INFRASTRUTTURE IDRAULICHE A. A

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1 INFRASTRUTTURE IDRAULICHE A. A PREMESSA L'insegnamento di Infrastrutture Idrauliche del Corso di Laurea Specialistica di Sistemi informativi per il Territorio ha lo scopo di fornire gli elementi conoscitivi utili per la pianificazione e la valutazione della convenienza economica dei sistemi di opere idrauliche dedicate sia alla fornitura della risorsa idrica alle utenze di vario tipo sia alla difesa del territorio, e delle attività che su di esso si svolgono, contro le calamità idro - geologiche. Poiché possono accedere al corso di Infrastrutture Idrauliche studenti di ingegneria che hanno ricevuto differente formazione durante i loro primi tre anni di studio, la illustrazione delle tecniche da applicarsi per la valutazione dei progetti è preceduta da un rapidissimo richiamo delle nozioni di Idraulica e di Idrologia necessarie per comprendere il funzionamento delle opere idrauliche e, quindi, per leggere gli elaborati tecnici di progetto.

2 INDICE 1. LE INFRASTRUTTURE IDRAULICHE DEFINIZIONI SFRUTTAMENTO DELLA RISORSA PROTEZIONE IDROGEOLOGICA 6 2. EQUAZIONI FONDAMENTALI DELL IDRAULICA CONSERVAZIONE DELLA MASSA ESEMPIO CONSERVAZIONE DELL ENERGIA RESISTENZA AL MOTO- PERDITE DISTRIBUITE REGIMI DI MOTO TUBI COMMERCIALI FORMULE PRATICHE DI MOTO PURAMENTE TURBOLENTO DEPOSITI E CRESCITA DI MATERIE ORGANICHE RESISTENZA AL MOTO - PERDITE LOCALIZZATE MACCHINE IDRAULICHE TURBINE POMPE MISURA DELLA PORTATA NELLE CONDOTTE IN PRESSIONE CORRENTI A PELO LIBERO MOTO UNIFORME MOTO PERMANENTE RISALTO IDRAULICO SU FONDO ORIZZONTALE MISURA DELLA PORTATA NEI CANALI MISURA DELLA PORTATA NEI CORSI D'ACQUA NATURALI RICHIAMI DI IDROLOGIA CICLO E BILANCIO IDROLOGICO LA PIOGGIA IL DEFLUSSO SUPERFICIALE L'EVAPORAZIONE E L'EVAPOTRASPIRAZIONE L'INFILTRAZIONE I REGIMI IL REGIME PLUVIOMETRICO IL REGIME IDROLOGICO L'IDROLOGIA STATISTICA LA STIMA DEI PARAMETRI STATISTICI LEGGI DI RIPARTIZIONE DI PROBABILITÀ LEGGE NORMALE LEGGE LOGNORMALE LEGGE GAMMA LEGGI ASINTOTICHE DEL MASSIMO VALORE CARTE PROBABILISTICHE I TEST DI ADATTAMENTO PROCESSI STOCASTICI LA VALUTAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE LE MAGRE FLUVIALI I SERBATOI DI REGOLAZIONE DIMENSIONAMENTO DEI SERBATOI GESTIONE DEI SERBATOI 40 14/06/2009 2

3 3.18 LE PIENE FLUVIALI LA STATISTICA DELLE PIENE 42 4 GLI SBARRAMENTI DI RITENUTA GENERALITÀ DEFINIZIONI CLASSIFICAZIONE DELLE DIGHE SBARRAMENTI PROVVISORI LE DIGHE A GRAVITÀ DIMENSIONAMENTO DELLE DIGHE A GRAVITÀ CONFRONTO TRA DIGHE A GRAVITÀ ORDINARIE E DIGHE ALLEGGERITE AZIONI ESTERNE VERIFICHE DI STABILITÀ VERIFICHE DI RESISTENZA CONFRONTO ECONOMICO TRA DIGHE A GRAVITÀ E DIGHE A VOLTA LE DIGHE A VOLTA TIPOLOGIA DELLE DIGHE A VOLTA VERIFICA DI RESISTENZA: SCOMPOSIZIONE IN ARCHI INDIPENDENTI CENNI SULLA COSTRUZIONE DELLE DIGHE IN CALCESTRUZZO IL CALCESTRUZZO DELLE DIGHE PARTICOLARITA COSTRUTTIVE LE DIGHE IN TERRA PRINCIPI DI DIMENSIONAMENTO IL CONTROLLO DELLA FILTRAZIONE TECNICHE DI IMPERMEABILIZZAZIONE FILTRI E DRENI IL CORPO DIGA LE DIGHE IN PIETRAME LE DIGHE CON NUCLEO IMPERMEABILE LE DIGHE CON MANTO IMPERMEABILE LA PROGRAMMAZIONE DELLE INFRASTRUTTURE LA NORMATIVA ITALIANA LA LEGGE QUADRO DEI LAVORI PUBBLICI IL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI LA LEGGE OBIETTIVO LE FASI DEL PROGETTO L'ANALISI FINANZIARIA L'ANALISI ECONOMICA I PREZZI OMBRA I PARAMETRI NAZIONALI IL CONFRONTO TRA I COSTI E I BENEFICI ALTRI CRITERI DI RAFFRONTO DEI COSTI E DEI BENEFICI L'INCERTEZZA E L'ANALISI DI RISCHIO GLOSSARIO IL PROGETTO UNIFORMITÀ NELLA VALUTAZIONE DELLE ALTERNATIVE PROGETTUALI EQUIVALENZA IN VALORE EQUIVALENZA IN TEMPO LE TECNICHE DI SCONTO CONDIZIONI DI OTTIMALITÀ DEL PROGETTO FORMAZIONE DELLA DOMANDA PRODUZIONE OTTIMALE 99 14/06/2009 3

4 6.3 ANALISI COSTI-BENEFICI CLASSIFICAZIONE DEI COSTI E DEI BENEFICI ANALISI DI SENSIBILITÀ APPROVVIGIONAMENTO IDRICO RISORSE IDRICHE COSTRUZIONE DELLA CURVA DEI COSTI FABBISOGNI IDRICI COSTRUZIONE DELLA CURVA DEI BENEFICI CONTROLLO DELLE PIENE COMBINAZIONE DI SISTEMI DI DIFESA SISTEMI DI DRENAGGIO COSTRUZIONE DELLA CURVA DEI COSTI VALUTAZIONE DEL LIVELLO DI SERVIZIO RICHIESTO NAVIGAZIONE INTERNA COSTRUZIONE DELLA CURVA DEI COSTI BENEFICIO RITRAIBILE DAL TRASPORTO FLUVIALE PRODUZIONE IDROELETTRICA LA DOMANDA ELETTRICA CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI IDROELETTRICI COSTRUZIONE DELLA CURVA DI OFFERTA CURVA DI DOMANDA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE ELENCO DELLE FIGURE /06/2009 4

