MISURA DELLE DISTANZE CON I DISTANZIOMETRI AD ONDE [ EDM/EODM ] MISURA DEGLI ANGOLI NEI TEODOLITI INTEGRATI PREMESSE

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1 EDM MISURA DELLE DISTANZE CON I DISTANZIOMETRI AD ONDE [ EDM/EODM ] PREMESSE Il problema fondamentale nella misura delle distanze mediante onde è quello di avere un onda riflettente di sufficiente energia, in modo da determinare il corretto funzionamento dell apparecchiatura ricevente. Infatti l onda si propaga in tutte le direzioni e tende a dissipare energia lungo il suo percorso. Le cause di dissipazione sono: l attrito dovuto allo spostamento delle particelle (fotoni) e il fenomeno delle rifrazioni disordinate. Per ovviare a questi inconvenienti vengono utilizzate le onde elettromagnetiche, poiché sono convogliabili secondo angoli solidi molto piccoli; questa possibilità aumenta all aumentare della frequenza e quindi al diminuire della lunghezza d onda [ V f ]. Per questo motivo vengono impiegate, tra le onde elettromagnetiche, le onde luminose che hanno lunghezza d onda dell ordine del micron e le onde radio che hanno lunghezza d onda dell ordine del centimetro (onde centimetriche). D altra parte, per determinare il numero n di mezze lunghezza d onda comprese nella distanza D occorre usare onde di lunghezza dell ordine della decina di metri. Per soddisfare questa duplice esigenza ( direzione e conteggio di ), si ricorre alla modulazione delle onde. La modulazione avviene facendo propagare due onde, di cui una, detta onda portante, ha una piccola lunghezza d onda (infrarosso vicino, laser) e l altra, detta onda modulante, ha una grande lunghezza d onda (da 3 m a circa 3000 m). L onda portante rende possibile il convogliamento in un piccolo angolo solido, mentre l onda modulante viene usata per la misura della distanza. Con strumenti che usano onde luminose vengono impiegat riflettori passivi, mentre le onde radio (centimetriche) vengono impiegate con riflettori attivi. Il riflettore passivo è costituito da uno o più prismi trirettangoli che rinviano i raggi incidenti nella direzione di provenienza. Il riflettore attivo è dotato di un dispositivo che amplifica l intensità dell onda riflessa rispetto a quella incidente. EDM = Elettromagnetic Distance Meter La misura elettromagnetica della distanza con distanziometri (EDM = Elettromagnetic Distance Meter) può avvenire attraverso strumenti che impiegano come onde portanti le onde luminose e le microonde. Per quanto riguarda la modalità di misura, gli EDM si possono distinguere in due tipologie: 1. gli EDM che prevedono la misura dello sfasamento tra l'onda emessa e quella ricevuta;. gli EDM che prevedono la misura dei tempi trascorsi tra due impulsi o tra due treni d onda opportunamente codificati. Questo secondo metodo è teoricamente più semplice ma, sino a qualche tempo fa, difficile da attuare per la scarsa precisione con la quale era possibile misurare questi brevissimi intervalli di tempo. Suddivisione secondo la tipologia delle onde portanti Onde luminose EODM (Elettro Optical Distance Meter) Riflettori passivi Onde radio, micro-onde o centimetriche MDM ( Micro wave Distance Meter) Riflettori attivi Lunghezza d'onda portante(λ = 0.78 μm) dell'infrarosso vicino modulata in ampiezza. Modulante decametrica Onde portanti centimetriche modulate in frequenza. 1

