LA TERRITORIALITÀ IVA DELLE PRESTAZIONI DI TRASPORTO RELATIVE A BENI IN ESPORTAZIONE TRA NORMATIVA COMUNITARIA E RELATIVE DISPOSIZIONI DI RECEPIMENTO

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1 LA TERRITORIALITÀ IVA DELLE PRESTAZIONI DI TRASPORTO RELATIVE A BENI IN ESPORTAZIONE TRA NORMATIVA COMUNITARIA E RELATIVE DISPOSIZIONI DI RECEPIMENTO BREVI NOTE A MARGINE DELLA RISOLUZIONE N. 134/E/2010 I recenti chiarimenti dell Agenzia delle entrate, espressi nella risoluzione n. 134/E del 20 dicembre 2010 (1), offrono lo spunto per una riflessione sul regime dell IVA applicabile ai servizi di trasporto, relativi a beni in esportazione, resi a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato. Nel previgente regime IVA le prestazioni di trasporto costituivano l oggetto di una disciplina speciale in ambito comunitario e quindi anche nell ordinamento nazionale. Infatti, dapprima la Sesta Direttiva CEE e in seguito la Direttiva 2006/112/CE, stabilivano che «il luogo delle prestazioni di trasporto è quello dove avviene il trasporto in funzione delle distanze percorse» (2), introducendo una norma derogatoria al principio generale secondo il quale le prestazione di servizi si consideravano effettuate nel luogo in cui il prestatore aveva fissato la sede della propria attività economica o aveva costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi veniva resa ovvero, in mancanza, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale (3). La norma nazionale di recepimento delle previsioni comunitarie prevedeva che le prestazioni di trasporto si considerassero effettuate nel territorio dello Stato in proporzione alla distanza ivi percorsa (4). Ciò comportava l irrilevanza dei trasporti eseguiti al di fuori del territorio nazionale (5), benché effettuati da un soggetto passivo nazionale (6). A seguito del recepimento delle previsioni contenu- (1) In Boll. Trib., 2011, 205. (2) Art. 9, par. 2, lett. b), della Direttiva 77/388/CEE, trasfuso nell art. 46 della Direttiva 2006/112/CE. (3) Art. 9, par. 1, della Direttiva 77/388/CEE, trasfuso nell art. 43 della Direttiva 2006/112/CE. (4) Per maggiori approfondimenti sul regime delle prestazioni di trasporto nel sistema previgente dell IVA si rinvia al contributo di S. ARMELLA, Regime iva delle prestazioni di trasporto di beni e di persone in ambito internazionale e comunitario, in Dir. prat. trib., 1997, III, 398. (5) In ipotesi di trasporto effettuato in parte in territorio estero e in parte nel territorio dello Stato occorreva distinguere la tratta eseguita al di fuori del territorio italiano, non rientrante nel campo di applicazione dell IVA, dalla tratta compiuta nel territorio nazionale per la quale sussisteva il requisito della territorialità. Per la parte territorialmente rilevante in Italia era possibile, al ricorrere di specifiche condizioni, invocare il regime di non imponibilità di cui all art. 9 del D.P.R. n. 633/1972. (6) Per un analisi in giurisprudenza del previgente regime IVA dei servizi di trasporto internazionale si rinvia alla recente sentenza di Comm. trib. prov. di Bari, sez. XVII, 3 dicembre 2010, n. 293, in Boll. Trib. On-line. te nella Direttiva 2008/8/CE ( Direttiva Servizi ) (7), le prestazioni di trasporto di beni rese a soggetti passivi nazionali rientrano nell ambito di applicazione della regola generale (cd. regola del Business to Business ) di cui all art. 7-ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 ( Decreto IVA ) (8). Ciò comporta che il luogo di tassazione di tali prestazioni è identificabile nel territorio dello Stato qualora il committente sia un soggetto passivo ivi stabilito (9), a nulla rilevando il luogo di esecuzione del trasporto stesso (10) (cioè la distanza percorsa (7) La Direttiva Servizi è stata recepita nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 11 febbraio 2010, n. 18, che ha provveduto a riformare le regole della territorialità dell IVA attraverso l inserimento degli artt. da 7 a 7-septies all interno del D.P.R. n. 633/1972. Per un approfondimento riguardante le modifiche dei criteri di territorialità e, più in particolare, i problemi di doppia imposizione nella disciplina dell IVA, si rinvia a G. BIZIOLI, Comparative analysis of the causes of double (non-)taxation in income and VAT/GDT contexts, in Value added tax and direct taxation: similarities and differences, a cura di M. LANG, Amsterdam, IBFD, 2009, (8) L art. 7-ter, comma 1, lett. a), del decreto IVA, dispone che le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato: a) quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato. (9) Ai sensi dell art. 7, comma 1, lett. d), del decreto IVA, «per «soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato» si intende un soggetto passivo domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente che non abbia stabilito il domicilio all estero, ovvero una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato o residente all estero, limitatamente alle operazioni da esse rese o ricevute. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche si considera domicilio il luogo in cui si trova la sede legale e residenza quello in cui si trova la sede effettiva». (10) A diverse conclusioni deve giungersi nell ipotesi in cui il committente del servizio di trasporto di beni non sia un soggetto passivo ai fini dell IVA. In generale, i servizi generici prestati a persone che non sono soggetti passivi d imposta ovvero prestati a soggetti passivi per il proprio uso personale o per quello dei propri dipendenti sono assoggettati a imposizione nel territorio dello Stato se resi da soggetti passivi stabiliti in Italia (c.d. criterio del luogo del prestatore ovvero criterio del Business To Consumer previsto dall art. 45 della Direttiva 2006/112/CE e dall art. 7-ter, comma 1, lett. b), del decreto IVA). In deroga al criterio generale di tassazione nel Paese di stabilimento del prestatore, si considerano effettuate nel territorio dello Stato se rese a committenti non soggetti passivi: 1) le prestazioni di trasporto di beni diverse dal trasporto intracomunitario, in proporzione alla distanza percorsa nel territorio dello Stato (art. 49 della Direttiva 2006/112/CE, e art. 7-sexies, comma 1, lett. b), del decreto IVA); 2) le prestazioni di trasporto intracomunitario di beni, quando il luogo di partenza è situato nel territorio dello Stato (art. 50 della Direttiva 2006/112/CE, e art. 7-sexies, comma 1, lett. c), del decreto IVA). L art. 7, comma 1, lett. f), del Decreto IVA, dispone che «per trasporto intracomunitario di Boll. Trib

2 nel territorio italiano). Le nuove regole di individuazione della territorialità delle prestazioni di trasporto di beni rese a soggetti passivi superano la dicotomia esistente nel previgente regime tra trasporti intracomunitari (11) e trasporti diversi da quelli intracomunitari (i.e., trasporti nazionali ovvero internazionali) e fissano nel Paese di stabilimento del committente il luogo in cui le suddette prestazioni sono interamente tassabili. Si può pertanto affermare che per i trasporti intracomunitari di beni la novella legislativa non comporta modifiche dirette rispetto al regime previgente: le previsioni della Direttiva Servizi e le relative norme di recepimento nell ordinamento nazionale ripropongono, nella sostanza, la disciplina secondo cui la prestazione era tassabile nel Paese di stabilimento del committente, con l unica eccezione rappresentata dall ipotesi in cui le predette prestazioni fossero state rese a un soggetto passivo stabilito al di fuori del territorio dell Unione europea e luogo di partenza situato in Italia; in tale ultima circostanza, a differenza di quanto era previsto fino al 31 dicembre 2009 (12), la prestazione di trasporto non rientra nel campo di applicazione dell imposta per carenza del presupposto territoriale. Fatta questa breve premessa di inquadramento del regime IVA delle prestazioni di trasporto di beni applicabile a partire dal 1 gennaio 2010 (13), è opporbeni si intende il trasporto di beni il cui luogo di partenza e il cui luogo di arrivo sono situati nel territorio di due Stati membri diversi. Luogo di partenza è il luogo in cui inizia effettivamente il trasporto di beni, senza tener contro dei tragitti compiuti per recarsi nel luogo in cui si trovano i beni; luogo di arrivo è il luogo in cui il trasporto dei beni si conclude effettivamente». In sostanza, nell ipotesi in cui il trasporto di beni si qualifichi come trasporto intracomunitario, il luogo di tassazione deve essere individuato nel Paese in cui inizia il trasporto. Pertanto, sarà tassato in Italia un servizio di trasporto di beni reso a un privato (i.e. non soggetto passivo ai fini dell IVA) qualora il trasporto inizi sul territorio italiano. La prestazione di servizi