GNGTS 2013 SeSSione 2.2. M. Moscatelli 1, A. Pagliaroli 1, M. Mancini 1, F. Stigliano 1, A. Colombi 2 1. CNR IGAG, Roma 2. Regione Lazio, Roma

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1 MICROZONAZIONE SISMICA DI LIVELLO 1 DEL CENTRO STORICO DI ROMA M. Moscatelli 1, A. Pagliaroli 1, M. Mancini 1, F. Stigliano 1, A. Colombi 2 1 CNR IGAG, Roma 2 Regione Lazio, Roma Introduzione. La microzonazione sismica (MS) consiste nella valutazione della pericolosità sismica locale, attraverso l individuazione di zone di territorio caratterizzate da comportamento sismico omogeneo. Gli Indirizzi e criteri per la Microzonazione Sismica, ICMS (2008), forniscono standard per l esecuzione di studi di MS sul territorio nazionale. In accordo con ICMS (2008), gli studi di MS sono eseguiti secondo tre livelli di approfondimento crescente, da 1 a 3. Il livello 1 di MS è un livello di base che consiste nella lettura ed elaborazione dei dati geologici, geofisici e geotecnici generalmente preesistenti, al fine di suddividere qualitativamente il territorio in microzone omogenee in prospettiva sismica rispetto a zone stabili, zone stabili suscettibili di amplificazione, e zone suscettibili di instabilità (ad es., frane, liquefazioni, cedimenti differenziali). La presente nota illustra lo studio di microzonazione sismica di livello 1 del Municipio Roma Centro Storico eseguito dall Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria (IGAG) del CNR tra il 2012 e il Assetto geologico e geomorfologico dell area. L area comprendente il Municipio Roma Centro Storico è quella a più antica urbanizzazione in tutto il territorio comunale di Roma. 274

2 GNGTS 2013 Sessione 2.2 Fig. 1 Carta geologica del substrato del Municipio Roma Centro Storico e sezione geologica rappresentativa. In legenda è riportata la descrizione dei litotipi per ciascuna unità formazionale. In evidenza due misure di microtremore rappresentative dell area in studio. Legenda dei luoghi: A, Gianicolo; B, Campidoglio; C, Palatino; D, Aventino; E, Quirinale; F, Esquilino; G, Viminale; H, Oppio; I, Celio; L, San Saba; M, Valle Murcia; N, Almone; O, Stazione. Termini; P, San Giovanni; Q, Via del Tritone; R, Via Nazionale; S, Velabro; T, Labicano; U, Circo Massimo. 275

3 Essa è attualmente coperta da una spessa coltre di depositi antropici, fino a 20 m, che hanno modificato profondamente la morfologia naturale. Gli affioramenti geologici sono quindi pochi e concentrati in corrispondenza delle aree archeologiche, dove gli scavi hanno portato alla luce il contatto con il substrato naturale. Di fatto, quindi, l assetto geomorfologico e geologico dell area di studio è stato definito soprattutto per via indiretta, per mezzo dei numerosi sondaggi geognostici pregressi e delle informazioni reperite nella letteratura geologica. Lo schema stratigrafico di riferimento deriva da Funiciello e Giordano (2008) ed è stato parzialmente modificato ai fini dello studio di MS (Fig. 1). Il territorio del Municipio può essere suddiviso in tre settori principali, in base alle caratteristiche morfologiche: dorsale del colle Gianicolo, piana alluvionale del Tevere, settore dei colli orientali. La dorsale del Gianicolo, a decorso N-S, è costituita da una successione sub-affiorante, con giacitura quasi orizzontale. Questa dorsale comprende alla base le argille sovraconsolidate plioceniche della Formazione di Monte Vaticano (MVA), passanti verticalmente a sabbie e limi delle Formazioni di Monte Mario (MTM) e Ponte Galeria (PGLa), spesse complessivamente m. Chiudono al tetto coperture vulcaniche e sedimentarie comprendenti le Unità dei Tufi stratificati varicolori di Sacrofano (SKF), Tufi stratificati varicolori di La