Analisi Reale Anno Accademico Roberto Monti. Versione del 11 Dicembre 2014

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1 nalisi Reale nno ccademico Roberto Monti Versione del 11 Dicembre

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3 Contents Chapter 1. Introduzione alla teoria della misura 5 1. Misure esterne e misure su σ-algebre. Criterio di Carathéodory 5 2. Misura di Lebesgue e misure di Hausdorff in R n 8 3. Teoremi di continuità per successioni monotone di insiemi misurabili 9 Chapter 2. Teoria dell integrale Funzioni misurabili Convergenza quasi ovunque. Teorema di Egorov Integrale di Lebesgue ssoluta continuità dell integrale Teorema della convergenza monotona e Lemma di Fatou Convergenza dominata e Teorema di Lebesgue-Vitali Derivata sotto il segno di integrale Integrale di Riemann e integrale di Lebesgue 24 Chapter 3. Spazi di funzioni integrabili Spazi L p. Disuguaglianze di Hölder e Minkowski Inclusioni fra spazi L p Teorema di Completezza Convergenza forte, debole, in misura e q.o Regolarizzazioni Convergenza in media e Teorema di Riemann-Lebesgue Cenni sulla separabilità 41 Chapter 4. Misure di Borel Misure di Borel La misura di Lebesgue è Boreliana regolare Le funzioni continue a supporto compatto sono dense in L p Le misure metriche sono boreliane Insieme di Cantor Funzione di Vitali-Cantor. Insiemi L 1 -misurabili non boreliani 50 Chapter 5. Misure prodotto e Teorema di Fubini-Tonelli Misure su semianelli Misure prodotto. Teorema di riduzione Teorema di Fubini-Tonelli Convoluzione 62 Chapter 6. Teoremi di differenziazione Teorema di Radon-Nikodym 65 3

4 4 CONTENTS 2. Misure di Radon in R n. Teorema di Lusin Differenziazione di misure di Radon in R n 68

5 CHPTER 1 Introduzione alla teoria della misura 1. Misure esterne e misure su σ-algebre. Criterio di Carathéodory In questa sezione introduciamo le definizioni di misura esterna, di σ-algebra, e di misura su una σ-algebra. Per Criterio di Carathéodory, a partire da una misura esterna si può produrre una σ-algebra, detta degli insiemi misurabili. La misura esterna ristretta a tale σ-algebra è una misura. Nel seguito è un insieme e P() è l insieme delle parti di. Definizione (Misura esterna). Una funzione µ : P() [0, ] è una misura esterna se: i) µ( ) = 0; ii) se B allora µ() µ(b) (proprietà di monotonia); iii) per ogni successione di insiemi ( k ) k N in vale la subadditività numerabile ( ) (1.1.1) µ k µ( k ). Una σ-algebra è una famiglia di insiemi chiusa per complemento, intersezioni ed unioni numerabili. Più precisamente: Definizione (σ algebra). Un insieme P() è una σ algebra dell insieme se: i), ; ii) se allora = \ ; iii) se k per ogni k N, allora k. k Osservazione Chiaramente, se k per ogni k N allora si ha e quindi dalla iii) segue che ( ) k = k. Di conseguenza, dalla ii) si deduce che k. nalogamente, se, B allora \ B = B. Definizione (Misura e spazio di misura). Sia una σ algebra su un insieme. Una funzione µ : [0, ] è una misura (positiva) se: i) µ( ) = 0; ii) se k, k N, è una successione di insiemi mutualmente disgiunti, allora vale l additività numerabile ( ) (1.1.2) µ k = µ( k ). 5

6 6 1. INTRODUZIONE LL TEORI DELL MISUR La terna (,, µ) si dice allora spazio di misura. Esempio (Misura di Dirac). Sia un insieme e fissiamo un punto x 0. La funzione δ : P() [0, ] δ() = { 1 se x0, 0 se x 0 \, è una misura sulla σ-algebra P(), detta delta di Dirac concentrata in x 0. Esempio (Counting measure). Sia un insieme e definiamo la funzione χ : P() [0, ] { # = Card() se Card() <, χ() = se la cardinalità di non è finita. La funzione χ è una misura su detta counting measure. Torniamo alle misure esterne, e definiamo la nozione di insieme misurabile. Definizione (Insieme misurabile). Sia un insieme e sia µ una misura esterna su. Un insieme si dice µ misurabile se per ogni E vale la proprietà di spezzamento (1.1.3) µ(e) = µ(e ) + µ(e ). Indicheremo con M (, µ) o più semplicemente con M la famiglia degli insiemi misurabili di rispetto alla misura esterna µ. Osservazione La disuguaglianza µ(e) µ(e ) + µ(e ) è sempre verifica, per la subadditività della misura esterna. La costruzione di Carathèodory ci assicura che M è una σ-algebra su. Teorema (Criterio di Carathéodory). Sia µ una misura esterna su un insieme. La famiglia M degli insiemi µ misurabili è una σ algebra ed inoltre la restrizione µ : M [0, ] è una misura. Inoltre, questa misura è completa nel senso che µ() = 0 implica M. Dim. È immediato vedere che M. Inoltre, dalla simmetria della definizione di insieme misurabile segue che M se e solo se M. Proviamo che se k M per ogni k N allora si ha anche = k M.

7 1. MISURE ESTERNE E MISURE SU σ-lgebre. CRITERIO DI CRTHÉODORY 7 Per induzione, usando la definizione (1.1.3) di insieme misurabile si trova, per ogni k N, µ(e) = µ(e 1 ) + µ(e 1) = µ(e 1 ) + µ(e 1 2 ) + µ(e 1 2) = µ(e 1 ) + µ(e 1 2 ) + µ(e ) =... k = + µ(e 1 2 3) ( ( i 1 µ E i \ j=1 )) ( j + µ E Dalla proprietà di monotonia della misura esterna segue che ( µ E ( ) ) ( i µ E ( k ) i ). ( k ) i ), e quindi per ogni k N vale la disuguaglianza k ( ( i 1 )) ( ( ) µ(e) µ E i \ j + µ E i ). j=1 Passando al limite per k e poi usando la subadditività numerabile della misura esterna si ottiene: ( ( i 1 )) ( ( ) ) µ(e) µ E i \ j + µ E i ( ( µ E i \ ( µ E j=1 i 1 j=1 )) ( ( ) ) j + µ E i ( )) ( ( ) ) i + µ E i µ(e). Null ultima disuguaglianza abbiamo usato di nuovo la subadditività della misura esterna. Si conclude che le disuguaglianze precedenti sono tutte uguaglianze, e quindi µ(e) = µ(e ) + µ(e ), per ogni E, ovvero M. bbiamo in effetti trovato l identità più ricca di informazioni: ( ( i 1 )) ( ( ) (1.1.4) µ(e) = µ E i \ j + µ E i ). j=1 Mostriamo che µ è σ additiva su M. Sia = i con unione disgiunta, e nell uguaglianza (1.1.4) scegliamo E =. Usando il fatto che µ( ) = 0 si ottiene ( ) µ i = µ( i ).

8 8 1. INTRODUZIONE LL TEORI DELL MISUR Rimane da verificare che µ è completa. Se µ() = 0, allora dalla subadditività e dalla monotonia della misura esterna si trova µ(e) µ(e ) + µ(e ) µ() + µ(e) = µ(e), e dunque si hanno uguaglianze e pertanto M. Questo termina la dimostrazione del teorema. 2. Misura di Lebesgue e misure di Hausdorff in R n 2.1. Misura di Lebesgue. Introduciamo la misura di Lebesgue L n in R n, n 1, e la σ-algebra degli insiemi L n -misurabili in R n. Un plurintervallo I R n è un insieme del tipo I = [a 1, b 1 )... [a n, b n ), con a i < b i per i = 1,..., n. La misura di un plurntervallo I è definita in modo naturale n mis(i) = (b i a i ). Un ricoprimento Lebesguiano di un insieme R n è una successione di plurintervalli (I k ) k N di R n tale che k N I k. Definiamo la misura esterna di Lebesgue L n : P(R n ) [0, ] ponendo per ogni R n { } L n () = inf mis(i k ) : (I k ) k N ricoprimento Lebesguiano di. Verifichiamo che la funzione di insiemi L n : P(R n ) [0, ] è una misura esterna. Certamente L n ( ) = 0 e L n () L n (B) se B, dal momento che tutti i ricoprimenti Lebesguiani di B sono anche ricoprimenti di. Proviamo la subadditività numerabile (1.1.1). Sia ( k ) k N una successione di insiemi di R n. Se il membro di destra in (1.1.1) non è finito, ovvero L n ( k ) =, allora non c è nulla da provare. Possiamo allora supporre che la serie converga e quindi L n ( k ) < per ogni k N. Fissato ε > 0, per ogni k N esiste un ricoprimento Lebesguiano {Ii k : i N} di k tale che mis(ii k ) L n ( k ) + ε/2 k. La famiglia di plurintervalli {Ii k : i, k N} è un ricoprimento Lebesguiano di k, e dunque ( ) L n k mis(ii k ) (L n ( k ) + ε ) = ε + L n ( 2 k k ).

