Aggiornamenti sull epidemiologia e la diagnosi di infezione da HIV (Rassegna)

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1 Aggiornamenti sull epidemiologia e la diagnosi di infezione da HIV (Rassegna) Barbara Suligoi 1, Claudio Galli 2 1 Direttore, Centro Operativo AIDS, Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie e Immunomediate, Istituto Superiore di Sanità, Roma; 2 Medical Marketing Manager, Abbott Divisione Diagnostici, Roma INTRODUZIONE Nel 1996 è stata osservata in Italia, per la prima volta dall inizio dell epidemia, una diminuzione dei nuovi casi di AIDS (Acquired ImmunoDeficiency Syndrome) (-11% rispetto all anno precedente) e dei decessi correlati all AIDS (-9.3% rispetto all anno precedente) da attribuire non tanto ad una diminuita incidenza delle infezioni da HIV (Human Immunodeficiency Virus), quanto piuttosto alla maggiore efficacia delle nuove terapie antiretrovirali. Le nuove combinazioni di farmaci antiretrovirali, infatti, hanno contribuito a modificare la curva dei casi di AIDS attraverso il rallentamento della progressione della malattia, riducendo sia il numero dei soggetti che evolvono in fase conclamata che il numero dei decessi 1. Quest aumento della sopravvivenza è stato osservato in tutti i paesi industrializzati e ha determinato un aumento del numero totale delle persone viventi con infezione da HIV. Stiamo assistendo quindi ad un prolungamento del tempo di incubazione che, insieme all andamento dei casi di AIDS, ha costituito finora un parametro essenziale per l elaborazione di modelli matematici di back-calculation. Al momento, la modificazione di tali parametri rende difficile sia l elaborazione di stime numeriche dei casi d infezione da HIV, che la previsione dell andamento dell epidemia per il futuro. In tale contesto il registro nazionale AIDS, pur rimanendo un riferimento essenziale per lo studio dell epidemiologia dell AIDS, non rappresenta più una fonte di dati sufficiente; è auspicabile dunque che sia affiancato da un sistema di rilevazione sistematica delle infezioni da HIV che consenta di identificare precocemente i mutamenti nella diffusione dell infezione e nelle dinamiche epidemiche, per pianificare interventi di prevenzione primaria e secondaria e per programmare la spesa sanitaria. Anche l Organizzazione Mondiale della Sanità, l UNAIDS (Joint United Nations Programme on HIV/AIDS) e la Commissione Europea hanno fortemente raccomandato l implementazione di sistemi di sorveglianza nazionali per le infezioni da HIV in Europa, che potranno essere utilizzati per fornire informazioni aggiornate sulla diffusione dell infezione nella regione europea. LA DIMENSIONE DEL PROBLEMA IN ITALIA L AIDS Nel periodo (giugno) sono stati notificati al COA casi cumulativi di AIDS (Fig. 1). Di questi, (77,7%) sono di sesso maschile, 741 (1,4%) in età pediatrica (<13 anni) o con infezione trasmessa da madre a figlio e (6,0%) sono stranieri. I pazienti deceduti, al 30 giugno 2004, sono (64,0%). La non obbligatorietà della notifica del decesso per AIDS fa si che la mortalità per AIDS sia sottostimata, anche se un indagine nazionale svolta nel 2001 ha mostrato che la sottostima è inferiore al 10%. L incidenza dei casi di AIDS rispetto agli altri paesi europei pone l Italia, con il 30,6 casi per milione di abitanti, in una fascia di incidenza alta, dopo Portogallo (81,3 per milione di abitanti), Spagna (33,2 per milione di abitanti) e Svizzera (31,0 per milione di abitanti). L incidenza dei casi di AIDS riporta ampie variazioni geografiche nell ambito del territorio nazionale. Le regioni del centro-nord (Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio) risultano mediamente più colpite. Nel sud, al contrario, anche regioni urbanizzate come la Campania presentano tassi di incidenza di AIDS relativamente bassi. Figura 1 Italia: diagnosi di AIDS, decessi AIDS-correlati e persone viventi con AIDS LigandAssay 10 (1)

