Alcuni effetti terapeutici atipici degli SSRI

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1 Rassegna Alcuni effetti terapeutici atipici degli SSRI Some atypical therapeutic effects of SSRI VALERIA TRINCIA, MASSIMO BIONDI III Clinica Psichiatrica, Servizio Speciale di Medicina Psicosomatica e Psicofarmacologia Clinica Università di Roma, La Sapienza RIASSUNTO. Numerosi studi pubblicati negli ultimi anni suggeriscono che gli SSRI possono trovare un impiego nel trattamento di patologie diverse dai disturbi psichiatrici. Diversi lavori, nella maggior parte dei casi condotti secondo un disegno controllato e randomizzato in doppio cieco, sembrano evidenziare un margine di impiego per numerosi SSRI (paroxetina, fluoxetina, fluvoxamina, sertralina) in un ampia gamma di disturbi quali ad esempio cefalea tensiva, profilassi dell emicrania, terapia del dolore, sindrome premestruale, eiaculazione precoce. Alcune osservazioni suggeriscono inoltre un possibile impiego di paroxetina nel prurito e di fluoxetina nel trattamento dell obesità in soggetti diabetici e non. Infine, recenti studi evidenziano che gli SSRI potrebbero avere un ruolo neuroprotettivo sulle cellule dell ippocampo, contribuendo a bloccare od invertire l atrofia e la perdita neuronale indotte da stress. Scopo della rassegna è quello offrire al lettore una rapida panoramica sulle conoscenze relative alle modalità più efficaci e sicure per utilizzare questa categorie di farmaci nelle patologie e nei disturbi sopraindicati. PAROLE CHIAVE: cefalea, dolore, prurito, eiaculazione precoce, sindrome premestruale, obesità, neurogenesi. SUMMARY. Several studies published in the recent years, propose that SSRI could be useful in pathologies different from psychiatric disorders. Various studies, in which the majority of the cases have been conducted in a controlled manner with random double-blind selection, put emphasis on the advantage of using several SSRI (paroxetine, fluoxetine, fluvoxamine, sertraline) in a wide range of disorders like headache due to stress and tension, migraine prevention, treatment of pain, premenstrual syndrome and premature ejaculation. Moreover, some observations suggested one possible use of paroxetine in itchiness pathology and fluoxetine in the treatment of obese patients, diabetic and not diabetic. Finally, recent studies highlight the neuroprotective role that SSRI could have on hippocampus, cells contributing by blocking or reversing the atrophy and the neuronal loss induced by stress. The purpose of the survey is to offer to the reader a quick overview of the relative knowledge concerning the most efficient and secure ways of using this category of drugs in the pathologies mentioned above. KEY WORDS: headache, pain, ITCH, premature ejaculation, premenstrual syndrome, obesity, neurogenesis. Sulla base di recenti segnalazioni, gli SSRI sembrano destinati ad assumere un ampio profilo di impiego terapeutico, che si estende oltre la pratica clinica psichiatrica. Di seguito viene riportata una rassegna degli articoli relativi agli effetti terapeutici degli SSRI in alcune patologie, non di natura psichiatrica, come la cefalea, il dolore, il prurito l eiaculazione precoce, la sindrome premestruale e l obesità (Tabella 1). CEFALEA Con il termine cefalea si definisce il dolore, di qualsiasi genere, localizzato al capo. La prevalenza annuale di cefalea non occasionale è stimata, in Europa, attorno al 50% della popolazione generale. La cefalea viene classificata in forme primitive e forme secondarie. Le cefalee primitive non riconoscono alcuna causa organi- massimo.biondi@uniroma1.it 59

2 Trincia V, Biondi M Tabella 1 Patologie Autore Disegno N Pz Disturbo Farmaco Efficacia Cefalea Foster, 1994 In aperto 58 Cefalea cronica Parox: mg/die, Miglioramento 3-9 mesi significativo (p 0.5) nel 92% dei soggetti Saper, 1994 Controllato, in 64 Cefalea cronica Fluox: mg/die, Miglioramento doppio cieco, 3 mesi significativo della randomizzato Placebo frequenza (p =.001) Manna, 1994 Controllato, 40 Cefalea cronica Fluvox: mg/die, Miglioramenti sia sulla randomizzato 2 mesi frequenza sia sul Mianse: mg/die, dolore (p =.001) 2 mesi Bank, 1994 Controllato, in 64 Emicrania Fluvox: 50 mg/die, 3 mesi Miglioramento n attacchi doppio cieco Amitrip: 25 mg/die, 3 mesi Steiner, 1998 Controllato, in 53 Cefalea cronica S-Fluox:40 mg/die,3 mesi Riduzione significativa doppio cieco, Placebo della frequenza (p =.041) randomizzato Dolore Schereiber, In vivo - Dolore Fluvoxamina Induzione di effetti 1996 antinocicettivi (p.005) Luger, 1999 In vivo - Dolore Fluvoxamina Potenziamento Oppioide dell analgesia Atkinson, 1999 Controllato, in 103 Dolore lombare Parox: 30 mg/die, 2 mesi Significativa riduzione del doppio cieco, Maprot:150mg/die,2 mesi dolore (p =.003) rispetto randomizzato Placebo al placebo Ciaramella, In aperto, 40 Dolore cronico Fluox: 20 mg/die, 2 mesi Miglioramento 2000 randomizzato Fluvox: 100 mg/die, 2 mesi significativo in entrambi i trattamenti Sindrop, 1990 Controllato, in 19 Neuropatia Parox: 40 mg/die, 4 sett. Miglioramento doppio cieco, diabetica Placebo significativo in entrambi randomizzato Imipramina: 25 mg/die, i trattamenti 4 sett. Sindrop, 1991 In aperto, in 19 Neuropatia Parox: mg/die, 4 sett. Miglioramenti singolo cieco diabetica significativi già nella prima settimana di trattamento Prurito Biondi Single case 1 Prurito Parox: 20 mg/die, 9 mesi Miglioramento significativo già dopo 3 settimane di trattamento Zylicz, 1998 Single cases 5 Prurito Parox: 5-30 mg/die, Miglioramento rapido 1-20 sett. della sintomatologia Zylicz, 1999 Single cases 3 Prurito Parox: 30 mg/die Miglioramento rapido della sintomatologia Sindrome Steiner, 1995 Controllato, 320 PMS Fluox: 20 mg/die, 3 cicli Miglioramento premestruale multicentrico, mestruali significativo della PMS randomizzato Fluox: 60 mg/die, 3 cicli mestruali Placebo Erikson, 1995 Controllato 65 PMS Parox: mg/die, Miglioramento della 3 cicli mestruali sintomatologia in Maprotilina: mg/die, entrambi i 3 cicli mestruali trattamenti Placebo Commenti Dimostrata efficacia del farmaco e riduzione del n degli attacchi Fluoxetina efficace e ben tollerata Fluvoxamina più efficace della mianserina nei non depressi Fluvoxamina mostra migliore tollerabilità Buona efficacia e tollerabilità In associazione con oppioidi potenziamento dell analgesia Marcata perdita di peso corporeo Entrambi i farmaci risultano efficaci e tollerati Si è raggiunto un paragonabile livello di analgesia tra i 2 farmaci Paroxetina risulta efficace e ben tollerata Evidente efficacia della paroxetina Efficacia e tollerabilità della paroxetina L effetto antiprurito è durato diversi mesi L effetto antiprurito è stato rapido Efficacia della fluoxetina sui sintomi fisici e comportamentali Paroxetina risulta più efficace della maprotilina segue 60

