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1 Alle Società Consorziate CIRCOLARE INFORMATIVA N. 4/2012 del 28 novembre 2012 Art. 33, commi 4 e 5, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 Disposizioni in materia di sopravvenienze attive e perdite su crediti Redatta da: Domenico Muratori domenico.muratori@consorziosrf.com Francesco De Angelis francesco.deangelis@consorziosrf.com Paola Tempestini paola.tempestini@consorziosrf.com Consorzio Studi e Ricerche Fiscali Gruppo Intesa Sanpaolo Viale dell Arte, Roma Tel E mail: info@consorziosrf.com

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3 Oggetto: Art. 33, commi 4 e 5, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 Disposizioni in materia di sopravvenienze attive e perdite su crediti Rif.: ; I N D I C E 1. Non imponibilità delle sopravvenienze attive Nuove disposizioni in materia di deducibilità delle perdite su crediti Accordi di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis L.F Ulteriori ipotesi di realizzazione ex lege dei requisiti di certezza e precisione Perdite su crediti di modesta entità Prescrizione del diritto alla riscossione del credito Perdite su crediti dei soggetti IAS Decorrenza delle nuove disposizioni Premessa L art. 33 del D.L. n. 83/2012 (cd decreto crescita ), proseguendo nella riforma avviata con il D.Lgs. n. 5/2006 e con il D.L. n. 78/2010, interviene sulla legge fallimentare con l obiettivo di migliorare l efficienza di taluni strumenti di composizione della crisi d impresa alternativi al fallimento e di incentivarne l adozione, in modo da favorire la continuità aziendale. L intervento si colloca nella prospettiva di preservare l apparato produttivo e il tessuto imprenditoriale del Paese dal rischio di annientamento, testimoniato dal notevole incremento dei fallimenti negli ultimi anni, di crisi dell economia nazionale maturata in un contesto di difficoltà del sistema finanziario globale. Una tempestiva dichiarazione dello stato di crisi, sulla base di un iniziativa dell impresa, può in

4 effetti evitare misure d iniziativa esterna come il fallimento, intraprese quando la crisi è ormai irreversibile e, pertanto, necessariamente connotate da una funzione prevalentemente liquidatoria. Sul piano fiscale, in tale contesto, il D.L. n. 83/2012 (d ora innanzi: decreto ) è in primo luogo intervenuto allo scopo di assicurare un migliore coordinamento delle norme del TUIR con gli strumenti alternativi di composizione delle crisi scaturiti dalla riforma della legge fallimentare. In sede di conversione sono poi state introdotte misure rivolte a: (i) chiarire i presupposti di deducibilità delle perdite di natura valutativa, in presenza di crediti di modesto ammontare o prescritti; (ii) ribadire la prevalenza anche in questo ambito del principio di derivazione rafforzata sancito dal primo comma dell art. 83 TUIR per i soggetti IAS. In particolare, gli interventi in questione, contenuti nei commi 4 e 5 dell art. 33, hanno modificato gli artt. 88, comma 4, e 101, comma 5, TUIR, riguardanti, rispettivamente, la disciplina delle sopravvenienze attive realizzate dall impresa debitrice a seguito della riduzione di debiti (in sede di concordato, fallimentare o preventivo, e di accordi di ristrutturazione) e la deducibilità delle perdite su crediti. Le modifiche apportate dal decreto al regime fiscale delle perdite su crediti sembrano aver anticipato, almeno in parte, l attuazione del disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale ( 1 ), il cui art. 4, comma 3, lettera a), prevederebbe: l introduzione di criteri di deducibilità chiari e coerenti con la disciplina del bilancio, con particolare riguardo alla determinazione del momento del realizzo delle perdite su crediti; l estensione del regime fiscale previsto per le procedure concorsuali anche ai nuovi istituti introdotti dalla riforma del diritto fallimentare e dalla 1 Cfr. AC n. 5291, presentato il 15 giugno 2012 ed approvato dalla Camera dei deputati il 12 ottobre Attualmente il DDL è all esame del Senato (AS 3519), presso la VI Commissione Finanze e Tesoro. 2

5 normativa sul sovraindebitamento, nonché alle procedure similari previste in altri ordinamenti. Tenuto tuttavia conto che l intervento sulla disciplina delle perdite su crediti effettuato col decreto suscita non poche incertezze, tralasciando oltretutto la spinosa questione dei debitori esteri (assoggettati a procedure concorsuali secondo gli ordinamenti locali di riferimento), è auspicabile che in parte qua la delega venga comunque attuata, cogliendo l occasione per una sistemazione definitiva della materia. Di seguito si fornisce un primo commento delle nuove disposizioni, con riserva di tornare sull argomento dopo che saranno state emanate istruzioni ufficiali. 1. Non imponibilità delle sopravvenienze attive Il comma 4 dell art. 33 ha sostituito il comma 4 dell art. 88 TUIR, contenente l elenco delle operazioni che, ai fini fiscali, non danno luogo a sopravvenienze attive. Oltre a confermare l irrilevanza delle fattispecie già precedentemente trattate dalla norma, la novella amplia il novero delle riduzioni di debito insuscettibili di generare sopravvenienze attive imponibili ricomprendendovi, oltre a quelle realizzate dai debitori in sede di concordato fallimentare o preventivo, anche quelle realizzate per effetto di: accordi di ristrutturazione dei debiti omologati ai sensi dell art. 182-bis della legge fallimentare ( L.F. ); piani attestati di risanamento di cui all art. 67, comma 3, lett. d), L.F., pubblicati nel registro delle imprese. 3

