La mediazione linguistico-culturale nei servizi sociali. (Alcune riflessioni a cura di Daniela Giuliani e Paola Del Vecchio)

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1 La mediazione linguistico-culturale nei servizi sociali (Alcune riflessioni a cura di Daniela Giuliani e Paola Del Vecchio) La figura del mediatore culturale è nata negli anni sulla base di precise esigenze, legate a forme di facilitazione della comunicazione tra mondo dei servizi e comunità immigrate / singolo utente. In particolare si erano, a suo tempo, evidenziate difficoltà importanti legate alla non certezza della comprensione delle informazioni date. Questo aspetto, soprattutto a fronte di problemi importanti e rilevanti, creava inquietudine e difficoltà. Un esempio erano le perplessità degli operatori e degli utenti dei servizi legate alla comprensione delle modalità di funzionamento dei servizi, oppure alla comprensione delle diagnosi e delle prescrizioni mediche legate alle cure, o ancora alla comprensione della documentazione da presentare per particolari procedure, ecc. Aspetto interessante : le stesse difficoltà e preoccupazioni, anche se su piani diversi, erano espresse sia dagli operatori, sia dagli utenti. I primi mediatori culturali sono stati i punti di riferimento delle comunità, persone con una buona padronanza della lingua italiana e della cultura del paese di origine che spesso si rendevano disponibili come volontari ad agevolare le comunicazioni. Nel 2004 la Regione Emilia Romagna, con la delibera della Giunta Regionale n. 1576/04, ha istituito formalmente la figura professionale del mediatore interculturale, descrivendola come segue: Il mediatore interculturale è in grado di accompagnare la relazione tra immigrati e contesto di riferimento, favorendo la rimozione delle barriere linguisticoculturali, la conoscenza e la valorizzazione delle culture di appartenenza, nonché l accesso a servizi pubblici e privati. Assiste le strutture di servizio nel processo di adeguamento delle prestazioni offerte all utenza immigrata. Negli anni, questa figura si è sempre più delineata e precisata. Oggi, anche all interno dei servizi sociali, si ricercano figure di mediatori capaci di facilitare la comunicazione attraverso: - la conoscenza della lingua e della cultura d origine; - la conoscenza dei servizi, per renderne comprensibili le organizzazioni e le regole; - la capacità di garantire equidistanza e di non manipolare la comunicazione. Il mediatore interculturale si potrebbe anche definire come una figura professionale che promuove, attraverso il proprio lavoro, una importante forma quotidiana di educazione permanente e di alfabetizzazione sociale ; una figura che, se ben preparata, può creare le condizioni affinché nascano rapporti di effettiva conoscenza e rispetto reciproco tra i cittadini stranieri e la società organizzata in cui vivono, in particolare per i cittadini neo arrivati. Anche solo da queste poche righe, non esaustive, si evidenzia la complessità e la delicatezza di questa figura e del ruolo che ricopre. Va inoltre ricordato che alcuni mediatori fanno riferimento ad aree linguistiche mirate o devono conoscere, per consentire la comunicazione, dialetti specifici di alcune zone. Dopo l apertura delle frontiere tra i primi 12 paesi dell Unione, e successivamente all allargamento, è sorta anche la necessità di individuare mediatori culturali competenti in lingue europee. Inoltre, per particolari aree linguistiche, professionisti che lavorano sul nostro territorio prestano un aiuto volontario ai servizi svolgendo il ruolo di mediatori interculturali (es. medici o ingegneri con specifiche conoscenze, ad es. il farsi, ecc.)

