Di seguito riprendiamo quindi la sistematica delle 17 domande da voi allestite, e prenderemo per ognuna di esse una specifica posizione.

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1 TREUHAND SUISSE, Postfach 8520, 3001 Bern Bundesamt für Justiz Eidg. Amt für das Handelsregister EHRA Bundesrain 20 CH-3003 Bern Zentralsekretariat Monbijoustrasse 20 Postfach Bern Tel Fax Via: Bern, Vernehmlassungsantwort Finanzdienstleistungsgesetz (FIDLEG) Sehr geehrte Damen und Herren TREUHAND SUISSE dankt Ihnen für die Möglichkeit, zu dem Finanzdienstleistungsgesetz Stellung zu nehmen. Gerne unterbreiten wir Ihnen im Folgenden unsere Position. Da unser Verband ein gesamtschweizerischer Dachverband ist, erlauben wir uns, unsere Stellungnahme auf Italienisch einzureichen. Indirizzi Legge sui servizi finanziari (LSF) Già sin d ora esprimiamo il nostro interesse a presentare pure compiute osservazioni qualora tale iniziativa del Dipartimento Federale delle Finanze (DFF) dovesse portare alla concreta presentazione in un avamprogetto legislativo. Di seguito riprendiamo quindi la sistematica delle 17 domande da voi allestite, e prenderemo per ognuna di esse una specifica posizione. Quesito n. 1: Prima di entrare nel dettaglio delle risposte ad ogni singolo ulteriore quesito, è necessario già indicare in risposta al primo quesito che la nostra associazione non ritiene necessario rafforzare la protezione degli investitori così come concretamente ipotizzato, tramite l adozione sia di una nuova specifica Legge, sia di specifiche norme materiali che tale legge dovrebbe contenere. Nelle spiegazioni fornite dal DFF non si evince peraltro una chiara e completa indicazione delle ragioni per le quali oggettivamente si imporrebbe una tale iniziativa. FIDUCIARI SUISSE è l associazione numero 1 dei consulenti alle PMI svizzere. Conta circa 2'000 membri in tutta la Svizzera. I membri affiliati all associazione impiegano oltre 10'000 collaboratori. FIDUCIARI SUISSE si occupa annualmente della formazione di oltre 2'300 persone. Nella cura degli interessi dei propri membri, si propone come entità rappresentativa della categoria nell ambito delle professioni liberali (USPL). L associazione si impegna a favore della creazione di condizioni quadro economiche e politiche ottimali, affinché vi siano le basi per uno sviluppo favorevole delle imprese. I membri di FIDUCIARI SUISSE seguono oltre 350'000 clienti PMI.

2 Se da una parte viene indicato in modo generico il miglioramento della protezione degli investitori, non si ravvede comunque alcuna ragione palesatasi nella prassi su particolari esigenze a riguardo. I casi più eclatanti dei recenti anni (Madoff, LehmanBrothers, per citare alcuni casi d eccezione), rimangono per l appunto chiare eccezioni in un mercato di prestazioni di servizi finanziari ritenuto più che soddisfacente dagli investitori. Comunque non esistono degli indizi che provino chiaramente il contrario. In altre parole, non si ravvedono, né comunque sono stati indicati dal DFF, le ragioni intrinseche al mercato finanziario svizzero, che dovrebbero portare ad un rafforzamento della protezione degli investitori, già alta sia in funzione delle norme civilistiche svizzere, sia dei già vigenti standards minimi sulla gestione patrimoniale della FINMA, ed in funzione dell alta qualità dei prestatori di servizi finanziari svizzeri, da sempre e ancora attualmente apprezzati dalla clientela, svizzera come internazionale. La vera ragione che spinge il DFF a ipotizzare una tale normativa, la si evince del resto dal documento stesso datato 18 febbraio 2013, dove al punto 1.1 si indica chiaramente che si tratta, per il DFF, di riprendere la normativa vigente all interno dell Unione Europea. Queste, in realtà, e scremate da ogni altra considerazione non supportata da alcuna esigenza oggettiva, sono le reali intenzioni del DFF. Intenzioni di certo legittime, ma per nulla condivisibili e soprattutto non da camuffarsi con altre