Visione, cognizione e conoscenza nello studio della discriminazione percettiva.

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "Visione, cognizione e conoscenza nello studio della discriminazione percettiva."

Transcript

1 U N I V E R S I T A D E G L I ST U D I D I R O M A L A S A P I E N Z A FACOLTA DI LETTERE E FILOSOFIA ANNO ACCADEMICO Dottorato di ricerca in Filosofia Curriculum C: Logica ed Epistemologia XXIII Ciclo Tesi di Dottorato Visione, cognizione e conoscenza nello studio della discriminazione percettiva. Dottorando: Maurizio Panetta Supervisore principale : Prof. Giorgio Stabile Secondo supervisore: Prof. Carlo Cellucci Terzo supervisore: Prof. Roberto Cordeschi 1

2 Indice 1. Introduzione: conferme sperimentali e rilevanza filosofica della tesi dell autonomia della visione. p Le differenti articolazioni della tesi dell autonomia della visione nella psicologia della Gestalt: a. E. Rubin; p. 9 b. M. Wertheimer e la critica alla dottrina dell inferenza inconscia di von Helmoltz; p. 12 c. Lo studio dell articolazione-figura sfondo nella psicologia della Gestalt: W. Köhler; K. Koffka p. 21 d. G. Kanizsa, P. Bozzi e la critica dell approccio cognitivista. p. 32 Appendici i. Considerazioni metodologiche sull adozione del metodo fenomenologico sperimentale nella ricerca percettologica. p. 49 ii. La dottrina delle Gestaltqualitäten di C. Von Ehrenfels. p. 52 iii. Analisi di un esempio di simulazione tramite rete neurale del processo di articolazione figura-sfondo. p Wittgenstein e la critica della tesi dell autonomia della visione gestaltista: a. critica generale e critica del parallelismo psico-fisico; p. 60 b. colore e forma vs aspetto: il rifiuto dell olismo gestaltista; p. 70 c. il rifiuto di elementi costitutivi non concettuali della percezione e il rifiuto di una gerarchizzazione degli elementi costitutivi concettuali da parte di Wittgenstein come presupposto della tesi dell incommensurabilità. p La tesi dell autonomia della visione nella psicologia di J. J. Gibson e il paradigma dell animate vision: a. Direct Perception e autonomia dei processi visivi nell Ottica Ecologica di Gibson: il rilevamento dei bordi occludenti sostituisce l articolazione figura-sfondo; p. 83 b. La critica cognitivista della Direct Perception svolta da Fodor e Pylyshyn; 2 p. 95

3 c. Il paradigma dell animate vision e la possibilità di un parziale recupero della prospettiva gibsoniana. p. 101 Appendice: Naturalizzazione dell input e autonomia della visione nel modello della computer vision di D. Marr. p La spiegazione dell articolazione figura-sfondo, tra visione e cognizione, nella psicologia cognitiva di I. Rock e S. Palmer: a. la spiegazione dell articolazione figura-sfondo nella psicologia cognitiva di I. Rock; p. 118 b. la collocazione dell articolazione figura-sfondo all interno delle differenti fasi del processo percettivo da parte di S. Palmer; p. 137 c. conclusioni. p Trasduzione, modularità dell early vision e discontinuità tra visione e cognizione nell opera di Pylyshyn: a. il significato della trasduzione in Computation and Cognition ; p. 150 b. modularità dell early vision e autonomia della visione; p. 160 c. il significato della distinzione tra visione e cognizione in Pylyshyn: protooggettualità e carattere non concettuale del contenuto dell output del modulo visivo. p Autonomia della visione e contenuto non concettuale della percezione: p. 175 a. La tesi non concettualista: origini e caratteristiche (G. Evans, W. Dretske, W. Peacocke, T. Crane); p. 177 b. Sub-modularità e contenuto non concettuale: J. L. Bermùdez, A. Raftopoulos e V. Muller; p. 186 c. Interpretazione e uso non concettualista della filosofia kantiana. p Percezione della figura, schemi e processi di categorizzazione: riflessione kantiana, naturalizzazione epistemologica e filosofia dell embodied mind. p. 230 Bibliografia. p

4 1) Introduzione: conferme sperimentali e rilevanza filosofica della tesi dell autonomia della visione. La segmentazione in regioni del campo visivo, la sua organizzazione in figura-sfondo nella visione di stimoli bidimensionali, oppure in oggetto-cornice nella visione tridimensionale, il raggruppamento di differenti figure, la partizione in sottoregioni di una stessa figura, costituiscono fasi ben precise del processo della percezione visiva, inquadrabili all interno della discriminazione percettiva, che precedono sia il cogliere un aspetto in una figura generalmente intesa sia l identificazione di figure di un determinato tipo. Non considerare le differenze tra le varie fasi discriminative e le successive fasi del processo visivo e considerare principalmente queste ultime come paradigmi dei processi visivi porta a identificare gli stessi, nel loro complesso, con altri tipi più centrali di processi cognitivi, intesi o meno quali processi di elaborazione dell informazione, facendo trascurare le eventuali differenze esistenti tra i principi percettivi di organizzazione e i principi cognitivi di categorizzazione ed inferenza. Nella sua accezione psicologica la tesi dell autonomia della visione consiste nell asserire l autonomia dei processi percettivi di individuazione degli oggetti visivi, o di individuazione proto-oggettuale, rispetto ai processi cognitivi della loro identificazione e/o riconoscimento. Il presente lavoro vuole dimostrare l importanza di tale tesi nella costruzione di un epistemologia autenticamente naturalizzata, inquadrabile all interno di una più generale filosofia dell embodied mind, attraverso un attenta analisi delle fasi salienti dello studio della discriminazione visiva nel corso del Novecento e l esame delle possibilità di utilizzare in chiave epistemologica i principali risultati raggiunti nel corso di tale studio. Bisogna infatti comprendere la necessità di distinguere i processi di organizzazione responsabili della segmentazione del campo visivo e di individuazione proto-oggettuale dai processi di identificazione e riconoscimento oggettuale vera e propria al fine di evitare fraintendimenti e non arrivare a credere possibile che gli elementi di tipo culturale che sicuramente influenzano i secondi influenzino anche i primi; e questo vale sia nel caso in cui la proto-oggettualità dovesse rivelarsi antecedente a qualsiasi processo di categorizzazione, con la conseguenza che i relativi stati mentali o informativi risulterebbero non concettuali, sia nel caso in cui dovesse risultare il prodotto di processi generalissimi di categorizzazione simili ai processi sintetici figurativi che Kant riteneva operati dall immaginazione produttiva. La non penetrabilità cognitiva dei moduli responsabili di tale risultato fenomenico e la loro origine evolutiva attraverso processi di selezione naturale risultano infatti fondamentali per radicare, seppur mediatamente ed indirettamente, nel mondo i nostri stessi sistemi concettuali, adottando quel realismo ipotetico che è il necessario compagno di ogni epistemologia naturalizzata. In primo luogo si mostrerà come il rifiuto della tesi dell autonomia della visione, operato da Wittgenstein, abbia contribuito all edificazione di teorie epistemologiche incommensurabiliste le quali, come ha giustamente sottolineato W.V.O. Quine, hanno trascurato la possibilità dell esistenza di un alfabeto piuttosto limitato di norme percettive verso cui tendiamo 4

5 inconsciamente a rettificare tutte le percezioni 1. La nostra ricerca prenderà quindi in considerazione i principi ed i risultati conseguiti dal collettivo di pensiero della Gestaltpsychologie, perché è attraverso la critica loro rivolta che la filosofia di Wittgenstein ha contribuito all edificazione delle epistemologie incommensurabiliste. Successivamente si mostrerà quale importanza rivestano attualmente, per una effettiva naturalizzazione dell epistemologia, gli esiti delle ricerche condotte in campo percettologico all interno dei differenti paradigmi cognitivista, ecologico o di derivazione gestaltista. La questione psicologica dell autonomia dei processi percettivi di individuazione degli oggetti visivi viene infatti messa correttamente a fuoco all inizio del Novecento dagli psicologi della Gestalt, che hanno sottolineato il carattere puramente dinamico delle leggi di organizzazione del campo visivo, rifiutando il ricorso all ipotesi dell esistenza di inferenze inconsce o sensazioni inavvertite all interno dei processi percettivi. Gli psicologi della Gestalt inquadravano il riconoscimento del carattere autonomo della visione all interno di una forma forte di parallelismo psico-fisico, duramente criticata da L. Wittgenstein nelle sue Osservazioni sulla filosofia della psicologia e nelle Ricerche filosofiche. In tale critica generale il filosofo viennese ha negato il valore filosofico della tesi dell autonomia della visione, gestaltisticamente intesa come esistenza di puri oggetti ottici prodotti da processi organizzativi che seguono proprie leggi autonome. Questo disconoscimento, basato sull equiparazione dei fenomeni di organizzazione generale del campo visivo a quelli del cogliere un aspetto, è all origine della tesi epistemologica dell incommensurabilità tra teorie scientifiche. Wittgenstein ha infatti accompagnato il rifiuto di elementi costitutivi puramente non concettuali della percezione con quello di una gerarchizzazione di elementi costitutivi concettuali e questo secondo tipo di rifiuto, fatto proprio da Kuhn e Feyerbend, li ha spinti, come ammesso dallo stesso Feyerabend, ad abbracciare una versione radicale della tesi dell onnipervasività teorica. L adesione a tale rifiuto ha quindi contribuito, in modo sostanziale, alla genesi della dottrina incommensurabilista. L analisi critica dei presupposti e dei limiti delle Osservazioni wittgensteiniane sulla psicologia della Gestalt risulta quindi necessaria a circoscrivere portata e valore della stessa dottrina incommensurabilista. Tale ridimensionamento costituisce, del resto, un presupposto indispensabile per la naturalizzazione dell epistemologia 2. Il riconoscimento del carattere pre-cognitivo dei principi di organizzazione del campo visivo è, infatti, essenziale non solo per la critica delle epistemologie incommensurabiliste ma anche per l edificazione di un epistemologia autenticamente naturalizzata che consideri la mente come appartenente allo stesso mondo che cerca di spiegare. Il carattere autonomo del processo primario visivo e la specifità del carattere pre-concettuale del suo output, uniti ad una riconsiderazione del carattere rappresentazionale dei modelli, che non li vede meri strumenti di interpretazione semantica di teorie, intese come collezioni di fbf dotate di struttura assiomatica, ma come mappe, cioè strumenti di rappresentazione del mondo finalizzati all orientamento nell ambiente, permettono infatti di naturalizzare i sense data a partire dalla considerazione del 1 Quine W. V. O., 1983, p Come giustamente rilevato, seppur in altra prospettiva dallo stesso W. V. O. Quine il quale rilevava appunto come risultasse ironico che i filosofi trovando insostenibile la vecchia epistemologia fondazionistica dell empirismo logico avessero reagito ripudiandone una parte venuta chiaramente a fuoco solo negli ultimi tempi (Quine W. V. O., 1983, p. 111). 5

6 complesso della stimolazione prossimale dalla quale vengono costruiti all interno di un perceptionaction cycle. Per comprendere l importanza che la tesi dell autonomia della visione riveste nell edificazione di tale epistemologia è conveniente operare, ancora una volta, ad un doppio livello descrittivo: quello della storia della psicologia e quello del dibattito filosofico sui risultati conseguiti all interno della ricerca psicologica. Risulta infatti opportuna un analisi dettagliata del confronto occorso negli anni Ottanta del secolo scorso tra psicologi cognitivisti, psicologi aderenti all ottica ecologica e psicologi di derivazione gestaltista sull individuazione delle corrette linee di ricerca nello studio della percezione. Attraverso tale analisi vengono messi a fuoco, da un punto di vista generalmente condiviso, alcuni caratteri propri degli stati percettivi. Questi caratteri consentono di definire adeguatamente la tesi filosofica asserente l esistenza di stati mentali con contenuto non concettuale e ciò risulta molto importante in quanto solo tale definizione permette di illustrare la rilevanza che tale tesi riveste nella costruzione di un epistemologia naturalizzata. La tesi dell autonomia della visione è stata discussa sia nel confronto tra psicologi cognitivisti e gestaltisti sia in quello tra i cognitivisti e Gibson, in quanto la Gestaltpsychologie e l ottica ecologica, al contrario della psicologia cognitiva, negano che il processo visivo possa essere equiparato ad un processo di elaborazione dell informazione contenuta nella stimolazione prossimale. Nel primo caso cognitivisti del calibro di I. Rock e R. Gregory hanno risposto riproponendo modelli meccanici di elaborazione dell informazione, rispetto ai modelli dinamici di auto-organizzazione di campo dei gestaltisti, per spiegare i processi visivi spesso identificati raziomorficamente con procedure di problem-solving o addirittura con processi inferenziali, pur ammettendo l esistenza di una prima fase processuale puramente descrittiva delle caratteristiche figurali e geometrico-spaziali degli oggetti che precederebbe qualsivoglia processo di categorizzazione o identificazione. Nel secondo caso i cognitivisti hanno insistito sul carattere indiretto della percezione, in contrapposizione all affermazione del carattere diretto dei processi percettivi proprio dell Ottica Ecologica che li considera dei meri processi di rilevamento dell informazione, non trasmessa ai recettori ma contenuta inesauribilmente nell assetto ottico della luce-ambiente. I cognitivisti, in questo caso, hanno sottolineato l importanza di una corretta individuazione dei trasduttori e dei vincoli operazionali incorporati nell architettura funzionale del sistema percettivo per identificare gli input della prima fase del processo visivo, caratterizzata come early vision, e spiegare l impenetrabilità cognitiva del relativo modulo, utilizzando modelli di simulazione elaborati all interno dei differenti programmi di ricerca sull intelligenza artificiale. L impenetrabilità cognitiva del modulo dell early vision si caratterizza propriamente come autonomia della visione nell opera di Z. Pylyshyn. La tesi dell autonomia della visione riaffiora all interno delle scienze cognitive, vuoi come impenetrabilità cognitiva del modulo dell early vision, nell IA classica, vuoi come individuazione proto-oggettuale operata pre-cognitivamente dai nostri sistemi percettivi di allocazione dell attenzione focale nella situated vision, vuoi come possibilità di segmentare precategoricamente le aree di interesse nell immagine all interno dell animate vision. In tutti questi casi il carattere proprio di tali stati percettivi viene identificato con quello non concettuale del loro contenuto. La questione psicologica dell autonomia della visione si dimostra perciò strettamente legata a quella filosofica dell esistenza di stati mentali con contenuto non concettuale, come viene 6

7 esplicitamente sostenuto dallo stesso Pylyshyn. Tali questioni risultavano in realtà profondamente intrecciate sin dai lavori di F. Dretske, per il quale il non concettualismo coincideva in gran parte con l esistenza di un simple seeing contrapposto ad un seeing as. Tale intreccio si è comunque rafforzato nel dibattito odierno grazie alla connessione tra modularismo e non concettualismo stabilita, tra gli altri, da J. L. Bermùdez A. Raftopoulos e V. Muller 3. Una corretta definizione della tesi non concettualista, seguita da un analisi approfondita delle riflessioni operate da tali autori, risulta a mio avviso necessaria per evidenziare l importanza filosofica della tesi dell autonomia della visione e accertarne l uso epistemologico appropriato. Estremamente utili a questo scopo si rivelano sia lo studio critico dell interpretazione non concettualista dell Estetica Trascendentale e dello Schematismo kantiani, fornita da R. Hanna sia quello delle interpretazioni esternaliste fornite, tra gli altri, da J. Saugstadt, H. Svare, M. Young e P. F. Strawson, permettendo di illustrare le modalità attraverso cui collegare la tesi dell autonomia della visione e quella del contenuto non concettuale degli stati mentali percettivi e sfumare, attraverso un gradiente, una distinzione troppo netta tra sensibilità e intelletto, vedere e pensare, percezione e cognizione senza negare l autonomia delle prime rispetto alle seconde. Proprio perchè Kant, all interno della filosofia critica, esclude che gli schemi possano operare senza che l appercezione trascendentale svolga la sua funzione unificante e riconosce fattori funzionali di regolarità in grado di operare in assenza di concetti specifici ma non in assenza di quelli trascendentali, ritenendo insufficiente la presenza di una semplice phenomenal awareness di tipo senso-motorio per la costituzione di un mondo d esperienza umanamente conoscibile, la sua riflessione filosofica risulta particolarmente appropriata per illustrare il carattere di proto-oggettualità e preconcettualità che, secondo alcuni autori cognitivisti contemporanei, risulterebbe all esito dei processi di aggregazione e organizzazione percettivi e gli eventuali risvolti epistemologici di tale carattere proto-oggettuale, appurando se esso possa intendersi autonomo rispetto a processi di categorizzazione di qualunque livello. Nonostante l impossibilità di interpretare in modo pienamente non concettuale la dottrina kantiana della sintesi figurata, alcuni elementi della dottrina dello schematismo, connessi ad opere pre o postcritiche del filosofo di Könisberg, possono comunque essere utilizzati all interno di una prospettiva filosofica che riconosca l origine evolutiva dei nostri apparati cognitivi ed investighi la possibilità di una parziale condivisione del mondo d esperienza percepito con altre specie animali. In particolare il riconoscimento operato da Kant della diversa regolarità degli schemi, intesi come aggregati, rispetto ai concetti, intesi nel loro carattere sistematico e gerarchico, può consentire di mettere a fuoco il carattere non concettuale proprio degli stati percettivi. Le interpretazioni esternaliste della dottrina kantiana dell immaginazione, che la legano al possesso di pratiche ed abilità corporee, 3 Pylyshyn in Places and Things, ha collegato l allocazione dell attenzione focale al possesso di stati mentali con contenuto non concettuale da parte del modulo dell early vision, mentre J. Bermùdez attribuisce esplicitamente stati con contenuto non concettuale ai moduli sub-personali dei sistemi di visione artificiale. A. Raftopulos e V. Muller collegano invece l esistenza di rappresentazioni mentali con contenuto non concettuale ai contenuti percettivi accompagnati da phenomenal awareness e questi ultimi agli output elaborati da sottomoduli del sistema percettivo e, su tali basi, suggeriscono un interessante ipotesi sull origine deittica del riferimento dei termini perceptual demonstratives. 7

8 risultano particolarmente utili per evidenziare il carattere generalissimo di oggettualità indeterminata, o proto-oggettualità, che Kant ascrive al prodotto della sintesi figurata: la discriminazione di oggetti spaziali in quanto spaziali. Secondo tali interpretazioni, dalla dottrina dello schematismo, soprattutto la parte concernente gli schemi di concetti sensibili puri e gli schemi di concetti empirici, emergerebbe un nesso tra la facoltà dell immaginazione produttiva e la padronanza di tecniche e/o abilità corporee, in quanto connesse entrambe ad una conoscenza preliminare generalissima delle caratteristiche spaziali degli oggetti e dell orientamento corporeo. Le fini distinzioni concettuali operate da Kant nella sua filosofia trascendentale, unite alle osservazioni svolte nell Antropologia, possono permettere di chiarire il carattere non concettuale proprio della proto-oggettualità ascritta agli output elaborati dal modulo dell early vision, anche se le interpretazioni esternaliste, al pari di quelle non concettualiste, dovessero rivelarsi scorrette. In realtà, numerose riflessioni contenute all interno della filosofia kantiana possono essere correttamente utilizzate nella costruzione di una filosofia dell embodied mind che possa fungere da adeguata cornice dei risultati conseguiti all interno delle scienze cognitive, anche a dispetto delle intenzioni del filosofo di Könisberg. Da una parte possono infatti aiutare a chiarire se e in quale modo sia corretto parlare di un origine spaziale dei nostri apparati concettuali, come suggerisce J. Mandler ipotizzando che i processi umani di categorizzazione si sviluppino a partire da schemi-immagine identificati con strutture astratte di tipo topologico relative ai movimenti nello spazio. Dall altra possono elucidare il carattere non concettuale dei proto-oggetti cui fa riferimento Pylyshyn nelle sue ricerche sulla visual attention o visual indexing e nella sua teoria dei `FINgers of INSTantiation'. Il ruolo ascritto da Kant all immaginazione sembra infatti trovare conferma e chiarimento proprio nei risultati delle ricerche condotte nel campo delle scienze cognitive e sembra inquadrabile all interno di una filosofia dell embodied mind, come quella sviluppata da M. Johnson e G. Lakoff che ipotizzano un origine dei nostri sistemi concettuali a partire da image-schemas legati alle pratiche corporee e ai cicli di azione dell apparato sensomotorio, anche se tale filosofia risulta in contrasto con numerosi e fondamentali punti della riflessione trascendentale. All interno di una prospettiva filosofica embodied trovano, del resto, la loro giusta collocazione sia i suggerimenti forniti dai ricercatori dell animate vision sull individuazione dell informazione iniziale posseduta dai sistemi percettivi, sia i risultati della ricerca gestaltista sui principi di organizzazione del campo visivo fenomenico, sia le osservazioni di Pylyshyn sui meccanismi di identificazione proto-oggettuale interni ai nostri sistemi percettivi. In ultima analisi la riflessione kantiana può rivelarsi utile proprio per chiarire in cosa possa consistere il carattere non concettuale degli stati percettivi, la loro capacità di riferirsi a oggetti senza essere rappresentazioni e a quale tipo oggettualità possano riferirsi. La parte conclusiva del presente lavoro intende perciò mostrare l utilità di questa riconsiderazione per la costruzione di un epistemologia naturalizzata che risulti coerente con una filosofia dell embodied mind. In tale costruzione la discussione sul carattere autonomo proprio dei processi visivi svolge un importante ruolo sia per ridefinire i rapporti tra percezione e cognizione sia per edificare, conseguentemente, una forma naturalizzata di realismo filosofico, coerente con alcuni tipi di costruttivismo e che comprende il superamento di ogni semplicistica dottrina dei dati di senso, giustificato dai risultati conseguiti nell analisi stessa dello studio della discriminazione percettiva. 8

9 2. Le differenti articolazioni della tesi dell autonomia della visione nella psicologia della Gestalt: a) E. Rubin b) M. Wertheimer e la critica alla dottrina dell inferenza inconscia di von Helmoltz c) Lo studio dell articolazione-figura sfondo nella psicologia della Gestalt: W. Köhler e K. Koffka; d) G. Kanizsa e P. Bozzi e la critica dell approccio cognitivista. Appendici al capitolo 1: I Considerazioni metodologiche sull adozione del metodo fenomenologico sperimentale nella ricerca percettologica; II La dottrina delle Gestaltqualitäten di C. Von Ehrenfels; III Analisi di un esempio di simulazione tramite rete neurale parallela del processo di articolazione figura-sfondo. La tesi dell autonomia della visione si caratterizza inizialmente come scoperta dei principi autonomi di organizzazione del campo visivo, prima attraverso l individuazione degli effetti funzionali e delle condizioni topologiche di costituzione dell organizzazione figurale nell opera di Rubin, poi come teoria complessiva dell organizzazione dinamica del campo percettivo nelle opere degli psicologi della Gestalt (Wertheimer, Köhler e Koffka) al cui interno viene inquadrata la stessa organizzazione figurale. L autonomia della visione viene poi sostenuta dai percettologi italiani, in particolare G. Kanizsa, attraverso l individuazione di principi autonomi di organizzazione del processo primario rispetto a quelli di categorizzazione o inferenza del processo secondario, in funzione critica rispetto alle linee di tendenza della psicologia cognitivista. Vediamo in dettaglio le modalità di tale sviluppo a. E. Rubin E. Rubin si è occupato degli effetti funzionali della divisione del campo percettivo in figurasfondo nel suo Synsoplevede Figur del 1915, tradotto in tedesco con il titolo Visuell Wahrgenommene Figuren nel Servendosi di stimoli bidimensionali, soprattutto di figure ambigue o pluristabili, come la seguente coppa-due profili, Rubin ha cercato di individuare i fattori responsabili di detta articolazione. Allievo di Georg Elias Müller a Göttingen, insieme a David Katz, ha cercato per primo di fornire una descrizione di tipo fenomenologico di questa fondamentale articolazione del campo percettivo 2. 1 Rubin E Toccafondi F., 2000, p

10 Egli è stato uno dei primi autori ad affermare che la divisione del campo percettivo si coniuga alla sua articolazione. Per lo psicologo danese quest ultima si dà fenomenicamente, non è il risultato di un attività. Infatti, come ricorda F. Toccafondi, egli ritiene che se una parte del campo è vista come figura, essa assume uno spiccato «carattere oggettuale», si staglia sullo sfondo, ha sempre una forma, attira l attenzione, si ricorda meglio. Se una parte del campo è vista come sfondo, invece, ha un carattere più indifferenziato, è poco strutturata e può anche non esserlo affatto quando si configura come spazio vuoto, gode di minore risalto, dà l impressione di passare dietro la figura, che è vista in risalto 3 Lo psicologo danese individuava nella funzione delimitante unidirezionale del contorno la causa principale dei seguenti effetti funzionali, riscontrabili con metodo fenomenologico: a) le figure a differenza degli sfondi hanno carattere oggettuale; b) le figure appaiono dotate di colore epifanico o di superficie mentre gli sfondi risulterebbero avere colore diafanico o filmico 4 ; c) la figura appare più facile da localizzare e viene localizzata sopra lo sfondo; d) la figura colpisce di più ed è più significativa e tutto ciò che la riguarda viene ricordato meglio. Rubin indicava quindi alcune delle condizioni figurali dell articolazione figura sfondo: a. tra due aree omogenee di colore diverso la più piccola ed inclusa viene probabilmente vista come figura; b. in figure costituite da croci viene più facilmente vista come figura la croce i cui settori sono verticali e orizzontali; c. tenderanno ad essere percepite come figure le aree con margini convessi. Per quanto riguarda sia la causa principale sia le condizioni figurali degli effetti funzionali dell articolazione figura-sfondo, mi sembra corretto affermare che la tesi dell autonomia della visione si caratterizza in Rubin come riconoscimento del carattere essenzialmente topologico e pre-concettuale dell una e delle altre. Per ciò che concerne gli stessi effetti funzionali, invece, risulta evidente il carattere autonomo e precategoriale degli effetti b) e c), mentre per quanto riguarda principalmente l effetto a) e secondariamente quello d) il richiamo al carattere oggettuale della figura sembra rimandare ad un qualche processo di categorizzazione di livello estremamente generale, collegato appunto all individuazione oggettuale o proto-oggettuale. Tale rimando non 3 Toccafondi F., 2000, p Rubin nell adesione al metodo fenomenologico sperimentale utilizza qui il lessico di David Katz, altro allievo di G.E. Müller, il quale nel 1911 aveva pubblicato sulla rivista Zeitschrift für Psychologie l articolo Die Erscheinungsweise der Farben und ihre Beeinflussung durch die individuelle Erfahrung. Egli, a seguito dei risultati conseguiti attraverso una serie di esperimenti di laboratorio, aveva individuato tre differenti modi di apparire dei colori: di superficie o epifanici, filmari o diafanici ed infine di volume. Per un illustrazione adeguata di questo lavoro vedi Katz D.,

11 lede comunque la tesi dell autonomia della visione nelle modalità in cui viene qui intesa; infatti, anche se la discriminazione percettiva costituisce un attività di distinzione funzionale essa non costituisce comunque un attività di pensiero identificativa di oggetti la quale subentra solo dopo l individuazione. La diversità tra fase discriminativa di individuazione, comporti o meno questa processi generalissimi di categorizzazione, e fase categorizzante di identificazione nei processi percettivi è stata forse inizialmente oscurata dall adozione del metodo fenomenologicosperimentale. Alla variazione di stimoli controllata dallo sperimentatore, i soggetti sperimentali dovevano infatti rispondere utilizzando il linguaggio comune per descrivere quanto percepivano. Ora, dal punto di vista dell esperienza vissuta dal soggetto sperimentale, individuazione ed identificazione sono separabili solo a posteriori; ciò non toglie che la prima costituisca la condizione di possibilità della seconda e, dal punto di vista cognitivo, la preceda, anche se nel linguaggio comune spesso non esistono termini per descrivere le aggregazioni organizzate individuate e vengano quindi utilizzati i termini del riconoscimento oggettuale. Lo studio delle figure ambigue da parte di Rubin riguarda una fase del processo visivo comunque differente da quella di cui si è invece occupato nei suoi studi J. Jastrow, cercando di cogliere il ruolo delle aspettative, della conoscenza generale del mondo e della direzione dell attenzione all interno dei processi percettivi. Proprio perché vedere come e cogliere un aspetto risultano più strettamente connessi all identificazione che non all individuazione oggettuale, il differente orientamento della funzione unidirezionale del contorno risulta assai diverso dal differente orientamento dello sguardo del papero-coniglio di Jastrow: E quindi, proprio perché con i termini simple seeing e seeing as ci si riferisce a differenti fasi del processo percettivo, risulta in gran parte corretta le seguente affermazione di Wittgenstein riguardante la psicologia della Gestalt 5 la quale ha inquadrato all interno dei propri schemi esplicativi l organizzazione percettiva figura-sfondo nelle modalità studiate da Rubin: Può la psicologia della Gestalt classificare le diverse organizzazioni che possono introdursi in un immagine visiva non organizzata? Può indicare una volta per tutte i tipi possibili di modificazioni che la capacità di strutturazione del nostro sistema nervoso può provocare? Se vedo il punto come un occhio che guarda in questa direzione, - in quale sistema di modificazioni rientra questo aspetto? (sistema di forme e colori) Ma, come cercheremo di mostrare nel prossimo capitolo, lo stesso filosofo austriaco si è spinto troppo oltre, disconoscendo l importanza filosofica del simple seeing e rifiutando la tesi dell autonomia della visione. 6 Wittgenstein L., 1990, p

12 Le condizioni figurali di tipo fenomenologico, rilevate dallo psicologo danese, vengono infatti spiegate sulla base dei principi che regolerebbero i processi dinamici neurofisiologici di auto-organizzazione in base all ipotesi dell esistenza di un isomorfismo funzionale tra forme fenomenologiche e forme neurofisiologiche. Sempre in base a tale isomorfismo viene spiegata la funzione delimitante unidirezionale del contorno, riducendola ad un processo elettrodinamico che si verifica nelle soluzioni elettrolitiche ed è regolato da ben precise leggi. Nella Gestaltpsychologie la tesi dell autonomia della visione si caratterizza, infatti, come affermazione del carattere auto organizzativo dei processi dinamici percettivi, sulla base del principio dell isomorfismo funzionale, e come rifiuto di spiegazioni che vedono i processi percettivi come processi interpretativi inferenzialmente strutturati. Considerando l importanza ascritta dagli psicologi della Gestalt al fenomeno del riorientamento gestaltico nei processi esplicativi propri del pensiero produttivo, si può addirittura asserire che la tesi dell autonomia della visione assuma talvolta le vesti di tesi dell assimilazione dell inferenza esplicativa alle dinamiche dei processi percettivi. Esaminiamo allora in quale modo, nell opera di Wertheimer, si caratterizzi la tesi dell autonomia della visione nella critica mossa alla prospettiva helmoltziana e, successivamente, come essa emerga dalle modalità di spiegazione dell articolazione figura-sfondo seguite da W. Köhler e K. Koffka. b. M. Wertheimer e la critica alla dottrina dell inferenza inconscia di von Helmoltz Nell articolo Experimentelle studien über das Sehen von Bewegung, pubblicato nel 1912 sulla Zeitschrift für Psychologie, M. Wertheimer presentava i risultati del suo lavoro sulla percezione del movimento stroboscopico β e φ 7. Per spiegare il movimento apparente Wertheimer affermava che quando le eccitazioni, provenienti dalle terminazioni retiniche, giungono nel sistema nervoso centrale, si verifica un processo fisiologico d insieme (Gesamtvorgang), si creano delle correnti nervose di raccordo tra le singole eccitazioni, le cui caratteristiche dipendono dalla disposizione spaziale e dalla successione temporale delle correnti stesse: Per quanto riguarda la fisiologia cerebrale si deve tenere conto non solo dell eccitazione di punti isolati, ma anche delle funzioni trasversali, di natura propriamente centrale, che si producono tra i punti eccitati, e le cui modalità si costituiscono sulla base delle singole eccitazioni 8. 7 Nell esperimento veniva utilizzato un tachistoscopio per la presentazione successiva di due puntini luminosi posti a breve distanza. Se le due luci venivano presentate a distanza di un intervallo di 60 mls, gli osservatori percepivano un punto in movimento (movimento β ); se l intervallo temporale veniva abbassato sotto i 30 mls allora l osservatore percepiva due luci simultanee; se l intervallo veniva aumentato sino a 200 mls, gli osservatori percepivano due puntini che si accendevano successivamente. Particolarmente interessante era la percezione di puro movimento, quasi a prescindere dalla presenza di un oggetto in movimento in quanto tale, che si realizzava percettivamente quando l intervallo era leggermente superiore ai 30 mls o effetto φ. 8 M. Wertheimer 1912 b. 12

13 I processi fisiologici sono considerati dei processi molari e vengono ipotizzate per la prima volta quelle forme fisiologiche che verranno riprese da Köhler nello scritto Die Physischen Gestalten in Ruhe und im Stationären Zunstand, pubblicato per la prima volta nel Wertheimer scartava ogni ipotesi basata su sensazioni inavvertite o giudizi inconsci per spiegare le percezioni inadeguate, di movimento o di forma, rispetto ad una stimolazione prossimale costante. La sua critica si indirizzava sul principio della costanza dello stimolo (Konstanzannahme) secondo cui la sensazione e la percezione dipendono direttamente e in modo univoco dal mosaico della stimolazione retinica, considerata in modo puntiforme, cosicché, non variando la stimolazione retinica, le sensazioni e le percezioni dovrebbero restare costanti. Per Wertheimer, i singoli contenuti sensoriali non sono mai indipendenti l uno dall altro, come le singole tessere di un mosaico, ma sono sempre soggetti a reciproche influenze. Egli spiegava così la discrepanza tra il risultato fenomenico (il movimento apparente di un singolo punto percepito) e la stimolazione prossimale retinica (le due zone differenti successivamente stimolate sulla retina), criticando le spiegazioni delle costanze percettive e del contrasto simultaneo di colore fornite da von Helmoltz, basate sull ipotesi dell esistenza di processi di inferenza inconscia a partire dall esperienza passata. Helmoltz aveva infatti formulato una teoria tricromatica della percezione dei colori, postulando l esistenza sulla retina di tre tipi di coni sensibili rispettivamente alla lunghezza d onda della luce corrispondente alla banda del rosso del blu e del violetto ed ipotizzando che ogni singolo cono trasmettesse separatamente al cervello le informazioni riguardanti un solo tipo di lunghezza d onda. Sulla base di questa teoria aveva poi costruito la propria spiegazione della costanza percettiva del colore. Non avendo accesso diretto allo stimolo distale (luce riflessa) né all oggetto riflettente, il sistema percettivo si baserebbe solo sullo stimolo prossimale che è estremamente variabile nel tempo per forma, grandezza e colore rispetto all oggetto percepito. Il sistema opererebbe quindi un inferenza inconscia, a partire dall esperienza passata, correggendo grandezza, forma e colore dell oggetto percepito. Il fenomeno del contrasto simultaneo del colore veniva spiegato sulla base di un funzionamento inadeguato dei processi di inferenza inconscia responsabili della costanza cromatica percepita. Per mantenere tale costanza cromatica, dal momento che la stimolazione prossimale dipende solo dalla luce riflessa, la quale a sua volta dipende dalle proprietà della superficie riflettente e dalle proprietà della luce ambientale, i processi inferenziali inconsci opererebbero sottraendo la componente della luce ambientale. Nei fenomeni di contrasto simultaneo, in cui, ad esempio, un quadratino grigio posto all interno di una superficie rossa inducente viene percepito come verdastro, il sistema percettivo inferirebbe a partire da un ipotesi sbagliata in quanto riterrebbe il quadratino immerso in una luce ambientale dello stesso colore della superficie inducente e, conseguentemente, sottrarrebbe al grigio una tale componente cromatica facendolo apparire del colore complementare. È opportuno illustrare la dottrina dell inferenza inconscia di von Helmoltz così come esposta nel paragrafo 26 del III volume dello Handlbuch der physiologische Optik, per comprendere quale fosse la concezione helmoltziana del giudizio inconscio, quale tipo di inferenza riteneva fosse utilizzata dal sistema percettivo e quale ruolo vi giocasse l esperienza passata Solo 9 In tutti i casi ogni coscienza reale non è soltanto accoppiata ciecamente ai corrispondenti processi fisiologici, ma è anche simile ad essi nelle proprietà strutturali essenziali (Köhler W., 1924) Questo è esplicitamente riconosciuto in Koffka K., 2007 p. 74 e pp

14 in questo modo potremmo comprendere pienamente la portata delle critiche dei gestaltisti e i motivi che li hanno spinti a proporre spiegazioni dei processi percettivi basate su processi fisiologici di auto-organizzazione di campo piuttosto che su schemi di inferenza inconscia e intendere così le modalità proprie in cui i gestaltisti presentavano la tesi dell autonomia della visione. Potremo così capire se le attuali spiegazioni dei processi percettivi basate su schemi di inferenza non cosciente del sistema percettivo, fornite da alcuni psicologi cognitivisti, risultino plausibili; la plausibilità dipende, infatti, dal tipo di inferenza che si ritiene utilizzato. Il raffronto con le idee helmoltziane si rivelerà anche in questo caso proficuo. Cominciamo allora con il precisare l uso dei termini utilizzati da Helmoltz per riferirsi alle sensazioni immediate in relazione ai differenti tipi di contenuti di coscienza. Nel discorso Die Tatsachen in der Wahrnehmung, tenuto nell agosto del 1878 Helmoltz aveva distinto tra: a) Vorstellung intesa come rappresentazione generale, b) Wahrnehmung intesa come atto percettivo in generale o percezione in generale o come possibilità generale di porsi in relazione rappresentazionale con il mondo, c) Perzeption intesa come percezione immediata o impressione sensoriale, d) Anschauung intesa come il risultato operato dalle unbewusste Schlüsse (inferenze inconsce) sulla Perzeption. Tale terminologia e tali distinzioni concettuali vengono mantenute all interno del paragrafo 26 dello Handlbuch. Qui Helmoltz comincia con l identificare i percetti visivi e le idee 10 e continua affermando che la regola generale che determina le idee visive che sono formate quando l occhio è in qualsivoglia modo impressionato, con o senza l aiuto di strumenti ottici, è la seguente: questi oggetti (causanti l impressione) sono immaginati sempre presenti nel campo visivo come dovrebbero essere in ordine alla produzione della stessa impressione sui meccanismi nervosi, quando gli occhi sono usati sotto normali e ordinarie condizioni 11. La seconda regola che sembrano seguire prevalentemente tutti i processi percettivi è per Helmoltz la seguente: non abbiamo l abitudine di osservare accuratamente le nostre sensazioni, eccetto quando queste sono utili nel permetterci di riconoscere oggetti esterni. Al contrario siamo abituati a trascurare tutte quelle parti delle sensazioni irrilevanti per quanto concerne gli oggetti esterni 12. La prima regola identifica i processi percettivi con processi di inferenza, la seconda indica nelle sensazioni inavvertite i possibili elementi di partenza di tali processi. 10 Visual perception are ideas visual perceptions also can only be the result of psychic energy (Helmholtz H. von, 2000 Vol III par 26 p. 1). 11 Helmoltz H. von, 2000 Vol III par 26 p. 4, trad. pers. dall inglese. 12 Helmoltz H. von, 2000 Vol III par 26 pp. 7-8, trad. pers. dall inglese. 14

15 Dopo aver esplicitamente rifiutato di voler prender parte alla disputa tra innatisti ed empiristi, Helmoltz riafferma, chiarendole, le distinzioni terminologiche introdotte nello scritto del Afferma infatti di voler restringere il termine Vorstellung a significare l immagine dell oggetto visivo quando viene ritenuta nella memoria, senza essere accompagnata da alcuna presente impressione sensoriale, ed usare il termine Anschauung per significare una percezione (Wahrnehmung) quando è accompagnata da un impressione sensoriale. Il termine Perzeption può allora essere impiegato per denotare una Anschauung di natura tale che non vi sia alcun elemento non risultante da una sensazione diretta, sarebbe a dire una Anschauung derivabile senza alcun collegamento ad un esperienza precedente. Ovviamente una stessa Anschauung può essere accompagnata dalle corrispondenti sensazioni in misure molto diverse. Quindi idea e percezione immediata possono essere combinate nell appercezione in molte differenti proporzioni 13. Per mostrare la transizione dalla Anschaungsbild alla Vorstellungsbild, Helmoltz porta l esempio della stessa stanza prima vista illuminata e poi percepita al buio 14. Questo tipo di percezione viene equiparato a quello delle stesse costanze visive che vengono viste come il risultato di un processo inferenziale inconscio di tipo analogico 15. Dopo aver sottoscritto una concezione solo pratica della verità delle nostre idee, intese come semplici simboli, segni naturali per le cose di cui apprendiamo l uso al fine di regolare i nostri movimenti e le nostre azioni 16, considerandole comunque come prodotte da azioni sui nostri organi di senso, sostiene che un concetto (Begriff), tanto universale che individuale, costituisce la base per un inferenza deduttiva. Questa verrebbe attuata consapevolmente dall intelletto nel caso del concetto universale ed inconsciamente dal sistema percettivo nel caso di quello individuale: L idea di un corpo nello spazio, di un tavolo per esempio, implica una quantità di osservazioni separate che comprende l intera serie di immagini che quel tavolo mi presenterebbe quando io lo guardassi da lati differenti e a differenti distanze; inoltre l intera serie delle impressioni tattili che possono essere ottenute toccando la superficie in vari punti in successione. Una tale idea di un singolo individuale corpo è dopotutto una concezione (Begriff). Questa comprende ed include un numero infinito di singole successive appercezioni, che possono tutte essere dedotte da essa; proprio come la specie tavolo include tutti I tavoli individuali ed esprime le loro comuni peculiarità. L idea di un singolo tavolo individuale che ho in mente è corretta ed esatta solo se io posso dedurre da essa correttamente le precise sensazioni che avrò quando I miei occhi e la mia mano saranno posti in questa o quella definita relazione con il tavolo. Non so come concepire un altro tipo di somiglianza esistente tra una tale idea e il corpo. Una è il simbolo mentale dell altro Helmoltz H. von, 2000 Vol III par 26 p Helmoltz H. von, 2000 Vol III par 26 p Helmoltz H. von, 2000 Vol III par 26 pp Helmoltz H. von, 2000 Vol III par 26 p. 19, trad. pers. dall inglese. 17 Helmoltz H. von, 2000 Vol III par 26 p. 21, trad. pers. dall inglese. 15

16 In tale contesto distingue appunto tre tipi principali di inferenza che noi, in quanto esseri razionali, utilizziamo consciamente e che il nostro sistema percettivo usa inconsciamente. Il primo tipo è, come abbiamo visto, l inferenza deduttiva. In particolare Helmoltz considera il silllogismo deduttivo nella forma barbara 18 e si limita a ripetere le obiezioni formulate da J. S. Mill rispetto alla sterilità euristica della deduzione sillogistica 19. Tratta poi l induzione interpretandola come processo di riduzione analogica e ne ipotizza l uso da parte del sistema percettivo: attraverso la formulazione cosciente di ragionamenti induttivi si guadagna molto in convenienza e certezza dei processi; niente di nuovo viene però essenzialmente aggiunto che non esista effettivamente nelle conclusioni che raggiungiamo per analogia senza riflettere. 20 Ovviamente, per Helmoltz il sistema percettivo opera inconsciamente sia nel caso della deduzione sia in quello dell induzione: questi giudizi, in cui le nostre sensazioni nel nostro ordinario stato di coscienza sono connesse all esistenza di una causa esterna, non possono essere, nemmeno per una volta, elevati al livello di giudizi coscienti. 21 Le illusioni e gli errori dei sensi vengono a loro volta presentati come il risultato di un inferenza inconscia di tipo analogico-induttivo: non dobbiamo essere sorpresi se l idea di un oggetto che è ordinariamente associata ad una sensazione non svanisce, anche quando noi sappiamo che in quel caso particolare non c è un tale oggetto 22 Un terzo tipo di inferenza inconscia è quella attraverso cui il sistema percettivo distingue le qualità imputabili agli oggetti rispetto a quelle dovute ai movimenti o alla posizione dell osservatore. Tale inferenza assomiglierebbe al ragionamento che accompagna una procedura sperimentale quando, con più variabili indipendenti ed una sola variabile dipendente in gioco, testiamo le indipendenti, una dopo l altra, per vedere da quale di esse dipende l effetto (cioè la variabile dipendente). Helmoltz spiega in questo modo come percepiamo oggetti costanti (le cause della stimolazione) al posto della impressioni sensoriali (l effetto), inferendoli cioè dalla variazione del movimento in relazione al cambiamento del mosaico della stimolazione retinica: 18 In realtà non si tratta della forma barbara aristotelica, in quanto sia la premessa minore sia la conclusione sono giudizi singolari, aventi come soggetto un termine singolare. 19 Non permette cioè di scoprire alcuna nuova verità ma solo di rendere esplicita la verità già contenuta nelle premesse. 20 Helmoltz H. von, 2000 Vol III par 26 p. 24, trad. pers. dall inglese. 21 Helmoltz H. von, 2000 Vol III par 26 p. 27, trad. pers. dall inglese. 22 Helmoltz H. von, 2000 Vol III par 26 p. 26 trad. pers. dall inglese. 16

17 un esperimento assume la stessa importanza sia per la certezza delle nostre convinzioni scientifiche sia per le induzioni inconsce delle percezioni dei nostri sensi. Solo mettendo volontariamente i nostri organi di senso in varie relazioni con gli oggetti, impariamo ad essere sicuri dei nostri giudizi sulle cause delle nostre sensazioni. Questo genere di sperimentazione comincia nei primi anni della nostra giovinezza e continua per tutta la vita senza interruzione 23. L accusa di aver considerato i processi percettivi come processi inferenziali di natura raziomorfa 24 operanti sui dati della stimolazione retinica, intesa quale pura collezione di stimoli puntiformi, nel caso di Helmoltz, è quindi formulata a proposito. Per comprendere la portata delle critiche di Wertheimer dobbiamo però spingerci oltre. Infatti von Helmoltz e Wertheimer si situano ai due opposti poli per quanto riguarda le rispettive concezioni del rapporto tra processi percettivi e processi razionali. Wertheimer, infatti, non si limitò a rigettare ogni ipotesi di spiegazione della percezione basata su processi inferenziali raziomorfi. Egli andò molto più in là già negli anni immediatamente seguenti, quando, sviluppando le idee contenute nell altro scritto pubblicato nel 1912 Über das Denken der Naturvölker 25 delineò le linee generali della dottrina gnoseologica che avrebbe sviluppata in modo più completo solo in Productive Thinking 26. In proposito ci resta la nota pubblicata nel 1914 da Gabriele von Wartensleben, che riassume i contenuti delle lezioni di epistemologia tenute da Wertheimer nel semestre estivo del 1913 a Francoforte, essenziale per comprendere l origine e il profilo delle idee teoretiche sostenute da Wertheimer 27. Nonostante il carattere di pubblicazione esemplare 28, l altro testo del 1912, quello sul movimento apparente, risulta infatti ben poco teoretico proprio a causa del suo contenuto. Di particolare interesse è il brano contenuto alla pagina 3 della nota della Wartensleben che riportiamo per esteso: il processo conoscitivo la conoscenza nel senso specifico del termine (im prägnanten Sinne) consiste molto spesso nel centrare, o strutturare, ovvero cogliere quel particolare aspetto che fornisce la chiave per accedere ad un intero ordinato, un unificazione delle singole parti individuali che si trovano ad essere presenti; ciò che ne risulta è che un unità strutturata emerge come un tutto a causa ed in virtù di tale centramento. Il risultato di questo specifico processo di centramento è uno scaturire (Herausspringen) della forma (Gestalt) dal non ancora formato 23 Helmoltz H. von, 2000 Vol III par 26 p. 28 trad. pers. dall inglese. 24 Il termine raziomorfo, è utilizzato in riferimento alle teorie helmoltziane e neo-helmoltziane in Bozzi P, Wertheimer M., 1912 a. 26 Wertheimer M., Mitchell G. Ash, 2004, pp Esemplare viene qui utilizzato così come definito in Kuhn, T

18 (nach nicht gestalten). Determinate apparenze ( so-färbungen) delle parti derivano dalla specifica concezione totale; parti e stati specifici divengono adesso comprensibili 29. Questo brano anticipa le concezioni sostenute in Productive Thinking dove Wertheimer critica ogni concezione che veda la conoscenza come risultato di un attività di problem-solving identificata con procedure meccaniche computazionali di tipo algoritmico 30. Egli identifica piuttosto il risultato conoscitivo dell attività di problem-solving con il ricentramento perceziomorfo degli elementi di una situazione problematica intorno ad un fulcro centrale significativo, il quale viene in qualche modo visto, provocando spesso un emozione di intensa gioia. Tale identificazione viene utilizzata da Wertheimer per criticare l impostazione dei programmi statunitensi di insegnamento della matematica nel secondo dopoguerra. Se von Helmoltz spostava verso l alto l attività dei processi percettivi, equiparandoli a processi di inferenza, Wertheimer sposta verso il basso l attività dei processi di inferenza euristici, equiparandoli a processi percettivi di auto-organizzazione del campo visivo. Von Helmoltz e Wertheimer sostengono cioè concezioni simmetricamente antitetiche riguardo ai rapporti di subordinazione tra modalità percettive e modalità cognitive nella costruzione dei modelli esplicativi dei processi mentali 31. Le profonde differenze tra la dottrina gnoseologica di Helmoltz e quella di Wertheimer potrebbero dipendere, in ultima analisi, dalla differente concezione che essi hanno delle idee visive. Per il primo le idee sono puri segni che non mantengono nessun rapporto di somiglianza con la realtà fisica, per il secondo, in virtù del superamento di un applicazione puntiforme del principio dell energia specifica di Müller 32, in virtù della presenza di funzioni trasversali originate da proprietà strutturali delle distribuzioni di energia sulla retina, deve esistere una qualche sorta di isomorfismo tra idee (oggetti visivi) e la strutturazione dell energia ambientale che determina tali distribuzioni. Mentre per il primo può esistere solo una verità pratica delle nostre idee, al progetto di ricerca del secondo è sottesa una versione elaborata e sofisticata della dottrina corrispondentista, basata su un parallelismo monistico di stampo spinoziano inteso in chiave dinamica e non meccanica 33. Tale concezione corrispondentista della verità implicherebbe solo la conservazione funzionale di invarianze strutturali, senza che venga postulata alcuna forma di somiglianza geometrica tra oggetti fisici, stimolazione prossimale e oggetti fenomenici. Tale punto 29 Wartensleben von G., 1914, p. 3, trad. it. in Mitchell G. Ash, 2004, p Intesa in questo caso specifico come rigida applicazione di una formula per la soluzione di un problema, quale quello risolto brillantemente dal giovane Gauss di determinare la somma di una serie di numeri naturali n+(n+1) in base ad un riorientamento gestaltico. 31 Una posizione analoga a quella di Wertheimer è sostenuta in Arnheim R., 1974, in particolare i capp. 2-4, parzialmente criticata in Kanizsa G., Secondo il principio dell energia nervosa specifica la natura degli impulsi che un nervo trasmette dai recettori periferici al cervello dipende solo dalla natura del nervo in questione e non dalla natura dell agente che ha dato origine alla stimolazione. 33 L interesse del giovane Wertheimer per la filosofia di Spinoza è del resto confermato dalle testimonianze biografiche. Vedi al riguardo Mitchell G. Ash, 2004, p

19 emerge più chiaramente nello sviluppo che delle idee di Wertheimer hanno dato K. Koffka e soprattutto W. Köhler secondo cui l ordine psico-fisico, a cui corrisponde quello fenomenale, dipende soprattutto dalle caratteristiche topologiche dello stimolo e da una dinamica della coordinazione tra le parti che prescinde dalle caratteristiche geometriche delle parti stesse 34. Quindi il bersaglio del movimento gestaltista, che nasceva sulla base della spiegazione esemplare del movimento stroboscopico, era il modello dominante di spiegazione dei processi percettivi che, accettando i principi atomistici dell associazionismo, li identificava con processi interpretativi 35 come appare chiaro dalla pubblicazione nel 1913, sempre sulla Zeitschrift für Psychologie, dell articolo di W. Köhler Über unbemerkte Empfindungen und Urteilstäuchungen e dalla pubblicazione nel 1914 su Die Geisteswissenschaften dell articolo di K. Koffka Psychologie der Wahrnehmung. Nel primo veniva sottolineata la profonda novità dell approccio wertheimeriano allo studio del fenomeno del movimento apparente e criticate, in quanto inadeguate e non falsificabili, le ipotesi esplicative, proprie dell approccio meccanicistico ed associazionistico, basate su giudizi inconsci e sensazioni inavvertite. Nel secondo K. Koffka criticava la dottrina delle rappresentazioni inadeguate di forma di origine sensoriale, in base alla quale V. Benussi spiegava gli esiti degli esperimenti sul movimento indotto condotti da F. Kenkel 36, in quanto i contenuti sensoriali a partire dai quali dovrebbe avvenire la produzione di apprensioni inadeguate della forma sarebbero ipostatizzati e la distinzione tra rappresentazioni di origine sensoriale e rappresentazioni di origine asensoriale deriverebbe dalla Konstanzannahme. Nell articolo pubblicato da Wertheimer sui movimenti apparenti β e φ era infatti contenuta la formula fondamentale della teoria della Gestalt che potrebbe essere espressa in questo modo. Ci sono totalità il cui comportamento non è determinato da quello dei loro elementi componenti individuali, ma dove i processi delle parti sono determinati dalla intrinseca natura del tutto. La speranza della teoria della Gestalt è quella di determinare la natura di queste totalità 37. I gestaltisti non si limitarono dunque, come von Ehrenfels 38 a parlare di entità (complessi rappresentativi interni alla coscienza) che hanno qualità gestaltiche, individuabili in base ai criteri della sovra-sommatività, prossimità funzionale e trasponibilità, ma intesero come Gestalten i processi e gli oggetti stessi 39 e ritennero del tutto inappropriato qualsiasi approccio allo studio dei 34 Toccafondi F., 2000, p Consistente ricordiamolo- nell unione di una dottrina psicologica associazionistica, basata sull ipotesi dell esistenza di atomi sensoriali, e di una teoria fisiologica basata sul principio dell energia nervosa specifica di Müller. 36 In tali esperimenti venivano utilizzate differenti configurazioni luminose che riproducevano l illusione di Müller- Lyell. 37 Traduzione da M. Wertheimer 1924, pubblicato in Ellis W.D. (eds), Vedi Appendice II. 39 Quando ora parliamo di psicologia della Gestalt, intendiamo quel significato di Gestalt nel quale la parola si riferisce a un oggetto specifico e all organizzazione, mentre quello degli attributi di Gestalt è divenuto uno dei problemi 19

20 processi psichici e fisiologici che utilizzasse modelli di tipo meccanico, poiché tali processi costituiscono per loro delle realtà profondamente dinamiche. Per Wertheimer i processi percettivi erano appunto dei processi dinamici e le organizzazioni percettive costituivano una di quelle totalità il cui comportamento non è meccanicamente determinato da quello dei loro elementi componenti individuali. Il compito della psicologia della Gestalt diveniva quello di fornire le leggi della loro formazione. È esattamente questo che cercò di fare Wertheimer stesso, prima di andare a dirigere il laboratorio di Francoforte, pubblicando nel , sulla rivista-organo del movimento Psychologische Forschung, le Untersuchungen zur Lehre von der Gestalt I e II in cui vengono presentati i principi guida della Gestaltpsychologie, le leggi riguardanti i fattori di organizzazione e segmentazione del campo visivo e vengono fornite le relative prescrizioni metodologiche e, di fatto, prescritte le linee di ricerca dei gestaltisti per decennio il successivo 40. Il Denkkollektive costituito dai teorici della Gestalt 41 e dai loro allievi adottò infatti una combinazione di stili di ricerca il cui scopo principale consisteva nell esplorare la realtà psicologica quale appare e nel determinare le condizioni del suo apparire ed i principi della sua organizzazione 42. Wertheimer raccomandava un approccio dall alto per determinare la natura e i principi di organizzazione delle totalità percettive, intese appunto come Gestalten, sul fondamento dell esistenza di forme fisiologiche funzionalmente isomorfe, la cui corretta individuazione e descrizione veniva demandata alla ricerca neurofisiologica. I gestaltisti non sostituirono comunque la sperimentazione di laboratorio con osservazioni sul campo; essi modificarono piuttosto gli standard in uso nelle procedure di laboratorio stesse, consentendo ai soggetti sperimentali di spalancare letteralmente gli occhi per introiettare una porzione maggiore del campo visivo 43, né si limitarono a fornire descrizioni fenomenologiche di tipo qualitativo, discutendo spesso sulle presentazioni di risultati quantitativi esposti in tabelle. particolari che lo psicologo della Gestalt deve affrontare (Köhler W., 1961, p. 120, al riguardo vedi anche Mitchell G. Ash, 2004, p. 224). 40 Per quanto riguarda una descrizione succinta ma precisa dei rapporti tra principi guida della Gestaltpsychologie contenuti nelle Untersuchungen I e leggi dell organizzazione percettiva contenute nelle Untersuchungen II, vedi Toccafondi F., 2000, pp La descrizione degli esperimenti compiuti seguendo tali linee e il resoconto del loro esito sono presentati scientificamente in modo organico e sistematico in Koffka K., 2007, capp Per una descrizione sintetica e precisa vedi Mitchell G. Ash, 2004,. pp Uso qui il termine coniato da Ludwig Fleck (vedi Fleck L., 1980) in riferirmento alla comunità di ricerca dei gestaltisti in Germania tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso, ritenendo corrette le indicazioni di Mitchell G. Asch al riguardo (Mitchell G. Ash, 2004, p. 278). 42 Mitchell G. Ash, 2004, p Mitchell G. Ash, 2004, p

