INCONTRO GENITORI 2012 LA TUA FAMIGLIA: UNA BELLA AVVENTURA. LE DIFFICOLTA DELL EDUCARE I NOSTRI FIGLI: una grande occasione per crescere insieme.

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1 INCONTRO GENITORI 2012 LA TUA FAMIGLIA: UNA BELLA AVVENTURA LE DIFFICOLTA DELL EDUCARE I NOSTRI FIGLI: una grande occasione per crescere insieme. MERCOLEDI 8 FEBBRAIO 2012 RELATRICE: Dott.ssa Vittoria Maioli Sanese Buonasera a tutti, ringrazio per avermi invitato anche quest anno e stasera vorrei essere molto breve per lasciare più spazio possibile alle vostre domande. Quindi parlerò circa venti minuti e poi ci sarà ampio spazio per gli interventi. Tutti noi nel corso della vita, con più o meno rallentamenti, con più o meno difficoltà, cambiamo. L uomo stesso, nel suo esistere, è caratterizzato dal cambiamento. Il cambiamento come dato che viviamo costantemente senza accorgercene. E non c è cosa più bella, secondo me, e più soddisfacente, che guidare, invece, la propria crescita, essere consapevoli del proprio cambiamento, e condurlo. E insieme desiderare in ogni momento di migliorare. Credo che questo desiderio di miglioramento di sé sia fondamentale per i genitori perché crea un legame con l esperienza continuamente giudicata e verificata. Non è una domanda generica e astratta quella del genitore di fare bene le cose, il desiderio di non sbagliare. Non è solo un desiderio, è proprio un metodo. Il metodo di verifica nell esperienza di quello che si vive e si fa coi figli. E molto bello questo. Nel titolo avete aggiunto la parola insieme accompagnandola al crescere. Significa che nel legame che questo desiderio di cambiamento e questo portare la propria persona costantemente a un cambiamento e a una crescita, costituisce anche un legame a specchio col figlio che, per sua natura, sta crescendo e si evolve in maniera fortissima. Il crescere insieme lo vorrei proprio capire bene con voi perché non è il pensiero quanto sono grata ai miei figli che mi fanno crescere. Non è questo, io ogni tanto sento dei genitori che sono in questa posizione, ma non è così, perché il figlio non ha l incarico di farvi crescere, non ha nessun compito verso di voi, siete voi che avete il compito di far crescere lui. Però, stranamente, stando dentro questo rapporto, in una posizione di verità per la propria persona, alla fine ci si accorge che anche noi cresciamo. Ma non perché il figlio è incaricato a farci crescere, ma cresciamo perché siamo leali con la nostra esperienza e perché costantemente la giudichiamo. Ma c è un aspetto che a me interessa in maniera particolare. Perché questo è possibile? Perché è possibile questo crescere insieme? Perché l idoneità ad essere educati, neurologicamente si chiama così, cioè l essere atti a ricevere quel particolare tipo di rapporto che mi educa, non cessa mai nel corso della nostra vita. Questa secondo me è la cosa più bella. Da grandi oltre a non perdere l idoneità ad essere educati acquistiamo l idoneità ad educare, però non finisce il nostro impegno e la nostra capacità di essere educati. Qual è la differenza? La differenza è che un adulto desideroso di andare a fondo della propria persona e della propria vita sceglie anche chi seguire e da chi farsi educare. Il figlio no, ha solo i genitori. Qui voi avete introdotto un termine molto serio, il termine difficoltà dell educare. Io credo fondamentalmente che la difficoltà che hanno i nostri ragazzi oggi è la stessa che abbiamo

2 noi adulti. C è qualcosa e qualcuno che ci educa tutti violentemente. Questa è la prima grande difficoltà. Adesso dirò cose che magari mi avete sentito dire l anno scorso ma secondo me è importante ribadirle ancora. Se volete già intervenire non c è problema e ne parliamo insieme, io sto buttando lì un po di idee per aprire il dibattito. Quindi, dicevo che, violentemente da qualche anno i genitori hanno ricevuto una strana proposta per la loro identità genitoriale. Vi hanno detto che per essere dei bravi genitori dovete essere capaci di dare una cura adeguata ai vostri figli, e dovete essere capaci di interpretare i loro bisogni, di capirli e di rispondervi. Questa definizione di genitori è la definizione più