Storta (LTT), Pozzolanelle (VSN2) e Alluvioni Terrazzate (AT), per spessori complessivi di m. La dorsale del Gianicolo è caratterizzata da pendii relativamente acclivi, con pendenze che localmente raggiungono valori di 30 lungo il versante orientale. La piana del Tevere è allungata in direzione N-S ed è larga km. Il suo sottosuolo è costituito dal riempimento della valle fluviale, incisa fino alla profondità di -45/-50 m s.l.m. nel substrato geologico (Formazione di Monte Vaticano) e nelle coperture quaternarie antiche (vulcaniche e sedimentarie del Pleistocene medio) e successivamente colmata durante l ultima risalita glacio-eustatica del livello del mare. Il Sintema Fiume Tevere (SFTba), che riempie la valle omonima, è costituito da un lag ghiaioso basale, quasi continuo trasversalmente e spesso circa 10 m. Seguono verso l alto: corpi sabbiosi di canale fluviale, localizzati al centro del riempimento vallivo, larghi fino a 500 m e impilati con buona continuità latero-verticale; depositi pelitici inorganici e organici della piana inondabile, confinanti lateralmente i corpi sabbiosi di canale. Chiude al tetto una coltre di riporti (h), con uno spessore costante di m. Il settore dei colli orientali è costituito da una serie di rilievi isolati (Campidoglio, Palatino, Aventino), separati dai tributari di riva sinistra del Tevere, e da rilievi orograficamente continui (Quirinale, Esquilino, Viminale, Colle Oppio, Celio, San Saba), che rappresentano nel loro insieme il settore periferico di un vasto plateau vulcano-sedimentario esteso ai piedi dei Colli Albani. La stratigrafia del settore dei colli orientali è costituita, dalla base al tetto, da: 1) il substrato geologico della Formazione di Monte Vaticano; 2) una copertura multistrato di terreni sedimentari e vulcanici di età Pleistocene inferiore p.p.-pleistocene medio spessa in media m; 3) i riempimenti vallivi tardo-quaternari connessi al reticolo minore del Tevere, spessi fino a 30 m e larghi non più di 200 m; 4) le coperture antropiche, spesse fino a 20 m. Caratterizzazione geotecnica e geofisica. Le formazioni geologiche che caratterizzano l area di studio sono state distinte in termini di litotipi prevalenti (Fig. 1). La caratterizzazione geotecnica e geofisica di questi litotipi si è basata su informazioni presenti nella banca dati CNR- IGAG e su dati di letteratura. Per la proprietà geofisiche, in particolare, si è fatto riferimento all elevato numero di indagini utilizzate per lo studio di microzonazione sismica eseguito dal CNR-IGAG nell Area Archeologica Centrale di Roma (Moscatelli et al., 2012; Mancini et al., 2013; Pagliaroli et al., 2013a). Con riferimento ai valori della velocità di propagazione delle onde di taglio V S, la maggiore rigidezza compete ai litotipi ghiaiosi (AA1, FTR1, SFTba1; per gli acronimi vedasi Fig. 1) e ai tufi litoidi (PTI, PPT, VSN1a) per i quali V S = m/s. Al contrario, i litotipi meno rigidi sono quelli argillosi recenti (SFTba3,4) e i riporti (h) per i quali V S <300 m/s. I litotipi sabbiosi e limoso sabbiosi (FTR2, SFTba2, AA2) e pozzolanacei (VSN1b, VSN2, RED) nonché le 276

4 argille più antiche (AA3, FTR3, AT) e i tufi stratificati (LTT, SKF) si collocano essenzialmente nel campo di V S = m/s. È interessante notare che le argille sovraconsolidate MVA, basamento geologico, sono caratterizzate da valori di V S 500 m/s, ben al di sotto dei valori caratteristici di un basamento sismico (convenzionalmente V S =800 m/s). Questa formazione presenta uno spessore notevole (circa 900 m), ma solo la parte sommitale di essa (poche decine di metri) è stata direttamente investigata mediante prove geofisiche in foro. La parte più profonda è stata invece