3 Alcuni effetti terapeutici atipici degli SSRI Segue tabella 1 Patologie Autore Disegno N Pz Disturbo Farmaco Efficacia Sindrome Ozeren, 1996 Controllato, in 35 PMS Fluox, 20 mg/die, 3 cicli Miglioramento premestruale doppio cieco mestruali significativo della Placebo PMS Tung.Ping Su, Controllato,in 19 PMS Fluox, 20 mg/die, 3 cicli Miglioramento 1997 doppio cieco mestruali significativo della Placebo PMS Eiaculazione Kara,1996 Doppio cieco, 17 Eiaculazione Fluox:20 mg/die,1 sett. Miglioramento (p.05) precoce randomizzato precoce 40 mg/die,1 sett. della ELT Placebo Murat Bayar, In aperto 57 Eiaculazione Fluox:20-40 mg/die,2 sett. Miglioramento 1999 Randomizzato precoce Sertra:50 mg/die,4 sett. significativo nel 70% dei soggetti in entrambi i gruppi McMahon,1999 In aperto 94 Eiaculazione Parox:20 mg/die,4 sett. Incremento significativo precoce 20 mg a richiesta,4 sett. (p.001) ELT Soo Woong, In aperto 24 Eiaculazione Sertra: mg/die,2 sett Incremento significativo 1999 precoce mg a richiesta,4 sett. ELT in entrambi i gruppi Obesità Goodnick,2001 Review - Obesità Fluox:60 mg/die, Evidente calo ponderale settimane durante il trattamento Placebo con fluoxetina Gray,1992 Controllato,in 48 Obesità e diabete Fluox:60 mg/die,24 sett. Evidente calo ponderale doppio cieco Placebo e riduzione dei livelli di randomizzato Hb glicosilata Kutnoswki, Controllato,in 97 Obesità e diabete Fluvox:60 mg/die Evidente calo ponderale 1992 doppio cieco Placebo e buon controllo glicemico Ljung,2001 Controllato,in 16 Obesità Citalopram:20-40 mg/die, Effetti sul sistema doppio cieco 6 mesi neuroendocrino Commenti Fluoxetina efficace e ben tollerata Fluoxetina efficace e ben tollerata Fluoxetina efficace e ben tollerata in entrambi i gruppi. Tollerabilità sovrapponibile nei due farmaci. Efficacia dimostrata sia nel trattamento cronico sia come terapia a richiesta. Efficacia dimostrata sia del trattamento cronico che di quello al bisogno Fluoxetina si dimostra efficace e ben tollerata in pz diabetici e non Fluoxetina risulta efficace nel ridurre il peso corporeo in pz con diabete tipo II Fluoxetina risulta efficace nel ridurre il peso corporeo in pz con diabete tipo II Azione a livello delle disfunzioni neuro endocrine ca o funzionale dannosa o potenzialmente tale, mentre le cefalee secondarie sono dovute ad una causa specifica. Le cefalee primitive di più frequente riscontro sono: l emicrania con o senza aurea, la cefalea tensiva e la cefalea a grappolo (1). Eziopatogenesi Emicrania: il dolore emicranico sarebbe dovuto ad un processo di infiammazione sterile, di tipo neurogeno, delle pareti dei vasi innervati dal sistema trigeminale. Secondo tale ipotesi perché l attacco emicranico inizi si debbono presentare alcuni fattori scatenanti (emotivi, fisici, psichici e chimici) che, in soggetti predisposti, altererebbero il funzionamento dei neuroni noradrenergici e serotoninergici del locus coeruleus e dei nuclei del rafe nel troncoencefalo. A ciò seguirebbe l aumentata liberazione di noradrenalina e serotonina da parte delle fibre nervose dirette ai grossi vasi arteriosi cranici, vasocostrizione e quindi un processo infiammatorio della parete vasale. La liberazione di sostanze infiammatorie provocherebbe vasodilatazione accompagnata da intenso dolore pulsante (1). Cefalea tensiva: dovuta a contrazione muscolare prolungata dei muscoli del rachide cervicale in reazione a fattori esterni collegati spesso ad affaticamento fisico o psichico. 61

4 Trincia V, Biondi M SSRI e trattamento della cefalea e dell emicrania Numerosi studi controllati e non controllati sembrano suggerire una possibile efficacia degli SSRI nel trattamento della cefalea tensiva e dell emicrania. Nello studio di Foster (2), 58 pazienti con cefalea cronica, che non avevano risposto a diverse combinazioni di trattamento farmacologico, sono stati trattati in aperto con paroxetina a dosaggi compresi tra 10 e 50 mg per un periodo di tempo da 3 a 9 mesi. Il 92% dei pazienti ha mostrato un miglioramento significativo (p.05), con una riduzione del numero di episodi cefalalgici mensili. Gli effetti indesiderati osservati sono stati insonnia, astenia e disturbi urinari, ben tollerati dai pazienti trattati. Nello studio in doppio cieco controllato con placebo condotto da Saper (3) su 64 pazienti con cefalea cronica e 58 con emicrania, i pazienti sono stati randomizzati in 2 gruppi: un gruppo placebo e un gruppo trattato con fluoxetina mg/die per tre mesi. I soggetti trattati con fluoxetina hanno mostrato un significativo miglioramento dell umore (p =.019), misurato mediante somministrazione del Beck Depression Inventory (BDI) e della frequenza giornaliera degli episodi cefalalgici (p =.001), anche se non della gravità del dolore. I miglioramenti dell umore osservati, hanno preceduto quelli della cefalea, raggiungendo la significatività alla fine del secondo mese con fluoxetina, mentre i miglioramenti della cefalea sono emersi con una latenza maggiore, nel corso del terzo mese di trattamento. Lo studio di Manna (4), controllato e randomizzato, è stato condotto su 40 pazienti ambulatoriali suddivisi in due gruppi, entrambi preventivamente trattati per un mese con placebo: un gruppo ha assunto mianserina (30-60 mg/die) e l altro fluvoxamina ( mg/die) per un periodo di 8 settimane. Sono state valutate la frequenza degli episodi, la gravità del dolore ed il consumo di analgesici. Entrambi