2 L età mediana alla diagnosi, calcolata per gli adulti, è di 34 anni per i maschi e di 32 anni per le femmine. La distribuzione dei casi adulti per anno di diagnosi e categoria di esposizione evidenzia che sono mutate le caratteristiche delle persone colpite, con un minore peso della tossicodipendenza ed una decisa preponderanza della trasmissione sessuale. La proporzione dei casi attribuibili alla tossicodipendenza è diminuita dal 66,7% prima del 1994 al 34,3% nel 2004, mentre i contatti eterosessuali sono passati nello stesso periodo dall 11,8% al 39,6%. La percentuale delle persone che ha scoperto di essere HIV-positiva al momento o poco prima della diagnosi di AIDS è aumentata dal 20,6% nel 1996 al 53,1% nel Se si considera la categoria di esposizione specifica, tale proporzione raggiunge il 63,4% tra le persone che si sono contagiate attraverso i rapporti eterosessuali ed il 57,0% tra gli omo/bisessuali. Questo dato è particolarmente inquietante in quanto suggerisce che una parte rilevante di persone infette ignora per molti anni la propria HIV-positività, fino alla comparsa dei sintomi dell AIDS conclamato, aumentando quindi la probabilità di diffondere l infezione attraverso comportamenti a rischio. Altro fenomeno emergente è l aumento nel tempo della proporzione di cittadini stranieri tra i casi notificati che passa dal 4,5% nel al 14,8% nel ce nuove diagnosi di infezione da HIV ( maschi e femmine; Fig. 2). Similmente a quanto sopra riportato tra i casi di AIDS, anche tra le nuove diagnosi di infezione da HIV si osserva un aumento dell età mediana al momento della diagnosi di infezione da HIV (aumentata da 25 anni nel 1985 a 35 anni nel 2003), nonché un cambiamento analogo delle categorie di trasmissione: la quota di tossicodipendenti è diminuita dal 74,3% nel 1985 al 14,6% nel 2003, mentre la trasmissione sessuale (eterosessuale e omosessuale) nello stesso periodo è aumentata dal 9,1% al 69,0% (Fig. 3). L estrapolazione dei dati relativi alle nuove diagnosi di infezione da HIV a livello nazionale permette di formulare alcune stime sulle dimensioni del fenomeno. In base a queste, si verificherebbero in Italia circa nuovi casi di infezione ogni anno, ed il numero di persone sieropositive viventi si L infezione da HIV Per quanto riguarda le nuove diagnosi di HIV, le regioni e provincie che hanno istituito un sistema di sorveglianza sono Lazio, Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Piemonte, Trento, Bolzano e Modena. I dati provenienti da queste regioni e provincie, pur non rappresentando tutti i casi di nuove infezioni da HIV in Italia, possono fornire un utile indicazione sulla diffusione dell HIV nel nostro paese: la popolazione residente in queste aree costituisce il 21,4% della popolazione italiana totale. Nel periodo sono state riportate in queste regioni/provin- Figura 2 Italia: incidenza delle nuove diagnosi di AIDS, decessi AIDS-correlati e nuove diagnosi di HIV (dati da Piemonte, Veneto, Trento, Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Modena, Lazio) Figura 3 Distribuzione percentuale delle nuove diagnosi di HIV per categoria di esposizione e anno (Veneto, Trento, Friuli Venezia Giulia, Modena e Lazio) 20 LigandAssay 10 (1) 2005

3 aggirerebbe intorno alle unità 2. L incidenza dell infezione da HIV Da quanto sopra descritto si evince che un analisi accurata dell epidemia in atto nel nostro paese si dovrebbe basare sull incidenza dell infezione (cioè il numero di pazienti sieroconvertiti in un determinato intervallo di tempo), che indichi non soltanto la velocità di diffusione del virus ma anche le caratteristiche delle persone che si contagiano al momento presente. Tuttavia, per conoscere l incidenza di HIV sono necessari studi di coorte impegnativi, molto costosi e difficilmente applicabili alla popolazione generale; viceversa, i metodi di back-calculation a partire dai casi di AIDS, che consentivano di stimare almeno l incidenza pregressa di HIV, non possono più essere applicati a causa dell allungamento della sopravvivenza dei pazienti infetti 2. Si impone pertanto con crescente urgenza uno strumento che fornisca delle informazioni più attendibili sui nuovi infetti da HIV, possibilmente attraverso dei metodi semplici di diagnosi sierologica. DIAGNOSI SIEROLOGICA DI INFEZIONE DA