caratterizzata sulla base di un analisi a ritroso (Pagliaroli et al., 2013b), volta a riprodurre la frequenza fondamentale (f 0 = Hz) misurata sull intera area (vedi paragrafo seguente). Da questa analisi è risultato un modesto gradiente di V S, che cresce da circa 550 m/s in superficie fino a 650 m/s a circa 500 m dal tetto della formazione. Il modello di sottosuolo adottato per l area in esame è sintetizzato nella tabella 1, che riporta per ciascun litotipo i valori del peso dell unità di volume γ, della velocità delle onde di compressione V P e di V S. Tab. 1 Modello di sottosuolo con indicazione delle principali proprietà geofisiche dei litotipi individuati; * In assenza di determinazioni sperimentali, considerate le caratteristiche tessiturali e l età dei depositi, al litotipo MTM-PGLa sono stati assegnati i valori corrispondenti al limite superiore dell intervallo associato al litotipo AA2-FTR2-SFTba2. Per una descrizione dei litotipi, vedi Fig. 1. Litotipo γ (kn/m 3 ) V P (m/s) V S (m/s) h AA1-FTR1-SFTba AA2-FTR2-SFTba MTM-PGLa * 350* SFTba3-SFTba AA3-FTR3-AT RED-VSN1b-VSN SKF-LTT PPT-PTI-VSN1a MVA Misure di rumore ambientale. La strumentazione utilizzata per le misure di rumore ambientale è composta da un trasduttore Lennartz LE3D-5s a tre componenti di velocità e da un acquisitore (sismografo SL06). Il sensore Lennartz consente di investigare con accuratezza l intervallo di frequenza 0,2-50 Hz, che contiene largamente i valori di frequenza di interesse ingegneristico. In totale sono state eseguite 54 misure di rumore ambientale, di durata un ora, ubicate approssimativamente su una maglia di lato 700 m, così da avere due punti per km 2 (Fig. 1). L elaborazione dei dati si è basata sull analisi dell ampiezza delle componenti spettrali delle vibrazioni ambientali misurate nelle tre direzioni dello spazio. La frequenza di risonanza f 0 del terreno al di sotto del punto di misura è stata valutata mediante la tecnica HVSR o H/V (Horizontal to Vertical Spectral Ratio). La distribuzione di f 0 evidenzia due grandi aree omogenee: la prima, corrispondente alle piane del Tevere e delle valli secondarie più larghe (Almone e Murcia in Fig. 1), la seconda coincidente con il resto dell area studiata. La prima area è caratterizzata da una frequenza fondamentale f 0 1 Hz mentre nella seconda f 0 = Hz. Un esempio di curva H/V (media ± 1 deviazione standard) per entrambe le zone è mostrato in Fig. 1. Nella valle del Tevere, con sottosuolo costituito prevalentemente da argille, limi e argille organiche (V S 270 m/s), la frequenza fondamentale f 0 = 1 Hz conduce a H 60 m, corrispondente al valore massimo dello spessore delle alluvioni recenti attraversato dai 277

5 sondaggi. Tale frequenza è quindi associata alla risonanza dei litotipi argillosi (SFTba3,4) delle alluvioni recenti al di sopra dei terreni più rigidi, costituiti da ghiaie basali delle alluvioni del Tevere (SFTba1) a loro volta sovrastanti le argille sovraconsolidate della formazione MVA. Il picco a Hz, invece, è caratteristico di tutta l area in studio. Esso è presente anche nelle piane alluvionali recenti, dove è però superato in ampiezza dal picco a 1 Hz. Valori della frequenza di risonanza inferiori ad 1 Hz corrispondono a valori di H di alcune centinaia di metri, suggerendo quindi l ipotesi di un basamento profondo. Quest ultimo può essere individuato a circa 500 m di profondità dove, sulla base delle informazioni desunte da un sondaggio profondo perforato al Circo Massimo (Signorini, 1939), la formazione MVA passa da un litotipo prevalentemente limoso-argilloso ad uno sottostante più sabbioso e presumibilmente più rigido. Questa ipotesi è ulteriormente supportata dai risultati delle