6 Più in particolare, la norma prevede che la riduzione dei debiti dell impresa verificatasi per effetto del ricorso ad uno dei suddetti istituti non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all art. 84 (del TUIR; n.d.r.). Secondo la disciplina della legge fallimentare, gli accordi di ristrutturazione e i piani di risanamento in questione non presuppongono necessariamente la riduzione dei debiti dell impresa ma, implicitamente, la ammettono nella misura in cui tale riduzione, in un caso, sia compatibile con il regolare pagamento dei creditori estranei (art. 182-bis, commi 1 e 7) e, nell altro, renda il piano idoneo a consentire il risanamento dell esposizione debitoria dell impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria (art. 67, comma 3, lettera d). Al riguardo, si rammenta quanto segue: l art. 182-bis della L.F. accorda all imprenditore in stato di crisi la facoltà di domandare all Autorità giudiziaria l omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti, purchè idoneo ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei, per l effetto di precludere l avvio o la prosecuzione di azioni cautelari o esecutive e l acquisizione di titoli di prelazione, se non concordati. Tale accordo può pertanto implicare anche l accettazione di pagamenti (o impegni di pagamento) parziali da parte dei creditori (privilegiati o chirografari) aderenti, con liberazione dell impresa debitrice per l ammontare residuo e, conseguentemente, realizzo da parte di quest ultima di una sopravvenienza attiva corrispondente all importo dei debiti stralciati; nell ambito degli atti non soggetti all azione revocatoria, l art. 67, comma 3, lett. d), della L.F. menziona quelli, compresi i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore, posti in essere in esecuzione di un piano, 4

7 attestato da un professionista abilitato, idoneo a consentire il risanamento dell esposizione debitoria dell impresa e ad assicurarne il riequilibrio finanziario. Anche tali piani, come quelli di ristrutturazione ex art. 182-bis, possono prevedere lo stralcio di una parte dei debiti e, conseguentemente, il realizzo di sopravvenienze attive da parte dell impresa debitrice. Affinchè possano rilevare ai fini dell art. 88, comma 4, TUIR, la novella richiede che i piani di risanamento siano pubblicati nel registro delle imprese, diversamente dalla norma della legge fallimentare (così come modificata dall art. 33, comma 1, lett. a), del decreto), che contempla una mera facoltà di pubblicazione ( il piano può essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore ). Il previgente comma 4 dell art. 88 TUIR non conteneva un espresso riferimento né agli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis L.F. né ai piani attestati ai sensi dell art. 67, comma 3, lett. d), L.F., di modo che erano sorti dubbi in merito all idoneità di tali procedure a generare sopravvenienze attive non imponibili in capo all impresa debitrice ( 2 ), per l effetto di ostacolare il ricorso ai predetti istituti, laddove il regime fiscale del concordato preventivo avrebbe offerto maggiori benefici per il debitore. Occorre, peraltro, sottolineare che la norma non ha realizzato la completa equiparazione degli accordi e piani in questione con il trattamento fiscale riservato alla riduzione dei debiti in sede di concordato preventivo o fallimentare, posto che come accennato essa circoscrive la non imponibilità alle sopravvenienze attive eccedenti le perdite, pregresse e di periodo, di cui all art. 84 TUIR. 2 Per quanto concerne, in particolare, gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L.F., l Agenzia delle entrate aveva assunto una posizione negativa, sul presupposto che: (i) la riduzione dei debiti avrebbe fatto venire meno spese, perdite, oneri e passività iscritti in bilancio che avevano presumibilmente concorso, quali componenti negativi, alla formazione del reddito d impresa (cfr. nota 6 marzo 2006, prot. n. 954/35315/2006, commentata da G. Caruso, Il fisco non fa sconti sui fallimenti, in Italia Oggi del 2 agosto 2006) e che (ii) la norma conteneva il solo riferimento alla riduzione dei debiti in sede di concordato preventivo o fallimentare (cfr. risposta fornita in sede di videoconferenza MAP Modulo di aggiornamento professionale - tenutasi a Torino il 18 maggio 2006, commentata da G. Gavelli, Debiti, trattamento critico, in Il Sole 24 Ore dell 8 giugno 2006). 5

8 In altri termini, più che ad eliminare la penalizzazione fiscale delle riduzioni di debito risultanti dai suddetti accordi o piani, la norma sembra precipuamente rivolta ad evitare che il positivo effetto patrimoniale conseguente alla riduzione dei debiti sia parzialmente vanificato dall emersione di un corrispondente debito fiscale; l equiparazione con le altre procedure avrebbe infatti richiesto l attribuzione di un beneficio economico incondizionato all impresa debitrice, sotto forma di detassazione generalizzata della sopravvenienza attiva. Sul piano operativo, non sembra porre particolari problemi il confronto tra la sopravvenienza attiva derivante dalla riduzione del debito e le perdite di periodo, essendo evidente che queste ultime debbano essere assunte, per i fini in questione, al lordo della sopravvenienza attiva (ossia senza tenerne conto, come se questa fosse esclusa dal risultato di bilancio). Non sembra infatti coerente con la ratio della norma assumere la perdita fiscale al netto della sopravvenienza attiva (come se questa fosse interamente tassata), poichè in tale ipotesi l imponibilità integrale della sopravvenienza si verificherebbe solo in presenza di una perdita di periodo, ante riduzione del debito, pari al doppio della riduzione ( 3 ); non sembra inoltre logico assumere la perdita fiscale al netto della sola quota imponibile della sopravvenienza attiva, derivandone tra l altro l instaurazione di un rapporto circolare tra le due variabili. 3 Il seguente esempio potrebbe chiarire meglio: Bilancio Variazioni Fiscale Risultato ante sopravvenienza Sopravvenienza attiva 130 = 130 Risultato post sopravvenienza Se si ritenesse che la perdita di periodo debba essere assunta al netto dell intera sopravvenienza attiva (v. ultima riga), la tassazione integrale di quest ultima si verificherebbe solo quando la perdita di periodo ante sopravvenienza (v. prima riga) sia pari al doppio della sopravvenienza, come accade nell esempio. 6

