UNIVERSITA DEGLI STUDI DI SIENA
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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI SIENA FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN TECNICHE DELLA PREVENZIONE NELL AMBIENTE E NEI LUOGHI DI LAVORO Ocratossina A: una micotossina presente nel vino Indagine nel prodotto pistoiese Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Simonetta Sancasciani Tesi di laurea di: Fabio Rastelli Anno Accademico 2006/2007
2 A mia madre Dedicato a due persone speciali. mia moglie Alessandra e mia figlia Misia Un grazie sincero a Marco per l aiuto tecnico datomi II
3 Indice 1 Premessa Introduzione Cenni storici Quadro generale Problematiche sanitarie Aflatossine Zearalenoni Ocratossine Fumonisine Patulina Normativa Quadro Normativo Internazionale Normative Comunitarie Normative Nazionali Normative Regionali Micotossine e vino Produzione vitivinicola dimensione del comparto produttivo Superficie vitivinicola mondiale Produzione globale di uva Produzione mondiale di vino Consumo globale di vino L Ocratossina A: una micotossina presente nel vino I principali produttori di OTA Tossicità per l uomo I fattori di sviluppo dei miceti ocratossinogeni Clima Latitudine Distanza dal mare e altitudine III
4 Grado di maturazione dell uva ed epoca di vendemmia Macro e micro lesioni degli acini Pratiche agronomiche Modifica del tenore di OTA nel vino Contenuto di OTA nei prodotti di trasformazione dell uva: distribuzione geografica e problematiche commerciali Modalità di gestione del rischio OTA nel vino Interventi al momento del conferimento in cantina Azioni enologiche durante la fermentazione Esposizione del consumatore al rischio OTA Differenza fra presenza e rischio di produzione Materiali e Metodi Contesto Normativo Finalità dell indagine Campionamento Rappresentatività del campione destinato alla ricerca di micotossine Precedenti lavori dell Istituto superiore di sanità (ISS) Rappresentatività del campione della matrice vino Modalità operative Analisi Risultati Commento e Conclusioni Allegati Check list di sopralluogo Verbale di prelevamento campioni Verbale di omogeneizzazione campioni Bibliografia Sitografia IV
5 Indice delle Figure Figura 2-1 Peter Brugel I mendicanti Figura 2-2 Aflatossina B Figura 2-3 Aflatossina B1, 8-9 Epossido Figura 2-4 Ocratossina A Figura 2-5 Colonia di Penicillum Expasun su substrato nutritivo Figura 2-6 Allegato Reg. CE n. 123/2005 del 26 gennaio Figura 3-1 Ascospore di Aspergillus Carbonarius Figura 3-2 Sviluppo di Aspergillus Carbonarius in scatola Petri Figura 3-3 Acini colonizzati con Penicillium Expansum Figura 3-4 Aspergillus Carbonarius su acino d uva Figura 3-5 I tenori in Ocratossina A dei vini hanno tendenza ad aumentare con l avanzare della maturità delle uve Figura 3-6 Le spore di Penicillium possono essere trasportate nelle scaglie dell epidermide della tignola ( a sinistra testa di una larva tignola, a destra dettaglio dell epidermide) Figura 3-7 Danni da marciumi secondari su grappolo Figura 3-8 Tenori medi di OTA in vini ottenuti da uve con diverso stato sanitario e raccolte a diversi stadi di maturazione Figura 3-9 Curva dell evoluzione dell Ocratossina A nelle uve, nel mosto e nei vini durante lavinificazione e lo stoccaggio Figura 3-10 Le regioni mediterranee sono le più esposte al rischio Ocratossina A, nonostante una certa variabilità Figura 3-11 La selezione delle uve effettuata in cantina ha permesso una riduzione del 98% nel contenuto in Ocratossina A del vino finale Figura 4-1 Le zone oggetto della ricerca (in evidenza) Figura 4-2 Cromatogramma dell Ocratossina A in matrice di vino Figura 5-1 Risultati analisi dei campioni Figura 5-2 Risultati medi dei campioni analizzati in relazione alla zona di produzione V
6 Figura 5-3 Verifica Autocontrollo Indice delle Tabelle Tabella 3-1 Superficie coltivate a vite (in ha) Tabella 3-2 Produzione mondiale di uva (in qx) Tabella 3-3 Produzione mondiale di vino (in hl) Tabella 3-4 I principali paesi produttori di vino (in migliaia di hl) Tabella 3-5 Consumo mondiale di vino (in hl) Tabella 3-6 Correlazione fra uve contaminate e vini Tabella 4-1 Numero campioni effettuati Tabella 4-2 Allegato H tabella1 del Reg CE 401/ Tabella 5-1 Risultati dei campioni analizzati Tabella 5-2 Risultati check-list di sopralluogo VI
7 1 Premessa Amare il vino significa non solo conoscere la sua composizione e la metologia di produzione ma vuole anche dire apprezzare la sua storia le sue origini in un contesto a trecentosessanta gradi. In questo contesto mi sono immerso attraverso corsi di enologia,di sommelier e passione filatelica (troverete copia di francobolli a tema dividere ogni capitolo di questo lavoro). E stato durante il Corso di Enologia che mi sono imbattuto per la rima volta nel killer invisibile :le micotossine. La contaminazione degli alimenti con micotossine ha condizionato e condiziona la storia e l economia dei popoli in misura maggiore di quanto si possa pensare. Gli studi scientifici compiuti hanno portato ad una forte presa di coscienza della problematica da parte delle industrie che producono alimenti per l uomo e per gli animali. Oggi vengono condotte ricerche mirate all analisi del rischio e si tende sempre più spesso ad agire su tutta la filiera alimentare. La parte legislativa ha seguito di pari passo l evolversi delle conoscenze scientifiche e la Comunità Europea ha contribuito ad una buona opera di prevenzione tramite norme specifiche sui limiti di contaminazione, le metodiche di campionamento e di analisi per la maggior parte delle micotossine presenti negli alimenti per l uomo e gli animali. 1