supposte, quanto inesistenti esigenze intrinseche del mercato svizzero volte alla necessità di aumentare la protezione degli investitori. Nella misura in cui tale Legge è finalizzata unicamente a riprendere gli standards sviluppatisi all interno dell Unione Europea in merito alla prestazione di servizi finanziari, tale Legge non va adottata se non in concomitanza con concreti sforzi a livello europeo volti a garantire effettivamente l accesso degli intermediari nei mercati europei, ma ciò in misura globale e paritetica. Non si tratta di standards cui la Svizzera ha partecipato alla definizione, e in ambito europeo vigono le regole di libera prestazione di servizi finanziari, cui la Svizzera comunque non accederebbe. Sbaglia quindi il DFF ad indicare, sempre nello scritto 18 febbraio 2013, che con l adozione di una Legge sui servizi finanziari, i prestatori di servizi finanziari svizzeri, continueranno ad avere accesso ai mercati finanziari internazionali. Non è così se riferito al mercato finanziario dell Unione Europea, dove l adozione di un eventuale legge sui servizi finanziari svizzeri, non cambierebbe nulla al riguardo, ed anzi porrebbe i prestatori di servizi finanziari svizzeri in una situazione di doversi adattare a norme legali non sviluppate in Svizzera, con costi ed oneri aggiuntivi, senza nessun reale bisogno proveniente dal mercato dei servizi finanziari svizzeri, e senza avere alcuna contropartita paragonabile alle possibilità invece di prestatori di servizi finanziari di qualsiasi entità all interno dell Unione Europea. Questo peraltro rappresenta un paradosso, visto che una della ragioni che indica il DFF per l adozione di questa Legge sarebbe il mantenimento del cosiddetto level playing field, ancorché riferito a prestatori di servizi nazionali. Da questo punto di vista il DFF sbaglia il bersaglio, nella misura in cui il level playing field dovrebbe essere assicurato tra prestatori di servizi finanziari svizzeri ed esteri, e non tra i soli prestatori di servizi svizzeri, oltretutto comparando, a torto, l esigenza di regolamentazione di prestatori di servizi finanziari quali banche, commercianti di valori mobiliari ed assicurazioni, e gestori patrimoniali indipendenti, con compiti ed esigenze di controllo prudenziali completamente differenti. Ragioni per le quali la nostra associazione si oppone fermamente all adozione di una Legge in astratto dall evoluzione dell accesso effettivo al mercato europeo e, in ogni caso, di una Legge che preveda un obbligo di autorizzazione generalizzato per prestatori di servizi finanziari indipendenti, mentre andrebbe privilegiato invece in ogni caso un meccanismo facoltativo. 2

3 A scanso di equivoci, si indica pertanto che le seguenti osservazioni non possono essere considerate un riconoscimento sul principio che occorra una Legge sui servizi finanziari. Quesito n. 2: La nostra associazione considera sbagliato riprendere l identico contenuto delle regole applicabili all interno dell Unione Europea, peraltro funzionali alla partecipazione al mercato finanziario dell Unione Europea, e che prevedono in particolare l automatico riconoscimento delle autorizzazioni nazionali e relativo passaporto europeo sia per l apertura di succursali sia per la prestazione di servizi transfrontalieri da parte di prestatori di servizi finanziari domiciliati nell Unione senza la garanzia di un accesso al mercato europeo. Nella misura in cui l unica oggettiva motivazione data dal DFF consiste nel doversi adattare agli standards europei per migliorare l accesso a tali mercati, è infatti ovvio che l identica ripresa di queste norme non possa che presupporre l accesso ai mercati finanziari europei da parte dei prestatori di servizi finanziari svizzeri, circostanza ora non data. Concettualmente la ripresa degli interi standards vigenti nell Unione Europea dovrebbe avvenire in funzione dell intero accesso a tale mercato per prestatori di servizi finanziari domiciliati in