9 Conseguentemente, il reddito d impresa dovrebbe essere determinato: (i) prima facie, considerando la sopravvenienza attiva interamente esclusa dalla formazione del reddito ( reddito d impresa potenziale ); (ii) successivamente, quantificando l effettiva variazione in diminuzione da apportare in sede di dichiarazione dei redditi in modo che la quota non imponibile della sopravvenienza non ecceda la perdita fiscale di periodo determinata, secondo quanto appena detto, senza tener conto di tale provento ( perdita potenziale ). In sostanza, l integrale detassazione della sopravvenienza si realizza soltanto nel caso in cui il reddito d impresa potenziale sia positivo o pari a zero. In tutti gli altri casi, e cioè quando sussista una perdita fiscale potenziale, la detassazione della sopravvenienza attiva non è integrale, ma limitata all importo eccedente, fino ad annullarsi nel caso in cui la perdita potenziale risulti pari a zero o superiore alla sopravvenienza ( 4 ). Tenuto peraltro conto che si tratta di imprese in crisi, la situazione di parziale/totale imponibilità delle sopravvenienze attive da riduzione del debito dovrebbe essere quella che si realizza con maggior frequenza. 4 L esempio seguente chiarisce meglio la portata della disposizione: Ipotesi 1 Ipotesi 2 Ipotesi 3 reddito d'impresa con inclusione 100% sopravvenienza sopravvenienza attiva perdita fiscale di periodo potenziale sopravvenienza attiva imponibile variazione in diminuzione reddito d'impresa imponibile Come risulta dalle ipotesi 2 e 3, la norma ha l effetto di rendere inutilizzabili le perdite fiscali di periodo fino a concorrenza con le sopravvenienze attive originate dalla riduzione dei debiti. Infatti, in entrambe le ipotesi, la parziale o totale imponibilità della sopravvenienza si risolve, di fatto, in una riduzione della perdita fiscale potenziale riportabile, rispettivamente, da a zero (nell ipotesi 2) e da a (nell ipotesi 3). In sostanza, la non imponibilità della sopravvenienza attiva non può generare ulteriori perdite fiscali, ma solo ridurre l imponibile. In un altro modo, si potrebbe dire che la variazione in diminuzione consentita è data dal minor importo tra il reddito imponibile cum sopravvenienza e la sopravvenienza stessa. 7

10 La formulazione della norma pone qualche interrogativo in più sull entità delle perdite pregresse rilevanti ai fini del raffronto con la riduzione del debito, potendo dubitarsi se debba assumersene l ammontare complessivo oppure quello delle sole perdite fiscali concretamente utilizzabili in compensazione nel periodo d imposta. La questione si pone, com è evidente, per effetto della riformulazione dei commi 1 e 2 dell art. 84 TUIR ad opera dell art. 23, comma 9, D.L. n. 98/2011, dalla quale è scaturita l impossibilità di utilizzare in compensazione perdite pregresse che eccedano l 80% del reddito complessivo lordo (salvo quanto previsto per quelle prodotte nei primi tre periodi d imposta dalla data di costituzione, utilizzabili per l intero ammontare). Sul piano letterale, il richiamo della norma alle perdite di cui all art. 84 TUIR sembra assumere portata generale e incondizionata, non contenendo alcun riferimento a quelle concretamente utilizzabili in compensazione. Non può tuttavia sottacersi che un interpretazione nel senso di considerare rilevante ai fini del raffronto l intero ammontare delle perdite pregresse, sembra tradire la ratio della norma (di evitare esborsi fiscali dell impresa debitrice in relazione alle sopravvenienze da riduzione del debito). Al riguardo, va rilevato che la tassazione integrale della sopravvenienza attiva, in corrispondenza di un uguale ammontare di perdite pregresse (e considerando neutrale il risultato di periodo), comporterebbe il pagamento dell Ires sul 20% della riduzione del debito, non compensabile ( 5 ). 5 Si consideri il seguente esempio numerico, che mette in raffronto le due ipotesi. Nell ipotesi, 1 le sopravvenienze attive non imponibili sono quelle eccedenti le perdite pregresse riportabili, senza tenere conto delle limitazioni al loro utilizzo stabilite dal comma 1 dell art. 84 TUIR. Al contrario, nell ipotesi 2, le sopravvenienze attive non imponibili sono pari all eccedenza rispetto alle perdite in concreto utilizzabili in compensazione del reddito imponibile di periodo. Ipotesi 1 Ipotesi 2 reddito d'impresa con inclusione 100% sopravvenienza sopravvenienza attiva perdite fiscali pregresse sopravvenienza attiva imponibile

11 Qualora siano preferite le perdite concretamente utilizzabili nel periodo d imposta, com è auspicabile, queste dovrebbero necessariamente essere assunte post inclusione nel reddito della sopravvenienza attiva da riduzione del debito, secondo il procedimento seguito nell esempio alla nota 5; altrimenti, in tutti i casi in cui, ante sopravvenienza, si verificasse una perdita fiscale di periodo, o comunque un risultato di periodo modesto, l ammontare delle perdite pregresse concretamente utilizzabile nel periodo d imposta sarebbe nullo o scarso, vanificando la preclusione (di benefici fiscali che non siano strettamente funzionali al non pagamento di imposte) che la norma è rivolta a perseguire. Una particolare situazione viene a crearsi per le società di persone, che applicano l art. 88, comma 4, TUIR per la determinazione della quota imponibile delle sopravvenienze attive, ma non dispongono di perdite fiscali pregresse riportabili (salve, eventualmente, quelle prodotte quando erano società di capitali, se successivamente trasformate in s.n.c. o s.a.s.), in quanto le perdite sono imputate per trasparenza ai soci. In base al tenore letterale della norma, l assenza di perdite pregresse disponibili consentirebbe di beneficiare dell integrale detassazione delle sopravvenienze attive originate dalla riduzione dei debiti, in difetto di perdite di periodo, fermo restando il diritto dei soci allo scomputo delle perdite imputate per variazione in diminuzione reddito al lordo delle perdite pregresse perdite pregresse utilizzabili (80% del reddito imponibile) reddito al netto delle perdite pregresse perdite pregresse residue 2 10 Nell ipotesi 2, il calcolo delle sopravvenienze attive non imponibili impone un processo iterativo volto a far coincidere le perdite pregresse con quelle in concreto utilizzabili (nei limiti dell 80% del reddito imponibile). A parità di condizioni, l ipotesi 1 determina un maggiore ammontare di sopravvenienze attive imponibili, e quindi un maggior reddito al netto delle perdite, tale da rendere dovuta l Ires anche in relazione ad una quota della sopravvenienza attiva da riduzione del debito. Viceversa, nell ipotesi 2, essendo la parte imponibile della sopravvenienza attiva commisurata alle perdite in concreto utilizzabili (pari all 80% del reddito imponibile), cresce la componente non imponibile delle sopravvenienze attive, si riduce il reddito imponibile al netto delle perdite, che risulta pari alla sola quota di reddito non costituita dalla sopravvenienza attiva, e risulta maggiore l ammontare delle perdite pregresse residue. 9

