Intervento Convegno sul tema L impresa moderna oltre i confini del profitto.

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1 Intervento Convegno sul tema L impresa moderna oltre i confini del profitto. Ci troviamo spesso a dover rispondere ad una domanda che ci viene posta con una certa insistenza, soprattutto da parte di chi si trova a combattere con la crisi che continua ad infierire anche sulla nostra economia provinciale, soprattutto perché il numero di coloro che hanno perso, o stanno perdendo ancora oggi il posto di lavoro, ha raggiunto un livello preoccupante. La tentazione sarebbe quella di rispondere in modo sbrigativo, di carattere meramente statistico, riferendo quanto emerge dalla più recente nota congiunturale pubblicata, dal Centro Studi di Confcooperative (Elabora): Le cooperative sacrificano gli utili per mantenere stabili i livelli produttivi e salvaguardare l occupazione. Si tratta di una dichiarazione supportata da alcuni dati statistici che riguardano le imprese aderenti alla nostra Confederazione, ma che si possono estendere, come tendenza generale, all intero mondo della cooperazione.le nostre imprese hanno grosso modo dipendenti; finora solo l 1% di essi ha usufruito della cassa integrazione in deroga.e questo all interno di un quadro che ha visto l intera cooperazione passare dal 2,8% del PIL nel 1999 al 7,3% del Si continua a dire (almeno da parte degli ottimisti) che la ripresa c è, ma, comunque, che è debole.francamente, noi non ce ne accorgiamo.se mai, si possono intercettare alcuni segnali che registrano la rinascita di qualche barlume di fiducia, ma le aspettative, anche all interno del nostro mondo, restano incerte.a nche le nostre imprese cominciano ad avvertire i morsi della crisi, anche se continuano a rispondere coraggiosamente in chiave occupazionale: fanno leva sul prezzo per sostenere le vendite e difendere i livelli produttivi. Sacrificano gli utili per mantenere l occupazione; preferiscono tirare la cinghia, mettere cioè in pratica il principio cui sono sempre state fedeli: fare un utile in meno, ma un occupazione in più. Certo, si tratta di una strada non percorribile all infinito, anche se è connaturata alla logica mutualistica. I dati statistici ci dicono che 7 cooperative su 10, grazie a questi sforzi straordinari sono così riuscite a mantenere costante l occupazione,

2 mentre 1 su 10 è riuscita addirittura ad assumere, quindi a creare nuova occupazione.la nostra ricetta è sempre la stessa, da sempre : il profitto al servizio della persona e non viceversa. Per noi, difendere il lavoro significa, come ci ricordava di recente Luigino Bruni, riaffermare il principio personalista. Ribadire, cioè, che al cuore di ogni sistema economico restano comunque la persona e il lavoro. Anche nel frangente in cui la tecnologia diventa pervasiva e il capitale sempre più immateriale, tanto da sancire il dominio della tacnofinanza sull economia reale. Queste sono le fonti culturali ispiratrici dei nostri comportamenti, la bussola che le nostre imprese seguono e rispettano per navigare all interno del mercato; sono la polizza assicurativa che le salva dal rischio di smarrire la rotta.sappiamo tutti, del resto,che la specificità di questa forma di impresa risiede proprio nella sua sperimentata capacità di coniugare crescita imprenditoriale, gestione democratica, equità distributiva, sviluppo delle persone che in essa lavorano. Il rispetto della persona, e quindi la sua difesa, viene prima di tutto: questo è l humus culturale nel quale affonda le sue radici il mondo cooperativo e dal quale ricava le motivazioni per indicare ai suoi operatori i comportamenti da adottare nell agire economico. In una recente riflessione sulle cause della crisi, Ettore Gotti Tedeschi, attuale presidente dello IOR, esprimendo la convinzione, oramai largamente condivisa, che l origine vera della crisi è di ordine morale, sostiene che il comportamento dell uomo economico operante in un sistema economico < è regolato dal suo pensiero.se la crisi è nel suo pensiero si trasferirà inesorabilmente nelle sue azioni. La tesi dell autore è, pertanto, che la causa prima del ciclone che ha investito l economia mondiale è da attribuire al pensiero nichilista, che ha ispirato quei comportamenti.e questo pensiero che ha confuso le ultime generazioni dissacrando l uomo, riducendolo ad animale intelligente da soddisfare appunto solo materialmente. E se si vuole davvero uscire dalla crisi, bisogna seriamente, come ci invita a fare anche la Caritas in veritate, ripensare il modello di sviluppo attuale.non possiamo continuare a correre dietro il miraggio dell efficienza e del profitto da perseguire come traguardo esclusivo dell agire economico e da conseguire ad ogni costo e con ogni mezzo. Sia chiaro: nessuno pensa di demonizzare categorie come efficienza e profitto alle quali sarebbe assurdo rinunciare; si tratta se mai di precisarne

