Escursione a Baia sommersa (NA) Baia, frazione del comune di Bacoli, area dei Campi Flegrei
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- Angelica Lupi
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1 PROGRAMMA Escursione a Baia sommersa (NA) Baia, frazione del comune di Bacoli, area dei Campi Flegrei Domenica 11 settembre 2011 Responsabile: Susi Lombardi, cell È prevista la partecipazione solo in autobus. Colazione al sacco. Prenotazione obbligatoria versando 10,00 euro a persona, fino ad esaurimento posti (contattare e Susi o Pierluigi cell ). Partenza: da Potenza, largo Citroen ore 6,30 da Picerno, largo mercato ore 7,00 Arrivo a Baia ore 9,45 - Ore 10,00 giro in battello Cymba con carena dalle pareti trasparenti che permettono di vedere i reperti archeologici di Baia sommersa stando comodamente seduti sotto il livello del mare. - Ore 12,00 castello Aragonese e museo situato al suo interno (Baia). - Ore 15,00 tempio di Serapide (Pozzuoli). - Ore 15,30 anfiteatro Flavio (Pozzuoli). - Ore 16,30 giro panoramico in autobus della costa flegrea. Rientro previsto per le ore 21,30 per Picerno, 22,00 per Potenza. Costo: fino a 18 anni 18,00 euro, adulti 23,00 euro (oltre 1 euro per i non soci Alin)
2 Attualmente l'area dei Campi Flegrei è compresa nei comuni di Pozzuoli, Bacoli (comprende le antiche località greco-romane di Baia, Fusaro, Miseno e Miliscola (da militum schola), sede della flotta pretoria degli imperatori romani), Monte di Procida, Quarto Flegreo e alcuni quartieri di Napoli. L area, densamente abitata, conta oltre abitanti. BAIA SOMMERSA Baia è una frazione del comune di Bacoli. In epoca romana, come testimoniato dalle ricche ville, fu luogo di riposo e di villeggiatura frequentato da patrizi romani; la località era infatti famosa per le sue calde acque termali. Rimane oggi soltanto quella che allora era la parte collinare della città, trovandosi la rimanente sotto il livello del mare, sprofondata a causa del bradisismo, ossia il sollevamento e l'abbassamento della crosta terrestre a seguito dell'aumento della pressione sotterranea. I ruderi si estendono per circa 400 metri dalla costa e il livello antico raggiunge i 16 metri sotto il mare. Sotto il mare strade, ville, impianti termali e portuali e opere d'arte, nonostante i disastri naturali e i
3 saccheggi secolari. I ruderi numerosi, disseminati lungo le strade, nelle campagne e che spariscono nel mare, rappresentano i tasselli di un mosaico d'enigmi mai risolti e che impegnano l'esperienza di tanti archeologi, ambiziosi di dare un nome a quei resti di una città, che fu magnifica e famosa, movimentata e sfolgorante di marmi. COME NACQUE A BAIA L'ARCHEOLOGIA SOTTOMARINA Trent'anni fa, si dragava il piccolo porto di Baia che, a quel tempo, oltre ai velieri che vi ormeggiavano per il carico della pozzolana, serviva anche l'attracco dei battelli della linea per Procida e Ischia. Ma i fondali erano bassi e gli approdi rischiosi; le carte dell'ammiragliato segnavano secche sommerse dal limo; occorreva una draga e una benna robusta per rimuovere dal fondo quelle secche. Incominciato il lavoro e calata in acqua la benna per addentare e divellere, si vide che in luogo di secche e di scogli, venivano tra le mascelle della secchia brandelli di fabbrica, pezzi di pavimenti a mosaico, frustuli di marmo e qualche membro dilacerato di statua. Era il lido di Baia che riassommava dal fondo delle acque, il lido della Baia sommersa dal bradisismo che l'aveva sprofondata lentamente nei secoli, per circa un millennio e mezzo. Castello Aragonese (Baia, comune di Bacoli) Si affaccia sul golfo di Pozzuoli il complesso architettonico di grande rilievo storico artistico. L impianto ha origini romane, testimoniate oggi da mura in opus reticolatum, cisterne, Padiglione Cavaliere, costruzione merlata di base quadrata e dai pavimenti che ancora in parte testimoniano i gusti e gli stili romani. Nel corso degli anni il Castello è stato ampliato e fortificato per volontà dei sovrani, vivendo fasi alterne di fortuna e di abbandono. Nel secolo scorso, rientrato nelle competenze del demanio dello Stato, è stato inserito in un programma di riqualificazione. Oggi ospita il museo archeologico, che conserva reperti provenienti