5 1. LE INFRASTRUTTURE IDRAULICHE 1.1 DEFINIZIONI Una infrastruttura idraulica, che è costituita dall'insieme di opere civili, meccaniche, elettriche e sistemi di gestione informatizzati, consente di: a) trarre beneficio da un CORPO IDRICO che è costituito dal volume d'acqua che risiede in un lago ovvero scorre sulla superficie del suolo in un corso d'acqua, naturale o artificiale, o in un acquifero sotterraneo, oppure: b) evitare i danni che il medesimo corpo idrico può provocare, sia per ragioni naturali sia a causa di un uso improprio. Pertanto la suddivisione più generale tra le infrastrutture idrauliche si opera in relazione alla loro finalità. 1. Le infrastrutture di UTILIZZAZIONE o sfruttamento DELLA RISORSA hanno lo scopo di procurare un beneficio agli utenti, fornendo loro la quantità d'acqua - RISORSA IDRICA - necessaria a soddisfare il loro fabbisogno idropotabile, agricolo, ecc. ovvero producendo energia dalla trasformazione dell'energia potenziale dell'acqua in energia elettrica - RISORSA IDROELETTRICA I SISTEMI, strutturali e non, DI PROTEZIONE IDROGEOLOGICA del territorio hanno lo scopo di stabilizzare e mantenere libero dalle acque il suolo sul quale si svolgono le attività umane. 3. Le OPERE DI PROTEZIONE AMBIENTALE hanno lo scopo di preservare un livello di qualità ambientale che non risulti pernicioso alla salute e al benessere materiale delle persone né incida negativamente sulla qualità della vita della cittadinanza. 4. Le vie d'acqua sono utilizzate fin dall'inizio della civiltà per la NAVIGAZIONE INTERNA o fluviale; la navigazione può percorrere un fiume, che deve essere regolarizzato per consentire il passaggio dei moderni convogli fluviali, oppure un canale di navigazione, come è ad es. il Canale Fissero - Tartaro che si stacca dai laghi di Mantova. Di queste infrastrutture si dirà in dettaglio nel seguito. Sono infrastrutture idrauliche anche LE OPERE MARITTIME che, per i limiti del tempo disponibile, non rientrano tra gli argomenti di questo corso. Esse sono tra le più importanti strutture realizzate dall'uomo e si distinguono nelle tre grandi categorie: - porti, attracchi e altri sussidi al servizio della navigazione marittima, - opere di difesa della costa e, in particolare, delle spiagge, - strutture off-shore: piattaforme petrolifere, attracchi al largo, serbatoi di stoccaggio, condotte sottomarine. 1.2 SFRUTTAMENTO DELLA RISORSA La risorsa idrica deve essere fornita all'utente quando ne ha bisogno e in quantità e qualità idonee all'uso: il valore della risorsa utilizzata è dato dal mercato degli utilizzatori. Ne segue che una risorsa potenzialmente pregiata non ha valore se non trova un utente che la richiede, come ad es. nel caso del potenziale idroelettrico delle cateratte del fiume Zaire nell'africa equatoriale che non è ancora sfruttato perché non esiste un mercato che richiede l'energia ritraibile dalla corrente del fiume. Nella quasi totalità dei casi, la risorsa, idrica o energetica, è reperibile nella quantità globale (ad es. volume annuo) e qualità desiderata lontano dal punto di utilizzo (ad es. l'impianto idroelettrico è sito in montagna mentre le industrie sono poste in pianura) ed è modu- 14/06/2009 5

6 lata nel tempo in modo diverso da quanto richiesto (ad es. i fiumi alpini da cui derivano i nostri sistemi irrigui sono più ricchi di acque in primavera e in autunno mentre le colture devono essere irrigate soprattutto in estate). Pertanto l'infrastruttura idraulica è costituita, nella sua configurazione più generale, da una catena di opere: a) opera di captazione dal corpo idrico naturale: dal fiume mediante traversa e opera di presa, dal lago mediante diga e opera di derivazione, dall'acquifero mediante pozzi, dalla sorgente mediante una vasca o un cunicolo di captazione; b) opera di regolazione, costituita da un invaso artificiale o impianto di ritenuta, se il volume da immagazzinare è dell'ordine dei milioni di metri cubi, oppure un serbatoio per volumi di centinaia di metri cubi, che serve per immagazzinare l'acqua nel periodo di afflusso abbondante per poterla distribuire secondo le esigenze dell'utente quando manca in natura. c) opera adduzione o acquedotto esterno, costituita da una condotta o un canale che porta l'acqua su distanze di solito molto grandi, dell'ordine delle decine o anche centinaia di chilometri, dal punto di reperimento al punto di utilizzo; d) sistema di distribuzione, come ad es. la rete di distribuzione dell'acquedotto cittadino o acquedotto interno, che porta l'acqua alle singole utenze. Se l'acqua è di qualità inferiore al richiesto, essa deve essere trattata in un impianto prima di essere distribuita. Il valore della risorsa idrica si valuta dal punto di vista economico in base ai seguenti parametri: 1. quantità, 2. qualità, 3. facilità di reperimento, 4. permanenza nel tempo, 5. vicinanza al punto di utilizzazione, 6. energia potenziale. Il primo parametro pone il limite all'utenza. I successivi quattro parametri incidono sul costo dell'infrastruttura idraulica. L'ultimo parametro rappresenta il valore aggiunto della risorsa: infatti, come vedremo meglio al 2.11, una massa d'acqua in movimento possiede una potenza che può essere sfruttata per generare energia rinnovabile, non inquinante e non contribuente all'effetto serra. Poiché la potenza teoricamente disponibile cresce con la differenza di quota tra il punto di captazione e quello di restituzione all'utenza, dal punto di vista economico classifichiamo in scala decrescente il valore della risorsa che, nel suo percorso dalla captazione alla consegna: - può generare energia, - scorre per gravità e quindi non consuma energia, - deve essere sollevata con pompe ( che consumano energia). 1.3 PROTEZIONE IDROGEOLOGICA Il danneggiamento di edifici e la devastazione delle colture così come l'interruzione di attività commerciali, industriali e di relazione sociale causano danni significativi alla società. Pertanto la protezione contro queste calamità risulta benefica. In maniera estremamente semplificata, l'unesco definisce il danno causato da un evento calamitoso con il termine RISCHIO R e lo esprime col prodotto: R = P V E (1.1) 14/06/2009 6