Svizzera. Sin tanto che tale condizione non è realizzata, non è nell interesse del mantenimento del level playing field l adozione dell intero corpo normativo europeo in materia, concepito proprio per un mutuo riconoscimento, però negato ora alla Svizzera. Al massimo si può procedere ad una ripresa parziale, e solo dove oggettivamente utile a permettere a prestatori di servizi finanziari svizzeri di concretamente accedere a mercati di paesi terzi e segnatamente dell Unione Europea. In particolare si ritiene che non può essere previsto un obbligo di autorizzazione generale ed indifferenziato di gestori patrimoniali indipendenti. La nostra associazione potrebbe invece ipotizzare un regime di autorizzazione su base facoltativa, ove una sorveglianza prudenziale fosse richiesta in paesi terzi per potere svolgere in tali paesi attività professionali finanziarie tramite l apertura di una succursale, od in libera prestazione di servizi. Questo, precisamente in analogia con quanto prevedeva l art. 13 cpv. 4 della Licol, prima della recente revisione, per gestori di fondi esteri. Quesito n. 3: Per quanto attiene alla segmentazione della clientela, la stessa dovrebbe avvenire con gli stessi criteri ora previsti dalla Licol in vigore dal 1 marzo Lo stesso DFF esprime del resto l auspicio che la legislazione svizzera sotto questo profilo sia uniforme per tutti i prodotti finanziari. Gli investitori qualificati, intesi quali privati facoltosi, sono definiti all art. 10 cpv. 3bis Licol e 6 Oicol, con relativa possibilità di opting in, rispettivamente di opting out per clientela (non necessariamente facoltosa ma gestita, vedi art. 10 cpv. 3ter Licol). Gli stessi criteri dovrebbero quindi valere in ambito della legge ipotizzata, ed in questo senso quanto ipotizzato dal DFF non è chiaro e non è soprattutto armonico: ad esempio si attribuirebbero ai concetti di opting in e opting out significati diversi rispetto a quanto previsto dalla Licol in merito alla distribuzione di investimenti collettivi di capitale. Le Camere federali hanno indicato nel mese di settembre 2012 il grado di protezione che reputavano appropriato per la clientela nell ambito, in particolare, della distribuzione di investimenti collettivi di capitale. Si ritiene quindi che questa volontà del legislatore debba essere ripresa, in analoghe modalità, in un eventuale nuova legge. 3

4 Peraltro questa dovrebbe chiarire che gestori patrimoniali indipendenti, a prescindere se saranno tutti assoggettati a sorveglianza prudenziale o meno, devono comunque essere considerati investitori qualificati, ritenuto che essi fanno della attività di consulenza e gestione patrimoniale la loro professione. Questo rispecchierebbe comunque la previgente prassi FINMA (cfr. Circolare FINMA 2008/8 Appello al pubblico, marginale 12). Quesito n. 4: Gli indirizzi prevedono, per quanto attiene alla vigilanza delle norme di comportamento proposte dalla LSF, una variante di assoggettamento e vigilanza da parte di uno o più nuovi organismi di autodisciplina ed una variante di assoggettamento da parte della FINMA. Alcuni elementi che depongono a favore, rispettivamente a sfavore, dell una e dell altra variante sono indicati nel rapporto stesso del DFF. In particolare, la variante di assoggettamento alla FINMA comporterebbe oneri di regolamentazione più alti, il che, secondo quanto indicato dal DFE, potrebbe addirittura indurre alcuni gestori più piccoli ad uscire dal mercato. D altra parte, la vigilanza da parte di un organismo di autodisciplina non consentirebbe di adempiere i parametri posti dal diritto europeo che richiedono invece che le imprese di investimento siano sottoposte ad una vigilanza esercitata da autorità pubbliche; con la conseguenza che l accesso al mercato europeo sarebbe di riflesso seriamente compromesso per i fornitori di servizi finanziari svizzeri. L esistenza, riconosciuta dal DFF, di vantaggi e svantaggi in entrambe le varianti induce, in ossequio peraltro