2 EDM Suddivisione secondo le modalità di misura Misura dello sfasamento tra l'onda emessa e quella ricevuta. Misura dei tempi trascorsi tra due impulsi o tra due treni d onda. In entrambi i metodi la misura viene ripetuta in genere qualche migliaio di volte sicché è possibile ricavare lo scarto quadratico medio che, (essendo tutte le misure eseguite entro pochi secondi) non dipende in senso stretto dalle variazioni ambientali ma può considerarsi un errore accidentale. Metodi per la misura della fase o sfasamento. I DISTANZIOMETRI ELETTRO OTTICI EODM (Elettro Ottica Distance Meter) Questi distanziometri sono i più diffusi. Il concetto di funzionamento è quello di emettere una radiazione ottica sulla lunghezza d'onda portante dell'infrarosso vicino, (λ = 0.78 μm) di modularla in ampiezza e di trasmetterla verso un prisma retro riflettore; quest ultimo riflette una parte dell onda verso la parte ricevente dell EODM che misura la differenza di fase tra l onda emessa e quella ricevuta. Questo sfasamento misurabile è funzione del doppio della distanza (andata e ritorno) tra il distanziometro e il prisma. Nell EODM sono dunque presenti due parti, una trasmittente ed una ricevente, entrambe interne al teodolite integrato (stazione totale). L esigenza di concentrare l energia per superare grandi distanze ed avere un buon segnale di ritorno, fa sì che si utilizzino onde infrarosse coerenti (laser), l'esigenza di poterne discriminare la fase con precisione, suggerisce di modulare queste onde con frequenze proprie delle onde decametriche ( 100 MHz) o metriche, infine la necessità di far ritornare buona parte del segnale dal punto di misura verso la stazione fa sì che si usino prismi particolari (e non semplici specchi). EINSTEIN E IL LASER Nel 1917 Einstein introdusse in fisica un nuovo concetto, quello di emissione stimolata. Anche se il primo laser funzionante non apparve che nel 1960, i fondamenti per la sua invenzione vennero gettati da Einstein. E l importanza del concetto di emissione stimolata viene ricordata implicitamente nel nome laser, che è l acronimo dei termini inglesi che lo definiscono: Light Aplification by Stimulated Emission of Radiation, cioè amplificazione di luce per emissione stimolata di radiazione(reazione e catena di fotoni). La luce proveniente da una lampada a filamento incandescente è generata per emissione spontanea. I fotoni così prodotti sono del tutto indipendenti l uno dall altro e, in particolare, essi presentano direzioni e fasi completamente diverse. Detto in altro modo, la luce emessa ha un basso grado di coerenza.

3 L emissione stimolata consiste in una emissione a catena di fotoni che possiedono energia, direzione, fase e stato di polarizzazione identici.la luce laser è quindi notevolmente coerente, estremamente monocromatica e fortemente direzionale. EQUAZIONE DELL ONDA CHE MODULA IN AMPIEZZA LA PORTANTE Dalla trigonometria sappiamo che la funzione y sen viene rappresentata mediante una curva detta sinusoide; φ è l angolo che assume sulle ascisse i valori π, π, 3π, 4π ecc. Un onda, la cui grandezza fisica associata è rappresentata con una sinusoide, si chiama onda armonica. L angolo φ è detto fase. Si chiama lunghezza d onda λ la distanza tra due punti della curva che hanno differenza di fase pari a π. Viene detto periodo T il tempo impiegato dall onda per percorrere un tratto pari alla lunghezza d onda. 1 Il reciproco di T è la frequenza. f T Il rapporto V si chiama velocità di propagazione ed è legata alla frequenza: V f T Il periodo è espresso in secondi e la frequenza in [Hz ] = sec -1 Dalla sinusoide rappresentata appare evidente la seguente relazione tra la fase φ, la lunghezza d onda λ e la generica distanza x percorsa dall onda. x L equazione dell onda diventa: x y A sen A sen EQUAZIONE FONDAMENTALE DEI DISTANZIOMETRI AD ONDE Da un oscillatore campione si trasmette verso B un'onda elettromagnetica portante all infrarosso coerente (laser) modulata in ampiezza con precisione. Una porzione dell'onda riflessa dal prisma posto sul punto B torna al ricevitore che in genere è un corpo unico col trasmettitore perché governato dallo stesso oscillatore. L onda riflessa è simmetrica rispetto al prisma, generando quindi uno sfasamento con l onda trasmessa. Lo sfasamento tra l onda trasmessa e l onda ricevuta sarà funzione di D 0. Non essendo possibile misurare con precisione il tempo Δt impiegato per poter applicare D V t 0 3

