DOCUMENTO POLITICO-PROGRAMMATICO. 18 OTTOBRE 2013 Hotel Quirinale ROMA

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1 DOCUMENTO POLITICO-PROGRAMMATICO 18 OTTOBRE 2013 Hotel Quirinale ROMA 1

2 INDICE DEL DOCUMENTO POLITICO-PROGRAMMATICO PREMESSA La Faib compie cinquant anni LA FASE ATTUALE La gestazione della crisi La crisi degli erogati Le difficoltà delle relazioni industriali LO STATO DELLA RETE Il contesto economico Il mercato oligopolistico alla prova concorrenziale Il confronto con l Europa Il fattore prezzo e la sua costruzione L ipoteca fiscale sul settore IL QUADRO LEGISLATIVO Un settore in perenne riforma L iniziativa di Stato, Ue e Regioni Le contraddizioni e le linee di fondo della legislazione I nuovi provvedimenti nel corpo normativo di riferimento I contratti e le liberalizzazioni mancate Gli strumenti di welfare LO STATO DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI Il fermo contrattuale La distribuzione carburanti e le rigidità del sistema Le politiche per un nuovo modello di rete La crisi del modello in Autostrade Razionalizzazione e riduzione degli impianti per l efficienza energetica Ammodernamento e professionalità IL RUOLO DELLA FAIB E LE RELAZIONI INTERASSOCIATIVE La Federazione di fronte alla crisi La politica sulla sicurezza La peculiarità del gestore imprenditore Il primato della contrattazione Le relazioni con la rappresentanza di categoria Le opzioni federali Lo sviluppo organizzativo. 2

3 PREMESSA La Faib compie cinquant anni. Quest anno la Faib-Confesercenti, la più rappresentativa associazione italiana di gestori, celebra cinquant anni. Cinquant anni in cui abbiamo accompagnato la storia dell Italia e degli italiani, dando letteralmente energia al cambiamento che ha trasformato non senza contraddizioni un paese agricolo in una grande realtà in movimento. Dagli anni del miracolo economico alle nuove austerity di oggi, la storia di Faib è una storia fatta da uomini e da donne che hanno voluto e saputo crescere insieme, affermandosi come lavoratori autonomi e accompagnando l evoluzione dei consumi e dei costumi della società italiana. In questi anni i benzinai si sono trasformati con loro: hanno saputo diventare gestori, unirsi e fare della solidarietà e dell unità i propri punti di forza, per rivendicare diritti, condizioni di lavoro e trattamenti economici adeguati; ma anche per tutelare i diritti di accesso ad un servizio indispensabile per gli italiani che ogni giorno si muovono, lavorano e fanno crescere il Paese. Dal 1963 quando un gruppo di gestori toscani ed emiliani si unirono per ribaltare il ruolo di allora di sudditanza nei confronti delle compagnie petrolifere ad oggi, migliaia e migliaia di gestori hanno aderito a Faib e alla sua visione, rendendo l associazione la più grande e rappresentativa realtà sindacale della distribuzione carburanti in Italia. Cinque decenni caratterizzati da momenti difficili e da conquiste esaltanti, durante i quali la Faib ha saputo contribuire in maniera decisiva alla vita economica e sociale del Paese, spingendo e seguendo i gestori nel loro percorso, dalla marginalità dei primi anni fino al loro attuale ruolo di soggetti imprenditoriali protagonisti della rete. Fino ad essere parte attiva e centrale della nascita e della crescita della Confesercenti, una delle confederazioni più rappresentative di quel mondo di Piccole e Medie Imprese del commercio, del turismo e dei servizi che contribuiscono in modo rilevante alla crescita economica ed occupazionale del nostro Paese. LA FASE ATTUALE La gestazione della crisi I cinque anni che abbiamo alle spalle- quelli compresi tra il 2008 e il rappresentano il periodo di crisi economica più acuta che l Italia abbia mai conosciuto dal secondo dopo guerra, con due prolungate fasi recessive. 3

4 Una crisi non solo economica ma più in generale di prospettiva e di fiducia sta avvolgendo e condizionando il Paese, alle prese con una delicatissima stagione politica ed istituzionale. Negli ultimi cinque anni gli italiani hanno subito un vistoso calo del loro reddito, di ben 238 miliardi, pari a circa euro per ogni nucleo familiare, comportando un drastico ridimensionamento dello stile di vita e un generale arretramento dei consumi, con un pil pro capite sotto la media continentale. Il mondo del commercio ha fatto da specchio fedele al clima di complessivo arretramento delle posizioni, registrando un enorme quantità di chiusure, ben imprese con centinaia e centinaia di migliaia di dipendenti, una spirale che continua a veder chiudere 135 negozi ogni giorno e l espulsione dal mercato del lavoro di oltre 300 addetti, come tante piccole fabbriche che chiudono i battenti tutti i giorni. Numeri che raccontano la crisi del mercato interno e dei consumi, con un meno 6,5% solo negli ultimi tre anni, mentre i Governi aumentavano- e aumentano- in nome dell austerità e del rigore, il livello di prelievo fiscale sulle famiglie e sulle imprese. La pressione fiscale nel nostro paese è giunta al 44.4%, mangiandosi ben 162 giorni di lavoro l anno, tra le più alte d Europa; ma addirittura la più alta nel total tax rate (somma delle imposte sul lavoro, sui redditi d impresa e sui consumi) con il 68,3%, il doppio rispetto a spagnoli e inglesi e molto superiore a quello pagato dai tedeschi che si ferma al 46.8%. La questione fiscale e l emergenza lavoro costituiscono un autentica emergenza nazionale La disoccupazione, soprattutto quella dei giovani, ha raggiunto livelli insostenibili, tali da produrre ombre lunghe sull orizzonte del nostro futuro. Appare evidente che non sono stati sciolti i nodi che frenano l economia del paese. Nell ultimo quinquennio: Contro ogni promessa, la pressione fiscale è sensibilmente aumentata, impoverendo famiglie e imprese e depauperando il mercato; Il lavoro è diventato ancor meno flessibile e sempre più costoso; La cappa burocratica che avvolge il paese si è estesa con le sue procedure complesse, costose, ripetute e spesso inutili; Il credito, a disposizione delle imprese e delle famiglie per investimenti e consumi, si è drasticamente ridotto nelle quantità ed è aumentato sensibilmente nei costi. Riteniamo che occorra un inversione di tendenza perché non c è dubbio che l austerità brucia il terreno di coltura della crescita. Al di là del dibattito di facciata sull IMU o sull aumento dell Iva, 4