HIV I test per soli anticorpi alla fase solida erano sostanzialmente gli stessi dei test precedenti (epitopi immunodominanti delle regioni gag ed env), ma la rilevazione della reattività anticorpale avveniva mediante l impiego di antigeni similari, coniugati con enzimi o con molecole successivamente bersaglio di azione enzimatica. Si veniva quindi a formare un "sandwich" immunologico antigene-anticorpo-antigene che, oltre a garantire una migliore specificità, per diminuita interferenza, consentiva anche la rilevazione della risposta immunitaria precoce (immunoglobuline IgM e IgA), con una riduzione media della fase "finestra" in sieroconversione di due-tre settimane rispetto ai test indiretti per le sole IgG. Sempre negli anni 90 si è avuta la caratterizzazione, da isolati camerunensi, di un sottotipo di HIV-1 la cui sequenza era estremamente divergente dagli altri sottotipi noti, sia a livello dell envelope, env, che del core, gag (HIV-1 sottotipo O, da outlier). La segnalazione di alcuni casi di negatività per anti-hiv pur in presenza di infezione accertata (positività per HIV-RNA, Western blot con reattività specifiche, anche se spesso inconclusivo), ha portato le autorità sanitarie americane ed europee a imporre, per la maggior parte dei kit diagnostici, delle modifiche consistenti nell incorporazione di sequenze env specifiche del sottotipo O, in modo da garantire un adeguata sensibilità per la rilevazione anche di questi rari casi. I primi test per la rilevazione di anticorpi anti-hiv vedevano l impiego di tecniche di immunofluorescenza, non certo adatte per lo "screening" di popolazione, oltre che relativamente poco specifiche. A partire dal mese di marzo 1985 è stato disponibile il primo test immunoenzimatico per la rilevazione di anticorpi anti-hiv (Abbott HTLV-III EIA), che prevedeva la "cattura" degli anticorpi specifici mediante l impiego di una fase solida rivestita da lisato virale purificato. Questo e gli altri test di prima generazione sono stati presto superati, in Europa, dai test di seconda generazione, in cui venivano impiegati antigeni ricombinanti e/o peptidi sintetici al fine di esprimere soprattutto le regioni maggiormente immunogene eliminando le interferenze dovute alle proteine dell ospite e consentendo quindi di incrementare sia la specificità del dosaggio, per minori interferenze, che la sensibilità. Poco più tardi, alla determinazione degli anticorpi anti-hiv-1 è stata associata, negli stessi test di "screening", la determinazione di anti-hiv- 2, sempre mediante antigeni ricombinanti e/o peptidi sintetici, generalmente delle regioni env. Una svolta fondamentale nella diagnosi sierologica si è avuta a metà degli anni 90 con l adozione dei test immunoenzimatici di "terza generazione". In questi immunodosaggi gli antigeni legati I test combinati per anticorpi e antigene L ulteriore affinamento dei test sierologici, alla fine degli anni 90, è stato rappresentato dalla ideazione e commercializzazione dei test combinati per anticorpi e antigene p24 4, 5. Quest ultimo, prodotto dal gene virale gag, è rilevabile in circolo, in forma non complessata, per alcuni giorni nelle fasi precoci di sieroconversione, generalmente prima della comparsa degli anticorpi specifici. Una analisi dettagliata delle dinamiche di comparsa dei diversi marcatori virali e degli anticorpi specifici, effettuata analizzando alcune decine di pannelli commerciali di sieroconversione ottenuti da donatori mercenari di plasma americani 3, ha permesso di Figura 4 Sensibilità per HIV-1 Ag p24 e rilevazione precoce; alla comparsa della p24 in circolo ci sono circa copie di HIV-RNA/mL, il raddoppio avviene in circa 20,5 ore LigandAssay 10 (1)