9 3. TEOREMI DI CONTINUITÀ PER SUCCESSIONI MONOTONE DI INSIEMI MISURBILI 9 Dall arbitrarietà di ε > 0 si ottiene la tesi. Per il Criterio di Carathéodory, gli insiemi L n -misurabili formano una σ-algebra M su cui L n è una misura completa: la misura di Lebesgue. Un insieme M si dice Lebesgue misurabile Misure di Hausdorff. Sia n 1 un intero e sia s 0 un parametro dimensionale reale. Definiamo la costante dove Γ(s) = ω s = 0 π s/2 Γ(s/2 + 1), e x x s 1 dx, s > 0, è la funzione Γ di Eulero. Il significato di questa costante è che per s = k N si ha ω k = L k ({x R k : x < 1}), la misura di Lebesgue della palla unitaria k-dimensionale. Ricordiamo che il diametro di un insieme E R n è per definizione diam(e) = sup x y. x,y E Per ogni δ > 0, definiamo la premisura di Hausdorff s-dimensionale in R n, la funzione Hδ s : P(R n ) [0, ], ponendo per ogni R n ( Hδ s diam(ek ) ) s () = inf {ω s : Ek R n, diam(e k ) δ, E k }. 2 k N Definiamo quindi la misura di Hausdorff s-dimensionale H s : P(R n ) [0, ], ponendo H s () = sup Hδ s () = lim H s δ>0 δ 0 + δ (). La funzione H s è una misura esterna su R n. La dimostrazine di questo fatto è del tutto analoga a quella fatta per la misura di Lebesgue e viene omessa. Per ogni s 0, gli insiemi H s -misurabili formano una σ-algebra su cui H s è una misura, la misura di Hausdorff s-dimensionale in R n. 3. Teoremi di continuità per successioni monotone di insiemi misurabili Una successione( k ) k N di sottoinsiemi di si dice monotona crescente se k k+1 per ogni k N. Si dice monotona decrescente se k+1 k per ogni k N. Teorema Sia µ una misura esterna sull insieme e sia ( k ) k N una successione di insiemi µ-misurabili di. llora: ( (i) Se la successione è crescente si ha lim µ( k ) = µ k ). k ( (ii) Se la successione è decrescente e µ( 1 ) < si ha lim µ( k ) = µ k ). k k N

10 10 1. INTRODUZIONE LL TEORI DELL MISUR Dim. (i) Usiamo la proprietà di additività numerabile della misura per gli insiemi misurabili: ( ) ( k 1 ) ( k 1 ) µ k = µ k \ j = µ k \ j = lim m j=1 m ( µ k \ ( = lim µ m m k 1 j=1 j=1 ) ( j = lim µ m m k ) = lim m µ( m). k \ bbimo usato il fatto che la successione è crescente per dire che m k = m. (ii) Consideriamo la successione B k = 1 \ k, k N, che è crescente, e dunque lim µ( 1 \ k ) = lim µ(b k ) = µ k k k 1 j=1 j ) ( ) ( ) ( B k = µ 1 \ k = µ 1 \ k ). Siccome µ( 1 ) < si ha µ( k ) < per ogni k N e quindi l identità µ( 1 ) = µ(( 1 \ k ) k ) = µ( 1 \ k ) + µ( k ) implica che µ( 1 \ k ) = µ( 1 ) µ( k ) e la tesi (ii) segue.

11 CHPTER 2 Teoria dell integrale 1. Funzioni misurabili In tutta questa sezione è un insieme e µ è una misura esterna su. Diremo misurabili gli insiemi di che sono µ-misurabili. Definizione (Funzioni misurabili). Una funzione f : R si dice misurabile se per ogni insieme aperto R l antimmagine f 1 () è un insieme misurabile di. Osservazione Una funzione f : [, ] si dirà misurabile se gli insiemi f 1 ({ }) ed f 1 ({ }) sono misurabili ed è verificata la condizione della definizione precedente. Proposizione Sia f : R una funzione. Sono equivalenti le seguenti affermazioni. 1) f 1 (], α[) è misurabile per ogni α R. 2) f 1 (], α]) è misurabile per ogni α R. 3) f 1 (]α, [) è misurabile per ogni α R. 4) f 1 ([α, [) è misurabile per ogni α R. 5) f 1 (]α, β[) è misurabile per ogni α, β R. 6) f 1 () è misurabile per ogni insieme aperto R. Dim. La prova è elementare e viene omessa. La dimostrazione che 1) implica 2) è la seguente: { f 1 (], α]) = {x : f(x) α} = x : f(x) < α + 1 }, k e l insieme a destra è misurabile in quanto intersezione numerabile di misurabili. Proposizione Siano f, g : R funzioni misurabili. llora anche le funzioni f + g, fg, f/g con g 0 su, max{f, g}, min{f, g} e f sono misurabili. Dim. Proviamo che la somma f + g è misurabile. Infatti, dato α R l insieme {x : f(x) + g(x) < α} coincide con l insieme { x : esistono s, t Q tali che f(x) < s, g(x) < t e s + t < α } ovvero si ha (f + g) 1 (], α[) = s,t Q s+t<α f 1 (], s[) g 1 (], t[), e l insieme a destra è misurabile in quanto unione numerabile di misurabili. 11

12 12 2. TEORI DELL INTEGRLE Poi osserviamo che, dato α 0, si ha {f 2 > α} = {f > α} {f < α} e quindi f 2 è misurabile. Dunque, anche il prodotto di funzioni fg = 1 2 ((f +g)2 f 2 g 2 ) è misurabile. Lasciamo al lettore il compito di verificare la misurabilità di 1/g. Le funzioni f + = fχ {f 0} ed f = fχ {f 0} sono misurabili in quanto prodotto di funzioni misurabili. Quindi è misurabile anche la funzione f = f + + f. Nella dimostrazione precedente abbiamo usato la notazione χ = 1 per la funzione caratteristica di un insieme. Definizione La funzione caratteristica di un insieme è la funzione χ : R definita nel seguente modo: { 1 se x, χ (x) = 0 se x \. La funzione χ è misurabile se e solo se è misurabile. Proposizione Siano f k llora anche le funzioni inf f k, k N sup f k, k N : [, ], k N, funzioni misurabili. lim inf f k, lim sup k sono misurabili. In particolare, il limite puntuale di funzioni misurabili, se esiste, è una funzione misurabile. ha k Dim. Proviamo che la funzione g = inf k N f k è misurabile. Infatti, per ogni α R si {x : g(x) < α} = k N{x : f k (x) < α} e quindi g 1 (], α[) = k N f 1 k (], α[) è un insieme misurabile. In modo analogo, detta h = sup f k, per ogni α R si ha k N f k {x : h(x) > α} = k N{x : f k (x) > α} e quindi h 1 (]α, [) = k N f 1 k (]α, [) è un insieme misurabile. Infine, anche le funzioni lim inf k sono misurabili. f k(x) = sup inf f(x), k N n k lim sup f k (x) = inf k sup k N n k f(x) Ora proviamo che le funzioni misurabili non negative si possono approssimare con funzioni di struttura speciale. Teorema Sia f : [0, ] una funzione misurabile non negativa. Esiste una successione di insiemi misurabili ( k ) k N tali che 1 f(x) = k χ k (x), per ogni x. Inoltre, se f è limitata esiste una scelta di insiemi tale che la serie converge uniformemente.