5 comunque assolutamente da escludere, abbiamo bisogno di una vera riforma che riduca la pressione fiscale e valorizzi le imprese e il lavoro e rilanci la domanda interna. La crisi degli erogati Se questo è lo scenario nazionale, nella distribuzione carburanti occorre aggiungere le peculiari aree di crisi del settore. Il comparto in questi anni si è dovuto confrontare per la prima volta con una lunga e prolungata crisi di vendite. I consumi di benzina sp sulla rete sono in costante flessione, non solo e non tanto per ragioni legate alla crisi. Il 2012 ha registrato un meno 10,6% rispetto al 2011 e nei primi mesi del 2013 sono ulteriormente scesi del 5,1%. Negli ultimi 10 anni, in termini di litri si passa dai 12 miliardi ai 6 miliardi con ulteriori previsioni di contrazione per i prossimi mesi. Una perdita cumulata negli ultimi dieci anni del 62%. Diversa la traiettoria del gasolio, in crescita fino al 2010, con l eccezione del Il 2012 ha visto una perdita di erogati dell 8,8 sul 2011 e i primi mesi del 2013 fanno registrare ulteriori perdite nell ordine del 3,6% e in termini di litri si ritorna agli erogati del Ancora più difficile la situazione in Autostrada dove le circa 430 aree di servizio vedono, per motivi diversi e concomitanti, una contrazione significativa dei propri erogati con punte del 50% nell ultimo triennio e un 10% della rete in situazioni economiche di sempre più insostenibili. A fronte della forte crisi, le spese di gestione sono aumentate per spese amministrativi, costi ambientali, oneri previdenziali e assistenziali, costo del lavoro, ma anche creditizi e finanziari legati all aumento dei prodotti petroliferi. Un contesto che mal si accompagna con il sistema di norme e leggi speciali concepito per un mercato in costante espansione. Di fronte alla crisi la filiera petrolifera è anadata progressivamente in affanno, innescando un meccanismo di scarico delle tensioni ai livelli inferiori, sino al gestore generando la crisi del sistema delle relazioni industriali. Le difficoltà delle relazioni industriali L'incertezza sul futuro della rete, l'accentuarsi della crisi dei consumi, i problemi della raffinazione e la crescita dell extra-rete, che ha condizionato in modo irreversibile le politiche e le strategie delle varie major, hanno contribuito a stressare i rapporti tra gestori e compagnie, impegnate a difendere le loro quote di mercato, deteriorando quel confronto franco e leale che ha caratterizzato le relazioni industriali tra rappresentanze dei gestori e industria petrolifera nel recente passato. 5

6 La sottoscrizione degli ultimi accordi economici, scaduti mediamente da due/tre anni, risalgono ormai a circa 5/6 anni fa. In questo arco di tempo, che è esattamente quello dell insorgenza e dell acuirsi della crisi, i margini sono rimasti nominalmente invariati, mentre si è assistito ad un continuo e incessante aumento del prezzo al pubblico dovuto all'enorme tassazione caricata sui carburanti dai recenti governi, che ha co- determinato una drastica riduzione dei consumi e di conseguenza dei litri erogati, incidendo significativamente sulla redditività delle aziende di gestione. A ciò, come vedremo meglio più avanti, si è aggiunto una serie di scelte commerciali che hanno gravemente compromesso l equilibrio finanziario delle gestioni. Si è assistito in questo lasso di tempo ad un grave atteggiamento dilatorio delle Compagnie che si sono sottratte all obbligo di legge del confronto negoziale, privilegiando il rapporto diretto con i singoli gestori, per imporre politiche commerciali e invadendo l autonomia delle gestioni. Tutto ciò ha complicato l attività economica degli operatori rete, con il saccheggio del margine dei gestori e l imposizione di margini differenziati e attività di vera e propria finanziarizzazione dei flussi di cassa a favore delle petrolifere. Lo stato della rete L analisi dello stato della rete carburanti descrive in maniera puntuale gli aspetti di un settore di vitale importanza per l economia del sistema Italia. Un paese che fonda per oltre l 80% della movimentazione merci sul trasporto su gomma. Da qui si evince chiaramente la straordinaria rilevanza strategica ed economica di un settore che assorbe addetti, con la spesa delle famiglie che si attesta a 26,8 miliardi di euro (1.060 euro a famiglia) e 18,1 miliardi di euro riscossi dallo Stato. La rete italiana è caratterizzata da una forma di mercato in cui predominano sette compagnie petrolifere che operano attraverso marchi commerciali e rappresentano circa il 91% delle vendite. Di contro però registriamo, rispetto alla media europea, un livello di erogato (in Italia 1,4 milioni di litri per anno) di molto inferiore alla media europea (2,3 milioni di litri per anno). Ciò comporta per le gestioni italiane dei punti vendita rispetto a quelle europee: diversi tassi di redditività con inevitabili conseguenze in termini di investimenti materiali e immateriali; diverse capacità in termini di liquidità finanziarie e monetarie; diverse capacità in termini di organizzazione del lavoro sul punto vendita, in relazione alla possibilità o meno di poter assumere personale aggiuntivo; incapacità delle gestioni italiane di generare le economie di scala. 6