i trattamenti hanno indotto miglioramenti statisticamente significativi nella frequenza e nella gravità del dolore (p = 0.01) ed una riduzione del consumo di analgesici. La fluvoxamina è stata più efficace della mianserina in pazienti non depressi, un dato che suggerirebbe come l attività anticefalalgica non sia correlata direttamente con l attività antidepressiva. Lo studio di Bank (5), controllato in doppio cieco su un totale di 64 pazienti affetti da emicrania, ha confrontato in termini di efficacia e tollerabilità due diversi trattamenti: fluvoxamina (50 mg/die) e amitriptilina (25 mg/die), somministrati per un periodo di 12 settimane. L amitriptilina ha mostrato di ridurre significativamente il numero di attacchi di cefalea, causando tuttavia sonnolenza in molti pazienti, determinando un elevato tasso di drop-out (7/29 nelle prime due settimane di trattamento). La fluvoxamina, oltre a modificare favorevolmente il numero di attacchi, è stata associata ad un migliore profilo di tollerabilità, con un tasso di drop-out decisamente più favorevole (2/32 nelle prime due settimane di terapia). Lo studio randomizzato in doppio cieco controllato con placebo, condotto da Steiner (6), ha evidenziato, su un totale di 53 pazienti affetti da cefalea, di cui 27 trattati per tre mesi con 40 mg/die di s-fluoxetina (enantiomero della fluoxetina a lunga durata d azione), una riduzione significativa della frequenza mensile degli episodi di cefalea, al secondo (p =.033) e all inizio del quarto mese di trattamento (p = 0.041). In conclusione, sulla base dei dati presentati da questi lavori più recenti, si evidenzia che diversi farmaci SSRI (paroxetina, fluoxetina, fluvoxamina) possono essere impiegati efficacemente, oltre che ben tollerati, nel trattamento della cefalea tensiva e della profilassi dell emicrania. Tali osservazioni, provenienti da studi controllati in doppio cieco, consentono di ipotizzare che il sistema serotoninergico sia coinvolto nella fisiopatologia di questi disturbi e che il meccanismo d azione di tali sostanze non sia necessariamente associato all effetto antidepressivo. In particolare, è possibile che gli SSRI possano indurre o potenziare l analgesia attraverso un azione diretta sul sistema nervoso centrale, probabilmente bloccando la ricaptazione della serotonina, in particolare agendo sui recettori 5-HT 2 (5), e aumentandone l attività a livello delle terminazioni centrali del sistema intrinseco dell analgesia, mediato dal sistema degli oppioidi (4). In alternativa, gli SSRI potrebbero essere coinvolti nella modulazione di una via ascendente serotoninergica del dolore che va dal nucleo dorsale del rafe al nucleo parafascicolare del talamo (7). In questa prospettiva l azione selettiva di alcuni farmaci nella trasmissione centrale serotoninergica potrebbe primariamente incidere sul dolore, con miglioramento clinico della cefalea indipendentemente dalla presenza o meno di sintomi depressivi. Alcune considerazioni critiche in merito ai dati presentati possono eventualmente riguardare la brevità del periodo di osservazione generalmente impiegato (massimo 3-9 mesi), l assenza di informazioni adeguate circa il tasso di ricadute successive alla sospensione del trattamento e, più in generale, la mancanza di studi di follow-up che permettano di valutare gli effetti a medio o lungo termine del trattamento impiegato. È possibile infatti ipotizzare che la remissione della sintomatologia sia associata al periodo di assunzione del trattamento, mentre appare assai probabile la comparsa di ricadute in assenza di trattamento con SSRI. 62

5 Alcuni effetti terapeutici atipici degli SSRI DOLORE Cenni sulla fisiopatologia del dolore Studi recenti sul dolore cronico e persistente, che hanno utilizzato modelli infiammatori e di danno neuronale, hanno dimostrato una consistente attività analgesica degli antidepressivi, in particolare gli SSRI. Tali sostanze sono state impiegate in diversi studi in vivo su animale, allo scopo di valutarne gli eventuali effetti analgesici centrali e periferici (8). Schreiber et al. (9) in uno studio su topi maschi, hanno evidenziato che la fluvoxamina ha indotto degli effetti antinocicettivi. Inoltre, se associata agli oppioidi, ha mostrato di potenziare significativamente (p.005) l effetto analgesico a livello dei recettori degli oppioidi, e. Anche Luger et al. (10) hanno condotto uno studio in vivo su topi adulti, per valutare l efficacia antinocicettiva e la tollerabilità della fluvoxamina, somministrata insieme ad un oppioide. I risultati hanno mostrato che l associazione di un oppioide con un SSRI ha determinato un incremento dell analgesia e un abbassamento della soglia di sviluppo di tollerabilità al dolore, durante i test nocicettivi. Il principale effetto collaterale osservato è stata la marcata perdita di peso corporeo. D altro canto, una ulteriore conferma indiretta del ruolo svolto dai SSRI nella modulazione del dolore è rappresentata dall osservazione secondo cui la somministrazione di antagonisti dei recettori 5-HT 3 inibirebbe l effetto analgesico mediato dalla serotonina (11). Inoltre, l importanza del ruolo svolto dai recettori 5- HT 3 nella nocicezione, è sostenuta da dati neuroanatomici che avrebbero evidenziato un alta concentrazione di recettori 5-HT 3 nelle corna posteriori del midollo spinale. La serotonina, stimolando il rilascio di GABA attraverso il legame con i recettori 5-HT 3, indurrebbe l analgesia a livello spinale (12). Sulla base di questi presupposti patogenetici, diversi autori hanno valutato l azione analgesica dei SSRI in diverse patologie nell uomo. Atkinson et al. (13), al fine di valutare l efficacia di antidepressivi serotoninergici e noradrenergici nel trattamento del dolore cronico del rachide lombare, hanno condotto uno studio controllato in doppio cieco su 103 pazienti, randomizzati in tre gruppi: il primo trattato con paroxetina (30 mg/die), il secondo con maprotilina (150 mg/die) e il terzo con placebo, per un periodo di 2 mesi. La riduzione dell intensità del dolore è stata significativamente più elevata con la maprotilina e la paroxetina, rispetto