consistente nel trasporto di beni con provenienza ovvero destinazione extra-ue - non rientrando nella definizione di trasporto intracomunitario - è invece tassabile in Italia limitatamente alla distanza percorsa nel territorio italiano, fatta salva la possibilità di invocare la norma di non imponibilità di cui all art. 9, comma 1, n. 2), del decreto IVA. Risulta pertanto evidente che tali prestazioni, anche se rese da soggetti passivi stabiliti in Italia, sono da considerarsi fuori campo IVA per la parte di tragitto percorsa al di fuori del territorio comunitario, con la conseguenza che se il trasporto è interamente eseguito in territorio estero la prestazione è completamente fuori dal campo di applicazione dell IVA. (11) L art. 40, comma 7, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427) - abrogato dall art. 2, comma 1, lett. b), n. 3), del D.gs. n. 18/ disponeva che «per trasporto intracomunitario di beni si intende il trasporto, con qualsiasi mezzo, di beni con luogo di partenza e di arrivo nel territorio di due Stati membri anche se vengono eseguite singole tratte nazionali nel territorio dello Stato in esecuzione di contratti derivati». (12) L art. 40, comma 5, del D.L. n. 331/ anch esso abrogato dall art. 2, comma 1, lett. b), n. 3), del D.Lgs. n. 18/ disponeva che «le prestazioni di trasporto intracomunitario di beni e le relative prestazioni di intermediazione, si considerano effettuate nel territorio dello Stato se ivi ha inizio la relativa esecuzione a meno che non siano commesse da soggetto passivo in altro Stato membro; le suddette prestazioni si considerano in ogni caso effettuate nel territorio dello Stato se il committente delle stesse è ivi soggetto passivo d imposta». (13) Ai sensi dell art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 18/2010, il nuovo regime IVA delle prestazioni di servizi si applica alle tuno rilevare come i nuovi criteri della territorialità dell IVA abbiano sollevato alcune incertezze circa la portata del regime di non imponibilità di cui all art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972, nella particolare fattispecie di un trasporto di beni (reso a un soggetto passivo nazionale) in cui il luogo di partenza è situato in uno Stato membro diverso dall Italia e il luogo di arrivo in uno Stato extra-ue (14). Considerato che secondo la regola generale (15) il luogo di tassazione di un trasporto di beni, indipendentemente dalla tratta percorsa, deve essere individuato nel Paese in cui è stabilito il committente (soggetto passivo d imposta), ne consegue che il trasporto di beni con partenza da uno Stato membro diverso dall Italia e il luogo di arrivo in un Paese terzo reso a un operatore economico nazionale è territorialmente rilevante in Italia (16). A questo punto è necessario appurare se la suddetta prestazione possa fruire di eventuali regimi di non imponibilità ovvero di esenzione. A tal proposito, l art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972, dispone che costituiscono servizi internazionali non imponibili nel territorio dello Stato «i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati ad imposta a norma dell art. 69» (sottolineatura aggiunta). Secondo tale disposizione se i beni trasportati (ovvero spediti) fanno parte di un operazione di esportazione, transito, importazione temporanea o definitiva si applica il regime di non imponibilità; laddove invece la movimentazione dei beni non è riconducibile a tali operazioni, la prestazione di trasporto commessa da un soggetto passivo nazionale si considera imponibile in Italia (17). La corretta applicazione del regime IVA (di imponibilità ovvero di non imponibilità) richiede di verificare se la predetta prestazione possa essere qualificata un trasporto relativo a beni in esportazione ; pertanto, è necessario accertare preliminarmente se operazioni effettuate dal 1 gennaio (14) Si rinvia al contributo di S. CERATO - L. PIETROBON, Circolare n. 12/E del 12 marzo 2010 e n. 14/E del 18 marzo Territorialità Iva delle prestazioni di servizi e Modelli Intrastat, in il fisco, 2010, 2049, in cui si sostiene che «i servizi di trasporto di beni diversi dalle esportazioni (ITA-EX UE), [ ], non ricadono tra le tipologie di prestazioni potenzialmente non imponibili ex art. 9, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972, e quindi devono essere assoggettati ad imposta». Gli