Osservatorio. Trattamento in Pronto Soccorso dell infarto acuto del miocardio. L esperienza dell Ospedale San Camillo di Roma

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1 Osservatorio Vol. 93, N. 10, Ottobre 2002 Trattamento in Pronto Soccorso dell infarto acuto del miocardio. L esperienza dell Ospedale San Camillo di Roma Paolo Salvini 1, Pietro Tanzi 1, Antonio Terranova 1, Fiammetta Albi 1, Sandro Petrolati 1, Federica Re 1, Monica Verde 1, Claudio Pozzessere 2, Angelo Serio 3 Riassunto. È riportata la nostra esperienza in tema di dolore toracico (DT) e in particolare di infarto acuto del miocardio (IMA), con lo scopo di verificare: 1) il grado di attendibilità della diagnosi di IMA in Pronto Soccorso (PS); 2) la frequenza e l efficacia (durata della degenza, letalità) delle terapie invasive e non invasive adottate in sede di PS. Materiali e metodi. È stato studiato il percorso di pazienti con DT che hanno chiesto assistenza al PS durante l anno 2000 e quello dei pazienti con IMA diagnosticati in PS (terapie, degenze, letalità). Risultati e conclusioni. I pazienti con DT sono stati il 5,4% di tutti quelli che hanno chiesto assistenza al PS; i pazienti con DT sono stati ricoverati in misura maggiore rispetto a quelli con altra sintomatologia (41,5% vs 22,1%); nel 61,7% dei casi di IMA la diagnosi è stata definita in PS; il trattamento invasivo è stato effettuato nel 67,7% degli IMA, il trattamento non invasivo nel restante 32,3%. La degenza media dei pazienti trattati con angioplastica coronarica percutanea transluminale (PTCA) primaria è stata di 10,3 giorni, mentre nei pazienti trattati con trombolisi è stata di 13,8: la differenza è risultata significativa (p<0,001). La letalità ospedaliera è stata del 5,9% nei casi trattati con PTCA e del 13% in quelli trattati con trombolisi; la differenza non è risultata significativa a causa del ridotto numero di decessi. Parole chiave. Angioplastica coronarica, dolore toracico, infarto miocardico acuto, trombolisi. Summary. Treatment of acute myocardial infarction. The experience of San Camillo Hospital in Rome. Study objective. The aim of the study is to verify: 1) the trustworthiness level of the diagnosis of AMI defined in Emergency Department (ER); 2) the frequency and the effectiveness (length of staying in hospital, mortality rate) of the invasive or not invasive treatment which are implemented in the ER area. Methods. We have studied the crowding of the patients suffering from chest pain (CP) who asked the ER for assistence during the year 2000 and that of the patients with AMI diagnosed in ER (diagnosis at the admittance and at the discharge from the hospital, therapeutic procedures, staying in hospital, mortality rate). Results. The patients suffering from CP have been the 5.4% of all the patients who reached the ER and were admitted to the hospital more than the patients who reached the ER for all the other causes (41.5% versus 22.1%). In 61.7% of the patients affected by AMI the disease was identified by the physicians of the ER; the invasive treatment has been developed in 67.7% of those patients and the not invasive in 32.3% of the same patients. The mean length of the staying in hospital for the patients who have been treated with PTCA was 10.3 days; on the contrary, the same value for the patients treated with thrombolysis was 13.8 days and the difference was significant at the level. The mortality rate during the staying in Hospital was 5.9% in the patients treated with PTCA and 13% in the patients treated with thrombolysis but the difference was not significant because of the little number of the dead patients. Conclusion. The sensitivity (62%) and the specificity (100%) of the diagnosis of AMI defined in the ER demonstrate the utility of a Cardiologic Service in ER. Key words. Acute myocardial infarction, chest pain, coronary angioplasty, thrombolysis. 1 Servizio di Cardiologia e Pronto Soccorso Cardiologico, Dipartimento Cardiovascolare; 2 Medicina d Urgenza, Dipartimento di Emergenza Accettazione, Ospedale San Camillo, Azienda Ospedaliera San Camillo - Forlanini, Roma. 3 Cattedra di Statistica Medica, Università La Sapienza, Roma. Pervenuto il 12 aprile Gli articoli contrassegnati da questo simbolo sono consultabili sul sito Web all indirizzo