4 (V= km/sec), si determina la distanza con un altro metodo basato sulla determinazione del numero delle mezze lunghezze d onda contenute nella distanza stessa + una parte frazionaria di λ. x D0 Per cui sostituendo nella si ha: Quindi: D 0 (brevemente posto uguale a L) La distanza AB risulta: AB d 1 D o d Opportunamente trattata la distanza AB diventa: AB D n d1 d AB D n L d1 d L (parte frazionaria di λ) Il numero intero n si chiama AMBIGUITA DI FASE. ( numero intero di mezze lunghezze d onda modulanti) mezza lunghezza d onda modulante sfasamento tra l onda modulante trasmessa e l onda modulante ricevuta. E misurato con il DISCRIMINATORE DI FASE I problemi pratici di misura consistono allora nel ricavare n con affidabilità. con precisione e nel determinare 6 Le frequenze, quindi le lunghezze d onda generate, hanno stabilità (precisione) di 510, cioè di qualche ppm (parte per milione ovvero mm/km). La frequenza emessa potrebbe avere anche stabilità superiore ma tale precisione risulta inutile se non 6 è possibile stimare in maniera più precisa di 10 l effetto della rifrazione atmosferica. La misura dello sfasamento avviene con uno strumento chiamato DISCRIMINATORE DI FASE. DISTANZA MAGGIORE DI MEZZA ONDA AB D n d1 d AB D n L d1 d 4

5 L D0 DISTANZA MINORE DI MEZZA ONDA In questo caso D 0 < λ/ non necessita l ambiguità di fase. D0 D0 L AB D L d 1 d PRECISIONE DEGLI EDM La precisione degli EDM si valuta attraverso due costanti C 0 E C 1 dette appunto costanti di precisione del distanziometro che dipendono dalla risoluzione minima di misura e dalla stabilità di frequenza rispettivamente. Le case costruttrici forniscono questi valori ricavati dopo numerosi test di laboratorio ma soprattutto da misure sul campo eseguite secondo norme standardizzate. Si è soliti scrivere: C C ) I valori più comuni sono: C 1 5mm 0 D ( 0 1 D 6 C vale a dire: C1 15ppm I valori migliori sono C0 1mm nei distanziometri che usano il metodo di misura della fase e 6 C ppm negli EDM che sfruttano il metodo di misura ad inpulsi. La temperatura interna all elettronica è rivelata da un termostato che permette di tener conto delle variazioni termiche. In alcuni casi lo strumento è dotato di un secondo termostato per rilevare la temperatura dell ambiente esterno. La stabilità di frequenza dipende anche dall invecchiamento del quarzo che modifica la frequenza di 1 ppm nel primo anno di vita e di circa ppm in 8-10 anni. 5

6 Leica TCR 307 Programma di misura EDM Corta Prisma Tracciamento Precisione 3 mm + ppm 5 mm + ppm 5 mm + ppm 760 m) Visualizzazione senza ambiguità: fino a 760 m ( DETERMINAZIONE DEL NUMERO DI MEZZE LUNGHEZZE D ONDA CONTENUTE NELLA DISTANZA (DETERMINAZIONE DELL AMBIGUITA DI FASE) MISURA DELLE AMBIGUITA DI FASE n CON DUE FREQUENZE MODULANTI VICINE Consiste nella misura della distanza D impiegando due onde modulanti con lunghezze d onda poco diverse tra loro, in modo che nella distanza sia contenuto lo stesso numero n di mezze lunghezze d onda. Nel caso degli EODM le onde portanti infrarosse (laser) vengono modulate con due frequenze di lunghezza d onda λ 1 e λ prossime, in modo che l ambiguità n sia uguale per entrambe le misure. La distanza può essere così espressa in due modi: 1 D n L1 n L 1 1 dove L 1 e L sono le parti frazionarie di λ cioè: L 1 e 4 L 4 Si ricava l ambiguità di fase: ( 1 n ) L 1 L L L1 n 1 Poiché L 1 e L si possono misurare con un discriminatore di fase, si calcola l ambiguità di fase n e quindi la distanza D. Esempio: λ 1 = 10 m λ = 9.96 m : L 1 = 3.75 m L = 8.47 m n D m D m Un problema è l affidabilità dell ambiguità di fase n, poiché spesso il risultato dell espressione non è un numero intero. Si accetta che differisca dall intero di una quantità massima pari a DISTANZA MASSIMA MISURABILE: D max ( ) AMBIGUITA DI FASE CORRISPONDENTE ALLA DISTANZA MASSIMA MISURABILE: n max supposto λ < λ