21 All interno di tale contesto di ricerca, Wertheimer formulo le proprie leggi secondo cui, nei processi percettivi, le parti del campo tendono a costituire delle Gestalten, che saranno tanto più coerenti, solide e unite, quanto più gli elementi saranno: vicini, simili, tendenti a forme chiuse, disposti lungo la stessa linea e moventesi concordemente. Sempre in tale contesto Wertheimer formulò il principio guida della Prägnanz, o della buona forma 44, secondo cui gli elementi del campo percettivo tendono a costituire Gestalten quanto più pregnanti possibile 45 ed indicò nell esperienza passata un fattore secondario di aggregazione. c. Lo studio dell articolazione-figura sfondo nella psicologia della Gestalt Nel suo lavoro Wertheimer non fa esplicito riferimento all articolazione figura-sfondo come momento fondamentale di organizzazione del campo visivo né spiega l origine fenomenica degli elementi che vengono raggruppati. Egli si occupa, più in generale, dei principi e dei fattori del raggruppamento di interi percettivi, ritenendo che siano responsabili della stessa organizzazione figurale, ma non si occupa dell origine del carattere figurale delle parti che vengono raggruppate. Furono W. Köhler e soprattutto K. Koffka, rispettivamente negli scritti Gestalt Psychology del 1929 e Principles of Gestalt Psychology del 1935, a porsi il problema di inquadrare l articolazione figura-sfondo a partire da tali processi di raggruppamento. Essi la videro come il risultato di una differenziazione graduale a partire da un campo di stimolazione omogeneo, utilizzando al riguardo buona parte dei risultati sperimentali ottenuti dai vari brillanti ricercatori appartenenti al Denkkollektive gestaltista. La stessa articolazione figura-sfondo, le cui cause e i cui effetti funzionali erano stati trattati da Rubin al livello della descrizione fenomenica, viene infatti ora interpretata in modo differente da quello dello psicologo danese, il quale pensava che tali risultati percettivi fossero prodotti da un atteggiamento dovuto all abitudine. L articolazione figura-sfondo del campo visivo viene invece spiegata da Koffka e Köhler sulla base dei processi dinamici di organizzazione del campo fisiologico da cui dipende, in quanto i due campi vengono considerati funzionalmente isomorfi. Tale procedimento è esemplare nelle spiegazioni gestaltiste, basate sul postulato dell isomorfismo strutturale tra Gestalten fisiologiche e Gestalten fenomeniche, reso pienamente esplicito nello scritto köhleriano del 1920 Die Physischen Gestalten in Ruhe und im Stationären Zunstand, dove si affermava che i processi direzionati, che seguono la seconda legge della termodinamica, soddisfano i criteri ehrenfelsiani di sopra-sommatività, prossimità funzionale e trasponiblità e tendono a strutturarsi con crescente parità di distribuzione, semplicità e simmetria Per buona forma si intende una serie di caratteristiche che rendono la forma particolarmente armonica, simmetrica e semplice. 45 Sarebbe interessante notare quali possano essere le ambiguità legate al concetto di Prägnanz, se viene inteso non come principio guida generale ma quale tendenza alla singolarità simmetrica e ordinata. Non è questa, però, la sede opportuna. Per una approfondita delucidazione rimandiamo a Kanizsa G.,1990, cap IV. 46 Köhler W., 1924, p

22 In realtà questo isomorfismo è solo postulato, così come postulate erano le funzioni nervose trasversali di Wertheimer nel 1912, e su tale base viene utilizzato un linguaggio metaforicamente tratto dalla dinamica dei campi di energia, all interno dei processi fisici, per descrivere e spiegare i processi di organizzazione del campo visivo. Le spiegazioni dell organizzazione percettiva di Köhler e Koffka riguardano solo il livello descrittivo del campo fenomenico e solo a tale livello individuano i fattori responsabili dell organizzazione metaforicamente intesi quali forze unificanti di aggregazione. L isomorfismo funzionale, nelle modalità di definizione che ne fornisce Köhler nello scritto del , funge da principio euristico nella ricerca di leggi di organizzazione del campo visivo al livello della descrizione fenomenica. In questo contesto l articolazione figura-sfondo è vista come risultato del processo di autoorganizzazione del campo fenomenico, utilizzando gran parte dei risultati ottenuti nella ricerca sperimentale condotta dai gestaltisti tedeschi sulle linee indicate da Wertheimer nelle Untersuchungen zur Lehere von der Gestalt I e II. Köhler Köhler interpretava lo stesso principio psicologico della Prägnanz di Wertheimer come l equivalente del principio fisico del massimo-minimo postulato da E. Mach 48 e riteneva che la condizione principale per vedere figure con proprietà cosali, ossia una qualunque Gestalt, consistesse nella predisposizione del sistema percettivo contro ambienti relativamente omogenei e quindi figura e sfondo andassero intesi come due modalità di esistenza (Daseinweisen), estremamente concrete e fenomenologicamente reali di ciò che è ottico 49. In Gestalt Psychology tratta il problema dell articolazione figura-sfondo nel capitolo sesto, in cui si occupa delle caratteristiche delle entità organizzate, sottolineando come il carattere di figura rilevato da Rubin, la compattezza, costituisca una Gestaltqualität fondamentale. Lo studio dell articolazione figura-sfondo non viene però svolto da Köhler prima di avere: a) distinto le teorie dinamiche da quelle meccaniche; b) criticato l introspezione in quanto metodo che altera i dati percettivi; c) contrapposto il modello esplicativo dinamico basato sulla scena sensoriale al modello meccanico basato sul mosaico della stimolazione prossimale; 47 L ordine di cui si ha esperienza nello spazio è sempre strutturalemente identico a un ordine funzionale della distribuzione dei processi cerebrali sottostanti ( Köhler W., 1924, p trad. it. in Toccafondi F., 2000 p. 85). 48 Il cosiddetto principio del massimo e del minimo può essere riassunto nel modo seguente: i fenomeni naturali tendono a raggiungere, fin dove le condizioni lo permettono, la massima regolarità e ad eliminare le asimmetrie: ciò avviene perché la massima regolarità del sistema coincide anche con la massima stabilità, e la massima stabilità è quella che richiede, per essere mantenuta, il minimo dispendio di energia (Toccafondi F., p. 89). 49 Köhler W., 1924, pp

23 d) distinto i fattori topografici (condizioni restrittive esteriori di ordine) dai fattori dinamici di auto-organizzazione; e) sottolineato come sia fondamentale nell approccio vuoi fisiologico vuoi psicologico gestaltista occuparsi delle interazioni dinamiche auto-regolantesi piuttosto che dei fattori topografici di costrizione, in quanto l auto-distribuzione dinamica è il genere di funzione che la teoria della Gestalt ritiene sia essenziale nella teoria fisiologica e psicologica; f) identificato le distribuzioni dinamiche con interi funzionali; g) sottolineato che l organizzazione dinamica del campo sensoriale precede sia la denominazione che il riconoscimento degli oggetti 50 ; h) affermato che l organizzazione sensoriale attraverso Gestalten è una caratteristica prestazione del sistema nervoso; i) rilevato come la luce riflessa e la stimolazione retinica corrispondente non comportino alcun tipo di struttura organizzativa come quella che si dà all esito dell organizzazione sensoriale; j) definito l errore di stimolo e quello d esperienza 51 k) presentato la propria forma di realismo filosofico 52. Köhler sottolinea come la teoria della Gestalt non trascuri un analisi delle parti che costituiscono il campo visivo, tutt altro. Egli rigetta però la dottrina analitica delle sensazioni semplici poiché non individua affatto il tipo di parti che costituiscono effettivamente il campo visivo fenomenico dell osservatore L isolarsi delle cose visive è indipendente dalla conoscenza e dal significato nessun apprendimento precedente può aver isolato Cassiopea dalle stelle circostanti (Köhler W., 1961, p. 96 e p. 98). 51 Per Köhler l errore di stimolo consiste nel confondere la nostra conoscenza delle condizioni fisiche dell esperienza sensoriale con questa esperienza stessa. L errore di esperienza consiste, invece, nell attribuire le caratteristiche proprie dell esperienza sensoriale al mosaico della stimolazione prossimale. 52 Köhler ricordava che nella trasmissione della luce si deve mantenere qualcosa che, nel complesso, tende all organizzazione giusta ( Köhler W., 1961, p. 113) cioè la struttura relazionale in quanto gli stimoli locali mostrano relazioni formali come per esempio di prossimità e somiglianza ( Köhler W., 1961, p.113). Egli sostiene un tipo di realismo reso possibile proprio dall eliminazione dell atomismo e del riduzionismo atomistico. Gli stimoli ricalcano infatti le relazioni formali corrispondenti che intercorrono fra gli elementi di superficie degli oggetti fisici. Queste si mantengono come relazioni corrispondenti tra gli stimoli, e dato che dipende da questi, l organizzazione deve dipendere anche da quelle. 53 Tale dottrina introdurrebbe infatti surrettiziamente dei posits assolutamente inadeguati e impedirebbe, di fatto, di comprendere la struttura fisiologica che è sottesa al campo fenomenico. La teoria della Gestalt non nega però che sia l uno che l altra si reggono sull interazione tra gli eventi locali (Köhler W., 1961, p. 114). 23

24 Solo a questo punto Köhler ritiene opportuno trattare l articolazione figura-sfondo che viene studiata nel contesto più generale dell organizzazione figurale in quanto tale. La forma infatti viene vista come caratteristica di entità isolate 54 e come attributo visivo in quanto dal punto di vista funzionale, nella proiezione retinica le forme non sono date «l aver forma» è una nota peculiare che distingue certe aree del campo visivo da altre che non hanno nessuna forma in questo senso 55. Questo dipende dal fatto che gli stimoli retinici costituiscono semplicemente un mosaico, nel quale non figurano zone particolari isolate e formate in senso funzionale Quando il sistema nervoso reagisce a questo mosaico, e quando si sviluppa una organizzazione, nel nostro sistema possono prendere forma varie entità circoscritte. ma se non sappiamo nulla intorno ai principi dell organizzazione non possiamo predire quale possibilità si realizzerà effettivamente 56. Lo studio dell articolazione figura-sfondo contribuisce alla conoscenza di tali principi 57. Köhler cita espressamente le ricerche svolte da Rubin utilizzando immagini ambigue. Egli sottolinea come risulti problematico in questo caso il fatto che determinate organizzazioni figurali si impongano, poiché appare chiara la loro sottodeterminazione da parte della stimolazione retinica, ed equipara il fenomeno dell ambiguità figurale a quelli del mimetismo, dove le figure, poste all interno di un insieme strutturato, scompaiono alla vista sulla base della stessa sottodeterminazione. Secondo Köhler, ambiguità figurale e mimetismo costituiscono la chiave d accesso per comprendere la formazione delle figure e la visione di oggetti in quanto tali. La stabilità prevalente degli oggetti visivi ci fa infatti trascurare il problema della forma visiva. Ma le forme non si danno nella proiezione retinica 58 e le considerazioni che possono essere tratte dallo studio di figure ambigue o di fenomeni mimetici valgono per ogni tipo di forma. Per questo motivo è così importante per Köhler lo studio dei fattori d origine della compattezza (il carattere figurale di Rubin) considerata una qualità von Ehrenfels delle cose visive in quanto tali. Tale studio, infatti, permette di comprendere i processi fisiologici che avvengono a livello periferico e centrale, riconducendo il fenomeno ad un processo che avviene regolarmente 54 Köhler W., 1961, p Köhler W., 1961, p Köhler W., 1961, p Köhler ritiene che la conoscenza di tali leggi permetterebbe di prevedere l evolversi del sistema fisiologico e quindi di quello percettivo in modo non differente da quello che avviene nella dinamica fisica. Proprio questa pretesa e il determinismo in essa implicito spingono Wittgenstein a criticare l approccio köhleriano nelle Osservazioni sulla filosofia della psicologia 1063 e 1116 : pensare in termini di processi fisiologici è estremamente pericoloso per il chiarimento dei problemi concettuali in psicologia. Il pensare in termini di ipotesi fisiologiche produce talvolta il miraggio di false difficoltà e talvolta quello di false soluzioni. Il miglior antidoto a questo pericolo è il pensiero che io non so affatto se le persone che conosco abbiano davvero un sistema nervoso.(wittgenstein L., 1990, p. 296). 58 Köhler W., 1961, p

25 nelle soluzioni elettrolitiche, in seguito al passaggio di corrente 59, sulla base del principio euristico dell isomorfismo funzionale. Le modalità in cui Köhler inquadra lo studio dell articolazione figura-sfondo fanno emergere ancora una volta il fatto che la tesi dell autonomia visiva per gli psicologi della Gestalt si configura espressamente come costituzione 60 degli oggetti visivi 61 indipendente dal significato e dalla conoscenza. Koffka Non meno sistematico di quello di Köhler è il modo in cui Koffka inquadra l articolazione figura-sfondo all interno dei processi di organizzazione del campo visivo in Principles of Gestalt Psychology. L intento che lo psicologo si propone in quest opera è quello di presentare una psicologia che possa reintegrare il nostro mondo che è andato frammentandosi 62 in quanto si trova al punto di incontro delle tre grandi regioni del nostro mondo: natura inanimata, vita e mente 63. Nel terzo capitolo, forse il più suggestivo del libro da un punto di vista filosofico, Koffka analizza la relazione tra campo ambientale (mondo fenomenico) e ambiente geografico (mondo fisico), ponendosi la domanda fondamentale per chiunque voglia dedicarsi ad uno studio scientifico della percezione: Perché le cose appaiono come appaiono?. Lo psicologo tedesco esamina tre possibili risposte: 1) quella del senso comune: le cose appaiono come appaiono perché sono quelle che sono 64 (cioè perché gli stimoli distali o le loro cause sono quello che sono); 2) quella che sottosta a gran parte dell approccio psicologico allo studio della percezione: le cose appaiono come appaiono perché gli stimoli prossimali sono quello che sono 65 ; 59 Infatti nelle soluzioni elettrolitiche, il passaggio di corrente provoca reazioni secondarie (la formazione di forze elettromotrici contrarie a quella originaria, l alterazione della permeabilità e della resistenza locale delle sostanze) che impedisce l ulteriore passaggio della corrente iniziale attraverso la soluzione stessa. Nel caso dei due profili e della coppa, in un primo momento all area retinica corrispondente ai due profili corrisponde una maggiore densità di corrente, che fa apparire i due profili come figura e la coppa come sfondo. Il perdurare dell osservazione consente però il verificarsi del processo sopra descritto, che arresta il passaggio di corrente in questa area, che appare pertanto come sfondo (Toccafondi F., 2000, p. 79). 60 Nel senso di auto-organizzazione. 61 Vedi punto g) poco sopra e nota relativa. 62 Koffka K., 2007, p Koffka K., 2007, p Koffka K., 2007, p Koffka K., 2007, p

26 3) quella definitiva fornita dalla psicologia della Gestalt: le cose appaiono come appaiono a causa dell organizzazione del campo cui dà luogo la distribuzione dello stimolo prossimale 66. Solo la terza risposta viene considerata corretta in quanto contiene l intero problema dell organizzazione e la ricerca psicologica ha appunto il compito di studiare le leggi dell organizzazione 67. I successivi capitoli, dal quarto al settimo, si propongono appunto di presentare in modo sistematico le leggi della strutturazione del campo ambientale, individuate dalla ricerca gestaltista. L articolazione del campo in figura-sfondo viene in tale contesto trattata solo a partire da uno studio e una descrizione preliminari dell organizzazione visiva, condotti utilizzando i risultati sperimentali ottenuti dai più capaci psicologi gestaltisti. Koffka decide di partire dai risultati ottenuti dagli studi condotti sul rapporto tra campo fisiologico e campo ambientale in condizioni di stimolazione assolutamente omogenea, cioè dalla brillante ricerca sperimentale sul Ganzfeld, condotta da W. Metzger nel In tale ricerca Metzger aveva ricreato una condizione di stimolazione assolutamente omogenea per rilevare le condizioni del campo ambientale corrispondente 69. Alcuni soggetti sperimentali venivano posti davanti ad una parete bianca che si prolungava in altri tre schermi in modo da avvolgere il soggetto stesso senza che le estremità fossero visibili. L illuminazione veniva gradualmente indebolita ed il soggetto percepiva prima una superficie leggermente concava e, successivamente, un mare di nebbia che lo circondava, estendendosi indefinitamente in tutte le direzioni a partire da pochi centimetri dagli occhi. Quest ultima esperienza risultava piuttosto sgradevole. Quando l illuminazione veniva gradualmente aumentata di nuovo, il campo prima si schiariva e poi diventava rapidamente più brillante allontanandosi dall osservatore e condensandosi sempre più fino ad apparire come una superficie compatta che veniva localizzata dall osservatore stesso ad una distanza definita e percepita come separata da uno spazio vuoto; ciò si verificava nel momento in cui cominciava ad apparire la grana della parete riflettente. 66 Koffka K., 2007, p Koffka K., 2007, p Metzger W., Per una descrizione dettagliata degli esperimenti di Metzger vedi Mitchell G. Ash, 2004, pp Nella descrizione di tali esperimenti si possono rilevare i profondi rapporti intercorrenti tra ricerca sperimentale e paradigma o tradizione di ricerca. Quest ultima fornisce alla prima il contesto problematico in cui ideare gli esperimenti. Infatti solo supponendo che la visione sia un processo di organizzazione del campo ambientale, legato da un rapporto di isomorfismo con il campo fisiologico, ha senso euristico porsi la domanda di cosa possa avvenire, dal punto di vista fenomenico del campo ambientale, quando il campo fisiologico si struttura a partire da una condizione di stimolazione assolutamente omogenea, cioè quando i pixel della retina ricevono tutti lo stesso tipo e quantità di energia. Va sottolineato, peraltro, che il valore e il significato dei risultati ottenuti da Metzger, negli esperimenti sul Ganzfeld, trapassano i confini della ricerca gestaltista essendo possibile reinquadrarli e reinterpretarli in paradigmi differenti come, ad esempio, quello dell ottica ecologica di Gibson o quello dell animate vision. 26

27 L esperimento di Metzger dimostrava la necessità di introdurre una qualche eterogeneità nella stimolazione prossimale per indurre un organizzazione del campo percettivo: in questo caso particolare un eterogeneità prodotta dal diverso coefficiente di riflessione delle minute aree corrispondenti alla «grana» della parete intonacata 70. Solo in queste condizioni nel campo fenomenico si formava una superficie bidimensionale collocata in uno spazio tridimensionale 71. Koffka nel quarto capitolo dei Principles si occupa esplicitamente dell organizzazione visiva del campo ambientale, introducendo gradualmente condizioni di disomogeneità nella stimolazione. Comincia quindi con l esaminare il caso in cui, all interno di una distribuzione di stimoli omogenea sulla retina, vi sia una zona circoscritta di stimolazione diversa 72. Per carenza di ricerche sperimentali al riguardo, Koffka considera un caso leggermente diverso e cioè quello realizzato da Metzger, sempre all interno della ricerca sul Ganzfeld, in cui la stimolazione racchiusa era priva di microstruttura (un trapezio nero) e la stimolazione racchiudente la possedeva (la parete del Ganzfeld illuminata in modo da farla apparire come una coppa). In questo caso invece di apparire sotto forma di nebbia, la parte del campo racchiusa, corrispondente alla zona stimolata omogeneamente, appariva sulla stessa superficie di quella racchiudente. Koffka decide allora di considerare gli effetti prodotti da discontinuità racchiuse in campi che, a causa della loro microstruttura o della loro articolazione generale, appaiono come superfici piane, usando come stimoli distali superfici piane che contengano delle macchie 73. Egli rileva così che in primo luogo la macchia è vista come un unità segregata dal resto del campo, e in secondo luogo essa ha una forma 74. Porre correttamente la domanda riguardo le cause che inducono la segregazione e la forma porta a formulare correttamente la legge di formazione delle unità e della segregazione: se la stimolazione prossimale consta di varie zone aventi stimolazioni omogenee diverse, le zone che ricevono la stessa stimolazione organizzeranno porzioni di campo unitarie, segregate dalle altre dalla diversità delle stimolazioni 75. Abbiamo precedentemente osservato che sia Köhler che Koffka utilizzano un linguaggio metaforicamente tratto dalla dinamica dei campi di energia nei processi fisici per spiegare i processi di organizzazione del campo visivo e che la spiegazione si situa al solo livello descrittivo del campo fenomenico. Koffka scambia, però, a tal punto la metafora dinamica con una riduzione identificante da pensare che la presentazione e il raffronto con un caso di dinamica fisica che produce effetti analoghi (l eventuale o mancata miscelazione di olio versato in un liquido) sia sufficiente a fornire una giustificazione della legge appena formulata. Utilizza a questo proposito le somiglianze tra le condizioni e i risultati del processo di eventuale o mancata miscelazione, da una parte, e le 70 Kanizsa G., 1978, pp Kanizsa G., 1978, p Koffka K., 2007 p Koffka K., 2007 p Koffka K., 2007 p Koffka K., 2007 p

28 condizioni di stimolazione e il risultato fenomenico del processo fisiologico, dall altra. In particolare esamina l effetto Liebmann 76 ed introduce una distinzione tra colori duri e colori morbidi 77. È importante sottolineare, ancora una volta, come la descrizione sistematica di Koffka segua le linee di indirizzo contenute nelle Untersuchungen I di Wertheimer e, in tale prospettiva, cerchi di rendere ragione della formazione delle unità le cui leggi di raggruppamento Wertheimer stesso aveva presentato nelle Untersuchungen II 78. Esaurito il compito di individuare le condizioni fisiologiche di stimolazione responsabili della segregazione in unità del campo fenomenico, Koffka passa sistematicamente a trattare il problema della forma che non è meno reale dell unità 79, come dimostrano i suoi effetti funzionali (abbassamento del tempo critico di fusione per una stimolazione periodica rilevato sperimentalmente da L. Hartmann 80 ). Sempre in base all analogia con il processo di eventuale o mancata miscelazione dell olio nei liquidi, egli ritiene che la forma sia il risultato di forze che non solo segregano la figura dal resto del campo, ma la tengono in equilibrio con esso 81 come ritiene dimostrabile attraverso gli studi sperimentali condotti sul contrasto cromatico 82. Secondo le teorie tradizionali del contrasto cromatico, tale effetto non avrebbe nessun rapporto con l unità o la forma dei campi, ma solo con la quantità e la prossimità della luminosità esterna al campo incluso 83. Koffka giunge a conclusioni ben differenti. Egli utilizza come stimolo distale un immagine contenente un anello grigio posto in un campo suddiviso in due zone cromatiche, una rossa e l altra verde. L anello appare grigio all osservatore. Se però l immagine viene divisa in due, separando così le due metà dell anello grigio, la metà contenuta nel campo verde apparirà rossastra e quella contenuta nel campo rosso apparirà verdastra. Per Koffka è evidente che questo può essere dovuto solo al fatto che le forze di coesione che tengono insieme l anello sono grandi al punto da resistere totalmente o parzialmente all azione di altre forze che lo 76 Tale effetto consiste nel perdersi della forma di una figura colorata su sfondo neutro in condizioni di luminosità omogenea dell una e dell altro. 77 I colori morbidi ( blu e verde) sono quelli che facilitano l effetto Liebmann, i colori duri (rosso e giallo) sono quelli che lo ostacolano. 78 È in questo senso che Koffka ritiene importante dimostrare che la formazione e la segregazione dell unità sono processi dinamici che nella stimolazione prossimale presuppongono forze prodotte da discontinuità (Koffka K., 2007 p. 142). 79 Koffka K., 2007 p Hartmann L., Koffka K., 2007 p Koffka fa qui riferimento agli esperimenti condotti indipendentemente da lui stesso e da V. Benussi negli anni sull influenza della forma in relazione agli effetti di contrasto cromatico. 83 Koffka K., 2007 p

29 renderebbero non omogeneo 84, fatto questo deducibile dal principio secondo cui una parte del campo fortemente unificata apparirà quanto più uniforme è consentito dalle condizioni predominanti 85. Le ricerche sperimentali condotte dimostrerebbero cioè che una forma perfettamente equilibrata, come un anello, favorisce le forze di coesione e non permette alle altre di prendere il sopravvento. Per dimostrare gli effetti funzionali della forma, Koffka utilizza anche i risultati sperimentali ottenuti da Benary 86 e cerca di mostrare in quale modo interagiscano le forze di coesione e quelle di segregazione, variando le une e le altre 87. Solo dopo aver mostrato in quale modo le forze di coesione determinano la segregazione in zone fenomenicamente funzionali di un campo di stimolazione non omogenea, Koffka ritiene possibile e opportuno trattare la stimolazione consistente in punti o in linee, cioè trattare i fattori di organizzazione delle Untersuchungen II di Wertheimer, responsabili dell ordine e del successivo significato del nostro mondo fenomenico. Per quanto riguarda l organizzazione di punti a costituire interi funzionali rileva come la visione di un singolo punto in un campo altrimenti omogeneo richieda un atteggiamento critico, infatti la forza che interrompe l uniformità della superficie tende ad essere sopraffatta dalle forze più potenti che rendono uniforme la zona unificata. Per quanto riguarda gli effetti figurali della stimolazione consistente in linee, si occupa prevalentemente dei fattori responsabili dell organizzazione unica o duale, e dell organizzazione tridimensionale dei disegni lineari utilizzando rispettivamente gli esiti delle ricerche di Gottschaldt sulla funzione dell esperienza nell individuazione figurale 88 e di Kopfermann sui fattori responsabili della visione tridimensionale di disegni lineari 89. In tutti questi casi provvede a confutare le ipotesi esplicative basate sull empirismo associazionistico e a sottolineare la novità e la portata euristica delle spiegazioni gestaltiste basate sul modello dell organizzazione dinamica del campo fisiologico. Terminata tale trattazione, Koffka affronta lo studio dell articolazione figura-sfondo, seguendo le linee già tracciate. In primo luogo riconosce i limiti di un approccio sperimentale condotto utilizzando prevalentemente stimoli bidimensionali. Lo ritiene, comunque, euristicamente propedeutico 84 Koffka K., 2007 p Koffka K., 2007 p Benary W., Per rilevare l effetto di forze di coesione di intensità ridotta si serve dei risultati sperimentali ottenuti da Lindemann e da Granit, sulla percezione di figure semplici e ben equilibrate in base alla presentazione di figure irregolari, da Hartmann, sui tempi di fusione, da Wohlfart sulla presentazione di figure dapprima ridotte e poi gradualmente ingrandite e da Rothschild, sulle immagini consecutive: Lindemann E., 1922; Granit A. R., 1921; Hartmann L., 1932; Wohlfart E., 1928; Rothschild H., Gottschaldt K., Kopfermann H.,

30 nell illustrare origine e caratteristiche del campo ambientale vero e proprio, costituito di oggetti e cornici tridimensionali e, in tale contesto, cita il lavoro pionieristico di E. Rubin sulla distinzione tra figura e sfondo, volendone però fornire una spiegazione basata sulle dinamiche di organizzazione dei campi fisiologici a partire da una stimolazione retinica disomogenea. Koffka distingue i differenti casi della «formazione di una figura sopra o dentro un altra» e definisce il carattere fenomenico di doppia rappresentazione di quella parte del campo totale che coincide con la superficie piccola 90 estendendola anche ai casi tridimensionali 91. Egli sottolinea come la funzione unilaterale della linea delimitante o contorno e la doppia rappresentazione sono solo due aspetti di un unico processo di organizzazione, e indicano che in una stessa regione del campo si stabilisce più di un unica area organizzata 92. Nel caso in cui la funzione del contorno diviene bilaterale con rappresentazione unica delle zone di campo, bisogna riconoscere che la sua efficienza esattamente come quella unilaterale richiede l esistenza di forze speciali 93 anche se l organizzazione in più parti che, prive di relazioni reciproche intrinseche, si giustappongano semplicemente l una all altra, è estremamente difficile e poco frequente 94. Dal punto di vista fenomenico, Koffka, esaminata la dipendenza funzionale tra figura e sfondo, visto come cornice, e rilevati i differenti effetti funzionali sull orientamento, la forma e il colore delle diverse zone del campo visivo originati dalle proprietà figurali e da quelle del contorno, servendosi dei risultati sperimentali ottenuti dai gestaltisti nel corso delle loro ricerche 95, cerca di individuare finalmente le leggi che determinano l organizzazione figura-sfondo. Egli, in realtà, si limita ad approfondire il discorso di Rubin identificando i seguenti fattori determinanti: a) l orientamento sugli assi verticali e orizzontali dello spazio percepito; b) la grandezza relativa delle zone del campo e l eventuale inclusione di una nell altra collegando tali fattori ad un ipotesi esplicativa della distribuzione d energia; c) l articolazione interna delle parti del campo; d) la semplicità dell organizzazione risultante che tende a favorire l originarsi di figure simmetriche. 90 Koffka K., 2007 p Nel vedere un libro rosso su un tavolo nero, la superficie del tavolo non viene infatti interrotta anche se nel punto in cui si vede il libro non si può vedere il nero del tavolo. 92 Koffka K., 2007 p Koffka K., 2007 p Koffka K., 2007 p Le ricerche condotte da Koffka stesso hanno evidenziato l effetto reciproco tra l articolazione interna delle parti del campo e la formazione figurale nonché gli effetti funzionali dell organizzazione sulle immagini consecutive, quelle condotte da Bahnsen il rapporto tra la formazione figurale e l effetto della tendenza alla simmetria (Bahnsen P., 1928). 30

31 Se ci situiamo al livello della descrizione fenomenica, si deve ammettere che sia Köhler che Koffka non aggiungono in realtà molto a quanto detto da Rubin sull individuazione dei fattori responsabili della distinzione figura-sfondo. La novità della loro trattazione consiste nel carattere sistematico e nell inquadrare l articolazione figura-sfondo all interno delle differenti fasi del processo di organizzazione percettiva, utilizzando i risultati sperimentali ottenuti dagli psicologi gestaltisti nel corso delle loro ricerche, al fine di presentarne ulteriori e nuovi effetti funzionali e garantirne, sulla base della loro conoscenza, una corretta collocazione. I due autori spingono l analogia wertheimeriana tra processi energetici dinamici e processi fisiologici responsabili dell organizzazione del campo fenomenico fino all identificazione. Essi ritengono, su tale base, che con la Gestaltpsychologie si siano finalmente invertiti i ruoli di conduzione della ricerca tra psicologia e neurofisiologia. Koffka, ad esempio, cerca di trovare una relazione causale tra struttura anatomica e funzione percettiva nella distinzione figura-sfondo nella convinzione che siamo in grado di spiegare lo stato morfologico di un organismo e di un suo elemento se siamo in grado di derivarlo da uno stato meno, o più strutturato: in breve se sappiamo derivare l organo dalla funzione 96. Il loro approccio sistematico si basa in realtà sull assunto che l organizzazione del campo percettivo segue una complessificazione crescente a partire da una stimolazione uniformemente omogenea poiché esiste uno stretto parallelismo tra dinamica organizzativa fisiologica e fenomenica. L impianto della ricerca gestaltista dell individuazione dei fattori responsabili dei processi di organizzazione percettiva, dato da Wertheimer, basato sull ipotesi dell esistenza di processi molari fisiologici corrispondenti a quelli fenomenici, ha, senza dubbio, permesso di scoprire nuovi fatti come gli ulteriori effetti funzionali delle proprietà fenomeniche figurali e di quelle dello sfondo. In tale senso considerare l articolazione figura-sfondo come una fase ben precisa dei processi di auto-organizzazione ha avuto un valore euristico, espresso però solo al livello della descrizione fenomenica, sia per quanto riguarda i fatti accertati sia per quanto riguarda l individuazione delle leggi che li regolano, rapportando gli effetti funzionali alle condizioni figurali. La pretesa della Gestaltpsychologie di ergersi a guida della ricerca neurofisiologica è stata invece disattesa. Per quanto più propriamente ci riguarda è estremamente importante sottolineare come la tesi dell autonomia della visione da loro sostenuta, intesa come indipendenza dei principi di organizzazione del processo percettivo dai principi dell inferenza logica e come costituzione (individuazione) di puri oggetti visivi precedenti la fase della categorizzazione (identificazione) e dell ascrizione di significato, non ha potuto essere del tutto abbandonata neanche all interno della psicologia cognitiva, pur assumendo al suo interno una nuova fisionomia. Tale tesi è stata assunta anche all interno scuola percettologica italiana sviluppatasi a partire dall influenza esercitata da V. Benussi attraverso l opera di F. Metelli e G. Kanizsa con caratteristiche sue proprie e, in un secondo momento, in polemica anticognitivistica. 96 Koffka K., 2007 p

32 d. G. Kanizsa, P. Bozzi e la critica dell approccio cognitivista Le argomentazioni di G. Kanizsa e B. Bozzi che ci accingiamo ad esaminare costituiscono un rinnovato sostegno alla tesi dell autonomia della visione nei confronti delle tesi di stampo cognitivistico che tendono piuttosto ad equiparare processi percettivi e più centrali tipi di processi cognitivi sulla base dell identificazione della mente-cervello con un sistema di trasmissione ed elaborazione dell informazione. Kanizsa e Bozzi ritengono difficilmente compatibili le tesi cognitiviste e quelle gestaltiste, in quanto queste ultime fanno dipendere l autonomia della visione dall auto-organizzazione di complessi dinamici. I principali teorici della Gestalt, costretti all esilio negli Stati Uniti dopo l avvento del nazismo convissero infatti con il comportamentismo ivi imperante, nonostante le critiche e le polemiche, in quanto quest ultimo risultava privo di reali fondamenti teorici, nel senso di una teoria psicologica comprensiva ed esplicativa di fenomeni quali pensiero, mente, percezione, etc., ed era identificabile essenzialmente con una forma di radicale riduzionismo metodologico 97. Problemi diversi per la psicologia della Gestalt negli Stati Uniti sorsero invece proprio con l avvento del cognitivismo e di un approccio ecologico allo studio della percezione in quanto il primo sviluppa modelli esplicativi del funzionamento mentale, inteso come processo di elaborazione dell informazione, e il secondo intende costruire una teoria alternativa a qualsiasi precedente teoria esplicativa della percezione, basata sul direct information pick-up. 97 Ritengo al riguardo sostanzialmente corretta la tesi sostenuta rispettivamente in: Sokal, M.M., 1984 e Caramelli N., Nel contesto statunitense le osservazioni di Wertheimer e Köhler, ma soprattutto di Koffka, hanno costituito una sorta di antidoto al behaviorismo radicale. Köhler, ad esempio, prefigurando la necessità affermata dai cognitivisti di non eliminare qualsiasi riferimento alle rappresentazioni mentali, affermava che il desiderio di usare solo metodi perfetti e concetti chiari ci ha portati al comportamentismo metodologico. L esperienza umana, nel suo significato fenomenologico, non può essere affrontata neppure con i nostri metodi più attendibili: e quando abbiamo a che fare con essa, possiamo essere costretti a formare nuovi concetti che, a prima vista, sembreranno un po vaghi. La maggior parte degli sperimentalismi perciò rifugge dall osservare la scena fenomenica, o perfino dal riferirsi ad essa. Eppure è questa scena sulla quale, per ciò che riguarda gli attori, si svolge continuamente il dramma della vita umana di ogni giorno. Se noi non studiamo mai questa scena, ma insistiamo su metodi e concetti sviluppati in indagini dall esterno, i nostri risultati sembreranno facilmente estranei a coloro che vivono intensamente «all interno» (Köhler W., 1970, pp ). In particolare lo psicologo tedesco rilevava l inadeguatezza della dottrina del condizionamento per la spiegazione del processo psichico della comprensione nello specifico e dei processi cognitivi in generale: non c è nulla nel condizionamento che ci permetta di arrivare al fatto psicologico della comprensione; e poiché la comprensione dei rapporti è essenziale per poter ottenere qualsiasi risultato sul piano cognitivo, la stessa cosa vale per tutto il campo. Spiegare la nostra vita intellettuale in termini di condizionamento, significherebbe semplicemente questo: ridurla alle operazioni di un attività che connette semplici fatti, che ha spesso un carattere eminentemente pratico, ma che è intrinsecamente cieca Non è compito della scienza distruggere l evidenza anche le osservazioni oggettive di chi segue il comportamentismo sono invariabilmente osservazioni di fatti all interno del proprio campo percettivo. Non è mai stata scoperta un altra forma di osservazione oggettiva ( Köhler W., 1970, pp ). 32

33 Se è vero, come rileva R. Luccio, che una delle principali influenze esercitate nel passaggio dal comportamentismo al cognitivismo è stata quella esercitata dalla teoria dell'informazione e dalla cibernetica 98, in base all applicazione della nozione cibernetica di retroazione (feedback), va comunque rilevato che l applicazione della teoria dell informazione alla spiegazione dei fenomeni percettivi, intesi come processi di elaborazione dell informazione, è stata tentata negli Stati Uniti tra i primi proprio da uno psicologo gestaltista, quale Fred Attneave, e che quindi essa non risulta a priori incompatibile né con modelli esplicativi dei processi percettivi di tipo dinamico autoorganizzativo né con la tesi dell autonomia della visione in quanto tale. Attneave, nel 1954 e nel 1956, pubblicò infatti due influenti articoli che ebbero un notevole successo, dimostrando che i concetti di ridondanza e di codifica economica, appartenenti all ingegneria e alla teoria delle comunicazioni, giocano un ruolo significante nella percezione. Tali articoli trattavano tre problemi principali riguardanti il tipo di informazione contenuto in una forma visiva, le modalità di estrazione dell informazione da parte del sistema visivo e i modi di rappresentazione dell informazione in esso 99. Attneave riteneva il suo tipo di approccio non solo fosse pienamente coerente con la Gestaltpsychologie, ma addirittura ne costituisse un valido sostegno teorico 100. La principale causa del declino della Gestaltpsychologie negli Stati Uniti va piuttosto identificata principalmente con l accertamento sperimentale dell ininfluenza percettiva delle Gestalten fisiche köhleriane da parte di Lashley e Sperry negli anni Cinquanta del secolo scorso. Anche in questo caso, però, va rilevato che un approccio cognitivo sub-simbolico nello studio dei processi di elaborazione dell informazione, quale quello adottato nei modelli neoconnessionisti, rivaluta proprio quegli aspetti dinamici dei modelli gestaltisti i quali, negli anni cinquanta, ne avevano segnato il declino e che, quindi, ancora una volta l approccio cognitivistico basato sulla teoria dell informazione non risulta, in quanto tale, incompatibile a priori con i modelli esplicativi dei processi percettivi di tipo dinamico auto-organizzativo, come del resto rileva S. Palmer Alla luce dei modelli proposti da queste teorie, l'organismo viene visto come un sistema per l'elaborazione di informazione, a capacità limitata, ma in grado di usare in maniera flessibile e attiva la nuova informazione integrandola con quella di cui dispone in precedenza, e capace di utilizzare continuamente i risultati della propria interazione con l'ambiente, per modificare il proprio comportamento (Luccio R., 1981, p. VI). 99 Attneave F., 1954; Attneave F. & Arnoult Malcolm D It should be fairly evident by now that many of the gestalt principles of perceptual organization pertain essentially to information distribution. The good gestalt is a figure with some high degree of internal redundancy. That the grouping laws of similarity, good continuation, and common fate all refer to conditions which reduce uncertainty is clear enough after the preceding discussion, and we shall presently see that proximity may be conceptualized in a like manner (Attneave F., 1954, p. 186). 101 Köhler second more specific proposal was that the causal mechanisms underlying perception in the brain were electromagnetic fields generated by electrical events in millions of neurons. Such electrical brain fields had all the important properties of a physical Gestalt and were deemed physiologically plausible in Köhler s day. Experiments to test this idea later showed that, contrary to Köhler predictions, disrupting electrical brain fields did not seriously affect perceptual abilities. Neither covering the cortex with highly conductive gold foil (Lashley K. S., Chow K. and Semmes 33

34 Anche Domenico Parisi, per quanto riguarda la plausibilità computazionale, ravvisa la possibilità di un adeguata rivalutazione della Gestaltpsychologie all interno della prospettiva connessionista 102, mentre Luciano Mecacci ritiene che la ricerca neurofisiologica contemporanea nutra un profondo debito nei confronti dei gestaltisti 103. Gaetano Kanizsa e Paolo Bozzi hanno invece rimarcato le la specificità dell approccio gestaltista, e di ogni ricerca percettologica condotta con metodi di tipo fenomenologico sperimentale, sottolineando quali profonde differenze teoriche sussistano tra tale prospettiva di ricerca e quella cognitivista, ivi incluso il connessionismo. Kanizsa 104 intende essere oltremodo chiaro sull impostazione metodologica della propria ricerca al fine di evitare ogni fraintendimento che potrebbe nascere dal non chiarire i termini in uso, le finalità teoriche dello studio e il livello di analisi al quale deve essere impostato. Così dichiara esplicitamente di continuare ad accettare il significato del termine percezione nella sua accezione ristretta con cui ci si riferisce solo a quella forma di attività conoscitiva fenomenicamente diversa e logicamente distinguibile da altri modi di conoscere, che nell uso comune viene chiamata «vedere» 105, di volersi porre nell ottica del percettologo che si limita a studiare il «vedere» come oggetto di conoscenza e non in quella del filosofo che ne considera la veridicità quale strumento di conoscenza 106, di ritenere che il «vedere» costituisca un livello di realtà che - pur essendo causalmente legato all attività del settore ottico del cervello non è ad esso riducibile 107 e quindi di considerare i fenomeni visivi un dominio di realtà emergente, non J., 1951) nor inserting electrically insulating mica strips into the cortex (Sperry R. and Miner N., 1955) had the devastating effects that were predicted by the theory of electrical brain fields. Köhler objected to these experiments on a number of grounds, but they were generally taken as decisive by the scientific community. Largely because of the failure of these physiological proposals, Gestalt theory quickly lost favor. However, Gestalt ideas are making a comeback in the guise of dynamic connectionist theories (Palmer S. E., 1999, p. 53). 102 Parisi D., Tale debito sarebbe riassunto nella condivisione di tre prospettive teoriche: a) Il rifiuto dell approccio molecolare (sia i gestaltisti sia i neurofisiologi contemporanei condividerebbero un approccio molare e non molecolare, antiassociazionistico, nello studio dei processi cognitivi sia a livello fenomenico sia a livello fisiologico (D. Hebb risulterebbe invece essere ancora un neuroassociazionista); b) Il riconoscimento della necessità di stabilire uno stretto rapporto tra fenomenologia e neurofisiologia (le proprietà gestaltiche devono essere condivise dal correlato neuronale); c) L impostazione della ricerca sugli stimoli invisibili piuttosto che su quelli visibili. (Mecacci L., 1988). 104 Le considerazioni di Kanizsa sono state svolte principalmente in Kanizsa G., 1991, pp e in Kanizsa G., 1988, pp Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p

35 riducibile ad altri domini di realtà, da studiare quindi con i metodi della fenomenologia sperimentale adeguati alla sua specificità 108. Per Kanizsa risulta fondamentale comprendere che la ricerca percettologica, così impostata, si occupa di oggetti visivi, quali le macchie di Rorschach, non interpretate ma comunque organizzate, intese come forme nere su uno sfondo bianco ben delimitate da contorni netti 109, e non di sense data, intesi come materiale grezzo,disorganizzato, oltre che privo di senso 110. Utilizzando i metodi della fenomenologia sperimentale, risulta infatti chiaro che anche se il processo di incorporazione del significato non è in genere osservabile, il costituirsi dell oggetto visivo deve necessariamente precedere il suo riconoscimento 111. SI potrebbe osservare che, ponendosi in una prospettiva cognitivista che identifichi tutti i processi cognitivi con processi di elaborazione dell informazione, il costituirsi dell oggetto visivo bidimensionale, inteso come figura su uno sfondo come nel caso delle macchie di Rorschach, può essere considerato il risultato di un processo di categorizzazione generalissima, di livello estremamente basso. Il processo dell organizzazione percettiva varierebbe quindi solo nel grado ma non qualitativamente rispetto ad altri processi di categorizzazione quali quelli dell identificazione e del riconoscimento di particolari tipi di oggetti. Bisogna comunque rilevare che: 1) dal punto di elaborazione dell informazione tale affermazione appare solo parzialmente corretta, infatti dovremmo comunque sottolineare, come fa Pylyshyn, che nella fase di trasduzione dell early vision il contenuto informativo costituisce il risultato del processo e non il suo input; 2) dal punto di vista degli effetti funzionali risulta esservi una profonda differenza tra il modo visivo di elaborazione e altri modi cognitivi, nel senso di andare oltre l informazione data, come ha inteso appurare l intera ricerca percettologica condotta da Kanizsa e dai suoi collaboratori con i metodi della fenomenologia sperimentale; 3) anche un sostenitore radicale della tesi inferenzialista, come Rock, ha sentito la necessità di distinguere una perceptual categorization, occorrente nella fase processuale descrittiva di costruzione della forma, che riguarderebbe esclusivamente le caratteristiche spaziali dell intero oggetto e non dipenderebbe dall esperienza passata, ed una recognition categorization, occorrente alla fine delle quattro principali fasi processuali da lui stesso individuate. 108 Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p

36 Sono proprio i differenti effetti funzionali dei due tipi di processi cognitivi: modifica dei dati visivi da una parte 112, codifiche, riconoscimenti ed interpretazioni dall altra, a spingere Kanizsa a sostenere una differenza di genere tra il processo primario, precategorico o preattentivo (il vedere in senso stretto) ed il processo secondario di cui farebbero parte tutti quelle operazioni cognitive di tipo inferenziale e/o categoriale che su tali dati il sistema svolgerebbe (il pensare). Anche in questo caso va fatta una precisazione perché i connessionisti nella loro modellizzazione considerano la percezione di una figura rispetto allo sfondo un processo in cui la focalizzazione dell attenzione svolge un ruolo decisivo 114. Ma tale tesi non comporta affatto il mettere in discussione l indipendenza della visione dalla cognizione, in quanto l attenzione focale può essere considerata un fattore che influenza la visione senza che per questo venga meno la modularità dell early vision intesa come impenetrabilità cognitiva, come vedremo esaminando Seeing and Visualizing di Z. Pylyshyn. Inoltre, come vedremo, anche Rock, uno degli autori che maggiormente sostengono la tesi del carattere inferenziale della percezione visiva, sottolinea che spesso viene sopravvalutata l importanza del fattore dell attenzione focale, a partire dallo studio sperimentale delle figure reversibili. L importanza accordata a tale fattore potrebbe essere l effetto dell attesa indotta nei soggetti sperimentali da condizioni di laboratorio inusuali piuttosto che una componente fondamentale della percezione abituale della forma e delle figure. In ogni caso assumere esplicitamente l ipotesi dell importanza fondamentale del fattore dell attenzione focale nell individuazione della figura rispetto allo sfondo, nella costruzione di un modello di simulazione su rete neurale, non costituisce una prova decisiva a favore della veridicità e plausibilità psicologica di tale ipotesi. Per ammissione degli stessi connessionisti, quand anche il modello funzioni nelle condizioni di simulazione estremamente semplificate, tutto quello che ne consegue è la provata coerenza interna del sistema di ipotesi utilizzato per la costruzione del modello che è cosa ben diversa da una loro intrinseca veridicità. Kanizsa critica in ogni modo l ipotesi interpretativa o raziomorfica sostenuta dai teorici dell human information processing per cui non ci sarebbero differenze sostanziali, per quanto riguarda la loro natura, tra il processo di formazione dei clues (processo primario) ed il processo di interpretazione dei clues stessi le stesse regole del ragionare dominerebbero il percepire in tutte le sue fasi: ciò che vediamo verrebbe non soltanto utilizzato dai processi inferenziali nella fase di interpretazione ma sarebbe anche il prodotto di inferenze inconsce nel processo primario Riguardo alla presenza di effetti funzionali specifici, propri di una classe di fenomeni dei processi di organizzazione percettiva, quella che va sotto il nome di completamento amodale, confronta: Kanizsa G. & Gerbino W., 1981, pp Kanizsa e Gerbino individuano i seguenti effetti funzionali del completamento amodale: formazione anomala di superfici e contorni, aumento della "quantità di colore", creazione di oggetti visivi differenti, espansione e contrazione delle superfici che si completano, modifica di un'immagine consecutiva di una figura amodalmente completata (Kanizsa G. & Gerbino W., 1981, pp ). 113 Kanizsa e Gerbino hanno specificato che il processo primario corrisponde ai «processi preattentivi» di Neisser e Broadbent, allo «stadio prericonoscitivo» di Prinzmetal e Banks, alla «fase di formazione delle unità» di Kahneman, allo «stadio di codificazione elementare» di Kinchla, o allo «stadio della detenzione dipendente dalla configurazione» di Uttal. (Kanizsa G. & Gerbino W., 1981, p. 304). 114 Vedi appendice III di questo capitolo. 115 Kanizsa G., 1991, p

37 Lo psicologo triestino si domanda se possa essere utile una tale scelta per descrivere l operare del sistema visivo affermando che questo segmenta la stimolazione prossimale in oggetti distinti con le loro specifiche forme, in base a calcoli probabilistici e a principi di raggruppamento e di segregazione che esso «conosce» 116 piuttosto che sostenere che il sistema visivo non conosce e non applica nessuna regola ma semplicemente funziona secondo principi che fanno parte della sua natura o, detto altrimenti, secondo principi in base ai quali è programmato 117. Egli considera tale scelta sconveniente dal punto di vista euristico, dal momento che lo scopo principale dello studio della percezione, per lo meno quello condotto con i metodi della fenomenologia sperimentale, consiste proprio nello scoprire i principi che regolano il suo specifico funzionamento. La scelta di una descrizione raziomorfica permetterebbe di trovare le procedure logiche che giustificano qualsiasi rendimento percettivo spiegando via ogni problema interessante costituito dai nuovi fatti percettivi che la ricerca fenomenologico-sperimentale è in grado di individuare. Né lo psicologo ritiene pertinente considerare la percezione come una procedura generale di problem-solving di cui la trasparenza fenomenica, la creazione di superfici anomale e gli effetti stereocinetici, in virtù della plurivocità esibita, sarebbero gli esempi più evidenti, così come suggeriscono Rock e il gestaltista Arnheim. Parlare di problem solving generalizzato nel caso dei processi percettivi costituisce infatti per Kanizsa un grave errore nell individuazione del livello adeguato per descrivere i fenomeni che sono oggetto di studio. Che il sistema percettivo risolva un problema può essere accettato solo come un affermazione metaforica e non deve essere scambiato per una spiegazione: non esistono problemi nella natura, si ha un problema solo quando vi è una mente che vive una certa situazione come problematica 118. La trasparenza fenomenica costituisce la soluzione di un problema percettivo proprio come l uovo di gallina costituisce una costruzione perfettamente funzionale che rappresenta la soluzione di un certo numero di problemi fisici e biologici 119. Nessuno si sognerebbe però di spiegare la formazione dell uovo come soluzione di tali problemi in quanto una metafora non può sostituire una spiegazione 120 che, nel caso della percezione, varrebbe comunque solo per i casi positivi: cercare di cavarsela con i casi negativi, quali le illusioni, affermando che in tali casi il sistema percettivo, naturalmente selezionato, non è stato in grado di risolvere il problema costituisce un modo non molto brillante di aggirare una difficoltà 121. Attribuire al sistema ottico, inteso come sistema inferenziale, meccanismi di constancy scaling o di ipotesi di oggetto per spiegare attraverso una loro applicazione inappropriata l insorgenza di fenomeni illusori, come le illusioni ottiche vere e proprie o la formazioni di superfici senza gradiente percettivo, come fa Gregory, costituisce infatti una mossa metodologica assolutamente inadeguata ed euristicamente negativa. Per Kanizsa è piuttosto corretto rilevare che di fronte a fenomeni che dimostrano che una parte del sistema non ha funzionato secondo le previsioni del 116 Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p

38 modello sembra dannoso chiamarli eccezioni per salvare il modello. Molto più produttivo sarebbe considerare questi fenomeni come preziosi indicatori del reale funzionamento del sistema, cioè come situazioni sperimentali naturali che possono consentire di scoprire la logica secondo la quale funziona quel sistema 122. Eppure proprio la prima strategia, secondo Kanizsa, viene seguita incondizionatamente all interno del programma di ricerca cognitivista. Qui, a partire dalle difficoltà incontrate dai progettisti dell I.A. nella soluzione di problemi inversi di ricostruzione dell immagine che risulta sottodeterminata sulla base dell informazione contenuta nell immagine retinica, si interpretano i vari processi posti in essere dal sistema visivo come una procedura di problemsolving basata su inferenze statistiche. I casi negativi (le illusioni e gli errori percettivi) vengono addirittura portati a sostegno dell ipotesi interpretativa, come conferma della superiorità del programma di ricerca cognitivista rispetto a quello dell ottica ecologica che non sarebbe in grado di spiegare l insorgenza di illusioni ottiche per il sistema visivo. Kanizsa ritiene invece inopportuno utilizzare lo stesso termine errore per ciò che riguarda gli esiti del processo primario di organizzazione percettiva, infatti mentre nel caso del processo secondario ha senso parlare di errore, perché l intenzione del percipiente è quella di arrivare a conclusioni veridiche, cioè di stabilire se gli oggetti fenomenici corrispondano ad oggetti reali, non ha molto senso attribuire questa intenzione ai meccanismi di elaborazione primaria, i quali semplicemente funzionano secondo determinate loro regole e non si propongono scopi 123. Ma la confusione dei livelli descrittivi e l identificazione di una metafora con una spiegazione, per cui un campo di fenomeni (quelli relativi alla visione) viene spiegato attraverso i principi validi in un altro campo (il pensiero), presentano una conseguenza negativa proprio dal punto di vista euristico, quello che più conferma il valore esplicativo di una metafora, in quanto comportano il rischio di spegnere la curiosità e la voglia di indagare fenomeni per i quali esiste sempre e comunque una spiegazione preconfezionata 124. Solo sottolineando le differenze e la specificità del campo di fenomeni oggetto di studio si possono eventualmente individuare le regole cui essi obbediscono, scoprire cioè i principi che regolano le differenti modalità attraverso cui i processi percettivi e i processi di pensiero vanno oltre l informazione data. È in questo senso che Kanizsa intende la propria ricerca sui fenomeni del completamento percettivo nella loro specificità, proprio perché vi è una modifica dell aspetto visivo, rispetto al completamento mentale, in cui vi è un cambiamento di significato ma non modifica dell aspetto visivo. Anche nel caso in cui si ammetta che il sistema percettivo funzioni come un calcolatore 125 è importante non predeterminare l'insieme di regole secondo le quali esso è programmato. Meglio lasciare all'osservazione fenomenologica e alla ricerca sperimentale il compito di scoprirle. Questo insieme di regole potrebbe rivelarsi diverso da quello che regola il calcolo logico. Se non si tiene presente questa possibilità, e si dà per scontato in partenza che le due attività sono governate dalle stesse regole, si rischia di rimandare per lungo tempo la scoperta delle effettive leggi di funzionamento di uno dei due campi. Adottare prematuramente un'unica chiave di lettura può portare a non vedere i fenomeni che non sono previsti dal modello prescelto o ad eliminare, dichiarandoli «eccezioni», quelli che non trovano spiegazione nel proprio schema teorico. Un fenomeno che, da questo punto di vista, sembra 122 Kanizsa G., 1988, p Kanizsa G., 1988, p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G. & Gerbino W., 1981, p

39 paradigmatico, è il completamento amodale 126. Infatti per quanto riguarda l onnipresente fenomeno dell integrazione percettiva 127, costituito dalla continuazione amodale di una superficie visiva dietro ad un altra superficie, la ricerca percettologica deve risolvere due problemi ben distinti: uno riguardante l ordine della stratificazione ed il secondo riguardante la forma che assume la parte che si continua amodalmente. Per quanto riguarda l ordine della stratificazione appare pienamente corretto affermare che esso segua la legge di Helmholtz-Ratoosh per cui la stratificazione è determinata dalla modalità di incontro dei contorni delle regioni: nel caso di giunzioni a T si unificano i segmenti collineari, nel caso di giunzioni a Y si ha giustapposizione fenomenica. Tale spiegazione appare coerente sia con l impostazione inferenziale sia con l impostazione di tipo dinamico organizzativo che prevede l influenza della distribuzione globale sulle proprietà locali. Per quanto riguarda le caratteristiche proprie della forma che assume la superficie completata amodalmente invece, data la libertà di cui gode il sistema, se il risultato percettivo risulta differente da quello ottenuto dalla mente seguendo un ragionamento logico ne consegue che o il sistema visivo non doveva risolvere alcun problema, oppure ha risolto il problema secondo una «logica» diversa da quella seguita dal pensiero 128. In ogni caso tale discordanza mina l ipotesi della validità di una spiegazione di tipo inferenziale per ogni tipo di processo percettivo e, per Kanizsa, comporta una riflessione critica sul significato della tendenza alla Prägnanz quando venga intesa non semplicemente come carattere ordinato, conforme a leggi, del processo percettivo 129 ed esistenza di principi di organizzazione che assicurano il raggiungimento di uno stato finale di equilibrio delle forze in gioco, e quindi un risultato stabile 130 ma, piuttosto, come una spinta del processo non solo verso la stabilità, ma anche verso la singolarità del risultato Kanizsa G. & Gerbino W., 1981, p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, p Per quanto riguarda la funzione della Prägnanz va inoltre detto che la riflessione critica di Kanizsa su tale concetto lo porta non solo a considerare la possibilità di prevalenza dei fattori locali di autoorganizzazione rispetto a quelli globali in determinati risultati organizzativi propri del processo primario (vedi le 39

40 Gli esperimenti ideati ed effettuati da Kanizsa hanno infatti evidenziato che il completamento amodale della superficie nascosta segue sue dinamiche proprie, in molti casi dinamiche gestaltiche di aggregazione locale come quelle della buona continuazione, piuttosto che processi di inferenza verso la soluzione percettiva migliore nel senso di più semplice, pregnante e simmetrica come avviene nel caso del processo interpretativo secondario. Così, per quanto riguarda l immagine seguente, anche se vi sono tutti i clues necessari non solo per indurre ma addirittura per vedere una figura nascosta esagonale regolare e simmetrica, l osservatore non può fare a meno di constatare la presenza non visiva di una superficie pentagonale irregolare che si completa dietro il quadrato in primo piano: Questo suggerisce l inopportunità di spingere troppo oltre l analogia tra processi di pensiero e processi percettivi, come hanno fatto in modo diverso Piaget, Arnheim, Helmoltz ed i neohelomltziani perché anche se questo modo di affrontare il rapporto percezione-pensiero ha indubbiamente un suo fascino e può svolgere un ruolo euristico nella costruzione di una buona teoria dei processi cognitivi esso presenta anche qualche rischio, il maggiore dei quali è che, nello sforzo di mettere in primo piano le innegabili analogie tra i processi che si svolgono nei due ambiti, si può essere portati a sottovalutare le altrettanto evidenti differenze. In questo modo si corre il pericolo di non vedere i veri problemi che sono specifici dell uno o dell altro campo. 132 Questi possono essere ad esempio problemi di definizione, come la definizione delle categorie di similarità, incompletezza, simmetria e impossibilità. La somiglianza fenomenica risulta essere differente dalla somiglianza logica, basata sulla condivisione di proprietà definibili a loro volta in modo geometrico, come rilevano gli esperimenti ideati da E. Goldmeier 133. La completezza e l incompletezza a loro volta vanno definite al livello corretto: l incompletezza al livello visivo è differente dall incompletezza al livello concettuale, solo la prima tende a completarsi, generando eventualmente l effetto modale dell insorgenza di superfici anomale, mentre vi può tranquillamente essere la percezione completa di una figura concettualmente incompleta. considerazioni sull errore del gestaltista e sulla tendenza alla regolarità svolte in Kanizsa G., 1988, rispettivamente alle pp e ), ma anche a a rigettare gli aspetti panpercettivi propri della prospettiva gestaltista identificando la stessa Prägnanz come possibile ostacolo nelle procedure di problem solving (vedi il capitolo 12 di Kanizsa G., 1988). 132 Kanizsa G., 1988, p Goldmeier E.,