da Miseno, Baia e Pozzuoli. Interessante è la Raccolta dei gessi, composta da frammenti di calchi adoperati nel I-II sec. d. C. per la realizzazione di modelli di statue greche e romane più antiche. Degna di nota è poi la ricostruzione del Ninfeo di Punta Epitaffio, al secondo piano, simile ad una grotta, con le statue di Ulisse e Polifemo, riemerse nel 1969 dal fondo marino, di Antonia Minore, madre di Claudio, della divinità Dioniso intento a giocare con la pantera e di una bambina, forse figlia dell Imperatore. Ad arricchire l esposizione l allestimento di nuove sale dedicate ai recenti resti archeologici di Liternum (attuale Castelvolturno), Rione Terra, Cuma e Puteoli. Piscina Mirabilis È il più grandioso serbatoio o cisterna romana di acqua potabile mai conosciuto. Collocata a Miseno, presso la sommità di una collinetta, è interamente scavata nel tufo. POZZUOLI La città si colloca su un promontorio roccioso proteso nel golfo omonimo, tra Posillipo e Miseno; è oggi il centro più importante dei Campi Flegrei (cioè campi ardenti), che comprende un vulcano ancora in attività, la Solfatara. Fenomeno geosismico tipico di questa città e dell'intera area dei Campi Flegrei è il bradisismo, ossia il sollevamento e l'abbassamento della crosta terrestre a seguito dell'aumento della pressione sotterranea. Il rapido innalzamento del livello del mare coinvolse negli anni ottanta il porto, che fu riposizionato circa 50 metri più avanti rispetto alla collocazione precedente. Furono costruiti mirabili monumenti come l'anfiteatro Flavio, il Tempio di Serapide, lo Stadio di Antonino Pio, l'anfiteatro Minore e il Tempio di Augusto.
4 STORIA Greci Sanniti Romani Barbari (Vandali, goti bizantini, longobardi) Normanni Antica cittadina marinara, Pozzuoli era in origine uno scalo commerciale della vicina città di Cuma ma la città vera e propria fu fondata nel 528 a.c. da un gruppo di esiliati Sami (provenienti dall'isola Greca di Samo) con il nome di Dicearchia (cioè giusto governo). Nel 421 a.c. passò in mano ai sanniti (popolazione proveniente dall attuale provincia di Benevento). Dopo la conquista romana della Campania (228 a.c.), Puteoli (o Puteolos) (così ribattezzata per via delle numerosi sorgenti di acque termo-minerali) cominciò ad acquistare importanza e il suo porto divenne fondamentale per gli scambi commerciali dell'epoca. Nel 194 a.c. Pozzuoli divenne una colonia romana e da quel momento la sua importanza crebbe sempre più, perché i romani ne fecero il loro porto principale [4]. La collegarono con un'ottima rete stradale all'urbe e alle città più importanti della Campania, mentre tutte le più fiorenti città marittime dell'oriente vi impiantarono stazioni commerciali. Il declino della città iniziò nel 70 d.c. circa, con l'apertura del porto di Ostia, voluto da Claudio e terminato da Nerone. Il graduale sprofondamento del litorale, causato dal bradisismo, costrinse gli abitanti a lasciare, verso la fine del V secolo, la parte bassa della città e a stabilirsi sull'altura (attuale Rione Terra), che fu cinta di mura e diventò così il castro puteolano. Agli inizi del XVI secolo, Pozzuoli fu sconvolta da scosse telluriche e dal bradisismo. I puteolani, atterriti da tale fenomeno, cominciarono a stabilirsi al di fuori delle mura, sino a formare presso il mare un borgo, costituito da piccole case di pescatori. DIALETTO Il dialetto puteolano è una variante della lingua napoletana con delle connotazioni proprie singolari, in particolare nella fonetica, che risulta talvolta molto diversa dal napoletano e con analogie con quella di Torre Annunziata, situata specularmente sul mare rispetto a Napoli. Il dialetto puteolano è considerato di difficile comprensione perfino dagli stessi Napoletani. RIONE TERRA La città antica, il cosiddetto Rione Terra è stato abbandonato a seguito dei moti bradisismici degli anni settanta ed è da ormai molti anni in fase di restauro. Oggi è possibile visitare gran parte dei sotterranei e una parte in superficie. Nel XVI secolo il viceré del Regno di Napoli, Don Pedro de Toledo vi costruì i suoi palazzi. La città è costruita intrecciando vecchio e nuovo. Fra i palazzi ricostruiti dopo il conflitto mondiale si possono trovare favolose strutture antiche.