al placebo (p =.003). La maprotilina ha indotto una riduzione del dolore nel 45% dei casi e la paroxetina nel 26%. Ciaramella et al. (14) hanno confrontato l efficacia di due diversi trattamenti del dolore cronico. Gli autori hanno condotto uno studio in aperto su 40 pazienti, randomizzati in due gruppi: uno trattato con fluoxetina 20 mg/die e l altro con fluvoxamina 100 mg/die, della durata di 2 mesi. I risultati hanno mostrato che alla fine del trattamento si è raggiunto un paragonabile livello di analgesia fra i due farmaci. In uno studio controllato, randomizzato, in doppio cieco e della durata di 4 settimane, su 19 soggetti, l efficacia della paroxetina (40 mg/die) nel trattamento della neuropatia diabetica, è stata confrontata con quella dell imipramina (25 mg/die) e del placebo (15). In termini di efficacia, valutata con strumenti auto- ed eterosomministrati, l imipramina si è dimostrata lievemente superiore alla paroxetina, mentre la paroxetina è risultata meglio tollerata. In un altro studio di Sindrup et al. (16), condotto in aperto in singolo cieco su 19 pazienti con diagnosi di neuropatia diabetica, la somministrazione di paroxetina (30-70 mg/die) per 4 settimane ha mostrato significativi miglioramenti dei sintomi nel 79% dei soggetti già durante la prima settimana di trattamento. Giordano et al. (17) hanno valutato l efficacia e la tollerabilità della paroxetina in pazienti con diagnosi di fibromialgia. Lo studio controllato, randomizzato, in singolo cieco, è stato condotto su di un totale di 40 pazienti, di cui 20 hanno assunto paroxetina 20 mg/die e rimanenti 20 il placebo, per tre mesi. Rispetto al placebo, la paroxetina ha mostrato un significativo miglioramento dei sintomi della fibromialgia, come la rigidità e la stanchezza muscolari (p 0.05) e una significativa riduzione del dolore (p.05). Inoltre, la tollerabilità della paroxetina è stata molto buona nell 82% dei casi. Sulla base dei dati riportati da questa breve rassegna, è possibile evidenziare un effetto analgesico degli SSRI nelle patologie descritte. In particolare paroxetina, fluvoxamina e fluoxetina, sembrano indurre un significativo effetto analgesico sia a livello centrale che periferico. Da notare tuttavia che anche altre classi di antidepressivi e in particolare i triciclici (imipramina e maprotilina) sono dotati di effetti analgesici anche superiori a quelli evidenziati dagli SSRI. Tuttavia, il miglior profilo di tollerabilità e la sicurezza d impiego degli SSRI rispetto ai triciclici conferisce agli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina una maggiore maneggevolezza e facilità d impiego in patologie organiche di varia natura. Certamente tali osservazioni circa l impiego degli SSRI nella terapia del dolore dovrebbero essere confermate da studi controllati e randomizzati su casistiche più ampie. 63

6 Trincia V, Biondi M PRURITO Il prurito viene definito come una sensazione anomala e fastidiosa transitoriamente attenuata dal grattamento. È un sintomo esclusivo della cute, che determina spesso escoriazioni, le quali possono avere complicanze microbiologiche o determinare focolai di esasperata e ripetuta aggressione. Viene definito essenziale quando non coesista una evidente patologia cutanea oppure può essere parte integrante della semeiotica di un quadro dermatologico (18). Fisiologia del prurito Non sono stati ancora individuati tutti i mediatori che innescano la reazione del prurito. Qualunque sia la causa, il prurito è dovuto ad una stimolazione irritazione delle terminazioni nervose libere localizzate a livello della giunzione dermo-epidermica, principalmente dovuta all istamina rilasciata dai mastociti ed al fattore attivante le piastrine (PAF). Prostaglandine e neuropeptidi possono funzionare sia da modulatori che da induttori del prurito. Le zone più sensibili al prurito sono ricche di fibre amieliniche C e A-, come quelle che conducono gli stimoli dolorifici. Tali fibre conducono gli impulsi al talamo e alla corteccia encefalica (20). Trattamento del prurito Il trattamento del prurito attualmente si può articolare sulla scelta di varie terapie di cui è documentata l efficacia. Per quanto concerne la terapia farmacologica, accanto agli antistaminici, ai corticosteroidei ed ai FANS, i quali determinano un azione locale e sistemica sui mediatori dell infiammazione, vengono sempre più utilizzati diversi psicofarmaci nella cura del prurito, come ad esempio gli antidepressivi triciclici, le benzodiazepine ed i neurolettici. Inoltre, diversi lavori sottolineano il ruolo svolto dagli SSRI nel trattamento del prurito di diversa eziologia, la cui efficacia sarebbe dovuta alla loro azione antidepressiva ed anticompulsiva. Nonostante il ruolo della serotonina nel prurito sia scarsamente conosciuto, alcune osservazioni, derivanti per lo più da casi singoli o piccole casistiche di soggetti, suggerirebbero un possibile ruolo della paroxetina nel ridurre il prurito primario o quello secondario a patologie oncologiche. In particolare, Biondi (19) ha riportato il caso clinico di una donna di 66 anni, sulla quale in un primo momento i farmaci convenzionali anti-prurito non avevano avuto effetto, in seguito trattata con successo con paroxetina (20 mg/die), per un prurito persistente localizzato al volto, al petto e agli arti superiori della durata di 4 mesi. Il risultato è stata la risoluzione del prurito in 3 settimane, con mantenimento dei risultati a 9 mesi di follow-up. In questo caso gli autori ipotizzano che l effetto anti-prurito sia stato mediato da un azione del farmaco a livello centrale, esplicata attraverso un effetto di tipo anticompulsivo. Zylicz et al. (20) hanno descritto 5 pazienti oncologici che soffrivano di prurito di differente eziologia, i quali hanno risposto rapidamente alla somministrazione di paroxetina in modo dose-dipendente (da 5 fino a 30 mg/ (die), per un periodo di trattamento variabile da 1 a 20 settimane. In generale l effetto antiprurito è stato rapido ed è durato per un periodo di qualche mese. Due dei pazienti hanno riportato nausea grave, ma transitoria, e vomito per 1-2 giorni. Ancora Zylicz