7 Nel nostro caso si ha: D max = 145 m Per misurare distanze maggiori occorre utilizzare lunghezze d onda più vicine tra loro. L ONDA PORTANTE E L ONDA MODULANTE Nella trasmissione dell'onda, l energia dispersa dall apparato trasmittente risulta proporzionale al quadrato della distanza. E necessario che una parte dell'energia ritorni alla parte ricevente in quantità sufficiente a misurare la fase o i tempi di ritorno. Questo si ottiene vantaggiosamente usando onde ottiche λ=(0.3 ±1) μm, più vantaggiosamente con l uso di luce coerente (laser). Spesso la scelta dell infrarosso vicino ( λ=0.85 μm) migliora il segnale di ritorno in condizioni di visibilità (del campo dell occhio umano) non eccellenti (deboli foschie ad esempio). Con l uso del laser si può anche concentrare una discreta potenza in piccoli angoli solidi diminuendo così il consumo energetico dell'apparato. Il problema è che, per discriminare fasi o misurare tempi di ritorno del segnale con precisione sufficiente, occorrono lunghezze d onda metriche e non micrometriche. La soluzione adottata consiste nel modulare la portante ottica con lunghezze d'onda metriche o decametriche. La modulazione del segnale ottico può avvenire in ampiezza (negli EODM), in frequenza (per le microonde degli MDM). La modulazione più semplice o modulazione diretta utilizza i fotodiodi all arseniuro di gallio GaAs che hanno la proprietà di emettere una luce infrarossa ( λ=0.85 μm) con energia proporzionale alla corrente che li attraversa. Questa corrente può essere variata alla frequenza corrispondente alle lunghezze d onda metriche e decametriche necessarie alla misura delle distanze. 7

8 OPERAZIONI SULLE ONDE RICEVUTE E TRASMESSE La misura dello sfasamento, o del tempo di ritorno dell onda, avviene attraverso alcuni circuiti governati dallo stesso «orologio», cioè dallo stesso circuito oscillatore; ciò limita gli errori di instabilità di frequenza. Nel caso si utilizzino stazioni totali, nel medesimo cannocchiale devono essere convogliati i segnali trasmessi e dallo stesso devono essere prelevati quelli ricevuti, ne consegue una complessità notevole di costruzione, dovuta anche all attenzione da usare affinché i due segnali non interferiscano in alcun modo. In nessun caso il segnale di alta frequenza (AF) viene interpretato direttamente da un discriminatore di fase ma entra prima in un circuito miscelatore-convertitore che lo trasforma in un segnale a bassa frequenza (BF) ad esempio a 6 khz, pilotato dallo stesso quarzo orologio che genera l onda AF. A valle di questa conversione le vie seguite nella misura dello sfasamento possono essere due: a. utilizzare un discriminatore «classico», costituito da un circuito trigger, da un generatore di impulsi e da un contatore di impulsi; b. trasformare il segnale da analogico a digitale con un convertitore A/D ed utilizzare a valle un contatore (questa è la soluzione più moderna). Schemi caso a: TX onda trasmessa, RX onda ricevuta Esaminiamo il caso a) I segnali AF, emessi e ricevuti, vengono trasformati in segnali BF attraverso un convertitore: dividendo ad esempio la frequenza per 500. Dal circuito convertitore i segnali BF entrano in un circuito trigger che li trasforma in segnali ad onda quadra della stessa frequenza e dello stesso fasamento. Il segnale emesso attiva un generatore di impulsi ed il segnale ricevuto lo disattiva. Il risultato è una serie di treni d onda di ampiezza proporzionale allo sfasamento. Il conteggio degli impulsi viene effettuato da un circuito contatore che permette così, in pochi secondi, di ricavare media e sqm di alcune migliaia di misure di sfasamento. 8