8 2 Introduzione La finalità di questo lavoro è quella di fornire informazioni, ottenute con metodiche scientificamente corrette, sul rischio sanitario rappresentato dalle micotossine nel vino. I controlli da eseguire per soddisfare un adeguato livello di garanzia per il consumatore sono essenzialmente di due tipi: uno impostato sulla messa in atto, da parte del produttore, di un adeguato sistema di controllo basato sull evidenziazione dei punti critici di contaminazione (HACCP), l altro da parte dell Autorità Sanitaria che deve valutare con spirito critico quanto descritto dal produttore nel manuale HACCP ed eventualmente richiedere correzioni ed implementazioni delle azioni ivi contenute ed infine deve procedere a campionamenti programmati per verificare con dati oggettivi che il sistema produttivo funzioni. L obiettivo della presente tesi vuole essere quello di attivare una fase di controllo attraverso la quale verificare presso le attività produttive il rispetto degli indirizzi legislativi correlati, (il Reg.CE 123/05 del 26/01/05 ha fissato il limite di Ocratossina A presente nei mosti, nei succhi d uva e nei vini a 2 µg/kg equivalenti a 2ppb rendendoli obbligatori con la vendemmia 2005 ) e la corrispondenza delle indicazioni contenute nella risoluzione viti-oeno 1/2005 (codice di buone pratiche vitivinicole per limitare al massimo la presenza di Ocratossina A nei prodotti derivati della vite); fatte proprie dal nostro Paese con il D.M.16 Maggio Per il perseguimento di tale obiettivo si è reso necessario elaborare appositi strumenti operativi e nello specifico verbali di prelevamento e check-list di sopralluogo. Successivamente dalla fase di ricognizione delle attività presenti nel territorio di riferimento, sono state selezionate tutte quelle che hanno almeno vendita al dettaglio. 2
9 Le attività selezionate sono state oggetto di ispezione per la verifica dei requisiti strutturali, gestionali e di autocontrollo; contestualmente sono state individuate le matrici alimentari da campionare. Il campionamento è quello previsto dal Reg. CE 401/06 con relative analisi. Si passa quindi ad una descrizione dei sopralluoghi espletati e delle criticità emerse nel corso degli stessi; analoga spiegazione viene effettuata per i campionamenti evidenziando quali sono le matrici più facilmente critiche sulla base dei referti analitici forniti dal laboratorio accreditato che si è occupato dell analisi dei campioni. La fase finale prevede la raccolta dei dati e la loro elaborazione necessaria alla determinazione delle relative conclusioni. 3
10 2.1 Cenni storici La conquista della terra da parte della specie umana è stato un processo che è avvenuto lentamente e nel corso dei millenni ha visto l uomo progressivamente arricchire la propria esperienza biologica attraverso la conquista di nuovi e sempre più vasti areali e ambienti tra loro molto diversi. L uomo ha imparato ad utilizzare nuovi alimenti e a manipolarli con l impiego di nuove tecnologie, la più importante delle quali è stata certamente l uso del fuoco. L uomo di Pechino anni fa utilizzava questo importante elemento per difendersi, riscaldarsi e forse per cuocere i cibi. La padronanza di questa tecnica ha garantito una indiscussa superiorità nei riguardi delle altre specie animali. Un momento di grande rilievo in questa fase evolutiva è stato certamente quello dell avvento delle prime forme di agricoltura nel Neolitico, anni fa, che consentì di assicurare maggiori disponibilità alimentari. Il passaggio da una fase nella quale le risorse alimentari derivavano dalla raccolta di frutti, radici, molluschi, insetti o dalla caccia, magari già realizzata in modo selettivo per assicurare il mantenimento delle disponibilità venatorie, al pascolo di greggi di erbivori, alla coltivazione dei terreni, ha rappresentato un modo per assicurare migliori disponibilità alimentari e ha determinato una rilevante rivoluzione alimentare, con l introduzione dei cereali. La coltivazione avveniva nei terreni disboscati prevalentemente con il fuoco. La popolazione poté cosi rapidamente aumentare e diventare stanziale, soprattutto nelle zone ove si svilupparono sistemi agricoli che si basavano su una fertilità rinnovabile dei terreni. L esempio più rilevante è rappresentato dall Egitto ove le periodiche inondazioni del Nilo assicuravano una adeguata fertilizzazione. Anche questo sistema produttivo, che pur rappresentava una importante evoluzione, rispetto alla fase di raccolta e alla pastorizia, non era esente da problemi, costituiti soprattutto dalla variabilità climatica, che 4
11 condizionava la qualità e l abbondanza dei raccolti. In questo ambito potrebbero essere inquadrate le piaghe descritte nell Antico Testamento (Esodo 7, 14-13,16) e che afflissero gli egiziani, si stima fra il a.c. (acqua mutata in sangue, invasione di rane, zanzare, mosche velenose, pestilenza fra il bestiame, pustole/piaghe, grandine, locuste, tenebre, morte dei primogeniti degli Egiziani). Probabilmente alcune potrebbero essere in relazione con i cereali contaminati da micotossine, che potrebbero aver provocato malattie o per azione diretta a seguito di ingestione di alimenti contaminati, o per inalazione. Il fatto che gli ebrei fossero immuni dalle piaghe che colpivano gli egiziani, potrebbe essere spiegato con le abitudini di questo popolo, dedito soprattutto alla pastorizia, che aveva ovviamente un regime alimentare diverso da quello tipico degli agricoltori egiziani, i quali conservavano i cereali in primitivi granai-sili. Il problema delle micotossine non è quindi un problema nuovo e forse ha condizionato la storia e la salute dei popoli più di quanto normalmente si pensi. Nell autunno del 1943, nella regione di Limoges in Francia, migliaia di persone vennero colpite da una strana malattia caratterizzata da convulsioni, dolori lancinanti alle estremità e lesioni cutanee vaste, accompagnate da febbre alta e senso di bruciore insopportabile; in pochi giorni si poteva manifestare la cancrena e la morte. In casi meno gravi, il decorso si svolgeva in modo sub-acuto ma con sofferenze ed esiti più o meno analoghi, attribuibili all azione vasocostrittrice dell ergotamina, il più importante principio attivo presente negli sclerozi della segale cornuta. Proprio a causa del senso di bruciore insopportabile, la malattia venne chiamata in Francia mal des ardents e Fuoco di S. Antonio o Ignis Sacer in Italia. L ergotismo epidemico assurse a tale importanza nel medioevo e nei secoli successivi, da essere compreso fra le pestilenze, sospettato di 5