pericolosa che possa colpirci, e sembra così innocua e bella. Toglie completamente, non c è cenno, della cosa più importante che accade tra genitori e figli, cioè la trasmissione di identità, la trasmissione di senso. Il genitore genera, non è solo un accudimento. Non è solo un saper rispondere ai bisogni. Non è quello lo scopo della genitorialità e non è quello che vi definisce bravi genitori, quello è il tramite. E la normalità. E talmente normale prendersi cura di un altro con cui siamo in rapporto che siamo capaci di prenderci cura anche dell estraneo, del vicino di casa, del collega di lavoro. Accudire, sia in termini biologici che negli aspetti più complessi, è normale per l uomo. Bisognerebbe proprio essere chiusi nel cuore, nella mente e aridi e algidi per non essere capaci di prendersi cura. Questo fa parte dell aspetto più naturale della nostra umanità. L uomo è capace di prendersi cura. Questo tramite tra genitori e figli, la cura, non è lo scopo. Lo scopo invece è la capacità di generare. Che cosa si genera nel rapporto tra genitori e figli? Si genera l identità. Cioè il figlio nel rapporto col genitore impara chi è, ricevendo dal genitore la definizione di sé. E impara il senso della vita. Quello che si trasmette tra genitori e figli è una proposta di senso. Perché dico proposta di senso? Perché finché il figlio ha anni, il genitore è una legge, non è una proposta, poi per fortuna, sia per il genitore che per il figlio, arriva la risorsa dell adolescenza (non sparatemi). Arriva la grande risorsa dell adolescenza per cui il figlio fa un grande smontaggio di tutto quello che gli abbiamo trasmesso e insegnato e comincia a scegliere. Il genitore diventa una proposta. E quando quest ultimo ha una proposta suggestiva, convincente, cioè che vince, che va a cogliere i desideri e i sogni che un figlio si porta dentro, allora la sua presenza non è più una legge ma una proposta. E non c è, vi assicuro niente di più bello e più consolante nel vedere poi nel figlio adulto l accoglienza di questa proposta. Io dico che l adolescenza è una risorsa perché non tutti i genitori sono poi così buoni, bravi e belli e il figlio, siccome non siamo fatti di leggi meccanicistiche, può dire mai come mio padre, mai come mia madre ed è una grande risorsa questa quando il genitore, per suoi problemi e difficoltà, non è riuscito a trasmettere al figlio una certezza e un senso della vita adeguato al cuore. Mi fermo qui, e discutiamo. Perché quando si parla di difficoltà io ne avrei una sfilza da raccontarvi ma mi piacerebbe capire le vostre di difficoltà quali sono. Anzi, datemi ancora due minuti perché volevo anche dire che secondo me moltissime difficoltà che oggi i genitori vivono nascono dal di dentro (le difficoltà hanno sempre un origine, non cadono dal cielo e non sono casuali). Si tratta secondo me di una debolezza del genitore rispetto alla propria autorevolezza. Mi spiego: posso puntare il dito? Non lo punto mai una volta tanto lo faccio. Siete voi per primi che non credete alla vostra autorevolezza. Siete voi per primi che non date fiducia alle vostre certezze, al vostro compito. E questo se lo collegate al problema che dicevo prima, cioè che vi hanno

3 proposto di essere solo curativi e capaci di rispondere ai bisogni, viene di conseguenza che un genitore non esprime più la propria autorevolezza. Moltissime difficoltà che ci sono oggi coi figli vengono da questa debolezza. I primi a dover riconoscere la vostra autorevolezza siete voi! Essere genitori vi costituisce guida, faro di orientamento, capacità di decisione, capacità di rischiare, capacità di scegliere, di segnare il passo, di guidare nella realtà. Noi siamo lontani mille miglia dall essere solo servizio ai figli. Una conseguenza di questa debolezza genitoriale è che ci si dimentica, dentro la famiglia, di educare all obbedienza. L atteggiamento di servizio al figlio non struttura l obbedienza del figlio. Ci si dimentica di chiedere l obbedienza. E così difficile entrare in un legame che possa esaltare la crescita di un figlio e la propria. E così difficile entrare in un legame che dà la soddisfazione piena di essere dentro l essere, dentro l essere