ad un principio di libertà economica, a ritenere preferibile un meccanismo facoltativo, che consenta all intermediario finanziario di decidere per un assoggettamento alla FINMA, oppure per un affiliazione a un organismo di autodisciplina. Coerentemente con l approccio flessibile e facoltativo di assoggettamento al regime delle norme di comportamento LSF auspicato dalla presente presa di posizione (vedi risposta al quesito n. 1). Una terza opzione deve egualmente restare aperta per i gestori patrimoniali, l opzione, cioè, di non assoggettarsi né alla FINMA e nemmeno a un organismo di autodisciplina. Quanto ad ulteriori possibili varianti non appare auspicabile il meccanismo di una vigilanza dei gestori patrimoniali direttamente da parte delle banche. Appare infatti un fattore di possibile confusione delegare ad attori egualmente presenti nell ambito della gestione patrimoniale compiti di vigilanza su altri attori presenti nello stesso mercato pur non esercitando un attività bancaria quali i gestori indipendenti. Da tale confusione potrebbero discendere delle situazioni di potenziale conflitto di interesse. In merito agli organismi di autodisciplina, gli indirizzi si riferiscono a nuovi organismi di autodisciplina che si farebbe carico dell autorizzazione dei gestori patrimoniali indipendenti nonché della vigilanza sulle norme di comportamento LSF. Secondo la nostra associazione, gli organismi di autodisciplina esistenti ai quali è attualmente delegata la vigilanza nell ambito della lotta contro il riciclaggio di denaro potrebbero farsi carico egualmente dei compiti di autorizzazione e vigilanza che verrebbero introdotti dalla LSF. In altre parole, non occorre che vengano creati dei nuovi organismi di autodisciplina, ma i nuovi compiti che verrebbero eventualmente introdotti dalla LSF possono essere delegati agli organismi di autodisciplina esistenti. Quesito n. 5: La nostra associazione non si oppone alla proposta di sopprimere l obbligo di autorizzazione per i distributori di investimenti collettivi di capitale e a quelli di registrazione per gli intermediari assicurativi. 4

5 Quesito n. 6: Il regime facoltativo previsto dal sistema vigente, secondo il quale l intermediario finanziario può scegliere tra l affiliazione a un organismo di diligenza, rispettivamente ad un assoggettamento diretto alla FINMA in materia di prevenzione del riciclaggio del denaro può essere mantenuto, e non si intravvede la necessità di sopprimere la possibilità per gli intermediari finanziari di sottoporsi direttamente alla FINMA. Un tale passo limiterebbe invece la libera scelta attualmente garantita in favore dei gestori indipendenti. Quesiti no. 7, 8 e 9: La nostra associazione non si oppone di principio ad un obbligo di allestimento di documentazione inerente specifici prodotti, laddove desidera però che vengano tenuti fermi i punti seguenti: 1) Occorre prevedere, come peraltro già indicato anche dal DFF, una serie di limiti quantitativi ben precisi, e segnatamente appare particolarmente importante quello della cerchia ristretta di persone, laddove il limite proposto di 150 clienti/sottoscrittori può essere considerato sufficientemente ampio per non far ricadere ogni emissione di nuovo capitale di entità giuridiche domiciliate in Svizzera come soggette agli obblighi ipotizzati; 2) Non si ritiene giustificato un eventuale obbligo per un gestore patrimoniale indipendente di mettere a disposizione della propria clientela gestita, nell ambito di un mandato di gestione patrimoniale discrezionale, prospetti relativi ad ogni singolo prodotto di volta in volta collocato nel portafoglio della clientela gestita, e conforme al mandato di gestione. La clientela gestita dovrebbe essere considerata, analogamente a quanto previsto con la recente revisione della Licol, clientela qualificata (art. 10 cpv. 3ter Licol); 3) Non si ritiene giustificata l inversione dell onere della prova in presenza di informazioni non corrette nella