5 MACELLUM (TEMPIO DI SERAPIDE) Per il duplice interesse che esso ha, archeologico e scientifico, è il monumento più singolare di tutta la regione flegrea, ed uno dei più noti di tutto il mondo antico. Risalente all'epoca romana (I - II secolo d.c.), l'edificio è stato denominato impropriamente "Tempio di Serapide" per il rinvenimento di una statua del dio egizio all'epoca dei primi scavi. Invece altro non è che il Macellum, cioè il mercato pubblico della città romana. L'insieme si presenta come un cortile a pianta quadrata circondato da un porticato sul quale si affacciano le botteghe che si aprono alternativamente ora verso l'interno ora verso l'esterno; due latrine pubbliche sono dislocate ai lati dell'abside di fondo, mentre resti di scale che conducevano al piano superiore del porticato si conservano ai lati dell'ingresso monumentale che si apriva verso il porto; infine, al centro del cortile vi è una costruzione circolare sopraelevata, circondata un tempo da colonne (coperta forse da una cupola o da un tetto conico, chiamata tholos), sul quale podio si poteva salire tramite quattro scalinate disposte a croce: presentando al centro resti di condutture per una fontana, si ipotizza che fosse destinato al mercato del pesce. Invaso e sommerso dalle acque termominerali che scaturiscono dal sottosuolo in prossimità del litorale (già utilizzate in epoca medievale a fini terapeutici, chiamate Balneum Cantarellus'), esso ha rappresentato per alcuni secoli l'indice metrico più prezioso e preciso che si aveva a disposizione per misurare il fenomeno del bradisismo. Tre delle quattro grandi colonne di marmo cipollino che ancora fronteggiano, diritte sulle loro basi, la sala absidata al centro della parete di fondo, servivano come strumento di misurazione del fenomeno; infatti lungo il loro fusto, i fori dei litodomi (molluschi foraminiferi che vivono a pelo d'acqua, chiamati popolarmente "datteri di mare"), indicano chiaramente il livello più alto a cui è giunta in passato l'acqua del mare (m. 6,50 ca.), a testimonianza della sua massima sommersione marina avvenuta in epoca medievale (X secolo) quando il monumento risultava sepolto nelle parti basse, mentre superiormente era parzialmente sommerso dalle acque marine. A séguito della seconda crisi bradisismica e dell'intensa attività sismica del 1983, attualmente esso risulta ad una quota superiore rispetto al livello del mare (dunque non è più sommerso e quindi non è più utilizzabile per la misurazione del bradisismo). L'edificio è simile ad altri mercati di epoca romana che ancora si conservano in tutta l'area mediterranea (Pompei, Morgantina, ecc.), solo che questo di Pozzuoli è senz'altro il più monumentale e sfarzoso di tutti. Le colonne rimaste in piedi ci fanno intuire che l'edificio doveva avere una notevole altezza.