del figlio. Noi chiediamo di tutto ai nostri figli, ma non chiediamo la cosa fondamentale, cioè di essere figlio. E cosa fa un figlio? Obbedisce al genitore, ascolta il genitore, interiorizza il genitore. Se lo porta dentro. Io credo che molte difficoltà trovino nella debolezza dell autorevolezza la loro radice, la loro origine. Se avete già pronte delle domande fatele pure. DOMANDA 1: Io ho bimbo di sei anni, figlio unico, vive con noi e i nonni materni. Ha un carattere forte, autoritario da sempre. Lei parla di ubbidienza, ma con un bambino così testardo e caparbio a volte è difficile ottenere obbedienza. Cerco con le parole di entrarci in contatto, di farlo ragionare, riesco a interagire ma a volte lui si chiude e proprio non ascolta. Anche le maestre a scuola hanno detto che è intelligente ma a volte ha un comportamento un po da paura. Ora chiedo a Lei come fare a interagire di più con lui, cosa posso fare da mamma, anche per ottenere un po di obbedienza in più. RISPOSTA: Coraggiosa, complimenti! Ah dice che è la disperazione? Bene! Io penso che la risposta che riesco a dare possa servire a molti. Serve sempre fare questa operazione di mettere davanti a sé la propria vita e le proprie condizioni e provare a capire. Provate a immedesimarvi in questo bambino, così deciso, così forte, così cocciuto. Non è vero, secondo me è un povero bambino come tutti gli altri. Ma sicuramente da quando è nato ha fatto esperienza di essere al centro, al centro di cura, di attenzione, di servizio non solo di un papà e di una mamma ma perfino di due nonni. Lui conosce solo questa esperienza quindi avrà bisogno di dire la sua in ogni momento di essere lui l autorità. Capite? E chiaro che l impatto col mondo esterno gli dà delle svegliate da morire perché a scuola non riesce a ripristinare un ambiente di questo tipo, a scuola non è al centro. A scuola infatti deve ascoltare, cosa che nessuno gli ha mai chiesto, deve obbedire, cosa che nessuno gli ha mai chiesto, deve eseguire un ordine, cosa che a casa nessuno gli ha mai chiesto, cioè, l impatto con la scuola è una cosa estranea e lui farà quello che può, poveretto per disturbare e ripristinare l attenzione su di sé, o si chiude o non ce la fa MAMMA: infatti si sta chiudendo RISPOSTA: certo che si chiude, per forza, come fa a impattare un mondo così sconosciuto e così diverso da quello a cui lui è stato abituato per sei anni? Mi piacerebbe correggere tutto lo sguardo che lei dà su questo bambino perché è impossibile che un bimbo di sei anni sia più forte del padre

4 della madre e dei nonni. Impossibile. Ci provi a guardarlo in una maniera diversa, provi a guardarlo non così cocciuto, non così autoritario non così potente. Provi a guardarlo come un bimbo che cerca di creare un esperienza che lui conosce. Impari a farsi ascoltare. Allargo in generale oltre il caso specifico. Tutte le spiegazioni, tutte le conoscenze che date ai vostri figli per convincerli, per fargli fare quello che volete, non servono a nulla. Anzi, gli aumentano il potere. Voi volete convincerli che quello che gli chiedete è una cosa buona. Attraverso questo c è come la perdita di quella struttura fondamentale, del rapporto fondamentale per cui un genitore adulto guarda il figlio e dice tesoro, dove vai? Hai un unica possibilità per crescere: ascoltarmi. Hai un unica possibilità per essere te stesso: obbedirmi. Sono il papà e la mamma che decidono. Tu non puoi decidere nulla. Nulla? Bè sì puoi decidere se giocare col camioncino e no, se mangiare i maccheroni o no. Ma ci sono cose che non puoi decidere. Questo decidere è un termine che sento usare poco tra i genitori, vedo poche mamme che guardano i loro figli e gli dicono ma guarda negli occhi la mamma, non hai ancora capito chi decide in questa casa? Non puoi decidere tu, tu puoi solo ascoltare. Che tipo di rapporto avete coi vostri figli? L unica spiegazione da dare è questa. L unica. Non si danno altre possibilità. Capite cosa voglio dire quando parlo di debolezza dell autorevolezza? Questo gusto insostituibile di guidare la crescita del figlio, di essere per loro il punto di orientamento, spesso manca. Man mano che crescono, e crescete anche