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1 Tutto il materiale che consulti su è gratuito. Ti chiediamo solo di citare, nei tuoi lavori scientifici, il nome dell autore della tesi o dell articolo. Grazie! 1

2 Università degli Studi di Salerno Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di laurea in Filosofia Tesi di laurea in Storia della filosofia moderna Natura, civiltà e civilizzazione ne Il Tramonto dell Occidente di Oswald Spengler Relatore Candidata Ch.mo Prof. Antonella Miglino Nicola Auciello matr. 032/

3 ANNO ACCADEMICO 2000/2001 INDICE PRIMA SEZIONE CAPITOLO PRIMO Storia e natura: Spengler e i suoi predecessori. 1. Storia e natura, divenire e divenuto. Goethe e la natura vivente. 2. Dalla metodologia all interpretazione della realtà: slittamento dell antitesi scienze dello spirito-scienze della natura. Lo storicismo e i suoi rapporti con Spengler. p. 4 p La civiltà e i suoi problemi. p. 39 CAPITOLO SECONDO Conseguenze gnoseologiche dell antitesi storia-natura. 1. La morfologia fisiognomica. p La morfologia comparata. p. 69 CAPITOLO TERZO Anima e simbolo: lingua delle forme. 1. L anima e le sue manifestazioni: i simboli. p Simbolo originario e creazione del macrocosmo p Lingua delle forme simboliche: linguaggi specialistici e loro rispecchiarsi reciproco nell anima di una civiltà. p

4 CAPITOLO QUARTO Le due nature. 1. Natura come simbolo di una civiltà. p Natura come fondo originario da cui le civiltà emergono. Esiti metafisici della filosofia della storia spengleriana. p. 141 SECONDA SEZIONE CAPITOLO PRIMO La civilizzazione. 1. Civilizzazione come destino necessario. Spengler e la consapevolezza del tramonto. 2. I simboli della civilizzazione occidentale: il denaro, la macchina, il cesarismo. p. 159 p. 209 CAPITOLO SECONDO Conseguenze esistenziali del Tramonto dell Occidente. 1. Destino, libertà e necessità. p Come vivere alla fine dei tempi: Spengler e Zarathustra. p. 263 BIBLIOGRAFIA p

5 SEZIONE PRIMA 3

6 Capitolo primo Storia e Natura: Spengler e i suoi predecessori 1. Storia e Natura, divenire e divenuto. Goethe e la natura vivente. Il pensiero di Spengler, nella sua intensa capacità visionaria, ama esprimersi e procedere mediante delle coppie di antitesi, le quali non costituiscono un motivo di banale esemplificazione, bensì sono le immagini vive e profonde di un pensiero svincolato da ogni intellettualismo ma capace di uno sguardo totalizzante. Natura e storia formano la prima e fondamentale coppia antitetica de Il tramonto dell Occidente: il loro rapporto attraversa tutta l opera spengleriana e subisce continue modificazioni ma anche costanti approfondimenti. Lo scopo del nostro lavoro sarà quello di definire gli estremi di questa antitesi e di seguirla nei suoi quanto mai problematici sviluppi, al fine di comprenderne il senso all interno del grandioso progetto spengleriano di una morfologia della storia mondiale. In questo percorso ci sarà utile un confronto con la concezione della natura di Goethe, in particolar modo, nella sua condizione di studioso delle scienze naturali, specie della botanica. Dal suolo ormai isterilito dell Occidente, Spengler intende trarre un ultima filosofia, l unica ancora possibile ad un epoca tarda, una filosofia dell avvenire, la sua filosofia: alle sue basi vi è il mondo inteso come storia. In tal modo egli delimita l ambito, o meglio, la prospettiva a partire dalla quale costruirà la sua immane opera di analisi comparativa delle forme simboliche delle civiltà superiori, ma soprattutto di prognosi del destino dell Occidente. Spengler sente tutto questo come un compito mai osato e mai sentito prima di lui: 4

7 Il mondo come storia compreso, intuito e formulato nella sua antitesi rispetto al mondo come natura questo è un aspetto nuovo dell esistenza umana sulla terra la cui considerazione nel suo immenso significato pratico e teoretico finora non era stata riconosciuta come compito: forse oscuramente sentito e spesso intravisto da lontano, esso non era stato mai studiato in tutte le sue implicazioni. 1 Storia e natura sono due modi di rapportarsi all ambiente, due modalità di visione e di costruzione del mondo. Spengler rimprovera alla filosofia del passato di aver accantonato il modo storico di vedere il mondo, considerandolo privo di qualunque legalità e prevedibilità e, perciò, di qualunque interesse scientifico. In particolare la sua critica si appunta sulla filosofia kantiana, la quale ha fatto coincidere l apparato categoriale del nostro intelletto unicamente con le leggi della realtà fisica, senza prendere in alcuna considerazione quella che Spengler definisce una diversa relazione tra l intelletto desto dell uomo e il mondo che lo circonda 2. La storia, perciò, ha potuto solo avvalersi dell apparato conoscitivo dell unica scienza che avesse una validità scientifica, ovvero della fisica, privandosi della specificità che le è propria. Alla logica puramente spaziale e matematica della filosofia kantiana, Spengler oppone una logica del tempo, alla nuda necessità causale il determinismo del destino. Vi è, però, da decidere quali siano gli aspetti e i piani entro cui tale opposizione può essere fatta valere. Pietro Rossi, nel suo saggio Oswald Spengler e la crisi relativistica dello storicismo, parte da una distinzione puramente oggettiva per poi arrivare a ipotizzare, su un piano metafisico, due realtà tra loro radicalmente differenti, anche se in un qualche rapporto 3. E ribadisce tale interpretazione, sostenendo che la differenza oggettiva, ovvero dei campi del 1 TO, p TO, p Pietro Rossi, Oswald Spengler e la crisi relativistica dello stoicismo in Storia e storicismo nella filosofia contemporanea, Milano, 1991, p.71. 5