12 trasparenza dalla società di persone. D altra parte, l entità residua di tali perdite sarebbe difficilmente apprezzabile, da parte della società di persone, dipendendo essa dall entità dei precedenti utilizzi, influenzati dalla posizione soggettiva di ciascun socio. Sotto tale profilo, si verrebbe tuttavia a creare una disparità di trattamento con le società di capitali, le cui perdite pregresse determinano sempre l imponibilità delle sopravvenienze attive per un corrispondente ammontare. Un altro caso particolare riguarda i soggetti IAS, in relazione ai quali, per le ipotesi di conversione di crediti in capitale attuate nell ambito di ristrutturazioni del debito, l IFRIC 19 prevede che, diversamente dalle imprese che adottano i principi contabili nazionali, il debitore debba rilevare al fair value le azioni emesse per estinguere le passività, imputando la differenza a conto economico ( 6 ). Ne derivano due delicate questioni: 1. più in generale, se le differenze imputate a conto economico di che trattasi siano fiscalmente rilevanti, concretizzando così una disparità di trattamento rispetto ai soggetti non IAS; 2. in caso di risposta positiva al punto 1, se, verificandosi la conversione sulla base di una ristrutturazione del debito o di un piano di risanamento disciplinati dagli artt. 182-bis o 67 della L.F., possano realizzarsi i presupposti di non imponibilità stabiliti dal comma 4 dell art. 88 TUIR. Sulla questione generale, non sembrano rinvenirsi argomenti giuridici che consentano di derogare al principio di derivazione rafforzata sancito per i soggetti IAS dall art. 83 TUIR, in difetto di previsioni specifiche sia nelle norme del TUIR, sia nei D.M. 1 aprile 2009, n. 48, e 8 giugno Non sembra, cioè, che la disparità di 6 Le imprese che adottano i principi contabili nazionali, in caso di ristrutturazione del debito, non rilevano alcun utile o perdita, potendo imputare l intero valore nominale del debito a capitale oppure, qualora vengano emesse partecipazioni di valore nominale inferiore, a sovrapprezzo (cfr. OIC 6 Ristrutturazione del debito ed informativa di bilancio). 10

13 trattamento tra soggetti IAS e non possa essere risolta altrimenti che con un intervento legislativo. Sulla questione particolare, invece, la conclusione sembra poter essere favorevole: pur dovendo ammettersi che le riduzioni di debito contemplate dal quarto comma dell art. 88 TUIR non siano tutte, ma solo quelle foriere di effetti economici, e quindi suscettibili di configurare sopravvenienze attive per il debitore, non si può negare che la conversione di debito in capitale comporti, in concreto, una riduzione di debito e faccia emergere una sopravvenienza attiva (per il soggetto IAS); nè, d altra parte, si trovano motivi per ritenere che la norma faccia necessariamente riferimento alle sole riduzioni di debito connotate dalla gratuità. Tutto ciò, senza considerare il fatto che lo stesso principio di derivazione rafforzata che comporterebbe la rilevanza reddituale della conversione imporrebbe di rinvenire, nell imputazione a conto economico della differenza tra valore nominale del debito convertito e fair value del capitale emesso, una sostanziale (anche se parziale) gratuità della conseguente riduzione del debito. A parte le questioni interpretative che le modifiche introdotte all art. 88 TUIR pongono, secondo quanto si è visto, l intervento legislativo sembra comunque inadeguato rispetto alla sua finalità di introdurre un efficace incentivo alla diffusione dei nuovi procedimenti di composizione delle crisi d impresa, non risultando comunque idoneo ad equiparare il regime fiscale degli accordi di ristrutturazione e dei piani attestati a quello del concordato preventivo, che continua ad essere più favorevole consentendo, oltre all integrale irrilevanza fiscale delle sopravvenienze attive da riduzioni dei debiti, l integrale utilizzo delle perdite fiscali, pregresse e di periodo. Peraltro, non può sfuggire che le imprese di norma giungono alla soluzione delle crisi solo dopo aver accumulato ingenti perdite fiscali riportabili, di modo che il beneficio introdotto con l intervento in esame rischia di essere particolarmente limitato, se non addirittura nullo. 11

14 2. Nuove disposizioni in materia di deducibilità delle perdite su crediti Numerose e rilevanti sono le modifiche introdotte dall art. 33, comma 5, del decreto alla disciplina delle perdite su crediti contenuta nel comma 5 dell art. 101 TUIR, tutte rivolte ad estendere le fattispecie suscettibili di concretizzare ex lege ( in ogni caso ) gli elementi certi e precisi indicati dalla norma come presupposto di deducibilità di tali perdite. Prima di entrare nel merito, appare tuttavia opportuno darsi carico di una preliminare questione di carattere generale, attinente alla nozione di perdita su crediti da adottare non solo per stabilire la portata delle novità introdotte dal decreto, ma più in generale dell art. 101, comma 5. Non si tratta della ricomprensione o meno in tale comma delle perdite da realizzo, affrontata in altra sezione della presente circolare (cfr. note 17 e 32), ma, piuttosto, della possibilità di applicare il regime di deducibilità delle perdite su crediti ex art. 101, comma 5, in presenza di elementi certi e precisi, oltre che ai componenti reddituali qualificati come perdite anche ai fini contabili, ad altri componenti negativi relativi a crediti, quali le rettifiche di valore e gli accantonamenti. Al riguardo, deve registrarsi una tendenza ermeneutica in senso chiaramente evolutivo. In passato, l interpretazione della norma risultava generalmente appiattita sulla sua formulazione letterale, che sembra comunque presupporre la sussistenza di perdite su crediti da individuare su presupposti di natura economica e contabile (per assoggettarne la deducibilità ad un vaglio in termini di certezza e precisione), piuttosto che fornire una nozione fiscale di perdita. Tale orientamento era del resto coerente con la tradizione aziendalistica (non solo italiana ( 7 )), secondo la quale la perdita scaturente dalla valutazione di un credito era qualificata, rispetto alle ordinarie rettifiche di valore, da un giudizio di definitività da parte del redattore del 7 Un approccio simile risulta adottato da molti paesi esteri, secondo quanto emerge da un Working Paper pubblicato nel 2002 dalla Banca Mondiale, nel quale (in una prospettiva comparatistica) si distingueva tra write-off approach, che implica la deducibilità dei crediti solo quando dichiarati irrecuperabili e cancellati dai libri contabili, e specific provision approach, rivolto a consentire la deduzione fiscale, totale o parziale, delle rettifiche specifiche. 12