documentazione inerente i prodotti finanziari, in caso di contestazione su di un piano civilistico. Il gestore patrimoniale indipendente potrebbe essere confrontato a richieste di indennizzo basate su imprecisioni eventualmente ascrivibili a terzi, e segnatamente agli emittenti del prodotto finanziario poi collocato dal gestore patrimoniale nel portafoglio del cliente gestito. Senza contare che l inversione dell onere della prova non può essere visto come una sorta di sanzione in caso di negligenza o dolo nell allestimento della documentazione, oltretutto se quest ultima, come ipotizzato dal DFF dovrebbe essere controllata da un Autorità. La ripartizione dell onere della prova deve continuare a basarsi sul piano civilistico solo sul principio generale in base al quale chi asserisce fatti, in base ai quali egli deduce diritti a suo favore, deve egli stesso a portarne la prova (art. 8 Codice Civile Svizzero). Un inversione dell onere della prova, oltretutto come affermerebbe il DFF indipendentemente dalla questione a sapere se l investitore abbia scelto o meno un determinato investimento sulla base degli eventuali documenti lacunosi, appare chiaramente in contrasto con le norme che informano la procedura civile ed il codice civile svizzero. In ogni modo le motivazioni addotte dal DFF, non sono manifestamente sufficienti per introdurre soluzioni che stravolgono le norme sull onere della prova del diritto svizzero. Quesito no. 10: In quanto tali, i criteri proposti per l adeguatezza e l idoneità delle strategie di investimento adottate dal prestatore di servizi finanziari appaiono condivisibili. In particolare, appare corretto che il gestore patrimoniale abbia a ponderare gli investimenti in funzione del grado di conoscenza del suo cliente (criterio dell adeguatezza) e della sua propensione al rischio nonché la diversificazione del portafoglio (criterio dell idoneità). Opportuno è pure che la 5

6 verifica dell adeguatezza e delle idoneità non debba essere svolta in operazioni di pura esecuzione di ordini (cosiddetta Execution only ), almeno laddove si tratti di prodotti finanziari semplici. Ciò detto, si ritiene che tali criteri discendano direttamente dai doveri generali di diligenza e fedeltà previsti dal rapporto di mandato esistente tra prestatore di servizio e cliente, e debbano essere, caso per caso, concretizzati dalla giurisprudenza, alla luce anche delle best practices vigenti, mentre non appare necessaria una codificazione nel diritto positivo; a meno che una simile codificazione sia propedeutica a facilitare l accesso dei prestatori di servizi finanziari a mercati esteri (vedi risposta ai quesiti n. 1 e n. 2). Inoltre, si osserva che già secondo la prassi attuale le strategie di investimento sono definite dai gestori patrimoniali, indipendenti o non, in funzione della tipologia del cliente. Tipicamente, il gestore definisce in termini generali un profilo di rischio del cliente, dal quale si concretizzano in maniera concreta gli indirizzi nella definizione del suo portafoglio, la ripartizione delle classi di investimento (liquidità, mercato obbligazionario, azioni, eventuale utilizzo di strumenti di investimento alternativo quali fondi hedge o di private equity, ecc.) e il margine possibile di diversificazione valutaria rispetto alla valuta di riferimento del cliente. L introduzione di criteri nella sostanza per buona parte analoghi a quelli attuali, ma non del tutto collimanti da un profilo concettuale, rischia di forzare prestatori di servizi finanziari e clienti dall abbandonare prassi consolidate di gestione del portafoglio senza valide ragioni di sostanza. Quesito no. 11: Gli obblighi di rendiconto del mandatario/prestatore di servizi finanziari nei confronti del mandante/cliente sono definiti in maniera chiara nel Codice delle obbligazioni, sono concretizzati in un ampia prassi sviluppata dalla giurisprudenza e dalle best practices in materia, e non si vede la necessità di una ulteriore