8 sapere, così come la differenza di metodo e di atteggiamento, finisce con l assumere un rilievo metafisico 4. Afferma infatti che: La distinzione tra due gruppi di discipline è ricondotta alla distinzione tra natura e storia, considerate come realtà ontologicamente eterogenee: la natura si identifica con il divenuto e la storia viene a coincidere con il divenire. Di conseguenza la distinzione di metodo diventa un antitesi tra due differenti tipi di logica che hanno il proprio fondamento nella struttura metafisica della natura e della storia; e la distinzione di atteggiamento diventa infine un antitesi tra due differenti forme di considerazione della realtà, che si riferiscono a due modi di esistere della realtà stessa. 5 Lo scopo primario di Rossi, in queste pagine, è quello di evidenziare le affinità e le differenze della strumentazione teorica di Spengler con lo storicismo tedesco; ma quello che ci interessa in questo momento è comprendere, attraverso la sua ricostruzione, che cosa effettivamente Spengler intenda per storia e per natura. Rossi cita, a sostegno della sua tesi, una frase de Il tramonto dell Occidente in cui si accenna a un secondo cosmo di cui l uomo sarebbe membro al di là del cosmo naturale. Ma la sua deduzione non trova riscontro con quanto Spengler ci suggerisce sin dall Introduzione: Qui si presentano due possibilità di raffigurazione del mondo a opera dell uomo: possibilità e non necessariamente realtà 6. Non siamo di fronte a due realtà distinte, ma a due modi di rapportarsi ad uno stesso materiale ontologico secondo una varietà di gradi. Ciò che interessa a Spengler è di arrivare a definire un orizzonte oggettivo e metodologico proprio alla ricerca storica, tale che investa l atteggiamento fondamentale dell uomo rispetto alla realtà. La coppia storia natura si dischiude nel rapporto vita morte, 4 Pietro Rossi, Lo storicismo tedesco contemporaneo, Torino, 1956, p Ibid. 6 TO, p.21. 6

9 divenire divenuto, tempo spazio, ovvero in coppie di opposti che presuppongono un nuovo atteggiamento dinanzi alle forme storiche, non più attento a rinvenire unicamente i nessi causali tra gli eventi, a rintracciare delle leggi di progresso o di decadenza entro un percorso storico lineare, ma a rinvenire i rapporti del divenire con la nostra vita, a comprendere dice Spengler - le relazioni esistenti fra ciò che vi è di vivente nel mondo e la (nostra) vita, onde conferire a questa una più profonda realtà 7. Per Rossi la componente metafisica della concezione di Spengler della storia e della natura confermerebbe la tesi di una ripresa del romanticismo nel suo pensiero nonostante gli sforzi compiuti dallo storicismo per allontanarsene. Il primo volume de Il tramonto dell Occidente inizia precisando le coppie di termini che saranno usati come impalcatura concettuale di una filosofia che vuol presentarsi come inaudita. Spengler, perciò, tende ad utilizzare una serie di concetti per niente nuovi, ma che sussume entro un ordine conoscitivo del tutto rivoluzionario. Ecco perché egli non si affida a dei concetti astratti per cogliere i fondamenti ultimi del reale, ma a un sentimento chiaro e preciso da cui procedono queste antitesi fondamentali concernenti i limiti estremi dell essere desto, sentimento che è ciò che di più originario può essere mai raggiunto 8. E qui che si innesta la possibilità di guardare a Spengler ancora come a un romantico, sebbene egli si dica figlio della sua epoca. Ma sarà proprio il costituirsi di una certa strumentazione romantica, anzi goethiana, che gli consentirà di seguire il suo cammino filosofico, sebbene sussunto in un ottica quanto mai moderna. Prima di procedere nell analisi di questi due mondi (il mondo come natura e il mondo come storia) allo scopo di cogliere le loro logiche interne, sarà opportuno soffermarsi sull effettivo modo secondo cui Spengler ne concepisce il rapporto, postulando una possibile gerarchia. 7 TO, p TO, p.90. 7

10 Essi designeranno due modi possibili di abbracciare la totalità del cosciente, del divenire e del divenuto, della vita vivente e della vita vissuta in una immagine del mondo unitaria, spiritualizzata e ben ordinata del mondo due modi che si diversificano a seconda che nella sensazione indivisibile complessiva sia il divenire o il divenuto, la direzione o l estensione (tempo o spazio) a predominare formativamente. Ma qui non si tratta di un alternativa, bensì di una serie indefinita di possibilità diversissime di formarsi un mondo esterno come riflesso e testimonianza del proprio essere, serie i termini estremi della quale sono una visione del mondo puramente organica e una visione del mondo puramente meccanica 9. Direzione ed estensione, divenire e divenuto hanno una capacità formativa: ma che cosa significa? Significa che, a seconda che noi procediamo secondo una logica organica (fondata sul destino) o secondo una logica meccanica (fondata sul principio di causalità), arriveremo a costituire mondi fra loro diversi, grazie alla capacità creativa, mitopoietica del nostro guardare il mondo. Tuttavia non possiamo parlare di una netta alternativa: il mondo come storia e il mondo come natura sono solo gli estremi di una serie infinita di possibilità formative in nostro possesso e non delle realtà ontologicamente definite. Ed è proprio in questa affermazione, di cui pure Rossi tiene conto 10, che la tesi di quest ultimo circa la portata ontologica dell antitesi storia natura, rischia di trovare degli ostacoli e di confondersi. In questo brano, però, compare anche un fondamentale accenno ad un rapporto gerarchico tra questi istinti formativi: per Spengler a base di ogni divenuto vi è sempre un divenire, e non viceversa 11 ; il divenuto, cioè, è solo la forma cristallizzata, fissata, priva di vita, dello stesso divenire da cui pure deriva. Storia e natura sono due possibilità estreme date all uomo per crearsi una propria immagine del mondo: Una realtà è natura se in essa il divenire è 9 TO, p Pietro Rossi, Lo storicismo tedesco contemporaneo, op. cit., p TO, p.90. 8