12 essere una malattia infettiva trasmissibile e diffusiva. Peraltro l infezione e la diffusibilità esistevano, ma non avvenivano direttamente attraverso l uomo, bensì attraverso la contaminazione dei cereali; l uomo ne subiva la conseguenza tossica per via alimentare, consumando pane di segale e prodotti derivati contaminati dal fungo. Per soccorrere l ingente numero dei colpiti sorse l Ordine degli Antoniani del Delfinato. S. Antonio fu considerato il Patrono protettore; da ciò la denominazione fuoco di S. Antonio. L Ordine degli Antoniani si diffuse ben presto in molte nazioni, dove furono fondati ospedali dedicati al Santo protettore; fra le mansioni di questo Ordine vi era quella di praticare le amputazioni degli arti cancrenosi. Le porte degli ospedali e dei chiostri dell Ordine erano tinte di rosso, simbolo del fuoco, o recavano dipinte le fiamme. Gli arti amputati delle persone scampate alla morte venivano talora essiccati e conservati quasi come ex voto di chi riusciva a sopravvivere. Fra la fine del Medio Evo e l inizio del Rinascimento, più precisamente nel 1400, la popolazione vivente in Italia era molto ridotta. Vaste zone e interi villaggi erano praticamente disabitati, sul territorio vivevano circa sette milioni di persone (contro gli oltre 55 milioni di oggi). La popolazione era concentrata nei borghi e nelle poche città. L Europa Nord Occidentale non presentava certo una situazione migliore; nello stesso periodo la popolazione era stimata in 26,7 milioni di abitanti. Alla fine del Medio Evo la popolazione complessiva dell Europa Nord Occidentale e dell Italia si attestava su un valore di poco superiore ai 33 milioni di abitanti. Le epidemie erano un fatto ricorrente; fra il 1400 e il 1500 le cronache ne riportano ben 1790, accompagnate spesso da gravi carestie, anche se non sempre è chiaro il rapporto causa effetto fra carestia e il manifestarsi di una epidemia. 6
13 Le epidemie falcidiavano le popolazioni delle città e dei borghi e le popolazioni rurali, togliendo forze di lavoro alla coltivazione dei campi, con effetti drammatici sulle fragilissime economie e sulla disponibilità di alimenti. La denominazione fuoco di S. Antonio è anche attribuita all herpes zoster come testualmente è richiamato in una nota di Major (1959). La denominazione colloquiale comune alle due malattie deriva senza dubbio da una similitudine della sintomatologia principale, l intenso bruciore della zona del corpo interessata. Peraltro le differenze tra le due affezioni morbose restano sostanziali e consistono soprattutto nel fatto che l herpes zoster è malattia sporadica, non epidemica per riattivazione del virus latente varicella-zoster nelle radici dorsali dei gangli nervosi e si presenta con maggiore frequenza tra 60 e 70 anni. L andamento di varie epidemie, ad un analisi epidemiologica attenta, manifestava un comportamento definibile bizzarro. Matossian, nell intento di comprenderne le ragioni, ha analizzato il succedersi delle epidemie a partire dall Alto Medio Evo, in relazione con l alternarsi delle situazioni climatiche e ha tratto la convinzione di una possibile relazione più con la qualità dei cibi che con la quantità; tanto è vero che, in situazioni di abbondanza di cereali si riscontrava, a volte, una incidenza più frequente della peste, specie della peste bubbonica. Il fatto viene spiegato con la proliferazione di topi nei granai, quando i cereali venivano conservati più a lungo del solito e spesso venivano alterati da attacchi di insetti e di muffe. Nel Medio Evo le popolazioni erano fortemente dipendenti dai cereali. La segale era il cereale più utilizzato per la panificazione, soprattutto a nord delle Alpi, seguita dall orzo, dal frumento, dall avena, dal riso e da molti altri cereali minori oggi quasi scomparsi. Nei due anni precedenti la comparsa della grande pandemia che colpì l Europa fra il 1348 e il 1350, il clima era stato estremamente piovoso, 7
14 freddo, umido, i raccolti scarsi e di cattiva qualità. Inoltre, a causa delle poche giornate di sole, non sempre avevano potuto essere essiccati adeguatamente. La pandemia colpì non solo l uomo ma anche, e in modo evidente, i topi e si ebbe anche una elevata mortalità fra cavalli, bovini, pecore, capre, e altri animali domestici. Condizioni climatiche caratterizzate da elevata piovosità, alta umidità e temperature relativamente basse erano risultate estremamente favorevoli allo sviluppo di muffe responsabili della produzione di varie micotossine sui cereali in campo e in magazzino. I paesi a clima più secco e freddo nello stesso periodo (Islanda, il nord della Norvegia e della Svezia, la Finlandia,larghe aree della Russia o dei Balcani) furono colpiti dalla pandemia in ritardo, solo quando si verificarono condizioni di elevata piovosità. Nei territori a clima secco quindi la pandemia non si diffuse e non causò elevata mortalità, nonostante i commerci e gli spostamenti degli abitanti rendessero il contagio possibile. Matossian osserva che oltre al contagio altri fattori aggravanti od altre malattie erano probabilmente necessari per causare un elevata mortalità e conclude che Se queste premesse sono corrette, appare giustificato orientare l attenzione dall agente patogeno causale della peste al sistema immunitario di difesa degli uomini e dei topi. Significativo è il fatto che la situazione migliorò drasticamente all aumentare della percentuale di frumento nella dieta a scapito di altri cereali e soprattutto della segale. La quota del frumento utilizzato nell alimentazione è passata in certe zone dal 30% circa nel periodo a quasi l 80% nel periodo I medici inglesi avevano evidenziato, a metà del diciassettesimo secolo, una relazione fra la dieta a base di segale e una serie di disturbi nervosi anche gravi, con manifestazioni caratterizzate da convulsioni e allucinazioni, che facevano considerare le persone colpite indemoniate. A volte gli ammalati erano sottoposti a pratiche esorcistiche. In alcune 8
