LEZIONE 13. Figura 13.1
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- Gianpiero Vigano
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1 LEZIONE 3 Ritorniamo al nostro rettangolo R di vertici A = (, ), B = (, ), C = (, 3), D = (, 3) a partire dal segmento OU unitario di estremi l origine O ed il punto U = (, ). y D C R A B O Figura 3. Tra le applicazioni utilizzate a tale scopo vi sono rotazioni e riscalamenti che abbiamo studiato nelle lezioni precedenti nell ambito delle applicazioni lineari. Ci sono però anche le traslazioni che non sono lineari: infatti non fissano l origine. Esse rientrano in una più ampia classe di applicazioni, dette affini. 3.. Applicazioni affini. Definizione 3... Un applicazione f: R n R m si dice affine se è della forma f(x) = AX + B, ove A R m,n e B R m,. Un applicazione affine si dice affinità se è biunivoca. In particolare ogni applicazione lineare è affine ma non vale il viceversa. Esempio 3... Si consideri l applicazione T : R 3 R 3 definita da T (, y, z) = ( + b, y + b, z + b 3 ). Typeset by AMS-TEX
2 3.. APPLICAZIONI AFFINI T è un applicazione affine. Infatti T y = y + b b z z b 3 L effetto di T è quello di spostare ogni punto del piano di uno stesso segmento. T è per questo chiamata una traslazione del vettore b ı + b j + b 3 k. Per esempio si consideri la traslazione T nel piano del vettore v = 3/ ı j. Consideriamo il suo effetto sul rettangolo R di vertici Poiché A = (, ), B = (, ), C = (, 3), D = (, 3). A = T (A) = ( + 3/, ) = (/, ), B = T (B) = ( + 3/, ) = (/, ), C = T (C) = ( + 3/, 3 ) = (/, ), D = T (D) = ( + 3/, 3 ) = (/, ), il rettangolo R ottenuto da R con tale proiezione è come in Figura 3.. y D C R A B D' C' R' O A' B' v Figura 3. Il fatto che le traslazioni non siano moltiplicazioni per matrici è una difficoltà notevole dal punto di vista dell implementazione. Infatti, come visto negli esempi precedenti, l azione delle applicazioni che ci interessano sulle figure geomeriche, come il rettangolo R che abbiamo spesso utilizzato, è molto più facile da descrivere se l applicazione è rappresentabile come moltiplicazione per una matrice. Questo si sente particolarmente quando si tratta di comporre più applicazioni per ottenere immagini particolari dalle primitive grafiche o immagini in movimento. Per ovviare a questo problema si introduce la nozione di matrice omogenea di un applicazione affine.
3 LEZIONE 3 3 Definizione Sia f: R n R m l applicazione affine data dalla relazione f(x) = AX + B, ove A R m,n e B R m,. La matrice omogenea di f è la matrice a blocchi A B Mh(f) = R n+,m+.,n Osservazione 3... Se f: R n R m è lineare abbiamo M(f) m, Mh(f) = R n+,m+.,n Sia X = (,..., n ) R n. Consideriamo la colonna X =. n Allora A B X AX + B =. n, Concludiamo che l introduzione della matrice omogenea di un applicazione affine f ci permette di calcolare le immagini dei punti tramite f semplicemente con un prodotto di matrici. Esempio 3... Si consideri di nuovo la traslazione nello spazio del vettore b ı + b j + b 3 k considerata nell Esempio 3... Allora b b Mh(f) = b 3 Nel caso particolare della traslazione del piano descritta nell esempio Poiché =, ovvero R viene trasformato, come già sappiamo, nel rettangolo R di vertici A = (/, ), B = (/, ), C = (/, ), D = (/, ). 3.. Composizione di applicazioni affini. Il motivo principale per cui si introduce la matrice omogenea di un applicazione affine è la seguente proposizione che estede la Proposizione.. iii)