7 ove sono: - P la pericolosità dell'evento calamitoso, - V la vulnerabilità degli elementi, persone e cose, passibili di danneggiamento, - E l'entità dei beni a rischio. La pericolosità equivale alla probabilità del verificarsi dell'evento calamitoso; questo genera tanti più danni quanto più è frequente il suo verificarsi. La vulnerabilità dipende oltre che dalla fragilità degli elementi a rischio (ad es. un ospedale è più vulnerabile di una strada) anche dalla intensità dell'evento che provoca il danno (ad es. uno tsunami vulnera maggiormente di un allagamento per pioggia intensa). La formula (1.1) consente di distinguere, come si vedrà dettagliatamente nel seguito, le due grandi categorie di sistemi utilizzabili per diminuire i danni delle calamità: a) MEZZI STRUTTURALI che riducono la probabilità ed, eventualmente, l'entità dell'evento dannoso, b) AZIONI NON STRUTTURALI che diminuiscono la vulnerabilità e l'entità rendendo i beni a rischio più resistenti e, soprattutto, rimuovendoli dalle zone in pericolo. Le strutture di protezione idrogeologiche rientrano, ovviamente, nella categoria dei mezzi strutturali e, in senso lato, difendono sia dal rischio idraulico che dal rischio geologico. Le calamità geologiche, il cui studio rientra nel campo della Geologia e della Geotecnica, sono: - Crolli di versanti in roccia, - Cadute di massi, - Frane più o meno profonde, - scoscendimenti ed erosione di versante, - ecc. Nel seguito prenderemo in considerazione le sole CALAMITÀ IDRAULICHE che sono classificabili come: 1. allagamenti, che si verificano ove il suolo non viene rapidamente liberato dalle acque di pioggia intralciando attività produttive e invadendo scantinati a le strutture poste alle quote inferiori, 2. inondazioni, causate dalla esondazione delle acque di un corso d'acqua naturale: fiume o torrente; le correnti esondate, se hanno sufficiente velocità e tirante, possono assumere carattere distruttivo, 3. alluvionamenti, provocati da correnti, soprattutto dei corsi d'acqua montani, che trasportano molto sedimento e lo abbandonano nelle aree inondate formando spesse coltri, anche dello spessore di qualche metro, di deposito solido, 4. fenomeni gravitativi rapidi: valanghe di neve e ghiaccio, correnti detritiche o debris flow, correnti di fango o mud flow, che sono formate da granuli solidi lubrificati da acqua. Nel corso dell'evento calamitoso che colpisce un ambiente montano, i fenomeni idraulici e geologici concorrono a formare il quadro complessivo del disastro e, quindi, risulta del tutto arbitraria una separazione dei fenomeni, che è giustificata solo dalla competenza dei tecnici chiamati a studiare il fenomeno, che è limitata al proprio campo disciplinare. Pertanto, questi fatti devono essere affrontati in maniera interdisciplinare. Limitando il nostro interesse ai primi due casi di calamità idrauliche che caratterizzano le zone di pianura, possiamo suddividere le infrastrutture idrauliche di protezione in: a) sistemi di drenaggio, urbano o agricolo, b) opere di controllo e protezione dalle piene. Questi argomenti saranno sviluppati in dettaglio nei capitoli seguenti. 14/06/2009 7

8 2. EQUAZIONI FONDAMENTALI DELL IDRAULICA In questa sezione sono richiamate alcune nozioni fondamentali di idraulica che sono alla base dello studio delle CORRENTI IN PRESSIONE e CORRENTI A PELO LIBERO. Faremo inoltre riferimento soprattutto alle correnti di liquido incomprimibile che si muovono di moto permanente. Le equazioni utilizzate per le soluzioni dei differenti problemi sono le seguenti. 2.1 CONSERVAZIONE DELLA MASSA La forma generale dell equazione di continuità applicata ad una corrente dice che la variazione nel tempo t dell'area bagnata A è uguale alla variazione nello spazio s della portata Q e si scrive come: A t + Q s = 0 Se il moto del fluido incomprimibile è permanente la (2.1a) diventa: d Q d s = 0 (2.1a) (2.1b) la quale dice che la portata non varia lungo il tubo di flusso: solitamente l equazione è riferita a due sezioni 1 e 2 ed è scritta nella forma finita: ove: A 1 U 1 = A 2 U 2 (2.2a) U = Q A (2.2b) è la velocità media della sezione. Una utile forma della equazione di continuità utilizzata per il calcolo delle variazioni di livello dei serbatoi è la equazione dei laghi (fig. 2.1): Q E (t) - Q U (t) = d V d t (2.3a) per la quale la differenza tra la portata entrante Q E e la portata uscente Q U dal serbatoio è bilanciata dalla variazione nel tempo t del volume V invasato nel serbatoio medesimo. Il volume invasato è funzione della quota Z dello specchio liquido nel serbatoio: V(t) = V(Z(t)) (2.3b) Anche la portata effluente dal serbatoio è dipende dalla quota Z dello specchio liquido nel serbatoio attraverso le formule della foronomia: Q U (t) = Q U (Z(t)) (2.3c) Perciò la (2.4a) risulta essere una equazione differenziale del primo ordine non lineare nella variabile Z: ( d V d Z ) d Z d t + Q U (Z(t)) = Q E (t) (2.4) che deve essere risolta numericamente. Si nota dalla (2.3a) che la massima quota nel serbatoio, e quindi anche la massima portata uscente, si realizza all'istante in cui: Q E (t) = Q U (t) (2.5) 14/06/2009 8

9 e che tale istante è successivo a quello del colmo dell'onda entrante, quando la portata entrante diminuisce. Ne consegue che la portata massima uscente non può essere più grande di quella entrante e che il colmo dell'onda uscente non può precedere quello dell'onda entrante. Ovviamente, queste deduzioni valgono solo se la (2.3c) è continua e iniettiva ESEMPIO Quando la relazione (2.3c) è rappresentabile con una espressione lineare, l'equazione (2.4) diventa una e- quazione differenziale lineare che può essere integrata analiticamente se l'idrogramma della portata affluente al lago - Q E = Q E (t) - è esprimibile analiticamente. Il lago a comportamento lineare corrisponde a una situazione poco frequente nella pratica ma non molto lontana dalla realtà come vedremo trattando il caso del lago d'idro. Seguendo la procedura richiamata in 2.5 si riconosce immediatamente che, se l'efflusso dal lago avviene soltanto da uno scarico profondo in quanto lo scarico di superficie rimane chiuso, la portata uscente dipende dalla quota della superficie del lago secondo la relazione: ove sono: Q U (t) = µ a 2g (h + z) (2.6a) µ il coefficiente di efflusso dello scarico profondo, in pressione, a l'area della sezione dello scarico, h l'affondamento del centro della luce di scarico rispetto alla quota del lago indisturbato (fig. 2.1), z il sopraelevamento del lago durante la piena, rispetto alla quota del lago indisturbato. La (2.6a) può essere linearizzata arrestando al primo termine lo sviluppo in serie del binomio e ottenendo: Q U (t) µ a 2g h ½ (1 + z 2 h ) (2.6b) Se il lago è sufficientemente ampio e le sue sponde sono abbastanza ripide, l'estensione S dello specchio liquido non muta al variare della quota, ossia: V = S z Combinando tra loro la (2.6b) e la (2.6c) e derivando si ottiene: d V d t = K d Q U d t ove le dimensioni il coefficiente: K = (2.6c) (2.7a) 2 h S µ a 2g h ½ (2.7b) ha la dimensione del tempo; sostituendo nell'equazione (2.5) otteniamo: d Q U d t + 1 K Q U = 1 K Q E (t) (2.8) Per concludere l'esempio, consideriamo un'onda affluente di semplice forma sinusoidale: Q E (t) = Q 0 sen ( ω t ) per 0 t T (2.9) Q E (t) = 0 altrove ove sono: Q la portata al colmo dell'onda di piena, 14/06/2009 9