7 Registriamo rispetto alla media europea il più basso livello di self service post pay, in cui il cliente effettua da solo il rifornimento e paga successivamente alla cassa il dovuto. In relazione a quest ultimo aspetto si riscontrano le solite e annose problematiche in relazione alla sicurezza circa il pagamento, ma anche la preferenza del consumatore italiano per il servito da parte dell addetto, alla diffusione di impianti di piccola dimensione. Relativamente all attività non-oil sui punti vendita, la percentuale nazionale è piuttosto bassa rispetto alla media europea. Infatti in media i gestori in Europa ricavano il 40% dei propri fatturati dalla vendita di carburante, al contrario questa componente in Italia rappresenta oltre il 60%. Il contesto economico Alla fine del 2011 il numero di impianti in Italia è risultato pari a unità, facendo registrare, contrariamente alle aspettative e alle politiche di razionalizzazione della rete e al generale andamento di chiusure degli esercizi commerciali, 200 punti vendita in più rispetto all anno precedente. E il 2012 ha fatto registrare un ulteriore polverizzazione dell offerta. Già a partire da questi dati si delineano le contraddizioni di fondo del downstream italiano. Come è possibile che un settore che perde erogati, il cui venduto medio perde terreno, rispetto ai partner europei, i cui bilanci specifici- non quelli delle corporate- presentano segni negativi, aumenta anziché diminuire? E come è possibile che la rete continui a presentare livelli di affollamento senza eguali in Europa, pur in presenza di un calo della redditività delle gestioni? E come si spiegano gli scostamenti- significativi- di prezzi nelle stessa trade area? Sono con ogni evidenza elementi che stridono con la logica economica classica e rivelano un malfunzionamento del mercato specifico caratterizzato da una parte dalla forte presenza di operatori integrati e dall altra dalla crescita di un mercato extrarete che stressa i tradizionali meccanismi di funzionamento del comparto, con ampie zone di opacità nei diversi livelli della filiera. Se il numero degli impianti aumenta, negli anni il peso sulla rete di distribuzione si è redistribuito e ridotto per le stazioni di rifornimento e i chioschi/punti isolati, è andato in contrazione per i punti autostradali, è cresciuto quello delle stazioni di servizio ed è raddoppiata la presenza delle pompe bianche. Quest ultime erano circa nel 2006 (con un peso del 4.5%) e arrivano a a fine 2011 (8.8%). Questa fotografia delinea una rete che non solo non si razionalizza ma opera una ristrutturazione inversa a quella ufficialmente perseguita, trasformando gli impianti marginali, destinati alla chiusura, in pv di primo prezzo, senza servizi aggiuntivi, una sorta di hard discount della 7

8 distribuzione carburanti. Questo perché chiudere gli impianti significa affrontare costi, in quanto le bonifiche dei suoli sono onerose, mentre cederli a terzi significa comunque mettere gli asset a reddito sia perché si realizzano guadagni sia perché si salvano erogati e quote di mercato. A conferma di questo, in base ai dati disponibili emerge comunque una dinamnica accentuata di selfizzazione della rete, il peso del self service pre pay è arrivato al 65% e quello del post pay al 36.5%, solo cinque anni fa erano rispettivamente del 52% e del 27,5%. Per quanto riguarda la rete è bene sottolineare anche la crescita dei punti vendita a metano che nell arco di 10 anni sono più che raddoppiati, nel 2012 si contano 878 esercizi già attivi sul territorio nazionale e 45 in costruzione. Ma in una situazione di mercato in perdita, a fronte di una crescita degli impianti si assiste a una continua e significativa contrazione dell erogato medio, -4.5% in un anno, riduzione che si aggiunge a quelle che ormai si susseguono dal Negli ultimi sei anni l erogato medio ha fatto registrare un -12.5%. Il mercato oligopolistico alla prova concorrenziale Il mercato petrolifero italiano- e la distribuzione carburanti in particolare- è caratterizzato da una forma di oligopolio dominato dalla presenza di sette compagnie petrolifere integrate verticalmente che operano attraverso marchi commerciali e rappresentano oltre il 91% delle vendite. Agli oltre 21 mila punti vendita colorati si aggiungono le duemila pompe bianche e i circa 100 esercizi della Grande Distribuzione. La crescita delle pompe bianche e della GDO (entrambi fenomeni alimentati dall industria petrolifera) sta mettendo in seria difficoltà l attuale strutturazione oligopolistica del mercato. Le compagnie infatti reagiscono scaricando le tensioni sui prezzi- da loro alimentata per la guerra degli erogati e delle quote di mercato- sulla rete a marchio (principalmente sui gestori) segmentando la loro offerta al pubblico. Il ricorso a pratiche di marketing, essenzialmente giocate sul terreno del pricing, ha visto il proliferare in simultanea di modelli di offerta che sulla stessa area vedono tre proposte di prezzi: in servito, in fai da te post- pay e in fai da te pre- pay; o, in alternativa, con il ricorso ad impianti ghost. Le diverse modalità fondano la strategia del prezzo praticato sull aggressione al margine del gestore tramite la compartecipazione alle politiche di sconto o con l espulsione dalla rete, anziché affrontare a monte la problematica dell organizzazione del mercato della fornitura extra-rete. L Antitrust ha stimato che quasi un quarto delle pompe bianche attive nel Paese in realtà sono indipendenti solo per la fornitura di gpl. Ciò peraltro distoglie dal dato di fondo della redistribuzione del venduto a 8

9 favore dei nuovi operatori della GDO che nel settore non vogliono limitarsi ad una compartecipazione, ma hanno implementato la distribuzione di carburanti nel loro business con una mission inequivocabile che è quella del prezzo di attrazione per la clientela. Già oggi la dimensione media di un impianto della GDO, in termini di erogato annuo, è pari a circa 5 volte la dimensione di un punti vendita colorato e a circa 4,5 volte quella di una pompa bianca. E non è un caso che gli impianti della GDO di maggiori dimensioni sono localizzati al Nord-Est, dove vendono in media circa 8,9 milioni di litri di carburanti e nel Nord-Ovest dove ne vendono 7,4 milioni di litri,( 6,1 milioni di litri al Centro e 5,5 milioni di litri al Sud) nelle aree cioè economicamente più strutturate e a più forte presenza di GDO. In parallelo trova una spiegazione logica l arretramento della rete colorata al nord e soprattutto nel Nord est con appena il 19% degli impianti. Una constatazione che richiede una riflessione profonda sulla governance della rete e sul suo futuro, che sembra ripercorrere a tappe rallentate il destino della distribuzione italiana. Il voler tenere tutto insieme un sistema che in molte parti mostra le crepe del tempo e dei nuovi fattori concorrenziali rischia di trasformarsi in una trappola che l industria petrolifera ancora non percepisce. Il tradizionale sistema di affidamento ad uso gratuito dell impianto è attivo su oltre la metà (circa il 55%) dei punti vendita colorati. Oltre il 40% (42,5%) sono invece impianti di terzi convenzionati con le petrolifere, ma anch essi affidati in uso gratuito. Ininfluenti, intorno al punto percentuale, le gestioni dirette delle petrolifere, mentre si affacciano, tra contestazioni politiche e sindacali e giuridiche, le associazioni in partecipazioni. Un fattore organizzativo- quello dell affidamento gratuito- che la dice lunga sull opportunità dello strumento per l industria petrolifera e per i privati. Da calcoli Faib emerge che il ritorno medio degli investimenti sulla rete, gestita con lo strumento dell affidamento gratuito e della fornitura in esclusiva, è mediamente sopra le rendite finanziarie più corpose e cresce con il passare degli anni in virtù del progressivo ammortamento. Un sistema dunque pensato per rendere un alta rimuneratività al capitale investito e al business petrolifero che nel nuovo ordine di mercato scarica le diseconomie sui gestori. Il confronto con l Europa Da questo punto di vista il confronto con l Europa è per molti versi disarmante. L Italia continua ad essere il paese con il maggior numero di punti vendita carburanti in Europa, a fronte di quelle della Germania (14723), della Francia (12000) e del Regno Unito (8480). Ciò non può non influire- come infatti accade- sui livelli di efficienza, di costi della logistica, di modernizzazione, di prezzi che continuano a subire lo stacco Europa. Ne consegue che pur avendo 9