13 1. FUNZIONI MISURBILI 13 Dim. Definiamo l insieme 1 = {x : f(x) 1}, che è misurabile. Poi definiamo l insieme 2 = {x : f(x) χ 1 (x) 1 }, che è misurabile. Osserviamo 2 che f(x) χ 1 (x) e di più f(x) χ 1 (x) χ 2 (x) per ogni x. Per induzione, per ogni k N possiamo definire l insieme misurabile k = { k 1 1 x : f(x) j χ j (x) 1 }. k Sempre per induzione, si prova che per ogni x e per ogni k N si ha k 1 f(x) j χ j (x), e dunque per k si ottiene (2.1.5) f(x) j=1 j=1 1 k χ k (x), per ogni x. Proviamo che in (2.1.5) vale l uguaglianza. Infatti, se f(x) = allora x k per ogni k N e dunque 1 χ k k (x) = 1 =. Se, invece, 0 f(x) < allora k x / k per infiniti k (altrimenti la serie diverge), e dunque, dalla definizione di k segue che f(x) < 1 k 1 k + 1 j χ j (x), j=1 per infiniti k e passando al limite per k si ottiene la tesi. Ora supponiamo che risulti f(x) M < per ogni x. Fissato ε > 0, siano k 1, k 2 N tali che Dalla disuguaglianza 1 k 1 < ε e k 2 1 j > M. j=k 1 k 2 1 k χ k (x) f(x) M, k=k 1 segue che per ogni x esiste k N con k 1 k k 2 tale che x / k, ovvero f(x) k 1 j=1 1 j χ j (x) < 1 k 1 k 1 < ε. Per la monotonia puntuale delle somme troncate, la disuguaglianza f(x) k 1 j=1 1 j χ j (x) < ε,

14 14 2. TEORI DELL INTEGRLE vale allora per tutti i k k 2. Il numero k 2 è stato scelto indipendentemente da x. Questo prova la convergenza uniforme. 2. Convergenza quasi ovunque. Teorema di Egorov Sia µ una misura esterna su un insieme. Diciamo che una successione di funzioni f n : R, n N, converge quasi ovunque (q.o.) ad una funzione f : R se esiste un insieme N di misura nulla, µ(n) = 0, tale che per ogni x \ N si ha lim f n(x) = f(x). Il Teorema di Egorov mostra che la convergenza quasi ovunque di funzioni misurabili implica la convergenza uniforme su un insieme di misura grande. Teorema (Egorov). Sia (,, µ) uno spazio di misura finito, µ() <, e siano f, f n : R, n N, funzioni misurabili tali che lim f n (x) = f(x) per quasi ogni x. Per ogni ε > 0 esiste un insieme ε tale che µ( \ ε ) < ε e lim sup f n (x) f(x) = 0. x ε Dim. meno di togliere da un insieme di misura nulla, non è restrittivo supporre che f n (x) f(x), quando n, per ogni x. Per ogni n, k N definiamo gli insiemi S n,k = { x : f j (x) f(x) < 1 }. k j n Ogni insieme S n,k è misurabile, si ha la monotonia S n,k S n+1,k, e inoltre S n,k = per ogni k N. Infatti, fissato x, in virtù della convergenza puntuale esiste n N tale che f j (x) f(x) < 1 per ogni j n, ovvero x S k n,k. Per la continuità della misura per successioni monotone, si ha lim µ(s n,k) = µ(), ed essendo la misura µ finita, si deduce che per ogni k N fissato lim µ( \ S n,k) = 0. Pertanto, per ogni k N esiste n k N tale che dove ε > 0. Definiamo l insieme ε = µ( \ S nk,k) < ε 2 k, S nk,k. La misura del complementare si stima nel seguente modo: ( ) µ( \ ε ) = µ \ S nk,k µ( \ S nk,k) ε 2 k = ε. Chiaramente, per ogni k N si ha ε S nk,k e dunque per ogni n n k si ha sup f n (x) f(x) < 1 x ε k.

15 3. INTEGRLE DI LEBESGUE 15 Questa è la convergenza uniforme su ε. 3. Integrale di Lebesgue Sia (,, µ) uno spazio di misura. In questa sezione definiamo l integrale di Lebesgue di funzioni misurabili. Partiamo dalle funzioni semplici, poi definiamo l integrale di funzioni non negative e solo alla fine definiamo l integrale di funzioni con segno. Definizione (Funzione semplice). Una funzione misurabile ϕ : R si dice funzione semplice se l insieme ϕ() R ha cardinalità finita. Data una funzione semplice ϕ, esistono un numero finito di insiemi misurabili 1,..., n e delle costanti c 1,..., c n R, n N, tali che n = i, con unione disgiunta, ed inoltre (2.3.6) ϕ(x) = n c i χ i (x), x. Se richiediamo che i valori c 1,..., c n siano distinti (e che gli insiemi 1,..., n siano disgiunti), allora la rappresentazione è unica. Definizione (Integrale di una funzione semplice). L integrale di una funzione semplice non negativa ϕ : [0, ) è per definizione n ϕ(x)dµ = c i µ( i ) [0, ]. Convenzione. In questa definizione, conveniamo che c i µ( i ) = 0 quando c i = 0 e µ( i ) =. Sappiamo che una funzione misurabile f : [0, ] ha la rappresentazione 1 f(x) = k χ k (x), x. Qui, gli insiemi k sono misurabili ma non disgiunti. Tuttavia, le troncate della serie, ovvero le funzioni n 1 ϕ n (x) = k χ k (x), n N, assumono un numero finito di valori e dunque sono funzioni semplici. Dal Teorema deduciamo il seguente fatto: Corollario Data una funzione misurabile f : [0, ] esiste una successione crescente di funzioni semplici (ϕ n ) n N tale che lim ϕ n(x) = f(x), x. Inoltre, la convergenza si può assumere uniforme se f è limitata.

16 16 2. TEORI DELL INTEGRLE Definizione (Integrale di una funzione misurabile non negativa). Definiamo l integrale di una funzione misurabile non negativa f : [0, ] come { } f(x)dµ = sup ϕ(x)dµ : ϕ f.s. tale che 0 ϕ f su [0, ]. Se l integrale è finito diremo che la funzione f è integrabile su. Definiamo ora l integrale per le funzioni con segno. Data una funzione f : [, ], definiamo la sua parte positiva e la sua parte negativa f + (x) = max{f(x), 0}, f (x) = min{f(x), 0}, di modo che f(x) = f + (x) f (x) ed f(x) = f + (x) + f (x). Definizione Diciamo che una funzione misurabile f : [, ] è sommabile se la funzione f è integrabile. In questo case scriviamo f L 1 () = L 1 (,, µ) e definiamo l integrale di f su in dµ f(x)dµ = f + (x)dµ f (x)dµ. Non c è una convenzione universale sul significato dei termini integrabile e sommabile. Noi li useremo come sinonimi. Un limite dell integrale di Lebesgue è che, nel caso di indeterminazioni, non rileva eventuali cancellazioni fra le aree positive e le aree negative nel sottografico della funzione integranda f, come invece riesce a fare l integrale improprio di Riemann. Nel seguente teorema elenchiamo le proprietà standard dell integrale di Lebesgue. La dimostrazione è omessa. Teorema Sia (,, µ) uno spazio di misura. i) Se f, g L 1 () allora per ogni α, β R si ha αf + βg L 1 () ed inoltre (αf(x) + βg(x))dµ = α f(x)dµ + β f(x)dµ. Questa è la proprietà di linearità dell integrale. ii) Se f, g : [0, ] sono funzioni misurabili (oppure f, g L 1 ()) tali che f(x) g(x) per µ-q.o. x, allora f(x)dµ g(x)dµ. Questa è la proprietà di monotonia dell integrale. iii) Per ogni f L 1 () si ha la proprietà di subadditività f(x)dµ f(x) dµ. iv) Se è misurabile ed f L 1 (), allora f L 1 () e si ha f(x)dµ = f(x)χ (x) dµ.

