6 Esistono suoni impronunciabili se non si è un parlante nativo?

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1 6 Esistono suoni impronunciabili se non si è un parlante nativo? Prima di affrontare il problema generale, che richiede una discussione articolata, può essere utile sgombrare il campo da un equivoco diffuso: è vero che ci sono lingue che sono parlate a velocità molto maggiore di altre? Se questo fosse vero, ne renderebbe ovviamente più difficile la percezione. Laver, un fonetista che ha studiato approfonditamente il problema, è pervenuto alla seguente conclusione: 'The analysis of phenomena such as rate is dangerously open to subjective bias... listeners' judgments rapidly begin to lose objectivity when the utterance concerned comes either from an unfamiliar accent or (even worse) from an unfamiliar language.' Dunque, quello che fa veramente la differenza nella nostra percezione della velocità di eloquio è la familiarità con la lingua che ascoltiamo: meno familiare è, maggiore l'impressione che sia veloce. Questo non significa che non esistano differenze di velocità di eloquio; queste sono però dovute a fattori individuali (si parla più o meno velocemente in base al temperamento e l'età: gli anziani, p.e., tendono a parlare più lentamente dei giovani) e alla situazione comunicativa. Infatti, più la padronanza di una lingua aumenta, più l'impressione che sia veloce diminuisce. A giudicare dalla parodia dell'italiano che parla inglese a Malta (la scelta è normalmente tra arabo maltese e inglese, il che non lascia aperte molte opzioni praticabili), la risposta alla domanda iniziale sembra essere tragicamente positiva. Il testo qui sopra si trova su una cartolina molto popolare sull'isola. C'è da chiedersi che cosa abbiano fatto gli italiani per meritarsi questa fama poco lusinghiera come pronunciatori delle lingue, dell'inglese in particolare. Ovviamente, la ragione non ha nulla a che fare con questioni genetiche (non esistono popolazioni geneticamente più predisposte di altre all'apprendimento delle lingue), ma culturali, legata alla tradizione di insegnamento delle lingue straniere. Ma non essendo questo l'argomento in discussione, lasceremo cadere qui questa questione, peraltro molto complessa. FONETICA Per rispondere alla domanda generale è necessario addentrarsi nella fonetica, che studia i suoni del linguaggio u- mano, che sono l'elemento base del significante: ne sono i mattoni, come l'immagine seguente del cosiddetto segno linguistico illustra: Questo significa che una parola, per fare l'esempio più tipico di 'segno', consiste di un involucro che rappresenta, dà voce a, un significato e del significato stesso. Il significante di ogni lingua umana parlata è fonico: consiste di segnali sonori. I gesti sono la seconda scelta, per gli esseri umani: forniscono il materiale per costruire il significante per individui sordi; i segni che costituiscono la scrittura rimandano alla lingua parlata, non la sostituiscono. La fonetica studia come i suoni vengano prodotti, in che cosa consistano e come vengano recepiti dall'orecchio, esterno e interno, e dalla parte del cervello a questo adibita: FONETICA ARTICOLATORIA creazione del suono ACUSTICA prodotto sonoro UDITIVA ricezione del suono L'aspetto più rilevante in questo contesto è la fonetica articolatoria, quella più direttamente connessa alla comprensione dei fenomeni fonologici e che ha più ricadute sull'apprendimento e insegnamento di una lingua straniera (o anche standard, nel caso degli studi di dizione). Saper pronunciare (e discriminare) i suoni di una lingua significa molto più che articolare i foni "equivalenti alle lettere dell'alfabeto"; oltre che (1) articolare i foni che compongono l'inventario di una lingua, occorre (2) silla-

2 Lingue e linguaggio tra mito e realtà. Corso di sopravvivenza contro miti e pregiudizi linguistici bificare gli stessi (i.e. raggrupparli in sillabe permesse dalla lingua), (3) metrificare le sillabe (i.e. assegnare la prominenza a ciascuna di esse, cioè il ritmo), (4) infine, occorre intonare le sequenze ottenute, nello specifico frasi e parti di frase (i.e. assegnare la giusta intonazione, in funzione delle loro proprietà sintattiche generali, in primis, e pragmatiche, in secondo luogo). L'esempio seguente (la parola è alberello) illustra ( 1 = accento primario, 2 = secondario; M = tono medio, B = basso, D = discendente): 1. (ART.) a. l. b. e. r. e. l:. o 2. (SILL.) al be rel lo 3. (METR.) al 2 be rel 1 lo \ 4. (INT.) al 2 be rel 1 lo? M B B D La teoria fonetica offre