4 stabilire quali sianno le potenziali riduzioni della "fase finestra" iniziale mediante la ricerca, rispettivamente, dello RNA virale e dell antigene p24. La prima fase (positività per il solo HIV-RNA) dura in media 5 giorni, e al momento in cui è identificabile l antigene p24 in circolo sono già presenti circa copie di HIV-RNA (Fig. 4); in seguito, i sensibili test di terza generazione possono iniziare a rilevare unarisposta anticorpale dopo altri 5-6 giorni. Da ciò si evince come la ricerca associata di antigene p24 e di anticorpi anti-hiv sia in grado di ridurre potenzialmente di alcuni giorni la finestra di sieroconversione. I primi test combinati per antigene e anticorpi HIV avevano però una sensibilità relativamente scarsa per l antigene ( pg/ml), a volte associata ad una diminuita sensibilità per anticorpi, tale da poter creare in alcuni casi una "seconda finestra" sierologica nei casi in cui la concentrazione di antigene diminuiva e il titolo anticorpale non era ancora rilevabile. Con queste premesse, i test combinati non avrebbero potuto offrire dei reali vantaggi non solo rispetto all uso congiunto dei test di terza generazione per anticorpi e dei test per solo antigene, ma addirittura rispetto ai test di terza generazione per soli anticorpi, in ragione del rischio potenziale della sopra descritta "seconda finestra". La situazione è radicalmente cambiata negli ultimi anni: i più recenti test di "quarta generazione" sono stati formulati in modo da garantire una sensibilità ottimale sia per l antigene p24 che per gli anticorpi anti-hiv. Per il primo, l utilizzo di "cocktail" di anticorpi monoclonali per la cattura e la rilevazione ha portato i limiti di sensibilità di questi test a meno di 20 pg/ml in unità francesi (corrispondenti a circa 6 pg/ml in unità americane), il che garantisce una efficace chiusura della "fase finestra" (Fig. 4). Le reattività anticorpali dominanti nelle fasi precoci e tardive di infezione sono quelle dirette contro la proteina maggiore di transmembrana (gp41 per HIV-1 e gp36 per HIV-2), e per l identificazione di queste reattività vengono impiegati antigeni ricombinanti complessi che garantiscano un adeguata rappresentazione conformazionale soprattutto della regione immunodominante I. L ottenimento di una sensibilità ottimale, soprattutto nelle fasi precoci di infezione 6-8, deve però essere accompagnato da una specificità non inferiore a quella dei test di "terza generazione", consentendo così di non incrementare i costi, diretti e indiretti, legati alle indagini supplementari ed al "counseling" nei casi di reattività ai test di primo livello 8. Dato il peculiare formato dei test di quarta generazione, per le indagini supplementari sui campioni ripetutamente reattivi è necessario procedere anzitutto ad un test di conferma per anticorpi (WB). In caso di esito negativo, si potrebbe procedere all esecuzione di un test per solo antigene p24, con successivo test di neutralizzazione sui campioni reattivi, ovvero direttamente ad un test di amplificazione genica per HIV-RNA. Un altro fattore di cui tener conto per i test di screening è la variabilità genetica di HIV che, come per tutti i virus a RNA, è piuttosto marcata; ai 9 sottotipi principali di HIV-1, indicati con le lettere da A a J, si associano le forme ricombinanti circolanti (CRF), costituite da "mosaici" dei genotipi principali: a tutt oggi ne sono state caratterizzate quindici, ma il numero è senz altro destinato ad aumentare. L estrema variabilità genetica di HIV potrebbe comportare il rischio di una mancata identificazione con i test di screening di genotipi estremamente divergenti, come avvenne in parte con il sottotipo O, dato che i test sono approntati prendendo come modello le sequenze codificanti del genotipo B, che per molti anni è stato predominante nei paesi occidentali. Questo rischio potenziale viene tenuto sotto controllo sia mediante revisioni periodiche dei test di screening già in commercio con pannelli selezionati, sia attraverso un processo rigoroso di validazione dei nuovi dosaggi, per i quali le specifiche tecniche comuni previste per il rilascio del marchio CE prevedono l analisi di diverse centinaia di campioni ottenuti da pazienti con infezione da HIV-1 causata dai diversi sottotipi, incluso il sottotipo O, o da pazienti con infezione da HIV-2. Ovviamente, questa efficienza omogenea su diversi isolati virali viene verificata e garantita, oltre che per la reattività anticorpale, anche per la Tabella 1 Architect HIV Ag/Ab Combo: sensibilità per p24 su pannello WRAIR (Walter Reed Army Institute of Research), costituito da 32 serie di sottotipi differenti (A, B, C, D, CRF, F e gruppo O) per un totale di 128 campioni (4 diluizioni per pannello) 22 LigandAssay 10 (1) 2005