Autori, inoltre, nel proporre uno schema esemplificativo del regime IVA applicabile alla fattispecie del trasporto di beni a cui si applica il regime di non imponibilità, omettono di ricomprendere in tale fattispecie anche il trasporto connesso a una cessione di beni con luogo di partenza all interno di uno Stato membro diverso dall Italia e luogo di arrivo in un Paese terzo. (15) L art. 44 della Direttiva 2006/112/CEE (come modificata dalla Direttiva Servizi) dispone che «il luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica». (16) Ai sensi dell art. 7-ter, comma 1, lett. a), del decreto IVA. (17) Tale fattispecie si verifica, ad esempio, nel caso di un soggetto passivo nazionale che richiede una movimentazione di beni da un Paese extra-ue a un altro Paese extra-ue. Sul punto, si rinvia alle precisazioni fornite dall Amministrazione finanziaria nella circ. 12 marzo 2010, n. 12/E, par. 3.3, in Boll. Trib., 2010, Boll. Trib

3 l operazione principale (i.e. la cessione di beni con trasferimento degli stessi da uno Stato membro a uno Paese terzo) costituisce una cessione all esportazione (18) ai sensi del predetto D.P.R. n. 633/1972. In prima analisi si potrebbe affermare che la predetta cessione non possa essere considerata una cessione all esportazione non imponibile in Italia, difettando del presupposto territoriale richiamato dall art. 7-bis, comma 1, del citato decreto (19). Tale disposizione prevede, infatti, che «le cessioni di beni [ ], si considerano effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto [ ] beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello stesso ovvero beni mobili spediti da altro Stato membro installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo conto» (sottolineatura aggiunta). Probabilmente il dubbio del contribuente che ha proposto l interpello si fonda sulla considerazione che soltanto al verificarsi del presupposto territoriale risulta possibile applicare la norma di non imponibilità contenuta nell art. 8 del citato decreto, nella quale si fa riferimento al concetto di esportazione. La tesi secondo la quale si considera una cessione all esportazione in base al D.P.R. n. 633/1972 quella in cui risulta preliminarmente verificato il requisito territoriale in Italia, comporta che per aversi un esportazione non imponibile ai sensi del citato decreto è necessario che i beni si trovino in Italia e dall Italia siano trasportati ovvero spediti al di fuori del territorio comunitario. Laddove i beni siano esistenti all interno del territorio comunitario, ma al di fuori del territorio italiano, la cessione difettando del requisito territoriale di cui all art. 7-bis, comma 1, di tale decreto non può essere qualificata come esportazione non imponibile in Italia. Applicando pedissequamente il dettato delle disposizioni del decreto IVA si potrebbe inferire che l operazione di esportazione non è effettuata in Italia, ma al più nello Stato membro in cui si trovano i beni al momento dell inizio del trasporto. Da ciò conseguirebbe che la relativa operazione di trasporto non può essere qualificata come trasporto relativo a una esportazione di beni secondo l art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972, nel presupposto che non si è verificata alcuna esportazione di beni dall Italia. Tale prestazione dovrebbe considerarsi quale autonoma prestazione di servizi imponibile in Italia secondo il principio generale del luogo di stabilimento del committente. (18) T. DI TANNO, L evoluzione amministrativa del regime delle esportazioni nell IVA, in Corr. trib., n. 7/1987 (inserto); C. SAC- CHETTO, Le esportazioni triangolari ai fini IVA, in Le Circolari del Corriere Tributario, n. 6/1991, V-XXX. (19) La stessa Agenzia delle entrate, nella ris. 17 maggio 2010, n. 37/E, in Boll. Trib., 2010, 787, sebbene con riferimento alla fattispecie delle attività di manutenzione delle navi da crociera, ha precisato che «[ ] occorre in primo luogo determinare se il presupposto territoriale sia o meno integrato secondo i criteri generali in precedenza esposta, ossia tenendo conto del luogo di stabilimento del committente, quale soggetto passivo. Solo qualora le prestazioni di servizi risultino, ai fini IVA, territorialmente rilevanti in Italia, potrà valutarsi il relativo regime impositivo, con l eventuale riconducibilità delle stesse nell ambito applicativo dell articolo 