6 ANFITEATRO FLAVIO L'Anfiteatro Flavio è uno dei due anfiteatri romani esistenti a Pozzuoli. La cavea, divisa in tre livelli di gradinate, permetteva di contenere fino a spettatori. La struttura, di pianta ellittica, misura 147 x 117 metri, mentre l'arena ha i due semiassi di 72,22 e 42,33 metri. L'anfiteatro flavio porta immediatamente alla mente il Colosseo (del quale è di poco successivo) al quale è accomunato per la sua edificazione ad opera degli stessi architetti e per i materiali utilizzati. La semplicità e la funzionalità della struttura, unita agli elementi decorativi ed ai reperti (in taluni casi ben conservati anche grazie alle piogge di ceneri delle eruzioni vulcaniche) testimoniano la capacità nell'organizzazione degli spettacoli e l'abilità nella realizzazione di scenografie sensazionali per l'epoca (l'ampia fossa al centro dell'arena era il "cantiere" per le realizzazioni delle scenografie), restituendo una certa vena creativa e fantasiosa ai puteolani dell'epoca. Le caratteristiche della struttura mostrano la perizia della civiltà romana in materia di costruzioni. L'anfiteatro Flavio fu progettato con ben 16 ingressi (4 principali) garantendo, quindi, una accessibilità comoda ed efficiente. Gli spettatori avevano a disposizione tre piani (precinzioni) per lo spettacolo, le prime 2 direttamente collegate agli ingressi, la terza raggiungibili tramite le molteplici rampe di scale costruite ai lati dell'impianto. Le comunicazioni fra le varie sezioni erano inoltre garantite, oltre che dalle rampe, da corridoi interni. La terza precisione culminava in una fila di colonne di marmo decorate che circondava l'intera opera. Pregiate decorazioni ed opere scultoree erano, altresì, presenti in altri punti dell'anfiteatro. L'arena era divisa in quattro settori, tutti collegati e comunicanti. Ben conservati i sotterranei, dove è stato possibile studiare il complesso sistema di sollevamento delle gabbie con le belve. Nel 305, sotto la persecuzione di Diocleziano, furono esposti nell'arena sette martiri cristiani: i beneventani Gennaro, Festo e Desiderio, il misenate Sosso, e i puteolani Procolo, Eutiche e Acuzio, poi decapitati nei pressi della solfatara. LAGO D'AVERNO
7 Il lago d'averno, di origine vulcanica (dal greco "senza uccelli" perché il gas sulfureo uccideva gli uccelli), era molto famoso nell'antichità perché lo si credeva la porta degl'inferi (Ade). Anche il poeta Virgilio nel sesto libro dell'eneide colloca vicino a tale lago l'ingresso mistico agli Inferi, dove l'eroe Enea deve recarsi. Lo specchio d'acqua colpisce per la plumbea, immota pesantezza delle sue acque, negre come acque infernali. Il carattere austero e solenne, quasi tenebroso del luogo, il colore delle acque scaturite dal fondo di un vecchio cratere, dense e limacciose, la presenza di una fonte termale lungo la riva del lago, considerata come acqua della Stige, e il ricordo di antiche esalazioni irrespirabili che ammorbavano l'aria e rendevano impossibile il volo degli uccelli, avevano circondato questo luogo di misteriose e paurose leggende e fatto sorgere sulle sue rive, la religione dell'oracolo. La storia del lago è inoltre legata alla figura della Sibilla Cumana e alla mitica popolazione dei Cimmeri, popolazione che secondo la tradizione viveva rinchiusa in antri per paura del sole e ne usciva solo dopo il tramonto: il ritrovamento di numerose caverne scavate nel tufo ha alimentato questa credenza. La frequente associazione della zona con gli inferi ha fatto sì che restasse disabitata almeno fino all'età Augustea, quando Lucio Cocceio Aucto fece realizzare una galleria che portava fino a Cuma. La realizzazione del progetto diede il via al sorgere di numerose ville che giustificarono anche un complesso termale (II se. d.c.), di cui ci resta una grande sala ottagonale che fungeva da sala di intrattenimento. La sala termale (situata lungo la sponda orientale) è nota con il nome di "Tempio di Apollo" ed è coperta da una grande cupola (38 metri di diametro) di poco inferiore al Pantheon di Roma. In precedenza la zona era già stata dotata di un altro percorso militare che conduceva al lago Lucrino (il progetto era stato ideato da Marco Vipsanio Agrippa e risaliva al 37 a.c.). Il percorso, che attraversa la collina della Ginestra, è conosciuto come "Antro della Sibilla". Durante la lotta ingaggiata da Ottaviano per la conquista dell'impero, il Lago d'averno, sacro alla religione dell'oracolo e della morte, venne sconvolto dal tumulto bellico. La flotta di Sesto Pompeo, minacciava il litorale ed i ricchi porti della Campania; Agrippa, geniale stratega di Ottaviano, non esitò dinanzi a culti e superstizioni popolari. Vide nel Lago d'averno un eccellente porto ed un sicuro e comodo cantiere di costruzione, e non esitò a fare quant'era necessario per trasformare il lago in un porto militare, il Portus Julius (37 a. C.) Attualmente lo stesso lago invece è uno dei pochi ad essere proprietà privata pur essendo pregno di storia e di reperti archeologici di notevole interesse.