10 ω = π / T T la durata dell'onda. Essendo: Q U = e - t / K la soluzione dell'equazione differenziale omogenea: (2.10a) d Q U d t + 1 K Q U = 0 la soluzione dell'equazione completa (2.8) si ottiene combinando la (2.9) e la (2.10a) mediante l'integrale di convoluzione, proposto da Volterra. Nel nostro caso l'integrale di convoluzione è: t Q U = 1 K 0 e - (t - τ )/ K Q 0 sen ( ω τ ) d τ per 0 t T (2.10b) ossia: Q U = Q 0 K e- t / K I (t) (2.11a) La funzione I (t) che compare nella (2.11a) è l'integrale definito scritto qui sotto, che è di soluzione alquanto laboriosa: t I (t) = 0 e τ / K sen ( ω τ ) d τ = Al tempo T l'onda affluente si annulla mentre l'onda uscente dal lago è: K 2 { et / K 1 + ω 2 K 2 K [ sen (ω t ) - K ω cos (ω t ) ] + ω } (2.11b) Q U ( T ) = Q 0 K e- T / K I ( T ) (2.11c) 14/06/

11 L'efflusso prosegue per raggiungere, dopo un tempo infinito secondo l'equazione, la condizione del lago indisturbato: Q U (t ) = Q 0 K e- t / K I ( T ) per t > T (2.12) 2.2 CONSERVAZIONE DELL ENERGIA La particolare versione scalare dell equazione vettoriale della conservazione dell energia, ottenuta proiettando tale equazione sulla tangente alla traiettoria descritta da una particella in movimento, nota col nome di EQUAZIONE DI BERNOULLI è usata insieme con l equazione di continuità per l analisi della maggior parte dei problemi di moto monodimensionale e permanente di un fluido incomprimibile. Tale equazione dice che il flusso di energia che attraversa una sezione 1 di un tubo di flusso è uguale alla somma del flusso di energia che attraversa una sezione 2 posta a valle più tutte le dissipazioni che accompagnano il movimento della corrente fra le due sezioni. L equazione si scrive nella forma (fig. 2.2): z 1 + p 1 γ + U g = z 2 + p 2 γ + U g + H 1,2 (2.13) nella quale compaiono: z p γ U g H 1,2 quota geodetica del centro della sezione idrica, pressione nel centro della sezione idrica, peso specifico del liquido, velocità media definita dalla (2.2b), accelerazione di gravità: g = 9.81 (m/s), perdite di carico. Notiamo che tutti i termini dell'equazione hanno le dimensioni della lunghezza e quindi si misurano in metri. La somma: h = z + p γ (2.14a) si chiama QUOTA PIEZOMETRICA. Il rapporto: h C = U2 2 g (2.14b) si chiama ALTEZZA CINETICA. La somma: H = h + h C si chiama CARICO TOTALE. (2.14c) L applicazione della equazione di Bernoulli richiede una chiara comprensione dei fattori che influenzano le PERDITE DI CARICO H 1,2. Le perdite di carico si distinguono in: 14/06/

12 - perdite distribuite H D dovute agli sforzi tangenziali che si generano tra il fluido e il contorno solido del condotto, - perdite localizzate provocate dalla formazione di vortici in corrispondenza dei cambiamenti della geometria del condotto. Pertanto in un condotto costituito da N tronchi di caratteristiche diverse e nel quale siano inserite M singolarità idrauliche, la perdita di carico complessiva risulta: N H 1,2 = i H D i + i H L i (2.15) 1 M RESISTENZA AL MOTO: PERDITE DISTRIBUITE La perdita distribuita lungo un condotto di caratteristiche uniformi di lunghezza L si scrive come: H D = J L (2.16) Il termine J è adimensionale, poiché esprime la perdita per unità lunghezza (m/m), e prende il nome di CA- DENTE o perdita unitaria. Esistono due tipi di moto dei fluidi: moto laminare, in cui il fluido si può pensare in movimento per strati paralleli, e moto turbolento, in cui le particelle si muovono in tutte le direzioni causando un completo mescolamento del fluido. Il secondo tipo di moto (e più specificatamente il puramente turbolento) è quello che maggiormente interessa le applicazioni ingegneristiche. I due tipi di moto sono descritti da leggi differenti, e si può riconoscere se una corrente si muove di moto laminare o turbolento in base al suo NUMERO DI RE- YNOLDS: Re = ρ U D µ = U D ν (2.17) ove: ρ è la densità del liquido, µ è la viscosità dinamica e ν la viscosità cinematica del liquido, D è il diametro del condotto avente sezione circolare. Si dimostra che la cadente J può esprimersi con la FORMULA DI DARCY-WEISBACH: J = f D U 2 2 g (2.18) L'INDICE DI RESISTENZA f che compare nella (1.18) dipende da Re e dalla SCABREZZA RELATIVA del condotto ε D secondo differenti leggi in relazione al tipo di moto considerato REGIMI DI MOTO Nikuradse fu tra i primi a condurre una dettagliata serie di esperienze per la determinazione del coefficiente di resistenza sia in tubi lisci che in tubi resi scabri artificialmente. I tubi scabri furono ottenuti coprendo la superficie interna del condotto il più uniformemente possibile con uno strato di sabbia, avente grani di prefissate dimensioni, incollato alla parete. In questa maniera Nikuradse ottenne una scabrezza considerevolmente più uniforme di quella riscontrabile nei condotti disponibili in commercio. I risultati sperimentali sono raccolti nel diagramma che da f in funzione di Re (fig. 2.3); le varie curve sono caratterizzate dal parametro di scabrezza relativa ε/d; ove ε è l altezza del grano di sabbia. Notiamo subito che tutti i dati della zona di moto laminare (Re<2000) stanno su un unica linea, l equazione della quale può d altronde ricavarsi per via puramente teorica: 14/06/