8-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 e conseguente applicazione del regime di non imponibilità». Tale conclusione risulta anzitutto censurabile per la non corretta applicazione della disposizioni di cui agli artt. 7 e 8 del detto decreto. Infatti, un conto è verificare la territorialità di un operazione, altra cosa è stabilirne la non imponibilità. Si può affermare che tra i due requisiti esista una connessione diretta: la territorialità è una condizione necessaria (ma non sufficiente) affinché un operazione possa essere considerata non imponibile in uno Stato membro. Ne consegue che in assenza del presupposto territoriale non vi è ragione alcuna di verificare le ulteriori condizioni per la non imponibilità. Il fatto che una cessione di beni (all esportazione) difetti del requisito territoriale in Italia (in quanto i medesimi beni non sono ivi fisicamente esistenti) rende superfluo verificare gli ulteriori requisiti previsti per beneficiare della non imponibilità; tuttavia, ciò non deve portare alla errata conclusione che la medesima operazione perda la qualificazione di cessione all esportazione. A tal proposito si rileva che, secondo una definizione comune in materia di dazi doganali e di IVA, per esportazione deve intendersi l uscita di merci comunitarie (20) dal territorio doganale comunitario (21). È importante evidenziare come la nozione di esportazione, con particolare riferimento alla materia dell IVA, sia andata evolvendosi a seguito del processo di integrazione attuatosi nel territorio europeo (22). Infatti, con la realizzazione del mercato unico a partire dal 1 gennaio 1993 le transazioni commerciali tra gli Stati membri non si possono più defini- (20) Ai sensi dell art. 4, comma 1, del Regolamento 23 aprile 2008, n. 450/2008/CE (il quale ha modificato il codice doganale comunitario) definisce: «merci comunitarie : merci che rientrano in una delle categorie seguenti: a) merci interamente ottenute nel territorio doganale della Comunità, senza aggiunta di merci importate da paesi o territori non facenti parte del territorio doganale della Comunità. Le merci interamente ottenute nel territorio doganale della Comunità non hanno la posizione doganale di merci comunitarie se sono ottenute da merci vincolate al regime di transito esterno, deposito, ammissione temporanea o perfezionamento attivo, nei casi stabiliti a norma dell articolo 101, paragrafo 2, lettera c); b) merci introdotte nel territorio doganale della Comunità da paesi o territori non facenti parte di tale territorio e immesse in libera pratica; c) merci ottenute o prodotte nel territorio doganale della Comunità esclusivamente da merci di cui alla lettera b) oppure da merci di cui alle lettere a) e b); merci non comunitarie : le merci diverse da quelle di cui al punto 18) o che hanno perso la posizione doganale di merci comunitarie». (21) P. FILIPPI, L imposta sul valore aggiunto nei rapporti internazionali, in Corso di diritto tributario internazionale, a cura di V. UCKMAR, I, Padova, 1999, 173. (22) La Corte di Cassazione nella sentenza, sez. III pen., 22 febbraio 2006, n. 66/6741, in Boll. Trib. On-line, ha statuito che «a seguito dell attuazione del mercato unico europeo, con decorrenza dal 1 gennaio del 1993, sono cadute tutte le barriere doganali tra i Paesi aderenti alla Comunità europea, la quale appare nei rapporti con i Paesi terzi come una sola unità. Di conseguenza i termini importazione ed esportazione hanno assunto un diverso significato: importazione è l introduzione in un qualsiasi Stato membro di beni provenienti da Paesi estranei alla Comunità; l esportazione è la cessione di beni effettuata al di fuori della Comunità» (sottolineatura aggiunta). Nelle conclusioni dell avvocato generale Dámaso Ruiz-Jarabo Colomer nella sentenza della Corte di Giustizia UE 16 settembre 2004, causa C-382/02, in Boll. Trib. On-line, è stato affermato che «il fondamento delle esenzioni di cui all art. 15 della sesta direttiva [art. 146 della Direttiva 2006/112/CE, n.d.a.] consiste nel non assoggettare all imposta i consumatori degli Stati terzi» (punto 17). Boll. Trib