17 4. SSOLUT CONTINUITÀ DELL INTEGRLE 17 Osservazione nticipando il Teorema di Fubini-Tonelli sullo scambio dell ordine di integrazione, possiamo dare la seguente interpretazione dell integrale di Lebesgue. Sia f L 1 () una funzione non negativa, allora f(x) f(x)dx = dt dµ(x) 0 = χ (0,f(x)) (t)dt dµ(x) [Fubini-Tonelli, ad es. con µ() < ] 0 = χ (0,f(x)) (t)dt dµ(x) 0 = χ {f>t} (x)dµ(x) dt = 0 0 µ({x : f(x) > t}) dt. La funzione ϕ f (t) = µ({x : f(x) > t}) si dice funzione di ripartizione o funzione di distribuzione di f. Siccome ϕ f è monotona decrescente, l ultimo integrale è definito anche come integrale di Riemann. d esempio per una funzione f : [0, 1] R della forma f(x) = c 1 χ 1 (x) + c 2 χ 2 (x) + c 3 χ 3 (x), con la misura di Lebesgue su [0, 1] la situazione è la seguente: 4. ssoluta continuità dell integrale Vedremo nel seguito del corso le definizioni di funzione assolutamente continua e di misura assolutamente continua. Qui verifichiamo l assoluta continuità dell integrale rispetto alla sua misura di riferimento.

18 18 2. TEORI DELL INTEGRLE Teorema (ssoluta continuità dell integrale). Sia (,, µ) uno spazio di misura e sia f L 1 () una funzione sommabile. Per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogni insieme misurabile vale l implicazione µ() < δ f(x) dµ ε. Dim. meno di sostituire f con f, non è restrittivo supporre f 0. Siccome f L 1 (), il suo integrale è finito, e quindi, per la definizione di integrale, per ogni ε > 0 esiste una funzione semplice ϕ : R tale che n 0 ϕ f, ϕ = c i χ i, f(x)dµ ϕ(x)dµ ε 2, dove n 1, i sono insiemi misurabili e c i 0 sono costanti tali che µ( i ) = implica c i = 0. Se f non è identicamente nulla, è possibile supporre che anche ϕ non sia nulla identicamente (q.o.). L integrale di ϕ su un insieme misurabile è n n ϕ(x)dµ = c i µ( i ) µ() c i. Dunque, con la scelta si ha 0 non appena µ() < δ. f(x)dµ δ = 2 ε n c i (f(x) ϕ(x))dµ + ϕ(x)dµ ε 2 + ε 2 = ε 5. Teorema della convergenza monotona e Lemma di Fatou Il Teorema della convergenza monotona, noto anche come Teorema di Beppo Levi, permette di passare con il limite dentro il segno di integrale quando la successione di funzioni integrate è puntualmente crescente. La dimostrazione si basa sulla continuità della misura per successioni crescenti di insiemi. Teorema (Beppo Levi). Sia (,, µ) uno spazio di misura, e sia (f n ) n N una successione crescente di funzioni misurabili positive, 0 f n (x) f n+1 (x) per ogni n N e per q.o. x. Detta f(x) = lim f n (x) la funzione limite, si ha lim f n (x)dµ = f(x)dµ. Dim. La funzione limite f è misurabile in quanto limite q.o. di funzioni misurabili. Siccome f n f n+1 f, per la monotonia dell integrale si ha 0 f n (x)dµ f n+1 (x)dµ f(x) dµ.

19 5. TEOREM DELL CONVERGENZ MONOTON E LEMM DI FTOU 19 Dunque, il seguente limite esiste e si ha L = lim f n (x)dµ f(x)dµ. Verifichiamo la disuguaglianza opposta. Se mostriamo che ogni funzione semplice 0 ϕ f verifica ϕ(x) dµ L, allora la tesi segue. La funzione semplice ϕ è della forma ϕ(x) = k c iχ i (x) dove c i 0 e i sono insiemi misurabili. Fissato δ (0, 1), per ogni n N definiamo gli insiemi E n = {x : δϕ(x) f n (x)}. Dalla monotonia f n f n+1 segue che E n E n+1, e inoltre dalla convergenza puntuale segue che = E n. Infatti, se x ed f(x) > 0 allora si ha f n (x) f(x) > δϕ(x), e dunque f n (x) δϕ(x) per tutti gli n sufficientemente grandi. Integrando la disuguaglianza δϕ(x)χ En (x) f n (x) per x, e passando al limite per n si ottiene lim L integrale al membro di sinistra è δϕ(x)χ En (x)dµ = δϕ(x)χ En (x)dµ lim f n (x)dµ = L. k δc i µ( i E n ). Per la continuità della misura sulle successioni crescenti di insiemi si ha ( lim µ( ) ( ) i E n ) = µ i E n = µ i E n = µ( i ), e dunque lim δϕ(x)χ En (x)dµ = δ Per δ 1 nella disuguaglianza si ottiene la tesi. k δ ϕ(x)dµ L c i µ( i ) = δ ϕ(x) dµ. Dal teorema della convergenza monotona segue il Lemma di Fatou. Teorema (Lemma di Fatou). Sia (,, µ) uno spazo di misura e sia f n : [, ], n N, una successione di funzioni misurabili non negative, f n 0. llora lim inf f n(x)dµ lim inf f n (x)dµ.

20 20 2. TEORI DELL INTEGRLE Dim. Per ogni n N definiamo la funzione misurabile g n : [0, ] g n (x) = inf k n f k(x), x. La successione (g n ) n N è crescente. Dal Teorema di Beppo Levi segue che lim g n (x)dµ = lim g n(x)dµ. Dal momento che g n f n, si ha lim inf f n (x)dµ lim g n (x)dµ = Questa è la tesi. lim g n(x)dµ = lim inf f n(x)dµ. 6. Convergenza dominata e Teorema di Lebesgue-Vitali Il teorema della convergenza dominata è uno degli strumenti più flessibili per passare al limite sotto il segno di integrale. Teorema (Convergenza dominata). Sia (,, µ) uno spazio di misura e sia (f n ) n N una successione di funzioni misurabili tali che il limite f(x) = lim f n (x) esista per µ-q.o. x. Se esiste una funzione g L 1 (), detta maggiorante, tale che f n (x) g(x) per µ-q.o. x, per ogni n N, allora f L 1 () e si ha lim In particolare, questo implica che lim Dim. Le funzioni g n : [0, ], f n (x) f(x) dµ = 0. f n (x) dµ = f(x) dµ. g n (x) = 2g(x) f n (x) f(x), x, sono misurabili e positive, g n 0, in quanto f n g ed f g. Usando la convergenza puntuale f n (x) f(x) per q.o. x quando n, per il Lemma di Fatou si ha 2 g(x) dµ = lim inf g n(x)dµ lim inf g n (x)dµ = 2 che è equivalente a lim sup f n (x) f(x) dµ 0, che a sua volta è equivalente al fatto che il limite è zero. g(x) dµ + lim inf f n (x) f(x) dµ,

21 6. CONVERGENZ DOMINT E TEOREM DI LEBESGUE-VITLI 21 Il teorema della convergenza dominata non descrive in modo preciso (con un se e solo se) quando la convergenza puntuale implica quella in L 1 (). Tale caratterizzazione è data dal Teorema di Lebesgue-Vitali e la nozione chiave è quella di uniforme integrabilità. Definizione Sia (,, µ) uno spazio di misura. Una famiglia di funzioni F L 1 () si dice uniformemente integrabile se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che µ() < δ sup f F f(x) dµ < ε per ogni insieme misurabile. Teorema (Lebesgue-Vitali). Sia (,, µ) uno spazio di misura e sia f n L 1 (), n N una successione di funzioni tale che f n (x) f(x) per µ-q.o. x. Sono equivalenti le seguenti affermazioni: () f L 1 () e lim f n (x) f(x) dµ = 0; (B) Valgono le due affermazioni: (i) La successione (f n ) n N è uniformemente integrabile. (ii) Per ogni ε > 0 esiste ε tale che µ( ε ) < e sup n N \ ε f n (x) dµ ε. Dim. ) B). Proviamo la (i). Dato ε > 0, per ipotesi esiste n N tale che f n (x) f(x) dµ ε, per ogni n > n. Per l assolutà continuità dell integrale esistono δ 0, δ k > 0, k = 1,..., n, tali che µ() δ 0 f(x) dµ ε, µ() δ k f k (x) dµ ε. Scegliamo δ = min{δ 0, δ 1,..., δ n }. Ora, per n > n si ha f n (x) dµ f n (x) f(x) dµ + f(x) dµ 2ε non appena µ() δ. Con questo la (i) è provata. Passiamo alla (ii). Fissato ε > 0, per t > 0 consideriamo l insieme 0,t = {x : f(x) t}. llora µ( 0,t ) = dµ 1 f(x) dµ <, 0,t t e inoltre, essendo f L 1 (), dal teorema della convergenza monotona deriva che lim f(x) dµ = 0, t 0 \ 0,t e quindi esiste t 0 > 0 tale che \ 0,t0 f(x) dµ ε.