15 bilancio (definitività economica, non giuridica), cui doveva conseguire lo stralcio contabile della posizione; sussistendo possibilità di recupero, la perdita presunta doveva invece essere contabilizzata mediante l accantonamento ad un fondo. L approccio contabile si è tuttavia evoluto nel tempo e, già nelle riforme della disciplina contabile risalenti all inizio degli anni 90, si richiedeva (o si ammetteva) l esposizione in bilancio implicita delle rettifiche su crediti, a correzione del saldo attivo, pregiudicando sostanzialmente l evidenza bilancistica della definitività o meno delle perdite di natura valutativa. Più recentemente poi, per le imprese che adottano gli IAS, si è trattato di fare i conti con lo IAS 39, che richiede di effettuare impairment del valore di bilancio dei crediti, ma non attribuisce alcuna particolare valenza contabile alla definitività della valutazione; per non parlare, poi, delle istruzioni della Banca d Italia in materia di bilanci bancari, che contemplano la classificazione indistinta di tutte le perdite su crediti, di qualunque natura, in un unica voce di conto economico, costituita dalle rettifiche su crediti verso la clientela (voce 130.a) ( 8 ). A tale evoluzione dei criteri contabili si sono adeguati, in ambito fiscale, sia la prassi ( 9 ) che la dottrina ( 10 ), che sembrano valorizzare i requisiti di certezza e precisione previsti dall art. 101, comma 5, TUIR al di là del dato letterale, facendo discendere dalla loro sussistenza la configurabilità stessa di una perdita, che assumerebbe pertanto una nozione esclusivamente fiscale. Tali orientamenti risultano peraltro coerenti con l indirizzo interpretativo, di carattere più generale, secondo il quale la condizione di previa imputazione dei costi al conto economico (art. 109, comma 4, del TUIR) necessaria ai fini della deducibilità di specifici componenti reddituali 8 Le rettifiche derivanti da cancellazioni - intendendosi per tali le cancellazioni dal bilancio (c.d. writeoffs ) operate in dipendenza di eventi estintivi (Circ. Bankitalia 22 dicembre 2005, n. 262) - trovano evidenza nella sola nota integrativa. Secondo le istruzioni relative alla matrice dei conti, gli eventi estintivi ricorrono quando i competenti organi aziendali abbiano, con specifica delibera, preso definitivamente atto dell irrecuperabilità dell attività finanziaria o di quota parte della stessa oppure abbiano rinunciato agli atti di recupero per motivi di convenienza economica (Circ. Bankitalia 30 luglio 2008, n. 272). 9 Cfr. la Risoluzione del Ministero delle Finanze 20 luglio 1996, n. 137/E, e la Relazione annuale del SECIT al Ministro delle Finanze per l anno Cfr., per tutti, Assonime, Circolare n. 50 del 10 maggio

16 possa considerarsi soddisfatta anche nel caso in cui tali componenti siano imputati a conto economico a diverso titolo ( 11 ). Su tali presupposti, sembra corretto ricondurre all ambito applicativo dell art. 101, comma 5, qualunque componente negativo di natura valutativa relativo a crediti, a prescindere da classificazioni contabili che implichino un giudizio di definitività. Ovviamente, qualora rettifiche di valore o accantonamenti su crediti, alla data di iscrizione in bilancio, non siano connotati dagli elementi di certezza e precisione idonei a legittimarne la deduzione quali perdite su crediti, essi comunque rileveranno fiscalmente ai sensi dell art. 106 TUIR. In tale ipotesi, nel caso di banche ed enti finanziari, il successivo concretizzarsi dei predetti elementi (perché, ad esempio, il debitore sia stato nel frattempo assoggettato a procedura concorsuale) non risulta idoneo a modificare l originario profilo di deducibilità (deduzione immediata, nei limiti del plafond, e rateizzata in 18 quote annuali, per l eccedenza), atteso che le svalutazioni ricadenti nell ambito dell art. 106 TUIR comunque riducono il valore fiscale del credito (di modo che la relativa deduzione rateizzata è insensibile alle successive vicende del rapporto) Accordi di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis L.F. Venendo al merito delle modifiche, l attenzione può essere rivolta a quella parte dell art. 33, comma 5, del decreto che, ancor prima delle novità introdotte in sede di conversione, sostituiva il comma 5 dell art. 101 TUIR, ammettendo la deducibilità delle perdite su crediti vantati verso imprese che abbiano stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L.F., omologati dal tribunale ( 12 ). Prima dell intervento legislativo, la deducibilità delle perdite in questione poteva invece 11 Cfr.: Agenzia delle entrate, Circolare n. 7/E del 28 febbraio 2011, e Assonime, Guida all applicazione dell IRES e dell IRAP per le imprese IAS adopter, documento I, maggio Testualmente, il nuovo comma 5 dell art. 101 TUIR recita come segue: le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso,, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell art. 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n