analisi 1D di riposta sismica locale (Pagliaroli et al., 2013b) variando parametricamente la posizione del basamento e il gradiente di V S all interno della formazione MVA. La profondità di 500 m e il gradiente V S = m/s, compatibile con le misure geofisiche effettuate nella porzione più superficiale di MVA, rappresentano la configurazione che meglio consente di riprodurre la frequenza fondamentale di Hz. Solo rare misure hanno evidenziato picchi H/V non riconducibili alle situazioni sopra descritte. Questo non sorprende, in quanto tra i litotipi rinvenuti nell area in studio esistono modeste differenze di impedenza sismica (I, prodotto tra densità e V S del litotipo), al massimo pari a 2.5 (vedi tabella 1). Queste poche misure sono state eseguite generalmente su siti caratterizzati da spessori elevati di coperture antropiche, sovrastanti tufi stratificati o litoidi. Carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica (MOPS). La carta delle MOPS (Fig. 2) individua le microzone dove, sulla base di osservazioni geologiche e geomorfologiche e della valutazione dei dati litostratigrafici e meccanici, è prevedibile l occorrenza di diversi tipi di effetti prodotti dall azione sismica, in particolare amplificazione del moto sismico e instabilità di versante. L analisi dei dati ha consentito di stabilire l assenza di zone stabili in senso stretto e la netta prevalenza di zone stabili suscettibili di amplificazioni locali, brevemente descritte nel seguito. Zone stabili suscettibili di amplificazione. Sono zone nelle quali sono attese amplificazioni del moto sismico, come effetto dell assetto litostratigrafico e morfologico locale. Le zone sono numerate in progressione, con un livello di amplificazione attesa crescente dalla prima all ultima. Zona 1 - Multilayer vulcano-sedimentario ridotto. Questa zona interessa la fascia di raccordo tra le pendici dei colli storici e le zone di fondovalle. La successione delle coperture comprende, dalla base, argille sabbiose fortemente sovraconsolidate (MVA), seguite da metri di ghiaie e sabbie molto addensate (AA1 e AA2). Seguono, verso l alto, limi e limi sabbiosi per uno spessore medio di 15 metri (AA3), al cui interno si rinvengono localmente tufi litoidi (PTI) per spessori massimi di 5 metri. Tutta la zona è ricoperta da una coltre antropica con spessori estremamente variabili (fino a 10 metri). Zona 2 - Substrato geologico non rigido. Questa zona caratterizza la base del colle Gianicolo, dove si rinvengono argille sabbiose fortemente sovraconsolidate (MVA) ricoperte da una coltre di riporti antropici, spessi fino a 10 m. Localmente il pendio è inclinato fino a 30. Zona 3 - Multilayer vulcano-sedimentario completo. Questa zona interessa le aree di plateau dei colli storici e la sommità del colle Gianicolo, caratterizzate da coperture vulcanosedimentarie di origine continentale e marino-marginale. Tali coperture, come per la Zona 1, sovrastano argille sabbiose fortemente sovraconsolidate riferibili a MVA e comprendono, dal basso verso l alto: 1) ghiaie sabbiose molto addensate e sabbie limose addensate per uno spessore medio di metri (localmente fino a 25 metri), riferibili ai litotipi AA1, AA2, e PGLa; 2) tufi litoidi e semilitoidi (PTI, PPT), localmente stratificati (SKF), per uno spessore di 278