11 subordinato al divenuto, è storia se il divenuto è subordinato al divenire 12. Ma come si estrinseca ulteriormente questa contrapposizione? Relativamente al tempo, Spengler sostiene che ogni fatto storico ha il carattere della unicità e della irripetibilità, mentre ogni fatto naturale ha il carattere della costanza, della ripetibilità espressa mediante una legge. Perciò se la storia ha una direzione ed è nel tempo, la natura è del tutto atemporale, è qualcosa di esteso, di inanimato, di calcolabile, di numericamente conoscibile. Da questo punto di vista la natura, in quanto divenuto, è espressione della morte, della fissità, della legge e della misura, di un conoscere che divide e che sistema, senza tener conto del flusso incessante e vivo del divenire. La forma, d altro canto, sarà il veicolo di conoscenza e di comunicazione della storia: le forme storiche si contrappongono, così, alle leggi naturali, istituendo una legalità nuova, diversa da quella deterministico-causale, meccanica della natura, una logica organica, ma anch essa caratterizzata da una sua necessità interna, dalla necessità della vita. La domanda fondamentale con cui si apre Il Tramonto dell Occidente concerne proprio la ricerca di una logica tipica della storia: Esiste, di là da tutto ciò che vi è di accidentale e di incalcolabile nei singoli avvenimenti, una struttura, diciamo così, metafisica dell umanità storica, essenzialmente distinta dalle forme politiche e spirituali ben visibili, popolari della superficie? Struttura che sarebbe essa a determinare ogni realtà d ordine inferiore? [ ] nella vita, diciamo, è possibile individuare gli stadi che debbono essere attraversati e, invero, secondo un ordine che non ammette eccezioni? 13. Spengler qui ci sta prospettando una logica della storia che segua le stesse epoche della vita organica, che cioè prospetti la nascita, la crescita, la maturità, la decadenza e la morte di ogni componente storica e che, perciò, alluda ad un 12 TO, p TO, p.13. 9

12 loro destino, ad un destino di morte che è implicito nel loro essere delle forme viventi. Portando fino in fondo l antitesi storia natura, Spengler la apre al rapporto tra destino e principio di causalità, la cui interpretazione è da lui considerata uno dei più gravi problemi dell umanità. L idea di un destino è legata alla concezione della vita come sede della realizzazione del possibile, come ciò che ha una direzione e che soggiace a un fato. La conoscenza circa il destino di un essere, sia esso umano o una qualunque altra forma di individualità vivente, ha il carattere di una certezza, non comunicabile mediante concetti, ma solo col linguaggio dell arte o della religione: L idea di destino richiede un esperienza vissuta e non quella dello scienziato; richiede una forza di visione e non un calcolare; profondità e non intellettualismo. 14. Questo ci riconduce al nostro tentativo di definire il mondo come storia, in cui, come abbiamo visto, Spengler si allontana da ogni logica incapace di cogliere il vivente in quanto tale, nel suo divenire. Nella sua ossessiva utilizzazione di coppie antitetiche, egli cerca di guidarci all interno di una concezione della storia che abbracci l intero senza disanimarlo, senza fissarlo ma, al tempo stesso, ci dispone, nell analisi di questo ventaglio di possibilità di guardare il mondo, a favore della prospettiva storica: ogni distinzione presuppone una valutazione e tale criterio ci accompagnerà in tutta l analisi del pensiero spengleriano. La capacità di comprendere l idea di destino e di comunicarla richiede una creazione: solo un artista può farlo, solo le forme viventi possono esserne il veicolo. Anche riguardo a tale contrapposizione, Spengler riprende la sua polemica nei confronti del kantismo: la filosofia, fino a lui, non si era mai occupata di ciò che fosse il destino o il caso o la speranza, ma solo di ciò che potesse essere conosciuto mediante concetti: 14 TO, p

13 Ma mentre, come lo ha constatato Kant, la causalità è una necessità dell essere desto pensante, mentre essa è la forma fondamentale della sua relazione col mondo delle cose, le parole destino, predeterminazione, vocazione designano invece una ineluttabile necessità della vita. La storia vera è satura di destino, ma è libera da leggi. Il futuro lo si può presentire (ed esiste uno sguardo capace di penetrarne i segreti), ma non lo si può calcolare. 15. Per colui che sente il destino, che lo percepisce secondo una certezza interna, cogliendo nella storia una direzione e una logica altra da quella meccanica, causale, il tempo stesso non sarà più un enigma, ma coinciderà, nella sua irreversibilità, col destino. Destino e causalità stanno fra loro come tempo e spazio. 16 Sarà proprio su questi presupposti che Spengler costruirà il suo immane sforzo di uno studio nuovo, diverso, della storia mondiale. In queste pagine de Il Tramonto dell Occidente 17 egli sta sì disponendo i suoi strumenti teorici, ma sta anche prestando attenzione ad una collocazione storica della sua stessa filosofia: il suo scopo è quello di legittimare la prospettiva da cui ci sta parlando, di stabilire la sua posizione nell ambito del suo stesso orizzonte storiografico. A questo punto deve infatti chiedersi se storia e natura, in quanto possibilità estreme del nostro modo di guardare il mondo, siano presenti e possibili in qualunque epoca storica. La storia è la forma originaria del mondo e la natura, quale meccanismo cosmico elaborato, è una forma tarda di esso realizzata a pieno solo dall uomo delle civiltà mature. 18. Come il divenuto deriva dal divenire, essendone la dimensione cristallizzata e morta, così la logica meccanica costituisce solo un modo derivato, tardo di guardare il mondo e di ordinarlo secondo uno schema causale. L umanità 15 TO, p TO, p Il riferimento è ai primi due capitoli del Tramonto dell Occidente, in particolare a Fisiognomica e sistematica. 18 TO, p

14 primitiva era assorbita all interno di un tutto vivente, inafferrabile, assolutamente non identificabile con la nostra natura, frutto di una conoscenza rigida e schematizzante. Tale percezione del mondo, in un età tarda e cittadina quale la nostra, talvolta compare indistinta solo nel bambino o nell animo dell artista, ma si colloca in una forte tensione con la visione del mondo scientifica. La natura in senso stretto è il modo più raro, proprio all uomo maturo e forse già senile delle grandi città di civiltà tarde, di afferrare la realtà; la storia è quello ingenuo e giovanile, ma anche più inconsapevole, proprio a tutta l umanità. 19. Da questo punto di vista lo stesso mondo umano è il mondo come storia, la storia ne è il suo carattere costitutivo. Tuttavia l elemento natura non ne costituisce un tratto estraneo, ma solo una fase necessaria e costante, propria a ciascuna epoca tarda. Nei primi secoli di ogni civiltà sono già presenti gli spunti di una visione meccanicistica del mondo basata sulle leggi, i numeri e la causalità, ma sono ancora deboli, sporadici se confrontati col forte sentimento religioso. Più tardi, però, essi assumono tutto il loro rigore e, come tutto ciò che lotta per emergere, tendono ad essere esclusivi e predominanti. Si finisce, così, col conoscere il mondo solo tramite dei nessi causali e l uomo delle grandi città assume il pregiudizio secondo cui l immagine meccanica della natura sarebbe identificabile col mondo stesso. Ma a quale epoca appartiene lo stesso Spengler? Non è forse la sua un età in cui prevale la visione scientifica del mondo? E, allora, che ne è della rivalutazione della storia propria della sua filosofia dell avvenire? Innanzitutto, Spengler esclude la possibilità che possa darsi una scienza storica: 19 TO, p