degli strumenti preziosi per l'apprendimento della pronuncia di una lingua straniera, specie in età adulta, quando le capacità imitative normalmente non sono le stesse di quelle di un bambino, specie nei primi anni di vita. Il metodo fonetico dell'apprendimento della pronuncia delle lingue si fonda sulla conoscenza e- splicita dell'apparato fonatorio, in particolare degli articolatori, e della loro fisiologia (i movimenti che compiono per modificare il flusso d'aria proveniente dai polmoni). La consapevolezza di come i suoni linguistici vengono prodotti va unita alla cinestesia, la capacità di percepire i movimenti del proprio corpo, in particolare degli articolatori, per quel che qui ci interessa. La cinestesia è un a- spetto della propriocezione, il senso che ci permette di autosentirci. Va detto che quanto più un articolatore è a- vanzato, tanto è più facile rendersi conto dei suoi movimenti, analogamente a quanto è più facile osservarne i movimenti dall'esterno: Osservare i movimenti della labbra è banale, quelli della parte anteriore della lingua facile, quelli del dorso della lingua abbastanza facile, quelli della radice difficile; osservare il movimento del velo palatino è impossibile, come anche i movimenti delle corde vocali (non a caso, i tipici errori di pronuncia da parte di un sordo che parli una lingua verbale sono connessi a questi due articolatori, a meno che non riceva un addestramento logopedico specifico). Nel sistema fonetico ogni suono linguistico articolato ('fono') è descritto e categorizzato; inoltre, è rappresentato graficamente tramite l'alfabeto Fonetico Internazionale, (in breve IPA, dall'inglese International Phonetic Alphabet). L'IPA è un alfabeto perché ciascuna lettera è in relazione con un fono ed è perfetto perché la corrispondenza tra foni e lettere è perfettamente biunivoca: a una sola specifica lettera corrisponde un solo specifico fonema e 2 viceversa. Non esistono digrammi (p.e. gn) né lettere mute (p.e. h in hanno) né lettere ambigue (p.e. e in pesca) né foni ambiguamente scritti (p.e. [k] scritto come c o ch o anche come q prima di [w]) né foni "ciechi" (i.e. foni che vengono ignorati dalla scrittura; p.e. le vocali breve nelle scritture consonantiche semitiche). È fonetico perché trascrive solo quello che viene effettivamente pronunciato: ignora come una parola sia scritta nell'ortografia di una lingua o come una forma veniva pronunciata in passato (i.e., non presenta ortografie etimologiche, p.e. q in italiano, che aveva senso solo in latino) o i diacritici (p.e. l'apostrofo, senza contenuto fonetico) o le maiuscole (anch'esse senza contenuto fonetico), ecc. È internazionale perché è in grado di trascrivere qualsiasi fono di qualsiasi lingua del mondo in modo uniforme (p.e. la semiconsonante palatale sarà trascritta [j] per qualsiasi lingua, a prescindere da come questo fono venga trascritto nei singoli sistemi di scrittura: i, j, y, ι,,י,ي ecc.). Insomma, è un alfabeto fonetico universale (sebbene si basi sull'alfabeto latino). APPARATO FONATORIO L'apparato fonatorio consiste essenzialmente nei polmoni, che forniscono l'aria per la fonazione, la cavità faringea, la cavità orale, la cavità nasale. (Va detto che quello pneumonico, pur essendo il modo di fonazione incomparabilmente più utilizzato nelle lingue del mondo, non è esclusivo: esistono lingue che presentano nel loro inventario fonologico anche suoni non articolati tramite la corrente polmonare; trattandosi, però, di lingue di scarso interesse didattico, lasceremo cadere la questione qui.) Nella faringe si trova la laringe, il primo articolatore che la corrente d'aria incontra nel suo percorso, che contiene le corde vocali. Tra la cavità faringale e quella orale si trova il velo palatino, il secondo articolatore, che abbassandosi mette in comunicazione la faringe con la cavità nasale. Nella cavità orale si trovano l'articolatore per eccellenza, la lingua, e le labbra, in particolare il labbro inferiore, in grado di compiere diversi movimenti. Tutti i foni di tutte le lingue del mondo sono prodotti dall'interazione di questi articolatori, che modificano l'aria proveniente dai polmoni (ma v. sopra), la quale passa prima attraverso la cavità faringea, poi attraverso la cavità orale e, se il velo palatino è abbassato, attraverso la cavità nasale. La lingua, in realtà, consiste di fatto di tre articolatori diversi,