codificazione nel diritto positivo dell obbligo di pubblicazione della documentazione. In particolare, se è assodato il principio secondo cui il cliente deve poter chiedere in ogni momento che il fornitore dei servizi finanziari gli consegni la documentazione che ha elaborato in relazione al suo mandato, appare errato pretendere che la rendicontazione avvenga con una frequenza stabilita per legge, che, ad esempio, imponga, così come suggerito dal DFF, ai fornitori di servizi finanziari di predisporre ai loro clienti almeno annualmente una panoramica dei titoli in custodia. E ben vero che l esistenza di un rapporto di comunicazione tra mandante e cliente è non solo positivo, ma è anche funzionale al costante aggiornamento del profilo di rischio del cliente nonché della gestione del suo portafoglio. Tuttavia, non possono essere indicate regole fisse relative al rapporto gestore e cliente: la frequenza dei contatti dipenderà dalla situazione concreta del cliente, dall importanza del portafoglio amministrato dal prestatore di servizi rispetto al suo patrimonio complessivo, dalla tipologia degli investimenti, ecc. La nostra associazione ritiene quindi superflua, e potenzialmente controproducente, un esposizione dettagliata delle modalità di concretizzazione dell obbligo di pubblicazione della documentazione. Quesiti no. 12 e 13: L obiettivo secondo cui gli operatori finanziari dispongano di conoscenze specialistiche e siano aggiornati anche in materia di norme di comportamento, così come l istituzione, in quest ottica, di un affiliazione degli stessi operatori ad un registro accessibile al pubblico, appaiono di per sé condivisibili. Si esprimono tuttavia le seguenti precisazioni. 6

7 - La classificazione suggerita dal rapporto del DFF, p. 20, secondo cui il contatto con la clientela avverrebbe tramite un consulente alla clientela, il quale, a sua volta, sarebbe in contatto con dei gestori (nella terminologia del rapporto dei fornitori di servizi finanziari ), corrisponde alle modalità di funzionamento di molti istituti finanziari, vi sono tuttavia istituti (banche, gestori patrimoniali indipendenti) in cui le figure di consulente alla clientela e gestore si sovrappongono o coincidono. In proposito, in ossequio al principio della libertà economia, dovrà essere preservata la libera organizzazione di impresa. Inoltre, appare importante ben calibrare i soggetti (persone fisiche) toccati dai requisiti in materia di formazione e di iscrizione a un registro. Dovrebbe trattarsi, in particolare, delle persone fisiche che rivestono un ruolo di responsabilità nei rapporti con la clientela. - Con riferimento al requisito formulato dal DFF per i consulenti alla clientela di sostenere un esame obbligatorio, va certamente previsto un regime transitorio che tuteli, alla stregua di un fatto acquisito, la posizione di operatori finanziari che già esercitano un attività soggetta al conseguimento di un esame obbligatorio, rispettivamente di iscrizione in un registro accessibile al pubblico. Occorre infatti presumere che tali operatori, purché abbiano maturato una certa esperienza per un analoga attività in Svizzera, già dispongano di sufficienti conoscenze specialistiche e di una sufficiente dimestichezza con le norme di comportamento vigenti in Svizzera. Alla stessa stregua, il conseguimento di un esame obbligatorio potrà essere ritenuto superfluo per i candidati che abbiano conseguito una formazione ritenuta sufficiente in ambito economico o finanziario, e che abbiano, in seno alla stessa, potuto sviluppare una certa famigliarità con le norme di comportamento previste dal diritto svizzero. Per contro, in un ottica che non si vuole protezionistica, ma a tutela della clientela e della buona reputazione della piazza finanziaria svizzera, l introduzione di un esame obbligatorio appare una misura opportuna nei confronti di operatori provenienti dall estero, fatta salva l esistenza nei loro paesi di provenienza di una