10 un parco auto che a fine 2011 ha raggiunto i 37 milioni di unità, secondo per numerosità solo alla Germania, il numero delle vetture per punto vendita, pari a è più basso di quello del Regno Unito, della Germania, della Francia, della Spagna e della maggior parte dei paesi europei. Da sottolineare quanto sia cambiata la composizione del parco autovetture: le auto a benzina che rappresentavano nel 2000 circa l 80%, oggi pesano per il 54% registrando un calo del 23%; per gli stessi anni le auto a gasolio passano dal 15 a 40% con una crescita tendenziale del 200%. Anche l erogato medio nel nostro paese pari a poco più di 1,4 milioni di litri per anno è - come detto- di molto inferiore alla media europea (di 2,3 milioni). Il distacco è pronunciato rispetto alle principali economie (Regno Unito, Spagna, Francia e Germania). Uno degli aspetti che continua a caratterizzare la rete italiana da quella europea, malgrado i progressi fatti negli ultimi anni, è il più basso livello di diffusione del self service post pay, ovvero dove i clienti effettuano da soli il rifornimento e pagano successivamente alla cassa il dovuto. Nella quasi totalità dell Europa la percentuale di self service post pay si attesta tra il 77-80% mentre in Italia non arriva al 40% e questo riflette la riluttanza agli investimenti e all innovazione della rete da parte dell industria petrolifera. Accanto a questo dato va comunque considerata la preferenza del consumatore italiano per il servizio da parte dell addetto e questo fornisce una spiegazione alla diffusione di impianti di piccole dimensioni e alla diffusione di quelli misti con il servito. Un ultimo aspetto da prendere in considerazione nel confronto Italia-Europa è la presenza o meno di attività non-oil nei punti vendita carburanti. Anche in questo caso la percentuale nazionale è molto bassa pari al 15% del totale mentre nella maggioranza degli altri paesi supera il 63%. In media i gestori nel resto d Europa ricavano solamente il 40% dei propri fatturati dalla vendita di carburante, al contrario questa componente in Italia rappresenta oltre il 60%. Ma anche su questo fronte occorre considerare la bassa propensione agli investimenti da parte dell industria petrolifera che non sviluppa superfici idonee ed adeguate allo sviluppo del non oil e laddove lo fa applica canoni fuori mercato disincentivando la familiarizzazione dei consumatori. Il fattore prezzo e la sua costruzione Il fronte prezzi continua ad essere al centro delle attenzioni e delle polemiche. La sensibilità dei consumatori e dei media verso i prodotti petroliferi nel corso degli anni è cresciuta e si è strutturata intorno ad alcuni elementi. La voce di spesa dei trasporti assorbe circa il 12% della spesa complessiva per consumi e dunque rappresenta una spia per le famiglie e i consumatori e ha registrato nel 2011 rispetto all anno 10

11 precedente un -2%. Per il biennio il centro di ricerca REF stima una significativa intensificazione della dinamica negativa. A pesare anche la contrazione della spesa per l acquisto di mezzi di trasporto, che è prevista continuare a calare almeno fino al In contrazione anche le spese di esercizio e i consumi di combustibili; nonostante la domanda di questi ultimi sia piuttosto rigida, i forti incrementi dei prezzi uniti al deterioramento dei bilanci famigliari si traducono in una revisione delle abitudini di trasporto alla ricerca di maggior risparmio. L acquisto dell auto nuova è tipicamente una spesa pro-ciclica, aumenta nei momenti di crescita economica e diminuisce nelle fasi di crisi, è però impressionante l ampiezza della caduta. Parallelamente al crollo nell acquisto di mezzi di trasporto si assiste ad un forte ridimensionamento del loro utilizzo e ad una contrazione della spesa per lo spostamento del mezzo privato per risparmiare su carburanti, pedaggi e manutenzione. Sul fronte propriamente dei prezzi, fatta eccezione per il 2009, quelli al consumo di benzina e gasolio negli ultimi dieci anni hanno sempre registrato variazioni in alto. Per la benzina si registra tra il 2003 e il 2008 una variazione del +28,6% e, poi dopo il -12% del 2009, un nuovo balzo in alto di oltre il 40% in soli tre anni ( ). Per il gasolio si assiste ad aumenti ancora più significativi sia prima del 2009, anno in cui si registra un -20% del prezzo di vendita, che dopo, rispettivamente del +48% e +51%. A fronte di questi rialzi- ma in concomitanza con l inasprimento del prelievo fiscale operato dal governo Monti prima e Letta poi, si spiegano anche i crolli dei consumi che abbiamo visto in premessa. I prezzi di vendita di benzina e gasolio, nei primi quattro mesi del 2013 hanno in media registrato una contrazione. Così non è per il GPL il cui prezzo al consumo segna un +2.4 rispetto allo stesso periodo dell anno precedente. Le nuove preoccupazioni in medio oriente fanno temere nuove tensioni sui prezzi. La componente internazionale dei costi gioca, infatti, un ruolo di assoluto rilievo nella formazione del prezzo finale. Il prezzo del carburante vero e proprio è dato dalla quotazione CIF internazionale (area Mediterraneo) dei prodotti raffinati, che è il fattore del prezzo finale effettivamente influenzato dal mercato e dal tasso di cambio euro/dollaro che sconta a monte le dinamiche dell interscambio mondiale. Questa componente, nel periodo gennaio/maggio 2013 ha pesato sul prezzo finale alla pompa per un importo pari al 33,2% per la benzina ed al 36,3 % per il gasolio. Il dato relativo al ricavo industriale costituito dai costi e dai margini del sistema distributivo (ammortamenti degli investimenti per gli impianti di distribuzione, manutenzioni, trasporti, logistica, royalties e fitti passivi, campagne promozionali, margine del gestore dell impianto, ecc. ecc., risultati lordi di gestione) nel periodo gennaio/maggio 2013 ha registrato 11