3 Marco Svolacchia indipendentemente attivabili, anche contemporaneamente: radice, dorso e corona (la parte anteriore). Pertanto, gli articolatori sono sei: corde vocali, velo palatino, radice, dorso, corona, labbro/a. Una rappresentazione più analitica dell'apparato fonatorio è la seguente: Questo vale per tutte le lingue del mondo. Suoni misteriosi non ne esistono. Questo vuol dire che una buona descrizione fonetica, e l'ipa in particolare, col suo sistema di trascrizione dei foni, mette in condizione di descrivere la pronuncia di qualsiasi lingua del mondo; con un po' di esercizio, anche di pronunciare con buona approssimazione qualunque fono di qualunque lingua del mondo. Questo è particolarmente utile, ai fini pratici dei più, per pronunciare correttamente le parole delle lingue con ortografie opache come il francese o, ancor di più, l'inglese che sono poco affidabili per risalire alla pronuncia di una parola che non si conosce, in particolare quando la si legge senza mai averla sentita pronunciare. Generalmente, tutti i moderni dizionari sono corredati della pronuncia di un'entrata lessicale, espressa tramite una trascrizione IPA. La laringe è l'articolatore che più ha subito trasformazioni nel corso della nostra filogenesi. Se si confronta la posizione della nostra laringe con quella di un primate vicino alla nostra linea evolutiva (p.e. un gorilla, come nella figura in basso), si constata che la nostra è posta molto più in basso lungo il canale faringeo. Nei primati la laringe è posta immediatamente sotto la radice della lingua; questa posizione è funzionale: serve a proteggere le vie aeree dall'ingresso di cibo, liquidi e altri agenti estranei. Questo significa che un primate non umano, a differenza di uno umano, può contemporaneamente mangiare ed emettere dei richiami senza conseguenze. Si parla di questo fenomeno 3 evolutivo che ha interessato la linea umana (Homo) in termini di 'discesa della laringe' o 'abbassamento della l.'. È interessante notare (conformemente al noto aforisma di E.H. Haeckel: 'L'ontogenesi è una ricapitolazione della filogenesi') che nei neonati la laringe ha ancora lo stesso assetto che nei primati non umani: solo dopo qualche settimana scende nella posizione "umana". Qual è stato il vantaggio evolutivo della discesa della laringe? La questione è molto discussa e l'ipotesi attualmente più accreditata è che non abbia nulla a che vedere col linguaggio, ma che serva a spaventare eventuali aggressori: la posizione abbassata della laringe crea dello spazio libero superiore che viene utilizzato come amplificatore, permettendo al suono di aumentare di intensità e di gravità, dando l'impressione che chi lo produce sia più grande di quanto sia realmente (sarebbe il parallelo uditivo della strategia visiva del gonfiarsi, come avviene, tipicamente, in alcuni rettili e uccelli). Qualunque sia la ragione della sua affermazione, sta di fatto che questa innovazione è stata utilizzata con successo dalla nostra specie ai fini del linguaggio: il maggiore spazio sopralaringeo così creato non solo amplifica il suono, aumentandone l'udibilità, ma ne migliora la qualità, aumentando la percettibilità delle distinzioni di suono. Il linguaggio umano, come vedremo, utilizza ampiamente distinzioni di suono anche molto fini per dare voce alle parole. Questo permette di utilizzare molti più foni per rappresentare le parole di quanto non sarebbe possibile se la nostra specie non disponesse dei mezzi per creare delle differenze di suono ben percepibili da un o- recchio umano: comporterebbe la necessità, poco economica, di parole molto più lunghe. In conclusione, la discesa della laringe non si sarebbe verificata per favorire il linguaggio, ma è stata da questo utilizzata in seguito, perché adattiva. Il linguaggio può al massimo aver esercitato un'azione di rinforzo. In biologia, per situazioni di questo tipo si parla di esaptazione ('l'uso della posizione ribassata della laringe ai fini linguistici è un'esaptazione del suo uso a fini difensivi'). In realtà, tutto il cosiddetto 'apparato fonatorio' è un'esaptazione di organi formatisi con altre funzioni e che, si noti, continuano ad avere un'altra funzione. Non solo; l'altra funzione è ancora quella primaria: i polmoni servono in primis a respirare; la laringe ha ancora una funzione protettiva delle vie aeree; il velo palatino serve a mettere in comunicazione la cavità nasale con la faringe, permettendo all'aria esterna filtrata dal naso di raggiungere i polmoni; la lingua è primariamente un organo del gusto, connesso all'alimentazione, come anche le labbra. Pertanto, nessuno degli "organi dell'apparato fonatorio" ha come funzione principale la fonazione: si tratta di una grande esaptazione aggiuntiva (non, si noti, sostitutiva). Se non fossimo così abituati a parlare e vedere gente che parla, saremmo stupiti di come riusciamo ad articolare elementi e