5 identificazione dell antigene (Tab.1). In conclusione l utilizzo dei test combinati per HIV Ag e Ab è di beneficio sia per il laboratorio, che ha la possibilità di garantire una diagnosi rapida con un unico test senza compromettere la specificità del risultato, che per i pazienti, ai quali può garantire una diagnosi più precoce di infezione e quindi un adozione tempestiva delle misure profilattiche e terapeutiche del caso. A questo proposito, alcuni autori scandinavi 9 hanno recentemente documentato una anticipazione diagnostica in sei casi di infezione acuta grazie all adozione del test combinato in luogo del test normale (Tab. 2): uno dei casi identificati precocemente ha potuto essere sottoposto subito alla terapia antiretrovirale, che ha dato un esito favorevole. IL TEST SIEROLOGICO DI AVIDITÀ ANTICORPALE ANTI-HIV I sistemi di sorveglianza dell infezione da HIV presenti in alcune nostre regioni e provincie potrebbero fornire dati di incidenza, ma questi sistemi segnalano i soggetti che risultano anti-hiv positivi per la prima volta, che possono quindi rappresentare vecchie infezioni non note in precedenza. Le indagini di laboratorio finora disponibili per la diagnosi e il monitoraggio dell infezione da HIV (ricerca di anticorpi con test di screening e di conferma, antigene p24, HIV-RNA, conta dei linfociti CD4) non si sono rivelate accurate nell individuare chi, fra i nuovi infetti, fosse anche un sieroconvertito recente. Alcuni studi internazionali hanno analizzato la possibilità di identificare le persone che hanno sieroconvertito recentemente per l HIV attraverso un test da effettuare su un semplice campione di siero; in particolare, negli Stati Uniti è stato studiato ed applicato il detuned test o STARHS (Serologic Testing Algorithm for Recent HIV Seroconversion), che tuttavia presenta molti limiti Una "datazione" dell infezione, utile sia per scopi epidemiologici (sorveglianza di infezione, incidenza) che clinici è teoricamente possibile, come per altre patologie infettive, con metodiche atte a valutare l avidità anticorpale, in base al principio ormai assodato del progressivo incremento della medesima nei mesi successivi all infezione primaria e della persistenza di un avidità anticorpale elevata nelle infezioni croniche 13. Il nostro gruppo di lavoro, con la collaborazione di esperti nel settore diagnostico e immunologico, ha messo a punto un test su siero che, valutando l avidità degli anticorpi anti-hiv, identifica le infezioni recenti (<6 mesi dall infezione) con apprezzabili risultati di sensibilità e specificità. Il test viene effettuato solamente su sieri che siano risultati HIV-positivi confermati. Ogni campione di siero viene suddiviso in due aliquote: una viene pre-trattata diluendo il siero 1:10 con guanidina cloridrato 1M, che è un agente denaturante, mentre l altra aliquota di siero viene diluita 1:10 in tampone. Nei soggetti con infezione recente, che presentano principalmente anticorpi a bassa avidità, l intensità del segnale emesso dall aliquota trattata con guanidina risulterà inferiore rispetto all aliquota non trattata a) n.e. = non evidenziabile Tabella 2 Identificazione precoce dell infezione acuta da HIV con un test combinato per HIVAg p24 e anticorpi anti-hiv1/2 in otto pazienti, di cui sei negativi al test per soli anticorpi e due con debole reattività non confermata mediante immunoblot (da rif. 9). In tutti i casi era rilevabile nel primo campione la presenza di HIV-RNA e/o di antigene p24 e i dati di follow-up hanno confermato la presenza di un infezione da HIV. LigandAssay 10 (1)