8 Portus Julius Lo stratega Marco Vipsanio Agrippa fece realizzare nel 37 a.c. il Portus Julius, una gigantesca struttura portuale che fungeva da arsenale militare durante la guerra civile tra Ottaviano e Sesto Pompeo, situandolo in una posizione strategica che collegava con un canale navigabile il lago d'averno, il lago Lucrino ed il mare. Dopo la seconda guerra mondiale le foto aeree scattate da R.Bucher hanno avuto il merito di mostrare la vasta superficie su cui sorgeva il porto, quasi completamente sommerso dalle acque a causa del fenomeno del bradisismo. Le foto hanno sensibilizzato Soprintendenza e studiosi alla tutela e alla valorizzazione di questo straordinario complesso, testimonianza diretta della guerra civile prima e della forza portuale a uso civile poi. Il Portus Julius è oggi visitabile attraverso delle escursioni effettuate su di un battello dal fondo trasparente. Terme di Nettuno Le Terme di Nettuno rappresentano il principale centro termale dell'antica Puteoli. La sua costruzione viene fatta risalire al II sec. d.c. (Adriano). Gli interventi di restauro nei periodi successivi sono testimoniati dalle visibili modificazioni dell'impianto e dai reperti storici (documenti dell'epoca romana, nei quali è descritta l'attività correlata alle Terme fino al IV d.c.). A causa dei fenomeni bradisismici, oggi, i resti dell impianto sono quasi completamente interrati. All'interno è Il frigidarium con i resti degli ambienti originariamente disposti sui due lati dell'abside (alcuni reprti testimoniano l presenza di mosaici decorativi). Le strutture edilizi moderne ed il progressivo innalzamento del territorio non hanno cancellato i resti della vasta area entro la quale sorgevano le terme (come testimonia anche il notevole dislivello tra le estremità dell'impianto). Villa Avellino
9 La Villa presenta numerose cisterne, la prima delle quali si incontra sulla destra, subito dopo aver oltrepassato il giardino. Si tratta di una grossa cisterna caratterizzata da più vani comunicanti (da cui il nome "Centocamerelle"). Proseguendo, si giunge ad una terrazza appartenente con ogni probabilità ad un complesso residenziale che usufruiva del forte dislivello in funzione panoramica. Un'altra cisterna, di minori dimensioni, è situata vicino all'ingresso meridionale del giardino e veniva chiamata "Piscina Lusciano". Quest'ultima risale alla seconda metà del I sec. d.c. e svolgeva la funzione di smistamento delle acque raccolte per i vari palazzi limitrofi. Anche in questo secondo caso si possono notare più passaggi ad arco necessari per rendere comunicanti i vari ambienti. E' possibile apprezzare altri resti della villa percorrendo via Rosini e svoltando in direzione di viale Capomazza, dove, dopo l'abbattimento del vecchio Palazzo Municipale, sono venuti alla luce ruderi risalenti all'età imperiale. Parco Archeologico di Cuma Sulle origini della città, l'ipotesi più verosimile è che essa fu fondata intorno all'viii sec. a.c. dagli abitanti della vicina Pithekoussai ( Ischia ) provenienti dalle città euboiche di Calcide ed Eretria. Cuma, ben presto, divenne una città fiorente