4 Lingue e linguaggio tra mito e realtà. Corso di sopravvivenza contro miti e pregiudizi linguistici strutture di suono molto complessi continuando a respirare in modo pressoché naturale come nulla fosse. Considerazioni analoghe valgono per la capacità respiratoria. La conformazione della laringe umana ha ridotto la nostra capacità aerobica, come si deduce chiaramente confrontando il rapporto tra laringe e trachea nella nostra specie, nel cavallo e nel cane. È evidente che la trasformazione subita dalla nostra laringe ha avuto un effetto sul rapporto costo-benefici: mentre il linguaggio ne ha beneficato, il rovescio della medaglia è stato una minore protezione della trachea e una minore capacità aerobica. La laringe, un organo cartilagineo (con piccoli muscoli, legamenti, fasce connettive e mucose) contiene le corde vocali, che a dispetto del nome hanno poco a che vedere con delle corde: si tratta di formazioni tendinee. Per questo sono anche denominate 'pieghe o pliche vocali' (in inglese, vocal chords o vocal folds, sono etimologicamente equivalenti alle denominazioni italiane). Le CV sono attivabili in due parti autonome: le CV in senso stretto e le aritenoidi (la parte bassa), come la figura seguente illustra: Se le CV e le aritenoidi sono entrambe divaricate il suono prodotto sarà 'sordo', i.e. senza l'aggiunta di vibrazione (fig. in alto); se entrambe sono accostate, il risultato sarà la produzione del 'tono glottidale', i.e. la vibrazione (fig. 4 sn.); se, infine, le CV sono accostate ma le aritenoidi sono divaricate si avrà un suono bisbigliato (come quando si parla a bassa voce per farsi sentire solo a distanza molto ravvicinata): l'aria non metterà in vibrazione le CV perché uscirà solo attraverso le aritenoidi, che non offrono resistenza (fig. dx). Esistono altre configurazioni che le CV possono assumere e che, in un modo o nell'altro, vengono utilizzate nelle diverse lingue: Tra le più significative, (2) è la configurazione assunta nella respirazione profonda (quando abbiamo bisogno di prendere la massima quantità di aria possibile, p.e. sotto sforzo); (5) è l'assetto occlusivo: si esercita una grande pressione laterale sulle CV e aritenoidi, tale che l'aria dei polmoni non riesca a vincerne la resistenza; ne risulta un aumento della pressione sottolaringea, a cui segue un'esplosione; è il familiare colpo di tosse, ma che è utilizzato linguisticamente in alcune lingue. La velocità e la precisione di questo organo fonatorio sono impressionanti. Le variazioni di assetto sono rapidissime: un ciclo completo di chiusura e riapertura, come nella sequenza seguente, dura pochissimi centesimi di secondo: La lingua può assumere diverse forme, che producono differenze sonore ben percepibili. Può essere piatta (come per la pronuncia di [t]), "solcata" (cioè concava, con tensione delle lamine, le parti laterali della lingua), che produce suoni sibilanti (solo un canale centrale è lasciato libero al passaggio dell'aria, che fuoriesce quindi con maggiore pressione, quindi acutezza, generando quella sorta di fischio, sibilo, da cui prendono il nome; p.e. [s]), infine contratta di lato (cioè convessa, con attivazione della sola parte centrale): l'aria fuoriesce solo di lato alla lingua, producendo i foni 'laterali' (p.e. [l]):

5 Marco Svolacchia Le labbra, a loro volta, possono assumere forme diverse. L'apertura dipende dal movimento del dorso della lingua; l'arrotondamento, invece, è indipendente e può essere utilizzato da una lingua per distinguere foni diversi: La figura seguente mostra la relazione tra apertura delle labbra e posizione della lingua nell'articolazione delle vocali: più la lingua è abbassata, più le labbra sono aperte: Quando il velo palatino è sollevato, l'aria fuoriesce unicamente attraverso al cavità orale: il fono sarà orale (sn); quando il velo palatino è abbassato, l'aria accede anche alla cavità nasale: il fono sarà nasalizzato (dx): Affinché un fono sia nasale, la cavità orale deve essere completamente ostruita; per questo i foni nasali sono occlusivi ([m] è come [b], eccetto che per l'abbassamento del velo palatino). La posizione di riposo dell'apparato fonatorio, i.e. quando non è posizionato per parlare, è la seguente (una nasale misto labiale e coronale), col velo palatino abbassato, per consentire la respirazione nasale: Tradizionalmente, si distingue tra consonanti e