13 f = 64 Re (2.19) Questa equazione indica che i valori di ε/d non sono mai abbastanza grandi da influenzare il moto laminare. Usando dei condotti estremamente scabri (cioè ε/d>0.10) noi potremo certamente trovare un effetto di ε/d nel coefficiente f; comunque questo caso non è di pratica importanza. Indipendentemente dalla scabrezza del tubo la corrente inizia a passare in condizioni turbolente inizia per Re 2100 (Re critico). Tale numero può dipendere fortemente dalle condizioni della sezione di ingresso del condotto, così come dalla inserzione di valvole e gomiti e dalla presenza di disturbi quali ad esempio vibrazioni del condotto. È stato ormai ben stabilito che il limite inferiore di Re critico è 2000; comunque studi recenti hanno mostrato che la corrente laminare può essere mantenuta fino a Re = , se si pone molta cura nella eliminazione di tutte le possibili fonti di disturbo. La regione tra Re = 2000 ed Re = 4000 è detta regione critica ed è qui che la transizione è completata. La transizione non è brusca e nella regione critica la corrente può essere alternativamente laminare o turbolenta. Al superamento di Re ~ 4000, nei tubi lisci c è un unico ulteriore tipo di corrente;, invece, per i tubi scabri la natura della corrente continua a cambiare all aumentare del numero di Reynolds. Se ε/d < la curva del coefficiente di resistenza segue la curva dei tubi lisci per un tratto, in cui il tubo scabro può considerarsi IDRAULICAMENTE LISCIO. All aumentare di Re, ciascuna curva si diparte dalla curva dei tubi lisci, raggiungendo infine un valore costante che dipende soltanto dalla scabrezza relativa. Quest ultima zona è detta regione di MOTO PURAMENTE TURBOLENTO mentre fra questa e la curva dei tubi lisci si ha la zona di transizione ove si realizza il MOTO TURBOLENTO MISTO TUBI COMMERCIALI Le condotte e i tubi usati nelle infrastrutture idrauliche e negli impianti industriali non possono essere assimilati ai tubi resi scabri con la sabbia da Nikuradse; infatti nei tubi commerciali la scabrezza non è uniforme e questo influisce sul comportamento idraulico. Moody comunque ha compiuto verso il 1944 una estesa indagine sulla variazione di f per tubi commerciali, i cui risultati sono riportati in fig Questo particolare grafico è largamente usato in ingegneria ed è detto ABACO DI MOODY. Valori standard delle scabrezze relative, per vari tipi di condotta, si trovano tabulati sui manuali: si deve tener presente che i valori di ε/d riportati sui manuali sono soltanto approssimati e che ci possono essere significative variazioni nelle scabrezze relative per ogni tipo di condotta. Ad esempio Moody ha indicato che si possono fare nella determinazione di f errori del ± 5%, per tubi lisci, e del ± 10%, per tubi scabri in acciaio. I fenomeni di corrosione possono causare notevoli variazioni di ε/d con l andar del tempo e si deve essere cauti quando si analizza il comportamento di condotte che siano state in servizio per parecchio tempo. Varie formule semi-empiriche danno f = (Re, ε/d) per moto turbolento. La resistenza al MOTO TURBOLENTO IN CONDOTTI IDRAULICAMENTE LISCI si calcola con la formula di Prandtl: 1 = 2.0 Log 10 ( Re f ) (2.20) f La derivazione della (2.20) è semi-teorica. La determinazione di f dell'equazione di Prandtl deve essere fatta per tentativi. Il passaggio dal moto turbolento in condotto idraulicamente liscio a MOTO TURBOLENTO MI- STO avviene per: ε D Re = 14 f Il coefficiente f si può determinare con la FORMULA DI COLEBROOK WHITE (1938): (2.21) 14/06/

14 1 f = Log 10 ( 2.52 Re f + ε 3.71 D ) (2.22) che costituisce la base delle curve riportate nell abaco di Moody. Anche con questa relazione la ricerca di f deve essere fatta per tentativi. Il passaggio da moto turbolento misto a MOTO TURBOLENTO PURO si può fissare a: ε D Re = 200 f L equazione del moto puramente turbolento di Prandtl - Von Karman è: (2.23) 1 = 2.0 Log 10 ( D ) (2.24) f 2 ε Nel caso di moto turbolento puro è più comune l uso delle formule pratiche illustrate qui di seguito FORMULE PRATICHE DI MOTO PURAMENTE TURBOLENTO È di fondamentale importanza la formula di Chezy: U = C R J (2.25) nella quale compare il RAGGIO IDRAULICO R uguale al rapporto tra l'area bagnata A e contorno bagnato C: R = A C (2.26) Per condotto circolare avente diametro D risulta: R = D 4 (2.27) Il coefficiente di resistenza C si può esprimere con l espressione proposta da Manning: C = R1/6 n (2.28) ove n è il coefficiente di resistenza al moto di Manning che si trova tabulato in funzione di vari tipi di superficie interna del tubo. Inserendo la (1.28) nella (1.25) si ottiene la FORMULA DI MANNIG - GAUKLER che è una formula monomia di semplice risoluzione: U = R2/3 J 1/2 n (2.29) Come esempio di formule più particolari si possono citare le formule di Scobey che hanno struttura differente a seconda del materiale costitutivo del condotto e quindi del tipo di scabrezza. Una formula ancora molto usata nel dimensionamento idraulico delle reti di acquedotto è la formula di Darcy: ove: J = β Q2 D 5 (2.30) β = a + b/d i coefficienti a e b si trovano tabulati ad esempio sul Manuale dell Ingegnere. Varie ditte costruttrici di tubi forniscono loro particolari formule e tabelle che danno direttamente J in funzione di Q, e viceversa, per i prodotti da esse commercializzati. 14/06/

15 2.3.4 DEPOSITI E CRESCITA DI MATERIE ORGANICHE La capacità di deflusso di gallerie e condotte può diminuire con l andar del tempo a causa dei depositi e delle incrostazioni organiche sulla superficie interna, poiché queste incrostazioni aumentano la resistenza al moto. Anche la corrosione sulla superficie interna della condotta riduce la capacità di deflusso, provocando inoltre la colorazione dell acqua, e causando problemi di gusto e di odori: nelle condotte metalliche, la corrosione dà origine a tubercoli sulla superficie interna, che provocano una diminuzione del deflusso rendendo più scabra la superficie del condotto. Operazioni errate degli impianti di trattamento e filtraggio delle acque posti all inizio della condotta possono provocare il passaggio di fiocchi attraverso i filtri con deposito di idrossido di alluminio sulle pareti del condotto; ed anche una sottile pellicola di deposito può diminuire consistentemente la capacità di trasporto del condotto. Altri depositi possono essere di carbonato di calcio e di limo siliceo. Osservazioni fatte su parecchie condotte a Chicago indicarono che i materiali depositati erano principalmente idrossido di alluminio e silicio; le misure di perdite di carico fecero notare, dopo 7 anni di servizio, un aumento del coefficiente di resistenza di Manning del 40% (da a ). Altre osservazioni sulla galleria di un impianto idroelettrico indicarono aumenti di n dell 80% per le zone rivestite e del 25% per quelle non rivestite. Ove possibile la pulizia periodica delle superfici migliora la situazione, facendo ritornare la scabrezza quasi alle condizioni iniziali. 2.4 RESISTENZA AL MOTO: PERDITE LOCALIZZATE Generalmente, tra le sezione di ingresso e quella di uscita di una condotta, la corrente incontra una varietà di singolarità idrauliche, come cambiamenti di sezione o di diametro, valvole e paratoie, biforcazioni, curve, allargamenti e restringimenti, che causano delle perdite di energia che vanno ad aggiungersi a quelle continue. Tali perdite sono dovute allo svilupparsi di fenomeni turbolenti localizzati e accentuati e possono e- sprimersi nella forma generale. H L = k U2 2 g (2.31) ove k è il coefficiente di perdita che assume valori diversi a seconda del tipo di perdita. In un BRUSCO ALLARGAMENTO della condotta, rappresentato in fig. 2.5, si sviluppa una intensa azione tangenziale tra il getto ad alta velocità che occupa la zona centrale della condotta ed il liquido circostante e ne risulta che molta dell energia cinetica è dissipata per azione turbolenta. Comunque la maggior parte della turbolenza scompare e la velocità diventa praticamente uniforme sulla sezione del condotto di maggiori dimensioni ad una distanza dall allargamento pari a circa 5 diametri. La perdita di carico in un brusco allargamento è data dalla ben nota formula di Borda: H L = (U 1 - U 2) 2 2 g = ( A 2 - A 1 Q 2 A 2 A 1 )2 2 g il significato dei simboli è spiegato in fig (2.32) In numerose condotte di scarico da serbatoi che operano sotto elevati carichi e che devono essere progettate in modo che la velocità in condotta non danneggi la superficie di rivestimento, pur mantenendo la portata scarica pari al valore prescritto, si provocano appositamente delle perdite di carico predisponendo dei bruschi allargamenti della condotta. Ad esempio nelle due gallerie di scarico dell'impianto Mica Dam sul Columbia River fu scelto come dispositivo più logico ed economico per ridurre la velocità nella condotta di svuotamen- 14/06/