et al. (21) hanno riportato i casi di 3 pazienti, due donne con cancro alla mammella ed un uomo con carcinoma bronchiale, affetti da grave prurito, alleviato sensibilmente dalla somministrazione di paroxetina (20 mg/die). In conclusione, sulla base delle segnalazioni disponibili, è possibile ipotizzare che la paroxetina possa rivelarsi utile nel trattamento del prurito di diversa eziologia e patogenesi. È da notare che la paroxetina sarebbe dotata di scarsi effetti antistaminici e che, sebbene l esatto meccanismo non è stato ancora chiarito, alcuni autori suggeriscono che l azione antiprurito potrebbe essere spiegata attraverso una rapida down-regulation dei recettori 5-HT 3, i quali hanno un ruolo importante nella genesi sia del prurito che del dolore. Queste osservazioni, sebbene del tutto preliminari, suggeriscono l opportunità di condurre studi controllati di valutazione dell efficacia e tollerabilità della paroxetina e di altri SSRI nel trattamento del prurito primario e secondario. SINDROME PREMESTRUALE La sindrome premestruale (PMS) viene definita dalla presenza di sintomi psichici e fisici, che compaiono ciclicamente nella fase luteale del ciclo mestruale. I sintomi che fanno parte della PMS sono, oltre che numerosi, eterogenei ed aspecifici. Essi comprendono tensione nervosa, instabilità dell umore, irritabilità, disturbi del sonno, ansia, tensione mammaria, distensione addominale, incremento ponderale, tachicardia e cefalea. La PMS può insorgere a qualunque età della vita riproduttiva, ma soprattutto tra i 30 e i 40 anni e la 64

7 Alcuni effetti terapeutici atipici degli SSRI sua incidenza nella popolazione generale varia dal 2.5% al 10%(22). Eziopatogenesi Non si conosce ancora l esatta eziologia di questo disturbo, il quale mostra caratteristiche di multifattorialità, dal momento che risultano coinvolti diversi agenti come stress, personalità, steroidi ovarici, fattori dietetici, nutrizionali e neurochimici. Le fluttuazioni dell estrogeno e del progesterone sono stati associati a cambiamenti in diversi sistemi neurotrasmettoriali. Tra questi, quello della serotonina sembra essere quello maggiormente coinvolto nella patogenesi della PMS. Il coinvolgimento della serotonina viene suggerito dalla presenza di sintomi riconducibili ad alterata funzionalità serotoninergica quali instabilità emotiva, disturbi del sonno, irritabilità e aumentata assunzione di carboidrati. Inoltre, alcune osservazioni sperimentali come lo studio dei livelli di serotonina ematica, dell uptake piastrinico serotoninergico e del metabolita urinario della serotonina, l acido idrossindolacetico, evidenziano una complessiva riduzione dell attività serotoninergica durante la fase luteale del ciclo mestruale. Un ulteriore elemento di supporto della teoria serotoninergica della PMS deriva dell osservazione secondo cui l agonista parziale del recettore 5-HT 1A, il buspirone, l agonista non selettivo del recettore 5-HT, la meta clorofenilpiperazina (MCPP), l agente rilasciante la 5-HT, la fenfluramina ed infine il precursore della 5-HT, il triptofano sono tutti agenti che hanno effetti clinicamente positivi nel trattamento della PMS (23). Inoltre, è stato spesso segnalato anche un ruolo di stress, ansia e depressione tra i fattori predisponenti o scatenanti. Sulla base dei dati di prevalenza nella popolazione generale e di tali osservazioni che chiamano in causa un possibile ruolo della serotonina, vengono riportati i lavori più recenti relativi all impiego terapeutico degli SSRI. Steiner et al. (24) hanno condotto uno studio controllato e multicentrico su un totale di 320 pazienti, randomizzato in tre gruppi: uno trattato con fluoxetina 20 mg/die, un altro con fluoxetina 60 mg/die e l ultimo con placebo (per un periodo di 3 cicli mestruali). I risultati hanno mostrato un miglioramento dei disturbi dell umore per entrambi i gruppi con fluoxetina, senza differenze statistiche tra l uno e l altro. Inoltre il trattamento con fluoxetina, rispetto al placebo, ha migliorato i disturbi fisici e i sintomi psicosociali. Eriksson et al. (25) hanno valutato l efficacia di diversi trattamenti in soggetti con PMS. Un primo gruppo di 22 soggetti è stato trattato con paroxetina (10-30 mg/die), un altro (n=21) con maprotilina ( mg/die), un terzo gruppo (n=22) ha assunto il placebo. Il periodo di trattamento è stato di 3 cicli mestruali. La riduzione dei sintomi ottenuta con la paroxetina è risultata significativamente superiore rispetto a quella con il placebo. Inoltre, per quanto riguarda l irritabilità, l aumento dell appetito e dell assunzione di carboidrati, il gonfiore ed il dolore al seno, la paroxetina è risultata significativamente più efficace della maprotilina. Nello studio condotto da Ozeren et al. (26), controllato, in doppio cieco, su 35 pazienti con diagnosi di PMS, della durata di 3 cicli mestruali, è stato evidenziato che la fluoxetina, alle dosi di 20 mg/die, è stata significativamente più efficace rispetto al placebo nell alleviare sia i sintomi di tipo affettivo e comportamentale che quelli di tipo somatico. Tung-Ping Su (27), in uno studio controllato, in doppio cieco, su 19 pazienti e della durata di 3 cicli mestruali, ha evidenziato una maggiore efficacia di fluoxetina (20 mg/die) rispetto a placebo, in relazione al miglioramento di sintomi affettivi, comportamentali e somatici. Riassumendo, diverse osservazioni cliniche paiono suggerire che gli SSRI, in particolare fluoxetina e paroxetina, possano rappresentare farmaci molto utili nella terapia della PMS. Sulla base dei dati riportati in letteratura gli SSRI risulterebbero efficaci sia sui sintomi fisici che su quelli comportamentali. È da notare che l effetto sui sintomi fisici si manifesta nel giro di 1-2 giorni, contrariamente a quanto si osserva per l effetto propriamente antidepressivo per il quale sono necessarie almeno due settimane di terapia (28), con evidenti vantaggi in relazione alla ciclicità del disturbo. Gli SSRI nel loro insieme non mostrano differenze in termini di tollerabilità e sicurezza d impiego. Gli effetti collaterali più frequenti sono insonnia, disturbi gastrointestinali, astenia, sedazione, xerostomia e sudorazione. Tali effetti collaterali sono nella maggior parte dei casi di lieve entità e transitori (29). In media gli studi considerati hanno utilizzato un periodo di trattamento corrispondente a 3 cicli mestruali. Al momento non risultano disponibili dati relativi al follow-up successivo all interruzione del trattamento con SSRI nella PMS. EIACULAZIONE PRECOCE L eiaculazione precoce viene definita come una eiaculazione involontaria durante i preliminari di un rapporto sessuale oppure entro un minuto dalla penetrazione, in almeno il 50% delle volte in cui si intraprende un rapporto sessuale. Tale disfunzione deve protrarsi per almeno 6 mesi. Le cause possono coinvolgere fattori sia somatici che psicologici. Studi clinici e su animali evidenziano il 65