vocali; la differenza non è convenzionale, ma reale. Quello che è convenzionale, piuttosto, è la loro definizione tradizionale: una vocale sarebbe un fono articolato senza ostruzione (i.e. senza alcun articolatore orale che intervenga), mentre le consonanti sarebbero foni ostruiti (da un articolatore orale). La realtà è più complessa: esiste una linea soglia che determina la discriminazione tra vocali e consonanti, al di sotto della quali i foni vengono categorizzati dal cervello come vocali, con tutte le differenze fonologiche che ne conseguono (p.e. per la sillaba): [a] è uno de foni meno ostruiti possibili, [p, b, t, d, k, g] i più ostruiti possibile: sono detti occlusivi, in quanto articolati con la completa ostruzione della cavità orale, a cui segue il rilassamento dell'articolatore impegnato, con esplosione della corrente d'aria (per cui sono chiamati anche 'esplosivi'). [j] è un fono molto simile a [i], una vocale, ma è articolato col dorso della lingua leggermente più in alto, presso la soglia vocale/consonante: ne risulta una categorizzazione ibrida, per cui si comporta in parte come una vocale, in parte come una consonante (da cui il nome di 'semiconsonante'; una versione leggermente più aperta come, p.e., in mai è chiamata a volte 'semivocale'): Le immagini schematiche che rappresentano i foni sono chiamate spaccati sagittali. Di seguito gli spaccati sagittali delle consonanti dell'italiano (per economia di spazio vengono ignorate le CV). CONSONANTI LABIALI (labbro inferiore contro labbro o incisivi superiori) OCCLUSIVE [p], [b] NASALE [m] solo sonora FRICATIVE [f], [v] Labbro inferiore contro incisivi superiori: il passaggio dell'aria è parzialmente ostruito. 5

6 Lingue e linguaggio tra mito e realtà. Corso di sopravvivenza contro miti e pregiudizi linguistici CORONALI (contro denti o alveoli) OCCLUSIVE [t], [d] La corona va a posizionarsi contro gli incisivi (in italiano) o contro gli alveoli (in inglese, come nella figura). NASALE [n] solo sonora DORSALI (dorso contro velo palatino). OCCLUSIVE [k], [g] NASALE [ŋ] solo sonora FRICATIVE [s], [z] LATERALE solo sonora VIBRANTE La punta della lingua si alza e si abbassa per 2/3 volte, passando da una posizione come [d] a una vocalica. CORONO-PALATALI (corona contro alveoli e pre-palato) FRICATIVE ʃ come in sci ʒ come in garage DORSO-PALATALI (dorso della lingua contro palato). LATERALE [ʎ] come in paglia FONI PARTICOLARI di LINGUE FAMILIARI INTERDENTALI [Q, D] (corona sotto incisivi) inglese; arabo; spagnolo (solo la sorda) [K] 'dark el' (anche il dorso si solleva); (i.e. 'elle' in coda di sillaba; p.e. Bill) [Ö] 'erre' inglese (retroflessa) r uvulare francese, tedesco, erre moscia (non è la corona che vibra contro i denti, ma la radice della lingua contro l'uvula) NASALE [ɲ] solo sonora come in gnomo 6

7 Marco Svolacchia TABELLA IPA DELLE CONSONANTI VOCALI Le vocali sono foni prodotti con un numero minore di scelte di articolazione: sono solo sonore e solo il dorso della lingua viene impiegato. La loro differenziazione dipende dal movimento orizzontale del dorso (anteriore, centrale, posteriore, ecc.) e dall'altezza del dorso (alto, medio, basso, ecc.). Possono essere nasalizzate (velo palatino abbassato), rilassate o tese (radice della lingua arretrata o avanzata), neutre o arrotondate (labbra protese). Tutte le vocali sono articolate con poca ostruzione, sotto la linea di soglia consonante/vocale. La figura seguente mostra l'insieme dei moventi vocalici del dorso della lingua nella cavità orale (le vocali posteriori sono notate con una linea discontinua): Da questo deriva la pratica di categorizzare le vocali tramite il trapezio vocalico, una versione schematica dello spazio vocalico nella cavità orale. Le vocali estreme sono dette 'vocali cardinali' perché vengono utilizzate per individuare le altre: Le vocali dell'italiano sono le seguenti: Una versione completa del trapezio vocalico, che distingue vocali neutre e arrotondate è la seguente (le arrotondate sono nel trapezio a destra): Nella figura si vedono le articolazioni per [e] (dorso in avanti) e [o] (dorso indietro), entrambe articolazioni medioalte: Se si uniscono i punti estremi dello spazio vocalico (lo spazio toccato dal dorso della lingua per articolare le vocali) si ottiene un trapezio, i cui angoli in alto corrispondono a [i] (anteriore) e [u] (posteriore) e quelli in basso corrispondono a [æ] (anteriore) e quello in basso a [ɑ] (posteriore): L'inventario dei foni che l'italiano utilizza per distinguere le parole è il seguente (le affricate sono foni composti: cominciano con una fase occlusiva e terminano con una fricativa): LABIALI CORONALI PALATALI DORSALI OCCLUSIVE p b t d k g AFFRICATE ts dz ts dj FRICATIVE f v s S NASALI m n ù LATERALI l á 7

