Goldoni e Parini: approfondimento

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1 Goldoni e Parini: approfondimento L Illuminismo di Goldoni e Parini Secondo l Illuminismo l arte, e quindi anche la letteratura, deve ispirarsi alla ragione, a criteri di semplicità e di armonia e, nello stesso tempo, deve essere utile alla società. Carlo Goldoni La vastissima produzione teatrale di Goldoni (circa 120 commedie) è dominata dall intenzione di riformare la commedia dell arte. La critica dell autore coinvolge due aspetti: la comicità che è diventata buffoneria, con tratti di volgarità; l improvvisazione degli artisti, che rende lo spettacolo scontato e banale. Influenzato dall Illuminismo, Goldoni pensa, invece a un teatro aderente alla realtà, nelle trame, nel linguaggio, nei personaggi; un teatro che da semplice luogo di evasione fantastica diventi momento di riflessione su questioni reali. Egli sancisce, innanzitutto, la priorità del testo e nelle sue opere, rappresenta in modo realistico personaggi veri, psicologicamente definiti, che appartengono a vari ceti sociali: popolani, nobili, borghesi, di cui mette in luce pregi e difetti. Anche la lingua usata dagli attori non è artificiosa, ma è l italiano della borghesia del tempo e il dialetto veneziano parlato dai popolani. Poiché Goldoni è uno dei primi intellettuali borghesi che vivono del proprio lavoro, nel proporre le sue idee dovrà sempre fare i conti con il gusto del pubblico. La locandiera Ti proponiamo un passo tratto dalla Locandiera, la commedia goldoniana più amata dagli attori e dal pubblico. Protagonista è una donna, Mirandolina, proprietaria di una locanda di Firenze, che si destreggia abilmente tra due corteggiatori suoi ospiti, un marchese e un conte. Solo un terzo avventore, il Cavaliere di Ripafratta, sembra immune al fascino della locandiera Siamo all inizio della commedia. A Firenze, nella locanda di Mirandolina, il Marchese di Forlimpopoli e il Conte d Albafiorita, entrambi innamorati della giovane donna, discutono con il Cavaliere di Ripafratta sui loro sentimenti e i meriti di lei. Il Marchese è un nobile impoverito, mentre il Conte è un ricco borghese che ha comprato il titolo nobiliare: la loro diversa condizione sociale è un motivo ricorrente ed emerge anche nelle diverse modalità di corteggiamento; il Cavaliere, burbero e scontroso, è a Firenze per sbrigare i propri affari e, a differenza degli altri due ospiti, non ha tempo da perdere dietro alle donne, verso le quali prova solo disprezzo. Questo atteggiamento mette in moto la vicenda: Mirandolina, spinta dalla sua vanità femminile, decide di conquistare il cuore del Cavaliere. La vicenda si concluderà con il trionfo della locandiera, che con l arma dell intelligenza saprà far prosperare la sua attività commerciale e mettere in scacco l altezzoso Cavaliere di Ripafratta. È del resto proprio l intelligenza, insieme con l intraprendenza e il senso del dovere, la dote della nuova classe borghese, che nella Venezia di metà Settecento è in piena ascesa; tutt altra cosa rispetto

2 all inutilità della vecchia classe aristocratica, improduttiva ed arroccata sul superato concetto del prestigio e del rispetto del titolo. Il dinamismo di Mirandolina è anche la dote che mette in scacco la misoginia e il carattere superbo del Cavaliere. La conclusione della commedia è però nel segno dell ordine: Mirandolina, pur vincente, ammette d aver esagerato e rientra nei ranghi sposandosi con il suo cameriere Fabrizio, come le era stato consigliato dal padre morente. ATTO PRIMO. SCENA QUARTA II Cavaliere di Ripafratta dalla sua camera, e detti 1. CAVALIERE. Amici, che cos è questo romore? Vi è qualche dissensione fra di voi altri? CONTE. Si disputava sopra un bellissimo punto 2. MARCHESE. II Conte disputa meco sul merito della nobiltà. (Ironico.) CONTE. Io non levo il merito alla nobiltà: ma sostengo, che per cavarsi dei capricci, vogliono esser denari. CAVALIERE. Veramente, Marchese mio... MARCHESE. Orsù, parliamo d altro. CAVALIERE. Perché siete venuti a simil contesa? CONTE. Per un motivo il più ridicolo della terra. MARCHESE. Sì, bravo! il Conte mette tutto in ridicolo. CONTE. Il signor Marchese ama la nostra locandiera. Io l amo ancor più di lui. Egli pretende corrispondenza 3, come un tributo alla sua nobiltà. Io la spero, come una ricompensa alle mie attenzioni. Pare a voi che la questione non sia ridicola? MARCHESE. Bisogna sapere con quanto impegno io la proteggo. CONTE. Egli la protegge, ed io spendo. (Al Cavaliere.) CAVALIERE. In verità non si può contendere per ragione alcuna che io meriti meno. Una donna vi altera? Vi scompone 4? Una donna? che cosa mai mi convien sentire? Una donna? Io certamente non vi è pericolo che per le donne abbia che dir con nessuno. Non le ho mai amate, non le ho mai stimate, e ho sempre creduto che sia la donna per l uomo una infermità 5 insopportabile. MARCHESE. In quanto a questo poi, Mirandolina ha un merito estraordinario. CONTE. Sin qua il signor Marchese ha ragione. La nostra padroncina della locanda è veramente amabile. MARCHESE. Quando l amo io, potete credere che in lei vi sia qualche cosa di grande. CAVALIERE. In verità mi fate ridere. Che mai può avere di stravagante costei, che non sia comune all altre donne? MARCHESE. Ha un tratto 6 nobile, che incatena. CONTE. È bella, parla bene, veste con pulizia, è di un ottimo gusto. CAVALIERE. Tutte cose che non vagliono un fico. Sono tre giorni ch io sono in questa locanda, e non mi ha fatto specie veruna 7. CONTE. Guardatela, e forse ci troverete del buono. CAVALIERE. Eh, pazzia! L ho veduta benissimo. È una donna come l altre. 1 Detti. Sono i protagonisti della scena precedente, il Conte e il Marchese. 2 Sopra un bellissimo punto. Su un argomento molto interessante. 3 Pretende corrispondenza. Pretende che Mirandolina ricambi il suo amore. 4 Vi àltera? Vi scompone?. Vi rende litigiosi? Vi turba? 5 Infermità. Disgrazia. 6 Tratto. Portamento. 7 Specie veruna. Alcuna impressione.