voi, il genitore capisce la cosa immutabile, su cui non si negozia e non si discute, e la cosa su cui si può discutere. Avevo un figlio, splendido, con cui mi piaceva tantissimo discutere, lo sapevamo benissimo tutti e due. Allora gli comunicavo che su quella cosa si poteva discutere e altre volte, quando gli chiedevo cose non discutibili, glielo dicevo subito che non aveva margine di negoziazione. In certi casi era bello vedere quali argomentazioni portavano i miei figli per arrivare a un compromesso e era curioso vedere cosa volevano ottenere. Altre volte era necessario dire tesoro, puoi anche provare il gusto di discutere, ma sappi che io da qui non mi muovo. Crescere insieme vuol dire anche questo, capire quali sono le cose su cui si può fare una risata e non c è bisogno di spendere parole e ragionamenti e poi ci sono cose che non cambiano, per nessuna ragione al mondo. Per nessuna ragione al mondo disobbedisci a tuo padre, per nessuna ragione al mondo tratti male tuo padre, per nessuna ragione al mondo non studi ecc. DOMANDA 2: Ho un bambino di tre anni che è nella fase del perché. La risposta dovrebbe quindi essere perché lo dice la mamma? RISPOSTA: L autorevolezza genitoriale non è tornare ai vecchi tempi, è di tutti i tempi. Il bambino che chiede perché in ogni momento, che meraviglia! Chiede perché di tutto. Ci sarà la cosa per cui la risposta sarà si questa cosa è perché la dice la mamma. Punto e ci sarà la cosa per cui si può raccontare. Se il bambino chiede perché ci sono le stelle nel cielo MAMMA: ma se mi chiede il perché deve fare qualcosa RISPOSTA: eh tesoro, perché i bambini obbediscono alla mamma, impara ad obbedire alla mamma.

5 Si fa quello che dice la mamma. Senza commentare. Perché non serve commentare, che ragioni volete dare? La ragione di un bambino è affettiva! Non serve spiegare che gli state chiedendo una cosa giusta per convincerlo. Non fa una cosa perché si è convinto che va bene farla e voi siete stati bravi a farglielo capire. Il convincersi è nel legame. Di chi ti puoi fidare, figlio, se non del papà e della mamma? Per questo non servono i grandi discorsi, ma i figli devono obbedire per imparare a fidarsi del papà e della mamma. E la natura di quel rapporto che porta in sé già la convinzione. Non avete bisogno di giustificare le vostre richieste. Io faccio la psicologa della famiglia da anni, e questo tema del dare o non dare spiegazioni è uno di quelli più sentiti da tutti. Non vi dico poi 40 anni fa quando c è stata tutta la demolizione dell autorevolezza dei genitori. Negli anni 70 io l ho fatto tutto quel percorso, i dibattiti, tutte quelle cose, sono stati anni molto importanti anche sul piano psico- pedagico con i vari Benjamin Spock e compagnia bella, tutti morti suicidi, e tutti morti con una lettera di scuse ai genitori per aver rovinato generazioni intere. Però ancora il genitore segue quell onda lì perché c è stata una diffusione incredibile di quel pensiero: cari genitori, voi dovete spiegare tutto ai bambini, voi non dovete decidere nulla perché loro devono venir fuori con le loro capacità, le loro possibilità, devono sperimentare il loro bisogno. Tutte quelle teorie lì, tutte rimangiate dai vari psicopedagoghi, ancora le respiriamo e ancora abbiamo paura quando parliamo di autorevolezza genitoriale. Non sto parlando di autoritarismo, ma di autorevolezza. Per me autorevolezza vuol dire: un genitore decide che dirà sempre sì al figlio? Che bello. L importante che l abbia deciso lui, che sia una sua decisione e che non sia un servizio. Un genitore non ha bisogno di giustificare, di spiegare, poi, ripeto, a me fa impressione perché negli anni 70 e negli anni 80 c era un bel decalogo di come doveva essere il genitore. Facciamo un esempio: dovete dialogare con i vostri figli, perché il dialogo è uno dei pilastri della famiglia. Bene! Vuol dire che io etichetto come cattivi genitori tutti quelli che sul dialogo non ci sono: quell uomo che spiccica appena buongiorno alla moglie la mattina quando si alza, quella mamma che non sa spiegare più di tanto perché non ha studiato e magari il figlio si, fa il liceo. Ragazzi, scherziamo? Non è quello che fa il genitore. C