8 Lingue e linguaggio tra mito e realtà. Corso di sopravvivenza contro miti e pregiudizi linguistici VIBRANTI ALTE i u MEDIOALTE e o MEDIOBASSE E O BASSE a Fonologia dell inglese CONSONANTI p b t d k g r f v Q D s z S [J] h m n [N] l Ö Le consonanti evidenziate in rosso non esistono in italiano e costituiscono potenzialmente un problema di pronuncia per un italiano. Seguono alcuni esempi delle consonanti inglesi (si noti che alcune consonanti ricorrono solo in fine di parola ([J] e [N]), una solo in inizio ([h]): INIZIALE MEDIA FINALE p pat caper tap b bat labour tab t tap button bat d dad ladder pad k cad sicker talk g gab dagger gag f file beefy thief v vile saving crave Q thin author breath D then weather breathe s sin mason kiss z zebra posit pose S shame lashes push J measure rouge ts chin kitchen pitch dj jury bludgeon fudge m moon dummy room n noon sunny spoon [N] singer sing h hen r red berry (deer) l lot silly mill VOCALI Il vero problema potenziale per la pronuncia dell'inglese da parte di un italiano è rappresentato dalle vocali, che differiscono notevolmente da quelle dell'italiano. Le vocali dell'inglese sono di due tipi: rilassate e tese. Le rilassate sono relativamente brevi, centralizzate e articolate con poco sforzo (si confrontino con le equivalenti tese, ts dj lunghe, tese e pronunciate all'estremità del trapezio vocalico): La vocale più rilassata è [ə], detta 'schewa', anche denominata 'vocale centrale' o 'vocale indistinta': entrambe le denominazioni fanno riferimento al fatto che è pronunciata e- sattamente al centro del trapezio vocalico, per cui è di difficile categorizzazione per chi non ce l'abbia nella propria lingua. In inglese ricorre solo in sillaba debole (senza accento). In italiano non esiste, ma c'è in molti dialetti di tipo meridionale (come, p.e., nella pronuncia napoletana di pane). Seguono esempi per ciascuna vocale, con alcune coppie minime (parole in tutto uguale salvo che una proprietà di suono; a sinistra le vocali rilassate/brevi, a destra quelle tese/lunghe): bit i beat e bed æ bad full u fool lot o lord but large ə about ə bird È propria questa la caratteristica della pronuncia dell'inglese che nella storiella sulla cartolina maltese provoca tutti gli equivoci e l'indignazione conseguente (piss vs. piece/pease; shit vs. sheet; fuck vs. fork), e che ha innescato la satira del bontempone maltese che ne è stato l'autore. Al di là della parodia, è purtroppo vero che molti italiani sono mediocri pronunciatori di lingue, dell'inglese in particolare. Fonologia del francese FONI DEL FRANCESE NON PRESENTI IN ITALIANO Le principali difficoltà di pronuncia del francese per un italiano sono le vocali, presentando vocali anteriori arrotondate e vocali nasalizzate (si noti anche lo schewa, che in francese è arrotondato): vocali anteriori arrotondate y pure ø peu œ cœur vocali nasalizzate õ bon ã manger ẽ vin /è/ ( schewa arrotondato): petit /E, O / sillaba atona: spectacle, horloge Per un italiano è difficile pronunciare queste vocali in sillaba atona (= non accentata), perché tenderà a pronunciarle "chiuse" (i.e. medioalte) come in italiano (applicando un automatismo: p.e. cielo [ɛ] celeste [e]). 8

9 Marco Svolacchia /z/ zéro; /J/ jardin Le uniche due consonanti potenzialmente difficili per un italiano sono le fricative sonore, che non esistono in italiano come foni autonomi. /z/ tende a essere pronunciato [dz] e [ʒ] come [dʒ], i.e. sostituendo le fricative inesistenti in italiano con le affricate equivalenti, esistenti in italiano. Pronuncia di E grafica [e] SILLABA APERTA ATONA béton, spécial [E] SILLABA CHIUSA ATONA veston, spectacle élevé [elwve] > [Elve] La caduta di schewa induce risillabificazione, quindi apertura vocalica. SILLABA TONICA CHIUSA [E] colère, oreille, conquête SILLABA TONICA APERTA [e]: livrée livret caché cachet chanter chantait Schewa: generalizzazione a. [ə] non può essere cancellato se la sua omissione produce una sillaba illegittima. b. La cancellazione è opzionale negli altri casi, in funzione della velocità d eloquio e dello stile. POSSIBILE IMPOSSIBILE peloton, secours, fuselé, petit, monsieur, dedans, atelier, se trouver, cheval redis je te le demande le demande, je te le demande je ne le redis pas (gli schewa evidenziati possono non essere pronunciati; gli altri debbono esserlo) Fonologia del tedesco