15 situazioni queste manifestazioni nervose portarono anche a processi con l accusa di stregoneria. I processi per stregoneria, fra la fine del 1550 e la prima metà del 1600, furono particolarmente concentrati nelle zone dove prevalente era il consumo di segale. La segale, in condizioni climatiche sfavorevoli, può essere facilmente contaminata dalla Claviceps purpurea i cui sclerozi contengono vari alcaloidi, alcuni dei quali ad effetto allucinogeno. Sono le aree a nord delle Alpi, caratterizzate in quel periodo da clima freddo e particolarmente umido, ove questi episodi raggiunsero una particolare intensità. L Irlanda, con una alimentazione a base di latticini e orzo, fu praticamente indenne, oltre che da situazioni epidemiche, anche dai processi per stregoneria. In Inghilterra, nello stesso periodo storico, si era verificata una situazione di basso aumento demografico ad andamento variabile condizionata dal modificarsi del rapporto fra il prezzo della segale e quello del frumento. La fertilità diminuiva quando il prezzo del frumento era elevato e aumentava il consumo di segale. La segale era il cereale base per la preparazione del pane, che anche le madri allattanti consumavano. Gli alcaloidi della segale cornuta, eliminati con il latte, determinavano una elevata mortalità dei neonati. Alcuni medici francesi avevano già preso coscienza di questa situazione tanto che, all inizio del 1600, consigliavano alle madri allattanti di consumare pane bianco per evitare che i loro bambini avessero spasmi. Un famoso quadro del pittore fiammingo Peter Brugel il Vecchio (ca ), I mendicanti, documenta i drammatici effetti dell ergotismo su alcune vittime, in Olanda. 9
16 Figura 2-1 Peter Brugel I mendicanti Anche la particolare situazione di panico che percorse la Francia nel 1789 e che si associò a manifestazioni di particolare ferocia in occasione della Rivoluzione Francese, sembra possa essere associabile al consumo di segale di cattiva qualità per le avverse condizioni climatiche di quel periodo. La scomparsa dell ergotismo come è stato già accennato fu dovuta alla scoperta della relazione intercorrente fra cereali parassitizzati dal fungo e comparsa della malattia. Anche nei secoli successivi, la situazione di malnutrizione legata ad alimenti di cattiva qualità (attaccati da insetti o contaminati da muffe) era estremamente diffusa e le manifestazioni di tipo carenziale, (pellagra in zone ad alimentazione prevalente di mais per carenza di vitamina PP, 10
17 dermatiti, diarrea, disturbi mentali, morte) si sovrapponevano e si confondevano con gli effetti degli alimenti contaminati da micotossine (ulcerazioni in gola e manifestazioni emorragiche, depressione del sistema immunitario, soppressione linfociti B, neutrofili e linfociti T) Ne derivava una maggiore suscettibilità a malattie infettive di origine microbica o virale. La situazione era particolarmente grave in Russia alla fine dell 800. Nel 1897 la mortalità infantile era di 260 su 1000 nati contro i 156/1000 in Italia e Inghilterra. La situazione migliorò leggermente solo negli anni precedenti la 1ª guerra mondiale, per la diffusione del consumo della patata in sostituzione dei cereali. Nello stesso tempo si ebbe anche una diminuzione della mortalità da ergotismo, che era associato all aleuchia tossico alimentare (ATA). Il Governo russo era consapevole delle cause alimentari che erano all origine di questi fatti; ma la prevenzione veniva realizzata solo per i militari, ai quali venivano destinati i cereali di migliore qualità. Nel 1943 il Ministero della Salute dell Unione Sovietica descrisse l ATA indotta da fusariotossina T-2. In tutti i cereali risultarono substrati più o meno contaminati o contaminabili, ma non la patata. Pertanto le micotossine, anche se identificate e studiate solo recentemente, hanno causato problemi all uomo e agli animali sin dall antichità. 11
18 2.2 Quadro generale Problematiche sanitarie Le micotossine rappresentano un gruppo eterogeneo di sostanze chimiche, per lo più a basso peso molecolare, prodotte dal metabolismo secondario dei miceti e tossiche per l animale e per l uomo. In conseguenza della loro azione lesiva sulle funzioni cellulari, alcune esplicano azione nefrotossica (ocratossine), epatotossica (aflatossine), immunotossica (aflatossine, ocratossine), mutagena (aflatossine), teratogena (ocratossine) e cancerogena (aflatossine, ocratossine, fumonisine). Sono molto resistenti al calore e non vengono completamente distrutte dalle normali operazioni di cottura, né dai diversi trattamenti a cui vengono normalmente sottoposte le derrate durante i processi di preparazione degli alimenti. Pertanto, le stesse micotossine o loro derivati ancora attivi possono persistere dopo la morte del micete ed essere presenti anche quando il prodotto stesso non appare ammuffito. La loro possibile presenza in molti alimenti costituisce oggi un motivo di crescente preoccupazione per la salute dei consumatori. La loro contaminazione è influenzata ampiamente dalle condizioni climatiche e geografiche, dalle pratiche di coltivazione e di conservazione, e dal tipo di substrato interessato, in quanto alcuni prodotti sono più suscettibili rispetto ad altri alla crescita fungina. Le micotossine si sviluppano sia sulle piante prima del raccolto (contaminazione da campo) che nelle derrate vegetali dopo il raccolto stesso, durante i processi di conservazione (in magazzini, silos, ecc.), trasformazione e trasporto. Gli alimenti più esposti alla contaminazione diretta sono soprattutto cereali (mais, frumento, riso, orzo, segale, ecc.), semi oleaginosi (arachidi, girasole, semi di cotone, ecc.), frutta secca ed essiccata, legumi, spezie, caffè e cacao. Particolare importanza la ricopre il vino essendo la seconda matrice più consumata dopo i cereali. Inoltre, le micotossine possono essere ritrovate come 12
19 residui o metaboliti tossici nei prodotti alimentari che derivano da animali alimentati con mangimi contaminati, costituendo un tipo di contaminazione indiretta (carry over) per l uomo di rilevanza considerevole a causa degli elevati livelli di micotossine potenzialmente presenti nei cereali destinati alla produzione di mangimi vegetali. L impatto delle micotossine sulla salute dipende dalla quantità di micotossina assunta con gli alimenti, dalla tossicità del composto, dal peso corporeo dell individuo, dalla presenza di altre micotossine e da fattori dietetici. Per stabilire un rapporto di causalità tra l ingestione di micotossine ed una specifica malattia umana devono essere soddisfatti alcuni criteri: presenza di micotossine negli alimenti; accertata esposizione alle micotossine; correlazione fra esposizione e incidenza di una determinata malattia; riproducibilità dei caratteristici sintomi negli animali da esperimento; simile modalità di azione nell uomo e nei modelli animali. Gli effetti provocati dalle micotossine sulla salute dell uomo e degli animali sono noti da tempo. Nel XIX secolo fu chiarita l associazione tra ingestione di segale contaminata da Claviceps purpurea e comparsa di ergotismo. Successivamente fu descritta una sintomatologia tossica dell uomo dovuta all ingestione di pane ottenuto con frumento infestato da Fusarium graminearium. Negli anni , diversi villaggi rurali della Russia furono colpiti dalla leucopenia tossica alimentare (Alimentary Toxic Aleukia, ATA) causata dal consumo di frumento e di miglio contaminati da Fusarium sporotrichiodes e F. poae. 13