41 Il rilievo che la nozione di simmetria presenta nell ambito del pensiero ha influenzato in modo non sempre corretto la riflessione intorno ai fenomeni percettivi, come testimonia l ambiguità dell uso del termine Prägnanz all interno della ricerca gestaltista. Non sempre la simmetria costituisce un fattore prevalente di aggregazione, che impone determinate soluzioni percettive, rispetto ad altri tipi di fattori. Le ricerche sperimentali svolte dallo stesso Kanizsa, anche in collaborazione con W. Gerbino, lo hanno infatti condotto a ridimensionare l importanza della simmetria rispetto a quella del fattore convessità" nel determinare l articolazione figura-sfondo, rispetto alle conclusioni raggiunte da Bahnsen 134 (vedi le figure sotto). Impossibilità logica e impossibilità percettiva non coincidono come viene testimoniato da una parte dai cosiddetti oggetti impossibili di Penrose che percettivamente si vedono, come la seguente figura, 134 Kanizsa e Gerbino ritengono infatti che Bahnsen abbia sopravvalutato il fattore della simmetria nell'impostare le proprie ricerche sperimentali sull individuazione dei fattori responsabili dell articolazione figura-sfondo i cui risultati sono contenuti in Bahnsen, P., Gli autori rivalutano piuttosto il fattore della convessità rispetto a quello della simmetria: It may be of interest, therefore, to study the influence of this important factor when it is in conflict with that of symmetry, especially since in Bahnsen's patterns the convexity of the contours has not, it seems to us, been sufficiently considered (Kanizsa G. & Gerbino W., 1976, p. 25). 41

42 e risultano semmai figure impensabili, dall altra dall impossibilità di vedere il triangolo o l esagono nelle figure presentate di seguito, anche se tali figure risultano sia graficamente sia geometricamente non solo possibili ma addirittura presenti. Fondamentale risulta per Kanizsa la scelta dei metodi della fenomenologia sperimentale e del conseguente livello descrittivo che è strettamente connesso con il livello di realtà investigata. Questo per Kanizsa costituisce un livello di realtà emergente, come abbiamo visto, le cui leggi autonome di aggregazione, organizzazione e eleborazione devono essere individuate con una ricerca percettologica, indipendente rispetto a quella neurofisiologica, relativa all individuazione dei meccanismi neuronali e processi neurologici responsabili, e, semmai, preliminare rispetto ad essa. Anche Bozzi, in Senso e controsenso del giudizio inconscio 135, svolge una critica radicale di ogni teoria percettiva di tipo inferenziale. Le osservazioni critiche di Bozzi differiscono da quelle di Kanizsa in quanto appaiono fondate più su considerazioni di tipo epistemologico ed ontologico che su quelle di tipo metodologico-sperimentale. Del resto è Bozzi stesso a rimarcare la sua maggiore propensione alla speculazione e alla teoreticità rispetto a Kanizsa 136. L argomentazione critica di Bozzi parte dalla constatazione che l ipotizzare la presenza di inferenze inconsce alla base dei risultati percettivi fenomenicamente esperiti comporta la scelta ineludibile tra due conseguenze 135 Le principali critiche di Bozzi ad ogni interpretazione inferenziale dei processi percettivi, in particolare quelle cognitiviste, sono infatti contenute principalmente in Bozzi P., 1989, pp Zuczkowski A.,

43 reciprocamente esclusive per quanto riguarda i restanti processi cognitivi riassumibili sotto l etichetta pensare : o i nostri ragionamenti logici e matematici realmente pensati sono il risultato del calcolo formale sottostante, esattamente come le percezioni, i sentimenti, le pulsioni ecc.; oppure sono, nell esperienza, una zona privilegiata in cui l a priori logico affiora allo stato puro, mostrando il proprio funzionamento scopertamente, senza dar luogo a esiti di natura qualitativa dietro ai quali la sua meccanica resti occultata, come nel caso delle percezioni, delle immaginazioni, dei sentimenti. 137 L idea di un computo inconscio responsabile dei nostri risultati percettivi viene da Bozzi esplicitamente attribuita a Leibniz prima ancora che a von Helmoltz 138 e, nello specifico, la critica di tale ipotesi coincide con quella relativa all affermazione dell esistenza di sensazioni inavvertite, così come era avvenuto nello scritto köhleriano del Le ipotesi riguardanti l esistenza di sensazioni inavvertite e di giudizi inconsci sarebbero ad hoc. Esse servirebbero soltanto a render ragione di un anomalia che la teoria inferenzialista deve affrontare e non potrebbero essere confermate sperimentalmente in modo indipendente, aumentando il contenuto empirico ed informativo della teoria psicologica. Le sensazioni inavvertite avrebbero inoltre uno status ambiguo dovendo condividere il carattere qualitativo degli oggetti dell esperienza diretta ma non facendo parte di essa né potendo trovar posto all interno del universo della fisica 139. Mentre per quanto riguarda i giudizi e le inferenze inconsce, all interno di quello che Bozzi stesso definisce quadro teorico STEI, cioè il programma di ricerca basato sull idea di un cervello immaginato come 137 Bozzi P., 1989, p Leibniz in una lettera a Goldbach parla di un «exercitium aritmeticae occultum nescientis se numerare animi», il quale produce, quando due note siano suonate insieme, la consonanza o la dissonanza del bicordo a seconda che il numero delle vibrazioni dell una di esse è o non è in un rapporto aritmeticamente semplice con quello dell altra: «ex multis enim congruentiis insensibilibus oritur voluptas» (Bozzi P., 1989, p. 176). 139 Il fatto è che lo «status» delle sensazioni è fondamentalmente ambiguo. Non intendo qui richiamarmi agli argomenti di Köhler, di tipo essenzialmente epistemologico, contro le sensazioni inavvertite e i giudizi inconsci; le sue considerazioni intorno al fatto che ammettendo un lavoro inconscio di calcoli su sensazioni diventa impossibile prevedere i fatti che non dovrebbero aver luogo nella esperienza immediata mi sembrano del tutto decisive; e per quanto personalmente mi riguarda, sulla base della critica di Köhler, potrei considerare tutto il discorso chiuso e non riapribile. All interno di una logica falsificazionista - che accetto completamente - qualunque lavoro inconscio comunque immaginato deve far prevedere ciò che non deve accadere nell ambito del constatabile; e soprattutto non deve spiegare tutto. Lo «status» delle sensazioni è ambiguo perché, ammesso (ma, dal mio punto di vista, non concesso) che vi siano due mondi, quello dell esperienza reale e quello di cui parla la fisica, al quale appartiene la fisiologia, le sensazioni hanno proprietà qualitative esattamente come gli oggetti dell esperienza diretta ma non fanno parte di essa, né possono essere rintracciate in essa come costituenti. Esse per definizione fanno parte di quell universo qualitativo in cui non sono rintracciabili. D altra parte, proprio per il fatto che vengono immaginate come unità qualitative, esse non trovano posto nell universo della fisica, e dunque non trovano posto tra gli eventi fisiologici. In questo modo, l impostazione dualistica data in partenza genera un trialismo: il regno descritto dalla fisica, il regno degli oggetti costituiti qualitativamente ed esperibili, e un regno di oggetti qualitativi non esperibili che servono a spiegare l esperienza in modo non dissimile da come l antica meccanica spiegava alcune proprietà del moto mediante la vis impressa o l impetus, o forse come la virtus dormitiva spiega tutto in generale (Bozzi P., 1989, pp ). 43

44 un sistema di trasmissione ed elaborazione dell informazione 140 risulterebbe chiaro che volendo collegare un input qualunque (sensazioni - o anche gli stimoli) con un output (esperienza attuale) attraverso passaggi logici, esisterà sempre una combinazione più o meno complessa di tali passaggi che consente la saldatura. Opportunamente dosate le tre operazioni di Helmholtz - cioè la deduzione da principi, l induzione per analogia e il controllo quasi-sperimentale delle variabili soggettive da sottrarre per individuare l oggetto [sono] sufficienti a spiegare qualunque esperienza illusoria o non illusoria che ci capiti di incontrare 141. I giudizi inconsci condividono inoltre lo status ambiguo delle sensazioni inavvertite: possiedono caratteristiche qualitative proprie dei processi di pensiero ma, per definizione, non fanno parte dei processi di pensiero e non possono essere empiricamente identificati tra questi, né possono essere stati di cose del mondo della fisica, se non nel senso banale di logicizzazione delle dinamiche di un sistema molto complesso come il cervello umano 142. Poiché il cervello è un complesso assemblaggio di sistemi più o meno indipendenti tra loro 143 e l esperienza diretta non costituisce altro che una porzione del funzionamento di tale sistema è possibile logicizzare la fisiologia esattamente come ogni altro complesso di sistemi fisici 144. Ma a Bozzi non sembra assolutamente corretto ricollocare uno strettamente specifico prodotto del sistema cervello - quale è il pensiero logico - dentro al sistema che lo deve produrre, e in più renderlo responsabile di mille altre cose ben dissimili dal pensiero come gli oggetti percepiti, i sentimenti, le fantasie ecc Le concezioni raziomorfe dei processi percettivi, in particolare quelle inferenziali, appaiono infatti allo psicologo abbastanza pericolose, in quanto tendono ad inficiare una visione monistica e materialistica del reale. Tale è infatti per Bozzi è il pericolo del giudizio inconscio in quanto permette di passare con facilità e sbadataggine dalla logica che lo schema di funzionamento ha, perché è costruito in base a essa, alla postulazione di operazioni del pensiero sottostanti al fenomeno che un certo segmento di cervello metaforico è chiamato a spiegare 146. Alle osservazioni critiche di Bozzi sulla possibile esistenza di sensazioni inavvertite e giudizi inconsci credo sia possibile muovere due critiche: la prima riguarda il carattere non ad hoc dell ipotesi delle literal perceptions nella teoria inferenziale di Rock, la seconda riguarda l approfondimento del concetto di trasduzione 147 che, permettendo di distinguere tra entità o proprietà fisiche informazionalmente rilevanti e non, consente di trattare in modo non qualitativo 140 Bozzi P., 1989, p Bozzi P., 1989, p Bozzi P., 1989, p Bozzi P., 1989, p Bozzi P., 1989, p Bozzi P., 1989, p Bozzi P., 1989, p Utilizzato in tal senso da Pylyshyn. 44

45 ed autenticamente naturalistico processi computazionali sia all interno di un programma di ricerca che condivida l ipotesi del Sistema Simbolico Fisico Forte di Newell e Simon sia all interno di un programma di ricerca sub-simbolico che non condivida tale ipotesi. Si tratta cioè di considerare la mente e non semplicemente il cervello come facente parte dello stesso mondo naturale studiato dalle scienze fisiche 148. Le scienze cognitive non ci propongono tanto dei cervelli metaforici quanto delle menti metaforiche intese come STEI, vuoi simbolici vuoi sub-simbolici. Per quanto riguarda la differenza tra percezioni letterali e sensazioni inavvertite va rilevato come, al contrario delle unbemerkte Empfindungen contro cui Köhler lanciava i suoi strali 149, le literal perceptions sono individuabili indipendentemente. Esse sono, per definizione, percetti ipotetici intermedi introdotti per rendere ragione dei risultati di originali ricerche sperimentali condotte con i metodi della psicofisica 150. Le literal perceptions non sono cioè nate come ipotesi escogitate per confermare una teoria percettologica di tipo inferenziale ma, piuttosto, sono percetti teorici inferiti a partire da risultati sperimentali che invalidavano l assunto gestaltista dell inesistenza di percetti intermedi nella fase dell organizzazione visiva e confutavano l idea dei gestaltisti che i fattori di raggruppamento occorrano direttamente sulla stimolazione strutturata retinica. Una volta postulatele, Rock e i suoi collaboratori hanno ideato e realizzato un insieme di esperimenti di conferma indipendente della loro esistenza, dotati di un alto grado di valore euristico. Seguendo Bozzi potremmo dire che, più che alla virtus dormitiva peripatetica dell oppio, le literal perceptions assomigliano ai geni di Mendel. Per quanto riguarda la prospettiva teorica di una naturalizzazione della mente, la delucidazione del concetto di proprietà fisiche informazionalmente rilevanti (trasducibili e trasdotte dai sistemi di elaborazione) risulta necessaria per chiarire la distanza che separa l attuale ricerca sulla percezione svolta all interno delle scienze cognitive dai modelli di tipo inferenziale adottati prima dell avvento della Gestaltpsychologie e per chiarire come tale ricerca risulti parzialmente compatibile con la quella percettologica svolta seguendo i metodi della fenomenologia sperimentale, una volta eliminata ogni possibile confusione di livelli descrittivi all interno di entrambe. Bozzi, non contesta la plausibilità della metafora cervello-stei 151 e la ritiene addirittura liberatoria 152 rispetto ad un certo tipo di preoccupazioni di adeguatezza fisiologica dei modelli 148 Quine W.V.O., In quanto individuabili solo come sanatori delle differenze relative al paradigma di una teoria percettologica di tipo inferenziale. Uso in questo caso una terminologia di stampo operazionistico cara a V. Somenzi (Somenzi V., ). 150 Tali ricerche non si proponevano di giustificare una teoria percettologica di tipo inferenziale ma, piuttosto, di stabilire su quale tipo di entità e in quale ordine i fattori di raggruppamento e organizzazione percettiva gestaltici potessero agire. 151 Gran parte del cervello è costituita da complessi canali di trasmissione e la complicazione della rete è tale da consentire largamente l ipotesi di interferenze fra quanto passa in essa, cioè di elaborazioni, logicamente schematizzabili; la cibernetica biologica ha dimostrato che i fatti biologici, a vari livelli, possono essere simulati in vario modo, e particolarmente per mezzo di calcolatori; infine, quando in psicologia la tecnica della misurazione dei tempi di reazione è stata applicata all analisi di eventi cognitivi di diversa complessità, sono emersi risultati compatibili con l ipotesi di un cervello come STEI (Bozzi P., 1989, p. 185). 45

46 condivise da gran parte dei percettologi. Lo psicologo ritiene comunque essenziale la scelta del livello descrittivo fenomenologico-sperimentale per guidare ogni tipo di ricerca percettologica e, soprattutto, per l individuazione dei modelli neurofisiologici sottostanti 153 i quali, sulla base dei risultati della ricerca condotta, non debbono essere identificati esclusivamente con degli STEI 154. L identificazione stretta ed esclusiva comporterebbe, infatti, il rischio di cadere in ontologie di tipo dualistico 155. Questo è il punto fondamentale che spinge Bozzi a rigettare la prospettiva cognitivistica: il timore che il fallimento del modello STEI per spiegare ogni tipo di attività cerebrale apra lo spazio ad un ontologia dualistica. Due tipi di considerazioni in realtà ci spingono a ritenere che la prospettiva adottata all interno delle scienze cognitive non comporti un tale rischio: 1) i modelli STEI, come detto, sono già modelli mentali, i computer di qualsiasi tipo e natura - sono menti metaforiche non cervelli metaforici 2) la mente (mind) come viene considerata all interno delle scienze cognitive non si identifica assolutamente con l anima (soul), essa non viene considerata ontologicamente come una sostanza, può tranquillamente essere considerata un epifenomeno cerebrale come già affermava T. Hobbes nelle Terze Obiezioni alla Meditazioni Cartesiane (Obiezione alla II Meditazione) 156. Da una parte Bozzi sembra essere consapevole che la metafora dello STEI 152 È da sottolineare, credo, che l uso di cervelli metaforici è di grande vantaggio per la psicologia e la filosofia della conoscenza; è un passo decisivo e liberatorio sulla via della costruzione di teorie per capire l esperienza a ogni grado di complessità. Dico liberatorio, perché ogni psicologia con cui ho avuto finora a che fare ha inventato, per amore malinteso di «scientificità», una fisiologia a cui attaccarsi; e tale fisiologia ogni volta è stata respinta dai fisiologi veri, o nel migliore dei casi trattata con le pinzette di una giustificata diffidenza. Queste fisiologie sono come palle al piede (Bozzi P., 1989, p. 186). 153 Il limite dei cervelli metaforici - al momento - mi sembra piuttosto quello di possedere logiche interne ispirate principalmente, se non esclusivamente, a quelle dei STEI, e quindi di essere in grado di raffigurare solo il campo delle trasmissioni ed elaborazioni ipotizzabili da qualche parte: mentre in realtà, metafora per metafora, ogni altro tipo di sistema fisico, ivi compresa la dinamica dei campi, potrebbe trovarvi posto senza che sorga nessuna difficoltà teorica, purché l analisi fenomenologica delle strutture dell esperienza lo richieda. L analisi fenomenologica, infatti, decide senza appello della forma logica dei processi fisiologici immediatamente sottostanti (Bozzi P., 1989, p. 186). 154 A Bozzi sembra inappropriato e riduttivo estendere tale metafora a tutte le attività organizzative e cognitive svolte dal cervello, in particolare a quelle attività che originano le strutture del mondo reale così come lo esperiamo. I risultati sperimentali conseguiti nella ricerca percettologica, utilizzando unità di analisi più complesse rispetto a quelle dei metodi della psicofisica, per Bozzi, non lascerebbero intravedere nulla intorno a processi propri di un STEI, e il lavoro di scoperta e di controllo può procedere «come se» tali processi non ci fossero (Bozzi P., 1989, p. 198 ), cosicchè l analisi fenomenologica del mondo esterno (Bozzi P., 1989, p. 198 ) risulta ampiamente autonoma e conducibile iuxta propria principia (Bozzi P., 1989, p. 198). 155 Bozzi sottolinea a più riprese il rischio che si corre a sostenere che la metafora del cervello-stei possa e debba essere estesa ad ogni tipo di processo cognitivo, in quanto c è spazio per l anima in ogni divaricazione che lasceremo aperta tra l ambito del STEI e le proprietà dell esperienza immediata (Bozzi P., 1989, p. 195). 156 Quoniam ergo notitia hujus propositionis ego existo, pendet a notitia hujus ego cogito: et notitia hujus, ex eo quod non possimus separare cogitationem a materia cogitante: videtur inferendum potius rem cogitantem esse materialem quam immaterialem (Hobbes T., 1966, pp ). 46

47 riguarda proprio la mente e non semplicemente il cervello 157, dall altra ritiene che parlare di mente, nel caso delle operazioni di elaborazione dell informazione sottostanti i risultati percettivi come fenomenicamente li esperiamo, comporti comunque un illecito e pericoloso salto ontologico 158, tanto da rivalutare l eliminativismo dei comportamentisti: Il comportamentismo sarà tutto sbagliato, ma la proposta di togliere di mezzo la mente ha tuttora qualche buon fondamento. 159 Il problema risulta connesso alla scelta del livello descrittivo adeguato dei fenomeni e dei processi da spiegare. Il divario tra la prospettiva gestaltista à la Bozzi e quella cognitivista è non meno paradigmatico di quello tra quest ultima e la prospettiva dell ottica ecologica gibsoniana. Sono programmi di ricerca alternativi che scelgono livelli di descrizione differenti e sono alla ricerca di differenti principi che regolano i rapporti tra le entità e i processi del livello descrittivo scelto. Tale livello descrittivo viene considerato irriducibile a quello fisicalistico anche se, ontologicamente, viene ammesso il solo livello di realtà delle entità individuate dalle scienze naturali. Si ritiene anzi che, attraverso una correlazione isomorfica di tipo funzionale, che si avvalga di processi di campo, non contemplati nella prospettiva cervello=stei, l approccio di tipo gestaltista salvaguardi il monismo materialistico meglio della scelta cognitivista a favore di un linguaggio fisicalstico informazionalmente rilevante. Nonostante le preoccupazioni di Bozzi, l approccio esplicativo delle scienze cognitive risulta autenticamente naturalistico in virtù del livello descrittivo fisicalistico scelto per l input e di quello simbolicamente utilizzabile scelto per l output della trasduzione. Ciò emerge principalmente nella prospettiva cognitivistica adottata da Pylyshyn che tende a ricomprendere al proprio interno le stesse considerazioni critiche svolte da Kanizsa in Vedere e pensare. 157 Quando discute della prospettive cognitivista, Bozzi la interpreta principalmente in chiave mentalistica: si dice: non dobbiamo avere paura di essere mentalisti; l esperienza immediata esiste e va utilizzata per la costruzione della psicologia, «la coscienza, la sensibilità... sono fenomeni del tutto reali, che una psicologia cognitiva deve spiegare», secondo le parole di Parisi e Castelfranchi. Questo aggiramento dell epistemologia cognitivista genera conseguenze di notevole utilità anche sul piano metodologico: perché non utilizzare i dati introspettivi, adottando le ragionevoli cautele che caso per caso appaiono plausibili? Lavorando su ciò che è avvertito come accadente - interno o esterno che sia - lavoriamo sui fatti, cioè nell ambito in cui l uomo ha sempre fatto le sue osservazioni (Bozzi P., 1989, pp ). 158 Ma il passare sofficemente dall idea che c è del pensiero in tutto ciò, in questo fare *costruire un diagramma di flusso o uno schema di operazioni elaborazione dell informazione (nota dell autore)], all idea neohelmholtziana che un analoga fitta rete di pensieri inconsci produce l esito che ci proponevamo di illustrare alla lavagna con lo schema, non ha né plausibilità né necessità. È più che altro un modo di dire, una metafora; che però non ha l innocenza delle utili analogie implicate nella costruzione di un cervello metaforico, poiché implica in qualche modo un salto ontologico. È proprio così; è chiarissimo che è così dal momento che anche i colleghi più esplicitamente materialisti che vedono nella simulazione su macchina la prova decisiva per una corretta concezione dell «Homme Machine», quando parlano della regione in cui avrebbero luogo i ragionamenti inconsci, puro schema funzionale di certe parti del cervello, chiamano quella zona mente (Bozzi P., 1989, p. 189). 159 Bozzi P., 1989, p

48 L analisi delle concezioni sostenute nelle sue ultime opere da Pylyshyn sulla discontinuità tra visione e cognizione risulta estremamente utile ai nostri scopi, in quanto permette di comprendere come sia possibile sostenere, all interno della scelta di un linguaggio fisicalistico per l input della trasduzione, un approccio computazionale non inferenziale, basato sull identificazione del sistema visivo con un sistema di elaborazione dell informazione che recepisce nel proprio linguaggio e nei modelli adottati la tesi dell autonomia della visione. Ritengo che tale tipo di approccio (e in modo analogo quello dell animate vision) permetta di superare le preoccupazioni critiche di Bozzi. Esso, d altra parte, apre la strada ad una serie di nuove e profonde problematiche filosofiche riguardanti la possibilità di un contenuto rappresentativo mentale non concettuale ascrivibile sia agli stati percettivi sia agli output elaborati dai moduli sub-personali. La discussione di tali problematiche ci consentirà di tornare ad illustrare la tesi dell autonomia della visione e la sua importanza per una corretta identificazione del livello degli eventuali processi di categorizzazione presenti all interno degli stessi processi percettivi. Prima di illustrare l evoluzione delle idee e dei modelli di Pylyshyn sullo studio computazionale dei processi visivi sarà però prima il caso di esaminare i motivi della critica rivolta da Wittgenstein alla tesi dell autonomia della visione così come viene a configurarsi nell opera di Köhler, in quanto tale critica ha avuto conseguenze epistemologiche di notevole rilievo nel corso della seconda metà del secolo scorso e offre inoltre spunti di riflessione ed interesse anche per l attuale dibattito relativo all esistenza di stati mentali con contenuto non concettuale, strettamente connesso alla tesi dell autonomia della visione. Analizzeremo di seguito le modalità che la tesi dell autonomia della visione assume nella teoria della Direct Perception di Gibson e le caratteristiche della prospettiva neohelmoltziana di Rock e del suo gruppo di studio per vedere in quale modo risulta incompatibile con la tesi dell autonomia della visione e quale aspetti di autonomia continua invece a riservare al processo visivo. Solo a questo punto risulterà utile un analisi approfondita dell evoluzione delle idee di Pylyshyn sul carattere autonomo dei processi visivi elaborati dal modulo dell early vision. 48

49 APPENDICI Appendice I: Considerazioni metodologiche sull adozione del metodo fenomenologico sperimentale nella ricerca percettologica Al termine di questo capitolo è opportuno svolgere alcune considerazioni sull adozione di metodo fenomenologico-sperimentale e sulla scelta di utilizzare stimoli bidimensionali semplificati sin dai primi studi scientifici di psicologia della percezione. L adozione di tale metodo e l utilizzo di tali stimoli nella percettologia, in particolare quella di stampo gestaltista o da essa derivata, sono state infatti spesso criticate. (i) Per quanto riguarda il metodo fenomenologico, numerosi autori hanno ritenuto che solo l adozione del metodo sperimentale fornisse garanzia di scientificità. Vuoi che quest ultimo risultasse basato sull esperimento semplice con due sole variabili in gioco, una indipendente ed una dipendente, o sul disegno fattoriale, in cui vengono presi contemporaneamente in considerazione più fattori, vuoi che autorizzassero il ricorso al metodo differenziale, all esperimento naturale o al controllo statistico. Kanizsa è ben consapevole di tali critiche quando afferma che, per le sue proprie caratteristiche, il metodo fenomenologico viene ritenuto poco affidabile, al più considerato come un punto di partenza per la vera e propria indagine scientifica, un punto di partenza necessario fin che si vuole ma privo di valore esplicativo 160. Egli le ritiene tuttavia infondate in quanto la fenomenologia sperimentale, sin dai suoi inizi, non si limita ad una pura descrizione del mondo visivo ma vuole scoprire ed analizzare connessioni funzionali tra fenomeni visivi e individuare le condizioni che favoriscono o che ostacolano la loro comparsa. In altre parole essa tende, in quanto scienza del vedere, a stabilire un sistema di principi e di leggi da cui quel campo di eventi è governato, e, a tale scopo, oltre all osservazione fa ricorso dove è possibile all esperimento 161. Le difficoltà legate alla scelta di un metodo di auto-osservazione e all individuazione di corretti soggetti sperimentali, non riguardano, comunque, solo i fenomenologi sperimentali. Kanizsa rileva infatti come il problema dei fondamenti della fenomenologia sperimentale si accompagni a quello di individuare un soggetto non ingenuo che sia avvertito di quanto gli si richiede senza per questo essere esperto. Egli deve cioè comprendere che gli si richiede di dire ciò che percepisce e non ciò che in base alle sue aspettative giudica dovrebbe percepire Kanizsa G., 1991 p Kanizsa G., 1991, p Kanizsa G., 1991, pp

50 Nelle parole di Kanizsa, a quasi un secolo di distanza, riecheggiano i principali temi del dibattito sul corretto metodo da adottare tenutosi tra i principali psicologi appartenenti al mondo accademico tedesco tra fine Ottocento ed inizio Novecento. Wundt, considerato il fondatore della psicologia sperimentale in Germania e direttore del più importante laboratorio a Lipsia, riteneva infatti che i soggetti sperimentali divenissero tali solo dopo lunghe pratiche di addestramento per giungere a individuare le sensazioni semplici di cui sarebbero costituite le apparenze: i soggetti che meglio si prestavano alla fase sperimentale del progetto (di cogliere le leggi della causalità psichica) altri non erano che esseri umani adulti, normali, preferibilmente con una certa pratica nell osservazione psicofisica. Quest ultima si limitava a giudizi di tipo molto elementare; tanto le condizioni di stimolo, quanto il tempo impiegato per formulare il giudizio potevano essere misurati tramite strumenti di registrazione quali l oscillografo ed il cronoscopio. La documentazione prodotta all interno dell Istituto di Wundt consisteva quasi esclusivamente in tali misurazioni, non in testimonianze di tipo introspettivo. Questa procedura appare simile a quella adottata dalla moderna scienza cognitiva, tecnologicamente orientata e guidata dai dati 163. Carl Stumpf, ex allievo di Brentano e direttore dell Istituto di psicologia di Berlino dal , risultava invece pienamente favorevole all adozione di un metodo fenomenologico, convinto che le leggi della psicologia al contrario di quelle della fisica non dovessero essere inferite a partire dalle apparenze ma, piuttosto, osservate in queste ultime come leggi strutturali di carattere immanente. Stumpf non credeva che la tecnologia di laboratorio potesse sostituirsi all auto-osservazione o introspezione controllata, ritenendo che gli strumenti di precisione potessero essere utili e necessari solo a fissare le condizioni sotto le quali si verifica l autoosservazione nel modo più esatto e oggettivo possibile 165. Oswald Külpe direttore dell Istituto di Würzburg difendeva a sua volta l uso di un metodo introspettivo, ritenendo che si potessero sottoporre ad indagine sperimentale anche le operazioni complesse del pensiero e rigettando l idea di una struttura a mosaico della vita psichica a partire da una teoria delle sensazioni semplici. Tale metodo differiva comunque profondamente da quello utilizzato nell Istituto di Lipsia. Esso fu definito Ausfragemethode, metodo basato sull interrogazione, in quanto il soggetto una volta ricevuto un «compito» (per esempio risolvere un quesito), doveva descrivere liberamente le esperienze avute nel corso dell attività cognitiva 166 e lo sperimentatore poteva interromperlo con una serie di domande di chiarificazione. 163 Mitchell G. Ash, 2004 p Per comprendere la distanza che separa l approccio teorico di C. Stumpf dall associazionismo di W. Wundt basti pensare che egli, fin dal 1873, aveva presentato la spazialità come un attributo di ciò che tanto Brentano, quanto Lotze chiamavano l unità della coscienza, un fatto psicologico che non richiede alcuna spiegazione in termini di categorie kantiane di appercezione o di interpretazione appresa di segni locali di natura fisiologica (Mitchell G. Ash, 2004, pp ). 165 Mitchell G. Ash, 2004, p Toccafondi F., 2000, p

51 Tale metodo introspettivo, anche se in modo ben diverso da quello di Wundt, era comunque volto alla preparazione di soggetti esperti nell introspezione 167. È curioso vedere come il contesto in cui presero avvio le ricerche di E. Rubin, di D. Katz e degli psicologi gestaltisti sulla percezione presentasse un dibattito metodologico tanto acceso e criticamente fecondo, i cui temi principali risultano ancora attuali. (ii) Tra tali temi presentano particolare interesse le critiche relative all utilizzo di stimoli bidimensionali. Nell esperimento utilizzato in campo fenomenologico, infatti, le variabili indipendenti assumono spesso la forma di presentazione di stimoli bidimensionali rispetto alle risposte fornite dai soggetti sperimentali (variabile dipendente), e proprio l uso di tale tipo di stimoli è stato sottoposto a critiche severe. Un accusa generale all utilizzo di stimoli bidimensionali in percettologia è stata mossa da J. J. Gibson nel suo An ecological approach to visual perception 168. Secondo il grande psicologo americano, che pure ha cominciato il proprio lavoro con un esperimento sulla percezione di disegni, mostrare disegni (stimoli bidimensionali) è stato considerato un buon modo per cominciare lo studio della percezione, perché la visione più semplice è considerata quella in cui c è una forma sulla retina che è una copia della forma su una superficie posta di fronte alla retina. La forma sulla retina è allora in una corrispondenza punto a punto con la forma disegnata, sebbene invertita. Ma questo non è il caso più semplice di visione 169. Infatti, per Gibson, dal punto di vista dell ottica ecologica, noi non vediamo mai solo una forma, noi vediamo un campione dell assetto ottico ambientale (a sample of the ambient optic array) 170 per cui la maggior parte degli esperimenti condotti dagli psicologi della percezione, inclusi i gestaltisti, sono stati irrilevanti 171. Riguardo all uso di disegni o stimoli bidimensionali per studiare la percezione sembra doveroso prima di tutto sottolinearne non solo i possibili difetti di fronte all impostazione consigliata da un approccio ecologico, ma anche i pregi come rilevato da Sonino e Purghé: il metodo fenomenologico, seppure si basa sulle caratteristiche esperite delle cose non comporta l accettazione della non ulteriore analizzabilità degli oggetti esperiti, in quanto consiste proprio nell analizzare e nel confrontare i rendimenti percettivi corrispondenti a diverse stimolazioni così da individuare le condizioni generali di un fenomeno tali condizioni non sono connesse al significato degli oggetti esperiti bensì consistono in una determinata distribuzione nello spazio di 167 Kanizsa G., 1991 p Gibson James J., Gibson James J., 1986, p. 268, trad. pers. 170 Gibson James J., 1986,. p. 269, trad. pers. 171 Gibson James J., 1986, p. 269, trad. pers. 51

52 linee e strisce o in determinati rapporti spazio-temporali. Ecco perché è corretto studiare la percezione con configurazioni astratte e non con gli oggetti della vita quotidiana 172 ; il sistema visivo attiva, anche su semplici figure bidimensionali, processi di elaborazione che non solo necessitano di una spiegazione ma la cui comprensione potrebbe aiutarci a penetrare meglio il funzionamento del sistema anche in condizioni più complesse 173. Va considerato in secondo luogo che proprio lo studio iniziale dei gradienti tissurali, intesi quali indizi retinici per la visione tridimensionale e per le costanze percettive di grandezza e forma 174, studio in cui sono stati utilizzati anche stimoli bidimensionali considerati come variabili indipendenti, ha condotto gradualmente Gibson alle concezioni rivoluzionarie sostenute nel testo del Tali concezioni non mettono comunque in discussione solo l approccio sperimentale di tipo fenomenologico, ma anche ogni tipo di approccio sperimentale psicofisico allo studio della visione che sia basato su occhiate prodotte artificialmente e sulla visione di istantanee, cercando di far sì che l occhio operi come una macchina fotografica. Per dirla con le stesse parole di Gibson: la percezione non può essere studiata con i cosiddetti esperimenti di psicofisica, se con questi ci si riferisce agli stimoli fisici e alle corrispondenti sensazioni mentali 175. L approccio ecologico gibsoniano non ha comunque dimostrato il valore euristico che esso stesso prometteva ed uno dei motivi del suo fallimento è consistito probabilmente nella difficoltà di ideare originali e fecondi esperimenti in un contesto di ottica ecologica senza utilizzare stimoli bidimensionali come variabili indipendenti. Tale difficoltà, del resto, era stata rilevata dallo stesso Gibson nella conclusione del saggio del Infatti, rispetto alla sperimentazione basata sull uso di stimoli bidimensionali, quali variabili indipendenti, risulta difficile ideare esperimenti per testare le ipotesi di ottica ecologica con un altrettanto facile variabilità delle condizioni iniziali in quanto lo sperimentatore deve rendere disponibile un invariante ottico, invariante che lo sperimentatore medesimo suppone che specifichi qualcosa nel mondo, in base a quanto è messo in luce dall ottica ecologica. Ciò richiede senz altro ingegnosità; e sino ad ora sono stati, in effetti, pochi gli sperimentatori che hanno imparato a farlo 176. Appendice II: La dottrina delle Gestaltqualitäten di C. Von Ehrenfels È opportuno chiarire le differenze tra l approccio di Wertheimer, Köhler e Koffka allo studio degli interi rispetto a quello di autori che, in tempi immediatamente precedenti, si erano occupati 172 Sonino M., 1978, pp Purghé F., 1999, p Gibson James J., Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p

53 degli stessi fenomeni ed avevano avvertito la necessità di nuovi metodi di analisi delle loro proprietà. Wertheimer traeva infatti il termine Gestalten dal saggio Über Gestaltqualitäten pubblicato nel 1890 da C. Von Ehrenfels. Chiamiamo qualità formali affermava infatti Ehrenfels - quei contenuti rappresentativi positivi che sono legati all esistenza di complessi rappresentativi positivi nella coscienza, che a loro volta sono fatti di elementi separabili l uno dall altro (cioè rappresentabili separatamente). Chiamiamo fondamento (Grundlage) delle qualità formali quel complesso rappresentativo necessario per la loro esistenza 177. Ehrenfels aveva diviso le Gestaltqualitäten in qualità formali atemporali: visive, sia spaziali che eventualmente cromatiche, sonore, (timbro ed armonia), tattili, gustative, termiche etc.; qualità formali temporali: sonore (melodia) e cinetiche. Il lavoro di von Ehrenfels può essere avvicinato all approccio dei maggiori gestaltisti per aver riconosciuto che le qualità formali vengono percepite direttamente e non inferite intellettualmente 178. Questo ha spinto alcuni storici a ravvisare nella pubblicazione del testo di von Ehrenfels l atto di nascita della teoria della Gestalt e della Gestalpsychologie. Ma ciò non è del tutto esatto. Anche se è vero che i maggiori teorici della Gestalt riconoscono il debito nutrito nei confronti di C. von Ehrenfels, è altrettanto vero che nel suo scritto non è del tutto superato l approccio elementistico. Ehrenfels, infatti, si collegava teoreticamente in modo forte alla teoria delle complessioni e relazioni di Meinong, sviluppata successivamente in teoria dell oggetto generale 179, e restava comunque dell idea che l intera vita psichica fosse fondata su elementi semplici che restavano inalterati nelle diverse forme esperite. Il richiamo a contenuti fondanti (fundierte Inhalte di derivazione meinonghiana) da cui dipenderebbero i contenuti fondati o Gestaltqualitäten, racchiude un riferimento ad un empirismo di stampo humeano secondo cui le percezioni deriverebbero automaticamente da associazioni meccaniche di elementi sensoriali semplici. Proprio tale modello di empirismo associazionistico costituirà il bersaglio principale della critica dei principali teorici della Gestaltpsychologie che non 177 von Ehrenfels C., 1984 p Dato il grande ruolo che le qualità formali giocano nella vita psichica, (un attività speciale diretta su di esse) non potrebbe mai sottrarsi alla nostra attenzione. Con ciò noi arriviamo alla conclusione che le qualità sono date psichicamente contemporaneamente al loro fondamento, senza un attività speciale diretta su di esse (von Ehrenfels C., 1984 p. 70). Del resto il primo ad operare questo riconoscimento, nel 1865, era stato E. Mach che, in die Analyse der Empfindungen, aveva sostenuto che al soggetto è consentito sentire (empfinden) immediatamente forme spaziali e forme sonore, sottolineando: a) l immediatezza dell impressione b) la sua indipendenza da qualsiasi elaborazione intellettuale. 179 Qui avrebbe distinto tra oggetti fondati e oggetti fondanti. 53

54 si limitarono come von Ehrenfels a parlare di complessi rappresentativi interni alla coscienza con qualità gestaltiche, ma intesero come Gestalten i processi e gli oggetti stessi. Appendice III: Analisi di un esempio di simulazione tramite rete neurale del processo di articolazione figura-sfondo Dal momento che numerosi autori hanno ravvisato dei punti di contatto tra l approccio dinamico gestaltista allo studio dei processi percettivi e l approccio computazionale sub-simbolico proprio dell elaborazione distribuita in parallelo di tipo neoconnessionista, riteniamo opportuno presentare un esempio di simulazione tramite rete neurale di un particolare fase del processo percettivo, per l appunto l articolazione figura-sfondo, al fine di sottolineare le differenze che sussistono tra le due prospettive di ricerca. All interno della I.A. sono stati costruiti numerosi modelli connessionistici di simulazione dei processi percettivi i quali, pur tenendo conto delle indicazioni paradigmatiche di D. Marr, hanno ritenuto opportuno svolgere la computazione su unità di livello sub-simbolico, nodi e pesi, le quali, proprio per come sono ideate, non hanno, individualmente prese, alcun tipo di riferimento semantico che emergerebbe invece dalla distribuzione di pesi dell intera rete, dopo opportuno addestramento, in relazione alle serie correlate di insiemi di input scelti e di output forniti 180. L attribuzione del possesso di eventuali concetti o di caselle categoriali da parte della rete sarebbe piuttosto la conseguenza dell interpretazione del progettista che identifica i minimi energetici raggiunti dalla distribuzione dei pesi durante l addestramento, vuoi locali vuoi globali, con quelli che in I.A. classica sarebbero gli oggetti rappresentazionali dei frames o unità simboliche dei Sistemi Simbolici Fisici Forti alla Simon e Newell. 181 Del resto la possibilità di esibire degli 180 Per una brillante e chiara esposizione delle principali differenze esistenti tra approccio computazionale simbolico e sub-simbolico e tra sistemi semanticamente trasparenti e sistemi semanticamente non trasparenti vedi Clark A., 1994, soprattutto il capitolo VI. Il filosofo inglese fornisce la seguente definizione di sistema semanticamente trasparente proprio dell I.A. classica: un sistema verrà definito semanticamente trasparente solo nel caso in cui sia possibile descrivere una netta corrispondenza tra un descrizione semantica simbolica (livello concettuale) del comportamento del sistema e qualche interpretazione semantica proiettabile degli oggetti, rappresentati internamente, della sua attività formale computazionale (Clark A., 1994, p. 31). 181 Mi sembra opportuno presentare qui sia la descrizione di un Sistema Simbolico Fisico fornita da A. Clark In Microcognition sia la sua definizione di Ipotesi del Sistema Simbolico Fisico Forte: Un sistema simbolico fisico secondo Newell e Simon è uno qualunque di una classe generale di sistemi fisicamente realizzabili che soddisfi le seguenti condizioni: 1) Esso contiene un insieme di simboli, che sono configurazioni fisiche che possono essere unite saldamente assieme a produrre una struttura o un espressione; 2) Esso contiene moltissime di queste strutture simboliche ed un insieme di processi che operano su di esse (creando, modificando, riproducendo e distruggendo a seconda delle istruzioni anch esse codificate in strutture simboliche); 3) Esso è localizzato in un più ampio mondo di oggetti reali e può essere correlato al mondo per mezzo della designazione (in cui il comportamento del sistema influenza il comportamento o lo stato dell oggetto o vi 54

55 schemi emergenti costituisce una delle caratteristiche principali dei sistemi P.D.P. insieme al possesso di una memoria ad indirizzablità di contenuto, alla possibilità di sopportare un degrado graduale, alla capacità di assegnazione dell input ad un profilo di uscita per difetto e a quella di esibire una generalizzazione flessibile. Nel modello P.D.P. gli schemi non sono cose. Non c è nessun oggetto rappresentazionale che sia uno schema. Al contrario gli schemi emergono nel momento in cui se ne ha bisogno dall interazione di un grande numero di elementi molto più semplici che lavorano tutti in concerto l uno con l altro 182. Gli schemi vengono identificati con la tendenza di sottoinsiemi coordinati di unità del sistema ad emergere insieme per via delle connessioni eccitatorie, tendenza che fino a quando non viene annullata dall arrivo di un eccitazione o inibizione incompatibile, agisce come uno schema memorizzato 183. Significati di tipo concettuale, più o meno articolato, emergerebbero quindi solamente dall interpretazione del progettista del complesso dell operare delle unità e dei pesi attraverso l analisi di cluster. Alcuni di tali modelli computazionali connessionistici sono stati utilizzati, con discreto successo, per simulare, in condizioni semplificate, i processi percettivi di differenziazione della figura dallo sfondo. Nel contesto della nostra ricerca esamineremo brevemente uno di tali modelli, quello ideato e realizzato da Kienker, Sejnowski, Hinton e Schumacher nel cui anche Palmer fa riferimento in Vision Science. La rapidità con la quale il sistema percettivo è in grado di distinguere la parte interna di una figura da quella esterna suggerisce che, dal punto di vista neurofisiologico, ne devono essere responsabili molte unità di varie aree della corteccia visiva che operano in parallelo. Le modalità della reversibilità appurate tramite sperimentazione psicofisica nel caso delle figure ambigue di Rubin 185, suggeriscono che la parte del sistema visivo in cui vengono distinte le regioni di un immagine che appartengono alla figura e allo sfondo must combine information both from the image and from other regions of the brain which control attention 186. Gli autori hanno così tentato di simulare un tale tipo di calcolo collettivo, progettando una rete P.D.P. costituita di unità semplici di elaborazione che ricevono due tipi di informazioni: quelle provenienti è in altri modi correlato) o dell interpretazione (in cui le espressioni del sistema designano un processo e, quando un espressione si presenta, il sistema è in grado di svolgere il processo) (Clark A., 1994, p.22); Ipotesi del sistema simbolico fisico forte: una macchina virtuale impegnata nella manipolazione in stile von Neumann di atomi simbolici standard ha i mezzi diretti, necessari e sufficienti, per un azione generale intelligente (Clark A., 1994, p.23). 182 McClelland J. & Rumelhart D. & PDP Research Group, 1986, vol. II, p Clark A., 1994, p Kienker Paul K. & Sejnowski Terrence J. & Hinton Geoffrey E. & Schumacher Lee E., Rubin's vase illustrates how the differentiation of figure from ground can affect the perceptual interpretation of an image (Rock 1983). The shape of the border can be perceived in two different ways but only one of these interpretations can be seen at a time. The perceptual decision is in part under conscious control, and can be loosely described as a shift in 'attention' ( Kienker Paul K. & Sejnowski Terrence J. & Hinton Geoffrey E. & Schumacher Lee E., 1986, p. 199). 186 Kienker Paul K. & Sejnowski Terrence J. & Hinton Geoffrey E. & Schumacher Lee E., 1986, p

56 dal basso, cioè dall immagine retinica, riguardanti i profili delle figure, che possono risultare incompleti, e gli input attenzionali, provenienti dall alto, che pregiudicano quale parte dell immagine retinica cada all interno della figura. Come possiamo vedere nella illustrazione schematica della rete neurale parallela figurasfondo, ciascun piano rappresenta uno strato di unità di elaborazione simili ai neuroni che sono connesse sia all interno di ciascuno strato sia tra gli strati. Le unità del contorno ricevono l informazione esterna sulla localizzazione del confine di contrasto nell immagine (in basso) e le unità della figura ricevono l informazione esterna da un puntatore di attenzione (in alto). Il calcolo viene effettuato mantenendo costanti gli input dall immagine e dall attenzione e lasciando che i pesi delle interconnessioni si aggiustino in uno stato fisso e regolare 187. In tale modello non viene ipotizzata alcuna presegmentazione dell immagine retinica e vengono testate due differenti strategie computazionali: quella della gradient descent e quella della simulated annealing. La prima strategia volta ad individuare stati ottimali di tipo locale, risulta più veloce ma solo una gamma ristretta di parametri dell input permette di ottenere risultati fruttuosi. La seconda strategia, volta ad individuare stati ottimali di tipo globale, attraverso l introduzione di fattori di disturbo (rumore), risulta più lenta ma anche più robusta in 187 During a computation the outline in the image and the attentional bias are held fixed and the network, shown schematically in figure 2, (figura presente in questa pagina) must find the states of all the processing units that are maximally consistent with the top-down and bottom-up inputs. This can be considered a search for the best interpretation of the image from amongst the large set of all possible internal models that can be represented by the units. In general, the more that is known about the regularities of objects in the image, the more constraints can be implemented as connections between the units, and the faster the search will be. It should be kept in mind that in separating figure from ground the human visual system is taking into account many more constraints than are incorporated into our model (Kienker Paul K. & Sejnowski Terrence J. & Hinton Geoffrey E. & Schumacher Lee E., 1986, p. 201). 56

57 quanto permette di lavorare con successo su una vasta gamma di parametri di attenzione e di profili, inclusi quelli incompleti. Tale modello di rete neurale dimostra che una proprietà globale dei profili può essere calcolata sulla base delle interazioni locali in una rete parallela di Hopfield, anche se esso risulta troppo semplificato per servire come modello della competenza umana 188. Alcune sue caratteristiche, però, come l introduzione di rumore per evitare di rimanere intrappolati in minimi di energia locale, possono essere generalizzate per costruire un modello più realistico. È interessante notare in quale modo gli autori presentino le analogie tra il lavoro eseguito dal meccanismo computazionale progettato e quello svolto dal sistema visivo con riferimento al significato dei risultati generali cui sono giunti gli psicologi gestaltisti: for any real image there will be many pieces of evidence and many competing hypotheses, so it is essential to have a mechanism that can rapidly decide which mutually consistent subset of the hypothesesis best supported by the evidence. According to this view, the visual system is a parallel statistical inference engine, but to make this convincing it is necessary to specify, in detail, just how this engine works. The Gestalt psychologists identified many of the principles and constraints used by the interpretative process. Gestalts were viewed as organizations that emerged from multiple interactions (Attneave 1982), but the closest they came to a mechanism was a weak analogy with fields in physics. They were unable to produce a convincing mechanism for applying the constraints and making the necessary trade-offs between conflicting constraints when interpreting an image 189. Ancora una volta va rilevato come, all interno del contesto delle scienze cognitive, il termine inferenza quando applicato ai processi percettivi non venga utilizzato solo in senso metaforico ma interpretato in senso letterale. La funzione del sistema visivo viene identificata con quella di inferire l ipotesi migliore, a partire dall informazione contenuta nell immagine retinica, attraverso l introduzione di opportune restrizioni sull insieme di ipotesi plausibili e la scelta tra le restrizioni eventualmente in contrasto. Il paragone tra un motore di inferenza statistica e il sistema visivo non viene considerato una semplice analogia euristica. Il sistema visivo viene identificato con un motore di inferenza statistica svolta in parallelo. Dal piano gnoseologico della strategia euristica di individuazione di un modello analogico si passa al piano ontologico dell identificazione reale (non è stato forse Kuhn a suggerire che i modelli preferiti forniscono agli scienziati delle vere e proprie ontologie? 190 ). Si tratta certo di una identificazione ontologica interna alla circolarità virtuosa di un epistemologia naturalizzata e non di un identificazione 188 Gli autori chiariscono infatti come non intendano analizzare real images or to model in detail processing in the early stages of the visual system; rather, we will start with information about an image that would be available in visual cortex given what we know about the response properties of cortical neurons. It should be borne in mind that the computation of figure-ground separation is a relatively advanced one. Also, we do not intend to model real neurons, but to study simple processing units that have some of the characteristics of neurons. The goal is to understand how a network of these simple processors can be designed to solve a particular problem in visual perception (Kienker Paul K. & Sejnowski Terrence J. & Hinton Geoffrey E. & Schumacher Lee E., 1986, p. 199). Essi sottolineano l inadeguatezza del loro modello di simulazione soprattutto per quanto riguarda il livello descrittivo neurofisiologico: our network model of figure -ground separation is much too simplified to serve as a model for how this computation is performed in the nervous system. A more realistic network model would need to take into account a greater range of orientations and multiple levels of resolution (Kienker Paul K. & Sejnowski Terrence J. & Hinton Geoffrey E. & Schumacher Lee E., 1986, p. 214). 189 Kienker Paul K. & Sejnowski Terrence J. & Hinton Geoffrey E. & Schumacher Lee E., 1986, p Kuhn T., 1983, p

58 interna ad un ontologia fondante. Il ruolo fondante dell ontologia relativa, sottesa dall epistemologia naturalizzata, dovrebbe essere assunto dal processo di selezione naturale come ha giustamente rilevato R. Giere 191, basta che non si identifichi la spiegazione a-teleologica dell origine delle funzionalità emergenti con l individuazione di ragioni della natura, in quanto si tratterebbe di una μετάβασιѕ είѕ άλλο γένοѕ. Mentre la portata ontologica dell analogia tra processo percettivo e processi dinamici di auto-organizzazione era resa esplicita nei maggiori teorici della Gestaltpsychologie in virtù dell opzione per un parallelismo monistico di stampo spinoziano, l identificazione connessionista tra processo percettivo e processo inferenziale sulla base della stretta analogia ipotizzata tra i meccanismi computazionali responsabili 192, troverebbe implicitamente la propria ragion d essere nella similarità strutturale dell hardware cerebrale coinvolto, similarità, a sua volta, funzionalmente fondata e giustificata in quanto naturalmente selezionata. Quali sono le ragioni che hanno condotto a tale scelta identificativa? Principalmente c è una motivazione euristica: il carattere di regole ceteris paribus dei principi gestaltisti di raggruppamento lascia insoddisfatti Sejnowski e Kienker non meno di Palmer 193, in quanto non mette in condizione di individuare o progettare meccanismi di applicazione dei vincoli interpretativi. Tale motivazione trova però la sua ragion d essere nel considerare il processo percettivo come un processo interpretativo a partire dall immagine retinica e la propria modalità di soluzione nell individuazione di un meccanismo computazionale per regolare il commercio tra il peso dei vincoli contenuti nella stessa architettura funzionale del sistema 194. Questa considerazione risulta comunque un ipotesi euristica e si basa su assunzioni che i gestaltisti sicuramente non avrebbero condiviso: considerare i processi percettivi come processi di inferenza di ipotesi interpretative di tipo statistico a partire dalla sottodeterminazione informazionale del mosaico della stimolazione retinica. Infatti, anche se il meccanismo computazionale in parallelo dell inferenza statistica risulta lontano dall inferenza logica di tipo seriale, basata su regole esplicite, tanto da assomigliare piuttosto al meccanismo gibsoniano della resonance 195, gli autori continuano a parlare in senso letterale di inferenza percettiva inconscia, proprio quando 191 Giere Ronald N., 1996 p Meccanismi questi mentali e non cerebrali, come hanno opportunamente sottolineato A. Clark e P. Smolenski rispettivamente in Clark A., 1994 e e Smolenski P., 1992: il livello fondamentale del paradigma sub-simbolico, cioè il livello subconcettuale, si trova tra il livello neurale e quello concettuale. Questa affermazione non va assolutamente vista al livello semantico ma, piuttosto, va intesa al livello sintattico riguardante la correlazione tra l architettura di elaborazione adottata dalle reti nel paradigma sub-simbolico e l architettura di elaborazione del cervello. 193 Il carattere puramente condizionale dei fattori di organizzazione wertheimeriani è pacificamente riconosciuto anche dagli autori appartenenti alla tradizione gestaltista. Bozzi sottolinea che quelle di Wertheimer non sono leggi. Si tratta di un elenco di fattori, o di condizioni ricorrendo le quali - nell'esperienza immediata del mondo esterno di necessità avvengono certe segmentazioni tra gli oggetti: gli ingredienti elementari discernibili nell'ambito dell'osservazione da una parte si riuniscono, si aggregano tra loro in modi definiti, diventando parti costitutive di oggetti unitari, e dall'altra si segregano, proprio in quanto elementi di quelle unità separate (Bozzi P., 1982, p. 101). 194 Gli apriori trascendentali di tipo kantiano vengono cognitivamente naturalizzati ed intesi come architetture hardwired naturalmente selezionati. La ragione ultima del loro funzionamento diviene la stessa natura. 195 the mechanism we propose for parallel statistical inference is actually far more similar to a resonance mechanism than to the kind of serial logical inference that Gibson found so distasteful (personal communication, Gibson 1979). (Kienker Paul K. & Sejnowski Terrence J. & Hinton Geoffrey E. & Schumacher Lee E., 1986, p. 198) 58

59 identificano il compito principale della loro ricerca con la progettazione di meccanismi computazionali in grado di svolgere il compito percettivo-inferenziale: the aim of this paper is to suggest a new mechanism for unconscious perceptual inference and, by applying it to a visual task that requires the coordination of top-down and bottom-up influences, to demonstrate that the mechanism is effective 196. Kienker, Sejnowski, Hinton e Schumacher hanno certo precisato i limiti del modello proposto con riferimento alle finalità proprie della simulazione. Infatti, progettare un meccanismo computazionale adeguato e performante consente unicamente di fornire un modello ben delineato e coerente di simulazione della fase dell articolazione figura-sfondo del processo visivo anche se, per altri versi, non realistico. La consistenza interna di un modello o di una teoria risulta comunque essere un requisito epistemologico irrinunciabile, non meno della corroborazione fornita dai dati sperimentali per eliminare teorie non corrette 197. Il significato di questo requisito emerge però solo all interno del programma di ricerca cognitivista dove l identificazione dell organizzazione percettiva con un processo di inferenza della migliore ipotesi interpretativa non costituisce una semplice assunzione euristica ingenua ma uno dei principi guida fondamentali. Anche in questo caso quindi una grande distanza teorica separa la prospettiva cognitivista, ivi compresa quella del programma di ricerca P.D.P. 198, da quella gestaltista. Tale distanza è del resto emersa dalla nostra analisi delle argomentazioni di G. Kanizsa e di P. Bozzi ed è stata rilevata anche da W. Epstein 199 e verrà ulteriormente chiarita dall analisi delle considerazioni relative alla modularità dell early vision svolte da Pylyshyn. 196 Kienker Paul K. & Sejnowski Terrence J. & Hinton Geoffrey E. & Schumacher Lee E., 1986, p Kienker Paul K. & Sejnowski Terrence J. & Hinton Geoffrey E. & Schumacher Lee E., 1986, p Infatti, nonostante quanto afferma D. Parisi (Parisi D., 1988) credo che rimangano differenze teoriche profonde tra l approccio computazionale sub-simbolico proprio dei sostenitori dell approccio P.D.P. e l impostazione generale della Gestaltpsychologie. 199 Epstein W.,

60 3. Wittgenstein e la critica della tesi dell autonomia della visione gestaltista: a) critica generale e critica del parallelismo psico-fisico; b) colore e forma vs aspetto: il rifiuto dell olismo gestaltista; c) il rifiuto di elementi costitutivi non concettuali della percezione e il rifiuto di una gerarchizzazione di elementi costitutivi concettuali da parte di Wittgenstein come presupposto della tesi dell incommensurabilità. Nelle Osservazioni sulla filosofia della psicologia, riprese in gran parte nel paragrafo XI della seconda parte delle Ricerche filosofiche, Wittgenstein si occupa in maniera approfondita del fenomeno dell avvicendamento di aspetto in polemica antigestaltista. Su questo punto, svolgendo un analisi concettuale degli usi linguistici del verbo vedere connessi ai cambiamenti di aspetto in una figura ambigua, egli conduce una critica radicale della psicologia e in particolare della psicologia della Gestalt. Nega infatti che la psicologia possa risolvere i problemi concettuali e critica radicalmente sia l individuazione di problemi esclusivamente psicologici sia la loro riduzione a problemi fisiologici. In questo contesto la critica della psicologia della Gestalt si caratterizza come critica di un approccio sperimentale basato sull ipotesi di un parallelismo psicofisico, come critica della tesi olistica della percezione propria dei gestaltisti e, infine, come critica della tesi dell autonomia della visione intesa come individuazione di principi costitutivi puramente organizzativi di aspetti ottici. Tale critica, unitamente al rifiuto di riconoscere una gerarchizzazione di elementi concettuali costitutivi della percezione e alla concezione olistica della costituzione del significato dei termini all interno dei giochi linguistici, costituisce il presupposto teorico della tesi epistemologica dell incommensurabilità tra teorie scientifiche. Il recupero di un impostazione monistica che vede i nostri sistemi percettivi quale risultato dell evoluzione e su questa base riconosca la tesi dell autonomia della visione, permettendo di riconoscere una categorizzazione proto-oggettuale di tipo non concettuale ed una gerarchizzazione di elementi costitutivi dell esperienza di tipo concettuale, pur tenendo presenti i giusti commenti di Wittgenstein sul carattere storico della causazione psicologica, permette un radicale ripensamento e il superamento della tesi incommensurabilista all interno di un programma di ricerca epistemologico autenticamente naturalizzato. a) critica generale e critica del parallelismo psico-fisico Nelle Bemerkungen über der Philosophie der Psychologie, riprese in gran parte nel paragrafo XI della seconda parte delle Ricerche filosofiche, attraverso l analisi concettuale del fenomeno dell avvicendamento d aspetto (Phänomen des Wechsels des Aspekts) 1, Wittgenstein svolge una serrata critica della Gestaltpsychologie mettendo in discussione la plausibilità e l utilità filosofiche della tesi dell autonomia della visione e del parallelismo psico-fisico su cui essa, per i gestaltisti, si basa. Pur avvertendo che in alcuni casi la riorganizzazione della figura sembra assumere un carattere puramente ottico, li ritiene comunque irrilevanti per far luce sull enigma connesso ai 1 Solo con il fenomeno del mutamento di aspetto (Phänomen des Wechsels des Aspekts) sembra che l aspetto si separi dal resto della visione (Sehen). È come se, dopo l esperienza del mutamento di aspetto si potesse dire: «Allora quello che c era qui era un aspetto!» (Wittgenstein L., 1990, p. 135). Il filosofo austriaco contrappone l importanza filosofica dell analisi dell avvicendamento dell aspetto rispetto a quella eventuale della persistenza dell aspetto nelle osservazioni (Wittgenstein L., 1990, p. 159). 60