e potente, estendendo i suoi confini sui golfi flegreo e partenopeo. Nel VII e nel VI secolo a.c., il dominio della città si estese a quasi tutta la penisola cumana, fino a Pozzuoli, divenendo in tal modo una vera e propria potenza commerciale in forte ascesa. La storia di Cuma, con la caduta nelle mani dei Campani ( 421 a.c. ), si fonde con quella di Dicearchia. Verso la fine della repubblica, quando Puteoli divenne il porto principale di Roma, Cuma decadde in breve tempo e fu ricordata solamente come luogo tranquillo, solitario e di culto per la presenza dell'antro oracolare della Sibilla. Il monumento, tutto scavato nel tufo, affascina e incute paura, per l'atmosfera di mistero che lo circonda. Stando alla descrizione di Virgilio ( Eneide, libro VI ), è proprio in questo luogo da ricercare la sede della leggendaria sacerdotessa di Apollo. Ma potrebbe essere anche un raro esempio di architettura funeraria di ispirazione cretese - micenea. Un corridoio ( dromos ) lungo m , largo m e alto m.5 di forma trapezoidale e illuminato da sei
10 aperture laterali, conduce in un ambiente arcuato nel quale si affaccia un altro più riposto. Recenti studi, attribuiscono alla struttura una funzione difensiva della sottostante area portuale. Nel Medio Evo Cuma divenne stabile dimora di predoni che furono debellati da una lega campana nel 1207, con la totale distruzione della città. Solfatara Un posto unico al mondo, dove tuttavia le numerose fumarole alimentavano nell'antichità leggende e paure. Si tratta della cavità di un cratere, parte dell'unico vulcano ancora attivo nell'area dei Campi Flegrei, nonchè l'epicentro del fenomeno di innalzamento e abbassamento del terreno chiamato bradisismo. Lo spettacolo risulta incredibilmente suggestivo e presenta la connotazione tipica del vulcanesimo attivo, con fumarole, lievi tremori sismici, deformazione periodica del suolo. Il paesaggio gode di numerosi contrasti cromatici: si va dal biancastro del suolo e del vapore al grigio dei fanghi, al colore rosso delle pareti circostanti, al giallo dello zolfo, al verde della vegetazione circostante. Superando il versante sud-orientale si giunge alla "Bocca Grande", sede del vecchio Osservatorio vulcanologico borbonico, ancora oggi stazione di misurazione della temperatura e di analisi dei gas. Passeggiando all'interno del cratere non abbiate paura se avvertite una strana sensazione di vuoto sotto i piedi: la disgregazione prodotta dai gas e dalle fumarole rende possibile questa illusione acustica. Riserva degli Astroni La riserva degli Astroni è un'oasi immersa nel verde, in cui la tranquillità del luogo si fonde piacevolmente con lo spettacolo paesaggistico dei pendii ricchi di vegetazione e di fauna. Volpi, faine, donnole, ghiri, moscardini trovano un habitat ideale per vivere sotto l'occhio vigile del "Centro Recupero Fauna Selvatica" e del Centro di Educazione Ambientale "Cratere degli Astroni" gestito dal WWF Campania. Gli amanti del bird-watching dal canto loro possono imbattersi nel picchio, nella capinera, nell'airone cenerino, nella garzetta, nel merlo e in numerose altre specie.