22 22 2. TEORI DELL INTEGRLE Per ipotesi esiste n N tale che f n (x) f(x) dµ ε, per ogni n > n. Per k = 1,..., n si considerano gli insiemi k,t = {x : f k (x) t}. Per l argomento precedente questi insiemi hanno misura finita e inoltre esistono t k > 0 tali che f k (x) dµ ε, k = 1,..., n. \ k,tk questo punto si definisce ε = n k=0 k,t k. Risulta µ( ε ) < e inoltre f k (x) dµ f k (x) dµ ε, k = 1,..., n. \ ε \ k,tk D altra parte, per n > n si ha f n (x) dµ f n (x) f(x) dµ + \ ε f(x) dµ 2ε. \ ε Con questo anche la (ii) è provata. B) ). Mostriamo preliminarmente che (i) e (ii) valgono anche per la funzione f. d esempio, usando il Lemma di Fatou f(x) dµ = lim inf f n(x) dµ lim inf f n (x) dµ ε. \ ε \ ε \ ε nalogamente si prova l estensione della (ii). Sia ε > 0 fissato. Esiste ε tale che µ( ε ) < e sup f n (x) f(x) dµ ε. n N \ ε Inoltre esiste δ > 0 tale che, se µ() < δ allora f n (x) f(x) dµ ε. sup n N Per il teorema di Egorov esiste un insieme Y ε ε tale che µ( ε \ Y ε ) < δ ed f n f uniformemente su Y ε. Ora si può scomporre l integrale da stimare in questo modo f n (x) f(x) dµ = f n (x) f(x) dµ+ f n (x) f(x) dµ+ f n (x) f(x) dµ. \ ε ε\y ε Y ε Grazie alla convergenza uniforme esiste n N tale che per n > n si ha f n (x) f(x) dµ ε. Y ε Per la scelta di Y ε, per l ipotesi (i) si ha f n (x) f(x) dµ ε ε\y ε uniformemente per n N. In conclusione si ottiene f n (x) f(x) dµ 3ε, per ogni n > n.

23 7. DERIVT SOTTO IL SEGNO DI INTEGRLE 23 Segue immediatamente che f L 1 (). Il teorema è così interamente provato. Esempio Sia = (0, 1) con la misura di Lebesgue. La successione di funzioni f n : (0, 1) R, n N, { n se 0 < x < 1/n, f n (x) = 0 se 1/n x < 1, converge a 0 in ogni punto x (0, 1) ed inoltre f n (x) dx = 1 [0,1] per ogni n N. La successione (f n ) n N, tuttavia, non è uniformemente integrabile. Esempio Sia = R con la misura di Lebesgue. La successione di funzioni f n : R R, n N, f n (x) = χ [n,n+1] (x), x R, è uniformemente integrabile ed f n (x) 0 per ogni x R. Tuttavia non verifica la condizione (ii) nel Teorema di Lebesgue-Vitali. Esercizio 6.1. Derivare il Teorema della convergenza dominata dal Teorema di Lebesgue-Vitali. 7. Derivata sotto il segno di integrale Usiamo il teorema della convergenza dominata per provare un teorema di derivazione sotto segno di integrale. Teorema Sia (,, µ) uno spazio di misura e sia f : R [, ] una funzione con queste proprietà: i) Per ogni t R la funzione x f(x, t) è integrabile. ii) Per quasi ogni x la funzione t f(x, t) è derivabile. iii) Fissato t 0 R esistono δ > 0 e g L 1 () tali che f(x, t) g(x) t per ogni t (t 0 δ, t 0 + δ) e per q.o. x. llora la funzione F : R R F (t) = f(x, t)dµ è derivabile nel punto t 0 e risulta F (t 0 ) = f(x, t 0 ) dµ. t Dim. Osserviamo preliminarmente che per il punto iii) si ha f(x, t 0 ) L 1 (). t La misurabilità della funzione segue dal fatto di essere limite di funzioni misurabili (i rapporti incrementali).

24 24 2. TEORI DELL INTEGRLE Per la caratterizzazione sequenziale del limite è sufficiente verificare che per ogni successione (t n ) n N convergente a t 0 si può portare il limite del rapporto incrementale dentro l integrale: (2.7.7) lim F (t n ) F (t 0 ) t n t 0 = lim f(x, t n ) f(x, t 0 ) dµ. t n t 0 Per il Teorema di Lagrange, per ogni n N tale che t n (t 0 δ, t 0 + δ) e per µ-q.o. x esiste τ n (x) (t 0, t n ) tale che g n (x) = f(x, t n) f(x, t 0 ) t n t 0 = f(x, τ n(x)), t e di conseguenza g n (x) g(x) per ogni n N sufficientemente grande e per µ- q.o. x. Siamo dunque nelle ipotesi del Teorema della convergenza dominata, che giustifica il passaggio al limite (2.7.7). 8. Integrale di Riemann e integrale di Lebesgue In questa sezione proviamo che una funzione è Riemann-integrabile precisamente quando l insieme dei suoi punti di discontinuità ha misura di Lebesgue nulla. Poi proviamo che tutte le funzioni Riemann-integrabili sono Lebesgue integrabili e che i due integrali coincidono. Ricordiamo che l oscillazione di una funzione f : [0, 1] R su un insieme I [0, 1] è definita nel seguente modo ω(f, I) = sup{f(x) f(y) : x, y I}. Poi, l oscillazione locale di f nel punto x [0, 1] è ω(f, x) = lim δ 0 + ω(f, I δ(x)) = inf δ>0 ω(f, I δ(x)), dove I δ (x) = {y [0, 1] : x y < δ}. Osserviamo che per ogni t > 0 l insieme E t = {x [0, 1] : ω(f, x) < t} è aperto relativamente a [0, 1], ovvero il complementare è chiuso, ovvero la funzione x ω(f, x) è superiormente semicontinua. Infatti, se x E t allora esiste δ > 0 tale che ω(f, I δ (x)) < t e quindi per ogni y I δ (x) esiste un δ > 0 tale che I δ (y) I δ (x) e dunque ω(f, y) ω(f, I δ (y)) ω(f, I δ (x)) < t. La funzione f è continua nel punto x [0, 1] se e solo se ω(f, x) = 0, e l insieme è l insieme dei punti di discontinuità di f. D(f) = {x [0, 1] : ω(f, x) > 0} Lemma Sia f : [0, 1] R una funzione limitata. Supponiamo che per ogni x [0, 1] risulti ω(f, x) < ε. llora esiste δ > 0 tale che ω(f, I) < ε per ogni intervallo I [0, 1] con L 1 (I) < δ. Dim. Per ogni x [0, 1] esiste δ x > 0 tale che ω(f, I δx (x)) < ε. La famiglia di intorni {I δx/2(x) : x [0, 1]} è un ricoprimento aperto di [0, 1] dal quale è possibile estrarre un sottoricoprimento finito {I δi /2(x i ) : i = 1,..., n}, dove δ i = δ xi. Scegliendo