17 richiedere la verifica concreta dei requisiti di carattere generale previsti dall art. 101, comma 5, TUIR (gli elementi certi e precisi), essendo la deducibilità in ogni caso delle perdite espressamente riconosciuta dalla legge nei soli casi di assoggettamento del debitore a fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo ed amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Non v è dubbio che la disposizione trovi applicazione quando il creditore abbia partecipato all accordo di ristrutturazione dei debiti e, comunque, quando la perdita corrisponda ad una riduzione del credito scaturita dagli accordi (se non si voglia ritenere tale fattispecie, di natura realizzativa, già ricompresa nel comma 1 dell art. 101, secondo quanto si dirà più avanti). Tuttavia, occorre chiedersi se la norma si applichi anche nei confronti dei soggetti che non abbiano aderito all accordo, essendo la partecipazione dei creditori necessaria solo per il 60% della complessiva esposizione debitoria dell impresa. La formulazione letterale della norma sembra valorizzare la condizione oggettiva della conclusione di un accordo di ristrutturazione omologato dal tribunale (che consentirebbe di considerare il debitore ufficialmente in crisi) piuttosto che la condizione soggettiva connessa alla partecipazione (o meno) all accordo. I dubbi, tuttavia, derivano dalla circostanza che, ai sensi dell art. 182-bis L.F. (come modificato dall art. 33 del decreto), non solo l accordo di ristrutturazione dei debiti deve essere idoneo ad assicurare l integrale pagamento dei creditori estranei, ma deve essere assicurarlo nel rispetto di precisi termini ( 13 ). Rileva, al riguardo, che la tutela dei creditori estranei implica in concreto una minor probabilità che tali soggetti possano subire perdite, qualora il piano venga attuato in termini corrispondenti all attestazione del professionista e all omologazione 13 Secondo il novellato primo comma dell art. 182-bis, la relazione del professionista indipendente designato dal debitore, laddove tratta dell attuabilità dell accordo, deve fare particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini: a) entro centoventi giorni dall omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data; b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell omologazione. 15

18 dell autorità giudiziaria. Considerato tuttavia che l idoneità dell accordo ad assicurare il pagamento dei creditori estranei non comporta l attribuzione di alcuna forma di prelazione, nè di altri strumenti che possano agevolare la riscossione del credito (tipo fidejussioni o altre garanzie), si può ritenere che la stipulazione dell accordo ex art. 182-bis concretizzi un sintomo qualificato della difficoltà finanziaria del debitore, comunque idoneo a configurare i requisiti di certezza e precisione di eventuali perdite valutative imputate a conto economico, anche nei confronti dei creditori che non vi abbiano aderito; gli impegni assunti dal debitore con l accordo, e la loro asseverazione, costituiranno semmai circostanza suscettibile di influire sulla stima della perdita (specie in relazione a crediti già scaduti alla data di omologazione dell accordo), rimessa comunque alla valutazione dei creditori non aderenti. In definitiva, quindi, anche tali creditori dovrebbero poter dedurre automaticamente le perdite eventualmente iscritte in bilancio nelle more della procedura, senza dover altrimenti dimostrare l esistenza degli elementi certi e precisi. In merito al momento a partire dal quale il debitore che abbia concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti si considera assoggettato a procedura concorsuale, e quindi la perdita subita dal creditore possa considerarsi fiscalmente rilevante, la norma fa riferimento alla data del decreto di omologazione dell accordo di ristrutturazione. Sotto tale profilo, il novellato comma 5 dell art. 101 TUIR costituisce indubbiamente un passo avanti rispetto alle conclusioni alle quali l Agenzia delle entrate era pervenuta nella Circolare 3 agosto 2010, n. 42/E, a commento del regime fiscale delle partecipazioni acquisite per il recupero di crediti bancari. In tale occasione l Agenzia (cfr. par. 4.1 della Circolare cit.), al fine di ammettere (al di fuori della procedura di interpello prevista dall art. 113 TUIR, e comunque per i soli soggetti IAS) la rilevanza fiscale del differenziale negativo derivante dalla conversione del credito in una partecipazione, in attuazione di accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all art. 182-bis L.F., ritenne che gli elementi certi e 16

19 precisi potessero considerarsi realizzati solo a partire dalla data in cui il decreto di omologazione fosse divenuto definitivo, in quanto non più suscettibile di impugnativa da parte dei creditori ovvero in conseguenza del rigetto di eventuali opposizioni ( 14 ). Tale orientamento poteva comportare che la deduzione della perdita avvenisse non nel periodo d imposta di omologazione dell accordo, omologazione che già ufficializza lo stato di crisi finanziaria dell impresa, ma piuttosto in un periodo successivo. Per effetto della modifica in esame, il decreto di omologazione del tribunale integra invece ex lege gli elementi certi e precisi richiesti dall art. 101, comma 5, per la deduzione delle perdite su crediti, a prescindere da eventuali impugnative da parte dei creditori o dalla scadenza del termine per il reclamo. Per quanto attiene agli enti creditizi e finanziari, occorre rammentare che, in caso di conclusione dell accordo di ristrutturazione in un periodo d imposta anteriore a quello di omologazione da parte del tribunale, le eventuali rettifiche di valore contabilizzate nelle more dell omologazione, pur non essendo deducibili in base al comma 5 dell art. 101 TUIR (a meno che non si considerino altrimenti realizzati gli elementi certi e precisi), sarebbero attratte al regime di deducibilità previsto dall art. 106, comma 3, che comporta la deduzione rateizzata in 18 periodi d imposta delle svalutazioni eccedenti un plafond pari allo 0,30 per cento del valore dei crediti risultanti dal bilancio (aumentato delle svalutazioni effettuate nell esercizio) ( 15 ). La successiva omologazione dell accordo di ristrutturazione non potrebbe tuttavia incidere sull originario profilo temporale di deducibilità delle svalutazioni contabilizzate in precedenti periodi d imposta (avendo queste ridotto il valore fiscale 14 Ai sensi del comma 5 dell art. 182-bis L.F., il decreto del tribunale è reclamabile presso la corte di appello entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese. 15 Si ricorda che, per i crediti verso clientela erogati a decorrere dal periodo d imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2009, limitatamente all ammontare che eccede la media dei crediti erogati nei due periodi d imposta precedenti, diversi da quelli assistiti da garanzia o da misure agevolative in qualsiasi forma concesse dallo Stato, da enti pubblici e da altri enti controllati direttamente o indirettamente dallo Stato, il comma 3-bis dell art. 106 TUIR prevede che la percentuale del plafond sia elevata allo 0,50% e che l ammontare delle svalutazioni eccedenti detto limite sia deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi. 17