CONSONANTI LABIALI CORONALI PALATALI VELARI UVULARI LARINGALI p b t d k g pf ts ts f v s z S x h m n [N] l Le consonanti che non esistono in italiano sono evidenziate in rosso. Si noti l'affricata labiale [pf], rara nelle lingue del mondo, e [x], presente anche in greco e spagnolo. La 'erre' tedesca è uvulare, come in francese e come un tipo molto comune di 'erre moscia'. VOCALI Anche nel tedesco la vera difficoltà è rappresentata dal vocalismo, con la distinzione tra vocali brevi-rilassate e lunghe-tese, già vista per l'inglese (si noti anche lo schewa) e con la distinzione tra anteriori neutre e arrotondate, già vista per il francese: ATTACCO OBBLIGATORIO In tedesco nessuna sillaba può cominciare con una vocale; se una sillaba non è provvista di una consonante, questa viene assegnata automaticamente; la consonante assegnata è l'occlusiva glottidale: a. ver-[?]eist ghiacciato vs. ver-reist partito (verbo) b. The[?]ater Arabo egiziano L'arabo è un esempio di lingua ricca di consonanti, un buon numero delle quali non esistono in italiano (in particolare le consonati 'gutturali', i.e. pronunciate molto indietro nell'apparato fonatorio). L'inventario consonantico seguente è dell'arabo parlato in Egitto: L C P V U F L b t d ŧ đ k g q? f Q D s z ᵴ ƶ S X Ú / h m n l r j w Si notino le consonanti faringalizzate [ŧ, đ, ᵴ, ƶ] (pronunciate con l'aggiunta dell'innalzamento della radice della lingua, similmente alla 'dark l' dell'inglese) e le gutturali (i.e. post-velari), con l'occlusiva glottidale [?]. Un aspetto interessante della fonologia dell'arabo riguarda la pronuncia dell'articolo definito, il, che varia in funzione della consonante iniziale della parola seguente. Se questa comincia con una "lettera solare" (la denominazione tradizionale si spiega col fatto che 'sole' in arabo, Sams, comincia con una "lettera solare") [l] dell'articolo si assimila; se la parola seguente comincia con una "lettera lunare" (come appunto qamar 'luna') non si assimila: LETTERE SOLARI (+ASSIMILAZIONE) LETTERE LUNARI ( ASSIMILAZIONE) Q, D iq-qaman, id-dahab f, b funduq, bajt t, d it-ta?riix, id-dars m madiina s, z is-saa/a, iz-zajt j jawm ŧ, đ iŧ-ŧaa?ira, iđ-đajf k, g ilkursi, gamal ᵴ, ƶ iᵴ-ᵴadiiq, iƶ-ƶuhr w walad S is-sams 'sole' q qamar 'luna' 9

10 Lingue e linguaggio tra mito e realtà. Corso di sopravvivenza contro miti e pregiudizi linguistici n in-nahr X, Xamr, urfa l il-laban Ú, / Úamdu, /ajn r ir-ra?s?, h?ab, hawaa? Su quale proprietà di suono si basa questa regola di pronuncia? Presto detto: tutte e solo le consonanti "solari" sono coronali, i.e. pronunciate con la parte anteriore della lingua; nessuna delle consonanti "lunari" sono pronunciate con la corona (sono labiali, dorsali, radicali e laringali). Questo esempio mostra un altro aspetto dell'apprendimento della pronuncia di una lingua straniera: non basta imparare ad articolare i singoli foni, ma occorre imparare, tra l'altro, anche le regole di pronuncia che dipendono dal contesto (p.e., in italiano il prefisso negativo in- ha una pronuncia variabile a seconda della consonante della parola a cui si attacca: in-possibile, in-felice, in-trovabile, in-civile, in-credibile, ma il-logico, ir-regolare; si tratta di una regola molto simile a quella dell'arabo). CONCLUSIONI La morale di questa lunga discussione è che non esistono suoni impronunciabili per chi apprende una lingua straniera: tutti i suoni linguistici sono fatti della stessa materia e sono emessi dagli stessi apparati fonatori. Non esistono "bocche" straniere. Con questo non si vuole dire che non esistano differenze tra le lingue del mondo; al contrario, la ricerca linguistica dell'ultimo secolo, condotta sulle più svariate lingue del mondo alcune delle quali molto lontane geneticamente, spazialmente e tipologicamente dalle lingue europee ha chiarito in quale misura le lingue possano differire riguardo al suono linguistico, che non è né tanto né poco (i non addetti ai lavori tendono, a seconda dei casi, a sopravvalutare o a sottovalutare le differenze esistenti tra le lingue). Tuttavia, un bambino piccolo, qualunque sia il DNA e la cultura dei suoi genitori, imparerà perfettamente qualsiasi sistema di suoni di qualsiasi lingua del mondo, senza bisogno di metodi di apprendimento o di insegnamento, e senza sforzo, a patto che sia esposto sufficientemente a una lingua. Da adulti le cose vanno un po' diversamente: con l'arrivo della pubertà, l'"istinto per il linguaggio", come qualcuno l'ha chiamato, si indebolisce sensibilmente. In realtà, già da prima la capacità di sentire i suoni