6 poiché tale agente rompe i legami deboli che si creano tra anticorpi a bassa avidità ed antigene. Il rapporto tra il segnale dell aliquota con la guanidina e quello dell aliquota con il tampone viene espresso come "indice di avidità" (AI), il cui valore aumenta con l aumentare del tempo dalla sieroconversione 14, 15. Il test viene eseguito in automatico utilizzando il sistema AxSYM (Abbott Divisione Diagnostici, Roma). È stato eseguito preliminarmente uno studio di precisione su repliche multiple di campioni e controlli che ha mostrato un coefficiente di variabilità totale dell AI inferiore al 10%, confermando la precisione, la robustezza e la riproducibilità del test. Successivamente, abbiamo analizzato 319 sieri provenienti da 113 soggetti HIV positivi di cui era nota la data di sieroconversione. In Tabella 3 sono riportati i valori medi dell AI rilevati entro 6 mesi dalla sieroconversione e dopo 6 mesi dalla sieroconversione. L AI mostra dei valori significativamente più bassi nei primi 6 mesi dopo la sieroconversione che permettono di discriminare i soggetti infettatisi recentemente. La Figura 5 mostra l andamento dell AI in rapporto al momento della sieroconversione, indicato con il punto zero sull asse delle ascisse: è evidente come ci sia un aumento rapido dell avidità anticorpale nei primi mesi dopo la sieroconversione, per poi giungere ad una stabilizzazione dell AI attorno ad un anno dalla sieroconversione. La sensibilità e la specificità del test nell identificare i soggetti con infezione recente (intesi come quei soggetti che hanno sieroconvertito nei 6 mesi precedenti al prelievo analizzato) variano a seconda della soglia di AI che si stabilisce. Un valore di AI inferiore o uguale a 0,60 presenta Tabella 3 Indice di avidità (AI) su 319 sieri HIV-positivi con data di sieroconversione nota, per tempo dalla sieroconversione Mesi dalla sieroconversione n. campioni AI m ± ds CL al 95% < ,52 ± 0,20 0,41-0,63 > ,99 ± 0,08 0,95-1,03 una sensibilità del 65,8% ed una specificità del 100%; viceversa un AI inferiore o uguale a 0,80 presenta una sensibilità del 92,8% ed una specificità del 98%. Del tutto recentemente il procedimento per la determinazione dell indice di avidità anticorpale è stato valutato anche con il test combinato per la rilevazione simultanea di antigene p24 e di anticorpi anti-hiv1/2, sempre su sistema AxSYM; anche con questo sistema la riproducibilita dell AI è risultata elevata (CV totale medio del 7% su repliche multiple di 10 campioni), e in una valutazione in parallelo con il test AxSYM per soli anticorpi i risultati ottenuti su 154 campioni di "routine" anti-hiv positivi sono stati del tutto analoghi 16. Il test di avidità anticorpale presenta numerosi vantaggi, in particolare: -permette di discriminare le infezioni recenti da quelle vecchie sulla base di un unico campione di siero che può essere anche congelato; -fornisce un risultato quantitativo e non qualitativo (positivo/negativo) che consente di scegliere diverse soglie, e quindi diversi livelli di sensibilità e specificità, a seconda degli obiettivi da raggiungere; -è preciso e riproducibile, come dimostrato dallo studio di precisione effettuato; -si basa su un test di screening con alta sensibilità sia per HIV-1 (incluso il sottotipo O) che per HIV-2; -è poco costoso: i costi vivi sono relativi a due test di screening ed alla guanidina; -è semplice da eseguire ed il fatto che venga effettuato in automatizione garantisce la riproducibilità dei risultati riducendo la probabilità di errori da manipolazione manuale; -il metodo è standardizzato e non prevede alcuna modifica del protocollo del test anti-hiv che viene utilizzato, ma soltanto una prediluizione delle aliquote da testare; pertanto non necessita di alcuna approvazione da parte di enti regolatori nazionali o sovranazionali; -non necessita di calibratori interni, e può essere applicato da qualsiasi laboratorio che utilizzi il test di terza generazione AxSYM HIV1/2gO, usato routinariamente da un gran numero di laboratori a livello nazionale e internazionale per Giorni dalle sieroconversione Figura 5 Andamento dell indice di avidità anti-hiv dalla sieroconversione (319 sieri di soggetti con data di sieroconversione) 24 LigandAssay 10 (1) 2005