4 3.. COMPOSIZIONE DI APPLICAZIONI AFFINI Proposizione 3... Siano f: R n R m, h: R m R p. Allora h f: R n R p è affine e Mh(h f) = Mh(h)Mh(f). Dimostrazione. Supponiamo che f(x) = AX+B e h(y ) = CX+D con A R m,n, B R m,, C R p,m, D R p,. Allora Mh(f) = A B, Mh(h) =,n C D.,m Poiché h f(x) = h(f(x)) l azione di h f su X è ottenuta prendendo le prime p componenti del prodott (3...) Mh(f) ( Mh(h) ) X X = (Mh(h)Mh(f)) = CA CB + D X. n, In particolare concludiamo che h f(x) = (CA)X + (CB + D): poiché CA R p,n e CB + D R p, segue che h f è un applicazione affine. Inoltre la prima delle Uguaglianze (3...) ci permette d affermare che Mh(h f) = Mh(h)Mh(f) Le traslazioni permettono di spostare oggetti grafici nel piano e nello spazio parallelamente a se stessi. Permettono anche di effettuare tutte le operazioni lineari viste nel paragrafo precedente in generale. Infatti sia P = (, y, z ) un punto dello spazio e supponiamo di voler effettuare una delle operazioni viste nelle Lezioni precedenti avente come punto fisso P e non più O. Allora potremo procedere come segue. Consideriamo prima la traslazione T che porta il punto P in O, ovvero la traslazione del vettore ı y j z k, effettuiamo l operazione lineare f che ci interessa, infine effettuiamo la traslazione T, cioè quella del vettore ı + y j + z k. La trasformazione richiesta è dunque T f T. Posto t = (, y, z ), segue che la matrice omogenea della trasformazione cercata è (3..) ( I3 t A 3,,3,3 ) I3 t =,3 = A t At =,3 ( A (I3 A)t,3 Esempio Si consideri un punto P = (, y ) del piano e supponiamo di voler effettuare una rotazione in senso antiorario di un angolo ϕ intorno a P. Allora la Formula (3..) ci permette d affermare che la formula generale per la matrice omogenea di tale rotazione è cos ϕ sin ϕ ( cos ϕ) + y sin ϕ sin ϕ cos ϕ sin ϕ + y ( cos ϕ) ).
5 LEZIONE 3 Se, per esempio, vogliamo effettuare una rotazione di π/3 radianti in senso antiorario intorno al punto (3/, ), che è il punto d incontro delle diagonali del rettangolo R di vertici A = (, ), B = (, ), C = (, 3), D = (, 3), dobbiamo considerare la trasformazione T f T ove T e f hanno rispettivamente matrici omogenee 3, 3 3, quindi la matrice omogenea della rotazione in esame è 3 In particolare = = Nella figura sotto è disegnato il rettangolo R ottenuto da R con la rotazione sopra indicata. y D C' C D' A π/3 R R' A' B B' O Figura 3.3
6 6 3.. COMPOSIZIONE DI APPLICAZIONI AFFINI Esempio 3... Sia r la retta nel piano di equazione a + by = c ed effettuiamo una simmetria ortogonale intorno ad r. Allora dalla Formula (3..) segue che la matrice omogenea di tale simmetria ortogonale è a b a +b ab a +b ab a b a +b a +b ac a +b bc a +b Se, per esempio, si consideri il solito rettangolo R di vertici A = (, ), B = (, ), C = (, 3), D = (, 3), e sia r la retta di equazione + y =. Allora dobbiamo considerare la trasformazione T f T ove T e f hanno rispettivamente matrici omogenee 3, 3, quindi la matrice omogenea della rotazione in esame è = 3 In particolare = Il rettangolo R ottenuto da R con la rotazione sopra indicata è come in figura. y r D' C' R' A' D C B' R A B O Figura 3.
7 LEZIONE 3 Esempio 3... Andiamo a considerare la retta r di equazione a + by = c, la Formula (3..) ci permette d affermare che la matrice omogenea della proiezione parallela di direzione v = v ı + v y j su r è v yb v b cv v y a v a cv y av + bv y av + bv y Per esempio se r è la retta di equazione + y = e v = ı j, la matrici omogenea della proiezione parallela di direzione v su r è 8 Si consideri ora il rettangolo R di vertici Poiché A = (, ), B = (, ), C = (, 3), D = (, 3), = 8 6 Il rettangolo R ottenuto da R con la proiezione sopra indicata è come in figura. y r D R C C' D' O A B B' A' v Figura 3. Similmente è facile verificare che la matrice omogenea della proiezione parallela dallo spazio sul piano a + by + cz = d secondo la direzione del vettore v = v ı + v y j + v z k è av + bv y + cv z v y b + v z c v b v c dv v y a v a + v z c v y c dv y v z a v z b v a + v y b dv z av + bv y + cv z