15 Ma si deve tener fermo che voler trattare scientificamente la storia sarà, in fondo, sempre qualcosa di contraddittorio. [ ] Lo sguardo propriamente storico verte su un regno di significati ove è deciso non il vero o il falso, bensì il piatto e il profondo. 20. Solo la natura può essere trattata scientificamente, mentre la storia ha a che fare con delle forme viventi: ciò che si può comprendere di esse è solo la profondità e autenticità del loro essere manifestazioni di un epoca. Ogni ricerca storica che voglia darsi come scienza finisce con l essere una mera fisica della vita 21, come lo è stato il materialismo storico. Il compito della filosofia di Spengler va oltre la pretesa di assolutezza delle scienze della natura, in quanto egli le relativizza e le sussume all interno della sua indagine storica, considerandole delle manifestazioni relative ad una data civiltà. In particolare, in Occidente, l età delle scienze esatte è ormai finita, avendo raggiunto il suo vertice nel diciannovesimo secolo: ecco, perciò, che è giunta l ora della sua filosofia, di quella morfologia della storia mondiale che di qui a poco ci appresteremo a definire. Ma quali sono i presupposti per una conoscenza storica, quali doti deve possedere uno storico? Spengler, in molti punti, assimila la conoscenza storica al fare artistico in quanto entrambi hanno a che fare col mondo delle forme viventi, entrambi si propongono di vedere e di cogliere le cose nel loro divenire, nel mentre esse divengono. Da ciò, anche il problema di un linguaggio che non sistemi, che non uccida la vita che è nelle forme e, perciò, poesia e religione sono viste come gli ambiti più vicini al lavoro e al linguaggio dello storico. La conoscenza della natura la si può imparare, quella storica è innata. Lo storico coglie e comprende gli uomini e i fatti d un sol colpo, con un senso che non si impara, che è libero da ogni tendenziosità e che ben raramente si manifesta in tutta la sua potenza. Analizzare, definire, ordinare, circoscrivere secondo cause ed effetti: tutto ciò può farlo 20 TO, p TO, p

16 chiunque lo vuole. Forma e legge, imagine e concetto, simbolo e formula hanno ciascuno un organo assai diverso. In questa antitesi si riflette lo stesso rapporto che corre fra vita e morte, fra generare e distruggere. L intelletto, il sistema, il concetto uccidono nell atto stesso del far conoscere. Essi trasformano il conosciuto in una realtà rigida che si può misurare e dividere. Invece la visione vivifica. Essa ordina il particolare in una unità viva intimamente sentita. Poesia e storia sono affini, come, dall altra parte, lo sono calcolare e conoscere. 22. Domenico Conte, nel suo saggio Evoluzione (in tedesco progresso ) Spengler tra vitalismo e irrazionalismo politico 23, si pone lo stesso problema di individuare quali siano le qualità di uno storico di rango: tutte, ci dice, rimandano ad una dimensione intuizionistica, fondata sulla capacità di cogliere immediatamente senza bisogno di appesantimenti razionalistici, il nucleo profondo degli avvenimenti 24. Ed è quanto Spengler continuamente ci comunica insistendo sulla sua capacità di visione, sull acutezza del suo sguardo, sul suo sapersi porre da una prospettiva da aquila. Ma uno degli aspetti o, meglio, dei percorsi interpretativi su cui Conte insiste, riguarda la possibilità di gettare un audace ponte fra un piano biologico metafisico e un piano di morfologia delle civiltà 25. E, allora, quali sono i presupposti teorici di questo ponte? Come fa Spengler a combinare queste antitesi, attuando quasi un paradossale sovvertimento della concezione comune della natura e della storia? Chi lo ha ispirato in questo lavoro preliminare di concezione di una struttura organica, destinale della storia? Ci si ricordi di Goethe. Ciò che egli ha chiamato natura vivente è proprio ciò che qui viene designato come storia mondiale.[ ] Rivivere col sentimento, intuire, confrontare, una immediata certezza interna, una immaginazione sensibile esatta: ecco quali furono i mezzi di 22 TO, p Domenico Conte, Evoluzione (in tedesco progresso). Spengler tra vitalismo e irrazionalismo politico in Catene di civiltà, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, Ivi, p Ivi, p

17 cui si servì per avvicinarsi al mistero dei fenomeni in moto. Non diversi sono i mezzi necessari per la ricerca storica in genere. 26. Ecco il capovolgimento: ciò che era natura (anzi natura vivente) diviene storia, la quale ne assume le leggi interne, ovvero la logica organica. Goethe costituisce, insieme a Nietzsche, l unico precursore che Spengler cita e ringrazia esplicitamente: al di là di essi, egli tende a spacciare tutte le sue idee come del tutto originali, come assolutamente innovative. Secondo Rossi è proprio Goethe a fornire a Spengler gli strumenti per tradurre in chiave romantica il pensiero storicistico: da lui avrebbe tratto sia la nozione di Erlebnis, di esperienza vissuta, come strumento di un accesso immediato al divenire della vita, sia la concezione di una natura vivente che, come abbiamo visto, diventa il mondo come storia. L identificazione tra la natura vivente e il mondo come storia conduce Spengler a caratterizzare lo sviluppo storico come un divenire biologico retto da una logica organica, che è l espressione di una necessità infallibile a cui le forme della vita non possono mai sottrarsi. Il rapporto tra la vita umana e le sue manifestazioni risulta perciò definito in riferimento al rapporto che Goethe aveva istituito tra la vita e le sue forme: le manifestazioni del mondo umano sono, nel loro carattere storico, espressione di una forza infinita la vita che si realizza in una molteplicità di forme tra loro diverse, ed ognuna con una propria fisionomia particolare. 27. Cerchiamo di analizzare entrambi questi punti di contatto e di comprendere in che modo la concezione della natura di Goethe abbia inciso sull idea spengleriana di una morfologia della storia mondiale. Innanzitutto sarà opportuno considerare la nozione di forma che, come abbiamo visto, diventa in Spengler il veicolo di comprensione e di comunicazione del divenire storico, in contrapposizione alle leggi della natura. In questo percorso prenderemo in 26 TO, p Pietro Rossi, Lo storicismo tedesco contemporaneo, op. cit., p