20 del credito), con la conseguenza che il differimento della deduzione non sarebbe limitato ad un solo periodo d imposta, ma si estenderebbe a un arco temporale ben più lungo ( 16 ). Anche dopo le suddette modifiche, continuano ad essere esclusi dagli istituti che consentono la deduzione automatica delle perdite su crediti i piani di risanamento ex art. 67, comma 3, lett. d), L.F. Sotto tale profilo, la norma non è pertanto simmetrica alla disposizione contenuta nel comma 4 dell art. 88 TUIR (nel testo risultante dopo le modifiche apportate con il decreto in commento), che prevede - come accennato - la non imponibilità per il debitore sia delle sopravvenienze attive derivanti da accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis che di quelle originate da piani di cui al citato art. 67. La ragione della discriminazione deve probabilmente ricercarsi nella circostanza che, a differenza di quanto previsto per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, per i piani di risanamento, anche quando sia richiesta la pubblicazione nel registro delle imprese da parte del debitore, non è previsto alcun intervento dell autorità giudiziaria per verificare la sussistenza dei relativi presupposti. Al riguardo, occorre rilevare che, se è vero che manca una fase giudiziale da cui consegua una completa ricomposizione del rapporto creditorio, è altrettanto vero che la veridicità dei dati e delle assunzioni su cui il piano di risanamento si fonda devono essere asseverate da un professionista indipendente, chiamato ad attestarne la concreta fattibilità. Tale attestazione, proprio perché proveniente da un soggetto esperto, nonchè terzo rispetto all impresa (e ai creditori), dovrebbe poter costituire idonea prova della situazione di squilibrio economico-finanziario in cui versa l impresa debitrice, anche perchè collocata all interno di una procedura dichiaratamente alternativa ad altri strumenti di soluzione delle crisi d impresa 16 Sotto il profilo economico, l iscrizione di attività per imposte anticipate neutralizzerebbe la penalizzazione derivante dal rinvio della deduzione, fermo restando l aggravio finanziario. 18

21 messi a disposizione dalla legge fallimentare, quali gli accordi di ristrutturazione dei debiti e il concordato preventivo. La mancata disciplina di tale fattispecie appare quindi come un occasione persa per contribuire a fare ulteriore chiarezza rispetto al generico criterio della certezza e precisione sancito dalla norma che, proprio per la sua genericità, ha spesso dato luogo a contestazioni da parte dell Amministrazione finanziaria Ulteriori ipotesi di realizzazione ex lege dei requisiti di certezza e precisione Per effetto delle modifiche apportate in sede di conversione, il comma 5 dell art. 33 ha incluso tra le ipotesi in cui i requisiti di certezza e precisione possono considerarsi realizzati in ogni caso le seguenti fattispecie: i crediti di modesta entità, decorsi sei mesi dalla scadenza; i crediti per i quali il diritto alla riscossione sia prescritto; le perdite sostenute dai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali, in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio effettuata in dipendenza di eventi estintivi. Si tratta di un intervento molto opportuno, attesa l incertezza che, secondo quanto già detto, l indeterminatezza delle nozioni di certezza e precisione ha suscitato e continua a suscitare. Rileva al riguardo che, al di fuori del caso di debitori sottoposti a procedure concorsuali, la sussistenza di tali requisiti doveva essere dimostrata dall impresa caso per caso, senza poter assumere parametri di riferimento sicuri, nemmeno di carattere sintetico (salvo che nell ambito dell art. 106 TUIR), valutando di volta in volta l idoneità degli elementi (di diritto e/o di fatto) comprovanti l an e il 19

22 quantum della perdita e considerando altresì lo specifico contesto in cui questa si fosse verificata. Su tali presupposti, per dedurre una perdita occorreva sempre dimostrare (al di là di un apertura della prassi, sia pur di incerta portata, in relazione ai crediti di modesta entità) lo svolgimento di tutte le azioni previste dalla legge per il recupero del credito e il mancato buon fine di tali attività, per l incapienza del debitore e degli eventuali coobbligati in solido, quali ad esempio i fideiussori. In sostanza, la certezza della perdita poteva dimostrarsi solo documentando i tentativi falliti di riscossione del credito, a partire dalla corrispondenza con il debitore e dalle diffide ad adempiere, fino a ricomprendere una procedura esecutiva infruttuosa (ad esempio, il verbale di pignoramento negativo). Secondo opinabili orientamenti di giurisprudenza e di prassi, peraltro, tali dimostrazioni si renderebbero necessarie anche in relazione a perdite su crediti derivanti da eventi realizzativi, che sarebbero invece più correttamente da collocare nell ambito del primo comma dell art. 101, relativo alle perdite da realizzo, poichè giuridicamente ed economicamente certe ( 17 ). 17 Secondo la giurisprudenza di legittimità e l Amministrazione finanziaria, il comma 5 dell art. 101 TUIR sarebbe applicabile sia alle perdite su crediti che derivano da valutazioni, sia a quelle derivanti da fenomeni realizzativi, quali la cessione pro-soluto ovvero la rinuncia, con la conseguenza che in entrambi i casi, ai fini della deducibilità, dovrebbero essere riscontrate aliunde certezza e precisione previsti dalla norma, ricercando evidenze in ordine all inevitabilità economica delle perdite. In tale senso, cfr.: Cassazione, Sez. Trib., sentenze n del 4 ottobre 2000, n del 25 maggio 2002 e n del 10 marzo 2006 (comunque, tutte relative a casi anomali di cessioni di crediti effettuate per un valore vile), secondo cui la deducibilità delle perdite derivanti dalla cessione pro-soluto di crediti deve essere comunque subordinata alla sussistenza di elementi che comprovino l infruttuoso svolgimento di azioni finalizzate alla riscossione; Agenzia delle entrate, risoluzione n. 70/E del 23 febbraio 2008, secondo cui gli elementi certi e precisi di cui al comma 5 dell art. 101 TUIR costituirebbero presupposti necessari anche per la deduzione di perdite su crediti derivanti da atti dispositivi del credito; nello stesso senso, cfr. la risposta all interrogazione parlamentare presentata alla Camera dei Deputati n del 5 novembre Di diverso avviso è invece la dottrina, che ritiene le perdite derivanti da fenomeni realizzativi escluse dal comma 5 dell art. 101 perchè disciplinate dal comma 1 del medesimo articolo, ai sensi del quale le minusvalenze dei beni relativi all impresa, quali sono indubbiamente i crediti, vanno determinate con gli stessi criteri stabiliti per la determinazione delle plusvalenze, cioè come differenza tra il corrispettivo pattuito ed il costo fiscalmente riconosciuto, e sono deducibili se realizzate ai sensi dell art. 86, comma 1, lett. a) e b), e 2, e quindi, in ogni caso, se realizzate a titolo oneroso. Infatti, in tale evenienza, la certezza della perdita non ha soltanto un fondamento economico, ma anche giuridico: gli elementi certi e precisi non devono essere provati, perché assorbiti nell atto di disposizione del credito che determina la decurtazione irreversibile del cedente, fondendosi la perdita economica con quella giuridica, che diventano un tutt uno. Cfr., in tal senso: CIPOLLINA, I paradossi della deducibilità condizionata delle 20