6 circa 15 metri; 3) sabbie mediamente addensate per uno spessore generalmente non superiore a 2-3 metri, riferibili a FTR2; 4) tufi litoidi fratturati (localmente sostituiti da litotipi pozzolanacei e argillificati), per uno spessore medio di 9-10 metri, riferibili ai litotipi VSN1a,b; 5) limi consistenti riferibili ad AT. Sul colle Gianicolo l unità delle Alluvioni Terrazzate (AT) poggia direttamente sui tufi stratificati di Sacrofano (SKF). La successione si conclude con una coltre di copertura antropica, con spessori variabili da 1 metro a 10 metri. Zona 4 - Paleovalle sepolta della Formazione di Fosso del Torrino. Questa zona interessa in parte i colli Quirinale, Palatino, Celio, Oppio, e il settore compreso tra San Saba e il limite meridionale del Municipio (Fig. 2). Questi settori sono caratterizzati dal riempimento di una paleovalle larga (con coefficiente di forma, altezza su semilarghezza della valle, C=0,2), orientata in direzione circa nord-sud, riferibile alla Formazione di Fosso del Torrino, incisa fino alle argille sabbiose sovraconsolidate di MVA. La successione dei depositi di riempimento comprende, dal basso verso l alto: 1) ghiaie e ghiaie sabbiose addensate per uno spessore di circa 10 metri (FTR1); 2) limi argillosi mediamente consistenti per uno spessore medio di 20 metri (FTR3); 3) sabbie limose mediamente addensate per uno spessore medio 5 metri (FTR2); 4) tufi generalmente pozzolanacei e argillificati, per uno spessore medio di 9-10 metri, riferibili a VSN1b; 5) limi consistenti riferibili ad AT. La successione delle formazioni geologiche è ricoperta da una coltre antropica di spessore variabile tra 2 metri e 15 metri. Zona 5 - Riporti su tufi litoidi e pozzolane. Questa zona comprende tutti quei settori del territorio municipale in cui si rinvengono riporti con spessori maggiori o uguali a 10 metri, che poggiano su vaste aree costituite da litotipi vulcanici litoidi e pozzolanacei. La Zona 5 caratterizza gran parte dei colli Celio e Oppio, la porzione meridionale dell Aventino e del Palatino, le zone della Stazione Termini e presso la Basilica di San Giovanni. Zona 6 - Riporti su ghiaie e sabbie e su substrato geologico non rigido. Questa zona comprende tutti quei settori del territorio municipale in cui si rinvengono riporti con spessori maggiori o uguali a 10 metri, che poggiano su vaste aree costituite da ghiaie e sabbie riferibili ai litotipi AA1 e AA2 e sul substrato geologico non rigido (MVA). La Zona 6 caratterizza principalmente le pendici meridionali del colle Palatino, la base del versante del Gianicolo, le antiche linee di impluvio sottostanti le attuali via del Tritone e via Nazionale. Zona 7 - Asse centrale della valle del Tevere. La zona comprende la porzione centrale della valle del Tevere, in cui prevalgono litotipi sabbiosi (SFTba2). La successione comprende, dal basso verso l alto: 1) argille sabbiose fortemente sovraconsolidate riferibili a MVA; 2) ghiaie e ghiaie sabbiose (SFTba1) per spessori massimi di 10 metri; 3) sabbie (SFTba2) per spessori che possono raggiungere i metri, con intercalazioni metriche di limi e argille (SFTba3). I depositi alluvionali recenti della valle del Tevere riferibili a questa zona sono ricoperti da una coltre antropica di spessore variabile, talvolta eccedente 10 metri. Zona 8 - Porzioni laterali della valle del Tevere. La zona comprende le porzioni laterali della valle del Tevere, in cui prevalgono litotipi argillosi. La successione comprende, dal basso verso l alto: 1) argille sabbiose fortemente sovraconsolidate riferibili a MVA; 2) ghiaie e ghiaie sabbiose (SFTba1) per spessori massimi di 10 metri; 3) argille e argille organiche (SFTba3,4) per spessori che possono raggiungere i metri; 4) sabbie e sabbie limose (SFTba2) per spessori di 5-10 metri; 5) limi sovraconsolidati (SFTba3) per spessori di 5-10 metri. I depositi alluvionali recenti della valle del Tevere riferibili a questa zona sono ricoperti da una coltre antropica di spessore variabile, che localmente supera 10 metri. Zona 9 - Valle Murcia e fosso dell Almone. La zona comprende i settori di fondovalle riferibili alla valle Murcia (Circo Massimo) e al fosso dell Almone, caratterizzati da valli strette (coefficiente di forma C 0.25) e riempimento costituito da depositi alluvionali recenti (SFTba). 279

