 al 46, fino al 41% del totale nel 2009) è oggi dopo la pubblicazione della seconda edizione assai più frequente (è risalita al 64% del totale). La pubblicazione delle tabelle su composizione e funzionamento degli organi societari continua ad essere più frequente tra le società di maggiori dimensioni (è salita dal 69 all 82% del totale nel FTSE Mib e dal 42 al 77% tra le Mid cap). Figura Informazioni sulla struttura del capitale e gli assetti proprietari Le Relazioni 2010 riportano, per la prima volta, una serie di informazioni sulla struttura del capitale e gli assetti proprietari la cui fornitura al pubblico (anche se non necessariamente nelle Relazioni stesse) è richiesta dal nuovo testo dell art.123-bis TUF. Alcune informazioni erano, come è noto, già da tempo pubblicamente disponibili. Altre sono però nuove: si allude, in particolare, alle informazioni specificamente elencate alle lettere della norma citata, che riguardano restrizioni al voto o al trasferimenti di titoli, l esistenza di titoli con diritti speciali di controllo, le presenza di c.d. clausole di change of control, ecc. Le informazioni sono tipicamente esposte distinguendo tra i vari punti, come suggerito anche dal Format, talvolta tramite riferimenti ad altra documentazione pubblica (ad esempio, ad altre sezioni del fascicolo di bilancio, come spesso accade per le informazioni sulle indennità promesse agli amministratori in caso di dimissioni o licenziamento). Va peraltro, sottolineato che i risultati sono da leggere con cautela: la 20

21 presenza di dubbi circa la riconducibilità di situazioni assai variegate alle macrotipologie evidenziate dalla norma citata pare avere indotto le società a seguire, in sede di prima applicazione, approcci non del tutto uniformi nella comunicazione 20. L indagine ha riguardato i seguenti aspetti (cfr. Tab. 2): a) Restrizioni al trasferimento di titoli Le società comunicano l esistenza di restrizioni al trasferimento di titoli (ex art.123, comma 1, lett. b) TUF) in 44 casi, corrispondenti al 16% del totale. La loro presenza è più frequente nelle società di maggiori dimensioni (è pari al 29% nel FTSE Mib) ed è chiaramente legata al settore di appartenenza: in particolare, essi sono comunicati dal 45% delle società del settore finanziario e dal 47% delle public utilities). Le tipologie di restrizioni indicate nelle Relazioni sono le seguenti: a) Vincoli al trasferimento delle azioni derivanti da patti parasociali o da impegni unilaterali di singoli soci: 15 casi; b) Limiti (anche solo potenziali 21 ) al possesso azionario connessi alla natura presente o passata di società privatizzata : 10 casi; c) Limiti al possesso azionario connessi alla natura di società cooperativa (si tratta, in particolare, dei limiti previsti dall art c.c.): 6 casi (sovente accompagnati dalla presenza di una clausola di gradimento, che riguarda peraltro non il trasferimento delle azioni ma l iscrizione a libro soci e l esercizio da parte dell acquirente dei connessi diritti amministrativi); d) Clausole di lock-up o altri vincoli all alienazione di titoli gravanti sui beneficiari di piani di incentivazione a base azionaria: 6 casi; e) Restrizioni al trasferimento di titoli poste a singole categorie di azioni: 4 casi; 20 Ad esempio accade che situazioni sostanzialmente simili siano riportate da talune società nel paragrafo dedicato alle restrizioni al possesso azionario ex art. 123-bis, comma 1 lettera b) e da altre in quello delle restrizioni al diritto di voto ex art. 123-bis, comma 1 lettera f). In alcuni casi, l esistenza di restrizioni al trasferimento di titoli non è comunicata ogniqualvolta vi sia un patto parasociale c.d. di blocco (verosimilmente perché, sovente, i casi in cui uno o più pattisti godono di un semplice diritto di prelazione non sono stati ritenuti ricadere in tale situazione). Si registrano inoltre situazioni nelle quali solo alcune banche ritengono rilevante segnalare, tra le restrizioni al trasferimento di titoli, quelle connesse al regime autorizzativo per l acquisto delle azioni dettato dal TUB). 21 Come nel caso in cui è conferito al Ministero dell Economia (non più azionista del emittente) il potere di opporsi all assunzione di partecipazioni oltre una determinata soglia da parte di terzi. 21

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