perfetta reciprocità per gli operatori svizzeri. - Quanto agli enti cui sarebbe concretamente delegata la tenuta di un registro, è auspicabile l istituzione di un regime che consenta ai diversi intermediari finanziari (in particolare banche e gestori patrimoniali indipendenti) di scegliere, in funzione delle loro esigenze, tra un iscrizione dei propri collaboratori presso un registro della FINMA o presso organismi di autodisciplina già esistenti, di cui sarebbe esteso il raggio di azione. Quesito no. 14: La nostra associazione si oppone alla proposta di inversione dell onere della prova per quanto riguarda l osservanza delle norme di comportamento. Nelle controversie di diritto civile, come già ricordato, l onere della prova è disciplinato dall art. 8 del Codice civile. La giurisprudenza ha sviluppato in proposito una prassi estremamente articolata. In particolare, il principio della buonafede esige che, in ragione della difficoltà di provare fatti negativi (quali segnatamente un allegazione di una eventuale parte attrice nei confronti di un intermediario finanziario secondo cui quest ultimo non avrebbe rispettato determinate norme di comportamento), la controparte, nel caso concreto l intermediario finanziario, sia chiamata a contribuire a chiarire la situazione di fatto. Nell apprezzamento probatorio, il giudice civile tiene inoltre conto delle conoscenze delle diverse parti, ciò che può condurre, in determinate circostanze, a criteri di interpretazione di determinati elementi probatori a favore del cliente. Già oggi, nella prassi del processo civile, il cliente è quindi pienamente tutelato, con riferimento all apprezzamento dei fatti, in controversie nei confronti di intermediari finanziari. 7

8 Non si vede quindi la necessità di introdurre un inversione generalizzata dell onere della prova in un diritto positivo speciale, che diverrebbe una fonte di confusione e di incertezza giuridica rispetto ai principi elaborati dalla giurisprudenza con riferimento all art. 8 CC. Inoltre, appare del tutto ingiustificato prevedere una norma specifica per il rapporto intermediario finanziario/cliente, e non invece per altri rapporti contrattuali, ad esempio medico/paziente, avvocato/cliente, ecc.. Quesito no. 15: L introduzione di un regime processuale speciale per le controversie intermediario finanziario/cliente appaiono, tanto nella variante uno che nella variante due, del tutto ingiustificate. Il nuovo Codice di procedura civile svizzero unificato è entrato in vigore il 1 gennaio 2011 ha disciplinato, in particolare, l istituto della conciliazione obbligatoria. Il tema delle difficoltà e dei costi insiti nel processo civile è una questione generale, che va affrontata, in termini generali, nell ambito delle regole relative al Codice di diritto processuale civile. Non vi è ragione per inserire delle norme specifiche per il rapporto cliente/intermediario finanziario, e non invece, ad esempio per quelli medico/paziente, o avvocato/cliente. Del tutto iniqua appare l agevolazione economica prevista tanto dalla variante uno che dalla variante due. Non sempre, nelle controversie giudiziarie cliente/intermediario finanziario, peraltro, quest ultimo può essere qualificato quale parte economicamente forte, e il cliente quale parte debole: non infrequenti risultano infatti essere nella prassi controversie tra clienti economicamente estremamente forti e gestori indipendenti più deboli. In astratto, la soluzione bonale di controversie nell ambito della gestione patrimoniale, così come in qualsiasi altra materia, anche per mezzo della mediazione, appare di per sé auspicabile. Totalmente avversato è invece lo stravolgimento mediante disposizioni specifiche, che verrebbero introdotte tanto secondo la variante uno che secondo la variante due, delle norme previste dal Codice di diritto processuale civile svizzero. Quesito no. 16: Si ritiene assolutamente giustificato l assoggettamento di prestatori di servizi finanziari