Sondrio, Relazione perdita delle colonie produttive di api 2012
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- Pio Rossetti
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1 Via Carlo Besta, Sondrio (SO) Sondrio, Relazione perdita delle colonie produttive di api 212 Come ogni anno, la nostra Associazione ha eseguito un'indagine relativa alla mortalità degli alveari avvenuta tra la fine dell'estate 211 e fine dell'inverno. Lo scopo della ricerca è stato quello di raccogliere informazioni sul fenomeno dello spopolamento e della moria di api per avere un quadro generale della situazione, confrontarla con la realtà nazionale e cercare di dare delle spiegazioni al fenomeno. I dati sono stati raccolti su tutto il territorio Valtellinese e provengono dalle testimonianze dirette degli apicoltori nostri associati. In particolare abbiamo avuto comunicazione da parte di 77 apicoltori distribuiti su tutto il territorio Valtellinese con un totale di alveari considerati. Le informazioni sono state poi rielaborate mettendo in relazione il numero di alveari persi a fine marzo 212 con il numero totale degli alveari presenti ad inizio agosto 211, ottenendo così la percentuale di mortalità delle famiglie di api sul nostro territorio. Nell'analisi delle informazioni raccolte si è cercato di individuare della costanti provando ad aggregare i dati su elementi significativi. Per evidenziare la presenza di differenze di mortalità in funzione dell'area geografica, si è, ad esempio, considerato il territorio provinciale suddiviso nelle sue cinque Comunità Montane: quella della Valchiavenna, di Morbegno, di Sondrio, di Tirano e dell'alta Valle (Fig.1). Fig.1 Aree di suddivisione del territorio Valtellinese.
2 Un'ulteriore elaborazione è stata eseguita per classe di grandezza degli apiari; si è infatti ritenuto interessante confrontare la percentuale di mortalità in relazione alla loro consistenza: fino a 2 alveari, da 21 a 4 alveari e superiore a 41 alveari. Non è stato possibile eseguire un confronto tra i dati di mortalità individuali in quanto, come mostra il grafico sottostante (Fig.2), la deviazione standard ha livelli troppo elevati. Questo è dovuto alle molteplici variabili insite nei dati considerati, difficilmenti escludibili con un lavoro preliminare. Infatti la mortalità degli alveari può essere dipesa, oltre che dalla stagione difficile in generale, anche dalla quota a cui si trova l'apiario, il trattamento effettuato, l'abilità dell'apicoltore stesso, il fatto di trovarsi o meno in vicinanza di altri apiari o in prossimità di diverse fonti alimentari ecc.. È quindi forviante fare un confronto delle mortalità di ogni singolo apicoltore, perchè queste variabili non vengono escluse. Considerando invece il territorio come un unico apiario e facendo quindi la stima della mortalità sul numero totale di alveari presenti, è possibile avere una stima più precisa cercando di smussare le variabili presenti TRESIVIO-PONTE SONDRIO PIATEDA Fig.2: COSIO VALTELLINO VALFURVA TEGLIO ARDENNO VALMASINO CHIESA LECCO LIERNA perdite individuali di ogni apicoltore e deviazione standard
3 RISULTATI Il quadro che è emerso, dai dati raccolti fin'ora, è che la perdita del patrimonio apistico in Valtellina sembra attestarsi intorno al 4 percento circa (precisamente il 36,62 %), con picchi individuali anche dell' 8-9 percento. Per quanto riguarda le zone, all'interno di ognuna, la variabilità individuale è molto elevata. Si va da apicoltori che non hanno perso nessun alveare, ad apicoltori che ne hanno perso quasi la totalità. Per carcare di eliminare questo fattore, si è quindi lavorato sul numeo di alveari totali presenti nell'area considerata e su questi è stata calcolata la mortalità percentuale. I grafici sottostanti (Fig. 3, 4, 5, 6) mostrano come non è facile fare una considerazione precisa sull'andamento se non si elimina la variabilità legata al singolo apicoltore. 1 97, ,46 41, ,79 1 CHIAVENNA Fig.3 Percentuale di mortalità degli alveari per ogni apicoltore. Area di Chiavenna ,71 81, , , , BASSA VALLE Fig.4 Percentuale di mortalità degli alveari per ogni apicoltore. Area di Morbegno.
4 1 98, ,33 77, , , ,55 53,33 57,14 43, ,44 41,67 47, , ,5 15 SONDRIO-VALMALENCO 1 15, ,91 Fig.5 Percentuale di mortalità degli alveari per ogni apicoltore. Area di Sondrio ,67 63,41 36, ,14 51, ,69 7,14 ZONA TIRANO 15,38 1 Fig.6 Percentuale di mortalità degli alveari per ogni apicoltore. Area di Tirano. Considerando invece l'area come un unico apiario si ottengono risultati più verosimili (Fig.7). Si nota quindi che in generale la mortalità si attesta in un intervallo che va dal 35 al 39 % a seconda della zona, quindi piuttosto omogeneo. Non sembra emergere una differenza significativa, o altamente significativa, tra le zone considerate. Caso particolare è quello dell'alta Valle dove invece la mortalità sembra essere piuttosto bassa e da un'analisi statistica potrebbe portare a risultati significativi. Questo dato però si basa su un numero di alveari troppo basso, quindi non paragonabile con gli altri. Avendo a disposizione un numero maggiore di informazioni si potrebbe essere più certi della sua attendibilità. Per questo motivo in questo momento non è prudente considerarlo.