per quello che sono, senza il filtro del proprio sistema di suoni (il 'filtro fonologico', come qualcuno l'ha chiamato), non è più la stessa. In queste condizioni c'è la possibilità che la semplice imitazione, per quanto sia l'approccio più consigliabile in prima battuta (immensamente migliore che cominciare dalla scrittura, per intenderci), possa non essere sufficiente: mentre non si riscontrano vere differenze di apprendimento tra i bambini, tra gli adulti la capacità discriminatoria e imitativa può essere sensibilmente diversa, per motivi affatto chiari. In ogni caso, per quanto un adulto possa essere dotato, quasi inevitabilmente lascerà qualche ferito sul terreno, i.e. fallirà nell'apprendere alcuni elementi della pronuncia della lingua straniera. In tutti i casi in cui l'istinto viene meno, il metodo fonetico può essere di grande aiuto (insieme alla teoria fonologica, di cui parleremo in seguito). In particolare, l'ipa è uno strumento formidabile per studiare la pronuncia reale di parole e frasi, evitando di affidarsi alla scrittura, con tutte le conseguenze del caso: pronunce ortografiche, dipendenza dalla vista più che dall'udito e apprendimento di pronunce idealizzate (lente, iperarticolate, artificiose). Nello specifico, come sarà risultato evidente dalla precedente discussione, è la diversità di un elemento o proprietà di suono, rispetto alla propria lingua, che rappresenta il maggiore ostacolo all'apprendimento. Proprio in questi casi la teoria fonetica (e fonologica) possono essere di grande aiuto. Un esempio di differenza notevole è nell'uso dell'intonazione, che in italiano e in molte altre lingue più familiari viene usata solo per differenziare frasi o parti di frase (p.e. una frase affermativa da una interrogativa o una imperativa, ecc.). In alcune lingue l'intonazione viene utilizzata anche per differenziare una parola dall'altra (si parla di 'lingue tonali' o 'lingue a tono'). Una di queste lingue è il cinese mandarino (o 'pechinese'), la lingua più parlata al mondo, in cui esistono quattro toni di base diversi. Questo significa che una stessa sequenza di foni può diventare quattro parole diverse con l'aggiunta di uno dei quattro toni. Le parole seguenti, tutte pronunciate [ma] dal punto di vista dei foni, sono differenziate solo dal tono: má ALTO madre mă ASCENDENTE canapa mâ DISCENDENTE cavallo mã DISCENDENTE-ASCENDENTE rimprovero Come si può capire facilmente, i- gnorare il tono, perché in italiano non gioca questo ruolo nel lessico, sarebbe disastroso: ogni parola va appresa col proprio tono (esattamente come molte parole dell'italiano vanno apprese col proprio accento: prìncipi e princìpi non 10

11 sono la stessa parola). Di esempi simili se ne potrebbero fare molti. Qual è allora la risposta alla nostra domanda iniziale? È probabilmente più articolata di quanto molti potrebbero attendersi, o vorrebbero attendersi. Potrebbe essere formulata nei seguenti termini: non esistono suoni linguistici di per sé impronunciabili, qualsiasi essere umano è in linea di principio capace di apprendere la pronuncia (la grammatica dei suoni) di qualunque lingua del mondo anche da adulto, approssimandosi alla competenza di un parlante madrelingua; per la maggior parte dei casi, però, non basta lasciar fare all'istinto, specialmente per gli a- spetti più diversi dalla propria lingua (o lingue familiari); serve conoscenza e un po' di applicazione, oltre che, ovviamente, la volontà di non accontentarsi di comunicare "pressappoco". Nelle parole di D. Jones, uno dei pionieri della fonetica moderna: I gradually came to see that Phonetics had an important bearing on human relations that when people of different nations pronounce each other s languages really well (even if vocabulary & grammar not perfect), it has an astonishing effect of bringing them together, it puts people on terms of equality, a good understanding between them immediately springs up. (From the journal of Daniel Jones) Come direbbe il famoso prof. Higgins, 'È solo questione di pratica': Higgins: Tired of listening to sounds? Pickering: Yes. It s a fearful strain. I rather fancied myself because I can pronounce twenty-four distinct vowel sounds, but your hundred and thirty beat me. I can t hear a bit of difference between most of them. Higgins: Oh, that comes with practice. You hear no difference at first, but you keep on listening and presently you find they re all as different as A from B. George Bernard Shaw, Pygmalion, 1912 Marco Svolacchia 11

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