61 differenti usi del verbo vedere 2 e ritiene più opportuno esaminare quei casi di avvicendamento in cui più di un interpretazione (Deutung) si può imporre, casi cioè in cui c è un senso (einem Sinne) in cui un immagine visiva (Gesichtsbild) resta identica mentre qualcos altro che si vorrebbe chiamare concezione (Auffassung), può modificarsi 3. Nel considerare gli oggetti che ci circondano non siamo abitualmente consapevoli che vi sia qualcosa come una concezione visiva (visuelle Auffassung) 4 ; né bisogna pensare che si modifichi un questo ( das ) inteso eventualmente come disegno (Zeichnung) o come immagine ottica (Gesichtsbild); piuttosto il fenomeno dell avvicendamento d aspetto che interessa Wittgenstein è quello un cui viene in mente una nuova interpretazione (Deutung) che si incarna (verkörpert) anche, immediatamente in ciò che vedo 5. Il fenomeno dell avvicendamento d aspetto risulta fondamentale per mettere filosoficamente in luce il carattere enigmatico della visione: il vedere la figura come ha qualcosa di occulto, qualcosa di inafferrabile. Si vorrebbe dire «Qualcosa si è modificato e tuttavia niente si è modificato.» - Ma non cercare di spiegarlo! Considera piuttosto come sia altrettanto enigmatico (Okkult) il resto del vedere (das übrige Sehen) 6. Secondo Wittgenstein l errore fondamentale dei gestaltisti, così come l errore fondamentale di ogni ricerca psicologica, consiste nel concentrarsi sull eventuale vissuto (erlebnis) che accompagna determinati fenomeni visivi 7, piuttosto che sull espressione linguistica che costituisce la reazione a questo vissuto, ipotizzando l esistenza e l importanza esplicativa di un fantomatico contenuto (inhalt) del vissuto stesso, inteso come stato mentale 8. Questo però 2 Nelle Osservazioni 970 e 1017 (Wittgenstein L., 1990, p. 272 e p. 282), con riferimento esplicito a Köhler W., 1961, il filosofo viennese non sembra negare l esistenza di aspetti puramente ottici ( rein optisch ) nella visione, quali i fattori di raggruppamento, tali da far risaltare una figura sullo sfondo, come nella percezione della doppia croce, una figura reversibile in cui è possibile vedere sia una croce nera su sfondo bianco sia una croce bianca su sfondo nero. Egli nega però la rilevanza filosofica dello studio psicologico di tali aspetti e fattori, in quanto trascurano un punto fondamentale: il poter guardare in un modo o nell altro l immagine sembra in qualche modo soggetto al volere al contrario della visione di forme e colori (Osservazione 971 Wittgenstein L., 1990, pp ). 3 Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p. 17. Il filosofo austriaco, del resto considera concettualmente l aspetto come "qualcosa che si illumina ma non persiste e sottolinea che quando qualcuno afferma di vedere ininterrottamente per un dato lasso di tempo una figura in un dato modo allora bisogna supporre che abbia continuato a pensare a questa interpretazione (diese Interpretation), a occuparsene (Wittgenstein L., 1990, p. 283). 5 Wittgenstein L., 1990, pp Wittgenstein L., 1990, p il concetto di vissuto, simile a quello di accadere, di processo, di stato, di qualcosa, di fatto, di descrizione e di resoconto. Noi pensiamo di essere arrivati a toccare qui il solido fondamento ultimo, di essere scesi più in profondità rispetto a tutti i particolari metodi e giochi linguistici. Ma queste parole assolutamente generali possiedono anche un significato assolutamente vago. Esse si riferiscono in realtà a un gran numero di casi speciali, che però non le rende più solide, bensì più fluide (Wittgenstein L., 1990, p. 194). 8 Il contenuto dei vissuti (der Inhalt der Erlebnisse). Si vorrebbe dire: «È così che vedo il rosso», «È così che sento la nota che stai suonando», «È così che io provo piacere», «È così che sento la tristezza», o anche, «È questo che si 61

62 costituirebbe un oggetto privato, che potrebbe essere colto solo con gli occhi o le orecchie della mente 9, di cui bisogna concettualmente liberarsi 10 e di cui è assurdo cercare un correlato fisiologico vuoi al livello retinico vuoi al livello cerebrale. La stessa impressione visiva (Gesichtseindruck), la sensazione (Empfindung), il vissuto (Erlebnis) cui, secondo Wittgenstein, fanno riferimento gli psicologi della Gestalt, in primis Köhler citato più volte, non costituiscono per Wittgenstein degli oggetti perché non possono essere contemplati in quanto il contemplarli, psicologicamente ed introspettivamente inteso, li modificherebbe 11. Infatti i giochi linguistici che riguardano oggetti fisici e impressioni sensoriali (physikalische Gegenstände und Sinneseindrücke) sono diversi e le loro relazioni reciproche sono complicate. Se si vuole fornire una descrizione semplificata di tali relazioni, come cerca di fare la psicologia, allora si cade in un errore 12. Lo stesso tipo di errore, per Wittgenstein, si commette se si collegano inopportunamente caratteristiche proprie delle impressioni visive, come il colore e la forma, all aspetto che permette di vedere qualcosa in un determinato modo. Solo quest ultimo, essendo indissolubilmente collegato ad un mondo di pensieri 13, può essere scambiato. Nelle osservazioni di Bemerkungen I, Wittgenstein sottolinea infatti che c è differenza tra l aspetto separabile dalla visione, come la vernice da una superficie, e la forma, il colore e la tridimensionalità che non sono invece separabili 14, anche se ricorda che non sarebbe assolutamente corretto dire che vedo spesso, o di solito, colori e forme, senza che siano dotati di un particolare aspetto 15. Nell osservazione 379 afferma infatti che il vedere come costituisce un fenomeno visivo sente, quando si è tristi; questo quando ci si rallegra», ecc. Si vorrebbe popolare di così e questo un mondo analogo a quello fisico. Ma questo ha senso soltanto dove c è un immagine di ciò che è stato vissuto, cui si possa far riferimento nel corso di queste asserzioni (Wittgenstein L., 1990, p. 254). 9 Da dove viene il concetto di contenuto di un vissuto (Begriff der Inhalts' eines Erlebnisses)? Bene il contenuto del vissuto è l oggetto privato (das private Objekt), il dato di senso (das Sinnesdatum), l oggetto ( Gegenstand ) che afferro immediatamente con l occhio o l orecchio, ecc., della mente. L immagine interna (das innere Bild). Ma dove c è bisogno di questo concetto? (Wittgenstein L., 1990, p. 29); di nuovo nell osservazione 694, Wittgenstein rimarca che il contenuto di un vissuto è l oggetto privato (Wittgenstein L., 1990, p. 206). 10 liberati sempre dell oggetto privato, facendo questa supposizione: si modifica continuamente; tu però non lo noti, perché la tua memoria continua ad ingannarti (Wittgenstein L., 1990, p. 275). Vedi anche Wittgenstein L., 1967, p Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, pp e Wittgenstein L., 1967 p Il filosofo sottolinea inoltre che «la descrizione del vissuto non descrive un oggetto può servirsi della descrizione di un oggetto» e che «impariamo a descrivere oggetti, e per questa via, in un altro senso, le nostre sensazioni» ((Wittgenstein L., 1990, p. 302). 13 Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, pp Wittgenstein L., 1990, p

63 genuino 16 quantunque meno tangibile (handgreiflich) rispetto a quelli della forma e del colore (Form und Farbe). Subito dopo avverte però di non inserire il fenomeno collegato all espressione meno tangibile nel cassetto sbagliato, collegandolo a quello della maggior o minor morbidezza tattile di due materiali. Il primo tipo di fenomeno è solo metaforicamente immaginato e l eventuale consenso che possiamo dare alla giustezza dell espressione meno tangibile, riferita al fenomeno visivo del vedere l aspetto piuttosto che a quello del vedere una forma o un colore, non riposa su un consenso di giudizi, non riposa sul fatto che tutti noi condividiamo questa sensazione (se consideriamo il vissuto) 17. L inafferrabilità del fenomeno dello scambio d aspetto costituisce l effetto inquietante di una classificazione sbagliata 18. Wittgenstein in parte sembra riconoscere valida la distinzione di un tipo di aspetto puramente ottico che può mutare, operata dai gestaltisti, in virtù degli effetti funzionali che tale mutamento comporta 19, e ritiene anche che sia giusto parlare di fenomeni visivi in cui davvero l immagine visiva (Gesichtsbild), cioè la sua organizzazione, cambia, benché forme e colori restino gli stessi 20. Il parlare del mutamento di aspetto in termini di mutamento di organizzazione è però inteso solo come espressione di un vissuto cui ci si può comunemente riferire e non sarebbe corretto affermare che il fenomeno di cui entrambi stiamo parlando è realmente un mutamento dell organizzazione 21. Vi è infatti differenza tra i giochi linguistici che riguardano il cambiamento di organizzazione dell immagine visiva e quelli che riguardano il cambiamento dell organizzazione sociale, dove posso descrivere com è quando cambia 22. Critica la psicologia della Gestalt proprio perché intende fornire una spiegazione fisiologica di com è quando cambia l organizzazione percettiva e prevedere tutte le possibili forme di avvicendamento, mentre nell alternarsi degli aspetti questo non è possibile perché si è consapevoli della presenza di un determinato aspetto solo nel momento in cui ne subentra un altro e non vi è un sistema unico e chiuso di essi 23. Il 16 Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p Vorrei dire: ci sono aspetti che sono determinati principalmente da pensieri e associazioni, e altri che sono puramente ottici e che appaiono e mutano automaticamente, quasi come immagini postume fra gli aspetti non bisogna distinguere quelli puramente ottici dagli altri? Che siano molto diversi gli uni dagli altri è chiaro: nella loro descrizione, ad esempio a volte compare la descrizione della profondità, a volte no; a volte l aspetto è determinato da un raggruppamento (Wittgenstein L., 1990, p. 272 e p. 282). 20 Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p Può la psicologia della Gestalt classificare le diverse organizzazioni (Organisationen) che possono introdursi in un immagine visiva non organizzata (unorganisierte Gesichtsbild)? Può indicare una volta per tutte i tipi possibili di modificazioni che la capacità di strutturazione del nostro sistema nervoso (Gestaltungsfähigkeit unseres Nervensystem) può provocare? Se vedo il punto come un occhio che guarda in questa direzione, - in quale sistema di modificazioni rientra questo aspetto? (sistema di forme e colori) (System von Formen und Farben) (Wittgenstein L., 1990, p. 311). 63

64 filosofo ritiene quindi che, nei casi di avvicendamento d aspetto filosoficamente più interessanti, l organizzarsi dei tratti in un gruppo non sia di tipo soltanto visivo e che determinate figure, tra cui alcune di quelle utilizzate dallo stesso Köhler, possano essere viste non soltanto in due, ma in molti modi diversi 24 e che in molti casi è contrariamente all opinione di Köhler - proprio un significato (Bedeutung) quello che io vedo 25. Wittgenstein mette in discussione l intera impostazione della ricerca gestaltista sui processi visivi, dove le Gestalten fenomenicamente percepite risultano l effetto di processi dinamici di auto-organizzazione al livello fisiologico, in base al principio dell isomorfismo funzionale. Il filosofo austriaco dubita che il fenomeno del cogliere un aspetto trovi delucidazione in una dottrina psicologica basata su principi puramente organizzativi e ritiene improprio e irrilevante ipotizzare che organizzazione e raggruppamento, intesi al livello fisiologico, possano illustrare l enigma della visione in quei contesti in cui appare indissolubilmente legata a fenomeni di pensiero. Possiamo quasi individuare il ricorso a un climax nella critica che Wittgenstein muove al tipo di spiegazioni psicologiche dei processi visivi basate sull isomorfismo funzionale con strutture neurofisiologiche sottostanti. Prima Wittgenstein sostiene che una spiegazione fisiologica del comportamento connesso al vedere una cosa (A) come variazione dell altra (B) basata sull ipotesi fattuale che, quando si vede A come B, sulla retina abbiano luogo certi processi che si manifestano solo nel caso della visione di B, risulta superflua in quanto possiamo prendere per buono il comportamento né più meno di quanto (si) faccia con un processo sulla retina, o nel cervello 26. La spiegazione fisiologica sembra inizialmente un aiuto ma costituisce in realtà un mero catalizzatore di pensieri 27 che il filosofo introduce solo per liberarsene immediatamente. Successivamente, con riferimento diretto alla spiegazione dell articolazione figura-sfondo fornita da Köhler, Wittgenstein afferma che una spiegazione basata sull ipotesi dell esistenza di correnti sulla retina (o cose del genere) sembrerebbe d aiuto nel raggiungere la convinzione che cosa e sfondo sono concetti visivi, come rosso e rotondo 28, in quanto favorisce la tendenza a parlare della visione di due differenti strutture (Gebilde). Tale tendenza ha però fondamento esclusivo nell usare l espressione dell aspetto, che è l espressione di una concezione (Auffassung) 29, come descrizione di uno stato 30. Wittgenstein considera tale fraintendimento d uso pericoloso e ritiene necessario fornirsi di un antidoto contro di esso e contro la tendenza a pensare in termini di processi fisiologici per il 24 Wittgenstein L., 1990, p. 282 e p Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein parla addirittura di espressione del possesso di una tecnica (Wittgenstein L., 1990, p. 285). 30 Wittgenstein L., 1990, p

65 chiarimento di problemi concettuali in psicologia (che) produce talvolta il miraggio di false difficoltà e talvolta quello di false soluzioni 31. Tale antidoto consiste nel pensiero che io non so affatto se le persone che conosco abbiano davvero un sistema nervoso 32. Fornirsi di un tale antidoto, per Wittgenstein, ci mette in grado di evitare fraintendimenti concettuali che ci spingono a cercare spiegazioni per stati inesistenti, spiegazioni in un certo senso- irrilevanti, proprio per quegli aspetti del vedere e per i loro avvicendamenti che il filosofo considera fondamentali per risolvere l enigma della visione. Per Wittgenstein la cosa diviene ancora più grave in quanto sembra presupporre una forma deterministica di parallelismo psicofisico, mentre le Auffassungen, al contrario delle semplici organizzazioni, non costituiscono un sistema chiuso i cui mutamenti possano essere spiegati in base a leggi descrittive. Inoltre, accomunare - come fanno i gestaltisti - gli aspetti puramente ottici di un immagine, cioè quelli che sembrano dipendere solo da fattori di organizzazione, alle forme e ai colori è fondamentalmente sbagliato. Viene infatti trascurato un punto essenziale e cioè che poter vedere i diversi aspetti di un immagine, intesi come Auffassungen, è soggetto alla volontà 33. Invero l aspetto non ci insegna niente sul mondo esterno. Si possono insegnare le parole «rosso» e «azzurro» dicendo: «Questo è rosso e non azzurro»; ma non si può insegnare a qualcuno il significato di «figura» e «sfondo» indicando una figura ambigua 34. Proprio dalla constatazione di quanto sia grave un tale travisamento, Wittgenstein conduce una radicale critica a ogni tipo di spiegazione causale in psicologia basata sul parallelismo psico-fisico. La critica dell approccio gestaltista si situa così all interno di una più generale critica verso qualsiasi tipo di parallelismo psico-fisico che cerchi significativamente di coordinare una catena causale di un processo psicologico ad una sottostante catena causale di un processo neurofisiologico. La critica del parallelismo psico-fisico prende avvio dalla constatazione che la dipendenza dalla volontà del cogliere un aspetto in una figura non implica che la volontà governi le rappresentazioni nello stesso modo in cui dei comandi possono governare gli uomini. Come se la volontà fosse un influsso, (ein Einfluß) una forza (eine Kraft ) o anche: un azione primaria (eine primäre Handlung), che è anche la causa (Ursache) delle azioni esterne percepibili 35 ; sarebbe forse più giusto dire che quel che rende volontaria una determinata azione è l ambiente psicologico in cui si trova cioè l insieme dei fenomeni psichici in cui è immersa Wittgenstein L., 1990, pp Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, pp, e Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p

66 Il filosofo austriaco afferma quindi che nessuna supposizione gli sembra più naturale di quella che al fare associazioni 37, o al pensiero, non sia coordinato alcun processo nel cervello; così che sarebbe impossibile leggere nei processi del cervello dei processi di pensiero 38. Wittgenstein vuole negare la possibilità di un isomorfismo strutturale che permetta la coordinazione tra forme fisiologiche e forme psicologiche (percepite, memorizzate, immaginate e quindi esprimibili e espresse) e, conseguentemente renderebbe, in linea di principio, possibile la lettura della mente attraverso la lettura cerebrale senza passare per il tramite del linguaggio. Resta da vedere se la sua critica risulta valida per ogni tipo di isomorfismo o la sua validità sia appunto limitata ad un isomorfismo di tipo strutturale. Solo nel primo caso l argomentazione critica coglierebbe il bersaglio della Gestaltpsychologie. Wittgenstein infatti ritiene che l isomorfismo tra Gestalten fisiologiche e Gestalten psichiche di Köhler debba essere interpretato in senso strutturale mentre, come ha evidenziato F. Toccafondi, l isomorfismo dei gestaltisti va inteso piuttosto in senso funzionale. Wittgenstein non nega che se parlo, o scrivo, dal mio cervello parte, suppongo un sistema di impulsi coordinato al mio pensiero espresso a voce o per iscritto 39, nega però che un tale sistema dovrebbe prolungarsi in direzione centrale, verso una qualche forma fisiologica strutturalmente isomorfa al contenuto di pensiero, piuttosto che originarsi dal caos. I sistemi di impulsi sarebbero coordinati a quanto espresso o scritto nello stesso modo in cui si riproducono certe piante sì mediante semi così che un seme produce sempre la stessa specie di pianta dalla quale è stato prodotto ma in modo tale che niente (nichts) nel seme corrisponda alla pianta che ne nasce; e perciò sia impossibile inferire dalla proprietà o dalla struttura del seme quelle della pianta che ne nasce, - che lo si possa fare solo in base alla sua storia (Geschichte). Così un organismo potrebbe anche nascere da qualcosa di completamente amorfo, per così dire senza causa; e non c è ragione per cui non debba succedere davvero così al nostro pensiero, e quindi al nostro parlare e scrivere In questo fare associazioni, dato il contesto argomentativo in cui è situata l occorrenza di questi termini, cioè la critica della spiegazione gestaltista del mutamento d aspetto, vi è probabilmente un rimando al contenuto dell osservazione 868: è proprio come se vedessimo l immagine: una volta insieme con un gruppo di immagini, un altra volta con un altro. Che cosa vuol dire in questo caso: «È come se vedessimo»? Vuol dire qualcosa come: questo processo potrebbe stare per quello effettivo, se avesse la giusta molteplicità (Wittgenstein L., 1990, p. 246). In questo modo le osservazioni del filosofo sulla possibilità che una data organizzazione o raggruppamento dell immagine visiva favoriscano una determinata interpretazione ricevono il loro significato proprio, sostituendo una parziale e apparente accettazione della dottrina köhleriana degli aspetti puramente ottici con una critica reale e radicale. 38 Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p

67 Contro l approccio gestaltista, Wittgenstein afferma quindi che, in linea di principio, determinati fenomeni psicologici non sarebbero indagabili fisiologicamente, perché niente di fisiologico corrisponde loro 41. Egli rifiuta ogni concezione semplicistica dei rapporti tra processi e stati di pensiero e processi e stati cerebrali basata sull antica idea dell impronta platonica nella cera e ritiene che i modelli fisiologici per la spiegazione di processi quali il ricordare siano assolutamente inadeguati perché basati su una concezione primitiva della causalità: ho visto quest uomo anni fa; ora lo vedo di nuovo, lo riconosco, mi ricordo il suo nome. E perché nel mio sistema nervoso deve esserci una causa di questo ricordare? Perché una cosa, quale che sia, deve essere stata immagazzinata là in una qualunque forma (in irgendeiner Form)? Perché deve necessariamente aver lasciato una traccia (eine Spur)? Perché non dovrebbe esserci una regolarità psicologica a cui non ne corrisponda una fisiologica? Se questo sconvolge i nostri concetti della causalità, ebbene, allora era tempo che venissero sconvolti 42. La spiegazione funzionale del ricordo 43 viene a situarsi all interno di una serie di prassi condivise con gli altri esseri umani e risulta riduttivo adottare una spiegazione fisiologica semplicistica della memoria, intesa come mera archiviazione di dati che vengono puntualmente richiamati ogni volta che ricordiamo qualcosa. La nostra memoria per Wittgenstein non funziona come un archivio né cartaceo né elettronico. E come va superata questa concezione semplicistica di una struttura neurofisiologica sottostante, responsabile dei contenuti della nostra attività mnemonica, per Wittgenstein va superata qualsiasi concezione primitiva della grammatica d uso dei termini mentali che comporti il ricorso ad una sostanza psichica per spiegare la non corrispondenza tra la causalità psichica e una causalità al livello neurofisiologico: il pregiudizio in favore del parallelismo psico-fisico è anche un frutto della concezione primitiva della grammatica. Perché se si ammette una causalità tra fenomeni psicologici che non è mediata fisiologicamente, si pensa subito che questo equivalga ad ammettere l esistenza di un anima (Seele) accanto al corpo (Körper), di una fantasmatica realtà psichica 44. Come abbiamo detto l originale critica di Wittgenstein è rivolta verso un tipo di isomorfismo strutturale tra forme psichiche e forme fisiche al livello neurofisiologico e non è detto che, se tale isomorfismo dovesse rivelarsi invece di tipo funzionale, essa continui a rivelarsi adeguata. I suoi contenuti potrebbero addirittura risultare parzialmente compatibili con l approccio sub-simbolico nella simulazione dei processi mentali, vuoi percettivi vuoi cognitivi, proprio dei modelli microcognitivi PDP. Questo approccio è, paradossalmente, quello che più tiene conto della struttura cerebrale e del suo funzionamento nel costruire modelli della funzione mentale ed è quello che più è stato avvicinato ai modelli dinamici gestaltisti. Esso è comunque 41 Wittgenstein L., 1990, pp Wittgenstein L., 1990, p Che può anche essere attualmente visto come una continua ricategorizzazione. 44 Wittgenstein L., 1990, p

68 soggetto a interpretazioni che prevedono il ricorso a pratiche comunicative basate sulla trasmissione di pattern energetici connessi a strutture cerebrali senza l ausilio di un linguaggio parlato o scritto 45. Proprio verso queste interpretazioni filosofiche radicali, e verso la banalizzazione propria di certa divulgazione giornalistica delle ricerche svolte nel campo delle neuroscienze, la critica wittgensteiniana potrebbe rivelarsi ancora oggi oltremodo utile. Cerchiamo allora di mostrare la parziale compatibilità e gli eventuali i limiti della critica wittgensteiniana analizzandone più da vicino la parte centrale, costituita dall osservazione 903 di Bemerkungen I, e illustrando il significato dell esempio ivi fornito dal filosofo austriaco con l aiuto degli strumenti teorici fornitici dai modelli PDP. Wittgenstein ammette che una qualunque occorrenza espressa a voce o per iscritto di un tipo di pensiero A sia determinata da un qualche impulso nervoso, nega però che a tale impulso corrisponda un occorrenza di un tipo di evento nervoso centrale A, che sia causa dell impulso e quindi, per via di una somiglianza strutturale con il contenuto della espressione verbale o scritta, di un occorrenza psichica. L attività nervosa da cui ha origine il parlare o scrivere sensatamente non deve necessariamente prolungarsi verso il centro, ma può aver origine, per così dire, dal caos (nel senso cioè che non deve fare riferimento ad una qualsivoglia struttura archiviata nel sistema neuronale strutturalmente simile a quanto espresso fonicamente o per iscritto e che si attivi puntualmente all occorrenza del parlare o scrivere un particolare tipo di pensiero). Il filosofo ritiene giustamente inadeguata l dea di una somiglianza strutturale tra stati mentali con il loro contenuto, riguardino questi la percezione o la cognizione, e Gestalten fisiche. Egli, del resto, ha precisato che la descrizione del mutamento d aspetto attraverso l aiuto di paradigmi non implica la presenza costante di un paradigma (Paradigma) A mentre si continua a vedere una figura come A piuttosto che come B 46. L approccio funzionale dei modelli PDP afferma, a sua volta, che i prototipi non sono immagazzinati nella rete al livello di strutture simboliche né come pesi delle singole unità o distribuzioni di pesi ma, piuttosto, che emergono dalla distribuzione dei pesi dovuta all addestramento della rete e, funzionalmente, esplicano la loro attività durante la distribuzione degli output in differenti classi, rilevabile attraverso l analisi di cluster. Nella simulazione PDP di un processo cognitivo come il seeing as, vedere una figura come A piuttosto che come B ha quindi origine da una distribuzione dei pesi della rete neurale che permette, durante il suo funzionamento, l emergere del prototipo A piuttosto che di quello B, anche se non vi è alcun effettivo prototipo, simbolicamente inteso, che sia memorizzato o comunque archiviato nella rete stessa al livello delle componenti sub-simboliche. Se passiamo dalle reti neurali simulate a quelle che possono essere presenti nei nostri cervelli, possiamo cercare di illustrare quanto intende Wittgenstein con l esempio del seme e della pianta e comprendere quale enorme importanza assuma il suo riferimento alla storia (Geschichte). Quando, poniamo, due individui x ed 45 È questo il caso di Paul M. Churchland il quale, pur riconoscendo che il materialismo eliminativo è rigorosamente consistente con la tesi che l essenza di un sistema cognitivo risieda nell organizzazione funzionale astratta dei suoi stati interni (Churchland Paul M. 1992, p. 47), ipotizza, per il futuro, la possibilità di un sistema di comunicazione basato su un trasduttore funzionante per implantazione in qualche sito del cervello che le ricerche abbiano indicato come adatto, e che converta una sinfonia di attività neurale in (poniamo) microonde irradiate da un antenna sulla fronte, ma che anche esegua la funzione inversa, di conversione di microonde ricevute in attivazione neurale (Churchland Paul M. 1992, p. 54). 46 Wittgenstein L., 1990, p

69 y osservando una figura z emettono lo stesso tipo di enunciato, c è sicuramente una serie di impulsi nervosi che viene attivata nei due diversi cervelli a partire da processi energetici collegati alle distribuzioni funzionalmente analoghe di pesi nelle loro differenti reti neurali. Non v è somiglianza strutturale tra la rete di x e la rete di y, solo funzionale al livello delle loro distribuzioni di pesi, per cui allo stesso tipo di evento percepito, neurofisiologicamente collegabile ad uno stesso tipo di matrice di input 47, corrisponde uno stesso tipo di reazione, neurofisiologicamente collegabile ad uno stesso tipo di matrice di ouput a sua volta responsabile dell emissione di uno stesso tipo di enunciato o comunque della manifestazione autentica di uno stesso tipo di vissuto. Emissione o manifestazione svolgono il ruolo di label per la somiglianza funzionale tra le reti di x e y rilevabile attraverso l analisi di cluster. Si realizzano cioè due catene causali psichiche simili, dovute al livello funzionale della distribuzione dei pesi delle unità, senza identità o somiglianza strutturale tra i processi energetici occorrenti al livello cerebrale. La somiglianza funzionale può essere colta solo attraverso lo stesso tipo di reazione intesa come manifestazione di un vissuto. Il tipo di seme che genera sempre lo stesso tipo di pianta che lo ha generato, senza che gli uni e le altre siano simili, va identificato con lo stesso tipo di matrice di output responsabile dell impulso. Osservando semplicemente i semi (matrice di output) non si è assolutamente in grado di dire o prevedere quale genere di pianta origineranno. Questo dipende dalla distribuzione di pesi della rete stessa che, a sua volta, dipende dal suo addestramento, cioè dalla sua storia. È la similitudine delle storie della generazione di semi dallo stesso tipo di pianta e viceversa, cioè l insieme delle profonde analogie tra l addestramento delle due reti neurali attraverso processi educativi simili all interno di una prassi comune, che consente la somiglianza tra le catene causali psichiche. Questa produce infatti l attivazione di quelle unità della rete che, a partire da uno stesso tipo di input, generano lo stesso tipo di output (seme) collegato allo stesso tipo di pianta (emissione verbale o scritta di un pensiero). L impulso non presenta somiglianza con l emissione né tantomeno con il suo contenuto; né la presenta l attivazione dei pesi della rete, che genera tale output. Il contenuto è il significato (reference) del label ed esso può essere afferrato solo all interno delle pratiche di insegnamento e comunicazione in cui il label stesso viene a costituirsi come tale. La distribuzione di pesi delle unità di una rete neurale, dovuta all addestramento che seleziona particolari accoppiamenti input-output, si situa anch essa all interno di tali pratiche. Che uno stesso tipo di evento psichico (emissione significante) venga generato a partire da uno stesso tipo di input attraverso uno stesso tipo di output, dipende dalla storia di addestramento delle reti in cui gli accoppiamenti input-output vengono a collocarsi: l identità o similitudine funzionale delle reti non comporta identità o similitudine strutturale. Wittgenstein ritiene opportuno concentrarsi esclusivamente sulle espressioni dei vissuti 48 e individuare a tale livello una causalità psichica senza alcun riferimento al livello neurofisiologico. Contrariamente alle intenzioni del filosofo austriaco, il riferimento alla storia come chiave esplicativa del rapporto che lega impulso ed emissione enunciativa significante permette di individuare, funzionalmente, le strutture che determinano i processi centrali responsabili dell impulso. Le une e gli altri trovano il loro significato al livello dell addestramento (educazione) responsabile della distribuzione dei pesi delle unità della rete. Detta distribuzione, per la storia che 47 Stiamo ovviamente parlando in modo ultra semplificato. 48 A prescindere da quello che potremmo chiamare il dubbio stato ontologico dei vissuti stessi rilevato da Wittgenstein. 69

70 la ha prodotta, è qualcosa di funzionalmente diverso dall ipotizzato caos, anche se viene a costituire comunque un elemento funzionale di tipo mentale e non una semplice struttura a livello neurofisiologico 49. Tale elemento mentale è nella testa ma solo perché la testa stessa è collocata in un mondo naturale e sociale, e socialmente condiviso. Esso non assume quindi alcun carattere privato, in accordo con la critica del privato mentale di tipo cartesiano 50. La critica wittgensteiniana quindi non colpisce la prospettiva funzionale interna al programma di ricerca dell IA proprio dei programmi PDP 51 e risulta solo parzialmente corretta nei confronti dell impostazione della ricerca gestaltista, se lo stesso isomorfismo dei gestaltisti va inteso in senso funzionale. b) colore e forma vs aspetto: il rifiuto dell olismo gestaltista A prescindere dall adeguatezza della critica contro il parallelismo psico-fisico dell impostazione gestaltista, la tesi dell autonomia della visione assume comunque in Wittgenstein un carattere troppo ristretto in quanto il filosofo considera indipendente dai processi di pensiero la sola visione di forme e colori perché non soggetta ad alternanza e ritiene che l articolazione figura-sfondo costituisca un Wechsel des Aspekts e non un processo autonomo di organizzazione del campo visivo. Al tempo stesso non introduce alcuna gerarchia vuoi psicologica 49 S. Mills ravvisa su questo punto una complementarità ancora più stretta tra il resoconto descrittivo dell acquisizione della padronanza di un linguaggio, fornito da Wittgenstein nei termini dell uso pubblico del linguaggio stesso, e i modelli dei processi computazionali che sottoservono tale padronanza linguistica, ideati all interno del programma di ricerca PDP in termini di stati funzionali interni neurofisiologicamente implementabili : the idea that a spoken or written word (or the correlated impulses going out from the brain) could proceed, so to speak, out of chaos is one which it would be natural to ascribe to connectionism According to connectionism, the processing from which the spoken or written thought proceeds is of kind which only connectionism is capable of describing exactly and completely. However, while connectionism can thus in principle give a description of such processing, it is generally incapable of offering a tractable explanation of the spoken or written thought. Generally, tractable explanation must be left to alternative higher-level formalisms but one which can yield, at best, rough approximations or metaphors Thus, from the perspective of theories offering tractable accounts which is the implied perspective of psychophysical parallelism connectionism is perceived as representing cognitive activities as proceed*ing+, so to speak, out of chaos. Moreover, it should not be thought that all this entails is that, for connectionism, the accurate description of the brain process with which a given thought is correlated is a complex microlevel description. What the chaotic character of processing within a connectionist network entails is that it may well be the case that, in principle, there is no non-arbitrary way of isolating a functionally discrete process, within the pattern of activity distributed across the network, which one can say is the brain process correlated with a given thought. It is possible, of course, to employ a variety of analytical techniques to revealing different forms of order within the chaos but, arguably these do not provide a non-arbitrary means of individuating a process of the kind psychophysical parallelism requires. Connectionism, that is, can be plausibily read as entailing that is a prejudice to suppose thet there is any such process. Therefore, comparison of the Wittgensteinian and connectionist positions on the topic of psychophysical parallelism reveals further similarities between them (Mills S., 1993 pp ). 50 Kenny A., Vien qui ritenuta corretta l identificazione del programma di ricerca PDP con un approccio microfunzionalista fornita in modo diverso in Smolenski P., 199 e in Clark A.,

71 vuoi trascendentale dei livelli delle Auffassungen incarnate nelle differenti percezioni e questo, come vedremo, comporta conseguenze epistemologiche radicali e indesiderate. Per quanto riguarda il primo punto sembra quasi che il filosofo austriaco voglia disconoscere le ricerche del gestaltista Koffka, il quale, attraverso l analisi delle illusioni ottiche, aveva dimostrato che anche il colore, la dimensione e la forma di quanto viene percepito è soggetto a mutamento in conseguenza della configurazione olistica della stimolazione retinica. Così mentre la tesi dell autonomia nelle opere dei gestaltisti accomuna la percezione di forme e colori a quella della figura e dello sfondo, in quanto entrambe possono mutare a causa della configurazione della stimolazione prossimale secondo i principi organizzativi del campo visivo, Wittgenstein contrappone a più riprese la visione autonoma di forme e colori, che resterebbero costanti, alla percezione della figura e dello sfondo che dipendendo da fattori interpretativi potrebbero alternarsi, come avviene nel caso delle figure ambigue. Tra i motivi che possono avere spinto Wittgenstein a contrapporre la visione di colori e forme alla percezione della figura rispetto allo sfondo, vi potrebbe essere l avversità per una forma di olismo che sembra mettere in discussione il principio di composizionalità fregeano all interno dei processi percettivi intesi come processi di pensiero. La psicologia della Gestalt considera la percezione un processo fondamentalmente dinamico, di tipo non meccanico, e critica radicalmente l uso di modelli esplicativi atomistici e associazionistici; ipotizza l esistenza sia di aspetti puramente ottici sia di oggetti visivi quali componenti del mondo percepito di cui studia le leggi di organizzazione; nega che possa essere ipotizzata l esistenza di elementi stimolo primari e invariabili a partire dai quali possa essere spiegata la costruzione della complessità percettiva 52. Critica quindi la psicologia di derivazione associazionistica proprio per aver assunto l esistenza di elementi psico-fisici semplici e invarianti (sensazioni, impressioni e stimoli) per spiegare la percezione che da essi unilateralmente dipenderebbe (intesa come una mera composizione). Per tali motivi, in certi casi e sotto certi aspetti, nel mondo percettivo, secondo i gestaltisti, non vale il principio fregeano di composizionalità 53 che costituiva un punto teorico fondamentale del Tractatus di Wittgenstein e che, probabilmente, come altri principi guida della sua filosofia, non venne abbandonato neanche in seguito. 52 Intesi quali atomi puntiformi invariabili che entrano a costituire degli interi variabili che da essi unilateralmente dipendono. 53 Secondo il principio di composizionalità fregeano, il valore di verità di una proposizione dipende dal valore di verità delle proposizioni componenti e a sua volta il valore di verità delle proposizioni elementari dipende dal riferimento oggettuale e/o funzionale dei suoi elementi costitutivi. Wittgenstein fa proprio il principio di composizionalità nel Tractatus. Da una parte, attraverso le tavole di verità, le proposizioni complesse vengono ridotte alle proposizioni elementari, dall altra il valore di verità di queste ultime viene fatto dipendere dalla differente forma logica degli oggetti che si connettono tra loro come gli anelli di una catena. Il riferimento alla differente forma logica originaria (che si mostra ma non può essere descritta) degli elementi che si concatenano nella proposizione elementare, così come quello degli oggetti che si concatenano nei fatti atomici, permetterebbe a Wittgenstein di accogliere il principio di composizionalità superando le aporie contenute in Sinn und Bedeutung. Forma e colore sono, per Wittgenstein, componenti di quanto viene percepito che differiscono tra loro per la differente forma logica. 71

72 Dimensioni, forma, colore delle parti di un complesso percepito, la cui percezione secondo Wittgenstein resterebbe costante, mutano come l organizzazione figura-sfondo in quanto componenti dell intero percepito senza variazione di singoli settori della stimolazione prossimale. Lo studio delle illusioni ottiche illustra la comunanza di forme, colori e articolazione figura-sfondo a tale riguardo meglio dell analisi del fenomeno del cogliere un aspetto. Se osserviamo le tre figure seguenti vediamo che viene meno la cosiddetta Konstanz Annahme (assunzione di costanza 54 ) che aveva guidato gran parte del programma di ricerca di psicologia e fisiologia ottica in Germania nella seconda metà dell Ottocento, nonostante le osservazioni sulle qualità formali formulata da E. Mach prima e da C. von Ehrenfels 55 dopo : 54 Secondo l assunzione di costanza alla costanza dello stimolo retinico corrisponderebbe la costanza del dato percettivo. 55 Mach E., 1975; von Ehrenfels C.,

73 Né la dimensione, né il colore, né la forma, intesi quali caratteristiche della struttura della stimolazione retinica restano, per i gestaltisti, componenti invariabili ed invariate degli interi percepiti. Nella percezione la funzione che svolge un determinato elemento dipende dal suo posto all interno dell intero. Proprietà fondamentali di composizione aritmetica e geometrica, quali la proprietà commutativa e transitiva, in un contesto psichico, quale quello della percezione o del far di conto mentale 56, vengono meno. Eventuali elementi strutturanti di tipo interpretativo ed elementi strutturali di stimolazione sensoriale all interno dell intero percepito non possono comunque essere distinti una volta per tutte in base alla loro forma logica. Gli elementi della percezione non si concatenano fissamente tra loro, mantenendo invariata la loro forma, come gli anelli indeformabili di una catena quali gli oggetti logici wittgensteiniani. L ordine e la vicinanza (prossimità funzionale) degli elementi incide sulla forma e sulle loro caratteristiche. È forse proprio questo punto fondamentale della psicologia della Gestalt che Wittgenstein non può accettare e che lo spinge a distinguere gli elementi dati e l ipotesi interpretativa nella percezione Secondo quanto asserisce M. Wertheimer in Productive Thinking. 57 Nella sua riflessione successiva, Wittgenstein ha rigettato parecchi punti teorici sostenuti nel Tractatus, ma, forse, non la teoria raffigurativa del linguaggio, almeno secondo il parere degli Hintikka (Hintikka M.B e Hintikka J., 1990, p. 327): all interno della teoria dei giochi linguistici è sostenuto il carattere passivo del vedere i colori mentre si sottolinea quello attivo del vedere un aspetto. Il colore, come la forma e la dimensione, per Wittgenstein, sono elementi strutturabili non strutturanti della percezione. Occorrono in essa non la determinano come condizioni funzionali. Non posso vedere il colore che voglio e non ho la stessa libertà di vedere un colore come di cogliere un aspetto. Al tempo del Tractatus distingueva gli oggetti intesi come sostanza del mondo attraverso la loro forma logica: funzione strutturante ed elementi strutturabili che permettevano il concatenarsi logico in fatti e proposizioni. Quando scrive le Ricerche, all interno dei giochi linguistici primari del vedere, l uso dei termini di colore e forma è caratterizzato da una passività che manca nell uso del termine relativi all aspetto all interno dei giochi linguistici secondari del vedere come. 73

74 c) il rifiuto di elementi costitutivi non concettuali e di una gerarchizzazione di elementi costitutivi concettuali, quale presupposto della tesi dell incommensurabilità Per quanto riguarda il secondo punto, il principale problema della critica wittgensteiniana è costituito sia dal rifiuto di ammettere elementi pre-concettuali di organizzazione del campo visivo sia dal disconoscimento di una gerarchia di livelli concettuali di costituzione del mondo d esperienza, anche trascendentalmente intesi. In questo modo infatti, se è corretta l interpretazione idealistica che della filosofia delle Ricerche fornisce B. Williams 58, l esito epistemologico della filosofia wittgensteiniana potrebbe essere costituito dalla dottrina incommensurabilista, come ritiene P. K. Feyerabend. Il rifiuto di ammettere elementi preconcettuali di organizzazione del campo visivo emerge chiaramente nell osservazione 1046 di Bemerkungen I 59, dove il filosofo austriaco vaglia la plausibilità di un riconoscimento precategoriale di un fregio, in quanto percepito con caratteristiche figurali proprie di un oggettualità generica, attraverso la costruzione del giuoco linguistico relativo a tale fenomeno. L uso dell espressione questo (la figura) risalta viene espressamente indicato quale manifestazione autentica di un vissuto eventualmente connesso alla reazione primitiva pre-linguistica di indicare qualcosa con il dito. Wittgenstein nega comunque che, dal punto di vista della manifestazione autentica del vissuto, tale gioco sia equivalente all osservazione empirica del cogliere la figura come fregio, nel senso di riconoscimento categoriale di un oggetto specifico: «Per me è questo il fregio, adesso». Il «questo» deve essere spiegato accennando ad una classe di fregi. Si può forse dire «sono strisce bianche su qualcosa di nero». Non c è modo di spiegarlo altrimenti. Anche se uno vorrebbe dire: «Ma deve esserci un modo più semplice di esprimere ciò che vedo!». E può esserci in effetti. Perché, anzitutto, si potrebbe usare l espressione «risaltare». Si può dire: «queste parti risaltano». E ora ci si può immaginare la reazione primitiva di una persona che non esprime in parole questo fatto, ma magari indica col dito e con un gesto particolare le parti in risalto. Ma questo modo primitivo di esprimersi non sarebbe perciò equivalente all espressione verbale «fregio bianco». Wittgenstein, è consapevole della distinzione tra semplice percezione di una figura in quanto figura e riconoscimento categoriale di un oggetto specifico sostenuta dagli psicologi gestaltisti 60 vedi il rimando alla classe dei fregi- e ipotizza un modo logicamente anteriore di distinzione dello spazio visivo, il risaltare della figura, connesso ad una forma più primitiva di reazione ed espressione: indicare con un dito. Indicare con un dito la figura che risalta rispetto allo sfondo non equivale infatti a riconoscere un fregio bianco. Ma questo modo, considerato 58 Williams afferma infatti che Wittgenstein, nelle Ricerche, avrebbe sostituito l idealismo solipsistico della prima persona singolare del Tractatus con un idealismo della prima persona plurale connesso alle forme di vita ed ai giochi linguistici (Williams B., 1974). 59 Wittgenstein L., 1990, p Cioè tra il percepire una generica proprietà cosale e figurale di una zona del campo visivo e il riconoscere un tipo particolare di oggetto in quella stessa zona. 74

75 logicamente 61 anteriore all interno della ricerca psicologica, risulta in realtà per Wittgenstein derivato e giocato esclusivamente nel gioco linguistico secondario ed improprio della ricerca psicologica. Così, dopo aver presentato criticamente la possibilità di tale distinzione, Wittgenstein obietta che: 1) anche nel caso dell equivalenza tra espressione e ostensione, sarebbe sbagliato affermare che l aspetto descritto sia puramente ottico 62 ; 2) è comunque improprio chiamare la reazione primitiva dell indicare con il dito espressione del vedere-così 63. Con il dito non si può indicare la funzione del contorno come non si può indicare l aspetto visivo. Quest ultimo, dal punto di vista di una grammatica logica, è elemento funzionale, interpretativo e strutturante, del campo visivo, apparentato con attività cognitive di tipo superiore, che possono essere interpretate come elementi trascendentali costitutivi del mondo di esperienza. Wittgenstein nega quindi che sia plausibile ammettere una segmentazione del campo visivo basata su elementi funzionali non concettuali, intesi come pre-condizioni di possibilità del riconoscimento categoriale. Il filosofo compie quindi un cammino inverso rispetto ai teorici della Gestalt. Mentre questi, a partire dall instabilità e dalla reversibilità, studiavano la percezione in quanto tale considerando la plurivocità intrinseca alle dinamiche della percezione e, casomai, accomunavano per le proprie caratteristiche dinamiche di ricentramento alcuni aspetti dei processi superiori di pensiero 64, quali le procedure di problem solving, alla percezione stessa, Wittgenstein distingue pensiero e percezione e proprio al confine di tale distinzione pone il processo del cogliere un aspetto. Certo egli afferma che «interpretare è un azione, vedere non è un azione ma uno stato (osservazione grammaticale)» (Sehen ist keine Handlung, sondern ein Zustand (Grammatische Bemerkung)) 65, ma proprio per questo nega che, dal punto di vista dell analisi concettuale, il vedere un aspetto o cogliere un organizzazione siano analoghi a vedere colori e forme. Infatti il gioco linguistico dei colori è caratterizzato proprio da ciò che possiamo e da ciò che non possiamo fare 66. Il filosofo non si ferma qui. Con riferimento esplicito all articolazione figurale e all individuazione oggettuale o proto-oggettuale rilevata da Köhler, egli nega la pertinenza 61 Da un punto di vista funzionale che può essere trascendentalmente interpretato. 62 Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990,, pp Il productive thinking in M. Wertheimer o il visual thinking in R. Arnheim. 65 Wittgenstein L., 1990, Osservazioni nn. 1 e Wittgenstein L., 1990, p

76 dell indagine gestaltista, condotta con il metodo fenomenologico-sperimentale, anche per rilevare elementi funzionali di tipo concettuale, sempre intesi come condizioni di possibilità del riconoscimento categoriale stesso. Anzi, egli sembra addirittura negare la possibilità di una subordinazione gerarchica, dal punto di vista funzionale, degli elementi concettuali, preposti al riconoscimento e/o identificazione, agli elementi concettuali preposti all individuazione oggettuale. Il filosofo viennese cita espressamente Wolfgang Köhler per criticarlo. Quello che dice Köhler non è all incirca: «Se non si fosse in grado di vedere qualcosa come questo o quello potremmo comunque prendere questo qualcosa per questo o quello?»un bambino comincia a vedere una cosa in questo o quel modo, prima ancora di imparare a ritenerla questa o quella cosa? Impara dapprima a rispondere alla domanda «Come lo vedi?», e solo in seguito alla domanda «Che cos è?» 67. Wittgenstein non ritiene plausibile che, nei giochi linguistici attraverso cui costruisce il proprio mondo d esperienza 68, un bambino possa cominciare a vedere qualcosa in questo o quel modo (figura/sfondo, oggetto o proto-oggetto/cornice) prima ancora di imparare a ritenerla questa o quella cosa. Non è credibile che il bambino possa imparare a rispondere prima alla domanda «Come lo vedi?» piuttosto che alla domanda «Che cos è?». Nega che vi possa essere una costituzione oggettuale di tipo generale prima di una costituzione oggettuale specifica o, in termini psicologici, che la formazione dei concetti possa seguire un andamento dal generale-astratto allo specifico-concreto. I giochi linguistici che riguardano l uso del verbo vedere (nel senso di vedere un colore, una forma, un oggetto) sono per Wittgenstein primari e fondano la possibilità di poter parlare di vedere qualcosa come un qualcosa particolare: lo psicologo come in modo diverso il filosofo giocano un gioco linguistico secondario o un meta-gioco la cui possibilità è fondata su quelli primari. Tale distinzione tra giochi linguistici primari e giochi linguistici secondari, dove viene utilizzato il verbo vedere, presenta profonde analogie con la distinzione tra i giochi linguistici primari e secondari riguardanti l uso del verbo contare: solo se si è imparato a contare pubblicamente (gioco linguistico primario) si può contare a mente (gioco linguistico secondario). Ma anche - da un punto di vista puramente concettuale -: solo dopo aver appreso ( a giocare con) i numeri reali possiamo apprendere (i giochi con) i numeri immaginari. La riflessione filosofica sul fondamento delle procedure matematiche e la riflessione sul fondamento dei metodi di studio della psicologia si intrecciano in Wittgenstein. La forma logica dell espressione di un aspetto deve essere cercata in un altra dimensione proprio come sull asse dei numeri reali non c è posto per i numeri immaginari. Il filosofo ritiene comunque che al contrario di certi rami della matematica, dove regna confusione concettuale e metodi di prova di cui dobbiamo ancora comprendere 67 Wittgenstein L., 1990, pp È curioso notare come le attuali ricerche della Mandler sullo sviluppo dei sistemi concettuali nella prima infanzia, a partire da schemi-immagine, rispondono in modo parzialmente positivo agli interrogativi posti ironicamente da Wittgenstein. Si comincia a rispondere in modo generale alla domanda «Cos è?» solo a partire dalla rilevazione schematica delle caratteristiche spaziali degli oggetti, cioè solo a partire dalla risposta alla domanda «Come lo vedi?» intesa in senso topologico (Mandler J. M., 2008 (b), Mandler J. M., 2008 (c)). 68 Sia che voglia intendersi questa costituzione nel senso idealistico-trascendentale del termine, secondo l interpretazione di B. Williams (Williams B., 1974), sia che la si voglia intendere nel senso del naturalismo humeano, secondo l interpretazione di D. Pears (Pears D, ), sia che la si voglia intendere nel senso di giochi linguistici primari distinti dai secondari nel senso di M.B. e J. Hintikka (Hintikka M.B e Hintikka J., 1990). 76

77 l importanza, in psicologia il connubio tra confusione concettuale e un certo metodo sperimentale risulti deleterio poiché i problemi non vengono risolti anche se gli esperimenti vengono visti come il loro corretto metodo di soluzione, problema e metodi non hanno infatti nulla a che spartire 69. Wittgenstein affronta specificamente il problema della segmentazione del campo visivo in relazione alla possibilità di individuare un oggettualità indeterminata in base a elementi categoriali generalissimi piuttosto che alla possibilità di identificare o riconoscere direttamente un oggetto di un determinato tipo. Egli infatti si domanda: «Si può dire che il bambino deve essere in grado di afferrare visivamente la poltrona come un tutto, per poterla riconoscere come cosa? Io afferro visivamente quella poltrona come cosa? E quali mie reazioni mostrano che è proprio così? Quali reazioni di una persona mostrano che riconosce qualcosa come una cosa, e quali che vede qualcosa come un tutto, in modo cosale?» 70. La critica generale all impostazione della ricerca psicologica si caratterizza come critica particolare del metodo fenomenologico-sperimentale adottato dagli psicologi gestaltisti per individuare elementi funzionali di costituzione dell esperienza. Essa sembra addirittura costituire la critica generale di un approccio trascendentale allo studio del costituirsi del mondo d esperienza in cui vengano distinti elementi concettuali costitutivi ed elementi concettuali interpretativi 71. Approccio e distinzione questi che, in qualche modo, la stessa ricerca gestaltista sembra indirettamente autorizzare: «La presenza di qualcosa che possieda la caratteristica fenomenica dell unitarietà è ineliminabile dal mondo delle nostre esperienze, vissute o immaginate che siano. L unità intesa in questo senso 69 Wittgenstein L., 1990, pp e Wittgenstein L., 1967, p Wittgenstein L., 1990, Osservazione n. 978, p Anche nell osservazione n. 423 Wittgenstein considera la possibilità di vedere una poltrona come un oggetto (Gegenstand) come un unità (Einheit) così come i gestaltisti affermano che si vede ora la croce nera su sfondo bianco, ora invece la croce bianca su sfondo nero (Wittgenstein L., 1990, p. 137). Qui pure egli mette in dubbio non solo la validità dell approccio gestaltista, basato sul metodo fenomenologico sperimentale, per l individuazione di elementi concettuali generali funzionalmente costitutivi del mondo d esperienza, ma la stessa possibilità di individuare una gerarchia funzionale di elementi concettuali costitutivi del mondo d esperienza: Se mi domandano: «Che cos hai davanti?», certo risponderò: «Una poltrona», - trattandola quindi come un unità. Ma si può dire a questo punto che la vedo come un unità? E posso guardare la figura a croce senza vederla così e così? (Wittgenstein L., 1990, pp ). Egli ritiene la teoria gestaltista, più propriamente, la costruzione di un modello psicologico per un fenomeno psicologico. E quindi di un modello fisiologico (Wittgenstein L., 1990, p. 138), per meglio dire una notazione per questo tipo di fenomeno psicologico (Wittgenstein L., 1990, p. 140). Se però lasciamo cadere la spiegazione se in ultima analisi la spiegazione ci è indifferente, ciò che rimane è una stipulazione grammaticale (grammatische Feststellung) (Wittgenstein L., 1990, p. 140), relativa all espressione linguistica connessa, come manifestazione autentica, al vissuto del mutamento d aspetto. Wittgenstein intende appunto, attraverso la sua analisi concettuale, mostrare l improprietà e la non pertinenza della stipulazione grammaticale gestaltista. Eppure bisogna ricordare che, proprio utilizzando il metodo fenomenologico sperimentale, i percettologi italiani di derivazione gestaltista hanno basato la loro ricerca, portando Kanizsa a sostenere l esistenza di una divisione tra un processo primario percettivo (organizzazione del campo) e un processo secondario interpretativo (riconoscimento di oggetti all interno di tale campo). 77

78 non è solo un aspetto del mondo vissuto, ma anche una condizione di esso; non deve sorprendere il fatto che nell esperienza ci siano caratteristiche visibili e tangibili e come tali empiricamente analizzabili le quali svolgono una funzione categoriale: se è vero, come noi riteniamo, che la presenza immediata del mondo deve essere studiata ed interpretata iuxta propria principia, essa deve contenere anche alcuni aspetti che sono sue condizioni, tolte le quali null altro di esperibile potrebbe in alcun modo sussistere.» 72. A mio avviso qui Wittgenstein si spinge decisamente troppo oltre per due differenti ordini di motivi, uno concettuale ed uno fattuale, intrinsecamente legati tra loro. Questi conducono il filosofo lontano da un eventuale approccio epistemologico autenticamente naturalizzato e ne fanno la fonte delle dottrine incommensurabiliste. Wittgenstein nega infatti non solo la rilevanza ma anche l esistenza di alcuni fatti che la psicologia dello sviluppo, in ambito cognitivo, comincia a mettere a fuoco solo ora in base allo studio di reazioni (del fanciullo che appunto) mostrano che riconosce qualcosa come una cosa, e... che vede qualcosa come un tutto, in modo cosale. Tali fatti sembrano vincolare la capacità di costruire e apprendere concetti di livello generalissimo, prima dei concetti specifici, ad abilità precategoriali di visual-spatial cognition 73 che può essere collegata alle capacità di tracking di proto-oggetti. Ora proprio perché la descrizione delle nostre costruzioni concettuali non è, in effetti, una scienza naturale travestita 74, l interesse del filosofo per la corrispondenza tra la nostra grammatica e fatti molto generali della natura 75, intesi come cause possibili, risulta minimo. Egli non si occupa infatti di storia naturale. Inventa piuttosto i fatti di storia naturale per i suoi scopi 76 che consistono nel mostrare la possibilità di costruzioni concettuali profondamente diverse dalle nostre che appaiano altrettanto naturali anche se non per questo necessarie 77. La ricerca concettuale del filosofo non si occupa quindi della storia naturale dei concetti umani se non perché una descrizione di essi in tutte le loro singolarità può farci cogliere nella loro struttura analogie mai viste prima 78, permettendoci di istituire un nuovo ordine in queste descrizioni 79 senza parlare necessariamente di derivazione (Abstammung) tuttavia il nuovo ordinamento potrebbe anche imprimere una nuova direzione alla ricerca scientifica 80. In questo senso i giochi linguistici, sia quelli inventati sia quelli giocati quotidianamente, diventano trascendentalmente 72 Bozzi P., 1969, p Vedi al riguardo il contenuto di Mandler J. M., 2008 (b) e l analisi critica riguardante i limiti di applicazione del modello basato sugli image-schemas fornita da Keil in Keil F. C Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, pp Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p Wittgenstein L., 1990, p