18 esame alcuni degli Scritti sulla natura 28 in cui compare un Goethe scienziato, studioso della botanica ma che, mai come in questa veste, è stato capace di venire a capo di alcune delle questioni estetiche che più gli stavano a cuore: la natura, cioè, diventa il terreno di risoluzione di questioni poetologiche. Forma, ci avverte Goethe, in tedesco, è Gestalt, termine nel quale si astrae da ciò che è mobile, e si ritiene stabilito, concluso e fissato nei suoi caratteri, un tutto unico 29 ; ma non è certo questa l accezione di forma che egli intende porre a base della sua nuova disciplina, la morfologia. Forma piuttosto è Bildung, ovvero formazione, per indicare non ciò che è, ma ciò che sta producendosi: Ora, se esaminiamo le forma esistenti, ma in particolar modo le organiche, ci accorgiamo che in esse non v è mai nulla d immobile, di fisso, di concluso, ma ogni cosa ondeggia in un continuo moto. 30 La natura, cioè, specie quella organica, non ha nulla a che fare con le leggi fisse della fisica: essa è un tutto vivente non coglibile con un sapere che divide, che particolarizza, che non considera le parti come parti di un tutto. I metodi analitici, sebbene utili per rendere più agevole al nostro intelletto lo studio dell insieme, rischiano di scomporre ciò che era vivo in una molteplicità di elementi da cui non si può sperare di ricomporlo o di ridargli vita. Dice Goethe: Se noi vogliamo acquisire una percezione vivente della natura, dobbiamo mantenerci mobili e plastici seguendo l esempio ch essa stessa ci dà. 31. Tutto ciò che la scienza si sforzava di tenere distinto, tendeva a riunirsi nell animo di questo scienziato sui generis. Il suo scopo sarebbe stato quello di abbracciare in una sola visione l attività vitale, libera e infinita della natura. 28 Johann Wolfgang Goethe, La metamorfosi delle piante, Parma, Guanda, Questo libro contiene solo una parte degli Scritti della natura goethiani, ma l unica tradotta in italiano. 29 Ivi, p Ibid. 31 Ibid. 16

19 In un saggio di Giuliano Baioni dedicato ai concetti di forma e simbolo in Goethe 32, la forma è presa in considerazione come punto di contatto tra arte e scienze della natura. Essa è concepita come una totalità chiusa, autonoma, come una cellula estetica o linguistica (poiché anche la natura ha un suo linguaggio) che si struttura per opposizioni 33. La natura, per Goethe, ha un suo simbolismo, si esprime mediante delle forme viventi; rispetto alla storia, caratterizzata dal progresso lineare, dalla voracità del presente che divora ogni momento precedente, essa esprime la sua temporalità nella vita della pianta, nella sua ciclicità: La natura è il luogo dello sviluppo ciclico, dell ordine, della necessità, dell armonia e soprattutto il luogo di una creatività inesauribile nella quale il principio dell unità e il principio della molteplicità sono in perfetto equilibrio. 34. Lo studio delle forme della natura sarà, perciò, lo strumento più adatto per rapportarsi ad essa; a tale scopo Goethe fonda un altra scienza: la morfologia. Possiamo ben immaginare come questi momenti della riflessione goethiana sulla natura possano aver inciso su Spengler, interessato com era ad una visione nuova, diversa della storia. Nella morfologia della natura egli pose le basi per la sua morfologia della storia mondiale, incontrando le medesime difficoltà. Il problema più grande era come rappresentare nella fissità di un segno immodificabile (quello del linguaggio) il divenire delle forme 35. Le opere della natura non sono attingibili dalla ragione teoretica: occorrono metafore, similitudini, simboli, non concetti. Per questo Goethe deve ricorrere alla poesia, stendendo così un ponte tra botanica e forme dell arte. Nella Metamorfosi delle piante Goethe ci dà varie definizioni della morfologia, distinguendola dalle altre scienze. Se la fisica è la conoscenza delle nature 32 Giuliano Baioni, Forma e simbolo in Goethe appendice di Classicismo e rivoluzione, Napoli, Guida, Ivi, p Ivi, p Ivi, p

20 organiche nelle loro parti interne ed esterne, a prescindere dal loro insieme organico 36, la morfologia è in grado di studiare l insieme organico ricostruendolo armonicamente con le facoltà dello spirito 37. Essa non vuole a tutti i costi spiegare, bensì solo rappresentare: Goethe la propone come una nuova scienza non certo quanto al suo oggetto, bensì quanto al suo metodo e al suo punto di vista, in quanto è capace di riunire in sé ciò che è già presente, anche se disperso, nelle varie scienze naturali. Il suo scopo sarà quello di studiare le forme dei corpi organici nelle loro trasformazioni, di comprendere come la forma si cambi in forma 38. Per questo motivo la morfologia tiene insieme arte e natura: nella sua capacità di cogliere le forme del divenire si configura come l unica scienza adatta per un poeta e per un umanista. Si tratta di una nuova cultura estetica, che impone la ricerca di un nuovo linguaggio sia artistico sia naturale capace di utilizzare il criterio dell analogia delle forme simboliche. D altro canto, come vedremo, la concezione della forma organica come una cellula estetica, come un microcosmo fine a se stesso, sarà per Spengler fondamentale nella definizione della civiltà come orizzonte chiuso, autoreferenziale. Ciò che colpisce della concezione che Goethe ha della natura è, per contro, la sua idea della storia come una successione di eventi del tutto arbitrari 39, come una massa di follie e nefandezze 40. Il suo ideale di perfezione delle forme veniva, come dire, sconfessato e contraddetto, dalla violenza dei fatti storici (pensiamo soprattutto al suo giudizio negativo sulla rivoluzione francese). Per questo motivo potremmo dire che Spengler attua un capovolgimento del modo comune di considerare il rapporto storia natura, ponendo il suo accento positivo sul primo dei due termini che, tuttavia, viene completamente cambiato di significato e di struttura. Ma come attua, in concreto, questo capovolgimento? 36 Johann Wolfgang Goethe, La morfologia delle piante, op. cit., p Ivi, p Ivi, p Giuliano Baioni, Forma e simbolo in Goethe, op. cit., p Ibid. 18