3 la funzione.bisogna allora lavorare sulle idee, distinguendo che cosa è mezzo e che cosa è fine, soprattutto smettendo di riconoscere all economia una sua presunta autonomia morale, facendola tornare alla responsabilità personale di chi fa economia. In sostanza, se l errore consiste nella tentazione, da parte dell economia, di costruire una sua morale indipendente, recidendo il cordone ombelicale che la lega alla sua matrice etica, bisognerà seriamente riflettere sulla natura del rapporto tra etica ed economia. E qui mi scuso col Prof.Zamagni se saccheggio il suo pensiero: ho letto la sua ultima fatica intellettuale, l intervista pubblicata dall editrice La Scuola (e l ho letta fresca, fresca, appena uscita) sul tema Economia ed etica.la crisi e la sfida dell economia civile, che è poi il tema di questo incontro. Egli parte da una premessa illuminante, quando rileva che non è corretto parlare propriamente di rapporto tra etica ed economia perché l economia è nata nell ambito dell etica.non so se sbaglio, ma potremmo dire che è figlia dell etica, una nascita che risale ad Aristotele (e perfezionata da S.Tommaso); e su questa materia ha meditato anche il nostro S.Bernardino. E per questo possiamo affermare che il legame tra le due discipline non ha bisogno di essere creato; se mai va ri-trovato, proprio perché l economia è nata come una delle dimensioni dell etica. Bisogna, quindi, individuare la giusta matrice etica su cui si fonda l economia, perché di matrici ce ne sono diverse e non tutte ugualmente idonee a garantire uno sviluppo umano completo. E qui mi fermo, perché non oso avventurami su un terreno che richiede un attrezzatura culturale che non posseggo. Ho indugiato però su questa riflessione perché vorrei ricordare che, purtroppo, anche il mondo della cooperazione ha rischiato di farsi contaminare dal virus che ha infettato l economia mondiale, almeno quella parte che ha praticato comportamenti ispirati prevalentemente dalla matrice dell etica utilitaristica ; il rischio maggiore lo corrono le imprese che, avendo raggiunto una notevole dimensione e dovendo operare in un mercato agguerrito, sono tentate dalla smania di gareggiare nella giungla del mercato finanziario, perdendo, purtroppo per strada alcuni dei requisiti che distinguono l impresa cooperativa. In particolare, ne soffre la democrazia perché si riduce notevolmente, spesso fin quasi a scomparire, il tasso di partecipazione dei soci alla

4 gestione dell impresa, che è il requisito fondamentale che distingue, dagli altri, il modello d impresa cooperativa.anche noi,del resto, abbiamo sperimentato questa tentazione. Vorrei ricordare, sia pure in modo succinto, il dibattito che si è sviluppato anche all interno della nostra Confederazione in occasione della celebrazione della Conferenza Economica che si svolse a Verona nel 1999, quindi undici anni fa (marzo 99). Lo scenario era questo:l economia italiana sembrava oramai avviata verso un processo di massiccia ristrutturazione dell assetto proprietario e organizzativo del sistema produttivo.si andava affermando la convinzione che l efficienza produttiva esigeva la presenza di un protagonista assoluto, il mercato e, al suo interno, l impresa privata di tipo capitalistico. E proprio questa convinzione ispirò il dibattito che diede inizio alle politiche di privatizzazione.in questa ottica, forme alternative di organizzazione della produzione, come l impresa pubblica o l impresa cooperativa, venivano considerate alternative inferiori e, quindi, indesiderabili.si diceva infatti che esse non fanno altro che sottrarre risorse all impresa privata, più efficiente e quindi, in ultima analisi, non solo economicamente, ma anche socialmente più produttiva. Dominante appariva l opinione che,ad es. l impresa cooperativa, a causa della sua gestione democratica, non poteva essere efficiente; insomma, democrazia ed efficienza si consideravano (e, spesso, si considerano ancora) in netto contrasto, quasi due elementi incompatibili all interno dell agire economico. Noi eravamo preoccupati di questo clima culturale che stava dilagando e,dall economia si stava trasferendo anche in altri campi, ad es. quello dell istruzione: chi non ricorda la teoria del presidemanager?stavamo,insomma, assistendo ad una vera e propria operazione di smantellamento dell impresa pubblica e noi pensavamo che la battaglia si sarebbe spostata successivamente contro l impresa cooperativa, considerata un modello protetto, assistito, parassitario ecc: Ma noi abbiamo resistito a quelle sirene; abbiamo risposto non cedendo all opinione di chi ci spronava ad adeguarsi al modello ritenuto vincente. Abbiamo iniziato il dibattito ponendoci un interrogativo: l impresa cooperativa avrà un futuro? Ebbene, dopo una appassionata discussione, nella quale era stato coinvolto l intero mondo cooperativo, al centro ed in periferia, abbiamo concluso sostenendo che lo avrà sicuramente nella misura in cui saprà rinunciare

5 alla tentazione di adeguarsi al modello più quotato e saprà conservare, anzi, rafforzare il suo carattere di diversità che la distingue dagli altri modelli. Oggi possiamo dire che siamo stati facili profeti: basta una constatazione supportata da un dato statistico rilevato proprio di recente In occasione di una indagine sullo stato di salute delle nostre imprese.ebbene, l indagine dimostra che incremento patrimoniale e crescita della produzione, sono fenomeni che si registrano soprattutto nelle imprese dove più intensa si presenta la partecipazione dei soci alla gestione aziendale.possiamo rovesciare il sillogismo prima ricordato:dove cresce la democrazia sale la produzione e, quindi c è più efficienza. Oggi, proprio alla luce di quando è accaduto all interno del sistema economico, possiamo ben dire che l impresa cooperativa non solo avrà un futuro, ma forse è proprio il futuro che ha bisogno dell impresa cooperativa. (Martino Bardotti Presidente Confcooperative Siena)

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