79 costitutivi del mondo d esperienza, ma in modo olistico, senza che siamo autorizzati a distinguere una gerarchia funzionale degli elementi concettuali stessi in detta costituzione. Ed il riferimento ad nuova direzione che può essere impressa alla ricerca scientifica da una precedente analisi concettuale 81, che permette l accantonamento di vecchi o inconcludenti giochi linguistici e la costituzione di nuovi 82, costituisce la radice della dottrina incommensurabilista, soprattutto nella versione feyerabendiana. Feyerabend riconosce del resto che la versione forte della dottrina della theory ladeness, utilizzata da lui Hanson e Kuhn e che costituisce uno dei principali presupposti della tesi dell incommensurabilità tra teorie scientifiche, è ispirata dalle idee contenute nelle Philosophical Investigations di Wittgenstein 83 e chiarisce in quale modo la dottrina strumentalista 84 del significato presente in tale opera lo abbia influenzato: la cosa principale, che dopo lunghe e infruttuose discussioni 85, mi parve improvvisamente chiara un pomeriggio e che mi mise in grandissima agitazione fu questo, cioè il significato delle proposizioni su ciò che è immediatamente dato (come «ora sento dolori» «ora vedo rosso») può dipendere da rapporti lontani e assolutamente non presenti alla coscienza. Cose che non hanno nulla a che fare con «rosso» e «dolore» e che mi sono state inculcate da lungo tempo sulla scorta di altri esempi o addirittura senza esempi, hanno contribuito a determinare il significato di «rosso» e «dolore», sebbene l unica influenza tangibile possa ritrovarsi in un fenomeno ben delimitato e chiaramente percepito o in una definizione precisa o in un semplice rimando i principi che danno un significato sono molto complessi e non si può esprimerli con semplici descrizioni mi pareva che i mutamenti dei principi di significato del tipo descritto, sebbene inavvertibili, dovessero essere 81 Anche se l analisi concettuale per Wittgenstein, pur costituendo lo strumento per un eventuale mutamento scientifico e per accantonare i problemi filosofici, non può in alcun caso costituirsi a sua volta come teoria scientifica per le ragioni che Feyerabend stesso aveva sagacemente evidenziato nel suo saggio del 1955 (Feyerabend P. K., 1955, pp ). 82 Non va sottovalutato il riferimento a Goethe. Questi in Versuch einer allgemeinen Vergleichungslehere aveva infatti affermato: quando una scienza sembra battere il passo, incapace di progredire malgrado le fatiche di uomini solerti, se ne troverà la causa da un lato in un modo di concepire per cui gli oggetti sono osservati con gli occhi della tradizione, dall altro in una terminologia alla quale, una volta entrata nell uso, il gran volgo soggiace senza riserve, mentre perfino i ragionatori riescono solo timidamente a liberarsene (Goethe W., , vol. V, p. 174). 83 Kuhn ed Hanson non furono influenzati da Bohr ma dalle idee dell ultimo Wittgenstein che furono anche di stimolo alle mie indagini (Feyerabend P. K., 1983, p. 222). 84 Nell articolo Wittgenstein s Philosophical Investigations Feyerabend presenta una teoria strumentalista del significato T, contrapposta alla dottrina essenzialista T, che lui stesso ammette essere una ricostruzione impropria delle osservazioni wittgensteiniane sul significato inteso quale uso e dipendente dai giochi linguistici. Utilizzando gli strumenti tarskiani del linguaggio oggetto e del meta-linguaggio, Feyerabend ritiene comunque possibile mantenere numerosi elementi della filosofia wittgensteiniana, all interno di tale teoria strumentalista, tra cui: la critica dell essenzialismo, la sua concezione del significato inteso quale uso, la sua osservazione that language-games may be disturbed by other language-games which are supposed to explain or to describe them (Feyerabend P. K., 1955, p. 483). 85 Con Elizabeth Anscombe sul contenuto delle Philosophical Investigations. 79

80 molto più profondi dei mutamenti delle equazioni, dei risultati sperimentali, delle definizioni, delle leggi e mi domandavo se occorressero mai nel corso dello sviluppo delle scienze. Così presero l avvio le mie indagini sul problema dell incommensurabilità 86. Certo qui il richiamo agli enunciati che esprimono la percezione di un colore risulta improprio: per Wittgenstein, gli enunciati sui colori risultano grammaticalmente diversi dagli enunciati sugli aspetti, in quanto la percezione del colore non muta come questo. Feyerabend sembra così estendere la critica wittgensteiniana della tesi dell autonomia della visione a costituenti della percezione visiva che il filosofo austriaco aveva invece ritenuto indipendenti da superiori processi di pensiero. Feyerabend, del resto, tende a utilizzare originalmente gli strumenti teorici forniti da Wittgenstein nelle Philosophical Investigations anche in altri contesti, andando talvolta consapevolmente oltre, se non addirittura contro, le intenzioni di del filosofo austriaco. Abbiamo visto come il rifiuto di un parallelismo psico-fisico non si accompagni in Wittgenstein all adozione di un rigoroso monismo ma, piuttosto, al suggerimento di adottare una causalità per i processi psichici cui non corrisponde isomorficamente una causalità fisica di un processo fisico. Feyerabend è ben consapevole del fatto che all interno delle Ricerche è contenuta una critica radicale di ogni tentativo di definire i significati dei termini quali leggere, comprendere, credere, etc. come essenze riducibile a stati neurofisiologici 87, ciò nonostante utilizza proprio la teoria dei giochi linguistici per difendere la possibilità di un monismo riduzionistico ed eliminativista che rigetti la legge ponte H: X è un processo mentale di tipo A se e solo se X è un processo nervoso centrale di tipo α: observational results always have to be formulated with respect to a certain background of theory (with respect to a certain language-game, to use more fashionable terminology). There is no reason why physiology should not by itself be capable of forming such a background. We have to conclude, then, that the reasonableness and the success of a purely physiological approach to human beings is not at all dependent on the outcome of an analysis of H 88. Il suo rigetto del dualismo psico-fisico coincide, quindi, solo parzialmente con quello wittgensteiniano ed il suo monismo ha ben poco a vedere con le considerazioni anti-psicologiche di Wittgenstein. Il rifiuto eliminativistico della psicologia del senso comune 89 da parte di Feyerabend è infatti profondamente differente dalla critica della psicologia della Gestalt svolta da Wittgenstein, una critica che difficilmente Feyerabend avrebbe condiviso. Anche in questo caso, si prefigura un aspetto della successiva tesi dell incommensurabilità, quello della varianza semantica. Infatti il rifiuto della psicologia del senso comune non viene visto da Feyerabend come rigetto di una dottrina falsa, bensì come rifiuto di una dottrina divenuta priva di senso all interno dei nuovi giochi linguistici costitutivi del background di dottrine neurofisiologiche rigorosamente monistiche. Quindi, malgrado le differenze non marginali tra Feyerabend e Wittgenstein, è proprio la 86 Feyerabend P. K., 1983, pp Feyerabend P. K., 1955, p Feyerabend P. K., 1963, p Successivamente citato e ripreso da quei filosofi aderiscono ad una tesi eliminativista degli stati mentali e degli atteggiamenti intenzionali da una prospettiva epistemologica neoconnessionistica (Churchland P. M., 1983 p. 19 e p. 29) 80

81 concezione olistica della costituzione semantica all interno dei giochi linguistici a determinare il successivo sviluppo della tesi dell incommensurabilità in Feyerabend, intesa sia come tesi della varianza percettiva sia come tesi della varianza semantica 90. Non è quindi casuale che proprio il fenomeno del gestalt switch sia stato massicciamente utilizzato da Kuhn, Hanson e Feyerabend a sostegno della tesi incommensurabilista 91. Proprio il tipo di lettura fornito da Wittgenstein di tale fenomeno, equiparato all avvicendamento di aspetto dovuto a fattori cognitivi di tipo interpretativo 92, unito alla sua concezione della costituzione olistica del significato all interno degli Sprachspielen, costituisce il presupposto teorico degli sviluppi epistemologici contenuti nella tesi dell incommensurabilità tra teorie scientifiche. Ma questo tipo di lettura non è certo l unico possibile e, certo, non è il tipo di lettura che ne avevano fornito gli psicologi della Gestalt 93. W.V.O. Quine in Naturalized Epistemology criticava la tesi dell incommensurabilità dal punto di vista di una naturalizzazione dell epistemologia 94. Ritengo che solo il recupero della tesi 90 Tali tesi risultano comunque profondamente interrelate. Vedi al riguardo Panetta M., Si deve riconoscere che, successivamente, Kuhn si è mostrato critico verso tale uso in quanto lo stesso avrebbe portato a fraintendimenti circa la natura stessa dell incommensurabilità. Il suo iniziale ricorso ai riorientamenti gestaltici, al vedere inteso come comprendere (Kuhn T., 2000, p. 154) indicava infatti come considerasse il mondo dipendente dalla mente, ma la metafora di un mondo dipendente dalla mente come la sua cugina, il mondo costruito o inventato si dimostra totalmente fuorviante. Sono i gruppi e le attività di gruppo che costituiscono i mondi (e che sono costituiti da essi). E la scienza è l attività di uno di questi gruppi (Kuhn T., 2000, p. 154). I gruppi non possiedono menti e il loro primato sui propri membri è riflesso nella teoria del lessico: la struttura lessicale che rappresenta un gruppo è più astratta e più diversa nel genere, rispetto ai lessici individuali o ai moduli mentali che la incorporano (Kuhn T., 2000, p. 155). Nelle sue ultime opere Kuhn tende quindi a vedere l incommensurabilità come una intraducibilità localizzata in questa o quella zona, nella quale due tassonomie locali differiscono (Kuhn T., 2000, p. 140) e chiarisce inoltre come tale tassonomia lessicale potrebbe essere meglio definita come uno schema concettuale, dove «l idea stessa» di schema concettuale non è quella di un complesso di convinzioni, ma quella di un particolare metodo operativo di un modulo mentale indispensabile per avere delle convinzioni, un metodo che allo stesso tempo fornisce e vincola l insieme di convinzioni che è possibile avere. Ritengo che un tale modulo sia prelinguistico e appartenga agli animali. È presumibile che in origine si sia sviluppato a partire da un meccanismo ancora più fondamentale, che consente ai singoli organismi viventi di reidentificare altre sostanze tracciando le loro traiettorie spazio-temporali (Kuhn T., 2000, p. 142). Il rapporto tra struttura lessicale che caratterizza l appartenenza ad un gruppo e modulo mentale individuale viene quindi inteso come metodo operativo di quest ultimo. 92 Per comprendere come questo si rifletta nell analisi feyerabendiana vedi: Feyerabend Paul K., 1973 pp Questo punto è stato correttamente rilevato da V. Somenzi il quale affermava che alla trasposizione non puramente metaforica del linguaggio delle percezioni al linguaggio delle teorie scientifiche, fondata sulla constatazione che tanto i «fatti» della visione quanto quelli della scienza sono «impregnati di teoria», si potrebbe in prima istanza indirizzare una critica simmetrica a quella che Kanizsa rivolge ad Helmoltz, Arnheim ed altri sostenitori della tesi che le percezioni possono implicare varie forme di pensiero, in particolare processi inferenziali e giudizi inconsci. Apparirebbe allora «scorretto sul piano epistemologico e pericoloso sul piano dell indagine trasferire ai problemi» del pensare «schemi esplicativi tratti dal campo» del vedere (Somenzi V., 1988 pp ). 94 Il valore e i limiti di una tale critica sono stati analizzati in Panetta M pp

82 dell autonomia della visione 95 all interno di un epistemologia naturalizzata, insieme al riconoscimento dell esistenza di contenuti mentali con contenuto non concettuale e all individuazione di elementi costitutivi proto-oggettuali 96 ed oggettuali di livello categoriale generalissimo, permetta un completo ripensamento ed il superamento della tesi dell incommensurabilità intesa nelle sue versioni radicali 97. In tutti questi casi risulta necessario andare oltre le critiche wittgensteiniane, recependone eventualmente le ragioni, e riconoscere il valore della tesi dell autonomia della visione nelle sue differenti versioni. Sarà questo il compito svolto nei capitoli conclusivi di questo lavoro. 95 Vuoi nelle forme che questa ha assunto nella psicologia della Gestalt, quale indipendenza dei fattori di organizzazione del processo primario da quelli di cognizione e interpretazione del processo secondario, vuoi più in generale, cognitivamente intesa come impenetrabilità del modulo dell early vision o come generalità delle conoscenze di tipo spaziale incorporate nell architettura funzionale dei moduli dell hig vision o ancora come richiamo al carattere task-specific delle mappe costruite all interno della simulazione dell animate vision. 96 Connessi all attività di tracking studiate dalla psicologia dello sviluppo infantile e dalla psicologia comparata. 97 Ripensamento autorizzato dalle considerazioni svolte dall ultimo Kuhn sulle tassonomie lessicali che vengono collegate ad una forma di kantismo postdarwiniano (Kuhn T., 2000, pp )che chiarisce e corregge in senso naturalizzato le affermazioni contenute in Boyd R. & Kuhn T p. 112: la concezione verso la quale io tendo sarebbe anch essa kantiana, ma senza cose in sé, e con categorie della mente che potrebbero cambiare con il tempo al procedere dell accomodamento del linguaggio e dell esperienza. 82

83 4. La tesi dell autonomia della visione nella psicologia di J. J. Gibson e il paradigma dell animate vision: a) Direct Perception e autonomia dei processi visivi nell Ottica Ecologica di Gibson: il rilevamento dei bordi occludenti sostituisce l articolazione figurasfondo; b) La critica cognitivista della Direct Perception svolta da Fodor e Pylyshyn; c) Il paradigma dell animate vision e la possibilità di un parziale recupero della prospettiva gibsoniana. Appendice: Naturalizzazione dell input e autonomia della visione nel modello della computer vision di D. Marr. La tesi dell autonomia della visione si caratterizza nell excursus delle opere gibsoniane come costruzione di una dottrina della percezione diretta delle invarianze presenti nel flusso dell informazione ottica della luce ambiente, all interno di un paradigma ecologico dello studio della visione che l autore considera rivoluzionario per la revisione dei rapporti tradizionali tra la percezione visiva e gli altri processi cognitivi. Nonostante le difficoltà di impostare un valido programma di ricerca sperimentale e le numerose critiche mossegli dagli psicologi cognitivisti e dagli studiosi di computer vision negli anni Ottanta, alcuni aspetti della prospettiva dell ottica ecologica di Gibson sembrano rivivere all interno del programma di ricerca dell animate vision di Ballard, principalmente in virtù dell attenzione rivolta da quest ultimo al carattere task-specific dei processi visivi e al carattere di perception-action cycle dell intero processo visivo. La differente considerazione del concetto di informazione da parte di Gibson rispetto ai ricercatori delle scienze cognitive e il rifiuto di equiparare i processi percettivi ad un qualsivoglia processo di elaborazione dell informazione rendono comunque in gran parte incompatibile l intera dottrina dell ultimo Gibson anche con l approccio del paradigma dell animate vision, la cui prospettiva è comunque quella che meglio consente di collocare la tesi dell autonomia della visione all interno di un quadro epistemologico autenticamente naturalistico, senza rinunciare a considerare il processo visivo come un processo di elaborazione dell informazione. a) Direct Perception e autonomia dei processi visivi nell Ottica Ecologica di Gibson: il rilevamento dei bordi occludenti sostituisce l articolazione figura-sfondo A partire da una formazione di tipo behavioristico, Gibson subì l influenza della Gestaltpsychologie attraverso la frequentazione di Kurt Koffka presso lo Smith College. L approccio di quest ultimo ai problemi della percezione mise infatti in crisi le sue convinzioni comportamentiste 1. A partire dalla Seconda Guerra Mondiale 2, le ricerche di psicologia applicata 3 1 Massironi M., 1992, p Gibson militò in una unità di ricerca psicologica dell'aviazione USA e mise a punto delle tecniche di addestramento dei piloti, basate sulla percezione del movimento (Massironi M., 1992, p. 445). 3 Stimolate dalla necessità di conoscere il rendimento ottimale e i limiti dell'organismo in condizioni di stimolazione legate alla moderna tecnologia (Luccio R., 1981, p. VII) 83

84 cominciarono a spingerlo verso un approccio alternativo allo studio della percezione che risulta, nei suoi esiti, assolutamente critico sia dell approccio cognitivista sia di quello gestaltista. L ultimo Gibson ritiene la percezione visiva un processo di rilevamento degli invarianti presenti nella luce ambiente e considera esclusivamente l informazione contenuta nel campione (sample) di tale luce. Le critiche dello psicologo statunitense nei confronti della Gestalpsychologie non vengono mitigate dal considerarla una psicologia ecologicamente orientata 4, né dal debito che nutre nei suoi confronti per ciò che riguarda la considerazione anti-elementistica della complessità relazionale dell informazione contenuta nella stimolazione retinica. Lo psicologo statunitense, come già abbiamo visto 5, critica con severità l approccio sperimentale seguito dall intera psicologia nello studio della percezione in quanto basato su occhiate istantanee (snapshots) lanciate a disegni bidimensionali. Questa impostazione metodologica non considera assolutamente il movimento nell ambiente di un organismo dotato di sistemi percettivi, trascurando completamente la dimensione temporale che Gibson considera fondamentale per poter comprendere la percezione 6. Anche lo psicologo americano deve comunque: a) spiegare in quale modo l organismo, muovendosi all interno di un mondo costituito da un medium e da oggetti di cui vede solo le superfici, individui i margini degli oggetti; b) rendere ragione della stessa percezione di stimoli bidimensionali all interno del proprio approccio ecologico. Vedremo in quale modo Gibson risolva sia l uno sia l altro problema descrivendo le modalità in cui egli tratta, o, meglio, rifiuta di trattare l articolazione figura-sfondo nell Ottica Ecologica; lo studio dell articolazione figura-sfondo viene infatti sostituto con quello della percezione dei bordi occludenti delle superfici degli oggetti e delle sostanze in generale. Come nel 4 La trasponibilità dell isomorfismo delle Gestalten fa infatti del realismo gestaltico una psicologia ecologicamente orientata, permettendo un fecondo rapporto tra il livello fenomenologico e quello fisiologico proprio in virtù del concetto di forma (Caramelli N., 1989). Questa analogia viene del resto riscontrata anche da S. Palmer: Information in the stimulus simply causes the appropriate neural structures in the brain to fire, much as mechanical vibration of a specific frequency in the air causes a tuning fork of the same characteristic frequency to vibrate. Unfortunately, Gibson never developed this analogy much further. It is an interesting idea, not unrelated to Köhler s idea of physical Gestalt. But needs much more elaboration to be testable in any meaningful way (Palmer S. E., 1999, p. 54). 5 Vedi Appendice I al secondo capitolo. 6 L approccio tradizionale alla visione inizia con l occhio fisso ed esposto ad un pattern di stimolazione momentaneo. Procede quindi esaminando la visione con la testa fissa e con l occhio a cui è consentito di esplorare il pattern con una scansione e cioè guardandone le parti in successione. Ogni fissazione è un occhiata al pattern confrontabile ad un esposizione momentanea, e si suppone così che sia qualcosa di analogo ad un istantanea fotografica presa da una macchina fotografica con un otturatore. Si assume che ogni istantanea successiva sia trasmessa al cervello. Il risultato di tutto ciò è la visione d apertura, una sequenza di istantanee. L approccio tradizionale non arriva mai alla visione ambiente con la testa che gira, e non considera nemmeno la visione deambulatoria (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 453). 84

85 caso della Gestalpsychologie, tale descrizione servirà ad evidenziare la fisionomia assunta dalla tesi dell autonomia della visione all interno del paradigma ecologico. Gibson giunge a considerare nella sua ultima opera la percezionemcome un atto psicosomatico, non della mente né del corpo, ma di un osservatore vivente all interno di un ambiente costituito da sostanze 7 che sono più o meno solide, da un mezzo 8 l atmosfera gassosa 9 e dalle superfici che separano le sostanze dal mezzo 10, non all interno di un mondo fisico 11. L ambiente è tale solo in relazione ad organismi (piante ed animali) che lo abitano. Le unità di misura ambientali e della superficie del terreno differiscono da quelle utilizzate dalla fisica in quanto variano dallo spazio dei millimetri, o sue frazioni rilevanti, a quello dei chilometri. Stessa cosa dicasi per il tempo e per i mutamenti che possono essere avvertiti da un animale. Guardando le superfici, con riferimento alle loro proprietà caratteristiche, l osservatore può distinguere le sostanze dall ambiente 12. Con riferimento al loro layout l osservatore può vedere un ambiente aperto, 13 posti 14, oggetti attaccati o staccati dal suolo 15, sostanze 16 ed eventi 17 che ne costituiscono 7 Le sostanze costituiscono nel loro insieme quella parte dell ambiente che non trasmette liberamente la luce o gli odori, e che non consente il moto dei corpi e la locomozione degli animali (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 57). Esse differiscono per composizione sia fisica sia chimica, sono composte e aggregate, strutturate in una gerarchia di unità annidate e non tendono all omogeneità (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 62). 8 Il medium dell ambiente presenta alcune caratteristiche fondamentali: a)- b)- c)- d)- e)- f)- ci si può muovere attraverso di esso, è trasparente, trasmette le vibrazioni, permette una rapida diffusione di sostanze chimiche, contiene ossigeno e permette la respirazione, non contiene confini, g)- costituisce uno spazio anisotropo con un alto e basso e un occidente ed oriente (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, pp ). 9 Ovviamente solo nel caso di animali terrestri come noi. 10 Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson tiene inoltre a specificare che superficie e mezzo sono termini ecologici; piani e spazio sono il loro più prossimo equivalente tra i termini geometrici, ma si osservino le differenze. I piani sono senza colore, le superfici sono colorate. I piani sono fantasmi trasparenti, le superfici sono generalmente solide ed opache. L intersezione di due piani che è una linea non è la stessa cosa della congiunzione di due superfici piatte, e cioè uno spigolo o un angolo (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 77). 12 Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Questo è un layout costituito dalla superficie della sola terra (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 78). 85

86 i mutamenti. Vedere queste cose per Gibson significa percepire le loro affordances (non il colore, la forma, la localizzazione, lo spazio, il tempo e il moto) 18. Dal punto di vista della rilevazione visiva, le surfaces costituiscono la principale componente dell ambiente fluentemente percepito 19. Per questo motivo, Gibson elenca una serie di leggi di ottica ecologica che le riguardano: 1 Tutte le sostanze persistenti hanno delle superfici, e tutte le superfici hanno un layout; 2 Ogni superficie ha una sua resistenza alla deformazione, che dipende dalla viscosità della sostanza; 3 Ogni superficie ha una sua resistenza alla disintegrazione che dipende dalla coesione della sostanza; 4 Ogni superficie ha una caratteristica tessitura, che dipende dalla composizione della sostanza. In genere, essa ha sia una tessitura del layout che una tessitura del pigmento; 5 Ogni superficie ha una caratteristica forma o layout a larga scala; 6 Una superficie può essere fortemente o debolmente illuminata, in luce o in ombra; 7 Una superficie illuminata può assorbire molta o poca dell illuminazione che cade su di essa; 8 Una superficie ha un tipico potere riflettente, che dipende dalla sostanza; 9 Una superficie ha una caratteristica distribuzione dei rapporti di capacità di riflessione delle differenti lunghezze d onda della luce, che dipende dalla sostanza, Questa 14 Un posto è una localizzazione in un ambiente, persiste sotto alcuni aspetti e cambia sotto altri. Non può cambiare totalmente, cioè nella sua localizzazione rispetto ad altri posti, né può essere spostato come un oggetto. L ordine adiacente dei posti non può cioè essere permutato: i posti non possono essere mescolati (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p ). 15 Con oggetto distaccato ci si riferisce a un layout di superfici completamente circondate dal mezzo Con oggetto attaccato ci si riferisce a un layout di superfici non completamente circondate da un mezzo (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 78) e che può anche essere una mera convessità. 16 Una sostanza è ciò di cui si compone un posto o un oggetto dell ambiente visivo. Una sostanza, insieme alle affordances che offre, è abbastanza ben specificata dal colore e dalla tessitura della sua superficie (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 366). Le sostanze, in quanto tali, sono senza forma e non possono essere contate. Equivalgono pressappoco ai referenti dei termini di massa quineani (Quine W.V.O., 1983, p. 63). 17 Un evento, per Gibson, è un cambiamento di sostanza, di un posto o di un oggetto. 18 Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p La percezione è un flusso i percetti discreti, come le idee discrete, sono «cose di fantasia come il Fante di Picche» (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 364). 86

87 proprietà è ciò che chiamerò il suo colore, nel senso che le differenti distribuzioni costituiscono differenti colori 20. I rapporti tra le proprietà tissurali delle superfici risultano decisivi anche per l individuazione dei margini che separano gli oggetti tra loro o rispetto all ambiente e il cui studio risolverebbe il paradosso del completamento amodale costituito dalla percezione di un percetto non presente. Tali margini costituiscono, infatti, dei veri e propri bordi occludenti e, come suggerito dagli esperimenti di Kaplan 21, una superficie viene vista in senso legittimo dietro un altra là dove si dà un bordo occludente 22, fornendo la percezione della persistenza della superficie occlusa 23. Commentando i lavori sperimentali di Michotte sul completamento amodale 24, nei quali per la prima volta si può vedere un intuizione di qualcosa come la percezione della persistenza 25, Gibson rileva come lo psicologo belga, limitandosi a supporre che la percezione di un oggetto debba persistere in qualche modo dopo la fine dell input sensoriale 26 non giunse alla radicale ipotesi per cui la persistenza dell oggetto viene percepita come un fatto che ha di per sé valore. C è una grande differenza tra la persistenza di un percetto e la percezione della persistenza 27. Dal punto di vista dell ottica ecologica l articolazione figura-sfondo non costituisce quindi il fenomeno primario dell organizzazione del campo visivo. È la possibilità di poter cogliere e percepire i bordi occludenti che specifica la presenza di un oggetto nel medium, attaccato o staccato dal suolo: È noto da molto tempo che nei quadri, o in altre configurazioni con un assetto immutabile, si può ottenere l apparenza di una sovrapposizione. Analogamente, la scoperta di Rubin per cui in una raffigurazione un contorno chiuso, o figura, implica la comparsa di uno sfondo che sembra estendersi senza interruzione dietro la figura, era ben nota. Ma si tratta sempre di osservazioni che si occupano della visione di linee e di contorni e della percezione di forme, e non della percezione dei bordi occludenti di superficie in un ambiente terrestre accidentato. Quel che veniva dimostrato è che con una figura si può ottenere quella che possiamo chiamare profondità per sovrapposizione, e non la persistenza di una figura occlusa. Sembra che il bordo occludente non sia stato rilevato né in psicologia né in fisica; ma per la verità non si tratta di un fatto né della fisica né della psicologia, per quel che è sinora stato il corpo dottrinario di queste discipline, poiché dipende dalla combinazione di fatti relativi al layout delle superfici e a un punto di osservazione Gibson James J., 1986, trad. it 1994, pp Kaplan G. A., Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Michotte A. et alt., Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p

88 Il bordo occludente, per Gibson, può infatti essere rilevato solo attraverso la scoperta di discontinuità tissurali nel layout delle superfici sottoposte a variazioni regolari, determinate dal mutare del punto di osservazione da parte di un osservatore in movimento o dal movimento di un oggetto nel medium e sul suolo rispetto ad un osservatore che continua ad occupare uno stesso punto di osservazione. Le osservazioni che lo psicologo statunitense dedica al problema dell articolazione figurasfondo e allo studio che ne è stato effettuato all interno delle differenti tradizioni di ricerca nella psicologia del Novecento sono oltremodo illuminanti per comprendere le modalità in cui la tesi dell autonomia della visione viene recepita all interno della teoria della Direct Perception e quali caratteristiche assuma. Gibson, dal punto di vista di un ottica ecologica, nega infatti che la discriminazione figurasfondo, identificata con uno degli eventi percettivi primi e fondamentali dalla fenomenologia sperimentale, sia applicabile al mondo della percezione: l ambiente consiste della terra e del cielo, con oggetti sulla terra e nel cielo, montagne e nuvole, fuochi e tramonti, ciottoli e stelle. Non tutti questi oggetti sono distinti gli uni dagli altri, ed alcuni sono annidati gli uni negli altri, alcuni si muovono, altri sono animati. Ma l ambiente è tutte queste svariate cose posti, superfici, layout, movimenti, eventi, animali, persone e artefatti che strutturano la luce ai punti di osservazione. L assetto (array) a un punto non è costituito da forme che si diano in un campo. Il fenomeno figura-sfondo non vale in generale per il mondo. Il concetto di contorno chiuso, costituito da una linea, viene dall arte del disegno degli oggetti, e il fenomeno in questione è frutto di quegli esperimenti in cui si presentano agli osservatori dei disegni per studiarne la percezione. Ma questo non è l unico modo, né il migliore, di indagare sulla percezione 29. Lo studio psicologico della percezione visiva basato sulla somministrazione di stimoli bidimensionali a soggetti sperimentali non permetterebbe di comprendere ciò che è la percezione in se stessa, considerata da un punto di vista naturalistico ed ecologico: Il fenomeno figura-sfondo che ha tanto impressionato gli psicologi della Gestalt, e che è ancora considerato un prototipo della percezione, è fuorviante un contorno chiuso in quanto tale nell assetto ottico non specifica un oggetto nell ambiente 30. È chiaro, a questo punto, che la teoria della direct perception di Gibson differisce in modo radicale da ogni approccio costruttivistico allo studio ai fenomeni percettivi, sia questo basato su modelli meccanico-computazionali di tipo inferenziale sia su una teoria dinamica di tipo figurale. Gibson se ne rende pienamente conto e, da una parte, tende numerose volte a sottolineare la discontinuità e il carattere rivoluzionario della sua proposta, dall altra, ricostruisce egli stesso le linee di sviluppo del suo pensiero, dal suo avvicinamento alla psicologia della Gestalt fino all allontanamento definitivo. 29 Gibson James J., 1986, trad. it 1994, pp Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p

89 Così prima sottolinea come il suo uso del termine informazione sia radicalmente differente da quello utilizzato correntemente sia all interno degli studi psicologici sulla percezione sia all interno della teoria dell informazione di C. Shannon e come, invece, la ricerca sperimentale basata sulla somministrazione di stimoli bidimensionali spinga a considerare l informazione come trasmessa: Con il termine informazione ci si riferisce alla specificazione dell ambiente dell osservatore, e non alla specificazione dei recettori o organi di senso dell osservatore. Le qualità degli oggetti sono specificate dalle informazioni; le qualità dei recettori e dei nervi sono specificate dalle sensazioni. Le informazioni sul mondo tagliano trasversalmente le qualità dei sensi. Il termine informazione non può qui avere il suo significato familiare da dizionario, come conoscenza comunicata a un ricevente Parole e figure trasmettono informazioni, le trasportano, le inviano, ma le informazioni che ci sono nel mare di energia che ci circonda si tratti di energia luminosa, meccanica o chimica non vengono trasmesse: sono semplicemente là le informazioni destinate alla percezione non possono essere definite e misurate nei termini in cui lo può essere l informazione come è concepita da Claude Shannon. Le informazioni della luce ambiente, assieme al suono, all odore, al tatto e agli altri stimoli chimici naturali, sono inesauribili 31. Quindi rileva come il suo uso del termine informazione escluda l influenza della teoria dell energia nervosa specifica di Müller all interno dello studio della percezione, in quanto questa non può essere considerata un elaborazione del percetto sulla base della stimolazione prossimale: le informazioni non presentano caratteristiche specifiche a seconda dei vari tipi di raggruppamenti di fotorecettori, meccanorecettori e chemiorecettori che si trovano negli organi di senso. Le sensazioni, invece presentano tali caratteristiche, sono cioè sensazioni specifiche per i vari recettori e così, di norma, per i tipi di energia stimolatrice che le innesca. Ma le informazioni non sono specifiche come l energia 32. È proprio la negazione di ogni modello della percezione basato sull elaborazione di un input, sia questo considerato sensoriale o meno, che lo spinge a proporre una radicale riforma dei rapporti tra percezione e cognizione che negli esiti, anche se assolutamente non nelle modalità, si avvicina a quella di Wertheimer. Gibson rileva infatti che la teoria della raccolta di informazioni si propone di essere alternativa alle teorie tradizionali della percezione. Differisce da tutte queste teorie perché rifiuta l assunto secondo cui la percezione è un elaborazione di input. Per input si intendono gli impulsi nervosi sensoriali o afferenti diretti al cervello 33. Egli è ben consapevole che coloro che aderiscono alle teorie tradizionali della percezione hanno di recente affermato che quel che assumono è l elaborazione delle informazioni e non delle sensazioni nel senso moderno del termine 34 e non si ritengono per questo motivo 31 Gibson James J., 1986, trad. it 1994, pp. 367 e Gibson James J., 1986, trad. it 1994, pp Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p

90 vincolati alle teorie tradizionali della percezione 35. Essi però non compiono alcuna revisione dell assunto tradizionale per cui la percezione è l elaborazione dell input e Gibson nega che essi possano utilizzare il termine informazione senza definirlo con precisione, mentre risulta ovvio peraltro che gli input che giungono ai recettori devono essere elaborati, perché in se stessi non specificano nulla di più delle unità anatomiche che eccitano 36. Attraverso tale revisione, che Gibson ritiene compiutamente realizzata solo all interno del programma di ricerca dell Ottica Ecologica, vengono ridefinite sia la percezione che i processi mentali superiori. Gibson in qualche modo ammette che solo la Gestaltpsychologie ha riconosciuto la tesi dell autonomia della visione. Infatti afferma che i processi di elaborazione dell input considerati nelle ricerche tradizionali sulla percezione risultano propriamente tutti cognitivi ad esclusione del filtraggio e dell organizzazione in pattern spaziali 37 studiata a fondo proprio dagli psicologi della Gestalt. Egli elenca anche i principali tipi di processi cognitivi che, secondo gli altri programmi di ricerca psicologica, opererebbero durante il processo di elaborazione percettiva: 1) operazioni mentali sugli input sensoriali (siano queste basate su categorie kantiane o presupposizioni del percipiente, idee sul mondo); 2) operazioni semi-logiche sugli input sensoriali (inferenze inconsce di von Helmoltz, stime delle caratteristiche probabili dell oggetto distale di Brunswik 38 ); 3) operazioni di decodificazione degli input sensoriali (inferenza abduttiva sulla base di indizi); 4) applicazione di ricordi agli input sensoriali come suggerito da Titchener 39. D altra parte la stessa Gestaltpsychologie viene accomunata agli altri programmi di ricerca percettologica tradizionali per ciò che riguarda la condivisione dell errore fondamentale consistente nel ritenere la percezione visiva un processo in cui il cervello opera una costruzione della scena ambientale a partire dall immagine retinica trasmessa al cervello nella sua interezza (oppure) trasmessa elemento per elemento, e cioè attraverso dei segnali nelle fibre del nervo ottico 40. Da questo punto di vista poco conta che la Gestaltpsychologie parli di organizzazione spontanea degli input sensoriali che giungono al cervello 41 piuttosto che di un attività simile a quella di un computer svolta dal cervello sui segnali neuronali 42, entrambi gli approcci trascurano il fatto che il processo della percezione visiva è circolare, non è una trasmissione unidirezionale. Il sistema occhio-testa-cervello-corpo registra gli invarianti nella struttura della luce ambiente. 35 Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 381; l integrazione degli elementi in un pattern temporale può o meno essere inclusa nel processo di organizzazione. 38 Brunswik E., Titchener E. B., Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p

91 L occhio non è una macchina fotografica che forma e distribuisce immagini, né la retina è semplicemente una tastiera che può essere azionata da dita di luce 43. La teoria della Direct Perception di Gibson fa così assumere alla tesi dell autonomia della visione una fisionomia del tutto particolare che, per alcuni aspetti, sembra somigliare alla riduzione perceziomorfa dei processi cognitivi parzialmente operata da Wertheimer mentre, per altri, ne differisce radicalmente. Una parte dei processi cognitivi dell aspettativa, del ricordo e del significato vengono infatti inclusi all interno della percezione 44 ma, al tempo stesso, viene ipotizzato che il tipo di consapevolezza non percettiva che li accompagna abbia origine dal fatto che il sistema percettivo, diventato sensibile a certi invarianti, possa estrarli dal flusso degli stimoli e possa anche operare senza i vincoli di quest ultimo, evitando ogni ricorso ad ipotesi che facciano riferimento ad immagini mentali: le informazioni vengono separate dalla stimolazione. Diventano allora inoperanti i circuiti di adattamento per guardarsi attorno, operare scansioni, mettere a fuoco. Il sistema visivo visualizza, ma questa è ancora un attività del sistema, non un apparizione nel teatro della coscienza 45. Come nel caso di Wertheimer non abbiamo soluzione di continuità tra percezione e conoscenza. Infatti lo psicologo statunitense afferma espressamente che la teoria della raccolta di informazioni crea una netta separazione tra percezione e fantasia 46, ma fa sì che sia meno ampio il fossato che si suppone possa esserci tra percezione e conoscenza. Quel che avviene in entrambi i processi è l estrazione e l astrazione di invarianti. Percepire e concepire l ambiente sono due cose di grado diverso, ma dello stesso tipo, che si continuano l una nell altra 47. In ogni caso, le motivazioni di Gibson differiscono profondamente da quelle del fondatore della Gestaltpsychologie. Infatti mentre il gestaltista ritiene che processi percettivi e cognitivi abbiano origine dalle funzioni trasversali operanti rispettivamente sulle proprietà complessive della stimolazione retinica e su quelle delle Gestalten fisiologiche così originatesi, Gibson rigetta ogni 43 Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Infatti, consapevole che la ridefinizione della percezione comporta una ridefinizione dei cosiddetti processi mentali superiori ( Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 386), Gibson ricorda che percepire è essere consapevoli delle superfici dell ambiente e di se stessi come collocati in quest ultimo (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 386). Per una consapevolezza di questo genere risulta essenziale l interscambio tra superfici nascoste e non nascoste (cioè) superfici esistenti specificate in qualche punto di osservazione (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 386). Un esplorazione ambientale prolungata rende la percezione sempre più ampia, fine, lunga, ricca e piena e, così, una piena consapevolezza delle superfici da parte del percipiente comporta l inclusione del loro layout, delle loro sostanze, dei loro eventi e, ovviamente, delle loro affordances (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 386). In tal modo la definizione gibsoniana include all interno della percezione una parte della memoria, dell aspettativa, della conoscenza e del significato; in ogni caso una parte di questi processi, non tutti (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 386). 45 Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p In quanto nel funzionamento di un sistema percettivo sono impliciti dei test di realtà assolutamente attendibili e automatici (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 388). 47 Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p

92 ipotesi di tipo auto-organizzativo vuoi operante sulle proprietà complessive della stimolazione retinica vuoi operante su ipotetiche Gestalten fisiologiche : i motivi per cui riteniamo che vedere è del tutto diverso da conoscere qualcosa, derivano dalla vecchia dottrina per cui il vedere è avere delle sensazioni temporanee che si succedono l una dopo l altra col passare del momento presente, mentre conoscere è avere dei concetti permanenti immagazzinati in memoria. Ma dovrebbe ora esserci chiaro che la percezione visiva è la consapevolezza della struttura persistente. Conoscere è un estensione del percepire 48. Per rimarcare la radicale differenza d impostazione della sua ultima opera dalla stessa prospettiva gestaltista, Gibson ricostruisce le linee di sviluppo del suo pensiero che lo hanno prima avvicinato e poi allontanato radicalmente della psicologia della Gestalt 49. Non dimentichiamo, infatti, la frequentazione dei seminari di Koffka dal 1928 al 1941 e la loro influenza nel determinare l abbandono del comportamentismo da parte dello psicologo americano. In un certo senso potremo però affermare, come qualche autore ha fatto, che la costruzione di un ottica ecologica in Gibson coincide con la rinnovata adesione all approccio metodologico proprio del comportamentismo 50, attraverso l eliminazione di ogni processo mentale di costruzione di rappresentazioni e la sua sostituzione con una teoria dell information pick-up basata sul concetto di tuning e di risonanza cerebrale delle invarianze presenti nel flow of optic information. Appare chiaro quanto poco tale concetto di risonanza abbia a che fare con l isomorfismo tra forme fisiologiche e forme fenomeniche sostenuto dalla Gestaltpsychologie. Il cammino gibsoniano, così come lui stesso lo dipinge, appare lineare anche se complesso e, proprio in virtù di tale complessità, alcune intuizioni, scoperte e concezioni gibsoniane, precedenti la sua ultima opera, possono essere conservate ed inserite in contesti di ricerca percettologica di tipo costruttivistico, vuoi dinamico auto-organizzativo vuoi meccanico computazionale, al contrario delle tesi sostenute dallo stesso psicologo in An Ecological Approach to VIsual Perception. In particolare ciò risulta valido per la ricerca svolta in The Perception of the Visual World 51, più che per il contenuto dell altro testo fondamentale nell evoluzione del pensiero gibsoniano, The senses considered as a perceptual system 52. Infatti, mentre nel testo del 1966 Gibson fornisce la definizione di un perceptual system, necessaria per il successivo sviluppo della theory of information pickup che richiede un sistema percettivo, non dei sensi 53, nel testo del 1950 sviluppa una teoria dell higher-order properties of stimuli che può facilmente 48 Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Vedi al riguardo quanto Gibson stesso afferma sull individuazione dell effettivo intento della vision da parte di Koffka rispetto a von Helmoltz e sul riconoscimento da parte di Koffka che l uomo sia consapevole dell ambiente dietro la sua testa. (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p ). 50 Z. Pylyshyn sottolinea appunto come il programma gibsoniano of eliminating the appeal to representations and other mental constructs essentially is the behaviorist program, indeed it fails for some of the same reasons that behaviorism fails ( Pylyshyn Z., 1984, pp ). 51 Gibson James J., Gibson James J., Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p

93 essere inquadrata all interno di prospettive costruttivistiche, come dimostra la sua utilizzazione all interno di un manuale di psicologia scritto da un percettologo di impostazione gestaltista quale Kanizsa 54. Nel 1966 metteva in guardia dal considerare il comportamento del sistema percettivo come un processo di feedback cerebrale, determinato dagli input passivi di un nervo sensorio 55. In questo caso, infatti, si continuerebbe a concepire l attività percettiva come quella che si verifica nel cervello una volta che gli input vi fossero pervenuti 56. Non era però questo che egli intendeva per sistema percettivo; egli intendeva piuttosto le attività del guardare, ascoltare, toccare, gustare o annusare i cinque sensi corrispondono ai cinque modi dell attenzione esplicita. Hanno tutti delle funzioni parzialmente sovrapposte, e sono tutti più o meno subordinati a un sistema complessivo di orientamento. Un sistema ha organi, mentre un senso ha recettori. Un sistema può orientare, esplorare, indagare, adattare, ottimizzare, risuonare, estrarre, giungere ad un equilibrio, cosa che un senso non può fare 57. Nel 1950, invece, Gibson ancora intendeva gradienti e gradini della stimolazione retinica come indici o indizi (clues) di profondità. Egli riconosce che in tale contesto si muoveva all interno di una ricerca profondamente influenzata dalla psicologia della forma 58. Proprio per questo rigetta, nel testo del 1986, un interpretazione dei gradienti visti come clues: l ipotesi del gradiente fu un buon inizio, ma la riformulazione fu un insuccesso. Essa aveva il notevole svantaggio di basarsi sull ottica fisiologica e sull immagine retinica e non sull ottica ecologica e l assetto ambiente 59. Mentre intendeva inizialmente costruire una psicofisica della percezione per superare la vecchia psicofisica della sensazione, non tardò a rendersi conto che entrambe tendono ad essere discipline di laboratorio che utilizzano procedimenti sperimentali i quali rendono all osservatore difficile o impossibile estrarre invarianti nel corso del tempo. Gli stimoli di solito non veicolano informazioni relative all ambiente 60. Per psicofisica della percezione intendeva semplicemente il risalto dato alla percezione come diretta anziché indiretta 61, volendo escludere ogni processo aggiuntivo di inferenza o costruzione 62. Un gradiente dell immagine retinica inteso come uno stimolo per la percezione, quindi, veniva solo sentito come un unità piuttosto che come raccolta di punti, le cui sensazioni distinte dovevano essere riunite nel cervello 63. Lo stesso concetto di 54 Kanizsa G., 1978, pp Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Basta guardare gli autori e i testi citati all inizio dell articolo del Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it. 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it. 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it. 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it. 1994, p

94 stimolo non era chiaro a Gibson che solo ora riconosce che un gradiente è informazione dello stimolo una proprietà invariante di un assetto ottico (optic array) 64. Lo psicologo americano ammette come, nel 1950, egli ritenesse che, per comprendere le costanze percettive di forma, non conta la forma in quanto tale, ma le variazioni della dimensione della forma 65 ma cominciava solo vagamente ad intravedere l ipotesi molto più radicale che ciò che l occhio coglie è una trasformazione sequenziale, non una forma 66. Nel suo ultimo testo afferma consapevolmente che l ipotesi della Gestaltpsychologie per cui le forme sono percepite direttamente non sconvolge l ortodossia della teoria visiva quanto quella per cui gli invarianti sono percepiti direttamente 67, propria dell ottica ecologica; infatti, per lo psicologo americano, risulta ora chiaro che cogliere l invariante è percepire la persistenza di una superficie (surface) 68 e, in ogni caso, risulta necessario sostituire il concetto di campo visivo 69 con quello di campo di visione 70 e distinguere quest ultima nozione da quella di mondo visivo, che rispetto al testo del 1950, andrebbe inteso esclusivamente come consapevolezza dell ambiente che si ottiene con la visione 71. Appare quindi chiaro che le linee della ricerca percettologica gibsoniana in parte scorrono parallele in parte si contrappongono a quelle della Gestaltpsychologie, come rilevava a suo tempo G. Kanizsa con riferimento alle idee sostenute da Paolo Bozzi 72. Tali linee risultano invece incompatibili con l approccio cognitivista allo studio della percezione nonostante il recupero che cerca di operare il paradigma dell animate vision e nonostante il parziale apprezzamento dello stesso D. Marr 73, in virtù della condivisione di un diverso concetto di informazione e del rifiuto di considerare l intero processo visivo come un processo di elaborazione dell informazione contenuta nella matrice retinica. 64 Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Gibson James J., 1986, p. 320, trad. pers. 69 Un tipo di esperienza introspettiva che va posta a raffronto con l esperienza ingenua del mondo visivo è il patchwork momentaneo delle sensazioni visive (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 189). 70 Il campo di visione temporaneo di un bulbo oculare è un campione dell assetto ottico ambiente, e la testa opera continuamente tale campionatura dell assetto (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 195). 71 Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p Una lettura frettolosa del libro di Gibson risulta molto traditrice e infida. Kanizsa se ne avvide, e accostando espressivamente gli indici delle due mani come nell ostensione di un parallelismo, rese chiaro che le idee di Gibson erano assai vicine a quanto Paolo Bozzi andava dicendo da anni (Bozzi P. & Luccio R., 1994, p. 24). 73 Vedi l Appendice I al presente capitolo pp

95 Un punto teorico accomuna sicuramente Bozzi e Gibson: il timore ed il sospetto che sia presente all interno dell identificazione cognitivista del processo visivo con un processo di trasmissione ed elaborazione dell informazione retinica la concezione di una mente separata dal corpo. A parere di Gibson ogni teoria che tenti di spiegare i processi visivi limitandosi a partire dell immagine retinica, sia questa tutt intera o rilevata punto per punto, piuttosto che dall assetto ottico della luce ambiente, comporta infatti una teoria dell homunculus nel cervello 74. Per rendere chiaro quest ultimo punto penso sia opportuno citare un aneddoto riportato da Paolo Bozzi e riguardante un episodio svoltosi durante un convegno sulla percezione visiva tenutosi tra psicologi di impostazione gestaltista e psicologi cognitivisti ad Abano Terme nel Gibson, infatti che non faceva parte né degli uni né degli altri accentuava con foga i suoi punti di divergenza con entrambi per non essere assimilato in qualche schiera. Agitando il dito... dalla sua piccola statura scandiva forte le due massime fondamentali: «No channels! No elaborations!» 75. b) Critica cognitivista della Direct Perception svolta da Fodor e Pylyshyn Dopo la pubblicazione di An Ecological Approach to Visual Cognition si sviluppò un intenso dibattito, tra psicologi di stampo cognitivistico e psicologi ecologicamente orientati, sulle corrette modalità di studio della percezione, visiva e non. In realtà era in atto uno scontro tra programmi di ricerca alternativi e i motivi di contrasto oltre ad essere di ordine metodologico riguardavano principalmente il differente uso dei termini, in particolare del termine informazione. Tale stato di cose emerge dall analisi della critica epistemologica più approfondita mossa alla teoria della percezione diretta di Gibson dal punto di vista cognitivistico: l articolo How direct is visual perception?: Some reflections on Gibson's "Ecological Approach di J. Fodor e Z. Pylyshyn, pubblicato nel 1981 sulla rivista Cognition. Questa critica venne integrata dagli ulteriori appunti mossi da Z. Pylyshyn al programma gibsoniano in Computation and Cognition del In tale lavoro emerge più chiaramente come, in base ad un differente uso del termine informazione, Pylyshyn intenda da una parte sostenere la modularità, e quindi l impenetrabilità cognitiva, del sistema dell early vision, che svolge il proprio compito di elaborazione esclusivamente in base ai trasduttori incorporati nella propria architettura funzionale, dall altra indicare come fondamentalmente inadeguate le tesi gibsoniane dell invariants direct pick-up e della resonance cerebrale, in quanto basate entrambe sul rifiuto di utilizzare il linguaggio della 74 Per Gibson le teorie che cercano di spiegare la visione a partire dall immagine retinica completa hanno indotto a credere che l immagine retinica si proietti su una sorta di schermo, e di per sé sia un qualcosa che va osservato, come una sorta di quadro (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 115). Gibson denomina tale credenza teoria dell «omino nel cervello» dell immagine retinica (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 115). L occhio viene infatti concepito come una macchina fotografica al termine di un cavo nervoso che trasmette l immagine al cervello. Deve allora esserci un omino, un homunculus, che risiede nel cervello e che osserva questa immagine fisiologica. Per vederla, l omino dovrebbe avere un piccolo occhio con una piccola immagine retinica, connessa a un piccolo cervello: in questo modo la teoria non ci spiega niente. Stiamo di fatto peggio di prima, dato che ci troviamo davanti al paradosso di una serie di omini, ognuno dentro all altro, e ognuno di essi osserva il cervello di quello appena più grande (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 115). Le teorie che spiegano i processi visivi a partire dall immagine retinica, sia questa completa o trasmessa punto per punto, come intendono i cognitivisti, rimandano ad una mente separata dal corpo: l occhio invia, il nervo trasmette e una mente o uno spirito ricevono. Entrambe le teorie implicano una mente separata dal corpo (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 117). 75 Bozzi P. & Luccio R., 1994, p

96 fisica per la descrizione degli input della trasduzione stessa, sostituendolo con quello della propria ottica ecologica. Pur con il richiamo ad una concezione della percezione mediata inferenzialmente, la posizione sostenuta da Pylyshyn non risulta in contrasto con la tesi dell autonomia della visione, rielaborata appunto nei termini di impenetrabilità cognitiva del modulo dell early vision. Mantenendo l uso del termine informazione così come definito all interno della teoria della comunicazione di C. Shannon, è inoltre possibile formulare un paradigma sub-simbolico di simulazione artificiale dei processi di elaborazione visiva in accordo con l impostazione dell ottica ecologica ed alternativo all impostazione simbolica dell IA classica, propria di J. Fodor e Z. Pylyshyn e sottesa alla computer vision di Marr. È questo il caso dell animate vision di D. Ballard. È quindi opportuno esaminare brevemente l articolo critico di Fodor e Pylyshyn, per evidenziare i differenti concetti di informazione utilizzati nel programma di ricerca cognitivista e in quello dell Ottica Ecologica. Successivamente presenteremo le caratteristiche principali del paradigma dell animate vision e, infine, esamineremo in appendice quelle proprie del paradigma classico di Marr, al fine di enucleare le principali differenze esistenti tra di essi. Fodor e Pylyshyn comprendono bene che Gibson non desidera una lettura conciliativa della propria opera che vede quale inizio di un rivoluzione concettuale su vasta scala che permetterà di superare i maggiori problemi della psicologia cognitiva e della filosofia della mente, avviando un nuovo programma di ricerca in entrambe le discipline 76. Essi ritengono che sia necessario imporre dei vincoli alle nozioni di rilevazione immediata e di invariante 77, affinché la spiegazione della percezione elaborata da Gibson non risulti vuota, e intendono provare che Gibson non ha un modo efficace di imporre tali vincoli, in accordo con l assunzione che la percezione è diretta 78, in quanto questi vincoli possono essere imposti solo assumendo che la percezione è mediata inferenzialmente 79. Infatti, quanto viene rilevato direttamente: (1) deve essere costituito da una certa classe ristretta di proprietà della luce ambiente; (2) i confini spazio-temporali delle proprietà immediatamente rilevate sono determinati dagli stimoli effettivi, cioè da quelli che sono sufficienti a causare i giudizi percettivi. Per Fodor e Pylyshyn il punto (1) implica che tutta percezione visiva comporta di necessità inferenze basate su quelle proprietà della luce che sono direttamente rilevate 80 mentre il punto (2) implica che la percezione visiva in quanto tale comporta inferenze dalle proprietà ambientali 76 Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p In particolare proprio quelle riguardanti le caratteristiche degli oggetti nell ambiente (Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p. 141). 96

97 specificate dai campioni di luce attualmente incontrati a quelle proprietà che dovrebbero essere specificate da campioni più ampi, in quanto la stimolazione che causa effettivamente la percezione molto spesso sottodetermina ciò che viene visto 81. Per soddisfare il punto (1) Gibson dovrebbe distinguere tra ciò che è rilevato (picked up) e ciò che è direttamente percepito (directly perceived) 82, spiegando come il rilevamento di certe proprietà dell «assetto ottico ambientale» possa condurre alla conoscenza percettiva delle proprietà dell environment senza mediazione inferenziale. Gibson afferma che rileviamo l informazione sull environment che è contenuta nell assetto ottico ambientale e, a partire da questa, percepiamo gli oggetti dello stesso environment. Però, secondo Fodor e Pylyshyn, Gibson non ha modo di costruire la nozione di «informazione contenuta nell assetto ottico ambientale» o «informazione contenuta nella luce ambientale» che illustri come si possa svolgere tale compito 83. L unico modo possibile sarebbe appunto quello di imporre dei vincoli sulle nozioni di rilevamento ed invarianza. Ma Gibson non sembra in grado di farlo e, per dimostrarlo, i due autori ricostruiscono quattro differenti tipi di tentativi di vincolare la nozione di ciò che viene direttamente percepito: 1) l identificazione di ciò che viene direttamente percepito con le proprietà ecologiche dell ambiente, 2) con le proprietà proiettabili dell ottica ecologica 84, 3) con le proprietà fenomenologiche, 4) con ciò cui risponde il sistema percettivo. Tutti questi tentativi si dimostrano fallimentari a meno che non si riconosca una mediazione inferenziale di ciò che viene direttamente percepito a partire da ciò che viene rilevato: esattamente ciò che Gibson si rifiuta di fare. Il primo tentativo si rivela improduttivo in quanto «ecologico» e «direttamente percepibile» sembrano risultare interdefinibili nell opera di Gibson e ciò significa che l introduzione del costrutto teorico «proprietà ecologica» si rivela inefficace nel vincolare (constraining) la nozione di percezione diretta 85. Il secondo tentativo, consistente nell identificare le proprietà immediatamente percepibili con un sottoinsieme delle proprietà ecologiche ambientali, e precisamente con quelle proiettabili dell ottica ecologica 86, va incontro a notevoli difficoltà. Per Gibson, infatti, esistono leggi ottiche riguardanti le proprietà ecologiche ambientali, leggi cioè che connettono tali proprietà con le caratteristiche della luce che gli oggetti emettono o riflettono, ma è necessario fornire, per dette proprietà, una nozione di genere naturale per poter spiegare la differenza tra tali leggi, che supportano i controfattuali e possono essere applicate a nuove istanze, e le mere generalizzazioni 81 Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Come, secondo Fodor e Pylyshyn, egli ha effettivamente cercato di fare. 83 Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Gli autori intendono il termine proiettabile in senso goodmaniano. 85 Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Perhaps, then, only some independently specifiable subset of the ecological properties should count as directly perceptible. In particular, the directly perceptible properties might be the ones that figure in the laws of the science of «ecological optics» (Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p. 145). 97

98 che non forniscono alcuna base razionale per fare previsioni. I predicati che appaiono in tali leggi sono predicati proiettabili che esprimono proprietà proiettabili 87. Le proprietà ecologiche proiettabili dovrebbero quindi essere connesse attraverso una legge alle proprietà della luce ambientale. Ma: a) non tutte le proprietà proiettabili sono per Gibson percepite direttamente, egli esclude espressamente quelle dell ottica classica; b) se le proprietà direttamente percepibili devono essere spiegate per mezzo delle proprietà ecologiche proiettabili, lo psicologo dovrebbe fornire un metodo per distinguere tra leggi ecologiche che riguardano tali proprietà e leggi di altro genere, cosa che egli evita di fare; c) non tutte le proprietà che Gibson ritiene direttamente percepibili sono proiettabili. In particolare non risulterebbero proiettabili proprio le affordances che costituiscono un punto nevralgico dell intera trattazione gibsoniana. Infatti direttamente percepibili sono solo quelle legate alla sagoma caratteristica collegata all affordance, ma proprio Gibson nega esplicitamente sia che si percepisca la sagoma degli oggetti sia che la percezione delle loro affordances sia mediata inferenzialmente da una precedente rilevazione della loro sagoma, del loro colore, della loro tessitura o di altre qualità del genere" 88. Gibson non vuole banalizzare il problema identificando le proprietà direttamente rilevabili con le proprietà percepibili, dovendo però assumere che alcune proprietà percepibili non siano proiettabili, dovrebbe trovare un modo di spiegare la possibilità di percepire tali proprietà. Proprio la sua insistenza sul carattere assolutamente diretto della percezione, secondo Fodor e Pylyshyn, glielo impedirebbe, mentre le teorie psicologiche classiche della percezione risolvono questo problema assumendo che il rilevamento delle proprietà non proiettabili costituisce un processo inferenziale 89. Identificare le proprietà direttamente percepibili con le proprietà fenomenologiche sembrerebbe a prima vista costituire un tentativo migliore per evitare la banalizzazione del problema in quanto vi è una scala di accessibilità fenomenologica in cui ai primi posti figurano posizioni, oggetti, e affordances, mentre agli ultimi posti figurerebbero quelle proprietà sensoriali che funzionano da premesse per le inferenze percettive di stampo neohelmoltziano 90. Ma l identificazione delle proprietà direttamente percepibili con le proprietà fenomenologiche si scontra con tre principali difficoltà. La prima è interna alla dottrina gibsoniana. Lo psicologo non considera infatti fenomenologicamente accessibili proprio la pendenza delle superfici, i gradienti e il flusso tissurali, la quantità tissurale occlusa da oggetti interposti, il bordo occludente in movimento sicché mentre 87 Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p