2 Oggi il Centro Stranieri del Comune di Modena ha organizzato, tramite appalto, un servizio specifico di mediazione culturale offrendo questo strumento, oltre che per le attività specifiche e i progetti promossi o gestiti direttamente, anche ad altri Servizi dell Assessorato alle Politiche Sociali, e non solo. In particolare, si è impostata e sviluppata una collaborazione con il Servizio Socio Educativo Assistenziale di base, e con l Anagrafe Comunale. Sul tema dell integrazione si vorrebbe però sottolineare come, oltre alla figura del mediatore, si sono valorizzate anche altre espressioni delle comunità straniere, dai leaders informali, alle associazioni, alle diverse rappresentanze - anche religiose - che hanno svolto in questi anni un ruolo molto importante consentendo di affrontare insieme alle istituzioni e ai servizi diverse problematiche emergenti, dalla mediazione dei conflitti alla corresponsabilità rispetto alla qualità del tessuto sociale in cui tutti noi viviamo. La mediazione all'interno dei servizi sociali: vorremmo portare alcune riflessioni che derivano dall'esperienza. Sono ormai diversi anni che sperimentiamo questa figura all'interno dei servizi sociali: nei primi anni in forma decisamente sperimentale, ora in modo più strutturato. Oggi i mediatori culturali sono presenti sia come figure risorsa all'interno di progetti speciali, sia come strumento chiamato a prestazione quando si verificano situazioni di utenti che non conoscono la lingua. E' opportuno tenere distinte le funzioni per tipologia di progetti: all'interno di progetti o azioni a bassa soglia, oltre a svolgere un ruolo di facilitatori della comunicazione, i mediatori svolgono anche un importante funzione di primo contatto con utenze marginali, per le quali il contatto con personale italiano sarebbe problematico. Svolgono, all'interno di questi progetti, un ruolo di prossimità nei confronti di chi si vuole contattare. In alcuni casi sono operatori che hanno vissuto gli stessi problemi, e quindi sono in grado di esprimere sempre questa vicinanza. In questo contesto sono una figura importante per creare la possibilità di un reale contatto e superare le barriere create da diffidenza e paura. Diventano così un elemento importante dei progetti a bassa soglia, collaborando con gli educatori o le altre figure professionali coinvolte nel monitorare le azioni proposte, e nel rivederle affinché mantengano una loro efficacia operativa. Allo stesso modo collaborano nella definizione dei materiali specifici, sia per l'impostazione che per la traduzione, garantendo che siano il più vicino possibile alle persone a cui si rivolgono; - all'interno di servizi strutturati, come il servizio sociale o l'anagrafe, rispondono invece maggiormente ad altre esigenze dei servizi. In generale garantiscono la comprensione dei messaggi, e la sicurezza di fornire informazioni in modo adeguato. Questo si è rivelato particolarmente opportuno all interno delle attività dei servizi sociali, dove, oltre a garantire la comprensione dei messaggi, la presenza dei mediatori culturali ha permesso anche di fornire agli operatori alcune chiavi di lettura rispetto a comportamenti degli utenti apparentemente non comprensibili. Soprattutto in situazioni molto delicate, in cui si tratta di problemi che

3 incidono pesantemente sulla qualità della vita delle famiglie, si è reso necessario avere figure capaci di trasmettere non solo le informazioni, ma anche di far comprendere le conseguenze di alcune scelte, la nostra normativa, i comportamenti ritenuti adeguati e quelli che sarebbero stati oggetto di conseguenze o di interventi rilevanti e invasivi da parte dei servizi: e questo in base non a pregiudizi, bensì a norme che hanno lo scopo di tutelare i soggetti più deboli. Un altro ambito in cui si richiede l'intervento di mediatori culturali è quando si devono svolgere alcuni interventi specifici e mirati: ad es. traduzioni giurate, realizzazione di percorsi individualizzati che hanno l'obiettivo di far comprendere norme che vanno rispettate, ecc. Anche in questo caso i mediatori facilitano la comunicazione, con un ruolo finalizzato essenzialmente ad illustrare aspetti che difficilmente potrebbero essere comunicati in maniera efficace da parte di persone italiane. In queste situazioni occorre che il beneficiario percepisca come realmente neutrale la figura del mediatore, che egli comprenda che non è il mediatore a decidere, che si trova in quella situazione come professionista che svolge un ruolo di intermediario, che la decisione è del servizio, ecc. Così, in diverse occasioni i mediatori stessi ci hanno chiesto, o hanno fortemente condiviso, che fossero gli operatori dei servizi o della polizia municipale a presentare l'oggetto dell'incontro o dell'intervento chiarendo bene il ruolo delle persone coinvolte (mediatori e operatori) nelle premesse. Nonostante queste attenzioni, soprattutto nei progetti o negli interventi operati dai servizi sociali, il rischio di sconfinare in situazioni emotive rilevanti è sempre presente. Occorre ricordare che si opera in situazioni dove, proprio per la natura di questi sevizi, la sofferenza, la povertà, l'emarginazione, in diverse forme e con diverse gradualità, è sempre presente. E' duro, sia per gli operatori, sia per i mediatori, affrontare situazioni in cui si evidenziano i rischi di allontanamento di minori, in cui si parla di come accudire i figli, o anche solo in cui si rifiuta un contributo economico, ecc. In questo senso, la terzietà reale e percepita del mediatore garantisce la sua professionalità e l efficacia del suo intervento. Un ulteriore aspetto della mediazione culturale, emersa anche recentemente all interno di una iniziativa finalizzata ad approfondire il significato dell accoglienza e dell affido, ha messo in luce la necessità, all interno di contesti complessi, di operare con strumenti di mediazione culturale nell ambito dei modelli valoriali, comportamentali e relazionali. Questo, indipendentemente dal fatto che si è italiani e stranieri, anzi mettendo in luce la necessità di vedere le singole culture come universi poliedrici e complessi, dove ogni persona è portatrice di propri sistemi valoriali che esprime nella quotidianità. All interno dei percorsi di affido, questi aspetti risultano essere determinanti. La concezione dell educazione dei figli, come si valuta la relazione uomo donna, come i genitori si relazionano con i figli, partendo da quali presupposti concettuali, diventano tutti elementi su cui, anche all interno dei percorsi di affido familiare, occorre riflettere. Tutte queste esperienze ci portano a fare alcune considerazioni, sia sul piano metodologico che a carattere più generale. Sul piano metodologico occorre che l'intervento del mediatore, anche quando richiesto in emergenza, venga preparato. Questo deve voler dire, sempre, dedicare uno spazio temporale a concordare con il mediatore l intervento, in modo che anche per lui siano chiari ed espliciti i significati, i messaggi che si vogliono dare, gli aspetti su cui si vuole fare chiarezza, ecc. Inoltre deve sempre essere chiaro che il mediatore svolge un ruolo di facilitatore, a cui non viene delegata la gestione dell'incontro. Così come, dopo l'incontro o