7 Le incisioni vallive interessano tutta la coltre di coperture vulcano-sedimentarie, fino a incidere le argille sabbiose sovraconsolidate riferibili a MVA. La successione di riempimento delle incisioni vallive comprende, dal basso verso l alto, 1) sabbie e ghiaie limose addensate per uno spessore di circa 5 metri (SFTba1,2, seguite da 2) limi argillosi (SFTba3), spesso organici (SFTba4), poco consistenti, per uno spessore di metri, all interno dei quali si rinvengono intercalazioni di sabbie limose poco addensate (spessore massimo dei singoli corpi pari a 10 metri; litotipo SFTba2). I settori di fondovalle sono interessati da una potente coltre di coperture antropiche, con spessori variabili da 10 a 20 metri. Zona 10 - Tributari minori del Tevere. La zona comprende i settori di fondovalle riferibili ai tributari minori del Tevere (principalmente Velabro e Labicano), caratterizzati da valli molto strette (coefficiente di forma C >> 0.25) e un riempimento costituito da depositi alluvionali recenti (SFTba). Anche in questo caso, le incisioni vallive interessano tutta la coltre di coperture vulcano-sedimentarie, fino a interessare le argille sabbiose sovraconsolidate di MVA. La successione di riempimento delle incisioni vallive comprende limi argillosi (SFTba3), spesso organici (SFTba4), poco consistenti, per uno spessore di metri, all interno dei quali si rinvengono intercalazioni di sabbie limose poco addensate (spessore massimo dei singoli corpi pari a 10 metri; litotipo SFTba2). Le ghiaie basali (SFTba1) sono nettamente subordinate. I settori di fondovalle sono interessati da una potente coltre di coperture antropiche, con spessori variabili da 10 a 20 metri. Zone suscettibili di instabilità. Sono zone nelle quali gli effetti sismici attesi predominanti sono riconducibili a deformazioni permanenti del terreno, eventualmente associati a fenomeni di amplificazione del moto sismico. Zona suscettibile a crolli e ribaltamenti. Le aree suscettibili ad instabilità di versante per crolli e ribaltamenti sono collocate lungo le pendici di Palatino (settore occidentale), Campidoglio e Aventino (settore occidentale). Tali aree interessano generalmente litotipi tufacei litoidi, a volte fratturati, ai quali si intercalano depositi sedimentari sabbioso-limosi (FTR2) che, in relazione alla giacitura dei contatti stratigrafici e alle caratteristiche geotecniche, possono influenzare le condizioni di stabilità dei versanti. Queste ultime sono ulteriormente influenzate dalla presenza di strutture murarie e, soprattutto, di cavità prossime alla superficie lungo i versanti. I versanti soggetti a crollo e ribaltamento sono stati spesso stabilizzati con interventi atti a ridurne la pericolosità. Zona suscettibile a movimenti complessi. Tali aree interessano il versante settentrionale del colle Palatino, dove i litotipi limosi e sabbiosi della Formazione di Fosso del Torrino (FTR3 e FTR2, rispettivamente) assumono assetti giaciturali estremamente complessi, anche a causa delle profonde modificazioni indotte dall azione antropica. Nella carta (Fig. 2) sono riportate anche le forme di superficie e sepolte (elementi tettonicostrutturali, orli di scarpata morfologica, valli). In corrispondenza delle valli sepolte sono attesi significativi effetti 2D come risonanza nelle valli strette ed effetti di bordo in quelle larghe, come riscontrato numericamente nell Area Archeologica Centrale di Roma (Pagliaroli et al., 2013b). Confronto con la distribuzione dei