9 Esaminiamo il caso b) Schemi caso b: TX onda trasmessa, RX onda ricevuta Il metodo consiste nel rendere digitale il segnale BF sia dell onda emessa che dell onda ricevuta. Su ciascuna onda avvengono 16 campionamenti digitali trasformati in 16 valori di sfasamento tra onda trasmessa ed onda ricevuta. Appendice: spettro delle onde elettromagnetiche: IL METODO DELLA MISURA AD IMPULSI Il concetto di misura è molto semplice: nota la velocità di propagazione dell onda elettromagnetica, il tempo Δt tra l andata ed il ritorno del segnale verso il prisma è funzione della distanza: v t D 9

10 Un metodo così semplice ha tuttavia un problema: occorre, affinché la distanza D abbia precisione minima 10-5 che sia v che Δt siano misurabili con tali precisioni. Nell ipotesi che la velocità dell onda elettromagnetica sia v = c = km/s, Δt deve essere preciso di circa I vantaggi di questi strumenti sono una maggior portata a parità di potenza (si possono raggiungere 6 km con un prisma), in genere una maggior precisione e la possibilità per piccole distanze di essere sati senza prismi. Sino a m è sufficiente di solito l energia di ritorno della superficie colpita (prisma passivo anziché attivo) anche se lo s.q.m. in questi casi decresce a 5±10 mm. Sono molte le applicazioni che possono beneficiare dell assenza del prisma, anche se grande attenzione va posta nella comprensione di quale particolare dell oggetto collimato si misura nel segnale di ritorno. La misura risulta più rapida del metodo della fase e la distanza limite ad esempio nel DI 3000 è di 75 km, anche se la portata massima è di 14 km. Essendo in genere la seconda costante di precisione più piccola che nei distanziometri a misura di fase si può dire che gli EODM ad impulsi sono più precisi per lunghe distanze. I PRISMI La superficie riflettente dell onda elettromagnetica è costituita da uno o più prismi; nel caso di strumenti ad impulsi si possono usare anche speciali catarifrangenti o segnali riflettenti od infine nulla se non la superficie stessa dell oggetto. Il motivo dell uso dei prismi è semplice: ridirigere la maggior parte del segnale verso l EDM e ciò avverrebbe solo in piccola parte utilizzando specchi o altri mezzi. Il principio di funzionamento del prisma permette infatti di ridirigere un fascio di luce parallelamente alla direzione di incidenza. Il prisma più semplice si ottiene tagliando uno spigolo di un cubo di cristallo con un piano di taglio normale alla diagonale del cubo. Il numero di prismi necessario ad assicurare una buona risposta dipende dal tipo di distanziometro e dalla distanza da misurare. Si è visto l intervento di due costanti additive d 1 e d che sono dovute: la prima alla non conoscenza della fase dell onda rispetto al centro strumentale; la seconda alla non conoscenza del punto di riflessione rispetto al sostegno del prisma o ad una imperfetta conoscenza del ritardo dei circuiti interni. 10