99 il criterio della proiettabilità non contempla le affordances il criterio fenomenologico sembra contemplare solo loro 91. Le altre due difficoltà sono di carattere più generale e riguardano la plausibilità esplicativa della strategia euristica adottata. In primo luogo, nell ipotesi migliore, inferire il carattere diretto della percezione dalla salienza fenomenologica appare una strategia dubbia, in quanto la stessa salienza fenomenologica può essere solamente un fenomeno relativo all accesso cosciente alla percezione e non ci direbbe assolutamente nulla riguardo alla natura della percezione stessa 92 ; in ogni caso, necessitiamo di un meccanismo relativo alla percezione diretta delle proprietà fenomenologiche ed è difficile immaginare come tale meccanismo potrebbe operare nel caso di proprietà quali le affordances 93. Per quanto riguarda il quarto tentativo, l identificazione di ciò che viene direttamente percepito con ciò cui risponde il sistema percettivo, Fodor e Pylyshyn rilevano come, nelle teorie classiche della percezione, le proprietà direttamente rilevate siano spesso identificate con quelle cui rispondono i trasduttori, mentre Gibson non può operare tale identificazione, e sottolineano come lo psicologo statunitense potrebbe vincolare la nozione di rilevamento diretto attraverso l introduzione di criteri corretti e rigorosi per individuare un sistema percettivo inteso come trsduttore 94. Ma, secondo gli autori, Gibson non è in grado di risolvere il problema di determinare in modo non banale la classe di proprietà oggetto del rilevamento diretto da parte del sistema percettivo proprio perché non fornisce alcun criterio per identificare un sistema percettivo o, almeno, per circoscrivere l insieme degli organi che possono essere considerati parti di uno stesso sistema percettivo. Essi osservano con stupore che nell enumerazione delle parti del sistema visivo Gibson non includa il cervello 95. Pur apprezzando il fatto che Gibson sembra voler individuare i sistemi percettivi funzionalmente piuttosto che anatomicamente, gli autori non possono fare a meno di concludere che i criteri proposti per individuare un sistema percettivo risultano così flessibili che la stessa nozione di sistema percettivo non fornisce alcun vincolo per identificare un invariante rilevata direttamente cosicchè the moral of all this is that to define the directly perceivable in terms of what perceptual systems respond to is merely to shift the locus of trivialization from the former notion to the latter. It puts the same pearl under a different shell Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, pp Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Questo però non è comunque corretto. Come abbiamo visto Gibson si rifiuta di considerare il processo visivo come un processo di elaborazione dell input della stimolazione retinica da parte del cervello ma sostiene piuttosto che il sistema occhio-testa-cervello-corpo registra gli invarianti nella struttura della luce ambiente, includendo quindi il cervello nel sistema percettivo visivo (Gibson James J., 1986, trad. it 1994, p. 117). 96 Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p

100 C è un altro problema teorico con cui deve misurarsi una teoria della percezione diretta che risulta invece facilmente spiegabile da una teoria della percezione mediata inferenzialmente ed è quello dell esistenza delle illusioni ottiche (misperception). L approccio standard infatti spiega come l inganno percettivo attraverso un inferenza sbagliata 97, ma questo è esattamente ciò che viene negato dall approccio diretto. I problemi che sorgono con la spiegazione della misperception e quelli relativi al tentativo di constraining la nozione di directly perceived sono in realtà due facce della stessa medaglia proprio in virtù del rifiuto di ogni forma di mediazione inferenziale percettiva. Anche in questo caso, Fodor e Pylyshyn, ritengono che, anche se Gibson ed i suoi seguaci tentino di risolvere tale problema nei modi più disperati, resta oscuro quale alternativa essi potrebbero proporre rispetto all approccio inferenziale classico 98. I due autori non si limitano a criticare il programma gibsoniano. Essi ritengono che, privati della loro radicalità, alcuni elementi della teoria gibsoniana possono risultare utili per la soluzione del problema della direct detection nelle teorie che sostengono il carattere inferenziale della percezione. Queste ultime, infatti, debbono assumere che il rilevamento di qualche proprietà è diretto e non mediato inferenzialmente. Le inferenze vengono infatti viste come processi nei quali una credenza viene causata da un altra e, a meno che qualche credenza non sia fissata in modo diverso che non attraverso un inferenza, è difficile concepire come il processo inferenziale potrebbe essere avviato: inferences need premises 99. La risposta di Fodor e Pylyshyn sostanzialmente coincide con l asserzione che the causal chain in perception typically flows "inward" from the detection of those properties to which peripheral transducers respond 100. Questa affermazione è di estrema importanza. Infatti testimonia la scelta di equiparare il problema della percezione diretta a quello della definizione di trasduttore. Tutta la distanza che separa Gibson da Fodor e Pylyshyn potrebbe essere misurata proprio dalla differente estensione della localizzazione dei trasduttori e, conseguentemente, da un differente concetto di ciò che conta come input del processo visivo, quantunque, come abbiamo visto, Gibson rifiuti la nozione stessa di input. Sono proprio tale estensione e tale considerazione che consentono la compatibilità tra la prospettiva gibsoniana e il paradigma dell animate vision. L input del processo visivo non può essere costituito solo dall informazione trasdotta semplicemente da un array retinico o da una coppia di questi array, bensì dall informazione che viene trasdotta dal sistema visivo senso-motorio in quanto il processo visivo viene appunto visto come un perception-action cycle. Ed è esattamente questa considerazione che fa superare la maggior parte delle difficoltà connesse alla sottodeterminazione della stimolazione retinica rilevate da Fodor e Pylyshyn come lo stesso Gibson aveva ben compreso. 97 Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p Fodor J., Pylyshyn Z.,1981, p

101 c) Il paradigma dell animate vision e la possibilità di un parziale recupero della prospettiva gibsoniana Nella Encyclopedia of Artificial Intelligence viene sinteticamente descritta l impostazione del paradigma classico della visione artificiale, una descrizione che avrebbe fatto rabbrividire J. J. Gibson: the goal of an image understanding system is to transform two dimensional data into a description of the three dimensional spatio-temporal world and such a system must infer 3-D surfaces, volumes, boundaries, shadows, occlusion, depth, color, motion 101. Ballard contrappone a questa impostazione il paradigma della animate vision che, apparentemente, appare più vicino alle linee di ricerca gibsoniane: We are accustomed to thinking of the task of vision as being the construction of a detailed representation of the physical world. Furthermore, this constructive process is regarded as being independent of larger tasks. However, a new paradigm that we term animate vision argues that vision is more readily understood in the context of the visual behaviors that the system is engaged in, and that these behaviors may not require elaborate categorical representations of the 3-D world 102. Ballard elenca alcuni prerequisiti e caratteristiche fondamentali del paradigma dell animate vision: 1. i modelli prodotti devono funzionare in tempo reale; 2. il ruolo integrale della visione all interno del comportamento animale viene considerato come un perception-action cycle ; 3. l animate vision possiede caratteristiche antropomorfiche come la binocularità, la presenza di zone foveali e soprattutto un high speed gaze-control che la rendono qualitativamente differente dalla passive vision 103. Proprio la presenza il possesso delle sole zone foveali ad alta risoluzione, che costituiscono meno dello 0,01 % dell area del campo visivo e che impongono al sistema visivo rapidi spostamenti da un punto di fissazione al successivo, detti saccadi, per muovere velocemente la fovea su differenti bersagli o mantenerla su un bersaglio in movimento, determinano l uso di scanning patterns that are highly sensitive to the particolar task at hand 104. Il sistema visivo secondo il paradigma dell animate vision sembra essere usato per sottoservire comportamenti di problemsolving e proprio questo fatto implica che spesso non viene richiesto un modello accurato del mondo 105. I dati sul puntamento foveale e sul movimento saccadico, ottenuti studiando soggetti 101 Shapiro S. (ed.), 1987, p Ballard Dana H., 1989, p Ballard Dana H., 1991, p Ballard Dana H., 1991, p Ballard Dana H., 1991, p

102 sperimentali che eseguivano compiti specifici, hanno infatti mostrato quanto debba essere dinamico un processo comportamentale visivo 106. La maggior parte delle strutture cerebrali deputate alla rappresentazione dell informazione visiva sono inoltre indicizzate retinicamente, comportando un continuo cambio a seguito dei movimenti oculari. Questo solleva un puzzle tecnico per la percezione visiva umana 107, in quanto diviene necessario comprendere come il mondo ci possa apparire visivamente così stabile quando il processo che raccoglie i dati visivi risulta così dinamico. Ballard ritiene che questo interrogativo sia estremamente interessante e comporti una risposta sorprendente quanto controintuitiva: the visual system provides the illusion of threedimensional stability by virtue of being able to execute fast behaviors 108. Per originare tale illusione è necessario che il sistema visivo usi il mondo come un memorybuffer that can be accessed by visual behaviors 109 e, soprattutto, rinunciare all idea che tale sistema debba elaborare una dettagliata rappresentazione interna as a form of «table look-up», in quanto in un mondo dinamico, come quello in cui si trovano ad agire i sistemi visivi umani ed animali, il costo computazionale per mantenere the correspondance between the representation and the world becomes proibitive 110. Un controllo di tipo antropomorfico dello sguardo, cioè la collezione dei differenti meccanismi che mantengono la fovea su un dato bersaglio spaziale, come quello che cerca di simulare l animate vision, comporta invece notevoli vantaggi computazionali soprattutto nella fase della cosiddetta early vision. La simulazione di meccanismi di controllo dello sguardo cambia infatti in modo radicale i modelli computazionali della visione. Senza di essa il sistema visivo deve affrontare da solo il peso di risolvere difficili problemi con differenti gradi di libertà. Con essa emerge un nuovo paradigma in cui i calcoli del sistema visivo sono integrati all interno del repertorio di un comportamento senso-motorio. Non è necessario che tale comportamento sia sempre coronato da successo e qualche competenza specifica ad alto grado di precisione rappresentativa può essere sacrificata in nome di una performance in tempo reale. Ciò nondimeno questa impostazione presenta notevoli vantaggi: 1) la possibilità di utilizzare una ricerca visiva che abbassa drasticamente i costi computazionali rispetto alla ricerca algoritmica su una singola immagine, 2) la possibilità di effettuare movimenti di fotocamera programmati fornendo ulteriori vincoli (constraints) rispetto al processo di imaging e facilitando ulteriormente il processo computazionale, 3) l uso di quadri di coordinate exocentriche ( external coordinate 106 Ballard Dana H., 1991, p Ballard Dana H., 1991, p Ballard Dana H., 1991, pp , corsivo mio. Il paradigma dell animate vision è stato del resto utilizzato da D. Ballard J. Triesch, M. M. Hayhoe, B. T. Sullivan per elaborare ipotesi alternative di spiegazione del fenomeno della change blindness attraverso esperimenti realizzati in un contesto di realtà virtuale dove veniva studiato il rapporto tra i cambi rilevati e modelli del movimento saccadico task specific. I risultati sperimentali ottenuti suggest a highly purposive and task specific nature of human vision, where information extracted from the fixation point is used for certain computations only just in time when needed to solve the current goal (Ballard Dana H., Triesch J., Hayhoe M. M., Sullivan B. T., 2003). 109 Ballard Dana H., 1991, p Ballard Dana H., 1991, p

103 frames that are attached to points in the world 111 ), orientate rispetto all osservatore ma centrate sull oggetto, che permettono di utilizzare strategie di controllo viso-motorio che risultano much simpler than strategies that use ego-centric coordinates 112, 4) la possibilità di segmentare le aree di interesse nell immagine precategoricamente 113, 5) la possibilità di servirsi di sistemi di coordinate centrati sull oggetto, che risultano invariant with respect to observer motion 114 quali basi della memoria spaziale 115, 6) l esser fatta su misura per algoritmi di apprendimento che usano un riferimento indessicale 116. Rispetto al paradigma della Visione Artificiale Classica, che continua ad essere impostato sulle linee tracciate da D. Marr le differenze sono notevoli. In particolare, mi sembra opportuno sottolineare l importanza della rinuncia al concetto di rappresentazione dettagliata 3-D dell ambiente esterno, in quanto tale rinuncia comporta una radicale semplificazione della computazione dell output visivo, senza impiego di vincoli a priori che dipendono dalla sottodeterminazione della semplice immagine retinica rispetto ad una rappresentazione 3-D esplicita. Infatti, all interno del paradigma basato sull impostazione di Marr, la funzione della visione si identifica con the construction of efficient symbolic description from images of the world 117. Il processo visivo produces from images of the external world a description that is useful to the viewer and not cluttered with irrelevant information attraverso un processo di mapping da una rappresentazione all altra 118 al cui interno the initial representation is in no doubt it consists of arrays of image intensity values as detected by the photoreceptors in the retina 119. È proprio l identificazione della rappresentazione iniziale con semplici «arrays of image intensity values», senza tenere conto dell importanza dell esistenza di una zona foveale e dei movimenti saccadici di puntamento, con i relativi meccanismi di controllo all interno di tasks 111 Ballard Dana H., 1991, p Ballard Dana H., 1989, p Gaze control systems can be used to focus attention or segment areas of interest in the image precategorically. That is, one can isolate candidate visual features without first associating them with models using the degrees of freedom of the gaze control mechanisms (Ballard Dana H., 1989, p. 1636). 114 Ballard Dana H., 1989, p Ballard Dana H., 1991, p Ballard Dana H., 1991, p Marr D., 1979, p È proprio l idea di una sequenza di rappresentazioni sempre più esplicite che viene abbandonata nel paradigma dell animate vision: è davvero necessario computare una sequenza di rappresentazioni per ricostruire il mondo 3D? (Boccignone G., Visione Artificiale, p. 24). 119 Marr D., 1982, p

104 specifici, che viene posta in discussione dall animate vision, in quanto non risulta naturalistica 120 e comporta l introduzione di numerosi e poco realistici constraints che, come principi a priori, consentono di superare l impasse della sottodeterminazione retinica della rappresentazione visiva. Il rigetto di un identificazione così semplicistica comporta quindi un parziale recupero dell impostazione percettologica gibsoniana, nella quale si insiste sull importanza di considerare il fatto che gli occhi sono collocati in una testa con particolari capacità e limiti di movimento e quest ultima su un corpo deambulante, assai superiore a quello riconosciuto dallo stesso Marr, che apprezzava Gibson per aver individuato che the detection of physical invariants, like images surfaces, is exactly and precisely an information-processing problem, ma lo criticava per aver sottostimato la complessità del processo attraverso cui il sistema percettivo acquisisce le informazioni ambientali rilevanti 121 e per non aver avvertito la necessità di introdurre vincoli per normalizzare i problemi computazionali ill-posed. All interno del paradigma dell animate vision, la progettazione di modelli di simulazione del sistema visivo non comporta l introduzione di tali vincoli in quanto l introduzione di meccanismi di gaze-control 122 e la richiesta di obiettivi rappresentazionali task-specific evitano, sin dall inizio, di trovarsi di fronte alla complessità computazionale di problemi ill-posed nell economia di un sistema biologico l esplorazione visiva passiva è inconsueta. Già al livello più basso della codifica, infatti, l immagine di una scena viene generata nel tempo, sguardo dopo sguardo (Boccignone G., Visione Artificiale, p. 25). 121 In perception, perhaps, the nearest anyone came to the level of computational theory was Gibson (1966). However, although some aspects of this thinking were on the right lines, he did not understand properly what information processing was, which led him seriously underestimate the complexity of the information-processing problems involves in vision and the consequent subtlety that it is necessary in approaching them (Marr D., 1982, p. 29). 122 Dana H. Ballard sottolinea l importanza dell enorme risparmio di costi computazionali da parte nei modelli dell animate vision e soprattutto il vantaggio di non dover introdurre poco credibili constraints per la normalizzazione dei problemi ill-posed legati alla sottodeterminazione retinica delle rappresentazioni. Il guadagno ottenuto dall introduzione, nel computo, dei dati che provengono dai meccanismi di gaze-control andrebbe comunque perso se, per il loro uso e per l utilizzo dei dati da essi provenienti, aumentassero nuovamente i costi computazionali e si fosse costretti ad introdurre ulteriori constraints poco credibili. Ballard sottolinea che non è questo il caso e ritiene quindi che i modelli forniti dall animate vision risultino meglio confermati all interno della spirale virtuosa propria del metodo sintetico utilizzato nelle scienze cognitive: We argue that the ability to control gaze can greatly simplify the computation of early vision, but what of the complessity of gaze control itself? If that should turn out to be prohibitively difficult it would negate the value of this paradigm. Fortunately, all our experimental work to date argues that this will not be the case (Ballard Dana H., 1991, p. 65). 123 Ciò che cambia radicalmente, rispetto all approccio classico, è il modo di concepire e utilizzare il sistema di visione: qui è un sottosistema che opera nel tempo e limitatamente alla porzione del mondo focalizzata in un preciso istante. La scelta del fuoco di attenzione, è controllata dal sottosistema motorio, che a sua volta riceve informazioni dal sottosistema visivo e dal sottosistema motivazionale/comportamentale. Vien fatto di pensare che il modello computazionale sia estremamente più complesso rispetto ad un modello convenzionale: il che sembrerebbe essere in contraddizione con l obiettivo iniziale di realizzare un processo visivo che opera in tempo reale. Ebbene, è stato rigorosamente dimostrato, come i vari problemi di basso livello (stereo, movimento, shape-from-shading, ecc.), che risultano naturalmente mal posti non lineari e instabili in un contesto passivo, diventino ben posti lineari e 104

105 L animate vision può così fare proprio il caveat gibsoniano di non farsi fuorviare dalla falsa analogia tra fotografia e percezione visiva e dall improprio paragone tra la retina e una pellicola fotografica ben più di quanto non potesse fare il programma di ricerca di D. Marr 124. Dal punto di vista dell animate vision, la considerazione del processo visivo animale come un perception-action cycle comporta anche una rivalutazione delle affordances gibsoniane 125, senza per questo risultare meno funzionalista della stessa IA classica 126. La possibilità di utilizzare il contesto ambientale come estensione della mente, anzi meglio, l importanza di considerare il contesto ambientale come componente non irrilevante della mente, almeno per quanto riguarda il supporto che può essere fornito all attività di memorizzazione e calcolo, era stata sottolineata con vigore da A. Clark nel suo saggio Microcognition 127. L animate vision fa propria questa impostazione teorica nel momento in cui sottolinea l importanza di utilizzare l ambiente attraverso una procedura di homing basata sull utilizzo di landmarks nella simulazione dell acquisizione di una memoria spaziale. La riflessione riguardante la minor incidenza della sottodeterminazione retinica della scena ambientale ci consente di focalizzare il punto fondamentale che distingue l animate vision dalla passive vision. Questo è costituito non tanto dal fatto di rendere la mente embodied attraverso un approccio di tipo robotico, ma dal fatto che tale embodiement comporta una profonda rivisitazione tanto del carattere dell input che il sistema visivo deve elaborare (non limitandosi a considerare stimoli di ordine più alto come faceva Gibson in The Perception of the Visual World ma dati che possono essere forniti attraverso un perception-action cycle in un senso più vicino a quanto lo stesso Gibson affermava nell Ecological approach del ), tanto del carattere dell output (che non risulta più una rappresentazione dettagliata 3-D del mondo esterno ma una mappa che può risultare approssimativa e comunque sempre relativa all utilizzo in comportamenti stabili in un contesto attivo. Questa proprietà favorisce, in ultima analisi, l eliminazione di pesanti vincoli computazionali che altrimenti occorrerebbe imporre per ottenere una soluzione (Boccignone G., Visione Artificiale, pp ). 124 Gibson James J., 1986, p Ballard Dana H., 1991, p R. Cordeschi sottolinea con intelligenza e vigore questo punto: il metodo sintetico può essere considerato come il metodo che impone un certo numero di restrizioni agli artefatti oltre alla semplice equivalenza funzionale stimolorisposta, verificabile attraverso il test di sufficienza, e dunque alla semplice indipendenza della realizzazione in materia organica o artificiale. L equivoco di fondo, largamente diffuso come argomento polemico, è stato che la scienza cognitiva classica è funzionalista (di qui il suo dualismo cartesiano, ecc.), quella nuova no (e magari è heideggeriana, ecc,). In realtà ogni strategia modellistica o sintetica è funzionalista (Cordeschi R., 2008, p. 180). Lo stesso A. Clark in Microcognition aveva sottolineato un punto analogo per quanto riguardava l uso di modelli dell IA classica o di quella connessionistica per simulare procedure di categorizzazione e apprendimento. 127 Clark A., The recent revival of Gibsonian theories has stressed the role of ecological invariants to challenge the traditional understanding of what are the relevant properties that constitute the functional input of perceptual processing (Taraborelli D., 2005, p. 139). 105

106 task-specific 129 ). L animate vision ridescrive cioè in modo naturalistico la funzione svolta dal sistema visivo, in relazione alla struttura, al livello teorico delle competenze più che a quello algoritmico o a quello di implementazione proprio dell hardware. L approccio animate vision consente di eliminare constraints poco realistici per la normalizzazione di problemi ill-posed eliminando in realtà i problemi stessi, in virtù di tale profondo ripensamento critico della natura degli inputs del sistema visivo 130. Se il metodo sintetico, proprio dell approccio funzionalista adottato dalle scienze cognitive, è costituito dalla spirale virtuosa teoria-modello-restrizioni, l eliminazione di restrizioni poco plausibili, che rendono il modello irrealistico, conduce a ripensare il carattere rappresentazionale della stessa funzione visiva. Tale eliminazione è infatti determinata dal fatto che la teoria risulta inquadrata in un programma di ricerca multidisciplinare, in quanto un tipo di approccio robotico, finalizzato alla spiegazione delle prestazioni che intende simulare e riprodurre in artefatti, tende a privilegiare l introduzione di restrizioni relative alla terna ambiente-fenotipo-sistema nervoso 131, e comporta un ripensamento al livello teorico della descrizione della funzione senza negarne il carattere rappresentazionale. Proprio la riflessione sulla maggiore o minore importanza accordata al fattore della sottodeterminazione retinica nella costruzione di modelli di simulazione dei processi visivi sembra suggerire che i risultati ottenuti adottando il metodo sintetico all interno dell animate vision possano avere rilevanti conseguenze epistemologiche di tipo naturalistico. Essi, in modo differente dall impostazione della computer vision classica, confermano infatti l idea che la percezione visiva costituisce un processo di tipo astrattivo, nel senso però di costruzione di un modello o mappa task-specific, e quindi solo parzialmente in accordo con l Ottica Ecologica. Mettere in relazione il ridimensionamento della sottodeterminazione retinica della scena ambientale nell animate vision con la tesi epistemologica della sottodeterminazione empirica delle teorie scientifiche serve a ripensare in un contesto di epistemologia naturalizzata la dottrina dei dati di senso 132. Quando questi vengono visti in senso fisicalistico come risultato di un perceptionaction cycle, il problema della sottodeterminazione risulta marginale, soprattutto quando venga ripensata in senso epistemologico la funzione dei modelli non più intesi come meri strumenti di interpretazione semantica di teorie, viste come collezioni di fbf dotate di struttura assiomatica, but as tools for representing the world 133 e quindi possano essere euristicamente accostati ai modelli rappresentazionale task specific o mappe, che costituiscono il risultato della fase early 129 Vedi al riguardo Ballard Dana H., Triesch J., Hayhoe M. M., Sullivan B. T., Come suggerito, tra l altro, dai dati sperimentali forniti dallo sviluppo delle neuroscienze. 131 Anche se questo non comporta che tali restrizioni siano poi quelle sempre rilevanti a tali fini esplicativi (Cordeschi R., 2008, p ). 132 La naturalizzazione dei dati di senso viene qui intesa in modo differente da quello sostenuto José Luis Bermúdez, anche se alcune osservazioni del filosofo, riguardanti soprattutto la distinzione tra percezione visiva immediata e percezione visiva diretta, possono risultare utili ai nostri scopi: Bermúdez J. L., Giere Ronald N., 2004, p (faccio presente che le citazioni sono tratte dal preprint scritto per la conferenza tenuta a Pavia nel 2004 dal Prof. Giere). 106

107 vision del processo visivo. Particolarmente interessanti risultano, al riguardo, le considerazioni svolte da R. Giere sui modelli intesi come mappe di tipo cartografico e le considerazioni generali svolte riguardo al rapporto tra teorie e modelli e al rapporto tra modelli e dati. Le mappe sono considerate infatti oggetti fisici 134 e risultano partial, di una limited accuracy regarding included features, representational model in its own special way «by being spatially similar to aspects of object they represent» 135. Per Giere, il rapporto che lega i modelli alla realtà fisica - e quindi il rapporto che lega teorie, modelli e dati - viene considerato un rapporto di somiglianza, nel caso delle mappe di somiglianza spaziale, piuttosto che di isomorfismo. Cosa ancora più importante maps necessarily reflect the interests of map makers and map users. Maps are interest relative, and necessarily 136. Questo punto avvicina le considerazioni svolte da R. Giere al punto teoretico centralmente rilevante dell animate vision di Ballard e comporta notevoli conseguenze teoriche per la corretta edificazione di un epistemologia autenticamente naturalizzata, come vedremo nel capitolo conclusivo di questo lavoro. Appendice: Naturalizzazione dell input e autonomia della visione nel modello della computer vision di D. Marr Le critiche mosse da Fodor e Pylyshyn alla tesi gibsoniana della percezione diretta degli invarianti ottici si inquadrano a pieno titolo nel programma di ricerca cognitivista simbolico dell IA classica mentre il bersaglio polemico del paradigma ballardiano è costituito dall impostazione classica adottata nella computer vision di D. Marr. Sarà allora il caso di esaminare, più da vicino, l approccio teorico proprio di tale programma di ricerca; cominceremo citando le parole di Winston e Brown che riassumono la famosa teoria dei tre stadi 137 proposta da Marr per individuare i corretti modelli di simulazione dei processi della percezione visiva: First, a competence to be understood is observed and precisely described, normally by careful experiments with human subjects. Second, representations are selected or invented that facilitate explicit description of the target processing products. 134 They are physical objects, for example, a piece of paper with lines on it. It does not, therefore, strictly make sense to ask whether a map is true or false they are neither linguistic entities nor instantiations of linguistic entities, maps are representational. Just how they are representational is another question (Giere Ronald N., 2004, p. 744). La caratteristica di essere un oggetto fisico è condivisa da tutti i tipi di modello considerati da Giere. 135 A map represents the region mapped in virtue of shared spatial similarities between the map and the region mapped ( Giere Ronald N., 2004, p. 744). 136 Giere Ronald N., 2004, p I primi tre punti sotto citati costituiscono, nel loro insieme, il primo stadio della competenza computazionale. 107

108 Third, the competence and the representations are combined into a well defined computational problem to be solved. Fourth, algorithms are devised that perform the desired computation. Fifth, results are validated by some combination of computer implementation and psychophysical experimentation 138. Per Marr è fondamentale cominciare la ricerca individuando correttamente le competenze che un sistema computazionale deve esibire, indipendentemente dalla loro specificazione algoritimica o dalla loro implementazione fisica 139. Dal punto di vista dell analisi funzionale, la visione risulta essere un processo di costruzione di una descrizione simbolica, utile per l osservatore e resa priva da informazioni irrilevanti, a partire dalle immagini del mondo esterno. Tale processo può essere visto come un processo di mappatura da una rappresentazione all altra, a partire da una rappresentazione iniziale che consiste nelle matrici di valori di intensità luminosa rilevati dai fotorecettori retinici 140. Quando nel suo lavoro parla di immagini del mondo iniziali, Marr intende infatti riferirsi esclusivamente alle immagini retiniche, date dalla somma dei differenti valori di intensità e lunghezza d onda rilevati da ogni singolo pixel o fotorecettore. Il processo visivo risulta, per Marr, una costruzione di rappresentazioni da tali immagini ed egli fornisce una definizione tecnica di rappresentazione, al fine di evitare fraintendimenti: a representation is a formal system for making explicit certain entities or type of information, together whit a specification of how the system does this. And I shall call the result of using a representation to describe a given entity a description of the entity in that representation 141. Una rappresentazione si costituisce come uno schema formale attraverso un processo di vaglio ed esplicitazione dell informazione ambientale fisicamente disponibile, come il risultato di 138 Winston P. and Brown H., There must exist an additional level of understanding at which the character of the information-processing tasks carried out during perception are analyzed and understood in a way that is independent of the particular mechanisms and structures that implement them in our heads. This was what was missing the analysis of the problem as an information-processing task. Such analysis does not usurp an understanding at the other levels of neurons or of computer programs- but it is a necessary complement to them, since without it there can be no real understanding of the function of all those neurons Although algorithms and mechanisms are empirically more accessible, is the top level, the level of computational theory, which is critically important from an information-processing point of view. The reason for this is that the nature of the computation that underlie perception depends more upon the computational problems that have to be solved than upon the particular hardware in which their solutions are implemented (Marr D., 1982, p. 19 e p. 27). 140 Marr D., 1979, p. 15 e Marr D., 1982 p Marr D., 1982, p

109 una sorta di setaccio simbolico 142. Per Marr il crivello in una prima fase opera a livello retinico nel senso della trasduzione. A partire dall immagine bidimensionale retinica è possibile ricostruire un numero molto grande di differenti scene ambientali: vi è quindi un problema di sottodeterminazione retinica delle scene stesse. Per rendere solubile il problema inverso di ricostruzione della scena vengono introdotti dei vincoli iniziali (constraint) e quindi, in questa fase del processo visivo, viene posto in opera un ulteriore vaglio questa volta di tipo astrattivo. Il problema principale nello spiegare e ricostruire la percezione visiva è costituito dal fatto che la possibile scena ambientale risulta gravemente sotto-determinata dall informazione contenuta nella configurazione delle eccitazioni dei fotorecettori della retina. Il modo in cui il sistema visivo umano organizza la stimolazione spazio-temporalmente frammentata dell informazione retinica in unità percettive, coerenti e stabili, cioè in oggetti tridimensionali, è costituito da una serie di soluzioni ad un insieme di problemi mal posti che devono essere preventivamente regolarizzati. Per risolvere questa serie di problemi, Marr considera il sistema visivo come un generalpurpose mechanism costituito da special-purpose mechanisms. Il processo visivo viene quindi investigato e simulato attraverso l individuazione dei sottomeccanismi che esplicano funzioni particolari. Questo approccio modulare 143 è fondamentale in quanto permette di cominciare a separare il processo visivo in pezzi che possono essere compresi individualmente una computazione complessa può essere divisa (split-up) e implementata come una collezione di parti che risultano pressoché indipendenti l una dall altra come dal compito principale 144. In questo modo, inoltre, è più facile considerare il sistema visivo come esito di un processo di selezione naturale 145. Marr ritiene che la ricostruzione della scena tridimensionale all interno dell early vision avvenga attraverso tre fasi salienti culminanti nella costruzione di tre principali rappresentazioni: 142 To say that something is a formal scheme means only that it is a set of symbols with rules for putting them together no more and no less.. There is a trade-off; any particular representations makes certain information explicit at the expense of information that is pushed into the background and may be quite hard to recover (Marr D., 1982, p. 21). Vengono in mente le affermazioni di Leibniz riguardanti il primo grado di processo astrattivo e di semplificazione svolto dai meccanismi percettivi rispetto ad una realtà che risulta troppo complessa e infinitamente analizzabile per essere correttamente colta al livello della descrizione geometrica (Leibniz, G. W., 1978, VII, p ). 143 Lo scienziato americano ricorda come nella computer science i pezzi separati di un processo vengano chiamati i suoi moduli (Marr D., 1982, p. 102 (trad. pers.). 144 Marr D., 1982, p. 102 (trad. pers). 145 Come afferma Marr stesso, Il principio del disegno modulare è importante perché se un processo non è disegnato in questo modo un piccolo cambio in un punto ha conseguenze in molti altri punti. Il processo funzionale, considerato come un tutto, può difficilmente esser sottoposto a verifica (debug) o migliorato, sia da un progettista umano (human designer) sia nel corso dell evoluzione naturale. In questo caso un piccolo mutamento per migliorare una parte deve essere accompagnato da molti simultanei cambiamenti altrove. Il principio del disegno modulare, invece, pur non proibendo interazioni tra differenti moduli in un compito, sottolinea il fatto che l organizzazione complessiva debba essere in prima approssimazione modulare ( Marr D., 1982, p. 102 (trad. pers.)). 109

110 1) l abbozzo grezzo che rende espliciti i cambi di intensità luminosa e la geometria locale bidimensionale di un immagine; 2) l abbozzo 2 ½-D che è costituito da una rappresentazione centrata sull osservatore della profondità e dell orientamento delle superfici visibili e che include i contorni delle loro discontinuità e, infine, 3) il modello 3-D, una rappresentazione modulare organizzata gerarchicamente a partire da primitivi volumetrici di differente misura, il cui sistema di coordinate è centrato sull oggetto, che rende esplicito lo spazio occupato da un oggetto e non solo le superfici visibili 146. Fondamentale per Marr risulta la prima fase del processo che è anche quella in cui risulta necessario regolarizzare i problemi mal posti di ricostruzione del primal sketch, contenente l informazione resa esplicita, e quindi computazionalmente disponibile, sui cambi di intensità luminosa e sulla geometria locale dell immagine bidimensionale retinica. Il primal sketch poi, sulla base di ulteriori vincoli (constraints) da specificare, i quali svolgono la funzione di conoscenze a priori del sistema, permette la costruzione del 2 ½-D sketch centrato sull osservatore. L abbozzo a 2 dimensioni e ½, sulla base di ulteriori vincoli, consente la realizzazione del 3-D sketch, centrato sull oggetto ed utilizzabile per l identificazione e il riconoscimento dello stesso. Per quanto riguarda la fase 1) i problemi «ill-posed» 147, come quello dell individuazione della forma a partire dall ombreggiatura o quello del rilevamento dell interpolazione e dei confini delle superfici, sono dei veri e propri problemi inversi, apparentemente irrisolvibili. Marr ritiene indispensabile introdurre dei vincoli (constraints) per trasformare un problema inverso irrisolvibile in un problema solubile e, al tempo stesso, sottoscrive l ipotesi che la selezione naturale abbia introdotto ipotesi a priori che consentono al nostro sistema visivo di restringere il numero delle possibili interpretazioni dell immagine retinica. Per comprendere e simulare il processo di costruzione del primal sketch, Marr sostiene che bisogna cogliere dalla ricerca neurofisiologica indizi sul modo in cui sono rappresentati i cambiamenti di intensità luminosa. Questi possono essere rappresentati da macchie ed elementi orientati che specificano una localizzazione o un contrasto o un estensione spaziale o una caratterizzazione di un cambiamento di intensità nonché i punti in cui tale cambiamento cessa 148. La rappresentazione della geometria locale rende a sua volta esplicite le relazioni geometriche bidimensionali tra item significanti in un immagine 149, marcati per mezzo di segnaposti (placetokens) e definiti in vari modi: 146 Marr D., 1979 p Bertero M., Poggio T., Torre V., Marr D., 1979, p Per esempio quelli relativi alle relazioni di parallelismo tra bordi vicini, e alla posizione ed orientamento di zone (places) significative nell immagine (Marr D., 1979, p. 21 trad. pers.). 110

111 Le relazioni geometriche locali tra «segnaposti», infine, sono rappresentate attraverso l inserimento di linee virtuali che congiungono i «segnaposti» vicini, rendendo esplicita l esistenza di una relazione comune, il loro relativo orientamento e la distanza reciproca 150. Per Marr risulta importante considerare la plausibilità psicofisica degli algoritmi ideati 151. Il modulo della fase 1) dell early vision viene infatti suddiviso in sottomoduli delegati a discriminare le regioni dell immagine, a distinguere la struttura dal movimento, alla visione stereoscopica, e bisogna individuare gli algoritmi adeguati per svolgere le funzioni proprie di ciascun sottomodulo. Particolarmente interessante risulta il modulo delegato a discriminare le regioni 152. Per individuare l algoritmo relativo esistono due principali strategie alternative. La prima usa direttamente i predicati relativi alle proprietà denotanti, decidendo se una loro determinata localizzazione giace dentro o fuori la regione, attraverso un test locale di qualche funzione dei predicati medesimi 153. La seconda consiste nel differenziare internamente i predicati definendo le regioni a partire dai loro confini piuttosto che per mezzo delle proprietà presenti al loro interno 154. Secondo Marr è necessario domandarsi quale genere di confine debba essere trovato e a cosa serva per poter risolvere the underlying computational problem. Fornire una definizione ragionevole di cosa sia un confine visivo e simulare il relativo processo di rilevamento costituisce un problema fondamentale in quanto riguarda direttamente la questione di cosa sia l early vision e a cosa serva 155. Dal punto di vista della plausibilità naturalistica, sembra che necessitiamo di processi visivi primari che conducono velocemente a risultati approssimativi più di quelli che forniscono lentamente risultati più accurati. Questo significa che dobbiamo essere in grado di utilizzare descrizioni approssimate delle regioni visive, caratterizzando in modo sommario la loro estensione e la loro forma, prima di caratterizzare precisamente i loro confini 156. Anche nella successiva fase del processo visivo (intermediate process), solo l esatta comprensione della funzione del processo visivo, naturalisticamente inteso come abilità, consente di evitare errori concettuali e di impostare una corretta soluzione computazionale dei problemi che si suppone esso affronti. L approccio corrente nella machine vision assume che il successivo 150 Marr D., 1979, p. 21 trad. pers. 151 Marr D., 1979, pp La computer science, relativamente all early vision, si occupa di risolvere il problema della discriminazione di zone visive. Le regioni vengono definite in un immagine da predicati denotanti a difference in texture or brightness etc. (Marr D., 1979, p. 29). 153 Marr D., 1979, p Marr D., 1979, p Marr D., 1979, p Marr D., 1979, p

112 gradino del processo visivo consiste in un processo di segmentazione i cui scopi consistono nel dividere l immagine in regioni significative per l individuazione di oggetti fisici o per fini pratici 157. Per Marr l impasse teorica, il ristagnare della ricerca nella identificazione e descrizione computazionale delle operazioni svolte in tale fase, dipenderebbe per l appunto dal non aver individuato con precisione gli scopi di questo stadio del processo visivo. Per risolvere il problema della segmentazione, molti hanno infatti ritenuto che occorresse una conoscenza specialistica di una serie tipi di scene particolari nonché delle caratteristiche visive delle superfici degli oggetti che più frequentemente si presentano in esse. Se questo approccio fosse corretto il problema centrale per la visione sarebbe quello di provvedere affinché siano tempestivamente disponibili le corrette conoscenze specialistiche (the right piece of specialized knowledge) durante il processo di segmentazione 158. Ma, sebbene siano stati definiti alcuni algoritmi basati su questo approccio computazionale, risulta comunque difficile analizzarli rigorosamente nelle situazioni semplificate ed artificiali in cui hanno un discreto successo mentre tale analisi diviene impossibile in condizioni naturali 159. Lo scienziato ritiene invece che, dal momento che la maggior parte del processo dell early vision ha lo scopo di estrarre informazione sulle superfici visibili degli oggetti del campo visivo, sono proprio queste superfici con la loro forma e la loro disposizione rispetto all osservatore che devono essere rese esplicite a questo punto del processo di elaborazione ed il fatto che esistano in uno spazio tridimensionale impone dei vincoli generali relativi alla loro individuazione 160. Questi vincoli rappresentano la conoscenza a priori che il sistema deve possedere e che non riguarda le proprietà spaziali necessarie per il riconoscimento categoriale o identificazione di oggetti particolari, ma, piuttosto, il modo in cui le superfici rivelano in generale le proprietà spaziali degli oggetti, a partire da una prospettiva centrata sull osservatore. Per Marr, varie tecniche permettono di ottenere i dati per la costruzione del 2 ½ D sketch a partire dalle numerose fonti di informazione che la visione fornisce riguardo alla forma (shape): stereoscopia, movimento, gradienti tissurali e ombreggiatura. Tutte queste tecniche possiedono un tratto comune: si basano sull informazione tratta dall immagine stessa piuttosto che su una conoscenza a priori delle forme degli oggetti visti; tale informazione, poi, riguarda la profondità o l orientamento della superficie rispetto ad un punto arbitrario in un immagine piuttosto che la profondità o l orientamento associati a oggetti di tipo particolare. Una volta individuati i dati rilevanti e le tecniche necessarie per rilevarli, può essere correttamente riformulato il problema computazionale che l intermediate processing deve risolvere e individuata la possibile forma per il 2 ½ D sketch. Quest ultimo, a causa della sua instabilità e della prospettiva centrata sull osservatore, risulta comunque una rappresentazione insufficiente per gli scopi del riconoscimento oggettuale e deve quindi essere sostituito da una rappresentazione tridimensionale adeguata che contenga shape descriptions that include volumetric shape 157 Marr D., 1979, p Marr D., 1979, p Marr D., 1979, p Vincoli cioè che non risultano ristretti a oggetti particolari (Marr D., 1979, p. 47). 112

113 primitives of a variety of sizes, whose positions are defined using an object-centered coordinate system 161. L intero processo visivo, modello tridimensionale incluso, risulta così per Marr funzionalmente anteriore al riconoscimento oggettuale vero e proprio. Infatti, anche in quei casi in cui l approccio al processamento dell informazione risulta essere top-down, piuttosto che bottomup, il genere di conoscenza a priori richiesto ed impiegato dal sistema risulta essere di carattere generalissimo e riguardante le proprietà spaziali di oggetti in quanto oggetti. Non viene fatto riferimento a conoscenze immagazzinate riguardanti le proprietà spaziali di oggetti particolari. Ciò vale sia per le Underling Physical Assumptions che permettono di generare un possibile raw primal sketch dall array retinico sia per le restrizioni che è necessario introdurre nella terza fase per poter generare il modello tridimensionale. Nel primo caso, le assunzioni necessarie al sistema visivo per la costruzione dell abbozzo primitivo riguardano l esistenza e le funzioni di riflessione delle superfici levigate degli oggetti 162, l organizzazione gerarchica di dette funzioni a differenti scale di grandezza 163, il grado di similarità relativa degli item generati 164, la loro continuità spaziale 165, il significato spaziale delle discontinuità 166 e, infine, la continuità del flusso 167 (flow). Nel secondo caso le restrizioni riguardano le proprietà della superficie e del relativo contorno di un oggetto tridimensionale 168. Questa breve ricostruzione del modello della computer vision di Marr ci permette di esaminare due differenti questioni: la prima questione riguarda il carattere naturalistico dell approccio di Marr, la seconda questione riguarda il tipo di compatibilità sussistente tra la prospettiva della computer vision e la tesi dell autonomia della visione. 161 Marr D., 1979, p Existence of surfaces: the visible world can be regarded as being composed of smooth surfaces having reflectance functions whose spatial structure may be elaborate (Marr D., 1982, p. 44). 163 Hierarchical organization: the spatial organization of a surface s reflectance function is often generated by a number of different processes, each operating at a different scale (Marr D., 1982, p. 45). 164 Similarity: the items generated on a given surface by a reflectance-generating process acting at a given scale tend to be more similar to one another in their size, local contrast, color, and spatial organization than to other items on that surface (Marr D., 1982, p. 45). 165 Spatial continuity In addition to their similarity, markings generated on a surface by a single process are often spatially organized they are arranged in curves or lines and possibly create more complex patterns (Marr D., 1982, p. 49). 166 The loci of discontinuities in depth or in surface orientation are smooth almost everywhere (Marr D., 1982, pp ). 167 If direction of motion is ever discontinuous at more than one point along a line for example then an object boundary is present (Marr D., 1982,, pp ). 168 Marr D., 1979, p

114 Per ciò che concerne la prima questione è importante sottolineare come l approccio di Marr si collochi sulla strada per naturalizzare la computazione dei processi visivi all interno di un programma di simulazione artificiale e ponga le basi, attraverso il richiamo alla plausibilità naturalistica degli output dei vari moduli del processo visivo, per il successivo sviluppo del programma di ricerca di Ballard, nonostante le notevoli differenze. È infatti vero che, rispetto al paradigma dell animate vision, la prospettiva di Marr considera l output del modulo conclusivo dell early vision una rappresentazione tridimensionale simbolica piuttosto dettagliata che si riferisce alle proprietà spaziali di oggetti in generale e non un modello approssimato e altamente task-specific, ma, nonostante questo, vi è una bella differenza tra l output simbolico e le conoscenze a priori richieste dai modelli basati sui frames e l output simbolico e le conoscenze a priori incorporate nei differenti moduli dell early vision di Marr. Proprio il richiamo esplicito e puntuale alla questione di cosa sia e a cosa serva un sistema di elaborazione visiva, nell individuazione delle funzioni svolte dai moduli della fase 1) e 2), sembra preludere alla taskspecificity dei modelli rappresentazionali di Ballard e questo va rilevato senza dimenticare che le differenze restano notevoli, sia per quanto riguarda la considerazione dell input dell intero processo di elaborazione visiva, strettamente identificato con le singole immagini retiniche, sia per quanto riguarda il carattere dettagliato e ancora simbolico dell output finale: il modello 3-D. Per quanto riguarda l individuazione dell input del processo di elaborazione visiva, vanno fatte alcune considerazioni critiche che riguardano il parziale apprezzamento dell opera di Gibson da parte di Marr e che permettono di illustrare meglio i limiti della naturalizzazione di Marr rispetto alla prospettiva dell animate vision. Anche se Marr apprezza l impostazione del lavoro gibsoniano del 1966, volta a sostituire la passività dei sensi con l attività dei sistemi percettivi attraverso cui l organismo ottiene una percezione costante sulla base di un flusso di sensazioni continuamente mutevoli, egli non sembra in grado di riconoscere la radicale differenza della nozione di informazione proposta dallo psicologo statunitense nella sua ultima opera, continuando a parlare di sensory information e dei sensi come channels for perception 169. Gibson sottolinea infatti l importanza di considerare l informazione rilevata dall organismo disponibile in quanto è contenuta nell ambiente e non come trasmessa all organismo stesso. La luce ambientale costituisce una fonte inesauribile di informazione, che può essere rilevata sulla base della propria struttura, attraverso un processo attivo di esplorazione del flusso dell assetto ottico ambientale, culminante in un effetto di resonance, senza nessun tipo di trasmissione o elaborazione 170. Non si fa alcun riferimento a un attività computazionale di ricostruzione della scena, intesa come risposta dell osservatore ad uno stimolo identificato con l immagine retinica paragonata, a sua volta, 169 The important thing about the senses is that they are channels for perception of the real world outside or, in the case of vision, of the visible surface how does one obtain constant perception in everyday life on the basis of continually changing sensations? This is exactly the right question, showing that Gibson correctly regarded the problem of perception as that of recovering from sensory information «valid» properties of the external world. His problem was that he had a much oversimplified view of how this should be done (Marr D., 1982, p. 29). 170 Il mezzo differisce dallo spazio in quanto è anisotropo esso contiene le informazioni per il controllo c è, cioè, un assetto ad ogni punto di osservazione, e un assetto che cambia ad ogni punto di osservazione in movimento l odore è carattere specifico di una sostanza volatile, il suono di un evento, e l angolo solido visivo è quello che più possiede la proprietà della specificazione, dato che contiene tutti i tipi di invarianti strutturati per la percezione dell affordance di un oggetto le informazioni non sono propagate nel mezzo come lo sono i segnali, ma vi sono contenute. Deriva da ciò che la percezione nel mezzo accompagna la locomozione nel mezzo (Gibson James J., 1986, p. 345). 114

115 all impressione ottenuta su una pellicola fotografica 171. Marr critica Gibson per aver sottostimato la complessità dei problemi di elaborazione dell informazione coinvolti nella visione, ma tale critica appare riduttiva e non pertinente 172. Egli travisa completamente il senso delle parole gibsoniane quando afferma che il rilevamento di invarianti fisiche come le images surfaces o le costanza di grandezza 173 è esattamente e precisamente un problema di elaborazione dell informazione di cui viene sottovaluta abbondantemente la difficoltà 174. Certo questo travisamento è probabilmente dovuto al fatto che l ultima opera di Gibson è stata pubblicata solo nel 1986, a distanza di alcuni anni dalla morte sia di Gibson che di Marr, e che quindi lo stesso Marr potrebbe non esserne venuto a conoscenza. In ogni caso una grande distanza teorica separa le concezioni dei due autori, ben maggiore di quella tra le concezioni di entrambi e quella di Ballard che ha avuto modo di leggere l ultima opera di Gibson. Ballard infatti, come abbiamo visto, concorda con Marr sul fatto che la visione sia un processo di elaborazione dell informazione ma, recependo i suggerimenti gibsoniani sul carattere di perception-action cycle della visione stessa ed elaborando, conseguentemente, una differente concezione sia dell input che dell output del processo visivo non è costretto a misurarsi con i problemi mal posti connessi con la ricostruzione delle scene. Le principali differenze tra l approccio classico della computer vision di Marr e quello dell animate vision di Ballard concernono proprio l individuazione dell input e dell output del processo di elaborazione visiva. L identificazione dell input con array retinici di intensità luminosa si ripercuote nel complesso delle successive elaborazioni e comporta, per Marr, l introduzione di vincoli poco realistici per normalizzare il problema della sottodeterminazione retinica della scena ambientale. La differente considerazione dell output, come vedremo, comporta a sua volta l introduzione di vincoli poco realistici per la ricostruzione del modello 3-D. Sul punto dell introduzione dei constraints nella fase 1) emergono i limiti dell approccio di Marr rispetto a quello dell animate vision. Solo quest ultimo può recepire in modo proficuo i suggerimenti di Gibson all interno di un programma che consideri il processo visivo come un processo di elaborazione dell informazione, nonostante gli anatemi dello psicologo statunitense. È 171 Per Gibson, infatti, a tutti i livelli le attività del sistema visivo sono adattamenti del sistema, e non reazioni riflesse a stimoli, o risposte motorie, o comunque risposte di qualsivoglia tipo (Gibson James J., 1986, p. 333). Molti falsi problemi secondo Gibson derivano dalla falsa analogia tra fotografia e percezione visiva.. è abbastanza fuorviante paragonare l occhio alla macchina fotografica, ma è ancora peggio paragonare la retina ad una pellicola fotografica (Gibson James J., 1986, p. 338). 172 In perception, perhaps, the nearest anyone came to the level of computational theory was Gibson (Gibson James J., 1966). However, although some aspects of this thinking were on the right lines, he did not understand properly what information processing was, which led him seriously underestimate the complexity of the informationprocessing problems involves in vision and the consequent subtlety that it is necessary in approaching them (Marr D., 1982, p. 29). 173 Marr si riferisce, in particolare, a quanto viene asserito da Gibson - in Gibson James J., 1966, p quando afferma che l informazione riguardante la dimensione costante di un oggetto è normalmente trasportata dalle relazioni invarianti in una matrice ottica, cosicché la rigidità dei corpi è specificata (Marr D., 1982, p. 30). 174 Marr D., 1979, p

116 la mancata naturalizzazione della stimolazione di partenza che porta Marr a considerare il processo visivo come un processo di soluzione di problemi inversi ill posed e che lo spinge ad introdurre dei constraints i quali, nonostante il riferimento alla selezione naturale, appaiono assai poco naturalistici. Tali limiti vengono confermati sul punto dell introduzione dei constraints nella fase 3), in quanto è proprio la mancata naturalizzazione dell output, identificato con un modello 3- D piuttosto dettagliato, che costringe Marr ad introdurre un altra serie di vincoli, poco realistici da un punto di vista naturalizzato, per la soluzione dei problemi relativi a tale fase. Possiamo ora brevemente esaminare la seconda questione riguardante la compatibilità tra il modello di Marr e la tesi dell autonomia della visione. Detta questione e la questione della plausibilità naturalistica dei modelli di simulazione dei processi visivi sono del resto profondamente interrelate. L introduzione della prospettiva modulare, fondamentale per ridefinire all interno della prospettiva cognitivista la tesi dell autonomia della visione, viene infatti giustificata da Marr attraverso considerazioni di tipo naturalistico. Egli evidenzia, infatti, come il lavoro svolto da Warrington e Taylor mostri la plausibilità neurofisiologica dell approccio modulare 175. In particolare egli intende trovare conferme neurofisiologiche alla tesi computazionale che sostiene il carattere modulare del sistema visivo deputato all individuazione di oggetti dotati di forma particolare all interno di una scena, rispetto al differente modulo responsabile della loro identificazione o riconoscimento. Dagli studi dei due scienziati risulta infatti che l informazione relativa al contorno delle figure è immagazzinata (stored) separatamente da quella semantica del loro riconoscimento oggettuale e, in secondo luogo, che l approccio della computer vision portato avanti sino a quel momento, basato su una versione percettiva dei frame, risulta completamente sbagliato: Elizabeth Warrington had put her finger on what was somehow the quintessential fact of human vision that it tells about shape and space and spatial arrangement. Here lay a way to formulate its purpose building a description of the shape and positions of things from images of course, that is by no means all that vision can do; it also tells about the illumination and about the reflectances of the surfaces that make the shapes their brightnesses and colors and visual textures and about their motion. But these things seemed secondary; They could be hung off a theory in which the main job of vision was to derive a representation of shape 176. Per la questione, della compatibilità, è importante sottolineare come le differenti fasi del processo percettivo, che conduce alla ricostruzione tridimensionale della scena ambientale centrata sugli oggetti, siano anteriori alla categorizzazione intesa come identificazione o riconoscimento oggettuale. Questa distinzione resta valida anche se Marr tende ad identificare la vera e propria early vision con la prima fase del processo, cioè quella volta alla costruzione del primal sketch, dove viene resa esplicita l informazione sui cambiamenti di intensità luminosa e sulla geometria locale contenuta nella matrice retinica Warrington E. K. and Taylor A. M. 1973; Warrington E. K. and Taylor A. M., Marr D., 1982, p Marr D., 1982, p

117 Il processo della percezione visiva non risulta per Marr direttamente finalizzato all identificazione e al riconoscimento oggettuali, ma, piuttosto, ad individuare le caratteristiche figurali e di strutturazione spaziale di quanto è contenuto nella scena ambientale, che può così esser vista prima di essere interpretata nel senso semantico-conoscitivo del termine. Che tale processo percettivo costituisca per Marr a sua volta un processo interpretativo, nel senso di ricostruzione del modello 3-D, non deve trarre in inganno. L eventuale presenza di analogie tra i due tipi di processi interpretativi, quello semantico e quello cognitivo, costituisce un problema da risolvere attraverso un adeguata ricerca scientifica. Marr non intende comunque basare l eventuale inferenza ricostruttiva della scena ambientale su una conoscenza pregressa delle caratteristiche riguardanti l aspetto visivo di determinati oggetti. Infatti le conoscenze a priori introdotte sotto forma di constraints, per risolvere la serie di problemi relativi ad una ricostruzione corretta e univoca della scena, risultano di carattere generale e non riguardano le caratteristiche visive di particolari tipi di oggetti; in quest ultimo caso, infatti, ci troveremo ad operare all interno del quadro di ricerca dei frames di cui lo stesso Marr non manca di sottolineare l inadeguatezza e non plausibilità. Per la ridefinizione cognitivistica della tesi dell autonomia della visione risulta fondamentale il carattere generale delle conoscenze utilizzate nei constraints. Solo in questo modo è possibile definire correttamente caratteristiche e finalità del processo costruttivo dell early vision. Rimarrebbero da esaminare le possibili risposte agli interrogativi riguardanti lo status gnoseologico delle assunzioni e dei vincoli introdotti da Marr, la loro origine all interno di un eventuale processo di selezione naturale e il loro significato al interno di un contesto di epistemologia naturalizzata. Anche se tale esame esula dai compiti del presente lavoro, ci preme sottolineare che il tentativo di fornire le risposte relative allo status gnoseologico dei constraints può essere correttamente impostato solo a partire dalla chiarificazione del carattere generale delle conoscenze cui tali assunzioni fanno riferimento, compito questo cui è finalizzata questa parte della presente ricerca. In conclusione di quest appendice risulta opportuno ricapitolare come può essere ridefinita la tesi dell autonomia della visione all interno del modello di Marr. Essa concerne il fatto che sia il processo di costruzione dei differenti sketch sia quello del modello tridimensionale, pur equiparando quest ultimo a procedure di tipo inferenziale, facciano riferimento a principi e conoscenze di carattere generale, nel caso del modello 3-D quelle riguardanti le proprietà spaziali di oggetti in quanto tali piuttosto che le proprietà spaziali specifiche di determinati tipi di oggetti. Tali processi procedono in ogni caso quelli relativi all identificazione e al riconoscimento veri e propri, intesi come procedure di categorizzazione. La visione viene intesa come un processo autonomo. Se i due tipi di procedura, visione e categorizzazione, presentino analogie più o meno profonde costituisce senza dubbio un interrogativo di estremo interesse cui cercare di fornire una risposta. Infatti la scoperta di tali analogie potrebbe avere una portata euristica per quanto riguarda la comprensione dei meccanismi soggiacenti ai nostri processi cognitivi e potrebbe fornire un conforto indiretto all ipotetica interpretazione dello schematismo di derivazione kantiana come teoria del significato. Le possibili risposte che possono essere fornite a tale interrogativo verranno prese in considerazione nell ultimo capitolo di questo lavoro. 117

118 5. La spiegazione dell articolazione figura-sfondo, tra visione e cognizione, nella psicologia cognitiva di I. Rock e S. Palmer: a) la spiegazione dell articolazione figura-sfondo nella psicologia cognitiva di I. Rock; b) la collocazione dell articolazione figura-sfondo all interno delle differenti fasi del processo percettivo da parte di S. Palmer; c) conclusioni. I maggiori psicologi cognitivisti, interessatisi allo studio dei processi visivi, sono quelli che più appaiono lontani dalla tesi dell autonomia della visione, non solo perché elaborano strategie esplicative di tipo neohelmoltziano e vedono quindi una stretta affinità tra i processi visivi e quelli cognitivi di ordine superiore, come i processi inferenziali o le procedure di problem solving, ma anche perché giungono ad equiparare la struttura dei percetti a strutture di tipo proposizionale, ritenendo pressoché amodale il contenuto informativo elaborato nel processo percettivo. Questo è vero in particolare per I. Rock, la cui impostazione influenza ancora profondamente l intera ricerca percettologica statunitense, soprattutto attraverso i lavori di uno dei suoi principali collaboratori: S. Palmer. In questo capitolo, attraverso la descrizione del modello esplicativo adottato, costruttivista e a più stadi, e il riconoscimento del carattere descrittivo della prima fase del processo visivo così spiegato, mostreremo come la negazione della tesi dell autonomia della visione in Rock e Palmer non comporti le stesse conseguenze epistemologiche di quella wittgensteiniana, facendo principalmente riferimento, ancora una volta, alla spiegazione dell articolazione figura-sfondo all interno del processo percettivo. L unico punto di forte contatto tra il costruttivismo cognitivistico di Rock e l olismo del processo percettivo di Wittgenstein sembra essere costituito dall interpretazione del fenomeno della perception-recognition. Tale fenomeno, però, come vedremo esaminando la spiegazione fornitane da Pylyshyn, può essere chiarito nella prospettiva cognitivista senza negare la tesi dell autonomia della visione e senza comportare conseguenze epistemologiche analoghe a quelle comportate dall olismo percettivo di Wittgenstein. a) La spiegazione dell articolazione figura-sfondo nella psicologia cognitiva di I. Rock Nella formazione di Rock la Gestaltpsychologie ha avuto un peso rilevante 1. Ciònonostante ben presto egli si è distaccato criticamente dai suoi maestri, sostenendo, senza esitazione, una tesi che assomiglia molto da vicino all ipotesi dell esistenza di unbemerkte Empfindungen anatemizzata sia da Köhler che da Koffka. La possibilità di sostenere sperimentalmente tale tesi, attraverso l elaborazione di sofisticate procedure e metodi di tipo psicofisico, contrariamente a quanto pensava Köhler che la riteneva un ipotesi ad hoc infalsificabile, conduce Rock a rivalutare l idea che il processo percettivo sia di tipo raziomorfo-inferenziale 2, allontanandolo così in modo irreversibile dall impostazione gestaltista e spingendolo a sostenere con vigore un costruttivismo 1 Rock è stato infatti allievo di Hans Wallach sotto la cui supervisione ha svolto la propria tesi di dottorato. 2 Poco prima della morte di Rock, Arien Mack ha sttolineato con vigore il fatto che la sua teoria cognitivo-inferenziale della percezione è la più completa e articolata versione di una teoria indiretta della percezione che abbiamo. 118