25 8. INTEGRLE DI RIEMNN E INTEGRLE DI LEBESGUE 25 δ = min{δ i /2 : i = 1,..., n}, allora per ogni x [0, 1] esiste i tale che I δ (x) I δi (x i ), e pertanto ω(f, I δ (x)) ω(f, I δi (x i )) < ε. Teorema Una funzione limitata f : [0, 1] R è Riemann-integrabile se e solo se L 1 (D(f)) = 0. Dim. Proviamo che se L 1 (D(f)) > 0 allora f non è Riemann-integrabile. Siccome { D(f) = {x [0, 1] : ω(f, x) > 0} = x [0, 1] : ω(f, x) 1 } = D k, k esiste k N tale che L 1 (D k ) > 0. Sia σ una suddivisione di [0, 1] e indentifichiamo σ con la famiglia degli intervalli associati σ = {I}. Indichiamo con S(f, σ) e s(f, σ) le somme inferiori e superiori di f relative a σ. llora avremo S(f, σ) s(f, σ) = ω(f, I)L 1 (I i ) ω(f, I)L 1 (I) I σ Infatti si ha 1 k int(i) D k L 1 (D k ) int(i) D k L 1 (I) 1 k L 1 (D k ). int(i) D k L 1 (I) e inoltre ω(f, I) ω(f, x) 1/k per qualche x int(i) D k. Questo prova la non integrabilità di f. Proviamo che se L 1 (D(f)) = 0 allora f è Riemann-integrabile. Mostreremo che per ogni ε > 0 esiste una suddivisione σ di [0, 1] tale che S(f, σ) s(f, σ) ε. Come sopra, avremo D(f) = D k, e siccome L 1 (D(f)) = 0 risulta L 1 (D k ) = 0 per ogni k N. Per ogni k N, esiste una famiglia al più numerabile F 1 = {I} di intervalli (aperti o, equivalentemente, chiusi) tali che D k I F 1 I e L 1 (I) ε. I F 1 L insieme D k è un sottoinsieme chiuso di [0, 1] e quindi è compatto. Dunque, possiamo supporre che la famiglia F 1 sia finita. vremo allora [0, 1] \ int(i) = I I F 1 I F 2 per una famiglia finita F 2 di intervalli chiusi disgiunti. Poichè ω(f, x) < 1/k per ogni x I, I F 2, dal Lemma segue che I F 2 I = I F 3 I per una famiglia finita F 3 di intervalli chiusi essenzialmente disgiunti tali che ω(f, I) < 1/k per ogni I F 3. Due intervalli I e J sono essenzialmente disgiunti se L 1 (I J) = 0, cioè se si intersecano al più in un punto.

26 26 2. TEORI DELL INTEGRLE Sia σ la suddivisione di [0, 1] univocamente determinata dalla famiglia di intervalli F 1 F 3. llora, detto M = sup [0,1] f, si trova ω(f, I)L 1 (I) = ω(f, I)L 1 (I) + ω(f, I)L 1 (I) I σ I F 1 I F 3 2M L 1 (I) + 1 (2M + 1)ε, k I F 1 non appena k > 1/ε. Teorema Sia f : [0, 1] R una funzione limitata Riemann-integrabile. llora f è integrabile secondo Lebesgue e gli integrali coincidono. Dim. Mostriamo che f è una funzione misurabile. Sia t R e proviamo che l insieme E t = {x [0, 1] : f(x) < t} è misurabile. Sia D(f) = {x [0, 1] : ω(f, x) > 0} l insieme dei punti di discontinuità di f. Per il Teorema risulta L 1 (D(f)) = 0. Per un esercizio visto in classe segue che f è misurabile. Sappiamo che se f è Riemann-integrabile, allora anche le parti positiva e negativa f + (x) = max{f(x), 0} e f (x) = max{ f(x), 0}, x [0, 1], sono Riemannintegrabili. Quindi non è restrittivo supporre f 0. Indichiamo con S(f) l insieme delle funzioni semplici minoranti di f ed indichiamo con S([0, 1]) l insieme delle suddivisioni di [0, 1]. llora avremo 1 f(x) dx = sup L 1 (I) inf f sup ϕ(x) dx = f(x) dx. 0 σ S([0,1]) I ϕ S(f) [0,1] [0,1] I σ Infatti, ad ogni suddivisione σ = {I} di [0, 1] corrisponde la funzione semplice ϕ(x) = I σ (inf I f)χ I (x) S(f). Proviamo la disuguaglianza opposta. Sia σ una suddivisione di [0, 1] e sia ϕ S(f) una funzione semplice che minora la funzione f, 0 ϕ f su [0, 1]. vremo n ϕ(x) = c i χ i (x), x [0, 1], dove c i 0, gli insiemi i sono misurabili e n i = [0, 1] con unione disgiunta. llora n n ϕ(x)dx = c i χ i (x)dx = c i χ i (x)dx = n c i χ i (x)dx [0,1] [0,1] I σ I I σ I L 1 (I) sup f(x). x I I σ Dall arbitrarietà di ϕ S(f) nell insieme delle funzioni semplici minoranti e di σ nell insieme delle suddivisioni di [0, 1] segue che 1 f(x)dx f(x)dx. [0,1] 0

27 CHPTER 3 Spazi di funzioni integrabili 1. Spazi L p. Disuguaglianze di Hölder e Minkowski Sia (,, µ) uno spazio di misura e indichiamo con M () lo spazio vettoriale (reale) delle funzioni f : [, ] che sono µ-misurabili. Per 1 p <, si definisce l insieme di funzioni { } (3.1.8) L p () = f M () : f(x) p dµ <. Vedremo che si tratta di uno spazio vettoriale reale. p : [0, ) ( ) 1 (3.1.9) f p = f(x) p p dµ. È ben definita la funzione Quando p = 2 questa seminorma nasce da un prodotto scalare. Date f, g L 2 si definisce f, g L 2 () = f(x)g(x) dµ. Vedremo fra breve che l integrale converge. Estendiamo la definizione al caso p =. L estremo superiore essenziale di una funzione f M () è f = inf { M 0 : f(x) M per µ-q.o. x }. Se l insieme di cui si prende l estremo inferiore è vuoto, si pone f =. Possiamo dunque definire l insieme delle funzioni essenzialmente limitate (3.1.10) L () = { f M () : f < }. Diciamo che due esponenti 1 p, q sono Hölder-coniugati se si ha 1 p + 1 q = 1, dove usiamo la convenzione 1/ = 0. L esponente p = 2 coincide col suo coniugato. Proposizione (Disuguaglianza di Hölder). Siano 1 p, q esponenti di Hölder coniugati. Se f L p () e g L q () allora fg L 1 () e (3.1.11) f(x)g(x) dµ f p g q. Inoltre, nel caso 1 < p, q <, se si ha uguaglianza allora esiste λ > 0 tale che g(x) = λ f(x) p 1 per µ-q.o. x. 27

28 28 3. SPZI DI FUNZIONI INTEGRBILI Dim. Il caso limite p = 1 e q = è chiaro, perchè f(x)g(x) dµ g f(x) dµ. Se c è uguaglianza dovra essere g(x) = g per q.o. x { f > 0}. Passiamo al caso 1 < p < e quindi q = p. Ricordiamo la disuguaglianza di p 1 Young. Se x, y 0 sono numeri reali, allora (3.1.12) xy xp p + yq q. 0 si ottiene la disuguaglianza equiva- Dividendo per y q 0, e ponendo t = x/y 1 p 1 lente t tp p p, t 0, la cui validità può essere verificata facilmente con uno studio di funzione. Si ha uguaglianza se e solo se t = 1, e quindi in (3.1.12) si ha uguaglianza se e solo se y = x p 1. Passando alla disuguaglianza di Hölder, usando la disuguaglianza di Young puntualmente dentro l integrale si trova f g ( f p ) dµ f p g q p f p + g q p q g q dµ q = 1 1 p f p f p dµ p q g q g q dµ q = 1 p + 1 q = 1, e quindi si ottiene la (3.1.11). Se si ha uguaglianza in (3.1.11), allora deve esserci uguaglianza q.o. nella disuguaglianza dentro l integrale. Quindi deve essere g g q = f p 1 f p 1 p, µ-q.o. su. Questo termina la dimostrazione. bbiamo usato l ipotesi f L p () e g L q () per poter dividere per le norme di f e g all inizio dell argomento. Proposizione (Disuguaglianza di Minkowski). Per ogni 1 p e per ogni f, g L p () si ha (3.1.13) f + g p f p + g p. Dim. Il caso p = è elementare e la verifica è lasciata come esercizio. Ricordiamo innanzi tutto che per ogni 1 p < esiste una costante C p > 0 tale che per ogni coppia di numeri reali x, y 0 si ha (3.1.14) (x + y) p C p (x p + y p ). Da tale disuguaglianza segue che f + g L p ().