8 Trincia V, Biondi M coinvolgimento di diversi neurotrasmettitori, tra cui i sistemi dopaminergico, serotoninergico ed -adrenergico. Tra questi, la serotonina è considerata uno dei mediatori principali attraverso cui l eiaculazione viene controllata e modificata. L eiaculazione precoce è considerata una delle più comuni disfunzioni sessuali maschili, che interessa più del 30% degli uomini, indipendentemente dall età. Il trattamento è tradizionalmente affidato a tecniche comportamentali e di controllo delle emozioni, in particolare l ansia da prestazione. Sebbene questi approcci terapeutici determinino successo nel 60-90% dei casi, i risultati a medio o lungo termine sono controversi, dal momento che la remissione dei sintomi viene mantenuta solo nel 25% dei casi dopo 3 anni dal trattamento (30). SSRI e disfunzioni sessuali Molti farmaci utilizzati nella pratica clinica psichiatrica, e tra questi gli SSRI, possono provocare disturbi della sfera sessuale come diminuzione della libido, impotenza, ritardo nell eiaculazione ed anorgasmia. Per quanto riguarda gli SSRI, il meccanismo d azione sarebbe dovuto alla stimolazione dei recettori 5HT 2,che determinerebbe una inibizione del sistema mesolimbico-dopaminergico, coinvolto nel controllo del piacere e del soddisfacimento. L importanza del ruolo dei recettori 5-HT 2 nelle modificazioni delle funzioni sessuali, è inoltre confermata dall osservazione che gli antagonisti dei recettori 5-HT 2 possono occasionalmente eliminare le disfunzioni sessuali causate dagli SSRI, mentre altri autori evidenziano che il buspirone, antagonista parziale del recettore 5-HT 1A, è in grado di rimuovere le disfunzioni sessuali provocate dagli SSRI (31). Sulla base di questo meccanismo d azione, responsabile degli effetti indesiderati menzionati in precedenza, gli SSRI hanno trovato un impiego sempre più esteso nel trattamento dell eiaculazione precoce. L efficacia di tale impiego è documentata di diversi studi clinici controllati e non. Efficacia degli SSRI nel trattamento della eiaculazione precoce Lo studio in doppio cieco di Kara (32) è stato condotto su un gruppo di 17 pazienti randomizzati in due gruppi, uno con placebo e l altro con fluoxetina mg/die per un periodo di almeno due settimane. Nel gruppo trattato con fluoxetina il tempo di latenza eiaculatoria (ELT) è risultato significativamente più allungato rispetto a quello con placebo. Lo studio di Lee (33) non controllato su un gruppo di 11 pazienti, trattati con fluoxetina mg/die per un periodo di 8 settimane, ha evidenziato significativi miglioramenti sul desiderio sessuale e sull ansia da prestazione. Nello studio randomizzato in aperto condotto da Murat Bayar (34) 57 pazienti sono stati suddivisi in due gruppi, trattati rispettivamente con fluoxetina mg/die o sertralina 50 mg/die per un periodo di 4 settimane. In entrambi i gruppi è stato osservato un miglioramento netto in circa il 70% dei soggetti trattati e un profilo di tollerabilità sostanzialmente sovrapponibile per i due farmaci (cefalea, nausea e insonnia nel 30% circa dei soggetti). McMahon (35) in uno studio in aperto su 94 uomini ha valutato l efficacia della somministrazione cronica o a richiesta di paroxetina nel trattamento della eiaculazione precoce: 64 pazienti (gruppo A) sono stati inizialmente trattati con 20 mg/die. Quelli con risposta positiva al trattamento entro le 4 settimane sono stati poi trattati con paroxetina 20 mg a richiesta : somministrata 3-4 ore prima di un rapporto prestabilito. Altri 33 pazienti (gruppo B) sono stati fin dall inizio trattati per 4.5 settimane con una dose a richiesta di paroxetina 20 mg somministrata 3-4 ore prima di un rapporto prestabilito. I risultati ottenuti hanno evidenziato che la paroxetina è stata efficace nell indurre un incremento significativo (p.001) della durata del tempo di eiaculazione, sia come trattamento cronico sia come terapia a richiesta. Nello studio in aperto di Soo Woong (30) è stata confrontata l efficacia della sertralina assunta al bisogno rispetto a quella della terapia assunta in modo continuato. Sono stati arruolati 24 pazienti, trattati con sertralina 50 mg/die nelle prime 2 settimane e con una dose fino a 100 mg, da assumere al bisogno 4-5 ore prima del rapporto, nelle successive 4 settimane di trattamento. I risultati hanno mostrato che il tempo di latenza dell eiaculazione (ELT di 23 ± 19 secondi prima del trattamento) è aumentato sia nelle 2 settimane di trattamento giornaliero con dose di 50 mg (ELT di 5.9 ± 4.2 minuti), sia nelle 4 settimane di trattamento al bisogno con dose di mg (ELT di 4.5 ± 2.7 minuti). In conclusione, questa breve rassegna sui dati disponibili circa l efficacia degli SSRI nel trattamento farmacologico della eiaculazione precoce, sembrerebbe confermare che l impiego di queste sostanze e in particolare paroxetina, sertralina e fluoxetina, possano essere efficaci nell aumentare il tempo di latenza eiaculatoria, sia a seguito di somministrazione continua sia come trattamento assunto al bisogno 4-5 ore prima del rapporto. È da notare che il parametro di valutazione di efficacia maggiormente utilizzato, la ELT, mostra in 66