119 cognitivista dove si afferma che la percezione è intelligente in quanto basata su operazioni simili a quelle che caratterizzano il pensiero, anche se la dipendenza della percezione dall informazione sensoriale comporta la presenza di certe differenze tra di essa e le più alte funzioni cognitive 3. Questa impostazione teorica nello studio della percezione ha cominciato ad affermarsi già da quello che è probabilmente il più famoso lavoro di ricerca di Rock, condotto insieme a Lloyd Kaufman, sull illusione della differente grandezza apparente della luna quando è all orizzonte rispetto a quando si trova allo zenit, in cui emergeva che tale illusione è la conseguenza logica delle regole attraverso cui il sistema visivo processa le informazioni riguardanti la misura e la distanza degli oggetti in generale. Pur riconoscendo il valore dell impostazione gestaltista e assegnando conseguentemente un valore assai limitato al ruolo che l esperienza passata gioca nell organizzazione percettiva 4, Rock ritiene che il tipo di spiegazioni fornite dall Gestaltpsychologie 5 presenti gravi limiti. Risulta ad esempio inadeguata la spiegazione che identifica le cause dei principi di raggruppamento con varie forze interattive generate dallo stimolo e che si proiettano all interno del cervello 6, in quanto i risultati sperimentali hanno evidenziato che fattori quali la prossimità debbano essere intesi nei termini della separazione percepita tra le unità piuttosto che in quelli della separazione fisica retinico-corticale 7. Se l osservatore forma raggruppamenti delle unità solo dopo averne percepito la vicinanza relativa 8, risulta infatti difficile sostenere che delle forze di attrazione possano spiegare il raggruppamento, dal momento che questo tipo di meccanismo richiede che la prossimità sia definita nei termini della vicinanza fisica delle unità nella rappresentazione corticale 9 e non nei termini della vicinanza percepita, in quanto quest ultima, al 3 Perception is intelligent in that it is based on operations similar to those that characterize thought the dependence of perception on sensory information makes for certain differences between it and higher cognitive functions (Rock I., 1983, p. 1). 4 While I have sought to give a rightful place to past experience as a determining factor in perception, I have not done what the Gestaltists so rightly criticized about some of their predecessors that is, I have not simply equated explanation with the alleged working of prior experience and overlooked the theoretical difficulties of such a glib assumption (Rock I., 1983, p. X). 5 Rock ricorda infatti come la Gestalt Psychology contains a wealth of ideas, and many of them stand today as correct descriptions of perception and cognition. Dopo aver precisato di non aver resuscitato the sensation-perception doctrine, sebbene abbia argomentato a favore della tesi che perception can often be understood as the result of a dual stage process in which the first stage is a representation highly correlated with the proximal input, what I call the proximal mode of perception or literal solution, critica i gestaltisti in quanto essi si sono spinti troppo oltre in their argument that the proximal stimulus was not in correspondence with the percept (Rock I., 1983, pp. IX-X). 6 Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p Per Rock questi risultati costituiscono appunto un altro esempio di come spesso un risultato percettivo (raggruppamento) sia basato su una precedente percezione (prossimità). 9 Rock I., 1983, p

120 contrario della prima, si riferisce ad un sistema di coordinate non retinico ma relativo all osservatore. Visto che anche la profondità percepita influenza il raggruppamento, Rock giunge a chiedersi se le leggi della Gestaltpsychologie svolgano qualche ruolo nell organizzazione della scena visiva o costituiscano solo degli effetti epifenomenici di laboratorio 10. Per Rock risulta fondamentale: 1) riconoscere che c è un ambiguità nel significato del termine utilizzato per indicare un determinante dell organizzazione percettiva (in questo caso il termine vicinanza o prossimità ); 2) cercare di eliminare l ambiguità del significato chiarendolo; 3) cercare di chiarire il processo sottostante il fenomeno in questione. Chiaramente l interpretazione retinica del termine vicinanza punta in una precisa direzione teoretica, quella costruttivistico-dinamica dei gestaltisti, mentre quella fenomenica punta in una direzione teoretica molto differente, quella costruttivistico-computazionale dei cognitivisti, propria della indirect perception. Gli esperimenti ideati e condotti da Rock e dai suoi collaboratori risolvono generalmente l ambiguità a favore dell interpretazione fenomenica, supportando la prospettiva costruttivistico-computazionale 11. I vari risultati sperimentali ottenuti, sia quelli che supportano l ipotesi dell influenza dell orientamento percepito sulla forma percepita, o della pendenza percepita (slant) sulla prossimità percepita 12, o della luminosità 13 e del completamento amodale 14 sull azione dei fattori di raggruppamento, risultano quindi molto importanti da un punto di vista teorico in quanto mostrano che determinate percezioni dipendono da altre percezioni precedenti (Percept-Percept 10 Given the findings that grouping conforms to perceived structure and therefore must emerge at a later stage following depth perception and constancy operations, important new questions arise. Given the logical argument that perceptual organization must occur at an early stage on the one hand and given the finding that Gestalt grouping does not occur at an early stage on the other, then what principle or principles govern initial perceptual organization? Do the Gestalt laws play any role in the final organization of the scene or are they mere laboratory epiphenomena? The entire question of grouping has to be re-opened and re-examined (Rock I. & Palmer S. E., 1997, p.7). 11 The ambiguity is generally resolved in favour of the phenomenal rather than the retinal aspect of the stimulus conditions e proprio questo fatto dà supporto alla tesi della percezione indiretta: if it is the perceived character of the stimulus array that matters in regard to phenomenon under consideration be it perceived orientation, perceived proximity, perceived adjacency, or whatever then such perception becomes an earlier stage of processing that culminates in a later, final perception (Rock I. & Palmer S. E., 1997, p. 9). 12 Rock I. & Brosgole L., Rock I., Nijhawan S., Palmer S.E. & Tudor L., Palmer S. E., Neff J., Beck D.,

121 Couplings 15 ) e quindi che l intero processo percettivo è costituito da una catena causale in modo tale che la percezione finale risulta indiretta 16 con buona pace dei gestaltisti e di Gibson. Nonostante le buone ragioni per rigettare l ipotesi che quanto viene percepito sia il risultato di operazioni mentali di tipo cognitivo 17, la riflessione e ulteriori ricerche sperimentali condotte 18 portano Rock a sostenere che il linguaggio della percezione e del pensiero è molto spesso lo stesso 19 e che la percezione si basa su una forma proposizionale di rappresentazione di oggetti ed eventi esterni, utilizzando l esperienza passata per identificare le cose e modificare talvolta, sotto determinate condizioni, ciò che viene percepito 20. L analogia tra processi di pensiero e processi percettivi viene spinta al punto di sostenere che il sistema percettivo fa uso di assunzioni e di regole interne e le applica alle nuove situazioni, in un processo che risulta così sia computazionale che inferenziale, nella ricerca di una soluzione ottimale di ciò che lo stimolo rappresenta 21. Rock si riferisce esplicitamente alle tesi sostenute nel paragrafo 26 dello Handbuch da von Helmoltz e riconosce il debito teorico nutrito nei suoi confronti, sottolineando come il fine del processo di elaborazione sia quello di produrre una descrizione dell oggetto od evento esterni, anche se lo stesso processo non risulta coscientemente orientato ad un fine e le sue motivazioni sono piuttosto il risultato dell adattamento evoluzionistico In questi termini W. Epstein indica l essenza della Indirect Perception (W. Epstein, 1982). 16 one perception depends upon another, prior perception thus have a perception perception chain of causation which means, among other things, that the final perception, the one we are generally seeking to explain, is indirect (Rock I. & Palmer S. E., 1997, p. 10). 17 Rock elenca sette principali ragioni per rigettare l ipotesi che la percezione costituisca il risultato di operazioni mentali di tipo cognitivo: 1) l istantaneità della percezione, 2) il fatto che non vi sia consapevolezza di un qualunque processo di pensiero, 3) l indipendenza o autonomia del risultato percettivo da ciò che sappiamo al livello concettuale, 4) il carattere innato della percezione di alcuni oggetti o proprietà spaziali, 5) le buone ragioni a sostegno dell opinione che molte specie animali e i fanciulli nei primi anni di vita percepiscano il mondo in modo molto simile a come lo percepiamo noi, 6) il fatto innegabile che percezioni quali le tinte, i sapori e gli odori non sembrano il risultato di un processo raziomorfo, 7) la non correttezza metodologica della spiegazione di un fatto psicologico attraverso meccanismi di livello più alto quando sono disponibili spiegazioni che si riferiscono a meccanismi di livello più basso (Rock I., 1983, pp. 4-5). 18 Condotte su fenomeni quali l illusione dell effetto di parallasse percepito quando muoviamo la testa osservando uno stereogramma, i fenomeni di perception recognition, in cui individuazione e riconoscimento non possono essere considerati completamente separati, lo stesso movimento stroboscopico riconsiderato da una differente prospettiva rispetto a quella di Wertheimer. 19 Rock I., 1983,, p Rock I., 1983, p Rock I., 1983, pp Rock I., 1983, p

122 Lo psicologo statunitense sembra sostenere in qualche modo il carattere amodale del contenuto informativo elaborato dal sistema percettivo, quando afferma che la descrizione che esso fornisce di un oggetto o di un evento è cognitiva nel senso che il suo linguaggio è concettuale e che possiede lo stato formale di una proposizione. Egli riconosce che vi sono certamente casi di percezioni descrittive in cui il ricorso al ragionamento è minimo (ad esempio, nella maggior parte dei casi di percezione della forma in cui la descrizione può basarsi su fattori quali la geometria interna del pattern della stimolazione unitamente all informazione che ne individua il sopra, il sotto, i lati etc.). Ma anche nei casi dove sembra inappropriato parlare di processi di problem solving o che seguono una regola, la descrizione correlata al percetto risulta comunque, per Rock, un evento cognitivo 23. Egli individua infatti quattro principali categorie di processi percettivi: 1) costruzione della forma (basata sullo sviluppo di una descrizione inconscia), 2) problem solving (basato sulla generazione e verifica di ipotesi descrittive), 3) determinazione delle relazioni (basata sull interpretazione dell informazione relazionale contenuta nello stimolo), 4) inferenza (fondata su un process of deduction sulla base di regole e premesse che si conclude con una descrizione) 24. Anche se la costruzione della forma non costituisce un processo inferenziale, come quello che è all origine delle costanze percettive, può essere parzialmente vista come un processo di problem solving 25 nel caso in cui è in questione l assegnazione di un bordo a più figure sulla base di un informazione incompleta contenuta nello stimolo prossimale 26. Nei casi di soluzione di problemi o di inferenza, lo psicologo statunitense argomenta a favore dell esistenza di una executive agency la quale, utilizzando l informazione resa disponibile al livello più basso, darebbe origine ad una sequenza gerarchizzata di differenti livelli di descrizione, ciascuno tendente a rimpiazzare e dominare i livelli più bassi 27. Al livello più basso la executive agency prenderebbe invece decisioni riguardo al raggruppamento delle parti del campo visivo e riguardo alla loro assegnazione alla figura o allo sfondo, avendo la funzione propria di costruire una descrizione letterale (literal description or solution) a partire dallo stimolo prossimale, inteso come volto a rappresentare un oggetto bidimensionale, una collezione di oggetti, o un evento del mondo. Questo stadio del processo percettivo, una sorta di descrizione letterale dello stimolo prossimale, verrebbe presto sostituito da una descrizione tridimensionale degli oggetti, collezioni od eventi. Infine, proprio la descrizione (bi- o tri-dimensionale) costituirebbe la base di un ulteriore descrizione di quello che gli oggetti o gli eventi rappresentano, fondata sul riconoscimento: il modo interpretativo della descrizione (the 23 Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p Come quello che, per Rock, darebbe luogo all effetto di profondità indotto dalla cinesi di punti luminosi. 26 Come nei casi di figure sovrapposte o nei casi di reversibilità dell articolazione figura-sfondo nelle figure ambigue di Rubin. 27 Rock I., 1983, p

123 interpretative mode of description). Tale modalità accompagnerebbe e arricchirebbe la descrizione precedente senza però sostituirla 28. Ci sono numerose analogie con la procedura di simulazione del processo visivo a tre fasi ipotizzata da Marr, in particolare il carattere bidimensionale del literal percept rispetto al carattere tridimensionale del preferred percept 29 e il fatto che la maggior parte del processo percettivo precede il riconoscimento o l identificazione di oggetti ed eventi particolari 30. Il compito dell indagine psicologica, comprendere perché una figura, intesa come un tutto, appare nel modo in cui appare, è comunque differente da quello della computer vision 31 per lo più interessata al problema della pattern recognition, in cui vengono a confondersi percezione della forma e categorizzazione del percetto 32. Per Rock, pur dovendo riconoscere l importanza della fase finale del riconoscimento oggettuale, non bisogna trascurare il peso del processo e dell esperienza della percezione della forma per sé: la prima operazione percettiva, infatti, consiste nell individuare un oggetto con la sua specifica forma (shape) 33. In questo senso l enfasi posta sia dai neurofisiologi sia dalla computer vision sulla detenzione dei contorni risulterebbe mal posta. Infatti nella percezione della forma un contorno si limita semplicemente a contrassegnare o delineare una ubicazione (location). Ciò che conta è l insieme di tali ubicazioni e se queste possono essere delineate senza contorni, questi ultimi si rivelano superflui Rock I., 1983, p. 19. La vera e propria sostituzione del literal percept con il preferred percept avviene durante il processo percettivo nella fase di descrizione basata su processi di problem-solving: the initial percept, which I will call the literal percept, is generally one that is in close correspondence with the proximal stimulus; the final percept is not directly correlated with the proximal stimulus but often is correlated with the distal state of affairs. The final percept is preferred, and once it occurs it usually perxists (Rock I., 1983, p.101). 29 The initial, literal percept is generally of the kind I have described as in the two-dimensional world mode. It is a perception of something in the world but typically is two-dimensional. The final or preferred percept is generally of the kind I have described as the three-dimensional world mode. It is of a three-dimensional object, array, or scene in the world (Rock I., 1983, p. 101). 30 Quella che abbiamo sin qui definito categorizzazione e Rock chiama invece the interpretative mode of description. 31 In Vision Science, S. Palmer, uno dei più brillanti collaboratori di Rock, chiarisce in modo chiaro e conciso tale differenza: Computer scientists are generally more interested in determining how well the algorithm works in producing useful perception; psychologists are generally more concerned with determining how well the algorithms models human-performance in well controlled experiments (Palmer S. E., 1999, p. 77). 32 La Computer Science risulta cioè più interessata al risultato finale, la categorizzazione, dati i propri scopi legati alla simulazione attraverso computer di processi quali quelli di lettura etc., dove il problema consiste nel costruire una macchina che possa scrutare attraverso scansione una configurazione e arrivare ad un identificazione (Rock I., 1983 p. 43). 33 Rock I., 1983, p Come dimostrerebbe sia la percezione di particolari sagome nella visione stereoscopica, negli esperimenti di Julesz, sia la percezione di contorni illusori o contorni senza gradiente, quali quelli studiati in particolare da Kanizsa (Rock I., 1983, p. 43). 123

124 Per evidenziare che la percezione della forma può avvenire senza una fase precedente di detenzione dei contorni, Rock studia sperimentalmente come si percepisca la traiettoria di un bersaglio mobile piuttosto che la forma di un immagine retinica estesa 35, giungendo a ritenere che la descrizione della figura senza rilevamento dei contorni (edges) può verificarsi anche in quest ultimo caso 36. Sebbene per Rock la percezione costituisca il risultato di un processo cognitivo che spesso somiglia da vicino alla soluzione di un problema propria dei processi di pensiero, essa continua a risultare ampiamente autonoma e differente dai processi di pensiero in quanto tali sotto vari aspetti 37. In particolare la percezione risulta indipendente e isolata dalla conoscenza della situazione così come questa è disponibile al livello concettuale cosciente, anche se, in certe condizioni (nei fenomeni di perception recognition) tale conoscenza sembra giocare un qualche ruolo 38. In particolari situazioni percettive, quali quelle costituite dalle figure del test di completamento figurale di Street 39 o dall immagine del cane dalmata di R. C. James 40, il tentativo di soluzione interpretativa culmina infatti in una soluzione percettiva irreversibile che coincide con una precisa identificazione oggettuale Infatti quest ultima non è necessaria se la percezione della forma è riducibile alla percezione della localizzazione (o direzione) delle parti costituenti una figura e alla descrizione delle proprietà spaziali della configurazione cui queste localizzazioni percepite danno origine collettivamente (Rock I., 1983 pp trad. pers.). 36 The perceptual system is integrating the set of successive directions given by the invisible element over time into a unified whole. The executive agency detects that the element seen first is one end of a path and that, for example, it is downward add to the left; the element seen shortly thereafter is farther to the right and higher. Integrating these relative directions yields a path with the shape of an oblique segment sloping upward to the right. In other words a description of a form can be achieved without the customary retinal image or iconic representation. If so, it is plausible to suppose that a similar process of directional integration and description accounts for form perception when an extended retinal image is available in the ordinary case (Rock I., 1983 p. 47). 37 Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p Street R. F., Carraher R. G., Thurston J. B., L irreversibilità della soluzione percettiva appare particolarmente marcata nel caso della figura del cane dalmata di R. C. James: una volta che si è visto nell immagine il cane dalmata è percettivamente impossibile non continuare a vederlo: 124

125 L equiparazione della costruzione della forma con un processo descrittivo inconscio permette di spiegare sia l articolazione figura-sfondo, con gli eventuali effetti di alternanza nel caso delle figure ambigue di Rubin, sia la percezione di sottoparti all interno di un intero percepito sia, in generale, la relazione tutto-parti all interno della percezione. Le modalità attraverso cui si realizza l articolazione figura-sfondo sono spiegate principalmente all interno della prima fase della descrizione strutturale, inconscia e non verbale, della figura, basata sull ispezione diretta dello stimolo prossimale (perception of shape) 42. Tale descrizione, infatti, richiede come primo passo una decisione sull organizzazione delle unità del campo percettivo 43, in particolare su quali vadano insieme a costituire la figura e quali insieme a costituire lo sfondo. Nella costruzione di tale descrizione lo stesso stimolo prossimale può però condurre a percetti qualitativamente differenti ed è proprio questo il fatto che ogni teoria della percezione deve spiegare. Rock fa riferimento alle figure ambigue di Rubin e rileva l inadeguatezza delle spiegazioni dell oscillazione e reversibilità dei risultati percettivi fornite dallo psicologo danese e dai gestaltisti; la spiegazione di Rubin, infatti, costituisce solamente un modo di descrivere a cosa somigli l organizzazione figura-sfondo più che un serio tentativo di spiegarla, mentre i tentativi di 42 Rock, I., 1983, p Rock ritiene comunque importante evitare ogni ambiguità per ciò che riguarda l uso del termine organizzazione, in particolare la confusione, a suo avviso operata dai gestaltisti, tra il problema della formazione delle unità e quello della relazione di appartenenza delle parti tra loro nella formazione di un tutto. Lo psicologo statunitense tiene a sottolineare come, quando parla di organizzazione nella fase di form perception based on description, intenda utilizzare il termine organizzazione nel senso esclusivo di formazione delle unità del campo percettivo. Egli fornisce una descrizione chiara ed utile di tale tipo di organizzazione per ciò che riguarda le caratteristiche descrittive rilevate: organization determines what parts in the field are taken collectively as belonging together as a whole, and that whole is then descrived in terms of its geometry, orientation (Rock I., 1983, p. 81). È importante notare come le caratteristiche risultino di tipo spaziale o riguardanti l orientamento delle figure nello spazio e, in ogni caso, non facciano riferimento alle caratteristiche spaziali specifiche di particolari tipi di oggetti. 125

126 spiegazione fisiologica proposti da Köhler e ripresi da Hebb successo 44. sembrano non aver avuto alcun Per lo psicologo statunitense, è possibile raggiungere una maggiore comprensione del fenomeno dell ambiguità figurale se il processo che dà luogo ad un tale risultato percettivo viene visto nei termini di costruzione di differenti descrizioni dell output ambiguo della stimolazione prossimale. La psicologia cognitiva, per Rock, è infatti in grado di spiegare i motivi per i quali il sistema percettivo può procedere a descrivere in un modo piuttosto che in un altro. A partire dalla figura seguente Rock osserva che se descriviamo la regione nera, allora il contorno centrale viene descritto come appartenente ad essa quale confine e l intera regione diviene un figura con una forma concava, mentre se descriviamo la regione bianca il contorno centrale viene descritto come appartenente ad essa e l intera regione diviene una figura con una forma convessa. Il punto che lo psicologo intende enfatizzare è che i due possibili percetti, la figura nera e quella bianca, non solo appaiono differenti ma che il modo in cui appaiono differenti è basato precisamente sul modo in cui ciascuno sarebbe descritto 45. Solo una regione, bianca o nera, in quanto bidimensionale, può essere descritta come concava o convessa e questo implica che la linea centrale sia presa come suo profilo. È questo processo descrittivo che dà luogo all articolazione figura-sfondo e al fenomeno dell alternanza nel caso delle figure ambigue Rock I., 1983, p Based precisely on the way each would be described (Rock I., 1983, p. 65). 46 L enfasi sulla descrizione avvicina la spiegazione della percezione di differenti tipi di figure ambigue: la coppa-due profili di Rubin e l anatra-coniglio di Jastrow. Rock stesso sottolinea come i migliori esempi di dipendenza della percezione di figure ambigue dalla descrizione si realizzino in quei casi in cui l ambiguità non riguarda l organizzazione figura-sfondo o l orientamento tridimensionale dell immagine ma, piuttosto, la sua interpretazione. In tali casi, al contrario di quanto avviene nei test di Rorschach, non ci limitiamo a interpretare in modo diverso uno stesso stimolo, ma lo percepiamo in modo differente. L unico modo per rendere giustizia del differente modo in cui percepiamo l anatra rispetto a quello in cui percepiamo il coniglio consiste, per Rock, nell affermare che noi percepiamo la prima nel modo in cui descriveremmo un anatra e l altro nel modo in cui descriveremmo un coniglio. Le caratteristiche cui ci 126

127 Infatti, nel caso di quest altra figura, ottenuta per semplificazione dalla precedente, la linea centrale potrebbe monodimensionalmente essere descritta come curvata a sinistra, non come concava né come convessa e non abbiamo in questo caso nessuna ambiguità né alcun effetto di alternanza. Solo quando le descrizioni risultano sottodeterminate dallo stimolo prossimale, sorge l ambiguità e l alternanza. In questo come in altri casi di percezione di figure ambigue, il punto che sembra risultare fondamentale per Rock è che una data descrizione sembra essere alla base di un dato percetto 47. Rock ritiene così che la concezione incentrata sulla costruzione di una descrizione possa rendere sufficientemente ragione dell articolazione figura-sfondo, vista come fenomeno psicologico da spiegare. Infatti la percezione di una forma specifica è funzione di un processo descrittivo e solo la regione così descritta risulta quale figura, mentre lo sfondo non risulta sottoposto ad una descrizione della forma, ma solo del colore, della tessitura etc. 48. L alternarsi di differenti percetti, nel caso delle figure ambigue di Rubin, dipende dal fatto che lo stimolo prossimale non supporta la percezione simultanea di due forme 49 in quanto consente la costruzione di un unico contorno fenomenico e quindi la descrizione di una figura alla volta, dove sarebbero necessari due contorni fenomenici per poter percepire simultaneamente due forme in base a due descrizioni figurali 50. Per questo motivo lo stimolo dà origine a due differenti soluzioni percettive che tendono ad alternarsi. Basta intervenire sullo stimolo prossimale, introducendo uno si riferisce in questo caso, però, come nel caso della perception recognition, non sono solo di carattere spaziale ma risultano piuttosto specifiche e collegate direttamente all identificazione categoriale. Anche se tale accostamento sembra minare ulteriormente la tesi dell autonomia della visione, bisogna rilevare che lo stesso Rock sottolinea la differenza dei due fenomeni percettivi, basando appunto le differenti percezioni dell anatra e del coniglio di Jastrow su una diversa interpretazione e ritenendo che l unica caratteristica che accomuna questo tipo di fenomeno alla percezione delle figure ambigue di Rubin consista esclusivamente nell essere entrambi basati su un processo di tipo descrittivo. 47 A given description seems to underlie a given percept (Rock, I., 1983, p. 66). 48 Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p

128 sdoppiamento del contorno condiviso nell alternanza, perché sia possibile percepire simultaneamente due figure. La spiegazione dell ambiguità delle immagini del tipo coppa-due profili, sulla base di descrizioni alternative inconsce, lascia comunque due questioni irrisolte: una riguardante la causa della reversibilità o alternanza delle figure nel tempo, l altra la base per la scelta di una regione rispetto all altra come figura 51. Per quanto riguarda la prima questione, Rock sottolinea come il fenomeno dell alternanza e reversibilità dei risultati percettivi nel caso di figure ambigue richieda una spiegazione da parte di una teoria cognitiva che equipara la percezione ad un processo descrittivo. Infatti, una volta che una descrizione sia stata raggiunta dal sistema percettivo, ci si deve domandare come e perché venga sostituita. Le spiegazioni prevalenti di tipo costruttivo-dinamico, riguardo alla reversibilità, si riferiscono ad effetti di saturazione (satiation) o affaticamento (fatigue) delle strutture neurali coinvolte, dovuti all osservazione continuata del pattern, sottolineando il carattere spontaneo, automatico e inesonerabile della reversibilità. Rock ritiene che spesso i metodi adottati negli esperimenti abbiano condotto ad una sopravvalutazione della spontaneità e dell automatismo di questo tipo di fenomeni. Spesso è l attesa indotta dalle indicazioni fornite dagli sperimentatori a causare l effetto di reversibilità che appare solo a prima vista incoerente con la tesi che la percezione sia basata su un processo di descrizione. In molti casi, adottando le opportune cautele metodologiche, il cambiamento percettivo automatico non compare. L occorrenza spontanea dell effetto di reversibilità non implica comunque difficoltà insormontabili per una teoria cognitiva della percezione in quanto può essere determinata da una descrizione alterata piuttosto che da qualche switching neurale spontaneo governato dalla saturazione (satiation) 52. Se poi vogliamo cercare i motivi del cambiamento di descrizione, possiamo far riferimento ad un effetto di saturazione psicologica o di noia, determinata dall innaturalezza di una situazione sperimentale in cui i soggetti sono costretti a continuare a guardare ininterrottamente una stessa figura. Questo tipo di spiegazione, che, al contrario della saturazione neurofisiologica dei gestaltisti, appare piuttosto ad hoc, risulterebbe per Rock ancora compatibile con la tesi che vi è la tendenza, da parte di un osservatore ingenuo, a conservare un particolare risultato percettivo 53. La questione relativa alla base per la scelta di una regione rispetto all altra come figura vede il sistema percettivo coinvolto in una vera e propria procedura di problem-solving all interno del processo di costruzione descrittiva del percetto. Rock ritiene opportuno individuare correttamente i differenti momenti in cui si articola il processo percettivo visto come processo di problem-solving: individuazione della soluzione, accettazione della soluzione e preferenza accordata ad una determinata soluzione. 51 Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p

129 Per quanto riguarda la l individuazione della soluzione, Rock, sulla scorta di Duncker, distingue due tipi di soluzioni: le soluzioni dal basso o data driven e le soluzioni dall alto o hypothesis driven. La percezione di contorni senza gradiente, la perception-recognition e la percezione del movimento anortoscopico sono viste come casi di soluzioni data driven. In questo caso certe parti di una percezione letterale, sono viste quali indizi (clues) di una percezione successiva che viene preferita 54. L effetto di profondità cinetica e la trasparenza fenomenica indotta sono considerate invece delle percezioni hypothesis driven. In tali casi non vi è un indizio così ovvio nello stimolo e la central agency sembra inferire il probabile evento od oggetto esterno senza il beneficio di un fattore indiziale indipendente (indipendent cluing factor) 55. Rock si rende conto si potrebbe obiettare la provata esistenza psichica dell intera fase di individuazione della soluzione. Vi può essere solo un evidenza indiretta a sostegno di tale esistenza, in quanto non possiamo osservare direttamente il presunto processo attraverso cui ricaviamo o selezioniamo una determinata soluzione percettiva 56. Ritiene comunque che, rispetto all ipotesi ad hoc delle unbemerkte Empfindungen, vi sia la possibilità di un test di plausibilità indipendente, per lo meno per quanto riguarda i casi di solution finding from below, attraverso la presenza di caratteristiche o componenti dello stimolo nelle percezioni iniziali di osservatori inesperti che devono acquisire una percezione finale di tipo particolare 57. Nei casi di solution finding from above, invece, non risulta esservi un indizio indipendente di cui si può fare a meno una volta ricavata la soluzione 58. Per Rock risulta comunque plausibile assumere che in questi casi la soluzione deve prima sorgere in forma ipotetica e viene quindi mantenuta in quanto risulta migliore o preferita rispetto alla soluzione iniziale o letterale 59. Il rigetto e la sostituzione della literal solution, però, non riguarda semplicemente la scoperta della soluzione percettiva ma, piuttosto, l individuazione dei criteri in base ai quali essa viene accettata o, nel caso di più alternative, scelta. 54 Rock I., 1983, pp Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p What I have tried to show for one kind of perceptual problem solving, the kind from below is this: one can demonstrate that certain features or components of the stimulus play a role via their presence in an initial perception in leading naïve observers or achieve a particular final perception. Yet these features are not necessary for the perception in question because once the observer is not longer naïve or is given the appropriate set or instructions, that perception is easily achieved without these features (Rock I., 1983, p. 113). 58 Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p

130 Per ciò che riguarda i criteri di accettazione, Rock ritiene che essi siano principalmente: la conformità allo stimolo, il supporto fornito da quest ultimo e l evidenza negativa 60, sottolineando come il carattere proposizionale (in some sense propositional) delle descrizioni percettive, permetta di comprendere perché il sistema rifiuti soluzioni auto-contraddittorie. Per Rock, l analisi teorica e le ricerche sperimentali condotte indicano sia l importanza dello stimolo prossimale sia la sua insufficienza per spiegare ciò che viene percepito, se considerato isolatamente 61. Lo stimolo prossimale sembra cioè svolgere una doppia funzione: da una parte suggerisce e dirige la ricerca di ciò che esso rappresenta, dall altra serve come supporto o evidenza contraria delle potenziali soluzioni descrittive 62. Per lo psicologo statunitense, risulta fondamentale considerare le cause o i motivi, trattandosi della decisione di una central agency, che conducono a preferire un eventuale soluzione descrittiva ad un altra e, quindi, a rigettare una determinata soluzione letterale. Egli sostiene apertamente che la soluzione letterale risulta insoddisfacente perché non riesce a rendere conto della regolarità di certe co-variazioni dello stimolo prossimale che dovrebbe quindi essere accettata come una mera coincidenza 63. Così, a quelle che egli stesso ritiene i tre principali modi di spiegare la preferenza accordata da un sistema percettivo ad una determinata configurazione: quello di economia e semplicità dei gestaltisti, quello dell accordo con l esperienza passata proprio degli empiristi e quello secondo cui un processo percettivo opererebbe in base ad un ipotesi di costanza e rigidità dell oggetto percepito, egli aggiunge la sua propria teoria della coincidence-explanation view. In questa sostiene che, nel caso della percezione di eventi, la executive agency cerca di spiegare variazioni co-occorrenti dello stimolo, apparentemente scollegate, in base ad una causa comune e che, nel caso della percezione di configurazioni stabili, cerca soluzioni che spieghino coincidenze apparenti e regolarità inspiegate, contenute implicitamente nella soluzione non preferita 64. Alcune di tali teorie non risultano mutuamente esclusive e, in alcuni casi, ne può essere utilizzata più di una per spiegare la preferenza accordata al percetto da parte del sistema; comunque considerazioni di tipo logico ed il peso dell evidenza sperimentale, secondo Rock, rendono poco plausibile la teoria gestaltista della semplicità 65. La coincidence-explanation view viene quindi avanzata anche per spiegare l organizzazione figura-sfondo nel caso di figure sovrapponentesi come la seguente: 60 1) stimulus conformity: the solution must account for the proximal stimulus ; 2) stimulus support: the proximal stimulus must contain what is implied by the solution ; 3) negative evidence: the solution must not entail contradiction (Rock I., 1983, p. 125). 61 Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p

131 L interposizione viene considerate un indizio pittorico della profondità e Rock ricorda come siano state avanzate varie spiegazioni della preferenza accordata ad una soluzione percettiva che presenta due rettangoli sovrapposti rispetto ad altre logicamente possibili: dal richiamo empirista all influenza dell esperienza passata sino alla continuità di direzione dei gestaltisti. Rock ritiene possibile spiegare tale preferenza ipotizzando che il sistema percettivo cerchi e preferisca una spiegazione (an explanation) che rende conto dello stimolo senza accettare coincidenze fortuite sull intreccio dei contorni di due figure giacenti su uno stesso piano 66. Il discorso relativo all importanza del principio di non coincidenza, quale principio di scelta delle soluzioni percettive, può di fatto essere allargato, per Rock, fino ad includere il fenomeno dell articolazione figurasfondo, poiché è in questione lo stesso fenomeno di un singolo contorno che separa due figure. L articolazione figura-sfondo, con i suoi effetti funzionali, viene quindi vista come preferenza accordata dal sistema percettivo ad una soluzione che permette di spiegare la configurazione dello stimolo prossimale senza la necessità di accettare l intrecciarsi fortuito dei bordi di due figure 67. L interposizione di due figure percepite costituirebbe cioè un caso speciale della preferenza accordata all organizzazione figura-sfondo, un caso in cui lo sfondo coincide con un altra figura. 66 It is possible to invoke the principle that perceptual system seeks and prefers an explanation that accounts for the stimulus without accepting coincidence. The critical region is the contour shared by both figures. To perceive both figures as in one plane is to accept the coinciding or meshing of part of the boundaries of both figures along this common contour, whereas to perceive one figure overlapping the other is to account for this region of the stimulus without entertaining any such coincidental arrangement in space (Rock I., 1983, p. 141). 67 The really central aspect of figure-ground organization is the biased belonging of the dividing contour to one side or the other the contour gives one side a shape but not the other at any moment. Figure-ground reversal then means that the contour now gives shape, a very different shape, to the other side. But why do we never perceive simultaneously two figures, i. e., two shaped regions sharing a contour?. figure-ground organization can be thought of as another case of preference, a preference to perceive one figure overlapping or in front of a ground. What I am suggesting is that this preference is based on the possibility of explaining the stimulus array without the necessity of accepting the coincidental meshing of the borders of two figures (Rock I., 1983, pp ). 131

132 Il fondamento dell operare del fattore di continuità di direzione risulterebbe così la preferenza accordata ad un risultato percettivo che spiega ciò che risulterebbe altrimenti prodotto da un allineamento puramente accidentale 68. Il principio di non coincidenza, per Rock, sembra fornire una spiegazione anche per la decisione operata dal sistema percettivo di operare raggruppamenti in accordo con gli altri criteri suggeriti dagli psicologi gestaltisti: destino comune, similarità, prossimità e simmetria nei casi in cui operi come fattore determinante di qualche organizzazione particolare (singolarità) 69. Il fattore della chiusura invece appare superfluo in quanto ridondante 70. Secondo Rock, la teoria cognitivista incentrata sulla descrizione renderebbe inoltre conto della percezione di sottoparti all interno di un intero percepito e, in generale, della relazione tutto-parti all interno della percezione. Lo psicologo statunitense accetta i risultati delle ricerche condotte dai membri più brillanti del Denkkollektive gestaltista, integrandoli con ricerche più recenti, e li inquadra all interno di una teoria basata su principi aspramente criticati dai gestaltisti. Accetta cioè i risultati sperimentali delle ricerche condotte da Gottschaldt nel 1929, i quali attestavano che l organizzazione percettiva può condurre o meno alla presenza fenomenica di certe parti in configurazioni più estese, ma ritiene che la presenza od assenza fenomenica di parti all interno di un tutto percepito sia dovuta al fatto che la descrizione sottesa alla percezione contenga o meno gerarchicamente tali parti 71. Infatti, sebbene il tutto percepito risulta costruito in base alle parti che compongono lo stimolo prossimale e alle loro interrelazioni, non sempre gli interi che percepiamo, una volta costruiti, sembrano contenere naturalmente delle sottoparti. Per Rock questo dipende dalle caratteristiche del processo percettivo inteso quale processo descrittivo, come nel caso della percezione di un cerchio a partire dall informazione riguardante le posizioni relative di una serie di punti sulla retina o la traiettoria di un punto in movimento: né i singoli punti né i singoli tratti del percorso hanno lo status di parti naturali del tutto percepito. In altri casi questo risultato dipende dal fatto che le caratteristiche globali risultano percettivamente descritte mentre non lo sono i dettagli fini e le sfumature, almeno prima vista. Un problema sembrerebbe sorgere per la teoria descrittivista in quelle circostanze percettive nelle quali il tutto, basandosi gerarchicamente su una precedente descrizione delle parti, dovrebbe contenerle come descritte in dettaglio mentre l evidenza sembra suggerire il contrario. Rock ritiene possibile risolvere la contraddizione apparente, ipotizzando che la descrizione pre-attentiva della posizione di tutte le parti costituenti, le une relative alle altre, effettuata in uno stadio iniziale del processo, sia sostituita (superseded) da una descrizione successiva, legata all attenzione, la quale enfatizza le caratteristiche globali 72. Molte illusioni geometriche, del resto, suggeriscono che 68 Rock I., 1983, p Rock concorda infatti con Kanizsa nel limitare l importanza del principio di simmetria, inteso quale fattore globale, nell organizzazione percettiva, accordando il giusto peso ai fattori organizzativi di tipo locale, Egli cita espressamente e tiene in considerazione gli studi dello psicologo triestino sul fattore della convessità quale principio di organizzazione percettiva (Rock I., 1983, pp ). 70 When a closed unit is created, figure-ground organization becomes the rilevant principle of organization and the term closure seems redundant (Rock I., 1983, p. 146). 71 Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p

133 il tutto eserciti un ragguardevole effetto sulla descrizione delle parti 73. Infatti, se non si definisce la percezione della forma in termini di rappresentazione diretta iconica ma in termini di descrizione e se il contesto influenza tale descrizione, non dobbiamo considerare come un anomalia illusioni quali quella di Müller-Lyell 74. Anche la percezione degli oggetti tridimensionali viene spiegata a partire dall ipotesi del carattere descrittivo del processo. Rock sostiene infatti che tale tipo di percezione, in base ai risultati sperimentali ottenuti, comporta un processo descrittivo articolato in due fasi: una prima basata sulle coordinate egocentriche che tiene conto della struttura della stimolazione retinica ed una seconda basata sulle coordinate oggettive. Nella maggior parte dei casi la descrizione basata sulle coordinate egocentriche viene rimpiazzata effortlessly and easily 75 da quella basata sulle coordinate oggettive, ma in alcuni casi questo non avviene a causa del tipo di materiale percettivamente elaborato, quale lettere stampate o scritte e ritratti fotografici; allora, la percezione dell osservatore si arresta alla descrizione inappropriata basata sulle coordinate egocentriche. Rock ritiene comunque esplicativamente adeguata una teoria descrittiva di tipo duale per entrambi i generi di circostanze. Per i nostri scopi è molto importante il modo in cui lo psicologo statunitense tratta il rapporto tra percezione e riconoscimento, identificando il processo percettivo con un processo descrittivo inconscio. Egli distingue infatti due tipi di categorizzazione, in questo anticipando forse le tesi contenute nel saggio di Biedermann del , una perceptual categorization, connessa alla percezione della forma 77, ed una recognition categorization. Vi sarebbero alcune differenze, secondo Rock, tra questi due generi di categorizzazione descrittiva: la prima riguarda solo gli aspetti dell intero oggetto e non dipenderebbe dall esperienza passata mentre la seconda riguarderebbe anche le parti identificabili dell oggetto e dipenderebbe dall esperienza passata 78. Ciònonostante lo psicologo statunitense ritiene che i due processi siano molto simili in quanto entrambi hanno lo status di descrizioni proposizionali e comportano la categorizzazione 79. Rock ritiene che, quando percepiamo un oggetto familiare, i due tipi di categorizzazione occorrano in sequenza: prima viene descritto l oggetto in quanto forma e successivamente, attraverso una comparazione di similarità descrittiva con oggetti immagazzinati nella memoria, si giunge ad un ulteriore descrizione dell oggetto in termini delle proprietà della categoria 73 Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p Biederman I., In quanto the description that underlies form perception predicates certain properties about the object; e.g., it is round or elongated or the like. If so, that is a kind of categorization (Rock I., 1983, p. 91). 78 Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p

134 conosciuta 80. Nella maggior parte dei casi la seconda descrizione non soppianta la prima che costituisce una funzione diretta dello stimolo 81. In questi casi, anche se in forma molto ristretta, l autonomia della visione sarebbe salvaguardata attraverso l identificazione delle prime fasi del processo visivo con quello di processi di categorizzazione che fanno esclusivo riferimento a proprietà spaziali e geometriche concernenti l orientamento, la verticalità, la simmetria e la straightness di parti pre-elaborate (il pictorial mode appunto). Nei casi di perception recognition, come quello del dalmata di R. C. James, in cui è inizialmente difficile riconoscere la configurazione successivamente descritta sulla sola base della sua geometria e dei principi di organizzazione e orientamento, invece, la descrizione stessa della forma dipende dal riconoscimento 82. In tali casi, per Rock, nel processo percettivo le due descrizioni occorrerebbero simultaneamente e una, il il world mode, dipendente dall identificazione e fedele all oggetto esterno, si imporrebbe sull altra, proximal o pictorial mode, che fornisce un resoconto relativamente fedele dello stimolo prossimale, determinando una ridescrizione irreversibile della figura 83. Secondo la spiegazione fornita da Rock, i casi di perception recognition, con gli effetti funzionali rilevabili al livello fenomenico, confermerebbero una diretta influenza dei processi di categorizzazione identificativa sui processi di individuazione percettiva. Verrebbe così ulteriormente lesa la tesi dell autonomia della visione all interno di una prospettiva di ricerca che già identifica i processi di costruzione percettiva con processi di tipo computazionale volti all elaborazione di una rappresentazione descrittiva di tipo proposizionale della realtà esterna e talvolta li equipara a procedure inferenziali e di problem solving. In realtà, come vedremo nel prossimo capitolo, esaminando la spiegazione fornitane da Pylyshyn, è possibile sostenere una spiegazione di tipo cognitivista dei processi di perception recognition, senza ledere la tesi dell autonomia della visione, cognitivisticamente riformulata nei termini dell impenetrabilità cognitiva del modulo dell early vision (1) The object qua form is described. (2) Via similarity of description, previously encountered objects stored in memory are accessed, if such exist. If not, the process ends there. (3) the accessed memories lead to a further description of the object in terms of the properties of the known category (Rock I., 1983, p. 91). 81 Rock I., 1983, p The form description itself depends upon recognition (Rock I., 1983, p. 92). 83 Rock I., 1983, p Per rendere conto di come la stessa identificazione del processo visivo con un processo di descrizione percettiva che conduce ad una prima categorizzazione percettivo-individuativa e solo successivamente ad una una categorizzazione cognitivo-identificativa non neghi completamente l autonomia della visione, ritengo utile presentare la sintetica ricapitolazione fornitane dallo stesso Rock: 1) The locations of the points that constitute the figure or its boundaries are detected; 134

135 È opportuno esaminare come Rock valuti il proprio principio esplicativo di scelta delle soluzioni percettive rispetto a quelli alternativi sostenuti da teorie rivali: il principio di semplicità della teoria gestaltista e il fattore dell influenza dell esperienza passata della teoria empirista. Tale esame permette di rilevare alcune affinità tra Rock e Kanizsa e di comprendere meglio il modo in cui Rock considera il fenomeno della perception recognition, consentendo una migliore messa a fuoco del suo disconoscimento dell autonomia della visione. Per Rock la semplicità delle soluzioni percettive, ove occorre, costituirebbe solo una sorta di effetto epifenomenico dell applicazione del commom-cause principle : nel momento in cui il principio di non-coincidenza comportasse una soluzione percettiva non semplice, rispetto alle alternative possibili, il sistema percettivo opterebbe per tale soluzione, come avviene, secondo Rock, per i contorni senza gradiente che risultano essere una soluzione percettiva complessa rispetto alle possibili rivali. La critica operata da Rock del principio di semplicità, come principio guida dell organizzazione percettiva basata su eventi neurali diretti alla Prägnanz, presenta profonde somiglianze con quella svolta da G. Kanizsa e R. Luccio nell articolo: La pregnanza e le sue ambiguità 85. Lo psicologo statunitense introduce infatti un importante distinzione tra il livello della descrizione del percetto e quello concettuale dell individuazione della spiegazione da parte del sistema percettivo. Egli rileva come il principio di spiegazione delle coincidenze non conduca necessariamente alla predizione di un risultato percettivo semplice in quanto la ricerca di una spiegazione semplice, unica o comune, non coincide con l acquisizione di un percetto semplice 86. 2) From this information, the location of these constituent points relative to one another is derived; 3) Decisions are made by the cognitive apparatus as to which such points belong to one another as part of larger units (organization); 4) The spatial or geometrical relationships of these larger units is then described, more likely by parallel rather than serial processing; 5) Natural parts, if any, that emerge via selective organizational process are described as parts but also in terms of how they fit into the whole. Not all figures have such natural parts; 6) The process of description includes references to the orientation of the figure in relation to the directional coordinates of space. The description achieved has the character of a two- or three- dimensional world mode, which in some cases is based on a prior proximal mode; 7) Certain aspects of description can be salient, and description is often in terms of closeness to or distance from certain singular values such as verticality, symmetry, and straightness ; 8) Where the phenomenal shape thus achieved is one that is known, the further description of it as belonging to a category occurs (an interpretative mode); 9) In certain cases, where an identification occurs, a perceptual redescription of the figure may occur as well. The figure is then described as the identified object would be described (recognition-perception) (Rock I., 1983, pp ). 85 Kanizsa G., & Luccio, R., Rock I., 1983, p

136 Rock, proprio come Kanizsa, sottolinea che la singolarità gioca un ruolo molto importante nella descrizione di un oggetto. Anche se il concetto di bontà risulta rilevante per spiegare cosa renda buona una figura questo non significa che la bontà nel senso della singolarità possa essere sussunta sotto la categoria della semplicità, la figura scelta dal sistema percettivo non risulta necessariamente la più semplice 87. Per quanto riguarda l uso del termine regolarità, invece, Rock distingue il livello descrittivo della stimolazione prossimale da quello della soluzione percettiva 88. Se infatti il sistema rileva caratteristiche regolari presenti nello stimolo come la continuità di direzione o la simmetria, tale individuazione dirige il processo decisionale di descrizione dello stimolo ma la soluzione percettiva stessa non risulterà necessariamente semplice, buona o regolare 89. Rock tiene in considerazione le spiegazioni di tipo empirista, basate sull influenza esercitata dall esperienza passata sul sistema, per spiegare i fenomeni di perception recognition 90, anche se non sembra pensare costituiscano una forma di spiegazione completa o consistentemente autosufficiente. Ricapitolando la sequenza del processo percettivo nei casi di perception recognition 91, lo psicologo statunitense evidenzia come l esperienza passata entri in gioco esclusivamente quale fattore preferenziale di stabilizzazione di un risultato percettivo acquisito 92. Tale fattore permette infatti di comprendere l effetto di irreversibilità del risultato nel caso del riconoscimento di oggetti, parole e suoni familiari 93. Tale preferenza irreversibile, con riferimento ad eventuali registri di memoria coinvolti in processi di elaborazione sempre più centrali, potrebbe risultare la semplice manifestazione di un principio generale, operante in ogni cognizione, per cui risulta dominante il processo più centrale 94. Non è comunque necessario che la figura percepita sia in se stessa familiare. Nell uso che fa Rock del termine familiare è sufficiente che la familiarità possa riguardare anche una categoria percettiva molto generale in cui inquadrare quanto viene presentato dallo stimolo prossimale: il riconoscimento categoriale può giocare lo stesso ruolo 87 Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p Rock I., 1983, p the common-cause or coincidence-explanation principle is compatible in terms of past experience (Rock I., 1983, p. 164) 91 (1) One perceives first in terms of certain general principles of perceptual organization, which results in a particular description (the literal solution). (2) Some process leads to a perceptual reorganization (3) That in turn leads to recognition and identification of something familiar. (4) That in turn leads to stabilization of familiar percept (Rock I., 1983, pp ). 92 Rock I., 1983, p This same kind of inexorable memory-partecipation process may then account for perceptual preference whenever one of the alternative, once perceived appropriately, is familiar (Rock I., 1983, p. 160). 94 Rock I., 1983, p

137 stabilizzante di una riconoscimento specifico 95. Lo psicologo statunitense precisa inoltre che, seppure in certi casi l influenza esercitata dall esperienza passata e il principio esplicativo di non coincidenza possono essere coerentemente utilizzati congiuntamente per spiegare la preferenza accordata a determinati risultati percettivi, non è possibile ridurre il secondo alla prima come se si trattasse semplicemente di una questione di probabilità. Il principio che conduce la ricerca della soluzione percettiva migliore non è infatti la probabilità bensì la necessità di spiegare, nel modo più plausibile, le regolarità e le co-occorenze. Spesso la soluzione che viene preferita non è quella che si incontra più di frequente 96. Con tale esame del raffronto operato da Rock tra la propria teoria e quelle gestaltiste ed empiriste della scelta delle soluzioni percettive, possiamo concludere l analisi della spiegazione da lui fornita dell articolazione figura-sfondo. Riassumendo sinteticamente le conclusioni cui giunge Rock al riguardo, possiamo dire che egli la considera uno dei principi guida del processo di percezione della forma, inteso come processo descrittivo volto a costruire una rappresentazione di tipo proposizionale, e ritiene che il principio di non coincidenza ci permette di comprendere meglio i motivi del suo successo e della sua affermazione nelle prime fasi del processo percettivo. In quale di tali fasi esattamente occorra tale articolazione, quando il processo percettivo sia equiparato ad un processo di elaborazione dell informazione, costituisce un problema cui cerca di dare una risposta specifica uno dei più brillanti allievi e collaboratori di Rock, Stephen E. Palmer, all interno del proprio modello esplicativo. Esamineremo dunque il modello esplicativo di Palmer e la sua risposta, prima di trarre le conclusioni critiche relative all impostazione computazionale e raziomorfa dei due psicologi cognitivisti. b- La collocazione dell articolazione figura-sfondo all interno delle differenti fasi del processo percettivo da parte di S. Palmer Da una prospettiva computazionale, il modello dell elaborazione dell informazione presentato da Palmer risulta sicuramente più completo di quello di Rock. Del resto Palmer sostiene la necessità di studiare la cognizione come un processo di elaborazione dell informazione sin dall inizio degli anni Ottanta. La sua costituisce una prospettiva funzionalista 97 basata su cinque assunzioni principali: (1) Informational Description 98, (2) Recursive Decomposition 99, (3) Flow Continuity 100, (4) Flow Dynamics 101, (5) Physical Embodiment Rock I., 1983, pp Rock I., 1983, pp Palmer S. E. & Kimchi, R. 1986, p Mental events can be functionally described as "informational events", each of which consists of three parts: the input information (what it starts with), the operation performed on the input (what gets done to the input), and the output information (what it ends up with) (Palmer S. E. & Kimchi R., 1986, p. 38). 137

138 Come Rock, lo psicologo mette a confronto la propria teoria costruttivista con le principali teorie della visione alternative (strutturalismo, gestaltismo ed ottica ecologica), partendo dall interrogativo posto da Koffka in Principles of Gestalt Psychology: Why things look as they do?. Il costruttivismo viene inteso come sviluppo delle ipotesi percettologiche di Helmoltz 103. Così, mentre Rock considerava anche la Gestaltpsychologie una teorie costruttivistica, seppur in senso dinamico rispetto al carattere computazionale e inferenziale dei modelli cognitivi, Palmer riserva ormai al solo cognitivismo la qualifica di teoria costruttivistica. Egli, quindi, contrappone esplicitamente le teorie inferenziali basate sul principio della likelihood alla teoria della Gestalt basata sul principio della Prägnanz o principio del minimo, sottolineando come il quadro di riferimento computazionale delle teorie cognitivistiche contenga nuove e più plausibili interpretazioni dei processi di inferenza inconscia rispetto a quelle helmoltziane, quali quelle fornite dai connessionisti, che permetterebbero a tali teorie di superare le critiche mosse all impostazione inferenziale dai gestaltisti e da Gibson 104. Palmer specifica che le teorie cognitivistiche della percezione si inquadrano all interno dell information processing paradigm 105 che è un modo di considerare la mente umana come un processo computazionale. Con riferimento esplicito alla teoria dei tre livelli di spiegazione della computer vision di Marr, Palmer sottolinea l importanza della decomposizione ricorsiva come metodo di analisi delle rappresentazioni o processi computazionali interni 106, infatti ogni evento 99 Any complex (i.e., non-primitive) informational event at one level of description can be specified more fully at a lower level by decomposing it into (a) a number of components, each of which is itself an informational event, and (b) the temporal ordering relations among them which specify how the information "flows" through the system of components (Palmer, S. E., & Kimchi, R., 1986, p. 38). 100 All input information required to perform each operation must be available in the output of the operations that flow into it ( Palmer S. E. & Kimchi R., 1986, p. 38). 101 No output can be produced by an operation until its input information is available and sufficient additional time has elapsed for it to process that input ( Palmer S. E. & Kimchi R., 1986, p. 38). 102 In the dynamic physical system whose behavior is being described as an informational event, information is embodied in states of the system (here called representations) and operations that use this information are embodied in changes of state (here called processes) ( Palmer S. E. & Kimchi R., 1986, p. 38). 103 Palmer S. E., 1999, p Palmer nota come the connectionist networks can reach perceptual conclusion based partly on incoming sensory data and partly on additional assumptions that are embodied in the pattern of interconnections among its neuronlike elements. Such networks are able to make inferences on the basis of heuristic assumptions (or soft constraints, as they are sometimes called by connectionist theorists) without using either symbolic logic or mathematical equations in fairness to the gestaltists and Gibson, however, we should also note that the behavior of such networks is closely related to the dynamic behavior of Köhler s physical Gestalts and to Gibson s metaphor of mechanical resonance for pickup (Palmer S. E.,1999, p. 59). 105 Palmer intende il termine paradigma in senso kuhniano (Palmer S. E.,1999, p. 70). 106 Va specificato che il tipo di spiegazione psicologica basata su un processo informazionale proposta da Palmer è solo parzialmente computazionale: IP psychologists start with a complex function, which may or may not be computable, and proceed by trying to decompose it into flow diagrams. The components of these flow diagrams may or may not be 138

139 complesso informativo ad un determinato livello deve essere completamente specificato ad un livello più basso attraverso la decomposizione in un numero di eventi informativi componenti e un diagramma di flusso che ne specifichi le relazioni di ordinamento temporale 107. Tale diagramma di flusso si situa ovviamente al livello algoritmico 108, psicologicamente visto in chiave modulare 109. Proprio la modularità costituisce, per Palmer, il vero fattore distintivo tra l approccio informazionale cognitivista e gli approcci gestaltista, ecologico e connessionista che risultano molto meno ottimisti riguardo alla scomponibilità in moduli della cognizione umana 110. I modelli dinamici adottati dalla psicologia della Gestalt 111 e l approccio connessionista, che considera le descrizioni proposte nei diagrammi di flusso solo un approssimazione della descrizione propria al livello neurale 112, risultano infatti in aperto contrasto con l idea che i processi cognitivi costituiscono un sistema scomponibile, ricorsivamente caratterizzato da un diagramma di flusso. La collocazione al livello algoritmico del diagramma di flusso porta Palmer a interpretare in senso microfunzionalista 113 l approccio dei connessionisti, ricordando che nessuna decomposizione, anche quelle che si riferiscono all hardware del sistema cognitivo come le strutture neuronali dei modelli connessionisti, raggiunge il sistema fisico stesso poiché l informazione non può essere ridotta completamente alla sua particolare implementazione fisica 114. Quindi l analisi modulare, per Palmer, riguarda essenzialmente il livello funzionale algoritmico dove, seppur con scopi scientifici diversi, sia lo psicologo sia il computer scientist ricercano attivamente in quale modo scomporre problemi computazionali complessi in insiemi di componenti più semplici collegati attraverso un flusso di informazione 115. themselves computable. Thus, computability is a sufficient condition for decomposition, but not a necessary one. Weak AI therefore places stronger constraints on a theory of mind than does IP. By the same token, of course, weak AI is less likely than IP to be correct. We see, then, that IP psychologists are not necessarily committed to believing that the mind will ultimately be simulable on an appropriately programmed digital computer, because, strictly speaking, IP does not imply computability (Palmer S. E. & Kimchi R., 1986, p. 64). 107 Palmer S. E.,1999, p. 74 (trad. pers.). 108 Palmer S. E.,1999, p Palmer sottolinea la differenza tra il computer scientist il quale vede his algorithmic level as a single, unitary entity e lo psicologo che tende piuttosto a concepirlo come se fosse modularmente composto di many hierarchically nested levels (Palmer S. E.,1999, p. 75). 110 Palmer S. E.,1999, p Mental events should be understood in terms of complex, holistic, fieldlike interactions that take place in the brain (Palmer S. E.,1999, p. 76). 112 Palmer S. E.,1999, p In modo analogo a quello di A. Clark. 114 Palmer S. E.,1999, p Palmer S. E.,1999, p