è bisogno di spiegare? Per me no. Se c è un genitore a cui piace spiegare tutto quanto, che spieghi tutto quanto, ma non come giustificazione della richiesta di obbedienza. Perché la richiesta di obbedienza ha già in sé la giustificazione nel compito. Caro figlio io sono tuo padre, sono tua madre. Per crescere hai bisogno di seguire me. E l ordine della natura che l ha stabilito. E anche per voi è stare dentro questo ordine ciò che conta. Quel figlio obbedisce perché vi ama e deve diventare sempre più certo che quello che gli chiedete è buono per lui. DOMANDA 3: sono padre di una sedicenne. Mi trovo ad affrontare con lei l età della disobbedienza. Il fatto di parlare e spiegare viene dopo alla non accettazione della regola data dal genitore. C è sempre una risposta rabbiosa, non l accettazione dell indicazione. Ha senso qui entrare in dialogo oppure bisogna ancora fare il padre tu fai quello che dico io, punto. E davanti all argomentazione eh ma papà tanto tra poco ho 18anni e allora? RISPOSTA: con l adolescenza bisogna rivedere tutto. Con il figlio adolescente vale quello che dicevo prima, che bisogna mantenere fermi solo alcuni aspetti irrinunciabili. Lasciateli vivere. Io sono convinta che tante volte i genitori zompano un po troppo dentro la vita dei figli. Allora io

6 dico, a una sedicenne si chiede primo il rispetto degli orari, secondo di non bere, anzi no, prima di studiare poi rispettare gli orari, di non bere di non usare sostanze particolari e di avere dei buoni amici. Basta. Cosa chiedete ancora? Queste sono le cose non negoziabili. Se è tutto uguale e brontolate perché è disordinata, perché non si lava abbastanza, perché abbellisce la sua camera, perché non si copre a sufficienza Non si può fare così con l adolescente! Per l adolescente bastano quelle due tre cose inamovibili, poi che problema c è con quella felpa lasciata in giro, quella luce lasciata accesa, ma perché dovete rompergli le scatole sulle cose inutili? Anche voi facevate così a 16 anni. E adesso spegnete la luce, il vostro armadio è tutto bello ordinato. Anche loro faranno così dopo! DOMANDA 4: ma la difficoltà che vedo io con i miei figli pre- adolescenti e adolescenti è che loro fanno sempre il confronto con l esterno, col mondo, per cui io e mio marito siamo i marziani. Noi passiamo per i pazzi. A me mio padre mi dava un bello sberlone, e una delle mie amiche mi ha detto eh allora si, oggi non è più così. Ok va bene ma io allora cosa faccio? RISPOSTA: questa è una delle difficoltà che incontra la famiglia di oggi. Chi come noi desiderasse mantenere una famiglia con un padre e una madre che trasmettono senso, che vogliono essere autorevoli, chi, come voi, desidera questo per i propri figli è un po marziano nel mondo di oggi. Ma credo che un genitore debba tollerare di essere un po un marziano e accettare la sfida. Io accetto la sfida di essere marziano ma tu tra 5/10 anni mi verrai a dire se quello che ti chiedevo era bene per te o no. Si sfida il figlio sulla sua coscienza critica. Poi che l adolescente abbia bisogno di tentare di distruggere tutto quanto è vero. Ha necessità di non riuscirci però. Voi genitori dovete riuscire a stare dentro quest aspetto. Il segreto con l adolescente è che una parte di noi, nascosta, si diverta da morire. Poi fuori non fatelo vedere, ma che gusto, che divertimento! L adolescente non è poi così forte, non fa così paura. Tenta. Ha bisogno di tentare, ha necessità di non riuscire. Un genitore attento e sensibile poi si rende conto di quali paletti sta spostando e di quali spostare e cambiare. E importante quindi innanzitutto, per voi, capire quali sono le cose negoziabili e quali no. E si può arrivare ad essere così leali con il figlio da poterglielo dire. L altro aspetto fondamentale con l adolescente è l esplicitezza. Non potete trattarli come li trattavate qualche anno fa. E grande ormai! Chiudete gli occhi, il naso e le orecchie, accettate il loro disordine eccetera, in modo che capiscano che ci sono cose inamovibili. Posso raccontarvi una cosa? Di un altro mio figlio, il più piccolo. Forse ve l ho già detto 2 gennaio, meno due gradi, appare mio figlio, che aveva 14 anni, in