12 una quota sul prezzo finale pari all 8,1 % per la benzina e al 9,3 % per il gasolio, dati che aprono squarci sul complessivo livello di trasparenza della filiera a monte. L ipoteca fiscale sul settore E cresciuta nel corso dell ultimo triennio l onere fiscale complessivo che ha pesato sul prezzo finale della benzina per il 58,7 % e per il 54,3 % per il gasolio, collocando il nostro paese nelle posizioni di vertice della tassazione sui carburanti in Europa.Gli ultimi aumenti del Letta hanno ulteriormente penalizzato il prezzo carburanti. Il settore nel corso dell ultimo periodo è andato configurandosi pe i Governi in carica come una cassa continua a cui accedere per le emergenze. L enorme crescita determinata dalla doppia tassazione- accise ed iva- ha di fatto originato lo stress organizzativo del comparto portando a superare lo scoglio di un 1 euro per un litro di benzina. Sul settore continua a gravare il peso dell aumento dell iva che inevitabilmente peserà a raggiera su tutta l economia italiana, appesantendo il prezzo di un altro centesimo, e del nuovo inasprimento delle accise già previsto per il nuovo anno. Elementi che non potranno non pesare sul livello dei consumi e della competitività del sistema paese. Il peso dell accisa e dell imposta sul valore aggiunto sul prezzo di vendita di benzina e gasolio in Italia è tra i più alti in Europa. Per la benzina, solo Svezia, Olanda, Grecia e Regno Unito presentano un peso superiore, ma comunque con un prezzo industriale e al consumo inferiore; per il gasolio siamo secondi solo al Regno Unito. Con la tassazione imposta sulla vendita di benzina e gasolio sulla rete ordinaria, lo Stato ha ottenuto nel 2012 risorse pari a circa 18 miliardi di euro. Il 2009 è stato l unico anno in cui il gettito fiscale da iva e accisa su benzina e gasolio rete è diminuito rispetto all anno precedente (-6,4%). Tra il 2010 e il 2012 il gettito fiscale è aumentato del 22,1%. IL QUADRO LEGISLATIVO Un settore in perenne riforma Nonostante i ripetuti interventi di liberalizzazione il settore della distribuzione carburanti in Italia appare ancora come un sistema oligopolistico verticalmente integrato. Lo è tuttora perché il 90% della rete è in un modo o nell altro di diretto riferimento delle politiche commerciali delle major petrolifere presenti nel nostro paese. Anche la più che consistente quota 12

13 degli operatori indipendenti prossima al 50% della rete nazionale è, a diversi gradi, integrata, tramite le politiche di convenzionamento, nei grandi brand dell industria petrolifera che controlla, dunque, oltre il 90% dell offerta commerciale. Questo in un panorama che vede in tutto sette operatori petroliferi a livello nazionale, qualche presenza territorialmente circoscritta di indipendenti, il fiorire di pompe bianche su impianti che già oggi sarebbero in moltissimi casi incompatibili. Un settore che gode di una legislazione speciale riguardo l affidamento degli impianti, la remunerazione e la configurazione giuridica degli addetti al settore, l applicazione della normativa antitrust per i profili del riling sulla rete a marchio: una normativa speciale e delicata, dai meccanismi fragili, che ha regalato al settore ma soprattutto all industria petrolifera una capitalizzazione degli investimenti senza pari. Nelle more di questa legislazione speciale sono state introdotte, nel corso degli anni, ripetute forzature tese a massimizzare ulteriormente gli investimenti sia tramite politiche di dismissione che di stressaggio delle norme di garanzia degli operatori gestori della rete. Un duplice fronte di aggiramento del quadro legislativo speciale difeso peraltro a spada tratta, negli aspetti più convenienti- finalizzato da un lato alla vendita dei rami secchi della rete concepita tramite il convenzionamento come una cessione in outsourcing di attività aziendali, senza gli appesantimenti normativi a difesa dei gestori e, dall altra, tramite un costante e progressivo logoramento delle attività delle rappresentanze imprenditoriali dei gestori rete, attuato in costanza normativa, attraverso lo svuotamento dello strumento negoziale, previsto dal legislatore a presidio della parte contrattualmente più vulnerabile e come contrappeso alle derogabilità concesse al settore con riferimento sia alla legislazione sul lavoro che a quella antitrust che a quella fiscale. Una operazione di forzatura del quadro legislativo operata indistintamente, seppure con toni e accenti diversificati, da tutte le compagnie integrate che con tecniche ora disapplicative delle clausole contrattuali e degli accordi industriali sottoscritti, ora dilatorie, rispetto ai nuovo accordi economici collettivi, hanno eroso i margini di trattativa e spinto la rappresentanza di categoria dei gestori a scelte drastiche. In un contesto in cui gli indipendenti si sottraevano sistematicamente al riconoscimento economico dei propri gestori, anche operanti all interno delle grandi reti e marchi. Questa deriva si acuisce a partire dalla seconda metà del 2010 con la violazione degli accordi sottoscritti e prosegue nei fatti tutt ora nel pieno cioè della più grande crisi economica dell Italia (e dell Europa) contemporanea, con la caduta verticale degli erogati meno 25% medio della vendita dei prodotti petroliferi e della remuneratività degli investimenti. Una contrazione di redditività a cui l industria petrolifera non era abituata e a cui reagisce con una girandola manageriale ai vertici delle direzioni rete che, senza eccezione alcuna, vede l avvicendarsi di direttori chiamati di volta in 13