140 Lo scopo del processo di elaborazione percettivo, attraverso una serie di rappresentazioni intermedie, è quello di rendere esplicito quanto contenuto nell informazione dello stimolo prossimale, fornendo una rappresentazione adeguata dello stimolo distale, in modo tale che uno stato del sistema visivo che sta per un oggetto, un evento o una proprietà esterni costituisca un modello di ciò che rappresenta 116. Perché si dia una rappresentazione, per Palmer, deve quindi occorrere una similarità strutturale guidata causalmente (causally driven) tra un modello e il suo oggetto e devono esistere dei processi che usano tale similarità strutturale prendendola come un surrogato del mondo cui corrisponde 117. La ricerca in corso all interno delle scienze cognitive è volta ad appurare la natura di tali rappresentazioni visive, che non risulta ancora chiarita sotto molteplici aspetti: il carattere localizzato o distribuito degli elementi rappresentativi, il carattere analogico o proposizionale 118, implicito o esplicito della rappresentazione stessa, la possibilità che tutte le rappresentazioni visive utilizzino un alfabeto finito di atomi primitivi piuttosto che un open-ended system. Alcuni di questi aspetti risultano però piuttosto chiari: l equivalenza di informazione tra rappresentazione e rappresentato e la natura temporalmente estesa delle entità ambientali rappresentate. Il processo visivo, in particolare, ha il compito di rendere esplicita l informazione riguardante le differenti superfici presenti nell ambiente esterno, la loro ubicazione nello spazio tridimensionale e la loro configurazione nel costituire oggetti significanti, implicitamente contenuta nell intensità luminosa registrata da ciascun fotorecettore nel mosaico retinico bidimensionale 119. Il suo lavoro consiste nel combinare informazione esterna ed interna per rendere disponibili all organismo fatti significativi riguardo all ambiente 120. Palmer, come Rock, ritiene che i processi inconsci che accompagnano questa esplicitazione siano di tipo inferenziale 121, anche se sottolinea il carattere non verbale di tali inferenze e il fatto che la maggior parte delle inferenze sono di natura induttiva e non garantiscono la verità delle conseguenze 122. In ogni caso sebbene molti processi-chiave della visione siano effettivamente induttivi 123,essi possono essere trattati come casi di inferenza deduttiva, facendo uso di assunzioni nascoste di tipo euristico, 116 Palmer S. E.,1999, p Palmer S. E.,1999, p Lasciare irrisolta la questione del carattere analogico o proposizionale delle rappresentazioni costruite dal sistema percettivo permette di distinguere in modo non marginale la posizione di Palmer da quella contenuta nella Logic of Perception di Rock. 119 Palmer S. E.,1999, p Palmer S. E.,1999, p Can be understood as inferences, as Helmoltz suggested, albeit unconscious ones (Palmer S. E.,1999, p. 80). 122 most inferences in visual processing are inductive in the sense that they are not guaranteed to be true, largely because of the unconstrained and probabilistic nature of the inverse problem that they attempt to solve (Palmer S. E., 1999, p. 81). 123 Sottolineato mio. L autore adopera infatti i termini effectively inductive (Palmer S. E., 1999, p. 81). 140

141 incorporate dal sistema visivo attraverso l apprendimento percettivo, così da garantire percezioni veridiche nella maggior parte dei casi 124. Ovviamente possono esserci casi di assunzioni euristiche in conflitto tra loro, comportanti differenti conclusioni percettive, ma il sistema disporrebbe di più modi attraverso cui risolvere od evitare tali situazioni. Volendo evitare di proporre regole per decidere i conflitti, al fine di non spingere troppo oltre il paragone raziomorfo, Palmer consiglia di seguire i suggerimenti, contenuti in alcuni generi di modelli connessionistici e di modellare quindi tali assunzioni come soft constraints 125 oppure di utilizzare la fuzzy logic o, ancora, di trattare il problema in termini di inferenza probabilistica, usando il teorema di Bayes 126. È comunque importante rilevare che Palmer sostiene che non è necessario che l informazione addizionale contenuta nelle assunzioni abbia un formato proposizionale in quanto potrebbe benissimo essere incorporata nella configurazione delle interconnessioni interne di una rete neurale complessa 127, allontanandosi dalle affermazioni di Rock riguardanti il carattere proposizionale delle descrizioni operate dal sistema visivo, contenute in The Logic of Perception. Se l uso del termine inferenza sembra così risultare eccessivamente metaforico, bisogna ricordare che, in ultima analisi, sostenere che il sistema percettivo utilizza inferenze inconsce costituisce una metafora 128. Dopo aver specificato la modalità inferenziale del processo visivo e averne evidenziato il carattere in gran parte data-driven 129, Palmer lo descrive come un processo a quattro stadi 130. Infatti a partire dall informazione contenuta nell immagine retinica si susseguirebbero quattro stadi descrittivi di ricostruzione della scena ambientale: 1) The Image-Based Stage, con elementi primitivi che rappresenterebbero l informazione relativa alla struttura bidimensionale della luminanza dell immagine retinica, con una geometria bidimensionale e con un quadro di riferimento retinico; 2) The Surface-Based Stage, con elementi primitivi che sono dei local patches bidimensionali di superfici dotate di una inclinazione particolare e ubicate ad una 124 Palmer S. E., 1999, p To model the assumptions as soft constraints: informational restrictions that should be taken into account but may be overidden by other considerations (Palmer S. E.,1999, p. 83). 126 Palmer S. E., 1999, p Palmer S. E., 1999, p Palmer ricorda infatti che normal inference is quite clearly slow, laborious and conscious, whereas perception is fast, easy and unconscious ( Palmer S. E., 1999, p. 83). 129 Palmer riconosce che in alcuni casi, ad esempio quelli della perception-recognition evidenziati da Rock, il processo risulta di tipo top-down, in quanto hypothesis-driven o expectation-driven. 130 In tale descrizione, Palmer ammette il debito teorico nutrito nei confronti della teoria dei tre stadi di Marr. Egli ne riconosce la validità per quanto concerne l impostazione e le linee descrittive generali, benché possa risultare non corretta in qualche proposta descrittiva particolare (Palmer S. E., 1999, p. 88, 89). 141

142 determinata distanza dall osservatore nello spazio tridimensionale, con una geometria tridimensionale e con un quadro di riferimento centrato sull osservatore; 3) The Object-Based Stage, con primitivi volumetrici, geometria tridimensionale e quadro di riferimento centrato sull oggetto; 4) The Category-Based Stage che descrive le proprietà funzionali degli oggetti 131 rese accessibili attraverso un processo di categorizzazione È da notare come, ancora una volta, la descrizione in quattro fasi includa il riconoscimento oggettuale o categorizzazione solo come culmine del processo percettivo e sottintenda che gran parte del lavoro percettivo, quello che come già abbiamo detto viene comunemente definito early-vision all interno delle scienze cognitive, abbia come risultato il rilevamento e la descrizione delle caratteristiche spaziali di un oggetto in generale ed occorra prima del riconoscimento oggettuale specifico. Per quanto riguarda la perceptual organization vera e propria, Palmer ricorda che bisogna evitare quello che Köhler definiva l errore di esperienza. Quindi, pur ammettendo che sicuramente l utilità evoluzionistica comporta che l organizzazione percettiva rifletta la struttura dell ambiente in cui l organismo vive, o almeno di quella parte che risulta rilevante ai fini della sua sopravvivenza, lo psicologo sottolinea come tale struttura debba essere vista quale risultato dell organizzazione percettiva e non come suo punto di partenza 133. Egli, come Rock, intende distinguere e studiare diverse fasi del processo di organizzazione percettiva: raggruppamento percettivo, segmentazione in regioni, articolazione figura-sfondo, parsing e distinzioni in parti ed interi. Riguardo al raggruppamento percettivo, lo psicologo intende affrontare alcune questioni ben precise: 1) definire il carattere teorico dei principi di raggruppamento individuati dai gestaltisti e appurare se esistano altri fattori di raggruppamento, 2) appurare se il raggruppamento costituisca un early process oppure un late process. Riguardo all organizzazione figura-sfondo, invece, intende appurare se tale fase processuale segua o preceda il raggruppamento e il parsing. In primo luogo rileva che i i fattori di raggruppamento, così come formulati dagli psicologi della Gestalt, risultano regole ceteris paribus e quindi esse permettono di predire il risultato del raggruppamento con certezza solo a parità di condizioni 134. La difficoltà con questo tipo di regole, infatti, consiste nel fatto che esse non forniscono alcuno schema generale per predire la forza 131 Cioè what they afford the organism, given its current beliefs, desires, goals and motives (Palmer S. E., 1999, p. 91). 132 Palmer S. E., 1999, p. 88, Palmer S. E., 1999, pp When everything else is equal ( Palmer S. E., 1999, p. 259). 142

143 delle loro influenze combinate 135. Anche se ciò non impedisce, come nel caso di Kanizsa, di impostare ricerche sperimentali per appurare la forza relativa dei vari fattori 136, costituisce comunque per Palmer un handicap teorico. In ogni caso l elenco dei principi fornito dai gestaltisti, risulta per Palmer incompleto. Esso dovrebbe essere integrato con la sincronia di movimento delle unità, l appartenenza a regioni comuni e la connettività degli elementi. La differenza tra gli effetti della mera prossimità e quelli della connettività effettiva porta Palmer a condividere il consiglio di Rock riguardo all opportunità di operare una distinzione tra principi del raggruppamento inteso come aggregazione di elementi e principi di raggruppamento inteso come formazione delle unità percettive. Principi quali la prossimità, la similarità, l appartenenza a regioni comuni e, in alcuni casi, il destino comune andrebbero intesi nel primo senso. La connettività degli elementi, la buona continuazione e, negli altri casi, il destino comune andrebbero intesi nel secondo. I risultati sperimentali delle ricerche condotte insieme a Rock, che hanno evidenziato come sia l inclinazione sia la luminanza percepita siano in grado di alterare il risultato percettivo finale, lo portano a ritenere che il grouping sia un late process piuttosto che un early process. L esatta collocazione cronologica dell articolazione figura-sfondo costituisce per Palmer un problema analogo. Egli, a seguito delle ricerche condotte a fianco di Rock 137, è giunto a ritenere che questa fase processuale occorra abbastanza presto all interno del processo percettivo, venendo ad occupare una posizione centrale dopo la segmentazione in regioni ma prima del raggruppamento e del parsing 138. Infatti, preso atto che i fattori che determinano la preferenza del sistema visivo nello scegliere una determinata regione come figura 139, esattamente come i principi di raggruppamento dei gestaltisti, risultano, regole ceteris paribus, sostiene che: 1) il processo di differenziazione tra figura e sfondo deve logicamente verificarsi dopo il processo di segmentazione in regioni del campo visivo, perché le regioni segmentate sono richieste quale input da qualsivoglia algoritmo che permetta di discriminare la figura rispetto allo sfondo; 2) il processo di differenziazione figura-sfondo deve precedere logicamente il raggruppamento e il parsing poiché questi ultimi dipendono da alcune 135 Palmer S. E., 1999, p Palmer, in particolare, fa riferimento alle recenti ricerche condotte da Kubovy, Wagemans e Gepstein volte a specificare le leggi generali che regolano l integrazione di fattori multipli in un risultato combinato (Kubovy M. & Wagemans J., 1995 e Kubovy M. & Gepstein S., 2000). 137 Palmer S. E. & Rock I a; Palmer S. E. & Rock I, 1994 b. 138 Palmer S. E., 2003, p Palmer presenta un elenco aggiornato di tali fattori (surroundness, smaller size, horizontal-vertical orientation, lower region,, higher contrast, greater symmetry, greater convexity, parallel contours, meaningfulness), facendo riferimento alle ricerche condotte da Kanizsa e Gerbino per quanto riguarda l importanza della presenza di contorni convessi intesi come indizi figurali (Kanizsa G. & Gerbino W., 1976, pp ), di quelle di Vecera, Vogel e Woodman per quanto riguarda l importanza del posizionamento nelle zone più basse del campo visivo inteso come indizio figurale (Vecera S. P., Vogel E., e Woodman G. F., 2003), di Peterson e Gibson per quanto riguarda l importanza della signicatività quale indizio figurale (Peterson M. A. & Gibson B. S., 1991, pp ). 143

144 proprietà delle regioni basate sulla forma (shape-based) 140, le quali richiedono una precedente assegnazione di confini di contorno figurale 141. È l impostazione stessa del programma di ricerca cognitivista che comporta un ridimensionamento dell importanza dell articolazione figura-sfondo che era invece stata intesa quale discriminazione percettiva fondamentale e primaria all interno di un programma di ricerca basato principalmente su metodi sperimentali di tipo fenomenologico. L organizzazione figura-sfondo diviene infatti un processo di elaborazione dell informazione, un processo di assegnazione del confine (boundary assignement) in cui si determina a quale regione appartiene il contorno e quindi la forma della superficie più vicina ma non di quella più lontana 142, e tale processo necessita come input di regioni segmentate del campo visivo. Lo stesso raggruppamento, gestaltisticamente inteso, ha bisogno di elementi che devono essere individuati come tali attraverso un processo di segmentazione in regioni 143. Da un punto di vista che vuole essere al tempo stesso cognitivo e computazionale, la segmentazione in regioni prende quindi il posto di processo primario di discriminazione percettiva, preliminare all assegnazione del confine (boundary assignement). I metodi principali per procedere alla segmentazione in regioni del campo visivo, propri della computer vision,risultano essere principalmente di due tipi: boundary-based approaches, quali gli edge-detection algorithms, basati sui contorni chiusi generati dagli edges di luminanza, ideati da Marr e Hildreth 144 o da Canny, e region-based approaches, quali gli algoritmi basati sulla stabilizzazione dei livelli di similarità dei pixel di Malik, Leung e Shi 145. L analisi dei modelli di simulazione della segmentazione in regioni risulta sicuramente interessante. Seppur da due prospettive differenti, top-down e bottom-up, globale o locale, gli algoritmi boundary-based e region-based hanno come risultato una segmentazione del campo visivo in regioni attraverso un meccanismo computazionale di edge-detection. Palmer ritiene che un evidenza indiretta della plausibilità dell uso da parte del sistema visivo umano di meccanismi di questo tipo possa venire dai risultati degli esperimenti di Krauskofp 146 sulla percezione di immagini stabilizzate, cioè quelle immagini presentate in modo tale da essere completamente stazionarie sulla retina. I risultati 140 Come, ad esempio, la concavità-convessità, la similarità di orientamento, la forma, la misura e il movimento. 141 Palmer S. E., 2003, pp Palmer S. E., 2003, p There is an important logical gap in the story of perceptual organization no explanation has been given of how the to-be-grouped elements arise in the first place. Wertheimer appears simply to have assumed the existence of such elements, but notice that they are not given by the stimulus array. Rather, their formation requires an explanation, including an analysis of the factors that govern their existence as perceptual elements and how such elements might be compute from an optical array of luminance values. This initial organizational operation is often called region segmentation: the process of portioning an image into an exhaustive set of mutually exclusive twodimensional areas ( Palmer S. E., 2003, p. 184). 144 Marr D. & Hildreth E. C., 1980; Canny J. F., Shi J. & Malik J., 1997; Leung T. & Malik J., Krauskopf, J.,

145 ottenuti da Krauskopf, infatti, sarebbero proprio quelli che ci si dovrebbe aspettare nel caso in cui il colore percepito e i confini delle regioni siano determinati esclusivamente dall informazione sugli edges 147. Secondo Palmer e Rock, comunque, le uniform connected regions potrebbero essere definite anche sulla base di proprietà di ordine più alto (higher-order properties) della luminanza e del colore, quali l informazione sulla tessitura (texture information) che permetterebbe una segmentazione delle regioni del campo visivo basata sulla segregazione della tessitura stessa (texture segregation). Le ricerche condotte sulla segregazione della tessitura, a partire dagli studi sperimentali condotti da Jacob Beck sino alla costruzione di una teoria computazionale basata sul rilevamento di edges nell output di noti tipi di cellule della corteccia visiva da parte di Malik e Perona 148, passando attraverso la teoria dei textons di Julesz, risultano per Palmer particolarmente interessanti. Infatti esse hanno contribuito a forgiare il legame teorico tra differenti campi di ricerca proprio delle scienze cognitive. In qualsivoglia modo venga computata la segmentazione in regioni del campo percettivo, essa risulta comunque essenziale all articolazione figura-sfondo percepita. Tale articolazione risulta a sua volta il necessario presupposto dei differenti processi di raggruppamento e parsing. Nel caso del raggruppamento, infatti, gli elementi sui quali i suoi differenti fattori operano devono essere stati differenziati dallo sfondo, perché, in caso contrario ciascuna regione potrebbe essere raggruppata con le regioni immediatamente adiacenti attraverso il principio di connettività degli elementi o di prossimità 149. Tali elementi devono quindi essere identificati dopo che il processo di organizzazione figura-sfondo ha avuto luogo. Solo così risulteranno separati l uno dall altro e dallo sfondo e potranno essere raggruppati secondo i differenti fattori. Per quanto riguarda il parsing, se seguiamo Hoffman e Richards 150 e accettiamo che il sistema percettivo opera la partizione della superficie di una sagoma, basando la divisione lungo i punti di maggiore concavità del suo contorno 151, esso deve verificarsi dopo che il sistema ha operato l articolazione figura-sfondo, come viene suggerito dalla seguente immagine di una superficie sinusoidale: 147 One would expert if the perceived colour and boundaries of regions were determined exclusively by edge information (Palmer S. E., 1999, p. 273). 148 In particolare quelli della zona V Palmer S. E., 1999,, p Hoffman D. D. & Richards W. A., Più precisamente secondo la regola di dividerla into parts along all contours of concave discontinuity of the tangent plane, basata sul principio di regolarità della trasversalità per cui when two arbitraly shaped surfaces are made to interpenetrate, they always meet in a concave contour of discontinuity of their tangent (Hoffman D. D. & Richards W. A., 1984), pp ). 145

146 dove occorrono differenti partizioni quando l osservatore la capovolge invertendone la convessità e la concavità. Bisogna infatti conoscere quale parte del contorno costituisce la figura perché la concavità (opposta alla convessità) può essere definita solo relativamente all interno di una figura. Uno stesso contorno, curvato o angolare, is convex with respect to one side being the interior and concave with respect to the other side being the interior 152, determinando una diversa divisione delle parti, come suggerisce lo studio delle differenti partizioni della figura reversibile vaso-due volti di Rubin: dove, definendo i confini delle parti secondo la regola della massima concavità il volto viene diviso in fronte, naso, labbro superiore, labbro inferiore e mento mentre la coppa viene divisa in una base, uno stelo, una tazza e l orlo della tazza. Un effetto analogo appare distintamente sia in mondi visivi artificiali, costituiti di blocchi, sia nel caso della divisione in gradini della scala di Schroder (1858), 152 Palmer S. E., 1999, p

147 dove i confini delle parti cambiano quando la figura e lo sfondo si invertono: le due macchie nere che all inizio appaiono su uno stesso gradino immediatamente vengono a trovarsi su due diversi gradini quando la scala viene invertita 153, sia nel caso della seguente figura reversibile dei cubi sovrapposti: qui le tre macchioline nere che prima giacciono sulle tre facce di uno stesso cubo che formano una superficie convessa, vengono a trovarsi sulle facce di tre differenti cubi che formano nel loro insieme una superficie concava, quando la figura viene invertita 154. Secondo Palmer e Rock, bisogna inoltre considerare che lo sfondo non risulta diviso in parti secondo le sue concavità: solo la figura viene suddivisa. Questo appare chiaro osservando la figura reversibile di Attneave dove la forma apparente del contorno dipende da quale parte si percepisce la figura: si può infatti realizzare una divisione secondo picchi oppure una secondo code in quanto è solo la figura che viene divisa. La diversità dell effetto percettivo viene amplificata ruotando la figura e facendo agire il fattore della lower region. 153 Hoffman D. D. & Richards W. A., 1984, p Hoffman D. D. & Richards W. A., 1984, p

Principali teorie percettive

Principali teorie percettive Principali teorie percettive La teoria empiristica di Helmholtz (1867). I dati sensoriali sono parcellari e vengono integrati nella percezione dell oggetto grazie a meccanismi basati sull esperienza passata.

Dettagli

Rudolf Arnheim: un secolo di pensiero visivo

Rudolf Arnheim: un secolo di pensiero visivo Rudolf Arnheim: un secolo di pensiero visivo 1904- in vita Ultimo degli allievi della scuola di Berlino. Allievo di K. Lewin e M.Wertheimer. 15/11/06 1 R. Arnheim noto in tutto il mondo per i suoi studi

Dettagli

LOGICA E FILOSOFIA DELLA SCIENZA

LOGICA E FILOSOFIA DELLA SCIENZA LOGICA E FILOSOFIA DELLA SCIENZA Claudia Casadio PRIMA LEZIONE Logica, Linguistica e Scienza Cognitiva Tre ambiti scientifici Logica Studia i processi in base a cui traiamo inferenze a partire dalle nostre

Dettagli

COMUNICARE con le IMMAGINI

COMUNICARE con le IMMAGINI COMUNICARE con le IMMAGINI Teoria costruttivista o empirista (Helmholtz, Gregory) La percezione visiva (costruzione dell'immagine) avviene, di volta in volta, per confronto dinamico tra l'informazione

Dettagli

Come facciamo a vedere le cose così come le vediamo?

Come facciamo a vedere le cose così come le vediamo? LA PERCEZIONE È un processo psichico alla base della conoscenza del mondo fisico e di ogni attività cognitiva. È il risultato di un insieme di fattori che intervengono tra la stimolazione sensoriale e

Dettagli

Lezione 1.1. Percezione. Percezione e Gestalt 04/10/2012

Lezione 1.1. Percezione. Percezione e Gestalt 04/10/2012 Lezione 1.1 Percezione e Gestalt Percezione Diverse teorie sulla percezione Per il momento diciamo che la nostra percezione è frutto della cognizione, ovvero il risultato di processi di elaborazione dell

Dettagli

U. Boccioni,, Visioni simultanee, 1911

U. Boccioni,, Visioni simultanee, 1911 Approccio ecologico seminario di filosofia della percezione (18/4/2002) U. Boccioni,, Visioni simultanee, 1911 Affinità e divergenze tra Gestalt e J.J.Gibson La cavalcata sul Lago di Costanza, ovvero come

Dettagli

Percezione. Germano Rossi ISSR 2011/12

Percezione. Germano Rossi ISSR 2011/12 Percezione Germano Rossi ISSR 2011/12 Percezione 1 Percezione Ci muoviamo nell ambiente, evitando gli ostacoli, verso una meta Manipoliamo gli oggetti e l ambiente che ci circonda (per scrivere usiamo

Dettagli

PERCEZIONE 1 a cura di Barbara Brugola

PERCEZIONE 1 a cura di Barbara Brugola PERCEZIONE 1 a cura di Barbara Brugola SENSAZIONE Impressione soggettiva, immediata e semplice che corrisponde a una risposta immediata ad uno stimolo fisico di una data intensità. Le sensazioni possono

Dettagli

LA PERCEZIONE Dott.ssa SILVIA GIARRIZZO

LA PERCEZIONE Dott.ssa SILVIA GIARRIZZO LA PERCEZIONE 1 Dott.ssa SILVIA GIARRIZZO SENSAZIONE E PERCEZIONE La SENSAZIONE implica la registrazione e la codificazione degli stimoli ossia di tutte le forme di energia che colpiscono gli organi di

Dettagli

COMUNICARE con le IMMAGINI

COMUNICARE con le IMMAGINI COMUNICARE con le IMMAGINI 1 Prof. Andrea Pizzirani Facoltà di Lettere e Filosofia Scienze e tecnologie della comunicazione Università degli studi di Ferrara L esplorazione visiva Di un immagine non vediamo

Dettagli

Istituto Comprensivo di Sissa Trecasali Allegato 2.E al Piano Triennale dell Offerta Formativa 2016/19 CURRICOLO DI SCIENZE SCUOLA DELL INFANZIA

Istituto Comprensivo di Sissa Trecasali Allegato 2.E al Piano Triennale dell Offerta Formativa 2016/19 CURRICOLO DI SCIENZE SCUOLA DELL INFANZIA CURRICOLO DI SCIENZE SCUOLA DELL INFANZIA OBIETTIVI FORMATIVI TRAGUARDI Obiettivi riferiti all intero percorso della scuola dell infanzia OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO COMPETENZE Osservare con attenzione

Dettagli

Computation and the Philosophy of Science. P. Thagard

Computation and the Philosophy of Science. P. Thagard Computation and the Philosophy of Science P. Thagard Computation and the Philosophy of Science La Filosofia della Scienza e l Intelligenza Artificiale sono due discipline separate che possono interagire

Dettagli

APPRENDIMENTO E NEUROSCIENZE

APPRENDIMENTO E NEUROSCIENZE APPRENDIMENTO E NEUROSCIENZE Modello interattivo e multicomponenziale della compresione Eleonora Aliano Apprendimento e neuroscienze Apprendere: variare la struttura e l attività dei neuroni Ultime notizie

Dettagli

2. La percezione visiva

2. La percezione visiva 2. La percezione visiva Il presente file costituisce una SINTESI del materiale presentato nel corso delle lezioni. Tale sintesi non deve essere ritenuta esaustiva dell argomento, ma andrà integrata dallo

Dettagli

Gestalt in tedesco vuol dire struttura o forma. Il phi phenomenon

Gestalt in tedesco vuol dire struttura o forma. Il phi phenomenon Il termine Gestalt Gestalt in tedesco vuol dire struttura o forma. Un esempio ti tale principio fondamentale è il phi phenomenon, descritto Wertheimer (1912). Il phi phenomenon è l'illusione del movimento

Dettagli

Leggere per studiare

Leggere per studiare Leggere per studiare A cura di Silvana Loiero Che cosa vuol dire leggere per studiare? Quando si legge un testo per studiare si devono fare diverse operazioni per capire il testo letto: rielaborare le

Dettagli

Possibili fasi di studio

Possibili fasi di studio Possibili fasi di studio Lo studio non implica solo la lettura ma una serie di operazioni diversificate, con l obiettivo di: capire il testo, rielaborare le informazioni in modo personale, assimilarne

Dettagli

La Psicologia sociale di Kurt Lewin

La Psicologia sociale di Kurt Lewin La Psicologia sociale di Kurt Lewin Lewin nasce nel 1890 in Germania, a Moglino e studia Psicologia a Berlino. Egli prenderà le distanze dalla PSICOLOGIA SPERIMENTALE di Wundt. Per Wundt: Oggetto della

Dettagli

Lezione 6 L approccio innatista-modulare

Lezione 6 L approccio innatista-modulare Lezione 6 L approccio innatista-modulare Argomenti Assunti Limiti della teoria costruttivista Paradigma della violazione dell aspettativa L architettura della mente secondo Fodor L innatismo rappresentazionale

Dettagli

CORSO DI INFOGRAFICA PROF. MANUELA PISCITELLI A.A.

CORSO DI INFOGRAFICA PROF. MANUELA PISCITELLI A.A. 3. La gestalt Il presente file costituisce una SINTESI del materiale presentato nel corso delle lezioni. Tale sintesi non deve essere ritenuta esaustiva dell argomento, ma andrà integrata dallo studente

Dettagli

Epistemologia e metodologia della ricerca qualitativa. Corso di Metodi della ricerca qualitativa - a.a [Eugenio De Gregorio]

Epistemologia e metodologia della ricerca qualitativa. Corso di Metodi della ricerca qualitativa - a.a [Eugenio De Gregorio] Epistemologia e metodologia della ricerca qualitativa Come si giunge a una conoscenza del mondo? Superstizione (irrazionale) Intuizione (esperienza soggettiva) Ragionamento (induzione o deduzione) Autorità

Dettagli

La matematica come forma di comunicazione PRIN

La matematica come forma di comunicazione PRIN La matematica come forma di comunicazione PRIN 2009-2011 Introduzione Quanto è chiara l idea di comunicazione matematica? Possiamo distinguere il discorso matematico da tutti gli altri concentrandoci soltanto

Dettagli

Le costanze percettive (1 di 2)

Le costanze percettive (1 di 2) Le costanze percettive (1 di 2) Nonostante gli oggetti proiettino sulla nostra retina immagini diverse a seconda della distanza e della posizione che occupano, noi siamo in grado di riconoscerli come invarianti,

Dettagli

UNIVERSITA DI FIRENZE SCUOLA DI PSICOLOGIA

UNIVERSITA DI FIRENZE SCUOLA DI PSICOLOGIA UNIVERSITA DI FIRENZE SCUOLA DI PSICOLOGIA (a.a. 2016-17) PSICOLOGIA GENERALE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNICHE PSICOLOGICHE Il corso di Psicologia Generale Docente: Fiorenza Giganti fiorenza.giganti@unifi.it

Dettagli

Corso di Antropologia filosofica a cura del prof. Alfredo Nazareno d Ecclesia.

Corso di Antropologia filosofica a cura del prof. Alfredo Nazareno d Ecclesia. Corso di Antropologia filosofica a cura del prof. Alfredo Nazareno d Ecclesia. Realismo ingenuo: la percezione è una fotocopia della realtà: quello che percepiamo nel mondo fisico (percetto) corrisponde

Dettagli

PSICOLOGIA COGNITIVA. Gaia Vicenzi - Psicologia Cognitiva

PSICOLOGIA COGNITIVA. Gaia Vicenzi - Psicologia Cognitiva PSICOLOGIA COGNITIVA Che cosa studia la psicologia sociale? Doise (1982) ha individuato quattro diversi livelli in cui lo studio della psicologia si colloca a seconda della natura delle variabili coinvolte

Dettagli

COME VEDIAMO I GRIGI

COME VEDIAMO I GRIGI COME VEDIAMO I GRIGI RIFLETTANZA Quando la luce colpisce un oggetto, parte di essa viene assorbita e parte riflessa Riflettanza percentuale di luce riflessa molto pigmento nero poco pigmento bianco superficie

Dettagli

Lezione 1: Introduzione. Prof. Massimo Aria

Lezione 1: Introduzione. Prof. Massimo Aria Lezione 1: Introduzione Corso di Statistica Facoltà di Economia Università della Basilicata Prof. Massimo Aria aria@unina.it Introduzione La Statistica Il termine statistica deriva, nella lingua italiana,

Dettagli

La filosofia come istanza critica. Prof. Marco Lombardi Liceo Scientifico Statale Emilio Segrè

La filosofia come istanza critica. Prof. Marco Lombardi Liceo Scientifico Statale Emilio Segrè Immanuel Kant La filosofia Prof. Marco Lombardi Liceo Scientifico Statale Emilio Segrè Da dove derivano i giudizi sintetici a priori? 2 La rivoluzione copernicana Kant, per rispondere a questo interrogativo,

Dettagli

LA PERCEZIONE VISIVA. corso CAD A architettura quinquennale 2010/2011 condotto da daniela sidari

LA PERCEZIONE VISIVA. corso CAD A architettura quinquennale 2010/2011 condotto da daniela sidari LA PERCEZIONE VISIVA corso CAD A architettura quinquennale 2010/2011 condotto da daniela sidari NEL GUARDARE UN OGGETTO ENTRANO IN GIOCO: L ESPERIENZA VISSUTA LA MEMORIA TRADIZIONI E CULTURA L OCCHIO CHE

Dettagli

La visione. Visione biologica ed elaborazione delle immagini

La visione. Visione biologica ed elaborazione delle immagini La visione Stefano Ferrari Università degli Studi di Milano stefano.ferrari@unimi.it Elaborazione delle immagini anno accademico 2009 2010 Visione biologica ed elaborazione delle immagini La percezione

Dettagli

Percezione e Computazione. Seminario di filosofia della percezione 2/5/2002

Percezione e Computazione. Seminario di filosofia della percezione 2/5/2002 Percezione e Computazione Seminario di filosofia della percezione 2/5/2002 Macchine di Turing (1936) Operazioni: leggere, scrivere e spostarsi lungo un nastro Elementi: alfabeto, istruzioni e stati della

Dettagli

Affermazioni di partenza. La percezione dell informazione visiva. Chi è? Conoscere e Percepire. L immagine retinica

Affermazioni di partenza. La percezione dell informazione visiva. Chi è? Conoscere e Percepire. L immagine retinica Studio associato per i disturbi dello sviluppo e dell apprendimento Referente: Dott.ssa Rosiglioni R. Affermazioni di partenza La percezione dell informazione visiva Dr. Paolo Tacconella Dr.ssa Renza Rosiglioni

Dettagli

Grafica ed interfacce per la comunicazione Scienze della Comunicazione

Grafica ed interfacce per la comunicazione Scienze della Comunicazione Grafica ed interfacce per la comunicazione Scienze della Comunicazione Paola Vocca Lezione 13: Conoscere l utente: visione Lucidi tradotti e adattati da materiale presente su http://www.hcibook.com/e3/resources/

Dettagli

I PARADIGMI E LE RIVOLUZIONI SCIENTIFICHE DI KUHN

I PARADIGMI E LE RIVOLUZIONI SCIENTIFICHE DI KUHN I PARADIGMI E LE RIVOLUZIONI SCIENTIFICHE DI KUHN Corso di Dottorato di Ricerca Lezioni di Filosofia e Metodologia della Ricerca Scientifica Giacomo Zanni Dipartimento ENDIF Università di Ferrara Thomas

Dettagli

Il ruolo della lingua italiana nella comprensione di fenomeni scientifici Carlo Fiorentini

Il ruolo della lingua italiana nella comprensione di fenomeni scientifici Carlo Fiorentini Comprensione, testualità e metacognizione Il ruolo della lingua italiana nella comprensione di fenomeni scientifici Carlo Fiorentini Alla base della comprensione c è l osservazione dei fenomeni E cosa

Dettagli

LA PERCEZIONE VISIVA (3)

LA PERCEZIONE VISIVA (3) LA PERCEZIONE VISIVA (3) 1 - ASPETTI FISIOLOGICI E PSICOLOGICI 2 - ARTICOLAZIONE FIGURA SFONDO 3 - PERCEZIONE DELLA PROFONDITA 4 - PERCEZIONE DEL MOVIMENTO 6 - REALTA ED ILLUSIONE 6.1 - Realtà fenomeniche

Dettagli

EDUCARE ALLA RAZIONALITÀ 9-11 giugno 2016, Sestri Levante

EDUCARE ALLA RAZIONALITÀ 9-11 giugno 2016, Sestri Levante IL PARADIGMA DELLA PROGRAMMAZIONE LOGICA E LO SVILUPPO DI ABILITÀ DEDUTTIVE NELLA SCUOLA DEL PRIMO CICLO EDUCARE ALLA RAZIONALITÀ 9-11 giugno 2016, Sestri Levante in ricordo di Paolo Gentilini LAURA LOMBARDI,

Dettagli

Pedagogia sperimentale Prof. Giovanni Arduini

Pedagogia sperimentale Prof. Giovanni Arduini Pedagogia sperimentale Lezione n. 3 A.A. 2015/16 U.D. n.2: Tipi e metodi della ricerca pedagogica dall'età moderna ad oggi 1. Definizione di ricerca pedagogica Con il termine "ricerca" generalmente si

Dettagli

30 Circolo Didattico G. Parini - Scuola Primaria- a.s. 2007/2008

30 Circolo Didattico G. Parini - Scuola Primaria- a.s. 2007/2008 30 Circolo Didattico G. Parini - Scuola Primaria- a.s. 2007/2008 1 ASCOLTARE PRODURRE OSSERVARE E FINALIZZARE RISOLVERE E PORMI PROBLEMI IO... ESPLORO PER ISTITUIRE RELAZIONI COMPRENDERE ARGOMENTARE, CONGETTURARE

Dettagli

Elementi di Teoria degli Errori

Elementi di Teoria degli Errori 1 Elementi di Teoria degli Errori Corso di Esperimentazioni di Fisica I Laurea triennale in Astronomia Queste dispense sono state elaborate utilizzando diverso materiale didattico disponibile in letteratura.

Dettagli

La pedagogia tra soggetto, cultura, società

La pedagogia tra soggetto, cultura, società La pedagogia tra soggetto, cultura, società Processi educativi testimoni e promotori delle relazioni tra questi elementi La pedagogia svolge un ruolo di transazione Quindi Deve reinterpretare in chiave

Dettagli

Psicologia Sociale (edizione 2010)

Psicologia Sociale (edizione 2010) Psicologia Sociale (edizione 2010) Elliot Aronson Timothy D. Wilson Robin M. Akert Capitoli: 1, 2, 3, 4, 6, 7,10, 11 Prof. M. Ravennna - Università di Ferrara, a.a. 2011-12 Argomenti del corso 1. INTRODUZIONE

Dettagli

IMMANUEL KANT Critica del giudizio (1790)

IMMANUEL KANT Critica del giudizio (1790) IL SENTIMENTO Nella Critica del Giudizio, Kant studia quello che chiama sentimento, così come nelle altre due critiche aveva analizzato la conoscenza e la morale. Anche il sentimento di cui egli parla

Dettagli

Psicologia Sociale (edizione 2010)

Psicologia Sociale (edizione 2010) Psicologia Sociale (edizione 2010) Prof. M. Ravenna - Università di Ferrara, a.a. 2012-13 Elliot Aronson Timothy D. Wilson Robin M. Akert Capitoli: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 10, 11 - Scienze e tecnologie

Dettagli

LOGICA E PSICOLOGIA DEL PENSIERO. Logica, Linguistica e Scienza Cognitiva

LOGICA E PSICOLOGIA DEL PENSIERO. Logica, Linguistica e Scienza Cognitiva titolo LOGICA E PSICOLOGIA DEL PENSIERO Claudia Casadio PRIMA LEZIONE Logica, Linguistica e Scienza Cognitiva Tre ambiti scientifici logica Logica Studia i processi in base a cui traiamo inferenze a partire

Dettagli

LE TEORIE DELL ASSISTENZA INFERMIERISTICA

LE TEORIE DELL ASSISTENZA INFERMIERISTICA Università degli Studi di Pavia Corso di Laurea in Infermieristica LE TEORIE DELL ASSISTENZA Piera Bergomi Obiettivi della materia Obiettivo generale Portare lo studente a conoscere, analizzare e saper

Dettagli

Percorso su LIM da Kant all idealismo

Percorso su LIM da Kant all idealismo Percorso su LIM da Kant all idealismo CRITICA DELLA RAGION (PURA) PRATICA NON EMPIRICA VOLONTA Massime «SE.. Devi> Imperativi Imperativi ipotetici Imperativo categorico «Tu devi» Formulazioni dell imperativo

Dettagli

Immanuel Kant ( ) La filosofia del Criticismo tra Empirismo e Razionalismo

Immanuel Kant ( ) La filosofia del Criticismo tra Empirismo e Razionalismo Immanuel Kant (1724-1804) La filosofia del Criticismo tra Empirismo e Razionalismo Opere di Kant 1747-1769: Scritti pre-critici 1770: De mundi sensibilis atque intelligibilis forma principiis 1770-1781:

Dettagli

L INSEGNANTE RIFLESSIVO la Modificabilità Cognitiva.una speranza per tutti!

L INSEGNANTE RIFLESSIVO la Modificabilità Cognitiva.una speranza per tutti! L INSEGNANTE RIFLESSIVO la Modificabilità Cognitiva.una speranza per tutti! Monza, 21 Marzo- 23 Maggio 2015 Dott.ssa Maria Russo Dott. Maria Russo L insegnante riflessivo OBIETTIVI DEL CORSO Sviluppare

Dettagli

CURRICOLO DELLA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO ARTE e IMMAGINE - PRIMO ANNO COMPETENZE ABILITÀ CONOSCENZE

CURRICOLO DELLA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO ARTE e IMMAGINE - PRIMO ANNO COMPETENZE ABILITÀ CONOSCENZE ISTITUTO COMPRENSIVO G. Rodari 32035 SANTA GIUSTINA (Belluno) Telefono e Fax 0437/858165-858182 C.F. 82003030259 segreteria@rodari.org - dirigenza@rodari.org - www.rodari.org CURRICOLO DELLA SCUOLA SECONDARIA

Dettagli

Selezione del disegno di ricerca. Quantitativo e qualitativo

Selezione del disegno di ricerca. Quantitativo e qualitativo Selezione del disegno di ricerca Quantitativo e qualitativo Principali differenze tra ricerca quantitativa e qualitativa Quantitativa Natura della realtà Qualitativa Realtà indagabile con modalità obiettive

Dettagli

Il contrasto. La percezione del contrasto. Contrasto e filling-in. Il contrasto simultaneo. Le distribuzioni di luminanza (ii)

Il contrasto. La percezione del contrasto. Contrasto e filling-in. Il contrasto simultaneo. Le distribuzioni di luminanza (ii) 20 Aprile 2006 Corso di Laurea in Informatica Multimediale Facoltà di Scienze MMFFNN Università di Verona Il contrasto La percezione del contrasto Chiara Della Libera DSNV Università di Verona Sezione

Dettagli

Fichte Deduzione trascendentale dell Io e immaginazione produttiva

Fichte Deduzione trascendentale dell Io e immaginazione produttiva Fondamenti di Storia della Filosofia - Lezione di giovedì 14 aprile 2016 1 Fichte Deduzione trascendentale dell Io e immaginazione produttiva SCHEMA Stabilito che la cosa in sé di Kant è un falso problema,

Dettagli

Integrazione visuomotoria e abilità di lettoscrittura. Pio Alfredo Di Tore.

Integrazione visuomotoria e abilità di lettoscrittura. Pio Alfredo Di Tore. Integrazione visuomotoria e abilità di lettoscrittura Pio Alfredo Di Tore alfredo.ditore@gmail.com Integrazione visuomotoria Nella prima metà del 900 la ricerca mostrò che copiare forme geometriche correlava

Dettagli

La percezione visiva:

La percezione visiva: La percezione visiva: le sue leggi e le illusioni ottiche. Forma, colore, spazio, sono i principali componenti delle immagini. Entro i sei anni di vita, si formano alcuni meccanismi percettivi molto sofisticati

Dettagli

Facoltà di Scienze della Comunicazione, Macerata

Facoltà di Scienze della Comunicazione, Macerata Facoltà di Scienze della Comunicazione, Macerata Le due anime della semiotica: come si giustificano Il modello peirciano Il concetto di inferenza Deduzione/Induzione/Abduzione Icona/Indice/Simbolo Il modello

Dettagli

Johann Gottlieb Fichte (Rammenau, 19 maggio 1762 Berlino, 27 gennaio 1814)

Johann Gottlieb Fichte (Rammenau, 19 maggio 1762 Berlino, 27 gennaio 1814) Johann Gottlieb Fichte (Rammenau, 19 maggio 1762 Berlino, 27 gennaio 1814) a cura di Pietro Gavagnin www.pgava.net Kant aveva voluto costruire una filosofia del finito. Fichte vuol costruire una filosofia

Dettagli

Illusioni ottico - geometriche (9 di 10)

Illusioni ottico - geometriche (9 di 10) Illusioni ottico - geometriche (9 di 10) Illusioni ottico - geometriche (10 di 10) Gli inganni della percezione Quale fiducia dare agli organi di senso e alla percezione, che si fonda sui dati da essi

Dettagli

La conoscenza per relazioni

La conoscenza per relazioni CORSO DI SOCIOLOGIA GENERALE La conoscenza per relazioni Marco Ingrosso Conoscenza: cosa si intende? La conoscenza è un processo di esplorazione e osservazione del mondo volto a comprenderlo al fine di

Dettagli

Appunti di geometria euclidea

Appunti di geometria euclidea Appunti di geometria euclidea Il metodo assiomatico Appunti di geometria Euclidea Lezione 1 Prima di esaminare nel dettaglio la Geometria dal punto di vista dei Greci è opportuno fare unrichiamo di Logica.

Dettagli

UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA. Corso di laurea in FILOSOFIE E SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE E DELLA CONOSCENZA

UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA. Corso di laurea in FILOSOFIE E SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE E DELLA CONOSCENZA 1 UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA Corso di laurea in FILOSOFIE E SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE E DELLA CONOSCENZA Elaborato finale QUANDO IL FARE È UN DIRE. La performance artistica

Dettagli

Lo Sviluppo Percettivo: scaletta degli argomenti

Lo Sviluppo Percettivo: scaletta degli argomenti : scaletta degli argomenti Definizione del processo percettivo Principali teorie Metodi di indagine Competenze visive del neonato e nel primo anno di vita Lo sviluppo percettivo visivo nel corso dell infanzia

Dettagli

CHE COSA SONO LE EMOZIONI?

CHE COSA SONO LE EMOZIONI? LE EMOZIONI CHE COSA SONO LE EMOZIONI? Le emozioni esercitano una forza incredibilmente potente sul comportamento umano. Le emozioni forti possono causare azioni che normalmente non si eseguirebbero. Ma

Dettagli

La definizione degli obiettivi

La definizione degli obiettivi Docimologia Prof. Giovanni Arduini Lezione n.5 Anno Accademico 2013/2014 La definizione degli obiettivi La necessità di definire sul piano dell attività didattica determinati obiettivi nasce da tre ordine

Dettagli

PIANO DI LAVORO ANNUALE

PIANO DI LAVORO ANNUALE MONOENNIO - ITALIANO OBIETTIVI MINIMI 1.PARLARE/ASCOLTARE: usare il codice verbale orale in modo significativo. a. Mantenere l attenzione sul messaggio orale avvalendosi dei diversi linguaggi verbali e

Dettagli

LA CONOSCENZA SOCIALE

LA CONOSCENZA SOCIALE LA CONOSCENZA SOCIALE A partire dagli anni 50-60 il cognitivismo ha avuto una grande influenza sulla psicologia sociale. La teoria cognitiva si occupa dello studio di come l uomo raccoglie informazioni

Dettagli

APPUNTI CORSO DI PSICOLOGIA GENERALE (LUCIDI) PROF. P.C. CICOGNA

APPUNTI CORSO DI PSICOLOGIA GENERALE (LUCIDI) PROF. P.C. CICOGNA APPUNTI CORSO DI PSICOLOGIA GENERALE (LUCIDI) PROF. P.C. CICOGNA Quando si inizia un discorso sulla psicologia come scienza si pongono due tipi di problemi: 1) Definizione della disciplina 2) Individuazione

Dettagli

Macchine e pensiero Dal test di Turing alla embodied cognition

Macchine e pensiero Dal test di Turing alla embodied cognition Macchine e pensiero Dal test di Turing alla embodied cognition 13 aprile 2011 Macchine e pensiero 2 Il sogno delle macchine intelligenti Tradizione filosofico-scientifica La nascita dell intelligenza artificiale

Dettagli

Disciplina: T.T.R.G. CLASSE PRIMA

Disciplina: T.T.R.G. CLASSE PRIMA COMPETENZE DI BASE Disciplina: T.T.R.G. 1. Utilizzare gli strumenti e le reti informatiche nelle attività di studio, ricerca e approfondimento disciplinare. 2. Padroneggiare l uso di strumenti tecnologici

Dettagli

L uomo: anima e corpo Dalla filosofia della mente alla rivoluzione delle neuroscienze

L uomo: anima e corpo Dalla filosofia della mente alla rivoluzione delle neuroscienze L uomo: anima e corpo Dalla filosofia della mente alla rivoluzione delle neuroscienze 1. Introduzione Aristotele Movimento locale: Fisica Atti percettivi e appettivi: Psicologia Biologia Il principio dell

Dettagli

gestalt ed elementi percettivi 09corso tecniche di rappresentazione dello spazio docente Arch. Emilio Di Gristina

gestalt ed elementi percettivi 09corso tecniche di rappresentazione dello spazio docente Arch. Emilio Di Gristina gestalt ed elementi percettivi 09corso tecniche di rappresentazione dello spazio docente Arch. Emilio Di Gristina regola della vicinanza o prossimità gli elementi del campo percettivo vengono uniti in

Dettagli

COS E L ARTE???? COS E UN IMMAGINE???

COS E L ARTE???? COS E UN IMMAGINE??? ARTE E IMMAGINE COS E L ARTE???? COS E UN IMMAGINE??? LA PERCEZIONE VISIVA Le immagini che noi vediamo con gli occhi vengono percepite e rielaborate con la mente. Dipinti, disegni, fotografie, film,

Dettagli

UNIVERSITA CATTOLICA DEL SACRO CUORE MILANO. Rischio, vulnerabilità e resilienza territoriale: il caso delle province italiane

UNIVERSITA CATTOLICA DEL SACRO CUORE MILANO. Rischio, vulnerabilità e resilienza territoriale: il caso delle province italiane UNIVERSITA CATTOLICA DEL SACRO CUORE MILANO Dottorato di ricerca in Politica Economica ciclo XXIV S.S.D: SECS-S/05; ICAR/21; SECS-P/02 Rischio, vulnerabilità e resilienza territoriale: il caso delle province

Dettagli

S U O N O G R A M M A Fondamenti di Teoria Musicale

S U O N O G R A M M A Fondamenti di Teoria Musicale S U O N O G R A M M A Fondamenti di Teoria Musicale L idea di suono che echeggia nella formazione musicale di base è quella di evento acustico nella sua più ampia e totale accezione. Suono come SUONO come

Dettagli

Competenza : 1. Comunicazione efficace Indicatore: 1.1 Comprensione

Competenza : 1. Comunicazione efficace Indicatore: 1.1 Comprensione SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO TECNOLOGIA Competenza : 1. Comunicazione efficace Indicatore: 1.1 Comprensione Descrittori Descrittori Descrittori 1.1.1 E in grado di comprendere testi e altre fonti di

Dettagli

CHE COSA E? SCIENZE III. è una qualsiasi illusione che inganna l'occhio umano e non solo 25/10/2011

CHE COSA E? SCIENZE III. è una qualsiasi illusione che inganna l'occhio umano e non solo 25/10/2011 SCIENZE III CHE COSA E? è una qualsiasi illusione che inganna l'occhio umano e non solo UNA PROSPETTIVA FORZATA INGANNA L OCCHIO E FA APPARIRE IL RAGAZZO UN GIGANTE CHE SORREGGE LA TORRE DI PISA L ILLUSIONE

Dettagli

Immanuel Kant. L estetica trascendentale. Prof. Marco Lombardi Liceo Scientifico Statale Emilio Segrè

Immanuel Kant. L estetica trascendentale. Prof. Marco Lombardi Liceo Scientifico Statale Emilio Segrè Immanuel Kant L estetica trascendentale Prof. Marco Lombardi Liceo Scientifico Statale Emilio Segrè La teoria dello spazio e del tempo Nell Estetica Kant studia la sensibilità e le sue forme a priori;

Dettagli

il primo laboratorio di psicologia sperimentale è avviato da Wundt a Lipsia nel 1879

il primo laboratorio di psicologia sperimentale è avviato da Wundt a Lipsia nel 1879 Cenni torici strutturalismo come è strutturata la mente? Psicologia = scienza il primo laboratorio di psicologia sperimentale è avviato da Wundt a Lipsia nel 1879 (Wundt adotta procedure e metodi della

Dettagli

RETE I.C. TITO LIVIO

RETE I.C. TITO LIVIO RETE I.C. TITO LIVIO CORSO DI FORMAZIONE: CURRICOLO PER COMPETENZE E VALUTAZIONE A CURA DEL PROF. MAURIZIO GENTILE LABORATORIO DI RICERCA AZIONE : REALIZZAZIONE DI 3 SCHEDE DI PASSAGGIO TRA SCUOLA DELL'INFANZIA

Dettagli

SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO VIA PASCOLI CESENA

SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO VIA PASCOLI CESENA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO VIA PASCOLI CESENA Piano di lavoro triennale di Tecnologia Premessa Il gruppo disciplinare di Tecnologia tenuto presente il quadro di riferimento introdotto con le nuove

Dettagli

Felice Carugati e Patrizia Selleri. Capitolo 1 La psicologia fra storia e cultura

Felice Carugati e Patrizia Selleri. Capitolo 1 La psicologia fra storia e cultura PSICOLOGIA DELL EDUCAZIONE Felice Carugati e Patrizia Selleri Capitolo 1 La psicologia fra storia e cultura 1 SCOPO della psicologia del XX sec Ricerca di leggi generali in grado di spiegare gli elementi

Dettagli

ANSELMO D AOSTA

ANSELMO D AOSTA Prova ontologica (argomento a priori ) Lo stolto afferma: Qualcun altro, invece, afferma: DIO NON ESISTE (proposizione A) DIO È CIÒ DI CUI NON SI PUÒ PENSARE IL MAGGIORE (proposizione B) A questo punto

Dettagli

LETTURA CRITICA DELLA LETTERATURA SCIENTIFICA

LETTURA CRITICA DELLA LETTERATURA SCIENTIFICA LA STATISTICA NELLA RICERCA Raccolta dei dati Elaborazione Descrizione Una raccolta di dati non corretta, una loro presentazione inadeguata o un analisi statistica non appropriata rendono impossibile la

Dettagli

TRAGUARDI DI COMPETENZE DA SVILUPPARE AL TERMINE DELLA CLASSE

TRAGUARDI DI COMPETENZE DA SVILUPPARE AL TERMINE DELLA CLASSE ARTE E IMMAGINE classe PRIMA TRAGUARDI DI COMPETENZE DA SVILUPPARE AL TERMINE DELLA CLASSE Utilizza in modo semplice gli elementi di base del linguaggio visuale (linea-forma-colore) per osservare e descrivere

Dettagli

A complicare il nostro rapporto con le immagini (e a volte anche con la realtà) intervengono i cosiddetti inganni percettivi

A complicare il nostro rapporto con le immagini (e a volte anche con la realtà) intervengono i cosiddetti inganni percettivi REALTA E ILLUSIONE A complicare il nostro rapporto con le immagini (e a volte anche con la realtà) intervengono i cosiddetti inganni percettivi Chiaramente essi sono più facilmente realizzabili su una

Dettagli

STRATEGIE DI RICERCA SOCIALE

STRATEGIE DI RICERCA SOCIALE STRATEGIE DI RICERCA SOCIALE RICERCA QUANTITATIVA o STANDARD Tradizione di ricerca che include al proprio interno una varietà di strategie di indagine (survey research, disegni quasi-sperimentali, analisi

Dettagli

Numero OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO ABILITÀ CONTENUTI Scoprire e costruire la successione numerica entro la classe delle unità semplici.

Numero OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO ABILITÀ CONTENUTI Scoprire e costruire la successione numerica entro la classe delle unità semplici. CLASSE SECONDA MATEMATICA COMPETENZE Legge, esplora e descrive la realtà attraverso un appropriata cognizione del linguaggio matematico, che come gli altri linguaggi è costituito da una struttura di forme,

Dettagli

Prof.ssa Rosanna Passaretti. - Ricevimento: su appuntamento e comunque alla fine di ogni lezione

Prof.ssa Rosanna Passaretti.  - Ricevimento: su appuntamento e comunque alla fine di ogni lezione Prof.ssa Rosanna Passaretti E-mail- dr.passaretti@hotmail.it Ricevimento: su appuntamento e comunque alla fine di ogni lezione 1 Obiettivo Obiettivo del corso è fornire una panoramica chiara ed attuale

Dettagli

parte I teoria generale lezione 1 introduzione alla semiotica

parte I teoria generale lezione 1 introduzione alla semiotica Corso di Semiotica per la comunicazione Università di Teramo a.a. 2007/2008 prof. Piero Polidoro parte I teoria generale lezione 1 introduzione alla semiotica Sommario Quadro storico 3. 4. 5. Quadro storico

Dettagli

FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO: prospettive di ricerca

FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO: prospettive di ricerca FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO: prospettive di ricerca Numero Quarto Febbraio 2008 RECENSIONE George Lakoff Metafora e vita quotidiana (Bompiani, Milano 2004) Recensione di Alberto Binazzi http://www.humana-mente.it

Dettagli

L A L U C E. Da cosa è dato il colore degli oggetti?

L A L U C E. Da cosa è dato il colore degli oggetti? L A L U C E La luce non ha colore, ma Newton, scoprì che se un raggio luminoso entrava in un prisma, questo veniva scomposto in una serie di colori, corrispondenti a quelli dello spettro visibile (ossia

Dettagli

IV NOVEMBRE 35, CLES (TRENTO)

IV NOVEMBRE 35, CLES (TRENTO) PROGRAMMAZIONE COMUNE DEL DIPARTIMENTO: SCIENZE UMANE INDIRIZZO: Scienze umane opzione economica Primo BIENNIO: Classi Prime opzione DISCIPLINA: Scienze umane MODULO 1 DI PSICOLOGIA - LA PSICOLOGIA COME

Dettagli

PIANO DI LAVORO ANNUALE. MATERIA: Diritto pubblico-e internazionale/relazioni internazionali

PIANO DI LAVORO ANNUALE. MATERIA: Diritto pubblico-e internazionale/relazioni internazionali ISTITUTO D ISTRUZIONE SUPERIORE MAJORANA Via Ada Negri, 14 10024 MONCALIERI (TO) Codice fiscale 84511990016 Sezione Liceale E.Majorana Scientifico - Linguistico Via Ada Negri, 14 10024 MONCALIERI Tel.

Dettagli

IMMANUEL KANT. (1724 Germania-1804) INTRODUZIONE

IMMANUEL KANT. (1724 Germania-1804) INTRODUZIONE IMMANUEL KANT (1724 Germania-1804) INTRODUZIONE ILLUMINISMO ROMANTICISMO SAPERE AUDE (Ultimo periodo della sua vita) USCIRE DALLO STATO DI MINORITA Nella CRITICA DEL GIUDIZIO CONDIZIONE DELL UOMO CHE NON

Dettagli

Traguardi per lo sviluppo delle competenze 1 Usare linguaggi, tecniche e materiali diversi per comunicare. Obiettivi di apprendimento

Traguardi per lo sviluppo delle competenze 1 Usare linguaggi, tecniche e materiali diversi per comunicare. Obiettivi di apprendimento CLASSI PRIME ARTE E IMMAGINE 1 Usare linguaggi, tecniche e materiali diversi per comunicare 1.1 Conoscere i colori e utilizzarli in modo appropriato per rappresentare la realtà. 1.2 Manipolare e utilizzare

Dettagli

PROGRAMMA PREVENTIVO

PROGRAMMA PREVENTIVO Settore Servizi Scolastici e Educativi PAGINA: 1 PROGRAMMA PREVENTIVO A.S. 2015/16 SCUOLA LICEO LINGUISTICO A. MANZONI DOCENTE: C. FRESCURA MATERIA: MATEMATICA Classe 5 Sezione B FINALITÀ DELLA DISCIPLINA

Dettagli

IMMANUEL KANT CRITICA DELLA RAGION PURA LOGICA TRASCENDENTALE

IMMANUEL KANT CRITICA DELLA RAGION PURA LOGICA TRASCENDENTALE IMMANUEL KANT CRITICA DELLA RAGION PURA LOGICA TRASCENDENTALE Senza sensibilità nessun oggetto ci sarebbe dato, e senza intelletto nessun oggetto verrebbe pensato. I pensieri senza contenuto sono vuoti,

Dettagli

Università degli Studi di Enna Kore Facoltà di Scienze dell Uomo e della Società

Università degli Studi di Enna Kore Facoltà di Scienze dell Uomo e della Società Anno Accademico 2017 2018 A.A. Settore Scientifico Disciplinare CFU Insegnamento Ore di aula Mutuazione 2017/18 M-PSI/01 Psicologia generale Il settore si interessa all attività scientifica e didattico

Dettagli