4 re operazioni di importazione e/o esportazione (23), bensì acquisti e cessioni intracomunitarie, soggetti a una specifica disciplina. Il concetto di mercato unico (i.e. territorio comunitario) non è stato tuttavia recepito, almeno formalmente, in tutti i settori dell ordinamento tributario italiano (24). In sostanza, secondo le previsioni della Direttiva 2006/112/CE ciò che rileva è l effettuazione di un esportazione di beni, e cioè che i beni siano trasportati o spediti al di fuori del territorio dell Unione europea, a nulla rilevando sia l individuazione del luogo, all interno di uno Stato membro, dal quale sia iniziata la movimentazione di essi, sia l individuazione dello Stato membro nel quale si considera effettuata l esportazione. Ciò che rileva è che i beni siano «spediti o trasportati, dal venditore o per suo conto, fuori della Comunità» (25). A conforto di tale interpretazione si nota come anche la disposizione domestica di recepimento delle previsioni comunitarie in materia di esportazione di beni, si disinteressi sia di individuare lo Stato membro dal quale è iniziata la movimentazione fisica dei beni sia lo Stato membro in cui avviene l esporta- (23) Come affermato dall Amministrazione finanziaria nella fondamentale circ. 23 febbraio 1994, n. 13, in Boll. Trib., 1994, 377, «la realizzazione del Mercato unico europeo ha come meta finale quella di creare un unica vasta area di mercato dove i beni, i servizi, i capitali e le persone possono liberamente circolare senza incontrare alcun tipo di ostacolo, barriere fisiche o di natura fiscale. [ ] L attuazione del nuovo regime comporta che non possono più essere effettuati controlli sui beni da parte degli uffici doganali e non sono previste imposizioni sugli scambi di beni tra soggetti residenti in Stati membri diversi all atto del transito degli stessi attraverso i confini territoriali. Conseguentemente i concetti di importazione e di esportazione trovano applicazione unicamente per le operazioni di scambio effettuate verso Paesi terzi o verso territori che, pur facendo parte dell ambito doganale comunitario, ne vengono esclusi agli effetti fiscali». (24) A riprova di ciò, l art. 40 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, laddove si occupa di stabilire il principio dell alternatività tra l imposta di registro e l IVA, trascura di richiamare nell ambito di esenzione dall applicazione dell imposta proporzionale le cessioni intracomunitarie di beni. Infatti, la seconda parte del comma 1 del citato art. 40 dispone che si considerano soggette all IVA (e quindi non soggette all imposta proporzionale di registro) le operazioni indicate nell art. 21, comma 6, del decreto IVA, per le quali l IVA non è dovuta, pur in presenza degli obblighi di fatturazione, registrazione e di dichiarazione. Si tratta, tra le altre, delle esportazioni di beni di beni e operazioni assimilate di cui agli artt. 8, 8-bis e 9 del decreto IVA. Poiché le cessioni intracomunitarie non sono richiamate direttamente ovvero indirettamente (mediante il rinvio all art. 21, comma 6, del decreto IVA) si dovrebbe concludere che queste operazioni pur rientrando - al pari delle esportazioni - nel campo di applicazione dell IVA ma non imponibili, dovrebbero essere assoggettate all imposta di registro in misura proporzionale. In realtà, come è logico ritenere, si tratta di un mero difetto di coordinamento considerato che, per effetto dell entrata in vigore dell art. 41 del D.L. n. 331/1993, è stata introdotta nell ambito della categoria delle operazioni non imponibili una suddivisione tra le cessioni verso Stati extra-ue (tuttora disciplinate dall art. 8 del decreto IVA) e le cessioni verso Stati membri (i.e., cessioni intracomunitarie). Le cessioni intracomunitarie, sebbene non più disciplinate dall art. 8 del decreto IVA, devono ritenersi implicitamente richiamate dagli artt. 5 e 40 del D.P.R. n. 131/1986. Da ciò consegue che le cessioni intracomunitarie (fino al 31 dicembre 1992 ancora considerate esportazioni) continuano a beneficiare, pur in assenza di un esplicito richiamo normativo, del principio di alternatività tra IVA e imposta di registro. (25) Cfr. l art. 146, par. 1, lett. a), della Direttiva 2006/112/CE. zione, richiedendo esclusivamente che si realizzi il «trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea [ ]» (26). Con riferimento alla disciplina dei trasporti di beni l art. 146, par. 1, lett. e), della Direttiva 2006/112/CE, dispone che gli Stati membri esentano, tra l altro, i trasporti connessi alle esportazioni di beni. Lo scopo di tale disposizione è di esentare (i.e. rendere non imponibili) i trasporti relativi a beni in esportazione (27), cioè i trasporti relativi a beni destinati ad uscire dal territorio dell Unione europea considerato, quest ultimo, come un unico territorio (28). Pertanto, seppure la cessione di beni con trasporto ovvero spedizione dei medesimi da un luogo situato all interno del territorio comunitario diverso dal territorio dello Stato italiano e arrivo in un Paese terzo non possa essere considerata quale cessione all esportazione non imponibile in Italia ai sensi del combinato disposto degli artt. 7-bis, comma 1, e 8, comma 1, lett. a), del decreto IVA, tale operazione risulta in ogni modo una cessione all esportazione, stante l inequivocabile tenore letterale dell art. 146, par. 1, lett. a), della Direttiva 2006/112/CE. Da ciò consegue che la relativa prestazione di trasporto resa a un committente soggetto passivo dell imposta stabilito nel territorio dello Stato deve considerarsi non imponibile in Italia in base al combinato disposto dell art. 7-ter, comma 1, lett. a), e dell art. 9, comma 1, n. 2), del decreto IVA; l unica condizione richiesta dalla citata Direttiva (nonché dal decreto IVA) consiste nella materiale uscita dei beni dal territorio doganale comunitario, considerato quest ultimo territorio unico e indistinto, e non invece la sommatoria dei singoli Stati membri. Il succinto chiarimento espresso dall Amministrazione finanziaria non mette in evidenza l eventuale vizio derivante dalla commistione tra il presupposto territoriale e le condizioni previste per beneficiare del regime di non imponibilità dell IVA nell ambito della cessione di beni all esportazione; in effetti, sorprende che la risoluzione in commento ricavi il concetto di cessione all esportazione dall art. 146 par. 1, lett. a), della Direttiva 2006/112/CEE e non invece dalla corrispondente disposizione di recepimento contenuta nell art. 8 del decreto IVA (29), quasi a voler sottendere che tale ultima disposizione non ne contenga una definizione esaustiva. Forse sarebbe stato più opportuno argomentare in maniera più diffusa l iter logico della soluzione al quesito sottoposto dal contribuente e precisare la relazione esistente tra il presupposto della territorialità e la definizione di cessione all esportazione, con i conseguenti riflessi (26) L art. 8, comma 1, lett. a), del decreto IVA. (27) Secondo l art. 146, par. 1, lett. a), della Direttiva 2006/112/CE, «gli Stati membri esentano le esportazioni di beni spediti o trasportati, dal venditore o per suo conto, fuori dalla Comunità». (28) Si rinvia a quanto già diffusamente trattato riguardo al concetto di esportazione come mera fuoriuscita dei beni dal territorio doganale comunitario (e non dal territorio del singolo Stato membro). (29) Più precisamente, l Amministrazione finanziaria chiarisce che «l operazione principale consiste nel trasferimento di un bene da uno Stato membro verso un Paese extra-ue e pertanto è qualificabile come una cessione all esportazione». 336 Boll. Trib

5 sulle relative prestazioni di servizi. Da ultimo, una considerazione che esula dalla fattispecie concreta oggetto dell interpello in commento. Come già diffusamente descritto, il legislatore comunitario ha stabilito che le prestazioni di trasporto debbano essere tassate nel luogo in cui il committente (soggetto passivo) è stabilito. Laddove poi il trasporto di beni sia effettuato in relazione a un operazione di scambio internazionale di merci (quale è appunto la cessione di beni all esportazione), tale prestazione al pari della cessione di beni gode di un regime di detassazione (30). In altre ipotesi, invece, dove è altrettanto evidente che il servizio di trasporto di beni è connesso a un operazione di cessione di beni effettuata al di fuori del territorio comunitario, la lettera della previsione di cui alla Direttiva 2006/112/CE impone di assoggettare a tassazione tale prestazione (31). Si pensi al caso della prestazione di trasporto resa a un operatore economico stabilito in Italia relativa alla cessione di beni estero su estero. È evidente che in tale fattispecie la cessione di beni non rientra nel campo di applicazione dell IVA dal momento che la medesima operazione ha per oggetto beni esistenti al di fuori del territorio comunitario. Tuttavia, la relativa prestazione di trasporto, in quanto resa a un soggetto passivo stabilito in Italia, risulta tassabile nel territorio dello Stato. Si pensi inoltre al caso