21 D altra parte, là dove dovrebbe regnare il regno dei numeri e del sapere esatto, Goethe ha chiamato natura vivente proprio ciò che corrisponde a una visione diretta del puro divenire e formarsi; visione, quindi, della storia nel senso qui definito. Il suo mondo fu anzitutto un organismo, un ente, e si può comprendere che le sue ricerche, perfino quando avevano l aspetto di una fisica, non miravano né a numeri né a leggi né a una causalità fissata in formule e, in genere, a un analisi; che esse furono piuttosto una morfologia in senso superiore, per cui evitarono il metodo specificamente occidentale di ogni studio secondo cause, cioè l esperimento a base di misure ; né di esso sentiamo in qualche punto la mancanza. 41. Spengler si è riferito proprio alla struttura e alle finalità della morfologia goethiana, non più riferendola alle scienze della natura o all arte, ma alla storia che, come vedremo, si esprimerà anche attraverso le forme della scienza e dell arte. Egli avverte il suo lettore di stare semplicemente applicando le idee della morfologia goethiana della natura e sposta continuamente lo sguardo da questa alla morfologia storica, quasi a voler cercare una legittimazione per le basi del suo grandioso edificio. La profonda e poco considerata idea che Goethe scoprì nella sua natura vivente, e di cui egli fece costantemente il fondamento delle sue ricerche morfologiche, va qui applicata nel suo senso più rigoroso a tutte le forme della storia umana pienamente maturate, morte in piena fioritura, semisviluppate o soffocate in germe. E un metodo che si basa sul sentimento non sull analisi. 42. Questo meccanismo ci sarà indispensabile nella comprensione del fenomeno delle civiltà, la cui concezione sarà tutta intrisa del biologismo goethiano, nonché nell opera comparativa che egli si appresterà a costruire tra le forme storiche. Il concetto di pianta, poi, nella sua considerazione morfologica, sarà 41 TO, p TO, p

22 costantemente sottoposta alla sua attenzione come fonte inesauribile di conoscenza degli elementi ultimi del reale e della coscienza (essere ed essere desto). L interesse per la natura vivente sopravvivrà, in Spengler, a Il tramonto dell Occidente e costituirà la base per quell opera di metafisica a cui dedicherà gli ultimi anni della sua vita. Essa, pubblicata solo postuma, rivela non solo la profondità dell eco goethiana ma, soprattutto, l originalità della sua elaborazione nel pensiero di Spengler. Urfragen costituisce un domandare senza risposte, un porre problemi che hanno in loro stessi il loro valore in quanto interrogativi sulla vita. In tale opera, composta di frammenti, troviamo ancora i problemi della forma, della natura vivente e dell intuizione: La forma e la formazione della vita: non si tratta di un essere-che-vive così come i sistematici tacitamente affermano sempre, quale fondamento della vita stessa; questa invece si sostanzia in un nascere, un fiorire, un maturarsi, un perire; non quindi un esserci ma un agire (come la fiamma): della vita della specie, della famiglia, delle stirpi, del singolo esemplare, un aver-formazione organicamente, cioè: la vita nasce, acquista forma, diviene nuovamente senza forma. 43. La natura vivente è vista ancora come vita totale 44, attraversata e abitata da schiere di esseri in movimento. Ma Rossi aveva accennato anche all influenza del concetto di intuizione su Spengler. Esso si colloca in diretto rapporto con la concezione della natura vivente in quanto proprio la capacità di astrarre dalla visione matematizzante del mondo, il saper ridurre a un minimo la componente deterministica della scienza della natura, consente la trasformazione del vedere in esperienza vissuta, ammettente soltanto le varie formulazioni artistiche 45. Spengler parla più volte della fantasia sensibile esatta di Goethe, considerandola la facoltà più idonea a 43 UR, p UR, p TO, p

23 cogliere il divenire: in essa vi è sia la componente empirica, legata ai sensi, sia il momento creativo, estetico, il solo in grado di rapportarsi alle forme viventi. Molte volte, nel corso de Il tramonto dell Occidente, sentiremo Spengler parlare di intuizione, di certezza interna, di istinto: lo abbiamo visto a proposito del destino, ma molti altri passaggi cruciali saranno inseriti in quest ottica intuizionistica. L aver fissato il nostro sguardo sul rapporto Goethe Spengler non significa voler appiattire la filosofia di quest ultimo ai presupposti teorici dell autore del Faust. Qui non si tratta solo di rintracciare la provenienza dei concetti della morfologia della storia mondiale, ma di capire come essi lavorino nell ambito di un contesto del tutto nuovo e si intreccino con influenze e suggestioni di diversa provenienza. L immenso impianto storico costruito da Spengler ne Il tramonto dell Occidente può essere considerato la sintesi originale di più tendenze le quali lavorano in lui allo scopo di portare a chiarimento il proprio presente e il destino della sua civiltà. Le categorie finora messe in campo dovranno, perciò, essere comprese entro quest ottica, prescindendo dal ravvisare delle semplici somiglianze. Soprattutto, dovremo cercare di rinvenire le fonti e le suggestioni da Spengler non espressamente dichiarate ma fortemente presenti in un libro dalle molteplici possibili prospettive di lettura. 2. Dalla metodologia all interpretazione della realtà: slittamento dell antitesi scienze dello spirito scienze della natura. Lo storicismo e i suoi rapporti con Spengler. L antitesi storia-natura costituisce il presupposto fondamentale della costruzione morfologica de Il tramonto dell Occidente. Spengler ama presentare ogni concetto e principio del suo pensiero come vox non prius audita: al di là dei 21