14 volta con un solo obiettivo: salvare la remunerazione dell azionista del business. Le risposte fornite sono quelle sopra analizzate con in più - in due casi operazioni di razionalizzazione dei brand (Api-Ip) e di fusioni societarie (TotalErg). Per lo più si procede alla cessione pilotata, all affidamento a grossisti di asset della rete, alla sottrazione dagli obblighi normativi. L industria petrolifera tenta di scaricare la crisi degli erogati, seguita alla crisi economica, sul gestore, cercando di mettere in sicurezza la propria marginalità: questo è il dato unificante delle diverse strategie delle major di fronte alle difficoltà sino alla rottura dell ultima barriera: quella del saccheggio del margine del gestore, chiamato di volta in volta, a finanziare fantasiose quanto disastrose campagne promozionali. E in questo scenario e in quello del marketing aggressivo e oneroso per il gestore che matura la scelta politica maggioritaria della rappresentanza dei gestori di promuovere la separazione della rete vendita dalla parte industriale. Uno scenario che vede la separazione dei destini degli attori della filiera, una scelta operata da manager estranei alla cultura del settore. Non un esproprio come qualcuno banalmente ebbe ad affermare, ma un riassetto proprietario normato in base alle leggi di mercato, con una valutazione congrua degli asset, secondo principi liberali attuati in altri settori della vita economica ed energetica del paese, per dare più trasparenza al settore e più concorrenza al sistema che continua a scontare significativi gap con l Europa in termini di prezzi e di efficienza. Su quest analisi e su questa linea matura il Coordinamento FAIB/FEGICA. La proposta politica del Coordinamento suscita grande interesse nell opinione pubblica, una grande mobilitazione della categoria, consenso in un larghissimo arco di forze politiche. Diventa iniziativa legislativa e viene sottoscritta dai rappresentanti di tutti i partiti politici e da interi gruppi parlamentari. Raggiunge le firme a sostegno e le associazioni degli utenti e dei consumatori se ne fanno paladine. Ma l industria petrolifera il cui atteggiamento e le cui politiche ne costituiscono l origine non la gradisce e la contrasta. Anziché ricercare le ragioni e svolgere un analisi del quadro delle relazioni industriali si rifugia nel semplicistico arroccamento delle posizioni. Il dibattito è per molti mesi incandescente, il fermo delle relazioni negoziali diventa un enorme cappa per il settore, ne ferma la capacità di intervento, l operatività innovativa toglie certezza e orizzonte alla filiera, ma mette in sicurezza i gestori e li posiziona su un terreno avanzato di proposta di politica economica e imprenditoriale. Il fronte delle compagnie reagisce - dopo i primi mesi in ordine sparso e comincia a mandare messaggi di apertura e dialogo. 14

15 La fine della legislatura, il nuovo quadro politico, l acuirsi dell emergenza ricollocano al centro dell azione politica, segnata dalle larghe intese, i temi della condivisione e del superamento dell emergenza. In questo nuovo scenario, Faib riposiziona al centro il negoziato e il confronto tra le parti, nell ambito del riaffermato quadro legislativo di settore. Nel nuovo quadro politico la rappresentanza dei gestori ritrova l unità d intenti, con la ritrovata intesa con FIGISC sui temi essenziali del rinnovo degli accordi, dell intangibilità del margine, della messa in sicurezza degli imprenditori della distribuzione. Se i temi della governance del settore rimangono aperti, quelli dell emergenza reclamano una soluzione non rinviabile, all interno del quadro normativo dato. Se quest ultimo sarà in grado di fornire risposte di equilibrio al comparto, ai suoi attori e al paese è la sfida che ci attende nei prossimi mesi, a partire dalla previsione normativa delle nuove forme contrattuali. FAIB, nel nuovo contesto, ha aperto con coraggio una nuova pagina di confronto e negoziato rilanciando la centralità del gestore e la sua autonomia, la sua indipendenza economica, il ruolo della professionalità manageriale atta a sovrintendere un area complessa e variegata di vendita, senza chiusure preconcette e vincoli categorici. Una stagione che segni definitivamente il passaggio ad una nuova modernità dell imprenditore della distribuzione carburanti. Il settore della distribuzione carburanti è stato nel tempo costantemente oggetto di continue evoluzioni normative. In un rapida carrellata- per inquadrare e storicizzare le problematiche- possiamo vedere come il settore fu dapprima regolato con il R.D. n del 20 agosto 1927, che contraddistinse il ventennio , nell ambito del quale lo svolgimento dell attività di distribuzione carburanti fu sottoposta ad un regime di concessione amministrativa. Dal 1950 al 1970 il concorso dello sviluppo dell industria automobilistica, dell aumento della domanda di benzine e la conseguente necessità di provvedere all espansione della rete delle stazioni di servizio, condussero il Legislatore ad abbandonare lo strumento delle concessioni a vantaggio delle autorizzazioni prefettizie. Tale scelta è all origine del processo espansivo dei punti vendita carburanti, il cui numero alla fine degli anni sessanta raggiunse circa le unità. Un incremento che, già allora, espose le gestioni ad effetti improduttivi legati al sovraffollamento del mercato e indusse gli attori del settore ad avviare, a livello politico, un dibattito per promuovere strumenti atti a garantire una programmazione sostenibile per l attività delle stazioni di servizio. Fu in quel quadro che la Legge 1034 del 1970 ripristinò lo strumento concessorio, qualificando, nel contempo come pubblico servizio l attività di distribuzione carburanti. Un provvedimento, che se da un lato consentì di 15