di un trasporto di beni nel territorio dello Stato reso a un operatore economico stabilito al di fuori dell Unione europea e relativo a una cessione Italia su Italia. L operazione principale (i.e. la cessione di beni) è tassabile nel territorio dello Stato in quanto trattasi di beni ivi esistenti, laddove la relativa (e accessoria) operazione di trasporto non è soggetta a tassazione in quanto resa a un soggetto passivo stabilito al di fuori del territorio comunitario. L esemplificazione qui sopra rappresentata potrebbe essere ampliata ulteriormente con ulteriori fattispecie in cui alla (de)tassazione della cessione di beni non corrisponde anche la (de)tassazione della relativa prestazione di trasporto, nonostante quest ultima sia relativa (e quindi accessoria) all operazione (30) Il principio di detassazione delle operazioni che vengono effettuate in relazione alle operazioni di scambio internazionale è la diretta espressione della regola che prevede la detassazione delle operazioni transfrontaliere all origine e la relativa tassazione a destino, anche al fine di consentire l esercizio del diritto di detrazione al destinatario dell operazione. Sul punto, per maggiori approfondimenti, si rinvia alla circ. Assonime n. 101/1973. (31) Si potrebbe valutare la possibilità di sostenere la tesi della accessorietà della prestazione di trasporto rispetto all operazione principale consistente nella cessione di beni. principale di cessione di beni. Viene allora da chiedersi se esiste una ratio sottostante all individuazione dei criteri di tassazione della prestazione di trasporto di beni. Probabilmente la risposta deve essere negativa. A ben vedere, la scelta di ricomprendere le prestazioni di trasporto di beni nell ambito di applicazione della regola del business to business (senza prevedere alcuna ipotesi derogatoria), determina, in alcuni casi, fenomeni di tassazione nel territorio comunitario delle medesime prestazioni anche laddove il consumo dei beni (ai quali la prestazione di trasporto è oggettivamente collegata) avvenga al di fuori del territorio comunitario, e viceversa. Si badi che in questa sede non è intenzione mettere in discussione la posizione espressa dall Amministrazione finanziaria con riferimento alla tassazione in Italia della prestazione di trasporto di beni estero su estero resa a un soggetto passivo italiano (32). Il chiarimento di prassi risulta corretto e in linea con quanto stabilito dal legislatore comunitario, a meno che non si voglia sostenere la tesi dell accessorietà della prestazione di trasporto di beni rispetto all operazione principale di cessione di beni (33). Ciò che qui si pone in discussione è la scelta compiuta dal legislatore comunitario di applicare alle prestazioni di trasporto di beni i medesimi criteri di territorialità previsti per le prestazioni di servizi in generale, senza prevedere alcuna fattispecie derogatoria. Se si può condividere l idea di assoggettare a tassazione in generale le prestazioni di servizi nel Paese di stabilimento del committente (soggetto passivo) (34), risulta più problematico essere d accordo riguardo a quelle prestazioni di servizi (quali appunto i trasporti di beni) in cui è più immediato individuare il luogo di consumo (35). Se si è d accordo che la tassazione dei beni debba avvenire a destinazione, non si comprende per quale motivo ciò non debba accadere anche per le relative prestazioni di trasporto. Dott. Michele Dimonte (32) Cfr. circ. n. 12/E/2010, cit., par (33) Tale tesi provocherebbe ulteriori incertezze e contenzioso nell ambito dei diversi ordinamenti degli Stati membri. (34) Ciò dovrebbe garantire che l imposizione si verifichi nel luogo in cui avviene il consumo effettivo del servizio da parte del committente. Tuttavia, non è sempre così immediato stabilire dove una prestazione di servizi può dirsi consumata. (35) La stessa Direttiva Servizi, al sesto considerando, precisa che «in talune circostanze, le regole generali che disciplinano il luogo delle prestazioni di servizi rese a soggetti passivi [ ] non sono applicabili e dovrebbero applicarsi deroghe specifiche. Tali deroghe dovrebbero essere basate in gran parte sui criteri vigenti e riflettere il principio dell imposizione nel luogo del consumo, senza imporre oneri amministrativi sproporzionati ad alcuni operatori». Boll. Trib

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