20 Il duplice aspetto sanitario ed economico delle micotossine fu pienamente rilevato nella sua importanza solo a partire dal 1960, anno in cui in Inghilterra si ebbe la comparsa della malattia X del tacchino (turkey X disease) causata da una partita di farina di arachidi contaminata da una tossina prodotta da Aspergillus flavus, l aflatossina, che provocò la morte di numerosi tacchini, ma anche di anatroccoli, suini e bovini. I dati ottenuti da studi condotti su animali indicano che il consumo di alimenti contaminati da micotossine può produrre nell uomo un ampia varietà di quadri patologici sia acuti che cronici, di difficile diagnosi, che possono avere origine sin dai primi mesi di vita dei soggetti coinvolti. Attualmente, le micotossine note sono numerose, anche se, nella maggior parte dei casi si tratta di metaboliti fungini tossici studiati in laboratorio che hanno una scarsissima probabilità di essere ritrovati come contaminanti naturali. In effetti, solo alcune sono state finora trovate nelle derrate alimentari e di esse solo pochissime sono state inconfutabilmente associate a micotossicosi. Comunque, si ha ragione di ritenere che il numero di micotossine riscontrabili nei prodotti contaminati possa aumentare con il perfezionamento dei metodi di analisi chimica che già oggi per alcune micotossine consentono di stimare presenze dell ordine di parti per bilione (ppb = ng/g) e, in alcuni casi, di parti per trilione (ppt = ng/kg). Verranno qui prese in esame le micotossine più importanti coinvolte nei processi di cancerogenesi: aflatossine, zearalenone, ocratossine e fumonisine Aflatossine Le aflatossine, ritenute a ragione le micotossine per eccellenza, sono state oggetto delle ricerche più approfondite e ancora oggi destano le maggiori preoccupazioni in quanto contaminanti dell alimentazione di larga parte della popolazione mondiale che vive nelle fasce tropicali dove le 14
21 caratteristiche del clima e la pressocchè totale assenza di refrigerazione, facilitano la crescita delle muffe produttrici. Esse sono prodotte esclusivamente da alcuni ceppi di Aspergillus flavus e da quasi tutti i ceppi di Aspergillus parasiticus. Chimicamente sono dei derivati della cumarina e vengono denominate con le sigle B1, B2 (rispettivamente metossi-difuro-cumarone e metossi-difuro-cumarolattone), G1, G2 (loro diidroderivati), M1, M2 (metaboliti idrossilati rispettivamente di B1 e B2 che si riscontrano nel latte di lattifere alimentate con mangimi contaminati da aflatossine B1 e B2). Le lettere B e G corrispondono al tipo di fluorescenza che queste micotossine emettono se irradiate con luce ultravioletta di 360 nm (Blue o Green), mentre la lettera M è l iniziale del prodotto idrossilato che viene ritrovato nel latte (Milk = latte). Sono essenzialmente delle epatotossine dotate anche di attività cancerogena (classificate dall IARC come sicuramente cancerogene per l uomo, classe 1, nel 1993 ), mutagena e probabilmente teratogena. Tra esse la più potente è la B1 che per questo è stata oggetto di molte approfondite ricerche. Figura 2-2 Aflatossina B1 15
22 Figura 2-3 Aflatossina B1, 8-9 Epossido Essa è altamente tossica per somministrazione acuta in tutte le specie studiate, con una DL50 oscillante tra 0,5 mg/kg per l anatroccolo e 60 mg/kg per il topo; per l uomo la dose mortale di aflatossina B1 oscilla tra 0,6 e 10 parti per milione (ppm = mg/kg). Le aflatossine sono assorbite nel tratto gastrointestinale dove vengono o attivate metabolicamente o detossificate nella mucosa intestinale e nel fegato. La biotrasformazione della AFB1 varia molto da specie a specie ed è largamente influenzata da fattori endogeni ed esogeni. Tale biotrasformazione avviene attraverso processi di epossidazione, ossidrilazione, O-demetilazione, coniugazione e processi non enzimatici. In particolare, l AFB1 subisce un ossidazione, dipendente dal citocromo P- 450 che porta sia a vari metaboliti ossidrilati, sia all 8,9-epossido, elettrofilo instabile e altamente reattivo dal punto di vista biologico che forma addotti covalenti con DNA (soprattutto AFB-N7-guanina), RNA e proteine. Mentre la formazione di addotti con il DNA è responsabile dell attività cancerogena, la reazione tra l epossido e le proteine potrebbe essere responsabile della tossicità acuta di questa tossina. Nell uomo c è un ampia variazione interindividuale per quanto concerne l attivazione metabolica dell aflatossina B1 e in studi recenti sono stati 16
23 trovati addotti al DNA dell aflatossina B1 in campioni di placenta umana e cordone ombelicale in Taiwan, un area che presenta un alta incidenza di cancro epatico. Un importante meccanismo di detossificazione dell 8,9-epossido dell AFB1 è la formazione del suo derivato con il glutatione, mediata dall enzima glutatione S-transferasi; l attività di questo enzima varia molto nelle differenti specie animali e questo è attualmente ritenuto il motivo delle enormi differenze di suscettibilità a questa tossina da parte delle varie specie animali studiate. Infatti, l AFB1 è altamente epatocancerogena nel ratto, in misura meno apprezzabile in diverse altre specie, inclusi i primati non umani, mentre il topo adulto ne è completamente resistente in quanto produce quantità elevate di GSH S- transferasi che fornisce una via selettiva di detossificazione per l epossido reattivo. Elevate quantità fino 10 ppm, somministrati con la dieta, non producono cancro nel topo, mentre nel ratto sono sufficienti dosi di 0,015 ppm per produrre un aumento significativo di epatocarcinoma. Il topo diventa sensibile agli effetti dell aflatossina B1 se viene trattato con agenti che riducono i livelli tessutali di GSH; per contro il trattamento del ratto con agenti capaci di indurre la GSH S-transferasi, come l etossichina, l oltipraz (farmaco utilizzato negli anni 80 contro la schistosomiasi) e il fenobarbitale, protegge l animale dall azione tossica ed epatocarcinogena dell aflatossina. Studi di laboratorio sugli animali hanno dimostrato che la formazione degli addotti aflatossina-dna e il conseguente tumore al fegato possono essere inibiti dalla somministrazione dell oltipraz. In Cina è stato avviato un programma di prevenzione dell epatocarcinoma basato sulla vaccinazione contro l epatite da virus B e la somministrazione dell oltopraz. L enzima GSH S-transferasi è presente nella maggior parte dei tessuti e ha una più alta concentrazione nel fegato, nell intestino, nel 17