29 2. INCLUSIONI FR SPZI L p 29 Sia ora 1 < q l esponende di Hölder coniugato di p. Usando la disuguaglianza di Hölder si trova f + g p p = f + g p dµ = f + g p 1 f + g dµ f + g p 1 f dµ + f + g p 1 g dµ f + g p 1 q ( f p + g p ). Ora dividiamo a destra e a sinistra per f + g p 1 q = f + g p p 1. Lo possiamo fare perchè questa quantità è finita e possiamo anche supporla diversa da zero. Se fosse f + g p = 0 non ci sarebbe infatti nulla da dimostrare. Ma f + g p p f + g p 1 1 q = f + g p e la tesi segue. Esempio Sia = [0, 1] con la misura di Lebesgue e siano 1 p < e 0 < α < 1. Sia {q p i Q [0, 1] : i N} = Q [0, 1] una enumerazione dei razionali e definiamo la funzione f : [0, 1] [0, ] f(x) = 1, x [0, 1]. 2 i x q i α La funzione f è misurabile ed assume il valore almeno su tutto Q [0, 1]. Per la disuguaglianza di Minkowski e per il teorema della convergenza monotona, si ha ( 1/p ( f(x) dx) p n 1 p ) 1/p = lim dx [0,1] [0,1] 2 i x q i α ( 1 ) 1/p 2 ip x q i dx αp [0,1] 1 ( 1 ) 1/p 2 i [ 1,1] x dx αp ( 2 ) 1/p <. 1 αp Dunque si ha f L p ([0, 1]) ed in particolare la serie che definisce la funzione f converge ad un valore finito per q.o. x [0, 1]. 2. Inclusioni fra spazi L p In questa sezione esaminiamo alcune relazioni di inclusione fra spazi L p (). 1. Supponiamo che sia di misura finita, µ() <, e siano 1 p < q. llora L q () L p (). Se, infatti, f L q (), allora ( ) 1 f p 1 dµ µ() (q/p) f q (q/p) dµ <, dove (q/p) indica l esponente di Hölder coniugato di q/p. 2. Se una funzione sta in due diversi spazi di Lebesgue, sta anche in tutti quelli intermedi. Siano 1 p < q <, e supponiamo che f L p () L q (), allora

30 30 3. SPZI DI FUNZIONI INTEGRBILI f L r () per ogni p < r < q. Infatti, si ha r = tp + (1 t)q per un certo t (0, 1), e dalla disuguaglianza di Hölder segue che ( ) t ( 1 t f r dµ f p dµ f dµ) q <. 3. Se una funzione sta in tutti gli spazi L p (sufficientemente elevati) con norma uniformemente limitata, allora sta anche in L. Precisamente, supponiamo che f L p () con f p M < per ogni 1 p <. llora f M. Dim. Fissiamo ε > 0 e proviamo che l insieme ha misura nulla. Infatti µ() = dµ = {x : f(x) M + ε} 1 ( M ) p f(x) p dµ 0 (M + ε) p M + ε per p. Poichè ε > 0 è arbitrario segue che f M. Esempio Sia = [0, 1] con la misura di Lebsgue e si consideri la funzione f(x) = log x, x [0, 1]. Per ogni 1 p < esiste una costante C p > 0 tale che x log x p C p, x (0, 1]. Siccome 1/ x L 1 ([0, 1]) segue che f L p ([0, 1]) per ogni p 1. Tuttavia f / L ([0, 1]). 3. Teorema di Completezza Dalla disuguaglianza di Minkowski segue che L p () è chiuso per somma di funzioni, e dunque è uno spazio vettoriale. Per ogni 1 p, la semininorma p : L p () [0, ) verifica le seguenti proprietà: i) f p 0 per ogni f L p () ed f p = 0 implica che f = 0 µ-q.o.; ii) λf p = λ f p per ogni λ R e per ogni f L p (); iii) f + g p f p + g p per ogni f, g L p (). Per avere uno spazio normato (invece che solo seminormato) occorre identificare le funzioni che sono uguali quasi ovunque. Sia la relazione di equivalenza su L p () f g µ({x : f(x) g(x)}) = 0. Indichiamo con L p () = L p ()/ il quoziente munito della norma p, che non dipende dai rappresentanti delle classi di equivalenza. Ora (L p (), p ) è uno spazio normato. Teorema (Completezza). Sia (,, µ) uno spazio di misura. Per ogni 1 p, L p () è uno spazio di Banach. In particolare, L 2 () è uno spazio di Hilbert. Dim. bbiamo già osservato che L p () é uno spazio vettoriale normato. Dobbiamo provare che è uno spazio metrico completo per la distanza indotta dalla norma. Vediamo la prova nel caso 1 p <. Scegliamo a nostro piacere rappresentanti nelle classi di equivalenza. Sia f n L p (), n N, una successione di Cauchy. Esiste

31 3. TEOREM DI COMPLETEZZ 31 una sottosuccessione (f ni ) i N tale che f ni+1 f ni p 1 per ogni i N. La funzione 2 i g : [, ] g(x) = f ni+1 (x) f ni (x), x, è misurabile ed è finita in µ-q.o. punto x. Infatti, per la disuguaglianza di Minkowski generalizzata al caso di somme numerabili si ha 1 g p f ni+1 f ni p 2 1. i Dunque, è definita per µ-q.o. punto x anche la funzione f : R f(x) = f n1 (x) + (f ni+1 (x) f ni (x)) = lim f ni (x), per q.o. x. i Proviamo che la funzione f è il limite della successione (f n ) n N nella distanza indotta dalla norma p. Precisamente, affermiamo che f n (x) f(x) p dµ = 0. lim Infatti, fissato ε > 0 usando il Lemma di Fatou e la condizione di Cauchy si vede che esiste n N tale che f n (x) f(x) p dµ = lim f n(x) f ni (x) p dµ i lim inf f n (x) f ni (x) p dµ ε, i pur di prendere n n. Dalla disuguaglianza (3.1.14) si trova f p dµ C p ( f f n p + f n p )dµ, e dunque f L p (). Consideriamo il caso p =. Sia (f n ) n N una successione di Cauchy in L () e definiamo per ogni m, n, k N gli insiemi mn = {x : f m (x) f n (x) > f m f n }, B k = {x : f k (x) > f k }. Tutti questi insiemi hanno misura nulla, e dunque anche l insieme E = B k mn, k N m,n N ha misura nulla, µ(e) = 0. Sul complementare \ E, la successione di funzioni (f n ) n N è uniformemente di Cauchy e dunque converge uniformemente ad una funzione limitata f. Corollario Sia (,, µ) uno spazio di misura e sia 1 p. Sia f n L p (), n N, una successione di funzioni convergente in norma ad una funzione f L p (). llora esiste una sottosuccessione (f nk ) k N convergente puntualmente ad f µ-q.o.