7 la ricerca degli anticorpi anti-hiv. L AI vede una sua immediata applicazione epidemiologica nell ambito della sorveglianza HIV poiché permette di fare stime di incidenza attendibili dell infezione da HIV attraverso i dati rilevati dai sistemi di sorveglianza. Inoltre, fornisce le informazioni necessarie per elaborare stime sul numero totale degli infetti e per fare proiezioni dell andamento futuro dell epidemia. L analisi delle caratteristiche epidemiologiche dei soggetti con un basso AI, cioè con un infezione recente, consente altresì di determinare quali sono i sottogruppi attualmente a maggior rischio di infezione nel nostro paese, sui quali focalizzare interventi di informazione e prevenzione. Non ultimo, l AI rappresenta uno strumento prezioso in vista della vaccinazione anti-hiv in quanto fornirà le indicazioni essenziali per individuare i sottogruppi di popolazione che beneficerebbero maggiormente di un vaccino preventivo. BIBLIOGRAFIA 1. (Autori non indicati) Time from HIV-1 seroconversion to AIDS and death before widespread use of highly-active antiretroviral therapy: a collaborative re-analysis. Collaborative Group on AIDS Incubation and HIV Survival including the CASCADE EU Concerted Action on SeroConversion to AIDS and Death in Europe. Lancet 2000, 355: Suligoi B., Pavoni N., Borghi V., et al. Epidemiologia dell infezione da HIV in Italia. Epid Prev 2003, 27: Fiebig EW, Wright DJ, Rawal BD, et al. Dynamics of HIV viremia and antibody seroconversion in plasma donors: implications for diagnosis and staging of primary HIV infection. AIDS 2003; 17: Guertler L, Muhlbacher A, Michl U, et al. Reduction of the diagnostic window with a new combined p24 antigen and human immunodeficiency virus antibody-screening assay. J Virol Methods 1988, 75: Weber B, Muhlbacher A, Michl U, et al. Multicentre evaluation of a new rapid automated human immunodeficiency virus antigen detection assay. J Virol Methods 1999, 78: Ly TD, Martin L, Daghfal D, et al. Seven Human Immunodeficiency Virus (HIV) Antigen-Antibody Combination Assays: Evaluation of HIV Seroconversion Sensitivity and Subtype Detection. J Clin Microbiol 2001, 39: Weber B. Fourth generation human immunodeficiency virus (HIV) screening assays with an improved sensitivity for p24 antigen close the second diagnostic window in primary HIV infection. J Clin Virol 2002, 25: Sickinger E, Stieler M, Kaufman B, et al. Multicentre evaluation of a New Automated Enzyme-Linked Immunoassay for detection of Human Immunodeficiency Virus-Specific Antibodies and Antigen. J Clin Microbiol 2004, 42: Andersson S, Asjo B, Jenum PA, et al. Relevance of a combined HIV antigen/ antibody assay to detect early HIV infections in a low prevalence population: case reports. Clin Lab 2004; 50: Janssen RS, Satten GA, Stramer SL, et al. New testing strategy to detect early HIV-1 infection for use in incidence estimates and for clinical and prevention purposes. JAMA 1998; 280: Schwarcz S, Kellogg T, McFarland W, et al. Differences in the temporal trends of HIV seroincidence and seroprevalence among sexually transmitted disease clinic patients, : application of the serologic testing algorithm for recent HIV seroconversion. Am J Epidemiol 2001;153: Kothe D, Byers RH, Caudill SP, et al. Performance characteristics of a new less sensitive HIV-1 enzyme immunoassay for use in estimating HIV seroincidence. J Acquir Immune Defic Syndr Aug 15;33(5): Eisen HN, Siskind GW. Variations in affinities of antibodies during the immune response. Biochemistry 1964, 7: Suligoi B, Galli C, Massi M, et al. The precision and accuracy of a procedure for detecting recent HIV infections, calculating the antibody avidity index using an automated immunoassay. J Clin Microbiol 2002, 40: Suligoi B, Massi M, Galli C, et al. Identifying recent HIV infections using the avidity index and an automated enzyme immunoassay. J Acq Immun Def Synd 2003, 32: Galli C, Bossi V. Valutazione dell indice di avidità anti-hiv con due dosaggi automatizzati. 2 Congresso Nazionale SIVIM; Roma, maggio 2005, poster n. 54 Per corrispondenza: Dott. Claudio Galli Manager, Medical Marketing Abbott Divisione Diagnostici Tel: Fax: claudio.galli@abbott.com LigandAssay 10 (1)

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