16 contenere il numero di nuove aperture si rivelò insufficiente per promuovere il processo di ristrutturazione qualitativo della rete. Un problema attuale con radici antiche. Al riguardo con il Dpcm dell 11 settembre 1989, fermo restando il ricorso allo strumento concessorio in vigore dal 1970, si introdusse, per l apertura di un nuovo impianto, il meccanismo di chiuderne due. Con tale criterio fu bloccata, da un punto di vista quantitativo, la crescita delle concessioni esistenti. Un sistema di ristrutturazione protetta della rete che è durato fino al 1998, anno in cui con il Decreto Legislativo 11 febbraio 1998 n. 32, e successive modifiche e integrazioni, si è nuovamente abbandonato il regime concessorio per reintrodurre l istituto dell autorizzazione. L iniziativa di Stato, UE e Regioni Tale scenario venne ulteriormente modificato per effetto delle disposizioni Comunitarie contenute nella Direttiva Servizi, la 123/ 2006, la quale in ragione dei principi che animano la libera concorrenza sottopose l Italia ad un regime di infrazione, e imposto al nostro Paese di modificare il proprio ordinamento giuridico, ritenuto difforme rispetto alle norme che disciplinano l attività di servizi. Alla luce di questi fatti, il Governo, con il D.L. n. 112 del , convertito nella Legge n.133 del introdusse l'art.83 bis, comma 17, per effetto del quale fu stabilito che "Al fine di garantire il pieno rispetto delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela concorrenza e di assicurare il corretto e uniforme funzionamento del mercato, l'installazione e l'esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti non possono essere subordinati alla chiusura di impianti esistenti, né al rispetto di vincoli, con finalità commerciali, relativi a contingentamenti numerici, distanze minime tra impianti e tra impianti ed esercizi o superfici minime commerciali o che pongono restrizioni od obblighi circa la possibilità di offrire, nel medesimo impianto o nella stessa area, attività e servizi integrativi. La nuova legge afferma esplicitamente (comma 18) che la liberalizzazione costituisce un principio generale in materia di tutela della concorrenza ed è dunque attuata in applicazione dell articolo 117 della Costituzione. In conseguenza di ciò le normative regionali in contrasto con quanto previsto dalla nuova legge nazionale devono essere adeguate. La nuova fase storica apre anche una nuova stagione nelle relazioni Stato- Regioni, e di entrambe verso l UE come vedremo più avanti. 16

17 Le contraddizioni e le linee di fondo della legislazione In particolare il richiamo alla liberalizzazione, da parte dell Unione Europea, congiuntamente alle modalità con cui si sta provvedendo alla sua attuazione in Italia, ha significato la contrapposizione di due orientamenti: il primo che si sostanzia nella ratio della Legge 32/ 98, nell ambito del progetto di Razionalizzazione e ammodernamento della rete, ad oggi mai concluso, e il secondo che mira a una maggiore apertura di questo mercato, ma che per come è stato affrontato nel nostro ordinamento non supera l annosa questione, denunciata dalla FAIB, della rivisitazione organica della governance del settore. A tale riguardo se- per alcuni versi- appare condivisibile la volontà dell Europa di favorire, lungo l intera filiera di produzione e distribuzione dei carburanti, il rispetto dei principi della concorrenza e del libero mercato, al fine di consentire lo scambio di beni e servizi a prezzi più bassi con la migliore qualità, appare invece incomprensibile la risposta della politica di attenzionare solo la dimensione che coinvolge i titolari della licenza di esercizio senza svolgere una più adeguata e complessiva analisi dell assetto del mercato petrolifero e la proprietà degli impianti. Dal punto di vista della Faib, il superamento dei contingentamenti numerici e dei vincoli legati alle distanze e alle superfici per l apertura di nuovi impianti di distribuzione carburanti non affronta il reale problema che si riverbera sulla determinazione del prezzo al consumo delle benzine che costituisce il termometro di una serie di problematiche che innestano, a loro volta, contraddizioni e conflittualità. La concentrazione in pochi soggetti delle funzioni di estrazione, raffinazione, logistica e gestionediretta o delegata- dei canali distributivi, apre questioni concrete sulle dinamiche tipiche di un mercato concorrenziale, in forza delle quali, solo coloro che si presenteranno sul mercato con il prezzo più basso e con la qualità di prodotto più elevato riusciranno a guadagnare l accesso ai canali distributivi e, di conseguenza, il favore del consumatore finale che potrà acquistare a prezzi competitivi. Un ambito nel quale vanno a scontrarsi la vetustà della governance di settore e gli spazi angusti di operatività del pricing, che inevitabilmente va a stressare i meccanismi normativi. A sostegno della tesi basta considerare come, dopo quattro anni dal recepimento delle disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione, L.133/2008, sia stato costante il trend di crescita dei prezzi al consumo delle benzine, nel confronto con l Europa. Stiamo sperimentando il fallimento del legislatore italiano che ha interpretato il modello europeo, a danno non solo della salvaguardia degli interessi della collettività, che si trova costretta ad acquistare i carburanti a prezzi non equi e discriminanti, ma anche dello sviluppo della rete distributiva, che le grandi lobby tentano di rendere 17

18 quanto più simile alle esperienze di altri paesi come la Francia o l Inghilterra che oggi scontano pesanti disservizi e carenze di presidi sui territori. All interno delle contradditorie indicazioni normative rientra la questione della disciplina dei cali carburanti. La Faib sull argomento ha prodotto diversi convegni specialistici e sulla base di questi promosso un interpello che chiede all Agenzia delle Entrate l emanazione di una nuova circolare che definisca le condizioni per il sanzionamento ai fini Iva dei gestori di impianti di distribuzione dei carburanti, condizioni che siano coerenti con la disciplina in materia di cali ed eccedenze prevista dal D.Lgs. 504/95, consentendo così agli operatori del settore di operare senza il rischio che diverse interpretazioni delle norme pongano a rischio la vitalità dell attività di distribuzione dei carburanti, che costituisce, è giusto ricordarlo, una delle principali fonti di gettito fiscale per lo Stato. Questo per far fronte ai diversi orientamenti degli uffici preposti ai controlli in quanto si registrano sanzioni per qualsiasi calo, anche se correttamente registrato, e nei limiti delle tolleranze ammesse, applicando, pur in presenza di una disciplina speciale per i carburanti (appunto il D.Lgs. 504/95), norme di carattere generale, quali l art. 24 del D.P.R. 633/72 per omessa annotazione dei corrispettivi, l art. 53 del D.P.R. 633/72, per presunta cessione dei beni, l art. 9 del D.Lgs. 471/97 per irregolare tenuta della contabilità. Questa applicazione di norme di carattere generale rende inutile la registrazione dei cali, pur ammessa, ed anzi richiesta, dalla normativa, essendo il fenomeno di cali ed eccedenze del tutto naturale. Su questo la filiera che dice? I nuovi provvedimenti nel corpo normativo di riferimento Il mancato obiettivo porta il legislatore a continui interventi. Così il predetto quadro normativo è stato, di recente, ulteriormente integrato dal D. L. n. 1 del (cd. Decreto Monti) - che all art. 17, in linea con i già citati principi di liberalizzazione del settore della distribuzione dei carburanti ha introdotto importanti novità, di cui di seguito si evidenziano alcuni passaggi principali, ma senza incidere sui nodi strutturali. Ancora una volta la politica è stata debole ed incapace di corrispondere all esigenza del Paese. Il Dl infatti prevede- dopo promesse interessantiquasi l ovvio, e cioè che - I gestori degli impianti di distribuzione dei carburanti che siano anche titolari della relativa autorizzazione petrolifera possono rifornirsi da qualsiasi produttore o rivenditore per la parte eccedente il 50 per cento della fornitura complessivamente pattuita e comunque per la parte eccedente il 50 per cento di quanto erogato nel precedente anno dal singolo punto vendita. E una 18