canottiera e costume da bagno. E mi dice Mamma vado allo stadio. Io ci ho tentato e gli ho detto: tesoro, ma non mi ero accorta che fosse già agosto, Mamma dai e l ho lasciato andare, in scooter conciato così. Dentro di me certa che non avrebbe preso niente perché l adrenalina, e infatti non ha preso neanche il raffreddore, ma ero pronta a rischiare anche la polmonite. Ma dentro di me ho pensato: se questa è la sua trasgressione io ci mangio sopra tre anni con una trasgressione così! Meglio questa che torni a casa il sabato sera bevuto o spinellato. Io per due mesi, conosciuta per la mia professione, mi sono sentita dire ovunque andassi abbiamo visto suo figlio Ma a me non me ne fregava niente. Che pensassero quello che volevano, io ero certa che dovevo lasciarlo andare così. Non contento anche il fratello maggiore che era con lui è venuto a casa e mi diceva

7 mamma, tutto lo stadio guardava Stefano, ma che vergogna! Non contento era andato anche a fare un giro in centro e si vantava mamma che libidine, mi guardavano tutti. Ci credo tesoro! Che trasgressione ragazzi! Questo io intendo, di poter giudicare quando li guardate, le cose che potete lasciar passare e lasciarli trasgredire e quelle che invece no. E il figlio adolescente ha bisogno di sentire che di lì non si passa. DOMANDA 5: ho un figlio di 11 anni. Volevo essere aiutata sulla questione della corrispondenza dell educazione coi figli. Cioè quando un genitore guarda il figlio e si gongola tutto perché fa tutto quello che il genitore gli ha insegnato. Capita no? Io guardo mio figlio e tutta questa corrispondenza non ce l ho. DOMANDA 6: avrei tante domande. Lei ha detto che bisogna lasciar trasgredire, ma a volte non è così semplice. Es. per lo studio, la parola stessa significa appassionarsi, ma se non è così, io devo obbligare comunque a studiare? Non è scritto da nessuna parte che tutti devono andare all università. Io sono dell avviso che se mio figlio vorrà studiare, bene; altrimenti andrà a lavorare. Anche il figlio ha delle responsabilità e quindi deve decidere. RISPOSTA: lei ha preoccupazioni da educatore. Il genitore non è educatore. Il genitore genera. Il genitore dice: Caro figlio io per te desidero il meglio in assoluto, ti desidero studioso, capace di andare al fondo delle cose ecc. e spero con tutto il cuore che tu aderisca a questo e che diventi anche per te lo scopo della tua vita e comunque io sono accanto a te per aiutarti a portare ogni momento il peso di tutto. Tutti i ragionamenti o qui o là non servono al figlio. Un genitore rischia, deve avere un progetto. Poi si modula il progetto a seconda della realtà. Un genitore è attentissimo a che il progetto sia idoneo per il figlio. Non si evita il progetto per paura di invadere la libertà del figlio o altro, perché il figlio senza progetto è disorientato. Quello che desidera il genitore è faro di orientamento per il figlio. Il genitore deve avere un desiderio altrimenti non offre al figlio una proposta e invece il figlio deve avere una proposta con cui confrontarsi. DOMANDA 7: io stranamente non ho mai detto a mia figlia tu devi studiare, ha 11 anni, le ho fatto un discorso di responsabilità. Le ho detto Papà si alza tutte le mattine per andare al lavoro, e non è che sempre mi piace, il tuo compito è studiare, è impegnarti a scuola. Forse ho avuto fortuna. L avrà capita. Anche da piccola quando gli dicevo devi fare così poi gli spiegavo perché glielo chiedevo, poi non aveva alternative e lo sapeva, ma le spiegavo perché. Poi dipende dai figli. L atteggiamento del padre inamovibile va bene però io cercavo di dargli una motivazione, non una giustificazione. Io a 12 anni la discussione la voglio. Stimola anche me. Il devi fare così perché lo dice la mamma può andare bene a 3-4 anni ma dopo non credo. A undici anni non mi pare che valga più. Poi dipende dai figli e secondo me c è anche una bella fetta di fortuna. Forse io sono stato fortunato perché fin dalle elementari mi hanno detto che mia figlia era molto indipendente, per cui io non ho dovuto mai stargli troppo addosso. La guardavo. RISPOSTA: il devi far questo lei gliel ha detto nel suo modo, con l autorevolezza che le si addice.