16 to del serbatoio, una camera di espansione regolata da una paratoia avente la funzione di dissipatore di energia; in tal caso, i possibili effetti della cavitazione sul rivestimento di calcestruzzo della camera devono essere tenuti in considerazione. Infatti le pressioni nella corrente vorticosa della zona centrale del condotto sono più basse che nell acqua circostante e sotto certe condizioni possono scendere fino al valore della tensione di vapore con conseguente formazione di bolle. Si può allora verificare vicino alla superficie del condotto, la rottura delle bolle di vapore, con conseguente rottura del rivestimento. La perdita di carico dovuta a un BRUSCO RESTRINGIMENTO può essere espressa con la formula (1.32) ove i valori di k per vari rapporti D 1 /D 2 sono riportati in apposite tabelle. Le perdite nei DIVERGENTI possono esprimersi ancora con una formula della struttura simile a quella di Borda H L = k D (U 1 - U 2) 2 2 g (2.33) I primi esperimenti condotti da Gibson hanno mostrato che il coefficiente k D è funzione dell angolo al centro del tronco di cono. I test mostrano anche che k D è anche funzione del rapporto tra i diametri D 1 e D 2. Sul comportamento dei CONVERGENTI sono state fatte meno indagini sperimentali, comunque anche per essi sono stati ricavati dei grafici analoghi a quelli dei divergenti. Le perdite nelle CURVE, escludendo le perdite continue nel condotto, sono funzione del raggio di curvatura, del diametro del condotto e dell angolo formato dagli assi dei condotti. Usualmente le PERDITE DI CARICO NEI PEZZI SPECIALI si esprimono in lunghezza equivalente di tubo, di diametro pari a quello in cui è inserito il pezzo speciale, che ha la stessa perdita di carico per la stessa portata. Il diagramma di fig. 2.6 offre un conveniente metodo per la stima di queste perdite. 2.5 MACCHINE IDRAULICHE Distinguiamo tra: - macchine motrici o TURBINE che trasformano l'energia della corrente in energia meccanica, - macchine operatrici o POMPE che, col loro movimento, imprimono energia alla corrente liquida; nel caso di gas la macchina è detta COMPRESSORE. Delle macchine idrauliche non studiamo i principi di funzionamento ma soltanto il loro effetto sulla corrente idrica con la quale interagiscono TURBINE Le macchine capaci di utilizzare l energia dei fluidi, che furono già impiegate nell antichità, costituiscono i primi esempi di sfruttamento di energia disponibile in Natura. L energia meccanica prodotta dal movimento della ruota idraulica, azionata dalla corrente d'acqua o, successivamente, di aria, era dedicata, quasi esclusivamente, all azionamento delle mole. La nascita delle moderne turbine idrauliche data però alla seconda metà del settecento a partire dalla ruota a reazione di Barker (1750) e dalla teoria delle turbine idrauliche di Eulero (1754). Verso la metà del XIX secolo, J. B. Francis perfezionò i precedenti modelli di turbine a reazione proponendo il modello di macchina che ancora porta il suo nome. Nel 1880 lo statunitense L.A. Pelton sviluppò la turbina ad azione e, infine, nel 1913 V. Kaplan propose la turbina a pale regolabili. Attualmente le turbine idrauliche possono raggiungere potenze elevatissime: 350 MW per le turbine di tipo 14/06/

17 Pelton; 870 MW per le Francis; 230 MW per le Kaplan. Nel mondo, sono installate turbine idrauliche per una potenza complessiva di circa 730 GW con una produzione di quasi 2800 TWh / anno. La produzione idroelettrica italiana è di 50 TWh /anno e copre il 19% del fabbisogno elettrico del paese: in Italia, la potenza idroelettrica installata assomma a 15 GW. Consideriamo lo schema di impianto idroelettrico illustrato in fig. 2.7: la turbina assorbe energia dalla corrente e provoca la perdita di carico o SALTO UTILE definito da: H = H M - H V (2.34) come è illustrato in Fig.2.7. Di conseguenza la potenza ceduta dalla corrente alla macchina risulta: P T = γ Q H (2.35a) La potenza è espressa in watt (W) se il peso specifico γ è espresso in (N m -3 ): solitamente si divide per 1000 e si esprime la potenza in (kw). A causa delle resistenze meccaniche e idrauliche e delle perdite di portata attraverso le tenute la potenza in uscita dalla turbina è minore della potenza P T ricevuta dalla corrente. Definito il rendimento η come rapporto tra le due potenze sopra menzionate otteniamo la potenza effettivamente prodotta: P E = η γ Q H (2.35b) Il rendimento è sempre minore dell'unità. L'energia prodotta dalla macchina in un periodo di tempo T vale: T E = 0 P E d t (2.36) e si misura in (kwh) se il tempo è dato in ore POMPE La pompa inserita nell'impianto di sollevamento illustrato in fig. 2.8 riceve la corrente dalla condotta di monte o di aspirazione e la immette nella condotta di valle o di mandata, detta anche premente. Definito il dislivello tra i carichi totali alle sezioni di uscita e di entrata della pompa come PREVALENZA TOTALE: H = H V - H M (2.37) Se le sezioni di entrata e di uscita della pompa hanno la stessa area si riconosce immediatamente che la prevalenza totale è uguale alla PREVALENZA MANOMETRICA, che si ottiene direttamente dalla lettura dei manometri inseriti alle due estremità della pompa: H = h (2.38) La potenza ceduta dalla pompa alla corrente: P P = γ Q H (2.39a) è più piccola della potenza P A effettivamente assorbita dalla macchina (elettrica o a combustione interna o altro) che la aziona, in quanto, attraverso il rendimento della pompa, si deve tenere conto delle perdite: P A = γ Q H (2.39b) η La scelta delle pompe costituisce spesso uno degli elementi principali del progetto di un impianto di approvvigionamento idrico o di movimentazione o smaltimento di fluidi. La curva caratteristica della pompa fornisce la portata che la pompa è in grado di sollevare al variare della prevalenza e viene definita sperimentalmente dal fabbricante della pompa. 14/06/