24 riconoscimenti palesi attribuiti a Goethe e a Nietzsche, egli cioè cerca di spacciare ogni idea come assolutamente originale e rivoluzionaria, occultando, in tal modo, debiti altrettanto importanti. In realtà, lo stesso problema del rapporto tra storia e natura è figlio della tradizione storicistica tedesca di cui egli, per alcuni versi, può considerarsi il continuatore. La necessità di distinguere gli ambiti della conoscenza e della realtà gli deriva dalla differenziazione tra scienze dello spirito e scienze della natura, ideata da Dilthey 46 a partire dall Introduzione alle scienze dello spirito. Come per Spengler, anzi in maniera molto più sentita, il presupposto di quest antitesi giace nella contrapposizione al positivismo, nell esigenza di dare forza e spessore alle scienze storiche. Alla fine del Medio Evo iniziò l emancipazione delle varie scienze particolari. Tra esse quelle della società e della storia rimasero tuttavia ancora a lungo nell antica dipendenza dalla metafisica, fin molto addentro nel secolo scorso. Che anzi, il crescente dominio delle scienze naturali apportò loro un nuovo stato di soggezione non meno opprimente dell antico. Fu la Scuola Storica prendendo questa designazione in un senso ampio a compiere l emancipazione della coscienza e della scienza storica. 47. Dilthey, dunque, intende fondare l autonomia delle scienze dello spirito sul loro differenziarsi tanto dalla metafisica quanto dal positivismo. La prospettiva metafisica ha trovato modo di esprimersi e di affermarsi nell ambito della filosofia della storia, la quale pretende di trovare l unità e il senso dei fatti socio-storici in una connessione necessaria di carattere logico, che prescinde dalla loro concretezza particolare. Di conseguenza, il significato della storia viene ravvisato in uno scopo o in una ragione trascendente di cui gli eventi costituiscono la manifestazione, mentre le scienze particolari si riducono ad 46 Da Dilthey, Spengler ha tratto le categorie fondamentali e gli strumenti necessari ad affrontare il problema della civiltà occidentale e del suo avvenire; per alcuni versi, egli costituisce l implicito ma costante punto di riferimento del suo pensiero. 47 Wilhelm Dilthey, Introduzione alle scienze dello spirito, La Nuova Italia, Firenze, 1974, p

25 essere i corollari di uno schema prefissato perdendo ogni indipendenza di ricerca. Dilthey, viceversa, ricava l autonomia di cui godono le scienze dello spirito dal loro impianto gnoseologico e metodologico, fondato sulla concretezza della vita umana. Il rapporto col positivismo è, invece, molto più complesso: da un canto, il rigore metodologico nelle scienze della natura è il termine di paragone costante per la determinazione delle peculiarità delle scienze umane; dall altro, il positivismo raccoglie, nella sua struttura, la stessa eredità metafisica, nonostante l apparente polemica contro di essa. Il suo scopo, infatti, è quello di costruire una scienza onnicomprensiva che non lasci alcun margine di autonomia e specificità alle scienze dello spirito. In particolare, Dilthey appunta le sue critiche su Comte e su Stuart Mill: Nella sua opposizione al positivismo, Dilthey rimprovera da un lato a Comte di subordinare arbitrariamente le scienze dello spirito alle scienze della natura, in ossequio a una posizione metafisica mirante a ridurre tutti i fenomeni spirituali a prodotto della natura, e dall altro a Stuart Mill di definire estrinsecamente il metodo delle scienze dello spirito in base allo schema di spiegazione proprio delle scienze della natura. 48. Vi è una incommensurabilità tra fatti spirituali e fatti materiali e ciò esclude qualunque subordinazione degli uni agli altri: si tratta, allora, di stabilire i confini presso i quali termina la conoscenza della natura e inizia una scienza dello spirito autonoma, configurantesi a partire da un proprio centro 49. E, perciò, impossibile interpretare i fatti spirituali come proprietà o aspetti della materia: la differenza che intercorre tra questi due mondi di discipline non è semplicemente quella tra scienze speciali dello stesso genere. L antitesi tra storia e natura si esplica, così, nella necessità di definire l autonomia delle scienze dello spirito e di fondarla gnoseologicamente. Se in 48 Pietro Rossi, Lo storicismo tedesco contemporaneo, op. cit., p Wilhelm Dilthey, Introduzione alle scienze dello spirito, op. cit., p

26 Spengler l antitesi si riduceva al solo mondo storico, Dilthey parla di tutte quelle scienze che hanno per oggetto la realtà storico-sociale. Esse costituiscono, di volta in volta, il riflesso parziale della realtà storica effettuale, inattingibile nella sua totalità, e preludono alla necessità di un nesso che le articoli in un sistema autonomo di conoscenza. Ma quali sono le caratteristiche peculiari delle scienze dello spirito? Che cosa consente di stabilire la loro incommensurabilità rispetto alle scienze della natura? E qui in gioco la possibilità di definire i piani di questa antitesi e, quindi, di comprendere la reale influenza che lo storicismo diltheyano ha avuto sul pensiero di Spengler. Per entrambi, la conoscenza delle forze che dominano il mondo storico-sociale diventa una questione vitale; ai loro occhi le scienze sociali acquistano una posizione di rilievo rispetto alle scienze naturali. Anche se collocati in situazioni storiche differenti, essi sentono l urgenza di una comprensione storica della realtà che, tuttavia, assumerà forme e finalità assai personali. Innanzitutto, possiamo parlare di una distinzione di oggetto: le scienze dello spirito e le scienze della natura hanno di fronte a loro due distinte realtà, frutto di una diversa percezione delle loro leggi interne: Così dal regno della natura l uomo scinde un regno della storia in cui, nel bel mezzo della concatenazione d una necessità oggettiva che è natura, in innumerevoli punti di questo tutto balena la libertà; e qui gli atti del volere, in netto contrasto col decorso meccanico dei mutamenti naturali, [ ] creano veramente qualcosa, introducono uno svolgimento, nella singola persona e nell umanità. 50. La libertà è il segno di una scissione col mondo naturale, dell intervento di una volontà che modifica la realtà esterna. Ma non bisogna pensare che la differenza di oggetti sia riconducibile a una differenza sostanziale: coerentemente col suo 50 Ivi, p