danni occorsi in occasione di eventi sismici passati. Nel corso di oltre 2500 anni di storia, Roma ha risentito dei terremoti delle aree sismogenetiche limitrofe (Appennino centrale e complesso vulcanico dei Colli Albani), registrando un numero di danneggiamenti al patrimonio storico e monumentale non trascurabile. Recentemente Galli e Molin (2013) hanno rivisitato la storia sismica di Roma con lo scopo di costruire un catalogo dei terremoti eccedenti la soglia di danno. Dalle informazioni presentate nel catalogo di sito emerge che l intensità macrosismica di Roma non ha mai raggiunto l VIII grado MCS negli ultimi due millenni. Almeno sei volte dovrebbe aver toccato il VII MCS, due casi dei quali 280

8 GNGTS 2013 Sessione 2.2 Fig. 2 Carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica (MOPS) con log di sintesi dei caratteri litologi. 281

9 GNGTS 2013 Sessione 2.2 Fig. 3 Confronto tra danni registrati a seguito di eventi simici e microzone omogenee in prospettiva sismica (MOPS). I dati relativi ai danni provengono da Ambrosini et al. (1986), Donati et al. (1999), Donati (2000), Bozzano et al. (2011). Legenda dei luoghi: 1, via Piave-Porta Pia-Sallustiano; 2, Santa Maria Maggiore; 3, via Nazionale-via dei Serpenti-Sant Agata dei Goti; 4, Santa Croce in Gerusalemme; 5, viale Manzoni; 6, San Giovanni in Laterano; 7, San Clemente-Labicano; 8, Colosseo; 9, Celio; 10, Terme di Caracalla; 11, Piazza Bocca della Verità; 12, Fori; 13, Trevi; 14, Piazza del Popolo-via Crispi; 15, Piazza Navona-Rione Sant Angelo; 16, Rione Ponte; 17, Trastevere; 18, Testaccio. 282

10 sono documentati da dati affidabili (terremoti del 1349 e 1703 AD) e quattro da prove archeosismologiche e/o da indicazioni epigrafiche (terremoti del 443, 508, 801 e 847 AD). Una evidente incidenza dei fenomeni di amplificazione locale sul moto sismico al suolo è stata osservata in occasione di diversi terremoti storici (Donati et al., 1999), tra i quali Avezzano 1915 (Ambrosini et al., 1986), Umbria-Marche (Donati, 2000), Aquilano 2009 (Bozzano et al., 2011; Sbarra et al., 2012). Il confronto qualitativo tra la Carta delle microzone omogenee in prospettiva sismica (MOPS) e la distribuzione geografica dei danni indotti sull edificato dai terremoti storici nel Centro Storico permette di individuare interessanti coincidenze tra microzone e segnalazioni di danni (Fig. 3). Buona parte dei danni e del risentimento macrosismico si concentra nella piana del Tevere e nelle valli alluvionali dei fossi tributari dove sono presenti le due microzone 7 e 8 della Carta delle MOPS. Tuttavia il danneggiamento sembra distribuito uniformemente, con alcune concentrazioni nella zona di Trastevere, Rione Sant Angelo, Piazza Navona, Testaccio (Ambrosini et al., 1986; Donati 2000; Donati et al., 1999). Non è quindi possibile distinguere tra loro le microzone 7 e 8 in base ai danni registrati storicamente, ma si può ribadire che sono quelle con maggior numero di danni in tutta l area in studio. Quanto ai fossi laterali, dove sono presenti le microzone 9 e 10 (quelle potenzialmente più pericolose), si notano addensamenti di siti con danni e risentimenti lungo i fondovalle del fosso Labicano al Colosseo, Basilica di San Clemente, Viale Manzoni, e Velabro-Spinon, tra il Foro Romano e la zona di Via dei Serpenti-Via Nazionale. In quest ultima zona, comunque, la distribuzione dei danni interessa anche le aree immediatamente limitrofe (Via Panisperna-Via Sant Agata dei Goti), dove sono presenti le microzone 5 e 6, caratterizzate da alti spessori di riporto al di sopra di substrati rigidi (tufi-pozzolane e ghiaie, rispettivamente). Altri raggruppamenti di siti con danni storici si notano nella valle dei