9 Alcuni effetti terapeutici atipici degli SSRI media modificazioni che passano dall ordine dei secondi (in assenza di trattamento), all ordine di qualche minuto (con trattamento). Questa differenza, oltre che statisticamente significativa, si traduce in pratica nella possibilità di consumare un rapporto sessuale da parte di soggetti per i quali tale esperienza è in genere preclusa. La tollerabilità sembra essere nell insieme buona, dal momento che gli effetti indesiderati osservati hanno riguardato una percentuale modesta dei pazienti trattati e si sono dimostrati di modesta entità, per lo più rappresentati da cefalea, nausea e insonnia. OBESITÀ L obesità è una condizione di eccesso di massa grassa rispetto ai limiti ritenuti normali per età, sesso e statura. La massa grassa nell adulto normale oscilla tra il 12 e il 17% nel maschio e tra il 20 e il 25% nella donna. La prevalenza dell obesità varia notevolmente a seconda dei criteri di classificazione adottati e delle popolazioni indagate. Adottando come criterio di valutazione l indice di massa corporea (IMC), in Italia, la prevalenza dell obesità è lievemente superiore nelle donne (14%) rispetto agli uomini (12%) (36). Etiopatogenesi L obesità può ricondursi a numerosi fattori etiopatogenetici che si identificano in due principali categorie: fattori genetici che predeterminano il numero di adipociti e inducono alterazioni del comportamento alimentare e/o del dispendio energetico; fattori ambientali che si possono ricondurre a cause psicosociali, che possono determinare anch essi alterazioni del comportamento alimentare e/o della spesa energetica. Frequenti fenomeni di interazione tra questi due fattori permettono di affermare che l obesità rappresenta una complessa alterazione del metabolismo radicata nei sistemi biologici e nella vita di relazione. SSRI e Obesità Diverse evidenze cliniche sostengono l ipotesi secondo cui l aumento del tono serotoninergico sarebbe una modalità per ridurre l appetito (37, 38). Difatti per diversi anni la fenfluramina, un agente serotoninergico, è stata largamente utilizzata come soppressore dell appetito prima di essere ritirata dal mercato per i suoi gravi effetti cardiotossici. Probabilmente la sua azione era dovuta ad una indiretta attivazione dei recettori 5- HT postsinaptici, in particolare i 5-HT 2C (39). L importanza del ruolo svolto dai 5-HT 2C nell obesità emerge da alcune osservazioni cliniche secondo cui la metaclorofenilpiperazina riduce l assunzione di cibo ed inoltre il knockout dei 5-HT 2C nei topi, li rende dopo breve tempo obesi (40). Secondo alcuni autori (41) l aumento dell attività serotoninergica dovuto ad un aumento dei precursori, ad un aumento del rilascio o ad un blocco del reuptake della serotonina, è associato ad un incremento della sensibilità all insulina e una riduzione della concentrazione di glucosio plasmatico. Nella rassegna di Goodnick et al., (41), che ha valutato l impiego di antidepressivi in soggetti diabetici con problemi di obesità e disturbi depressivi, è stato evidenziato che la fluoxetina (a dosaggi medi di 60 mg/die, per 6-8 settimane), è stata associata a consistenti riduzioni del peso corporeo nei soggetti trattati. Il calo ponderale medio osservato nei diversi lavori (controllati e in doppio cieco) è pari a 0.5 kg/settimana. Altri studi in aperto con fluoxetina, 60 mg/die per 12 mesi, hanno mostrato che questa terapia è efficace nei pazienti diabetici, ottenendo una riduzione del peso corporeo fino a 9.3 kg. Kutnowski (42), in uno studio clinico controllato in doppio cieco, ha suddiviso 97 soggetti obesi diabetici con intolleranza al glucosio in due gruppi: uno trattato con 60 mg/die di fluoxetina e l altro con placebo.a tutti i pazienti è stata prescritta una dieta ipocalorica ed ipolipidica. La perdita di peso è risultata significativamente più elevata nei soggetti trattati con fluoxetina, nei quali è migliorato anche il controllo glicemico. Gray et al. (43) hanno condotto uno studio controllato in doppio cieco randomizzato in 48 soggetti con diabete di tipo II suddivisi in due gruppi, uno trattato con fluoxetina 60 mg/die, e l altro con placebo per un periodo di 24 settimane. Ad entrambi i gruppi è stata prescritta una dieta ipocalorica. Alla fine del trattamento, i soggetti che hanno assunto la fluoxetina non solo hanno perso in media 8 kg in più rispetto al gruppo placebo ma hanno mostrato anche dei livelli di emoglobina glicosilata significativamente più bassi (9.72 vs (%), p<0.05). Inoltre, i soggetti trattati con fluoxetina hanno riportato una significativa riduzione della dose giornaliera di insulina rispetto al placebo (44.5 vs (%), p<0.05). Infine, Ljung (44), al fine di valutare gli effetti degli SSRI sulla disfunzione del sistema neuroendocrino e del sistema nervoso autonomo nell obesità, ha condotto uno studio controllato in doppio cieco, della durata di 6 mesi, su 16 soggetti, divisi in due gruppi: uno con placebo e l altro con citalopram mg/die. I risultati hanno mostrato un miglioramento nella regolazione dei sistemi neuroendocrino e nervoso autonomo, con- 67

10 Trincia V, Biondi M sistenti in una normalizzazione dei valori di cortisolo al mattino, una riduzione dei lipidi sierici, una riduzione dell escrezione urinaria di metossicatecolamine ed una riduzione della glicemia dopo il test orale di tolleranza al glucosio. In conclusione, sebbene il meccanismo di azione non sia ancora noto, la fluoxetina appare efficace, ben tollerata e sicura nel trattamento dell obesità in soggetti diabetici e non. Questo farmaco non solo determinerebbe una significativa perdita di peso, come dimostrato dalla breve rassegna dei precedenti lavori, ma, nei soggetti obesi e diabetici, incrementerebbe l azione dell insulina sia a livello epatico che periferico e ridurrebbe i livelli ematici del glucosio, determinando un complessivo miglioramento della patologia diabetica (45). Gli effetti collaterali più frequenti durante il trattamento con fluoxetina, riportati in questi lavori, sono cefalea, astenia, nausea diarrea, sonnolenza, insonnia, irrequietezza e tremori. Non si può infine escludere che parte dell effetto sul calo ponderale osservato in soggetti trattati con fluoxetina sia mediato dall azione antidepressiva specifica