5 ,64 MORTALITA' % SU N TOTALE ALVEARI 38,88 39,58 35, PERDITE % 15 14, CHIAVENNA MORBEGNO TIRANO SONDRIO-VALMELENCO ALTA VALLE AREE PERDITE % N TOT. ALVEARI CHIAVENNA 35, MORBEGNO 38, SONDRIO-VALMELENCO 39, TIRANO 35, ALTA VALLE 14,29 42 Fig.7 Percentuale di mortalità degli alveari per ogni zona su numero totale di alveari presenti nell'area. I risultati ottenuti relativamente alla mortalità in relazione alle dimensioni dell'apiario mostrano che i più colpiti sono quelli della fascia dei 2-4 alveari (Fig.8) ,61 4, , FASCE SOPRA 41 Fig.8 Percentuale di mortalità per fascia di apiari.
6 CONSIDERAZIONI L'alta percentuale di perdite di alveari registrata fra l'agosto 211 e il marzo 212 è imputabile a molteplici cause che possiamo provare a riassumere: Il 212 si è caratterizzato per un'elevata presenza di Varroa destructor che ha portato pesanti attacchi agli alveari ed ha probabilmente inoltre diffuso virus e ridotto le difese immunitarie degli alveari. L'andamento climatico e delle raccolte ha indotto molti apicoltori a tardare i trattamenti contro il parassita rendendoli così poco efficaci. Lo scoordinamento fra aziende in questa attività ha favorito la re-infestazione. Una scarsa fioritura sia in estate che nella tarda estate ha invogliato gli alveari più forti a provvedere alla penuria delle fonti nettarifere con saccheggi in quelli più deboli. Saccheggi conclamati e saccheggi striscianti che oltre al miele hanno favorito la circolazione di Varroa, virus e patologie varie tra cui la peste americana. Il tasso di re-infestazione degli alveari è stata assolutamente allarmante. La scarsità di fonti alimentari ha depresso negli alveari l'allevamento delle covate per la preparazione della popolazione autunnale (quella che sostituisce le api estive ed ha il compito dello svernamento della famiglia). Anche negli apiari dove gli apicoltori più avveduti hanno provveduto ad effettuare delle nutrizioni stimolanti le covate stentavano a svilupparsi per la mancanza di fonti proteiche (essenziali per lo sviluppo delle covate). Dove sono stati effettuati trattamenti tardivi con prodotti a base di timolo (che deprimono la deposizione della regina) si è verificata una mancanza pressoché totale di covata impedendo il rinnovo della popolazione. In sintesi si può dire che gli alveari sono entrati in inverno con una popolazione scarsa, formata di api vecchie, spesso già state punte dal parassita e quindi debilitate, e probabilmente con un alto livello di virosi. Dopo aver registrato in agosto un altissimo livello di presenza del parassita ed un alto tasso di re-infestazione, in autunno, il tasso di Varroa è calato notevolmente ritornando quasi alla normalità. Infatti mancando le covate, i parassiti erano per lo più costretti in fase foretica. Molti di questi erano sistemati sulle api vecchie che abbandonavano il nido per andare a morire lontano. Cosi la forte e naturale mortalità di api che segna il cambio generazionale fra api estive e quelle invernali ha portato a diminuire anche gli individui di Varroa. Per quanto detto gli alveari che hanno affrontato l'inverno sono stati caratterizzati da scarsa popolazione, formata da api vecchie e mal messe. Le famiglie più deboli sono morte alle soglie dell'inverno, altre con gli abbassamenti di temperatura a dicembre. Globalmente però le favorevoli condizioni climatiche invernali hanno permesso a molti alveari deboli di giungere alle soglie della primavera. Alcune di queste famiglie hanno incominciato ad allevare covata e quindi a riprendere il ciclo vitale, ma con ciò anche a divenire più vulnerabili. L'ondata di freddo del febbraio 212, dopo qualche giorno di clima quasi primaverile, ha causato la perdita di queste famiglie completando la falcidia rilevata. Mancano molti elementi per un'analisi puntuale apiario per apiario. A livello statistico si è rilevato che gli apiari di dimensioni fra i 2 e i 4 sono quelli risultati più colpiti. Un elemento che si presta ad alcune congetture sui metodi e le tecniche utilizzate, ma per ora mancano ancora troppi dati al riguardo. Ringraziamo tutti gli amici apicoltori per la collaborazione prestata e le informazioni fornite al riguardo.
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