27 atteggiamento antimetafisico, Dilthey nega di trovarsi dinanzi a due strutture opposte del reale, all antitesi tra spirito e materia tipica del Medioevo o a quella, più moderna, tra res cogitans e res extensa. Al posto dell antitesi tra sostanze materiali e sostanze spirituali subentrò quella tra mondo esterno, inteso come ciò che è dato dai sensi, nella percezione esterna (sensazione), e mondo interno, offerto primariamente dalla penetrazione interiore degli eventi e degli atti psichici. 51. Su questa base, è possibile pensare alla nascita di un regno caratteristico di esperienza che attinge il suo materiale dal mondo interiore e che, perciò, può essere sottoposto ad un diverso ordinamento e studiato sulla base di una peculiare metodologia. Libertà e necessità caratterizzano i due distinti dominî di conoscenza: nel mondo storico l uomo si scopre in grado di mutare ciò che lo circonda; nel mondo naturale egli ne è determinato. Nell ambito dell Introduzione alle scienze dello spirito, Rossi sostiene che l antitesi scienze dello spirito-scienze della natura non è leggibile solo sul piano oggettivo: vi è anche un antitesi tra due modalità di esperienza e di atteggiamento. Infatti, mentre il mondo umano è oggetto di un esperienza interna, le scienze della natura traggono il loro materiale da un esperienza esterna: solo nelle scienze umane l uomo è, al tempo stesso, sia colui che osserva e che conosce sia colui che viene osservato nelle sue dinamiche storiche e sociali, l oggetto di un esperienza vissuta (Erlebnis). Da ciò deriva che l uomo istituisce un rapporto radicalmente diverso con la realtà da lui studiata: il mondo dei fatti spirituali gli appartiene, può intuirlo dall interno della sua esperienza; viceversa, la natura gli è estranea, distante. 51 Ivi, p

28 Gli stati di fatto della società ci sono comprensibili da dentro, possiamo ricalcarli in noi, fino a un certo punto, in base alla percezione dei nostri stati, e nel prenderne visione la nostra rappresentazione del mondo storico è accompagnata da amore e odio, da gioia appassionata, da tutto il giuoco dei nostri affetti. Ma la natura è muta per noi. Solo la forza della nostra immaginazione vi effonde un barlume di vita e di interiorità. [ ] La natura ci è estranea. Per noi infatti essa è solo un esterno, non un interno. Il nostro mondo è la società. In questa noi viviamo il giuoco delle interazioni con ogni forza di tutto il nostro essere, perché notiamo in noi stessi, in vivissima inquietudine, gli stati e le forze di cui si compone il suo sistema. 52. L esperienza vissuta si dà con immediatezza e in una molteplicità di toni affettivi: anche il sentimento rientra nelle modalità proprie delle scienze dello spirito. Dilthey, infatti, mira a recuperare l interezza dell uomo: il conoscere non si limita al solo rappresentare, ma anche al volere e al sentire. L ideale dell uomo intero è il frutto del recupero della concreta esistenza storica e sociale. Ma come procedono i due differenti gruppi di scienze? I diversi piani dell antitesi sono funzionali a mettere in rilievo una differente metodologia. Uniformità e individualità diventano i termini fondamentali del discorso storicistico e vengono sottoposti a ripensamenti e polemiche. Dilthey è dominato dal bisogno di ritrovare nella storia le stesse leggi di sviluppo, conformità e regolarità che reggono i singoli avvenimenti. L organizzazione delle scienze morali e politiche è in cima alle sue ricerche; dotare queste scienze d una metodica altrettanto universalmente valida, fondarle scientificamente senza disseccarle assoggettandole al sistema delle scienze fisiche, scoprire nel mondo morale dei tipi, delle classi, delle specie fisse e determinabili fu la sua dominante preoccupazione. 53. La ricerca di una metodica specificamente storica e sociale era fondamentale per dotare le scienze dello spirito di una validità universale che potesse contrastare il 52 Ivi, p Lorenzo Giusso, Spengler e la dottrina degli universi formali, Ricciardi, Napoli, 1935, p

29 primato scientifico dello studio della natura. Giusso, infatti, riduce ogni differenza tra scienze dello spirito e scienze della natura a una questione di metodo e non a un problema di oggetti. Tuttavia, in Dilthey sono presenti molteplici prospettive: uniformità e individualizzazione si intersecano nel definire il carattere specifico del metodo socio-storico. Fatti, teoremi, giudizi di valore e norme: le scienze dello spirito constano di queste tre classi di proposizioni. [ ] In esse (che sono la confutazione permanente del principio spinoziano omnis determinatio est nagatio) la penetrazione del singolare, dell individuale, costituisce un fine ultimo né più né meno dell esposizione di uniformità astratte. 54. Le scienze dello spirito si avvalgono sia dell astrazione che generalizza, sia dell intuizione che particolarizza. Nel primo caso, esse mirano a scoprire le uniformità del mondo umano, avvalendosi essenzialmente di un metodo comparativo, in grado di astrarre dalla singolarità dei fenomeni spirituali: l antropologia, la psicologia, le scienze dei sistemi di cultura e dell organizzazione esterna rispondono a questa logica. Viceversa, la storiografia tende a comprendere i fenomeni spirituali nell individualità che li contraddistingue: essa prescinde da quanto vi è di comune e di uniforme nel mondo umano, per cercare di rintracciare gli elementi che definiscono la fisionomia di un epoca e di una civiltà. La storiografia fa astrazione da quei tratti della vita degli individui e della società che nell epoca da interpretare sono uguali a quelli di tutte le altre epoche; il suo sguardo va a quanto differenzia, a ciò che instaura una differenza, e al singolare. 55. Ma questo è anche il nucleo fondamentale della differenza metodologica tra scienze dello spirito e scienze della natura, a partire dal quale si definisce la 54 Wilhelm Dilthey, Introduzione alle scienze dello spirito, op. cit., p Ivi, p

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