Fori Imperiali, tra Campidoglio e Oppio (Donati, et al., 1999), in coincidenza con la microzona 4. L alta concentrazione di danneggiamenti in questa zona può spiegarsi con la presenza di molti edifici di età romana, potenzialmente molto vulnerabili all azione sismica. Infine, danni medio-alti si notano in alcune zone localizzate presso i complessi monumentali delle Basiliche di San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme e Santa Maria Maggiore (Ambrosini et al., 1986; Donati et al., 1999; Donati, 2000), oltre che nelle zone di Castro Pretorio, Via Piave-Sallustiano e Celio. In tutti questi casi è interessante notare che i siti con danni si concentrano in corrispondenza di zone caratterizzate da elevati spessori di riporto, giacenti sopra un substrato vulcanico rigido (microzona 5). Le cause del danneggiamento, in questo caso, sarebbero da ricercare in effetti di amplificazione indotti dal forte contrasto di impedenza tra il riporto a bassa rigidezza e le vulcaniti sottostanti. Bibliografia Ambrosini S, Castenetto S, Cevolan F, Di Loreto E, Funiciello R, Liperi L, Molin D; 1986: Risposta sismica dell area urbana di Roma in occasione del terremoto del Fucino del Memorie della Società Geologica Italiana, 35, Bozzano F, Giacomi A C, Martino S, Comando Prov. Vigili del Fuoco Roma; 2011: Damage scenario induced in the city of Rome by the L Aquila seismic sequence of April 2009 (Italy). Italian Journal of Engineering Geology and Environment, 2, Donati S; 2000: Guida al sottosuolo e alla risposta sismica di Roma. Dei, Tipografia del Genio Civile, Roma, pp. 87 e cartografia allegata. Donati S, Funiciello R, Rovelli A; 1999: Seismic response in archaeological areas: the case-histories of Rome. Journal of Applied Geophysics, 41, Funiciello R, Giordano G; 2008: Note illustrative della Carta Geologica d Italia alla scala 1:50.000, foglio 374 Roma. APAT, Dipartimento Difesa del Suolo-Servizio Geologico d Italia, Roma, pp Galli P, Molin D; 2013: Beyond the damage threshold: the historic earthquakes of Rome. Bull.of Earthquake Eng., doi: /s ICMS; 2008: Indirizzi e Criteri per la Microzonazione Sismica. Gruppo di Lavoro ICMS, Conferenza delle Regioni e Province autonome - Dipartimento della Protezione. wp?contentid=pub

11 Konno K, Ohmachi T; 1998: Ground-motion characteristics estimated from spectral ratio between horizontal and vertical components of microtremor. Bull Seism Soc Am, 88, Mancini M, Marini M, Moscatelli M, Pagliaroli A, Stigliano F, Di Salvo C, Simionato M, Cavinato GP, Corazza A; 2013: A physical stratigraphy model for seismic microzonation of the Central Archaeological Area of Rome (Italy). Bull. of Earthquake Eng., in revisione. Moscatelli M, Pagliaroli A, Mancini M, Stigliano F, et al.; 2012: Integrated subsoil model for seismic microzonation in the Central Archeological Area of Rome (Italy). Disaster Advances 5(3), Pagliaroli A, Lanzo G, Tommasi P, Di Fiore V; 2013a: Dynamic characterization of soils and soft rocks of the Central Archaeological Area of Rome. Bull. of Earthquake Eng., doi: /s Pagliaroli A, Quadrio B, Lanzo G, Sanò T; 2013b: Numerical modelling of site effects in the Palatine hill, Roman Forum and Coliseum archaeological area. Bull.of Earthquake Eng., doi: /s Sbarra P, De Rubeis V, Di Luzio E, Mancini M, Moscatelli M, Stigliano F, Tosi P, Vallone R; 2012: Macroseismic effects highlight site response in Rome and its geological signature. Natural Hazards, 62, doi: /s Signorini R; 1939: Risultati geologici della perforazione eseguita dall AGIP alla mostra autarchica del minerale del Circo Massimo di Roma. Bollettino della Società Geologica Italiana, 58,

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