18 2.6 MISURA DELLA PORTATA NELLE CONDOTTE IN PRESSIONE La maniera più immediata per misurare la portata in una condotto in pressione è quella di integrare sull area della sezione il diagramma della velocità u (m/s) misurata in diversi punti della sezione con il tubo di Pitot: Q = u da (2.40) A Questo metodo di misura semplice ed accurato, è adatto specialmente per piccole condotte in cui il campo della velocità possa essere facilmente investigato. Le letture ad esempio possono essere fatte lungo uno o più diametri sulla linea mediana di anelli di are uguale: in questo modo la velocità media si ottiene come semplice media aritmetica delle velocità misurate. Specialmente per la taratura di strumenti di misura sono anche molto usuali le misure volumetriche. Tali misure non richiedono l impiego di strumenti a funzionamento meccanico o idraulico e quindi possono essere utilizzate proprio per tarare tali strumenti. Per eseguire la misura si deve raccogliere in una vasca, posta a valle della sezione di sbocco della condotta, l acqua che ne esce per un certo intervallo di tempo T. Il volume raccolto diviso T dà la portata. Se nel fare le misure si osservano le seguenti precauzioni si ottengono risultati di ottima precisione (con errori inferiori all 1%): 1) la vasca deve essere di materiale non deformabile; 2) per ridurre le incertezze sulla sua valutazione, la portata deve essere deviata dalla vasca di raccolta il più rapidamente possibile all inizio e alla fine dell intervallo di tempo; 3) la misura del livello dell acqua nella vasca deve essere fatta dopo che si siano smorzate le oscillazioni del liquido. Tutti gli ostacoli posti nella condotta che obblighino la corrente ad accelerare possono essere usati come misuratori di portata, a causa della variazione di quota piezometrica che accompagna il cambio di velocità. Diaframmi, boccagli, venturimetri, etc. sono esempi di questi dispositivi. Benché la differenza tra le quote piezometriche a monte e a valle dello strumento sia dovuta alla variazione di altezza cinetica, una piccola parte di tale differenza è dovuta alle perdite di carico che, comunque, ad alti Re sono pressoché costanti e possono essere incluse in un coefficiente di efflusso che varia con la geometria dello strumento. Alla sezione contratta del DIAFRAMMA l area del getto si riduce (fig. 2.9) e aumenta l'altezza cinetica e diminuisce la quota piezometrica: la variazione di quota piezometrica si misura con un manometro differenziale. Applicando le equazioni di continuità e della conservazione dell'energia tra la sezione della condotta a monte dello strumento e la sezione contratta si ottiene, combinando i diversi fattori nel coefficiente di efflusso C d si trova che la portata è data dalla: Q = C d a 2 g γ m - γ γ (2.41) ove a è l area dell apertura del diaframma e la differenza di piezometrica è misurata nelle due sezioni immediatamente a valle e a monte dell apparecchio a 3 5cm dal piano della piastra, γ m è il peso specifico del liquido manometrico, γ è il peso specifico del liquido scorrente in condotta. I diaframmi misurano le portate con errori dell 1 2% se sono preceduti da almeno 25 diametri di condotta diritta. Tale dispositivo è certamente semplice, sicuro, economico e facile da fare; comunque quando è inserito in un tubo provoca grandi perdite di carico a causa della turbolenza che si crea a valle. 14/06/

19 Per i BOCCAGLI (fig. 2.10) la portata si determina con la relazione (2.41), i coefficienti di efflusso C d sono però più alti che per i diaframmi (in pratica tra 0,96 0,98) poiché non si ha contrazione della vena; anche i boccagli comunque causano notevoli perdite di carico: le tabelle U.N.I. descrivono sia le dimensioni degli apparecchi sia l andamento di C d in funzione di Re della corrente. Il VENTURIMETRO (fig. 2.11) col suo passaggio graduale dalla strozzatura al diametro della condotta ha perdite di carico molto minori dei diaframmi e dei boccagli. Il divergente a valle della strozzatura ha un allargamento graduale con apertura di 5 15, per prevenire la separazione della corrente dalla parete del tubo. L equazione della portata nel venturimetro è: a Q = C 1 - (d/d) 4 2 g γ m - γ (2.42) γ C d dipende da Re, a è l'area della strozzatura avente diametro d, D è il diametro della tubazione nella quale è inserito il venturimetro. Si può ritenere che il venturimetro dia misure con 1% di approssimazione. Si deve aver cura che il venturimetro (come gli altri apparecchi) sia posto abbastanza sotto la piezometrica per prevenire depressioni troppo accentuate (fino al limite della tensione di vapore del liquido) quando passa la portata massima. Qualora si verificasse la cavitazione, sarebbe impossibile ottenere delle valutazioni corrette di Q mediante la (1.30), perché entra in gioco la densità variabile del liquido. Il venturimetro è accurato, non ha parti mobili e si resta calibrato a lungo se è mantenuto pulito e non provoca grandi perdite di carico. Quando il liquido scorre in una condotta curva - per esempio in un gomito di sezione qualunque, ma costante - si produce un innalzamento della quota piezometrica nel senso della convessità della curva. Poiché la differenza di quota piezometrica h misurata fra due punti della stessa sezione cresce con la velocità, un manometro differenziale installato tra l'interno e l'esterno del gomito realizza un MISURATORE A GOMITO, che misura la portata. Le misure fatte occasionalmente sfruttando gomiti esistenti negli impianti e quindi non tarati errori ± 5%; nel caso di taratura preventiva ci si può ridurre al 3%. L utilizzazione dei gomiti come misuratori è razionale quando l installazione di altri apparecchi di misura non è possibile per mancanza di spazio; il metodo che sfrutta la differenza piezometrica per effetto della forza centrifuga è stato ad esempio applicato per la misura delle portate nelle turbine Francis con camera a spirale. Sono stati inoltre messi a punto differenti metodi di misura che permettono di risalire alla valutazione della portata: 1. dalla conoscenza della potenza fornita dalle turbine installate alla fine delle condotte forzate. La portata Q si calcola con la formula (1.42), misurato il salto utile H e noto il rendimento η della macchina; 2. dalla misura della spinta idrodinamica esercitata dalla corrente su una valvola; 3. noto l andamento delle sovrappressioni p di colpo d ariete: si ha infatti che, nel caso teorico di chiusura istantanea, p è legata direttamente alla velocità della corrente da un coefficiente costante; per la misura nei casi pratici si sono costruiti diversi apparecchi che danno stime con errori di ± 2%. In condotti di grandi dimensioni può essere conveniente determinare la portata calcolando il tempo che impiega una certa quantità di sale - metodo della nuvola salina - a percorrere un tratto di condotta; si adottano per la misura diversi metodi pratici con una precisione del ± 2 3%. Sempre in condotte di grandi dimensioni si può calcolare la velocità della corrente, dalla misura della velocità di rotazione di mulinelli (eliche) opportunamente tarati, inseriti nel condotto; di tali dispositivi, molto usati per le misure di correnti a pelo libero, si parlerà in seguito. Per la misura di portate modeste, da pochi litri a qualche decina di m 3 /ora, come sono quelle interessanti gli impianti di distribuzione di acqua potabile per usi civili ed industriali, delle portate delle pompe etc. si usano vari apparecchi che al solito sono abbinati a meccanismi totalizzatori onde fornire anche il volume di acqua erogata. 14/06/