stranieri che intendessero svolgere attività transfrontaliere in Svizzera agli stessi obblighi cui dovrebbero soggiacere prestatori di servizi finanziari svizzeri. Tali obblighi potranno poi essere relativizzati o aboliti a dipendenza di accordi specifici che la Svizzera potrà o meno sottoscrivere a livello internazionale ai sensi dei quali anche i prestatori di servizio domiciliati in Svizzera potranno accedere liberamente e senza vincoli di sorta ai singoli mercati esteri. In altre parole, anche ma non solo - per poter in seguito garantire il principio della reciprocità nell ambito di accordi internazionali con singoli Paesi o con l Unione Europea, è necessario prevedere in diritto svizzero che tutti i prestatori di servizi finanziari, sia domiciliati in Svizzera, sia domiciliati all estero ma che effettuino prestazioni su territorio svizzero e con effetti su territorio svizzero, siano assoggettati alle stesse regole. Peraltro questo rappresenta un ovvio presupposto per garantire quel level playing field, alla base delle motivazioni del DFF per l introduzione delle Legge sui servizi finanziari. L imposizione degli stessi standards qualitativi svizzeri in ambito di prestazione di servizi finanziari riferiti a gestori patrimoniali indipendenti esteri, è necessaria a tutela degli investitori serviti in Svizzera, e rispecchia peraltro quanto già previsto in ambito bancario, assicurativo e di gestione di fondi d investimento. 8

9 Quesito n. 17: Al riguardo occorre tener presente che nell ambito della Mifid II, in corso di revisione, si ipotizza che servizi transfrontalieri da parte di società non domiciliate o senza succursale nell Unione Europea, potrebbero essere possibili unicamente nei confronti di clientela professionale, ovvero in sostanza clientela che già soggiace a sorveglianza prudenziale. In quest ambito quindi, se davvero si vuole mantenere un level playing field almeno con i diretti concorrenti residenti all interno dell Unione Europea, nonché mantenere la possibilità per la Svizzera di in seguito rinunciare ad esigenze autorizzative per rapporto a società residenti all estero sulla base del principio di reciprocità, occorre prevedere l esigenza che prestatori di servizio finanziari esteri che intendano prestare servizi con effetto sul mercato svizzero, devono perlomeno aprire una succursale e che la stessa, nonché le persone ivi impiegate, soggiacciano agli stessi identici requisiti legali previsti per prestatori di servizi finanziari domiciliati in Svizzera, oltre che a prelievi tributari e sociali. Questa soluzione, rispecchia pienamente le ipotesi in corso di modifica della Mifid (Mifid 2), e quindi il proprio recepimento a livello svizzero dovrebbe essere concettualmente in linea con le motivazioni addotte dallo stesso DFF per l introduzione di una legge sui servizi finanziari in linea con le normative europee di riferimento. Conclusione Vi ringraziamo per l opportunità d aver potuto esprimere una nostra presa di posizione sui principi che dovrebbero informare l ipotizzata Legge sui servizi finanziari. Al riguardo ci permettiamo di ricordare quanto rilevato in ingresso, ossia che quanto su esposto non può essere considerato un riconoscimento dell opportunità di una tale Legge, che rimane per la nostra associazione non giustificata, ed al riguardo invitiamo il DFF ad accantonare tale progetto, almeno fintanto che lo stesso non rappresenterà, nel futuro, un concreto adeguamento all altrettanto concreta avvenuta concessione ai prestatori di servizi finanziari residenti in Svizzera, di un accesso libero ai mercati finanziari dell Unione Europea. Un eventuale Legge sui servizi finanziari deve essere la conseguenza di una tale circostanza, e non già un esercizio a sé stante. Vogliate gradire, egregi signori, i sensi della nostra massima stima. FIDUCIARI SUISSE Ramona Brotschi Vicedirettrice Angelo Colombini, MTLaw Istituto Imposte 9

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