4 l'azione, occorre dare spazio alla riflessione congiunta tra mediatore e operatori sugli esiti, in modo da verificare se tutti i momenti sono stati coerenti oppure no, ecc. L'esperienza ci ha infatti insegnato che l'approccio delegante, che chiede al mediatore di andare oltre al ruolo di facilitatore, ha effetti estremamente problematici: non si controllano i messaggi e gli esiti, e si rischia di perdere il polso della situazione. Preparare bene l intervento del mediatore significa anche prendere accordi precisi rispetto all'obiettivo dell'incontro e al messaggio che si vuol dare, così come prepararsi ad affrontare quella particolare situazione, la valenza emotiva della sofferenza che emergerà. Sul piano più generale, occorre, per ciò che abbiamo sottolineato in precedenza, che il mediatore sia di fatto terzo e che quindi il singolo mediatore non giochi più ruoli all'interno di progetti diversi. Chi lavora all'interno dell'unità di strada che contatta le ragazze che si prostituiscono in strada, non può lavorare all'interno delle strutture di accoglienza; così come chi opera con le forze dell'ordine non può svolgere un ruolo all'interno di progetti a bassa soglia. Occorre che le figure siano distinte: non possono essere ritrovate, dallo stesso utente, all'interno di situazioni così diverse, con ruoli a volte istituzionali, a volte di mediazione. Questo anche perché le situazioni non sempre sono trasparenti: vi possono essere elementi di contiguità tra le comunità e alcuni fenomeni, legami e contiguità che esporrebbero il mediatore a maggiori rischi di pressioni. Così, per esempio, è avvenuto nel il progetto rivolto ai detenuti in carcere, per il quale è stato particolarmente difficoltoso individuare dei mediatori disponibili. Molti temevano di ricevere pressioni poi sul territorio, di essere esposti a dei rischi di minacce, ecc. In alcuni progetti, particolarmente delicati, abbiamo per questo fatto la scelta di coinvolgere mediatori che provengono da altre città. Un altra considerazione riguarda in generale il ruolo dei mediatori culturali nel contesto dei servizi sociali: si tratta del contesto in cui la mediazione risulta decisamente più problematica e viene vissuta con maggiore difficoltà dai mediatori stessi, rispetto ad interventi svolti all'interno di servizi più semplici o che hanno un ritorno sociale maggiormente riconosciuto. Occorre quindi prestare attenzione e tenere sempre presente che il mediatore è anche un cittadino che vive all'interno della propria comunità, con la ricchezza e i vincoli che questo comporta. Alcune considerazioni finali E' nostra opinione che il fenomeno migratorio sia complesso e variegato, e presenti diversi aspetti. L'ipotesi di lavoro è che nel tempo una parte del fenomeno si consolidi sul territorio, divenendo parte integrante della società. Questa parte è quella delle famiglie che diventano residenti, acquistano la casa, hanno figli che nascono e crescono in Italia, si mescolano tramite matrimoni misti, e quindi pensano al loro futuro in Italia e sempre meno al rientro al Paese di origine. Parallelamente a questo però vi saranno sempre, con molta probabilità e se non cambiano le condizioni di vita nei Paesi di partenza, nuovi flussi, persone che scappano a fronte di conflitti, povertà, ecc. L'ipotesi di lavoro è dunque che noi dovremo avere sempre presenti i due aspetti: il primo legato alla società che si trasforma radicalmente nella propria composizione, portando anche esigenze di competenze e di professionalità capaci di operare in termini di complessità interculturali interne alla società autoctona. E' all'interno di questa complessità che probabilmente potranno essere maggiormente valorizzate le competenze capaci di leggere le complessità dei retroterra culturali, dei significati e delle visioni che ognuno di noi ha rispetto ai valori, alle abitudini, ai modi di interpretare e valutare il mondo, di agire i propri

5 comportamenti e le relazioni. L intercultura e la mediazione culturale non saranno più quindi strumenti utilizzati in interventi specifici verso singoli beneficiari, ma dovranno essere parametri e criteri che informino la progettazione, la realizzazione e la valutazione degli interventi sociali, diventando sempre più un patrimonio diffuso, uno stile relazionale. Questo non potrà però esaurire lo sforzo di integrazione, perché la presenza di comunità neo-arrivate renderà sempre necessario lavorare con strumenti qualificati, ma che probabilmente dovranno essere ancora ricercati all'interno delle competenze che le comunità straniere potranno esprimere, coinvolgendo le persone che in quel momento vivono, o hanno conosciuto quella particolare condizione di emigrazione o esperienza, come i mediatori culturali attuali o i leader di comunità. Modena, 01/04/2009

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