11 Entrambi le costanti additive si determinano con precisione attraverso misure di taratura da eseguire in laboratorio. INFLUENZA DELLA RIFRAZIONE ATMOSFERICA NEGLI EDM Similmente a quanto visto per la livellazione trigonometrica, il segnale ottico emesso dal distanziometro segue, rispetto al percorso teorico minimo, una linea curva, inclinata di un angolo che dipende dal mezzo attraversato e dalla frequenza dell onda. Sperimentalmente questa differenza, anche per distanze di 50 km, è inferiore alla precisione strumentale, per cui ai nostri fini l p = l. In realtà durante il tragitto ( l p o l che sia) l onda subisce un ritardo che dipende dalla frequenza di modulazione e dall indice di rifrazione, secondo la legge: dove c è la velocità della luce nel vuoto, n è lindice di rifrazione del treno di onde e f è la frequenza di modulazione. L indice di rifrazione n dipende generalmente da: dalla composizione atmosferica (che si ipotizza costante per modesti dislivelli); dalla temperatura: Δt = 1 C fa variare di 1 ppm; dalla pressione: Δp = 3.4 mbar fanno variare di 1 ppm; [ 1 mbar = 100 Pa = 100 N/m ]; della umidità relativa: Δe = 6.6 mbar di pressione del vapor acqueo fanno variare la distanza negli EODM di 1 ppm mentre è circa 100 volte superiore la sua influenza negli MDM c n f 11

12 Per le misure d alta precisione bisogna misurare l umidità relativa ed il valore deve essere inserito insieme con la pressione atmosferica e la temperatura. PRINCIPI DI MISURA DEI TEODOLITI ELETTRONICI TEODOLITI ELETTRONICI, STAZIONE TOTALE E STRUMENTI INTEGRATI I teodoliti elettronici sono identici dal punto di vista meccanico ai tradizionali teodoliti, mentre le letture ai cerchi avvengono elettronicamente per essere visualizzate su un piccolo schermo ed eventualmente registrate. Per stazione totale s intende invece un teodolite elettronico che comprende all interno della sua struttura un distanziometro. Vi è quindi la possibilità di leggere direttamente su di un display sia la distanza che le misure angolari. Si chiamano infine strumenti integrati quegli strumenti che sono composti da un teodolite elettronico o tradizionale che è possibile connettere o collegare (di solito a cavallo di un cannocchiale ) con uno strumento distanziometro ad onde. Sia le misure angolari che quelle di distanza sono lette digitalmente ma i due strumenti sono distinti e separabili. Ritornando ai princìpî di misura elettronica degli angoli, si sceglie spesso di classificarli in funzione della tecnica con cui vengono letti i cerchi e di conseguenza dalle modalità con cui vengono incisi. CERCHI CODIFICATI E CERCHI GRADUATI Vi sono dei teodoliti elettronici che utilizzano cerchi codificati (o numerati) che permettono di conoscere automaticamente la posizione assoluta dell indice di lettura all interno del goniometro. Si legge quindi la lettura digitale dallo zero del cerchio. Altri teodoliti elettronici eseguono la lettura a cerchi graduati, che in genere consentono di misurare una posizione angolare relativa ad una precedente. Nel primo caso avviene una misura assoluta della direzione angolare e nel secondo una misura incrementale. MISURA ANGOLARE STATICA E DINAMICA Una seconda distinzione è sulle modalità di misura angolare: questa può avvenire staticamente o dinamicamente. Nel primo caso il cerchio rimane, come in un teodolite tradizionale, solidale alla base, mentre nell'altro caso il cerchio subisce una rotazione che non è quella dell'alidada ma è prodotta da micromotori continuamente attivi durante la misura. LA LETTURA ASSOLUTA ELETTRONICA O DIGITALE Siamo in presenza di strumenti del tutto simili a quelli tradizionali con cerchi di cristallo sui quali la graduazione codificata è ottenuta ancora attraverso processi di fotoincisione. Supponiamo ora di distendere su di un tratto rettilineo l intera circonferenza sulla quale è incisa una particolare graduazione. Definiamo su un'origine il valore zero e sulla fine dell'incisione che corrisponde alla fine del segmento stabiliamo la lettura (sviluppo della circonferenza) c = πr. Cerchiamo di capire con quali mezzi, come è possibile, in modo digitale, leggere i cerchi. 1