svolta da questo farmaco e in particolare dal miglioramento del tono dell umore e dalla riduzione dell iperfagia, frequentemente osservata in soggetti depressi. AZIONE NEUROPROTETTIVA E ANTISTRESS DEGLI SSRI Studi recenti hanno esplorato la possibilità che la serotonina possa svolgere un ruolo significativo di tipo neurogenetico sia in età di sviluppo sia in età adulta (46-49). I dati a sostegno di questa ipotesi provengono da studi condotti in vitro e in vivo su animali, in particolare roditori e primati, e nell uomo. Il possibile ruolo neurogenetico della serotonina può essere riassunto come segue: a) molte specie di mammiferi, tra cui l uomo, hanno mostrato di produrre un sostanziale numero di nuove cellule neuronali nell ippocampo anche durante l età adulta (50, 51); b) recenti studi basati sull utilizzazione della bromodeossiuridina per marcare le cellule proliferanti hanno rilevato che migliaia di cellule vengono prodotte ogni giorno nel giro dentato di mammiferi adulti (46,50,51); c) la maggior parte di queste cellule si differenziano in neuroni maturi; d) Jacobs et al. (52) e Azmitia et al. (53) hanno rilevato che la neurogenesi nel giro dentato di mammiferi adulti è aumentata dalla stimolazione dei recettori serotoninergici 5-HT 1A ; e) lo stress indotto in condizioni sperimentali ha determinato nell animale una riduzione della produzione di cellule nervose, presumibilmente attraverso un incremento dei livelli di corticosteroidi a seguito dell iperstimolazione dell asse ipotalamo-ipofisi-surrene (50, 51, 54); la soppressione della proliferazione neuronale nell ippocampo sarebbe mediata dalla stimolazione, ad opera dei corticosteroidi, dei recettori NMDA (55); f) condizioni associate con la riduzione della proliferazione cellulare nel giro dentato, come la malnutrizione, l elevato corticosterone, lo stress, la stimolazione dei recettori NMDA, sono anche associate alla ridotta densità delle fibre 5-HT, dei recettori 5-HT 1A e/o a un ridotto rilascio di 5-HT. Inoltre, azioni di tipo farmacologico, che elevano i livelli di serotonina nell ippocampo (fenfluramina) o stimolano i recettori 5HT 1A (8-OH-DPAT), aumentano nel topo la proliferazione dei precursori delle cellule neuronali (52, 56). Sulla base di queste osservazioni relative all azione neurogenetica della serotonina, diversi autori hanno indagato i possibili effetti dei farmaci antidepressivi SSRI sulla neurogenesi delle cellule dell ippocampo (57-59). Malberg et al. (60), in uno studio in vivo su topi adulti, utilizzando la BRDU (bromodeossiuridina, analogo della timidina) come marker della divisione cellulare, hanno evidenziato che il trattamento cronico con antidepressivi (SSRI e IMAO) ha aumentato significativamente il numero di cellule BRDU-marcate nel giro dentato dell ippocampo. Lo stimolo proliferativo sulle cellule BRDU-marcate è stato osservato dopo 2-4 settimane di trattamento, periodo di tempo compatibile con quello necessario per l azione terapeutica degli antidepressivi. Secondo gli autori, questi risultati hanno suggerito che l incremento della proliferazione cellulare e del numero di neuroni maturi possa costituire un possibile meccanismo attraverso cui il trattamento antidepressivo contrasta l atrofia e la perdita di neuroni ippocampali indotte dallo stress. Secondo Duman et al. (56), in un altro studio condotto su topi adulti, il trattamento a lungo termine con antidepressivi (inibitori selettivi di 5-HT e NA e IMAO) ha determinato una attivazione della cascata del circuito camp-creb (campc-) (response element binding protein) e dell espressione del BDNF (brain derived neurotrophic factor) nell ippocampo. Tale attivazione ha avuto un ruolo importante sia sulla plasticità sinaptica che sulla sopravvivenza neuronale (61,62). Inoltre, è stato osservato che le cellule riprodotte nel corso del trattamento antidepressivo sono rimaste vitali per settimane dopo trattamento antidepressivo e che approssimativamente circa il 75% di queste cellule ha espresso i marker tipici delle cellule neuronali mature (60). Studi preliminari degli stessi autori hanno valutato gli effetti di un trattamento con fluoxetina nel modificare la down-regulation neurona- 68

11 Alcuni effetti terapeutici atipici degli SSRI le secondaria a stress. I primi risultati su animali trattati avrebbero confermato una inversione della riduzione neuronale stress-indotta. Manev et al. (63) hanno ipotizzato che la serotonina e i farmaci antidepressivi come la fluoxetina possano regolare la concentrazione nel SNC della proteina S100, agente neurotropico coinvolto nella regolazione della neurogenesi nell adulto. È stata infatti osservata una riduzione della immunoreattività della S100 contemporaneamente alla diminuzione della sintesi di serotonina (64). In questo lavoro, eseguito in vivo su topi adulti, gli autori hanno valutato gli effetti di un trattamento di 3 settimane con fluoxetina (5 mg/kg) sul contenuto di S100 nell ippocampo. I risultati hanno mostrato un incremento della concentrazione di S100. Gli autori hanno suggerito che tale proteina possa rappresentare un mediatore dell azione stimolatoria della fluoxetina sulla proliferazione cellulare dell ippocampo. Inoltre, attraverso la S100, la fluoxetina potrebbe indurre un azione neuroprotettiva/antiapoptotica sui neuroni del SNC e quindi contribuire alla neurogenesi riducendo la probabilità di apoptosi (morte programmata) delle cellule immature (65). In conclusione, sulla base di questa breve rassegna di osservazioni preliminari, gli SSRI potrebbero avere un ruolo nel bloccare od invertire l atrofia e la perdita neuronale indotte da stress ed avere quindi un ruolo neuroprotettivo sulle cellule dell ippocampo. Tale azione sarebbe mediata dalla complessa attivazione di mediatori intra- ed extracellulari coinvolti nei meccanismi di neurogenesi e neuromodulazione. BIBLIOGRAFIA 1. Leandri M. Cefalee e nevralgie del capo e della faccia. In: Fazio C, Loeb C. Neurologia. Società Editrice Universo, Roma Foster CA, Bafaloukos J. Paroxetine in the treatment of chronic daily headache. 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