11 Scendendo sul fondo del cratere si incontrano tre laghetti: il Lago Grande, il Cofaniello Piccolo e il Cofaniello Grande. La azolla caroliniana, un'alga originaria del Nord-America, conferisce alla superficie dei laghi una suggestiva colorazione rosa, sotto la quale vivono esemplari di rana, biscia, mentre tutto attorno la vegetazione è una dimora perfetta per il ramarro, il biacco, e, tra i volatili, la nitticora, il tarabusino, la marzaiola, la gallinella d'acqua. Oasi naturalistica del Monte Nuovo Nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1538, un terremoto distrusse, tra il lago d'averno ed il monte Barbaro, il villaggio di Tripergole. La terra si aprì ed eruttò tanto materiale da formare una collinetta, che in seguito fu chiamata Monte Nuovo. Il Monte Nuovo (si chiama così perchè è il più giovane d'europa) è alto appena 140 metri. L'idea di costituire a Monte Nuovo la prima Oasi dei Campi Flegrei nasce dal problema di affrontare in modo concreto l'emergenza ambientale della zona nel convincimento che il territorio costituisce una risorsa ambientale preziosa da salvaguardare e sviluppare nella totalità di tutti i suoi aspetti, utilizzando l'unico criterio corretto per la risoluzione delle problematiche ecologiche che è quello di pensare globalmente ed agire localmente. Un territorio di eccezionale importanza naturalistica, caratterizzato dalla vegetazione tipica della macchia mediterranea, unita ad un paesaggio a tratti stepposo e, nei punti caratterizzati dalle fumarole e dal vapore acqueo, da diversi muschi e felci. Il perimetro del vulcano, di forma estremamente regolare, è percorribile grazie ad un sentiero che consente una passeggiata immersi nella natura incontaminata. Belvedere di S. Gennaro Vicino alla Solfatara, ove nel 305, Gennaro, Vescovo di Benevento, subì il martirio, sorse, tra la fine del VI e l'inizio del VII secolo, una basilica in suo onore. Molto verosimilmente, di essa è rimasto soltanto l'altare, noto alla pietà popolare come la pietra sulla quale sarebbe stato decapitato il Santo. L'eruzione della Solfatara, avvenuta nel 1198, provocò la sua rovina e fu più volte restaurata in seguito ai ricorrenti sismi, specialmente quelli che precedettero la tremenda eruzione con la formazione del Monte Nuovo ( 1538 ).Fu ricostruita in forme più ampie nel 1584, a spese del Comune di Napoli, su progetto dell'architetto Benvenuto tortelli,
12 come ha scritto Raffaele Giamminelli ( Pozzuoli, Luoghi, Storie e Personaggi, 2, Pozzuoli 1998, pp., ), e su una porzione di suolo di proprietà dei canonici della cattedrale di Pozzuoli. La chiesa di San Gennaro, dopo il 1584 sia pure gradatamente, diventò un famoso luogo di culto del Santo e Vescovo martire e meta di continui e devoti pellegrinaggi, specialmente da Napoli, sì da meritare il titolo di santuario; Nella cappella a destra dedicata a san Gennaro, sono custoditi l'altare paleocristiano con la fenestella confessionis, proveniente dall'antica basilica, e il busto marmoreo del Santo, risalente ai primi anni del secolo XIV. Sovrasta l'altare una tela di ignoto napoletano del Seicento raffigurante San Gennaro in estasi. All'esterno della cappella, sul lato sinistro, è notevole l'altorilievo marmoreo di Lorenzo Vaccaro che raffigura il martirio di san Gennaro, donato al santuario nel 1697 dal cardinale arcivescovo di Napoli Giacomo Cantelmo ( ). L'area presbiterale, coperta da una pseudo cupola decorata, insieme ai pennacchi, da Luigi Tammaro, è sovrastato dalla grande tela, dipinta nel 1678 da Pietro Gaudioso, rappresentante la decapitazione di San Gennaro. Nella cappella dedicata a San Francesco d'assisi, ubicata di fronte a quella di San Gennaro, è stata di recente collocata, sotto l'altare, una scultura di legno policromo del Cristo morto, attribuita ad un ignoto del secolo XV. Un autentico gioiellino, che si ammira sul portone dell'attiguo convento, è il campaniletto con l'orologio rivestito di riggiole maiolicate, riccamente decorate, del Settecento. Lago Fusaro Di origine vulcanica (lo si può notare dalla sua forma "circolare" caratteristica dei crateri dei vulcani) fa parte della caldera dei Campi Flegrei, a nord di Napoli. Prese questo nome nel periodo angioino, quando fu utilizzato per la macerazione della canapa, che si coltivava nel territorio cumano. Agli inizi della seconda metà del XVIII sec., con Ferdinando IV di Borbone, inizia un primo sfruttamento dello specchio lacustre con la coltivazione delle cozze prima e delle ostriche poi. Per volere suo e della sua seconda moglie Lucia Migliaccio, duchessa di Florida, alla morte degli di costruire su di una preesistente isoletta, una casina per la caccia e la pesca. Qui fu fatto costruire nel , per ordine dei Borbone di Napoli (architetti Luigi Vanvitelli, Ferdinando Fuga e, successivamente Carlo Vanvitelli), un casino di caccia, Casina Vanvitelliana, ed in alcune sale di questo casino sono state girate delle scene del film "Pinocchio" di Luigi Comencini.
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