8 IL DIFFERENZIALE DI UN APPLICAZIONE AFFINE 3.3. Il differenziale di un applicazione affine. Si consideri un applicazione affine f: R n R m definita da f(x) = AX + B. Risulta allora A B Mh(f) =.,n Abbiamo visto come calcolare l immagine di un punto utilizzando M h(f). Vogliamo capire quale sia il comportamento di f rispetto ai vettori f. A tale scopo generalizziamo la definizione di segmento a R n. Definizione Siano P, P R n. Definiamo segmento di estremi P, P l insieme P P = { tp + ( t)p R n t [, ] }. P, P, P R n si dicono allineati se esiste un segmento che li contiene. Quando n =, 3, la definizione data sopra coincide con la rappresentazione parametrica di un segmento di A n descritta nella Lezione 8. Siano P, P R n. Allora se P P P segue l esistenza di t [, ] tale che P = tp + ( t)p. Si ha f(p ) = A(tP + ( t)p ) + B = = t(ap + B) + ( t)(ap + B) = tf(p ) + ( t)f(p ). Concludiamo che un applicazione affine f trasforma il segmento P P nel segmento f(p )f(p ): se f(p ) f(p ) allora f mantiene anche l orienazione dei segmenti. In particolare un applicazione affine trasforma punti allineati in punti allineati che, eventualmente, potranno essere coincidenti (se, per esempio, l applicazione non è iniettiva). In particolare in R n, n =, 3, se f(p ) f(p ), la retta per P e viene trasformata nella retta per f(p ) e f(p ). Ritorniamo alla nostra applicazione lineare f: R n R m definita da f(x) = AX + B: sia T f : R n R m l applicazione definita da T (Y ) = Y f( n, ). Allora possiamo ora considerare T f(x) = f(x) f( n, ) = (AX + B) (A n, + B) = AX = µ A (X). Quindi ad ogni applicazione affine è associata un applicazione lineare. Definizione Sia f: R n R m affine. L applicazione df = T f f: R n R m viene differenziale di f. Si consideri un applicazione affine f: R n R m definita da f(x) = AX +B. Per dare un interpretazione geometrica di df pensiamo al caso del piano o dello spazio affini. Allora f può essere pensata come un applicazione che trasforma punti di A n in punti di A m secondo una certa regola. Tale regola implica che i punti del vettore applicato OP = P O, vengano trasformati nei punti del vettore applicato f(p ) f(o) = (AP + B) (A n, + B) = (AP ) O = OQ
9 LEZIONE 3 9 ove Q = df(p ). In particolare l applicazione V n (O) V m (O) indotta in questo modo da f può essere identificata con df tramite l identificazione usuale fra punti di A m e vettori applicati di V m (O). Mettiamo in evidenza alcune cose interessanti che discendono da quanto visto sopra in R n, n =, 3: () se f(p ) f(p ), la retta per P e viene trasformata nella retta per f(p ) e f(p ); () se df( v), ogni retta parallela a v viene trasformata in una retta parallela a df( v); (3) se, per esempio, f è un affinità essa trasforma rette parallele in rette parallele. Come abbiamo già fatto notare l mmagine di un punto P tramite l applicazione affine f: R n R m definita da f(x) = AX + B si ottiene calcolando il prodotto Invece l immagine tramite df del vettore P Mh(f). OP si ottiene calcolando il prodotto P Mh(f). Abbiamo quindi un modo sostanzialmente unico per trattare punti e vettori. Nel primo caso aggiugiamo un, nel secondo uno in coda alla matrice che rappresenta il punto od il vettore e moltiplichiamo questa nuova colonna a sinistra per la matrice omogenea di f. Vogliamo determinare gli elementi, punti o direzioni, che vengono fissati dall applicazione f. Nel primo caso si tratta di determinare le eventuali soluzioni X R n dell equazione X X Mh(f) = λ. Nel secondo cerchiamo i vettori v che vengono trasformati in loro multipli da df, cioè cerchiamo le eventuali soluzioni (λ, X) con λ R e X R n dell equazione X X Mh(f) = λ. Entrambi questi problemi possono essere ricondotti all unico problema della ricerca delle eventuali soluzioni (λ, X) con λ R e X R n avente ultima coordinata o dell equazione Mh(f) X = λ X.
10 3.3. IL DIFFERENZIALE DI UN APPLICAZIONE AFFINE Questo è un problema di non immediata soluzione ed è legato ad un altro problema molto importante ed ubiquo, non solo nella matematica ma in tutte le scienze, quello del calcolo degli autovalori ed autovettori di un applicazione lineare Dedicheremo una delle prossime lezioni a tale problema limitatamente al caso delle matrici. Per darne una trattazione semplice e completa è necessario, però, dedicare un po di tempo ad altri due argomenti ad esso strettamente correlati: i numeri complessi ed il calcolo delle radici di un polinomio univariato.
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