24 rene, nei testicoli, nel surrene e nei polmoni. Ha una localizzazione prevalentemente citoplasmatica (>95%) e solo in piccola misura è localizzato nel reticolo endoplasmatico. I suoi substrati hanno in comune le caratteristiche di essere molecole idrofobiche, di contenere un atomo elettrofilo e di essere in grado di reagire efficacemente con il GSH (tripeptide costituito da glicina, cisteina e acido glutammico). La coniugazione con il GSH è un processo di detossificazione importante, in quanto i substrati elettrofili che vengono neutralizzati per combinazione con esso sono specie tossiche capaci di legare molecole nucleofile come le proteine e gli acidi nucleici, causando così mutazioni e altri danni cellulari. È stato visto che le cellule epatiche umane in coltura esposte all azione dell aflatossina presentano un danno a carico del gene soppressore p53 e diversi studi sul cancro del fegato umano hanno dimostrato anche che il gene soppressore p53 è più frequentemente mutato in quelle aree dove maggiore è l esposizione all azione dell aflatossina. L AFB1 e i relativi derivati potrebbero essere responsabili di neoplasie epatiche e di epatiti tossiche riscontrate in varie parti dell Africa e dell estremo Oriente. Sia l etanolo sia l infezione da HBV potenziano l azione epatotossica e epatocarcinogena. A tal proposito c è da dire anche che l aflatossina acuta, accompagnata da infezione cronica HBV, sarebbe la leva che converte il danno al fegato dovuto all HBV in carcinoma epatocellulare (ciò è confermato da studi epidemiologici). Per quanto riguarda l etanolo, il meccanismo più probabile sembra essere l induzione del citocromo P450; il che porta a un aumentata produzione di metabolici reattivi. Altro enzima in grado di catalizzare la trasformazione dell AFB1 nell 8,9- epossido è la prostaglandina H-sintasi (PHS). Nel ratto l AFB può anche causare neoplasie delle papille renali. A tale livello il contenuto del citocromo P450 è estremamente basso, mentre vi sono quantità alquanto 18
25 elevate di PHS che si ritiene dunque possa avere un ruolo negli effetti nefrotumorigeni delle aflatossine. Per quanto riguarda l escrezione dell AFB1, una frazione della tossina viene eliminata attraverso il tratto intestinale, ma le principali vie di escrezione sono rappresentate da quella biliare (in forma di AFB1- glutatione) e urinaria (come aflatossina M1 e aflatossina B1-N7-guanina). Anche il latte è una via di escrezione dell AFB1 (come AFM1), costituendo in tal modo, (la causa della rilevante tossicità di questo metabolica) una potenziale fonte di assunzione per i giovani organismi durante la fase della lattazione. Le aflatossicosi possono manifestarsi sia come malattie acute con improvviso decesso dei soggetti più colpiti, sia come malattie croniche. Casi di aflatossicosi sono tuttora ricorrenti in allevamenti di specie aviarie, suini, bovini, conigli, cani, pesci e animali da pelliccia. Comunque, in considerazione delle concentrazioni di aflatossine che normalmente si ritrovano nei mangimi, appare evidente che le aflatossicosi sub-acute, anche se meno drammatiche che quelle acute, sono molto più diffuse e economicamente più importanti. I quadri clinici dipendono dall età dell animale, dal sesso, dallo stato di salute generale, dalla dose e dal tempo di esposizione alla micotossina. Gli animali più giovani sono sempre molto più colpiti rispetto agli adulti e i mammiferi poligastrici sono nell insieme più resistenti dei monogastrici (per l azione detossicante operata da batteri e protozoi). I segni dell intossicazione da aflotossina sono stati studiati sia dopo intossicazione naturale sia in esperimenti di laboratorio. L intossicazione acuta in genere si manifesta con grave apatia, perdita dell appetito, febbre più o meno elevata e morte dell animale in tempi varianti a seconda della sensibilità specifica. Generalmente, il fegato appare pallido, aumentato di volume con necrosi del parenchima. I reni possono presentare delle 19
26 lesioni da glomerulonefrite, mentre a livello polmonare si osservano fenomeni congestizi. I danni legati all intossicazione cronica sono di tutt altro ordine. I segni più visibili consistono in inappetenza, rallentamento della crescita accompagnato da perdita di peso; ma è il fegato che risente maggiormente dell attività tossica: esso risulta congestionato e presenta delle zone emorragiche e necrotiche e, quando l intossicazione è prolungata, si manifestano processi cancerogeni. I reni sono congestionati e occasionalmente si può osservare enterite emorragica. Inoltre, compaiono stato depressivo e disturbi nervosi, quali mancanza di coordinazione motoria, perdita di equilibrio e spasmi muscolari. Anche l impatto dell aflatossina sulla salute umana è tutt altro che trascurabile. In mancanza di dati tossicologici diretti, il rischio per l uomo viene attualmente valutato essenzialmente in maniera indiretta, a partire sia dalla tossicologia animale sia dall analisi statistica di dati epidemiologici relativi a popolazioni a rischio. Sono stati finora accertati almeno otto eventi epidemiologici di aflatossicosi acute dell uomo. In uno di essi, verificatosi nell India occidentale e associato al consumo di mais contaminato mediamente da 2 ppm di aflatossina B1 sono stati registrati 400 casi di epatite cronica di cui 100 con esito mortale. Inoltre, gli studi epidemiologici condotti sulle popolazioni a rischio dell Africa centromeridionale (Kenia, Monzambico) e della Tailandia hanno chiaramente indicato l esistenza di una correlazione positiva tra ingestione di aflatossine con la dieta e incidenza del cancro del fegato. Le aflatossine sono state trovate anche in preparati di biopsia di fegato di bambini sudanesi affetti da epatiti croniche, nonché nel latte materno di donne sudanesi. Il cancro primario del fegato è soprattutto una malattia delle popolazioni giovani delle regioni tropicali e subtropicali, mentre è relativamente raro in Europa e in America del Nord. Casi indiscussi di fibrosi epatica sono stati 20