23 Perdite su crediti di modesta entità Per quanto riguarda le perdite su crediti di modesto ammontare, anche in relazione all entità del portafoglio, l Amministrazione finanziaria, sia pure con pronunce ormai risalenti ( 18 ), aveva già ammesso la deducibilità a prescindere dalla ricerca di rigorose prove formali, sul presupposto che l impresa possa trovare più conveniente non intraprendere azioni di recupero antieconomiche, che comporterebbero il sostenimento di costi esorbitanti rispetto all entità delle proprie ragioni creditorie. Tale prassi ha tuttavia determinato inevitabili incertezze applicative, nella difficoltà a stabilire quando un credito sia di modesto ammontare, nell indeterminatezza del riferimento all entità del portafoglio contenuto nelle anzidette pronunce, nel dubbio circa la valenza da attribuire, ai fini del giudizio di economicità delle azioni di recupero, alla concreta probabilità di esazione del credito. In definitiva, venivano chiamate in causa valutazioni discrezionali, come tutte quelle che si pongono in una prospettiva imprenditoriale, come tali suscettibili di contestazione da parte dell Amministrazione finanziaria. Per superare tali inconvenienti, il nuovo comma 5 dell art. 101 stabilisce che la perdita su crediti è sempre deducibile quando il credito sia di modesta entità e scaduto da almeno sei mesi. Precisa inoltre che il credito si considera di modesta entità quando il relativo importo non superi euro, per le imprese di più rilevante perdite da cessione pro soluto di crediti nel settore del credito al consumo, in Giust. Trib., 4/2007; LEO, Le imposte sui redditi nel testo Unico, 2010, p s.; LUPI, Certezza e probabilità in materia di perdite su crediti, in Rass. Trib., 1987, I, p. 264; MICCINESI, I tributi diretti erariali, in RUSSO, Manuale di diritto tributario, 1997, p. 667; DEL FEDERICO, Le perdite su crediti, in TABET (a cura di), Il reddito d impresa, Vol. I, 1997, p. 3; ZIZZO, Il differenziale negativo generato dalla cessione pro soluto di crediti tra incertezze di qualificazione e problemi di inerenza, Riv. Dir. trib.; 2001, II, p. 360 s.; FIORENTINO, Le perdite su crediti nella determinazione del reddito d impresa, Dir. prat. trib., 1997, I, p. 1499; BEGHIN, Le perdite derivanti dalla cessione di crediti con clausola pro soluto tra giudizi di opportunità e giudizi di corrispondenza alla fattispecie legale, Rass. Trib., 2000, p. 985; BLOCH e SORGATO, Incertezze della Cassazione sulla cessione di crediti pro soluto, Corr. Trib., 2001, p. 495 ss., CAPOLUPO, Cessione dei crediti pro soluto e deduzione delle perdite, Il fisco, 2005, p ss.; GRANELLI, La deducibilità delle perdite conseguenti alla cessione pro soluto di crediti, Boll. Trib., 2005, p. 342 ss.; ASSONIME, Guida all applicazione dell IRES e dell IRAP per le imprese IAS adopter, maggio 2011, p Cfr. Risoluzioni ministeriali 17 settembre 1970, n. 189, e 6 agosto 1976, n. 9/

24 dimensione, ovvero euro, per le altre imprese. In sostanza, il legislatore ha recepito la prassi dell Amministrazione finanziaria, integrandola con l individuazione di parametri assoluti, quantitativi e temporali, al verificarsi dei quali si presume l antieconomicità delle azioni di recupero, altrimenti rimessa alla dimostrazione del contribuente, e i requisiti di certezza e precisione delle perdite su crediti si presumono comunque verificati, senza possibilità di prova contraria. Ai fini dell individuazione delle imprese di più rilevante dimensione, la norma richiama l art. 27, comma 10, D.L. n. 185/2008, sulla base del quale dovrebbero considerarsi tali le imprese che conseguono un volume d affari o di ricavi non inferiore a cento milioni di euro ( 19 ). Al riguardo, si rammenta che l art. 27, comma 10, cit. inizialmente considerava imprese di più rilevante dimensione quelle con volume d affari o di ricavi non inferiore a trecento milioni di euro. Tale importo, che doveva essere ridotto gradualmente fino a cento milioni entro il 31 dicembre 2011, secondo modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell Agenzia delle entrate, è stato dapprima ridotto a duecento milioni, a decorrere dal 1 gennaio 2010 (cfr. provvedimento del 16 dicembre 2009), e successivamente a centocinquanta milioni, a decorrere dal 1 gennaio 2011 (cfr. provvedimento del 20 dicembre 2010). Ad oggi, pur non essendo stato emanato un ulteriore provvedimento di riduzione dell importo, sembra doversi ritenere che la scadenza del termine legislativamente previsto per l adeguamento a cento milioni di euro comunque imponga di dare rilevanza a tale soglia. In tal senso, del resto, sembrano deporre la Circolare 31 maggio 2012, n. 18/E, e, più esplicitamente, le istruzioni al mod. UNICO SC 2012 (v. p. 13). 19 Per quanto concerne gli enti creditizi e finanziari, la determinazione del volume di ricavi rilevante a questi fini segue i criteri stabiliti dal provvedimento del Direttore dell Agenzia delle entrate 6 aprile 2009, prot. n , che attribuisce rilevanza a la sommatoria dei seguenti dati indicati nelle dichiarazioni fiscali relative a ciascun periodo d imposta: i. interessi attivi e proventi assimilati; ii. proventi di azioni o di quote rappresentative di partecipazioni a organismi di investimento collettivo; iii. commissioni attive; iv. profitti da operazioni finanziarie; v. altri proventi di gestione. 22

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