20 In fig sono chiaramente illustrati alcuni tipi di tali strumenti, che si basano sugli stessi principi di funzionamento delle turbine. 2.7 CORRENTI A PELO LIBERO Le correnti che scorrono nei canali e nei corsi d'acqua naturali sono dette CORRENTI A PELO LIBERO o A SUPERFICIE LIBERA; esse sono governate dall azione della gravità sul fluido in movimento. La accelerazione di gravità g e la pendenza di fondo S 0 si ritrovano in tutte le formule che descrivono il moto nei canali; invero la gravità, potendosi considerare costante, vi è presente implicitamente. Le correnti nei canali si possono distinguere in base al loro NUMERO DI FROUDE F (adimensionale) definito come rapporto tra la velocità media della corrente e la celerità delle onde infinitesime: F = U g _ h (2.43) _ Nella (2.43) compaiono U velocità media e h profondità media della corrente, definita come rapporto dell'area bagnata A diviso la larghezza superficiale B: Se: _ h = A B - Fr = 1 la corrente è CRITICA e il tirante d'acqua è detto ALTEZZA CRITICA - Fr > 1 la corrente è SUPERCRITICA e risente delle condizioni di monte, - Fr < 1 la corrente è SUBCRITICA e risente delle condizioni di valle. _ h C ; (2.44) Il concetto di altezza critica è utile per la classificazione di tutti i possibili profili di pelo libero: infatti si determina se la corrente è sub- o supercritica, in una sezione, confrontando l altezza della corrente con l altezza critica. Per sezioni rettangolari, si ricorda che l altezza critica è pari ai 2/3 dell energia specifica rispetto al fondo. Le pendenze dei canali sono classificate in accordo alla relazione tra l altezza critica h C e l altezza di moto uniforme h O : l altezza critica dipende dalla portata e dalla forma della sezione del canale, l altezza del moto uniforme, invece, da portata, forma, pendenza e scabrezza del canale. È importante ricordare che nei canali a: - DEBOLE PENDENZA - h O > h C - solo le correnti subcritiche possono occupare un tratto di lunghezza infinita del canale; - FORTE PENDENZA - h O < h C - per tratti di lunghezza infinita, si hanno solo correnti supercritiche. Le combinazioni dei diversi profili possibili nei vari tipi di alveo possono essere usate per descrivere l andamento del pelo libero nei tronchi di transizione tra un tratto di canale di date caratteristiche e un altro MOTO UNIFORME Se la corrente si muove di moto uniforme essa mantiene le medesime caratteristiche (profondità, sezione bagnata, portata, diagramma di velocità, densità, viscosità, turbolenza) nel tempo e nello spazio; comunque le correnti a pelo libero uniformi sono rare anche in laboratorio. 14/06/

21 Nonostante in pratica le correnti non siano uniformi, nei calcoli idraulici spesso si fa riferimento a ipotetiche condizioni di moto uniforme che sono molto facili da trattare matematicamente. Le formule di moto uniforme in canali più largamente usate sono quelle introdotte a L applicazione delle diverse formule porta a risultati differenti soprattutto per la insicura valutazione del coefficiente di resistenza. Si possono applicare le solite formule del moto uniforme anche ai canali aventi la superficie interna costituita da materiali di differente scabrezza: si usa allora un valore medio pesato del coefficiente di resistenza al moto, calcolato in base alla porzione di contorno bagnato rivestita da ciascun materiale. La perdita di carico per unità di lunghezza J viene calcolata per i corsi d acqua naturali ancora con le formule di Manning, Chezy-Kutter o di Darcy-Weisbach. Si può dire però che il fenomeno della resistenza al moto si presenta diverso da quello visto per i tubi e i canali artificiali, poiché la grande disuniformità delle sezioni dà origine a fenomeni macroscopici di perdita di carico localizzata per turbolenza con formazioni di vortici. Le formule sopraccitate devono allora considerarsi come formule empiriche e il coefficiente di resistenza, a cui si devono assegnare valori in modo che i risultati dei calcoli si adeguino alle osservazioni, congloba in sé l effetto di tali perdite localizzate. È dunque difficile la scelta di un valore di n da inserire nella formula di Manning; ad esempio un valore di n scelto per una determinata altezza d acqua può non valere per una altezza diversa, perché può variare la configurazione della sezione e di conseguenza il tipo di perdite di carico. Se il fondo è di materiale che può essere trasportato dalla corrente durante il deflusso si possono formare delle dune che modificano il valore della scabrezza. Osservando la formula di Manning si nota che una valutazione errata di n = K n O (se n O è il valore vero) porta, fissata l altezza d acqua, ad una valutazione in difetto della portata Q = Q O /K (se Q O è il valore vero) MOTO PERMANENTE Le caratteristiche del moto permanente rimangono costanti nel tempo ma variano da sezione a sezione della corrente. Profili di moto permanente in tronchi di canale di varia forma vengono tracciati usualmente nelle elaborazioni di progetto delle opere idrauliche. Per il tracciamento dei profili di rigurgito si utilizza una relazione che si ricava, con alcuni passaggi analitici che tralasciamo, dall'equazione di Bernoulli (2.13) applicata tra due sezioni di canale distanti fra loro dx: (1 - F 2 ) d h d x = S 0 - J (2.45) nella quale compaiono esplicitamente il numero di Froude F e il tirante idrico h. In idraulica fluviale è un problema comune tracciare il profilo di pelo libero di un corso d acqua per una determinata portata e certe condizioni dell alveo; il problema si pone quando si debbono fissare le altezze di argini, le dimensioni delle luci di ponti, il sopraelevamento di strade, le quote di pelo libero allo scarico di centrali idroelettriche, la prevalenza da assegnare ad impianti idrovori che scarichino nei corsi d acqua, il posizionamento di opere fluviali e anche per determinare le zone soggette a possibili inondazioni. Il più efficiente tra i numerosi metodi numerici e grafici proposti per tracciare il profilo di pelo libero è lo STANDARD STEP METHOD che utilizza direttamente l equazione di Bernoulli (2.13), scritta tra le sezioni 1 e 2 distanti tra loro x come è illustrato in fig. 2.13: Y 1 + U g = Y 2 + U g + J m x + H L (2.46a) 14/06/

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