3 MARCHESE. Non è come l altre, ha qualche cosa di più. Io che ho praticate le prime dame, non ho trovato una donna che sappia unire, come questa, la gentilezza e il decoro. CONTE. Cospetto di bacco! Io son sempre stato solito trattar donne: ne conosco li difetti ed il loro debole. Pure con costei, non ostante il mio lungo corteggio e le tante spese per essa fatte, non ho potuto toccarle un dito. CAVALIERE. Arte, arte sopraffina. Poveri gonzi! Le credete, eh? A me non la farebbe. Donne? Alla larga tutte quante elle sono. CONTE. Non siete mai stato innamorato? CAVALIERE. Mai, né mai lo sarò. Hanno fatto il diavolo per darmi moglie, né mai l ho voluta. MARCHESE. Ma siete unico della vostra casa: non volete pensare alla successione? CAVALIERE. Ci ho pensato più volte ma quando considero che per aver figliuoli mi converrebbe soffrire una donna, mi passa subito la volontà. CONTE. Che volete voi fare delle vostre ricchezze? CAVALIERE. Godermi quel poco che ho con i miei amici. MARCHESE. Bravo, Cavaliere, bravo; ci goderemo. CONTE. E alle donne non volete dar nulla? CAVALIERE. Niente affatto. A me non ne mangiano sicuramente. CONTE. Ecco la nostra padrona. Guardatela, se non è adorabile. CAVALIERE. Oh la bella cosa! Per me stimo più di lei quattro volte un bravo cane da caccia. MARCHESE. Se non la stimate voi, la stimo io. CAVALIERE. Ve la lascio, se 8 fosse più bella di Venere. 8 Se. Anche se.

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7 Giuseppe Parini Parini, scrittore di umili origini, ha la possibilità di frequentare, in qualità di precettore, la nobiltà milanese, che egli, pertanto, osserva e conosce nei suoi vizi, ridicolizzati nel Giorno. Il poeta, però, è un illuminista moderato: secondo lui l aristocrazia non deve essere soppiantata, ma solo perdere i propri vizi, diventare una classe propositiva e moderna in grado di guidare le riforme necessarie alla società, una classe, insomma, meritevole dei privilegi che ha ereditato. Il Giovin Signore del Giorno è decisamente lontano da questo modello: per esempio, al momento del risveglio, nel Mattino, le sue gravi preoccupazioni sono sbadigliare e stropicciarsi gli occhi in maniera aristocratica, oppure scegliere tra il caffè e la cioccolata per colazione (per ottenere tali bevande, ben si giustificano, dichiara il narratore/precettore, la conquista sanguinosa delle Americhe e il lavoro massacrante in terre lontane ). La vergine cuccia Nell episodio della vergine cuccia, come sempre nel poema, la narrazione è condotta dal punto di vista del mondo aristocratico. In particolare, qui è assunta l ottica della Dama. Ciò spiega l umanizzazione della cagnetta ( alunna, vezzeggiando, parea dicesse ) e addirittura la sua divinizzazione ( idol ); e spiega anche la criminalizzazione del servo, il cui piede è villan e sacrilego. La scelta di parole rare e raffinate e di frasi complesse, qui e in tutto il poema, appare sproporzionato rispetto al contenuto, che è banale e nient affatto divino o eroico: anche lo stile, perciò, avverte il lettore che il punto di vista esplicito del racconto va rovesciato.

8 Nel caso della vergine cuccia, però, al punto di vista del potere, cinico e disumano, si affianca un punto di vista alternativo, che ne prende il posto: ciò succede a partire dal verso L empio servo tremò; con gli occhi al suolo. Empio, così come l espressione misfatto atroce, prolungano il punto di vista precedente, ma ci sono anche numerosi segnali di pietà verso il servo e di indignazione verso i suoi persecutori ( tremò, con gli occhi al suolo, a lui non valse a lui non valse, in van, nudo, il misero si giacque, squallida prole, nuda consorte, inutile lamento, vittime umane ).