13 Poniamo di dividere questo tratto lungo c = πr in due parti. Una parte sia annerita in modo da renderla opaca alla luce e l'altra metà sia trasparente. Lo spessore di queste righe opache sia dell'ordine di qualche decimo di mm, così che in pochi mm se ne possano disegnare ad esempio 16 o 3. In una riga successiva si divide lo stesso intervallo c in quattro parti e si anneriscono alternativamente due di queste quattro parti. Supponiamo di fare la stessa operazione in una terza riga, dividendola ora in 8 parti ed ancora per esempio in una quarta riga ove le suddivisioni saranno 16. In una posizione qualsiasi del cerchio, su queste suddivisioni parallele, supponiamo vi siano quattro fotodiodi e di fronte a questi, sull'altra faccia del cerchio di cristallo, una sorgente luminosa. Immaginiamo di dover fare una lettura di tensione ai fotodiodi quando questi fotodiodi si trovano ad esempio nella sezione A-A. Leggendo i segnali di luce e di buio provenienti dai fotodiodi possiamo, in modo assoluto, anche se con la precisione abbastanza scarsa illustrata in questo esempio, sapere ove si trovano i fotodiodi rispetto al cerchio. Nel caso esaminato in figura il primo fotodiodo segnala la presenza di una zona scura (0), il secondo la presenza di una zona chiara (1), il terzo la presenza di una zona scura (0) il quarto quella di una zona trasparente (1). Questo risultato (0101=5/16) è, in linguaggio binario, il numero equivalente alla lettura angolare. Occorre ora scendere dal principio di funzionamento alla pratica applicazione: ci si rende conto che non si può moltiplicare di molto, per problemi fisici di spazio, il numero dei fotodiodi e che non si può suddividere all infinito la larghezza della corona circolare del cerchio di cristallo. Questo sistema di misura assoluta, come pure quello incrementale, avrà bisogno necessariamente di un secondo sistema di lettura fine, che permetta cioè la lettura di frazioni delle più piccole parti intere nelle quali è suddiviso il cerchio, in analogia a quanto avveniva nei teodoliti tradizionali col sistema micrometrico. SONO NECESSARI PERCIO DEI SISTEMI MICROMETRICI DI LETTURA DIGITALE. I PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO DEL METODO DI LETTURA INCREMENTALE DIGITALE. Supponiamo di suddividere il cerchio di cristallo in un certo numero di parti che possono essere spinte sino ad una suddivisione minima (comune anche nei cerchi graduati tradizionali analogici), ad esempio ad 1/10 di gon e supponiamo che non esista una numerazione, ma che esista una piccola sorgente di luce sopra una zona dei cerchi (la zona dell'indice di lettura digitale). Sotto questa e sotto il cerchio, un fotodiodo, sensibile al passaggio della luce, trasmette ad un circuito elettronico di conteggio i segnali di chiaro-scuro che, durante la rotazione dell'alidada, sono passati a causa dei tratti trasparenti alla luce e dei tratti opachi. Questo indice di lettura è solidale all alidada e misura la rotazione tra il sensore ed una posizione convenzionale del cerchio orizzontale che è solidale al basamento. 13