27 constatati nell uomo dopo una assunzione prolungata di farine contaminate da A. flavus. In Italia il problema delle aflatossine è strettamente legato all importazione di alimenti contaminati provenienti dalle aree tropicali e subtropicali. Infatti, le condizioni ambientali e tecnologiche italiane non sono tali da far temere manifestazioni epidemiologiche di una qualche entità. Tra i prodotti importanti risultano particolarmente contaminati le arachidi, il mais e la manioca che, come è noto trovano larghissimo impiego nell alimentazione del bestiame. La probabilità di introdurre un prodotto contaminato è maggiore per quei paesi che notoriamente non esercitano un regolare controllo delle importazioni e verso i quali vengono indirizzate le partite più contaminate, magari già rifiutate da altri. La comunità europea è orientata a porre un limite di 4 ppb di aflatossine per gli alimenti umani, mentre per quanto concerne l alimentazione animale la concentrazione massima attualmente ammessa è di 50 ppb nei mangimi per vitelli, agnelli, pollame e suini. Per i bovini da latte il limite è di 10 ppb. I metodi più frequentemente utilizzati per l analisi delle aflatossine sono l HPLC, l ELISA e la TLC Zearalenoni Gli zearalenoni sono prodotti da diverse specie di Fusarium e in particolare da F. graminearum, F. gulmorum e F. equiseti. Dei diversi metaboliti prodotti in coltura, solo lo zearalenone e gli zearalenoli (isomeri alfa e beta) sono stati ritrovati negli alimenti di origine vegetale, come contaminanti naturali. Lo zearalenone è un lattone dell acido resorcilico non dotato di tossicità acuta che a basse concentrazioni manifesta attività anabolica e 21
28 uterotrofica, mentre a concentrazioni più alte determina attività di tipo estrogeno. Le specie animali più sensibili all azione della tossina sono quella bovina e, soprattutto, quella suina in cui provoca ipofertilità già a partire da concentrazioni di zearalenone nella razione alimentare di 10 ppb e segni di iperestrogenismo (tumefazioni e arrossamento della vulva, iperplasia della ghiandola mammaria, estro prolungato) a concentrazioni non inferiori a 1-5 ppm. Si possono osservare, inoltre, vaginiti, ridotta assunzione degli alimenti, ridotta produzione di latte, blocco dell ovulazione e aborti e, persino, ninfomanie (a dosi più elevate). Dati recenti indicherebbero un attività cancerogena dello zearalenone (aumento nel topo di tumori ipofisari e epatici), nonché un suo passaggio nel latte. I prodotti più soggetti alla colonizzazione di specie tossigene di Fusarium e all accumulo di zearalenone sono essenzialmente i cereali e, in paricolare, il mais, il frumento, il sorgo, l orzo e l avena. In Italia la tossina si trova con relativa frequenza sia nel mais di produzione nazionale sia in quello importato (ex Iugoslavia, Argentina, USA) Ocratossine Le ocratossine sono un gruppo di metaboliti strutturalmente simili, prodotti da funghi del genere Aspergillus e Penicillium, in particolare da A. ochraceus e da P. viridicatum. Quelle attualmente conosciute sono l ocratossina A (OA) e la B (OB) e delle due quella più tossica è la A la cui DL50 per l anatroccolo di un giorno va da 25 a 150 microgrammi. Dal punto di vista chimico l OA è costituita da un derivato cumarinico legato alla fenilalanina, mentre l OB consiste nell analogo senza un atomo di cloro. 22
29 Figura 2-4 Ocratossina A La biotrasformazione dell OA è dipendente dal citocromo P450 sia nell uomo sia negli animali e porta alla formazione di intermedi metabolicamente attivi probabilmente responsabili dell azione cancerogena e di altri effetti tossici. Il suo assorbimento avviene nel tratto gastrointestinale e, attraverso la circolazione entero-epatica, può essere escreta e riassorbita. Nel sangue l OA è legata alla frazione albuminica delle proteine e questa sembra essere la motivazione per cui questa micotossina permane per tempi lunghi nell organismo animale. A livello cellulare inibisce il trasporto intramitocondriale del fosfato e la sintesi proteica a livello della translazione mediante il blocco della fenilalanina RNA sintetasi. Il principale organo bersaglio dell OA è il rene, ma per dosi sufficientemente elevate si ha tossicità anche a livello epatico con infiltrazione grassa e accumulo di glicogeno negli epatociti (per blocco del sistema enzimatico delle fosforilasi). Nei ratti la somministrazione ripetuta di piccole dosi di ocratossina produce lesioni del tubulo prossimale che comportano proteinuria, glicosuria, chetonuria, poliuria e riduzione del trasporto tubulare prossimale di ioni organici. 23
30 La somministrazione di una singola forte dose provoca una diarrea grave e la morte dell animale, con gli ovvi effetti sul rene. Le stesse alterazioni si osservano anche in altre specie animali. Nel maiale ricorre con carattere endemico in Danimarca e in Scandinavia una malattia renale, nota come nefropatia micotossica dei suini che è stata anche recentemente segnalata in altri nove paesi. Tale malattia, associata all impiego di mangimi contaminati da OA, sia per gli aspetti tossicologici, sia per quelli epidemiologici, ha molte analogie con una malattia renale dell uomo, nota come nefropatia balcanica (balkan endemic nephropaty o BEN) che colpisce con carattere endemico alcune popolazioni rurali della Bulgaria, della Romania e della ex Iugoslavia. La BEN è una nefropatia bilaterale cronica non infiammatoria che si manifesta dopo circa 15 anni di permanenza in una delle regioni endemiche ed è caratterizzata da disfunzioni tubulari prossimali con proteinuria e lenta progressione verso l insufficienza renale. Dal punto di vista anatomopatologico i reni si presentano ridotti di peso e di grandezza e con una diffusa fibrosi corticale. Nelle aree endemiche la nefropatia si associa a una maggiore frequenza di tumori del tratto urinario e, anche se non vi sono prove dirette, si ha ragione di ritenere che la suddetta malattia renale sia legata al consumo di prodotti zootecnici provenienti dagli allevamenti contaminati. In effetti, l OA si ritrova con frequenza anche in elevate concentrazioni nel sangue e nella carne di maiali colpiti da ocratossicosi cronica. A questo riguardo in Danimarca è in vigore un limite di tolleranza di 25 ppb di OA nella carne di maiale, mentre in Germania il limite massimo negli alimenti è di 3 ppb e in molti altri paesi detto limite deve essere ancora stabilito. Oltre all azione nefrotossica è riportata per questa tossina un azione teratogena e immunosoppressiva. Tra i prodotti che con più frequenza vengono trovati contaminati vi sono l orzo, il sorgo, il mais, diversi legumi, il caffè crudo in grani (la tostatura 24