19 norma che riguarda una parte residuale della rete e interviene verso operatori che già hanno la facoltà a monte di convenzionarsi con il miglior offerente; - I gestori degli impianti di distribuzione dei carburanti possono, inoltre, anche associarsi tra loro per comprare e pagare (meno) il carburante all'ingrosso, con ricadute sui prezzi ai consumatori anche in deroga ad eventuali clausole negoziali che ne vietino la realizzazione. Si tratta di una mera possibilità che davvero non aveva bisogno del permesso governativo; - In aggiunta agli attuali contratti di comodato e fornitura ovvero somministrazione possono essere adottate differenti tipologie contrattuali tra gestori degli impianti e compagnie petrolifere per l'affidamento e l'approvvigionamento degli impianti di distribuzione carburanti, previa definizione negoziale, mediante accordi tra organizzazioni di rappresentanza dei titolari di autorizzazione e dei gestori. E una innovazione che sfiora e non riequilibra i rapporti contrattuali, lasciando inalterati i vincoli di sistema basati sulla fornitura in esclusiva senza il contrappeso dell esclusiva territoriale a favore del gestore; - Negli impianti di distribuzione dei carburanti è sempre consentito l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande (fermo restando, per tale attività il rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro, la conformità dei locale ai criteri sulla sorvegliabilità ed il possesso dei requisiti di onorabilità e professionali del titolare) nonché la vendita di giornali (quotidiani e periodici) ed altri beni di servizio senza alcuna subordinazione alla grandezza dell'impianto. Il limite di superficie resta solo per la vendita dei tabacchi. Una previsione che ricalca vecchie disposizioni con poche novità- giornali e tabacchi- in parte vanificate da interventi successivi. Il riformismo di settore non accenna però a diminuire. Si concentra in particolare- su indicazioni interessate- ad aprire il settore a forme sempre più spinte di selfizzazione della rete. Meritano una particolare menzione i disposti dell art. 28 della 111 del 2011 e dell art 18 del Decreto Legge n. 1 del 24 gennaio 2012, attraverso i quali si è inteso modernizzare. Mentre gli impianti continuano ad essere vecchi, a presentare problemi di sicurezza, ad essere privi di manutenzione, gli strumenti introdotti sono stati utilizzati strumentalmente dalle Compagnie per spostare gli erogati dalla modalità di rifornimento, con l assistenza del personale, a quella self, al fine di massimizzare i propri profitti a danno dell economie del titolare della licenza di esercizio. Le compagnie infatti che hanno già introdotto il margine differenziale in ragione della modalità di servizio accelerano sulle politiche dei prezzi, degli sconti e delle onerosità a carico del gestore. Nello specifico, le Aziende introducono in maniera unilaterale, al di fuori degli accordi nazionali, sconti e promozioni, 19

20 applicati sulla vendita dei carburanti operata attraverso le apparecchiature self, a cui il gestore viene indotto a compartecipare in misura pari anche al 50%. Si realizza un vero e proprio saccheggio del reddito del gestore o un esproprio capitalistico. A fronte di ciò cosa avrebbe dovuto fare la rappresentanza dei gestori? Tutto ciò, a fronte di consumatori che per effetto della crisi appaiono molto più sensibili alla varabile prezzo nelle dinamiche di acquisto, si è tradotto in una maggiore propensione degli automobilisti al fai da te. L obiettivo di tale strategia commerciale, studiata dalle Aziende, è stato quello di spostare gli erogati verso le modalità di rifornimento automatizzate nell ambito delle quali le stesse compagnie riconoscono al gestore margini ridotti. Le perdite per le gestioni, generate da tali dinamiche, tenuto conto anche del calo degli erogati, comportano per i p.v. gravi difficoltà nel far fronte ai propri costi fissi, con la diretta conseguenza di drastici tagli alle proprie collaborazioni, impoverendo in tal modo la qualità del servizio reso all utenza. Un operazione commerciale che oggi espone l intera rete della distribuzione carburanti al rischio di un processo di selfizzazione, che se da un lato provocherà gravi ricadute, sia sulla tenuta dei livelli occupazionali che sul processo di riqualificazione della rete (e che apre nuove esigenze di contrattazione per mettere in sicurezza il reddito del gestore, tramite il margine unico, che tenga conto del conto gestione), dall altra può aprire anche una nuova fase della vita professionale degli operatori rete, quali gestori di aree di servizi multi funzionali. Ma per consentire una tale evoluzione occorre che l industria petrolifera, proprietaria degli impianti, mostri una propensione agli investimenti che sino ad oggi è mancata. Ai gestori si richiede coraggio e modernità nell approccio al nuovo mercato, ma le compagnie sono pronte ad investire sul nuovo? Ad attrezzare le aree secondo modernità? I contratti e le liberalizzazioni mancate Sembra tuttavia paradossale che dopo diverse stagioni di impegno sindacale, che hanno visto le Organizzazioni di rappresentanza dei Gestori, sin dal 2oo8 offrire il proprio contributo, per dotare il Paese di una nuova disciplina, coerente con le disposizioni comunitarie, ad oggi gran parte dei provvedimenti contenuti nella Legge 27 del 2012 (per non parlare di quelli stralciati all ultimo minuto), risultano inapplicati, mentre quelli tendenti a depauperare la rete risultano di gran lunga quelli più concretamente realizzati. In particolar modo, rimane ancora incompleto l iter previsto dall art 17 della Legge 27 del 2012 circa la possibilità di adottare, in aggiunta agli attuali contratti di comodato e fornitura, differenti 20

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