8 Credo che sua figlia abbia colto che suo padre dentro di lui desidera che lei studi. Lei ha spiegato benissimo cosa vuole davvero per sua figlia, poi glielo traduce con l ironia, il paradosso, lo scherzo, che è bellissimo, ma per ottenere quello che lei vuole. L altra cosa, che io non ho detto mamma ha sempre ragione, papà ha sempre ragione io non l ho detto. E spero che lei non colga così il mio intervento di stasera. Anzi ho detto che un genitore che cresce, che coglie il suo essere da educare, ha una coscienza critica costante su quello che dice e fa. L avere ragione non serve a niente, e la famiglia non è strutturata sull avere ragione o torto. La famiglia è strutturata sul cercare il bene. Avrei da obiettare invece su altri aspetti che lei ha citato, come quello della fortuna. I figli non hanno bisogno di essere guardati pensando che una parte della loro vita dipende dal caso e dalla fortuna che arriva a chi più e a chi meno. La speranza che il genitore nutre non è fortuna ma è certezza di un destino buono. E diverso. Il genitore spera con tutte le sue forze sul bene per il figlio. E trasmette al figlio la certezza che la vita è una cosa buona, che può davvero incontrare qualcuno che lo ami per sempre, che può davvero essere felice, che può davvero vivere bene la sua vita e realizzarsi. Il genitore lotta per questo e non affida neanche per un pelo, la vita di suo figlio, alla fortuna. E chiaro? L altra cosa che vorrei contestare è la questione che lei nega una dipendenza tra genitore e figlio. E una legge psicologica che c è. Fa parte di qualcosa che ci siamo scoperti addosso. Siamo fatti così. C è una legge profondissima dove davvero il figlio, nell imparare se stesso, riceve tutto da noi. E questo magari lo vediamo la prossima volta e cominciamo subito con le domande, che è più bello. Proseguiamo l educazione dei figli e cominciamo così. Il generare tra genitori e figli non è solo in maniera biologica. Nel mio lavoro questo è una legge assoluta. Il figlio nasce e inizia la sua nascita psicologica, e la nascita psicologica non dura nove mesi, un anno, due anni, dura 25 anni. Tutto il percorso della crescita. Nell adolescenza e nella giovinezza è ancora tutto in divenire. Il grande percorso evolutivo per cui si impara giorno dopo giorno il proprio io, la propria personalità, questo è generato dal rapporto col genitore. Questa è la grandezza. Io lo so che dicendovi questo carico sulle vostre spalle un peso ancora maggiore di quello che avevate quando siete entrati. Perché vi sto dicendo che tutto quello che è vostro figlio, dipende da voi, perché lo generate nello sguardo. E così legato, è così particolare questo tipo di legame, per cui si trasmettono anche le caratteristiche particolari, i carismi, la vena artistica. La trasmissione culturale che avviene nella famiglia passa sette generazioni. Pensate cosa arriva a un figlio per essere se stesso. Prima dicevo a quella mamma di non definire il figlio come cocciuto. Provi a vedere altro. Perché il figlio nasce con l idoneità ad essere riconosciuto e risponde al legame di riconoscimento. Il figlio è come il genitore lo guarda. Questa è una grande legge del rapporto tra genitori e figli. Correggete lo sguardo sui vostri figli. Perché tutto ciò che voi siete genera il figlio. Anche come guardate la luna, come bevete un bicchiere di vino, come parlate con un amico. Non c è nulla che non irradia di sé il figlio. Certo che questo è un peso in più ma ha anche un gusto in più, il gusto del rapporto. A me piace il genitore che non teme nulla. Non vuol dire che non ha paura, il genitore trema ogni istante ma il suo compito è talmente potente che non dà alla propria paura il potere di determinare il rapporto col figlio. Il rapporto genitore- figlio cammina sui sentieri dell essere, non su quelli delle nostre paure. E un rapporto che è per l essere. Vedete come pian piano ci siamo allontanati dal rapporto di cura? Tramite il rapporto di cura, tramite il progetto sul figlio, tramite i suoi capricci,

9 tutto quello che il figlio è, trasmettiamo noi stessi e una proposta significativa di senso per la loro persona per la vita e per la realtà! Ci vediamo mercoledì prossimo, partiamo dalle vostre domande, buon lavoro!

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