31 denatura le ocratossine) e vari prodotti da forno; ma più preoccupante è la presenza di OA nei mangimi. Il comitato scientifico per l alimentazione umana (SFC o Scientific Committee for Food) ha recentemente tratto la conclusione che per l OA l esposizione giornaliera non dovrebbe essere superiore a valori di pochi ng/kg peso corporeo/giorno. I principali metodi di analisi utilizzati per la rivelazione dell OA sono l HPLC con rivelazione fluorimetrica (limite di determinazione 0,1 mg/kg), la TLC e l ELISA Fumonisine Le fumonisine sono un gruppo di sostanze strutturalmente correlate prodotte principalmente dalla specie Fusarium moniliforme e F. proliferatum, sebbene anche altre specie ne siano potenzialmente produttrici. Chimicamente le fumonisine sono diesteri dell acido tricarballilico e polialcoli e, pertanto, caratterizzati da una struttura molto simile a quella della sfingosina precursore chimico di tutti gli sfingolipidi (sfingomieline, ceramidi e gangliosidi) che esplica un importante ruolo in numerose funzioni cellulari, a livello di crescita, di differenziazione cellulare e di trasmissione degli impulsi nel sistema nervoso. Anche le fumonisine, come la gran parte delle altre micotossine, sono dotate di una non trascurabile termostabilità. Infatti, la distruzione della struttura molecolare può ottenersi solo a seguito di esposizione termica a temperature non inferiori a 220 C. La fumonisina B1 inibisce un enzima chiave del metabolismo degli sfingolipidi noto come N-acil-transferasi che è implicato nella conversione della sfingosina e sfingamina a ceramidi che vengono successivamente trasformati a sfingolipidi complessi. La potente azione inibente delle fumonisine sulla sintesi degli sfingolipidi sembra essere alla base degli effetti tossici provocati da queste 25
32 sostanze e della loro attività cancerogena per perdita da parte della sfingosina della funzione di agente antitumorale endogeno. Gli studi condotti su queste micotossine hanno evidenziato una tossicità molto differente nelle diverse specie animali. Negli equini sono responsabili della comparsa di una sindrome neurotossica nota come leucoencefalomalacia, malattia risultante in necrosi liquefattiva della materia bianca del cervello che si manifesta con sonnolenza, paralisi facciale e cecità. Le fumonisine sono anche epatotossiche, come dimostrato dalle epatosi acute e dal carcinoma epatocellulare indotti nei ratti a seguito della somministrazione di queste tossine. Sempre nei ratti esse esplicano anche azione nefrotossica con la comparsa di diverse alterazioni quali l interruzione della membrana basocellulare, rigonfiamento mitocondriale e comparsa di cellule con citoplasma opaco. Inoltre danneggiano il sistema immunitario e nelle anatre e nei suini provocano edema polmonare. Taluni autori hanno descritto un azione tossica della fumonisina B1 a livello del muscolo cardiaco e, in particolari prove sperimentali effettuate sulla rana, hanno evidenziato un blocco nel flusso degli ioni calcio, con conseguente arresto dell attività cardiaca. Anche per l uomo ci sono indizi di cancerogenicità; in particolare, il consumo di cereali contaminati da fumonisina potrebbe essere all origine di un elevata incidenza di cancro all esofago in certe zone del Sud-Africa, della Cina e forse anche del Nord-Est d Italia Patulina La patulina è una tossina prodotto del metabolismo secondario di un elevato numero di funghi del genere Aspergillum e Penicillum. 26
33 La presenza di Patulina è rilevabile prevalentemente in frutti ed ortaggi, ma la sua presenza è correlata soprattutto alla contaminazione di Penicillum Expasun nelle mele. Figura 2-5 Colonia di Penicillum Expasun su substrato nutritivo Chimicamente la patulina (4-idrossi-4H-furo-[3,2c]piran-2[6H]-one), è un lattone solubile in acqua, etanolo e acetone isolato per la prima volta con questo nome come antibiotico nel 1943 da Birkinshaw et al. da Penicillium patulum. In realtà, è poi risultata essere la stessa sostanza isolata l'anno prima da Chain et al. da Penicillium claviforme, con il nome di claviformina, con il quale spesso è indicata. Il grado di contaminazione degli alimenti è generalmente proporzionale a quello di ammuffimento, ma la tossina rimane confinata alle parti ammuffite. Questa micotossina dimostra spiccata resistenza ai processi industriali di lavorazione della frutta; i prodotti da questi derivati (ad esempio succo di mela) costituiscano pertanto le principali fonti di assunzione di Patulina. 27
34 La fermentazione alcolica è invece in grado di distruggere questa tossina e pertanto i prodotti fermentati come il sidro di mele o pere non contengono Patulina. La Patulina è considerata mutagena, ma non è definitivamente classificata quale cancerogeno umano. Nel 1993 l Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro, ha infatti inserito la Patulina nel Gruppo 3, cioè come non classificabile come agente cancerogeno per l uomo Da studi effettuati sugli animali ha mostrato immunotossicità, neurotossicità, ed effetti dannosi sullo svilippo del feto e sul tratto gastrointestinale. Inoltre inibisce in vitro numerosi enzimi, incluse la D.N.A. Polimerasi e l R.N.A. Polimerasi. In base a studi condotti sulla valutazione degli effetti combinati della Patulina sulla riproduzione, tossicità a lungo termine e cancerogenicità, il livello massimo tollerabile provvisorio di assunzione giornaliero è stimato in 0 4 µg/kg per peso corporeo (Joint FAO/WHO Commmittee on Food Additives- JECFA) 28
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