32 32 3. SPZI DI FUNZIONI INTEGRBILI Dim. Poichè (f n ) n N è di Cauchy, l affermazione segue dalla dimostrazione del teorema di completezza. 4. Convergenza forte, debole, in misura e q.o. Sia (,, µ) uno spazio di misura. Introduciamo e confrontiamo fra alcune nozioni di convergenza per successioni di funzioni (convergenza sequenziale). In generale, (f n ) n N sarà una successione di funzioni misurabili su a valori in [, ] ed f sarà una candidata funzione limite Convergenza forte. Sia 1 p. Diremo che f n f fortemente in L p () se f n, f L p () e lim f n f p = 0. Sappiamo che in questo caso esiste una sottosuccessione (f ni ) i N che converge q.o. ad f. Esempio In generale la convergenza forte non implica che f n (x) f(x) per q.o. x. Si consideri = [0, 1] con la misura di Lebesgue e la successione di funzioni definita in questo modo: f 1 = χ [0,1], f 2 = χ [0,1/2], f 3 = χ [1/2,1], f 4 = χ [0,1/4], f 5 = χ [1/4,1/2], f 6 = χ [1/2,3/4], f 7 = χ [3/4,1] f 8 = χ [0,1/8],... Chiaramente, per ogni x [0, 1] si ha lim inf f n(x) = 0, lim sup f n (x) = 1, mentre f n p 0 per ogni 1 p < (ma non per p = ) Convergenza debole. La nozione di convergenza debole nasce dalla nozione di topologia debole su L p () e dal teorema di dualità fra spazi L p (). Ne diamo qui una presentazione autosufficiente ed equivalente. Sia 1 p <. Diremo che la successione (f n ) n N converge debolmente ad f in L p () se f n, f L p () e per ogni g L q (), con 1 < q esponente di Hölder coniugato di p, si ha lim f n (x)g(x)dµ = f(x)g(x)dµ. La convergenza debole si indica talvolta in questo modo f n f in L p. La convergenza forte implica quella debole. Questo segue dalla disuguaglianza di Hölder: f n g dµ fg dµ f n f g dµ f n f p g q. Questa considerazione ha senso anche quando p =. Ma per p = quella data sopra non sarebbe la definizione corretta di convergenza debole ed abbiamo per tale motivo escluso questo caso. In alcuni casi è sufficiente verificare il test di convergenza debole per una classe ristretta di funzioni.

33 4. CONVERGENZ FORTE, DEBOLE, IN MISUR E Q.O. 33 Lemma Sia R n un insieme aperto con la misura di Lebesgue e sia (f k ) k N una successione di funzioni in L p (), 1 < p <, tale che sup k N f k p <. llora, si ha f k f L p () in L p ()-debole se e solo se lim k f k (x)ϕ(x)dx = f(x)ϕ(x)dx per ogni funzione ϕ C c (), di classe C con supporto compatto in. Dim. Proviamo l implicazione non banale. Data g L q (), per ogni ε > 0 esiste una funzione ϕ Cc () tale che g ϕ q < ε. La dimostrazione di questo fatto è nel Teorema Dunque, con la disuguaglianza di Hölder si trova f k g dx fg dx f k ϕ dx fϕ dx + f k (g ϕ) dx f(g ϕ)dx f k ϕ dx fϕ dx + ( f k p + f p ) g ϕ q f k ϕ dx fϕ dx + Cε, per una costante 0 C < indipendente da k, e quindi lim sup f k g dx fg dx Cε, k con ε > 0 arbitrario. La tesi segue. Esempio La convergenza debole non implica quella forte. Si consideri = (0, π) con la misura di Lebesgue e sia f n (x) = sin(nx) L p (0, π), n N e 1 < p <. La successione è anche in L 1 ed L, ma non consideriamo questi casi. ffermiamo che f n 0 debolmente in L p (0, π). Per il Lemma 3.4.1, e sufficiente verificare che per ogni ϕ C c π lim 0 ϕ(x) sin(nx)dx = 0 (0, π). Con un integrazione per parti si trova π 0 ϕ(x) sin(nx)dx = 1 n π 0 ϕ (x) cos(nx)dx, essendo ϕ(0) = ϕ(1) = 0. Siccome ϕ cos(nx) ϕ <, l affermazione segue. In ultima analisi, la convergenza debole a 0 è prodotta dalle oscillazioni della successione, che diventano sempre più frequenti. D altra parte, si ha π 0 sin(nx) p dx = 1 n nπ 0 sin t p dt = π 0 sin t p dt > 0, e quindi la successione non converge fortemente a 0 in L p (0, π).

34 34 3. SPZI DI FUNZIONI INTEGRBILI Esempio La convergenza puntuale non implica quella debole. d esempio, la successione f n = nχ (0,1/n] L 1 (R), n N, converge a 0 in ogni punto, tuttavia f n (x)ϕ(x)dx = ϕ(0) lim R per ogni funzione continua ϕ C(R). Quindi non c è convergenza a 0 in L 1 (R)-debole. Esercizio 4.1. La convergenza debole non implica quella puntuale, nemmeno per opportune sottosuccesioni. Cercare di provare questa affermazione costruendo un esempio Convergenza in misura. Sia (,, µ) uno spazio di misura, e siano f, f n M () funzioni misurabili, n N. Si dice che la successione di funzioni (f n ) n N converge in misura ad f (e scriveremo f n f in misura ) se per ogni ε > 0 si ha lim µ( {x : f n (x) f(x) ε} ) = 0. Prima di descrivere il legame fra convergenza in misura, convergenza quasi ovunque e convergenza in L 1 premettiamo alcuni fatti generali. Definizione I limiti inferiore e superiore di una successione di insiemi E n, n N, si definiscono nel seguente modo lim inf E n = E k e lim sup E n = E k. k=n k=n Lemma (Borel-Cantelli). Sia (,, µ) uno spazio di misura e sia (E n ) n N una successione di insiemi misurabili in. llora: µ(e n ) < µ ( ) lim sup E n = 0. Dim. È sufficiente osservare che ( ) ( ) µ E k µ E k k=n k=n µ(e k ) per ogni n N. L espressione a destra converge a zero in quanto resto di una serie convergente. Nella seguente proposizione descriviamo il legame fra convergenza in misura e quasi ovunque. Teorema Sia (,, µ) uno spazio di misura, e siano f, f n M () funzioni misurabili, n N. llora: i) Se µ() < ed f n (x) f(x) per µ-q.o. allora f n f in misura. ii) Se f n f in misura, allora esiste una sottosuccessione (f nk ) k N tale che f nk (x) f(x) per µ-q.o. x. Dim. Proviamo la (i). Dato η > 0, per il teorema di Egorov esiste un insieme misurabile η tale che µ( \ η ) η ed f n f uniformemente su η. Dunque, fissato ε > 0 si ha µ({x : f n (x) f(x) ε}) η + µ({x η : f n (x) f(x) ε}). k=n

35 4. CONVERGENZ FORTE, DEBOLE, IN MISUR E Q.O. 35 Daltra parte, per la convergenza uniforme esiste n N tale che per n n si ha µ({x η : f n (x) f(x) ε}) 1 f n (x) f(x) dµ η. ε η e la tesi segue. Proviamo la ii). Dalla definizione di convergenza in misura segue che per ogni k N esiste n k N tale che ({ }) µ x : f nk (x) f(x) ε} 1 2. k Posto k = {x : f nk (x) f(x) 1/2 k }, la seguente serie converge µ( k ) <, e per il lemma di Borel-Cantelli ( ) ( ) µ lim sup k = µ k = 0. k Pertanto, l insieme = j=1 k j j=1 k j ha misura nulla e per ogni x \ esiste j N tale che per ogni k j si ha k f nk (x) f(x) 1 2 k. Questo prova che f nk (x) f(x) per µ-q.o. x. Teorema Sia (,, µ) uno spazio di misura, e siano f, f n L 1 (), n N. Se f n f in L 1 () forte allora f n f in misura. Il viceversa non è vero nemmeno per sottosuccessioni. Dim. Per ogni ε > 0 si ha µ({x : f n (x) f(x) ε}) 1 ε f n (x) f(x) dµ, e la tesi segue. La costruzione di un controesempio è lasciata come esercizio. Teorema Sia (,, µ) uno spazio di misura finito, µ() <, e siano f, f n M () funzioni misurabili, n N. Sono equivalenti le seguenti affermazioni: ) f n f in misura. B) Si ha lim f n (x) f(x) dµ = f n (x) f(x) Dim. ) B) Non è restrittivo supporre f = 0. Partiamo dall identità f n (x) 1 ({ 1 + f n (x) dx = µ x : f n (x) t }) 1 dt = ϕ n (t)dt, 1 t 0 0

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