14 Si è in grado quindi, a partire da questo zero del tutto convenzionale, ( perché si assume, ad esempio, la lettura zero all accensione strumentale) di sommare o di sottrarre il numero di volte che il sensore vede uno di questi passaggi tra il chiaro e lo scuro. Uno dei problemi è capire automaticamente qual è la direzione di somma e quale di sottrazione di questi conteggi. Occorre capire qual è la direzione di rotazione del cerchio. Ad esempio: rotazione oraria in caso di somma ed antioraria in caso di sottrazione. Ciò si risolve utilizzando più sensori a fotodiodo, sfalsati angolarmente di quantità note, cioè posti in parti diverse del cerchio. Avendo collocato attorno al cerchio più fotodiodi con un certo sfasamento noto, a seconda della rotazione oraria o antioraria dell alidada, la sequenza dei tratti trasparenti ed opachi ha un certo ordine se si ruota in senso orario ed ordine inverso se si ruota in senso antiorario. In genere tutti i metodi di lettura digitale usano più serie di fotodiodi disposti in parti diverse del cerchio. Vi è poi il problema identico a quello della lettura analogica dei cerchi graduati: per ottenere una lettura angolare più spinta della minima suddivisione serve un INTERPOLATORE. Il sistema interpolatore e è in genere costituito da una seconda graduazione incisa su un piccolo vetrino di cristallo solidale all alidada ( o al cannocchiale per le distanze zenitali) interposto alla graduazione principale in prossimità del sensore ottico. La luce, passante per il cerchio e questa seconda scala, produce delle frange d interferenza. Queste frange d interferenza vengono lette a loro volta con altri sensori digitali (CCD) che misurano i livelli di grigio. A seconda della serie di livelli di grigio o, per meglio dire, a secondo della posizione dei livelli di grigio e dell intensità dei livelli di grigio, si ha la possibilità di interpolare all interno della minima suddivisione sulla quale cade l indice di lettura. Il segnale ottico viene quindi convertito in forma digitale e viene misurato lo sfasamento Δφ dell onda interferometrica così osservata con una sensibilità pari o migliore di 1/100 del minimo intervallo della graduazione principale. Questo è il MICROMETRO DIGITALE. 14

15 METODO ADOTTATO DALLA LEICA WILD E un sistema di lettura elettronica degli angoli dinamica di alta precisione. Entrambi i cerchi CO e CV di 5 mm di diametro sono divisi in 104 intervalli trasparenti opachi identici [ 1 intervallo = mm ], tutti misurati in modo dinamico. Il sistema è dinamico perché il segnale luminoso, tradotto dai fotodiodi in segnale elettrico, non è più un segnale statico ma una vera e propria onda elettromagnetica in quanto il cerchio ruota continuamente. Questo segnale, variabile nel tempo e dipendente dalla rotazione del cerchio, proviene da due predisposte barriere di fotodiodi, una solidale all'alidada (R) e posizionata sulla parte interna del cerchio e la seconda (S ) fissa al basamento ed esaminante la parte esterna dello stesso cerchio. Durante la rotazione del cerchio il segnale luminoso ad onda quadra, trasformato dai fotodiodi in segnale elettrico, permette ad ogni istante t (la completa rotazione del cerchio avviene in 338 ms), di misurare lo sfasamento fra i due segnali S e R. La misura di questo sfasamento costituisce la misura «fine» dell angolo. L effetto fotoelettrico Il fisico tedesco Philip Lenard aveva scoperto che la luce, colpendo certi metalli, provocava l emissione di elettroni dalla loro superficie, come se la forza della luce espellesse gli elettroni dagli atomi. Il fenomeno prese il nome di effetto fotoelettrico e per la sua scoperta Lenard ricevette nel 1905 il premio Nobel per la fisica. Quando i fisici cominciarono a fare esperimenti su questo fenomeno, scoprirono, con grande sorpresa, che se si aumentava l intensità della luce, l energia degli elettroni emessi non aumentava: ciò che li influenzava, invece, erano i diversi valori della lunghezza d onda della luce usata. Ad esempio, la luce blu conferiva agli elettroni maggior velocità della luce gialla. La luce rossa di qualsiasi intensità, invece, in certi metalli non provoca affatto l emissione di elettroni. Nessuno di questi fenomeni poteva essere spiegato dalle vecchie teorie della luce. Perché mai la luce blu doveva riuscire a fare qualcosa che la luce rossa non poteva fare? Einstein trovò la risposta nella teoria dei quanti di Plank. Per assorbire abbastanza energia da abbandonare la superficie del metallo, un elettrone deve essere colpito da un quanto di energia superiore a un valore minimo. Nel caso di un elettrone legato solo debolmente al suo atomo (come nel cesio), anche un quanto di luce rossa poteva bastare. Ma se un atomo tratteneva i suoi elettroni con maggior forza, occorreva la luce gialla o blu o addirittura ultravioletta. Ludwing Plank affermò che le radiazioni luminose potessero essere assorbite solo per numeri interi o quanti. 15

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