2 524 Recenti Progressi in Medicina, 93, 10, 2002 Introduzione Nel corso degli ultimi 20 anni il trattamento dell infarto miocardico acuto (IMA) ha subìto una rivoluzione copernicana: si è passati da una terapia classica di attesa, mirata alla stabilizzazione del quadro clinico, ad una terapia attiva di controllo e prevenzione delle aritmie letali delle prime ore (anni 80, creazione delle prime Unità di Terapia Intensiva Coronarica), fino al trattamento aggressivo di riapertura della coronaria colpevole con la trombolisi prima (anni 90) e con l angioplastica primaria, poi. In questo lavoro riportiamo l esperienza in tema di trattamento precoce dell IMA in Pronto Soccorso (PS) maturata nei Dipartimenti di Emergenza e di Cardiologia dell Ospedale San Camillo di Roma. In particolare, scopo della nostra ricerca è stato: 1) verificare in quale percentuale è stato possibile diagnosticare l IMA in PS, con l aiuto dei dati clinici, elettrocardiografici, enzimatici ed eventualmente ecocardiografici, sul totale dei pazienti (pz) dimessi con tale diagnosi dal nostro Ospedale nel corso dell anno 2000; 2) quali sono state la frequenza e l efficacia delle strategie di trattamento invasivo rispetto a quello non invasivo adottate in PS. Materiali e metodi Il periodo esaminato è stato quello dall 1 gennaio al 31 dicembre Il grado di correttezza delle diagnosi effettuate in PS è stato valutato attraverso il confronto tra queste e le diagnosi di dimissione. Le procedure terapeutiche adottate, invasive (angioplastica coronarica percutanea transluminale [PTCA] e coronarografia senza PTCA) e non invasive (trombolisi e altra terapia medica), i tempi di degenza e l esito intraospedaliero sono stati rilevati dai dati del Servizio Informativo Ospedaliero (SIO) e dall esame delle cartelle cliniche di ricovero. Per il confronto tra le degenze medie è stato utilizzato il test t di Student, accettando come significativi i risultati con p non superiore a 0,05 e per quanto riguarda invece il confronto tra le procedure terapeutiche (invasive e non invasive) applicate al tipo di IMA, si è utilizzato il test c2 di Pearson con p non superiore a 0,05. Per il confronto tra la frequenza dei decessi intraospedalieri nei due sessi in relazione alla terapia praticata si è tenuto conto della diversa distribuzione per età dei pazienti di sesso maschile e femminile e di quelli trattati con le diverse terapie. Per evitare l influenza di tale fattore sui risultati si è applicato il metodo dei quozienti standardizzati, ipotizzando che la distribuzione per età delle pazienti fosse uguale a quella dei pazienti e calcolando in proporzione il numero dei decessi in base alla formula: Q= S qi(f).pi(m) P(M) dove: qi(f)=quozienti di letalità nel sesso femminile nelle diverse classi di età; pi(m)=numero dei pazienti di sesso maschile nelle diverse classi di età; P(M)=numero totale dei pazienti di sesso maschile. Risultati Dall 1 gennaio al 31 dicembre 2000 hanno chiesto assistenza al PS medico-chirurgico dell Ospedale San Camillo di Roma pz di cui 4843 (5,4%) per il sintomo dolore toracico (DT) e per altri motivi. I ricoverati sono stati (23,2% di quelli afferiti) di cui 2060 per DT e per altri motivi: rispettivamente 42,5% e 22,1% sul totale dei pz afferiti per il medesimo motivo (tabella 1 a pagina seguente). Tra i pz che si sono presentati in PS con DT, la diagnosi di IMA è stata effettuata in 291 casi (6,1%): tra questi 279 sono stati ricoverati, 5 sono deceduti in PS e 7 sono stati trasferiti in altri ospedali. Le diagnosi di angina sono state 491 e 133 le altre diagnosi cardiologiche (tabella 2). Dal confronto tra le diagnosi di ricovero fatte in PS e quelle accertate alla dimissione è risultato che dei 452 casi di IMA dimessi nel 2000, 279 (pari al 61,7%) erano stati individuati in PS, mentre gli altri 173 (38,3%) erano stati ricoverati con altre diagnosi provvisorie: 21 con dolore toracico (DT) ed ecg non significativo, 124 con angina e 28 con diagnosi non cardiache. I metodi diagnostici impiegati in sede di PS hanno quindi consentito la diagnosi corretta nella maggior parte dei pz affetti da IMA (sensibilità =61,7%), mentre i falsi-negativi sono stati il 38,3% dei pazienti esaminati. Non vi è stato nessun caso falso-positivo in quanto in tutti i pazienti nei quali in sede di PS era stato riscontrato l IMA la diagnosi è stata confermata durante il ricovero (specificità=100%). Esaminando in dettaglio i 279 pz per i quali la diagnosi di IMA era stata formulata in PS e successivamente confermata alla dimissione, osserviamo che l età media era di 65,3±15,17 anni e il sesso maschile era rappresentato con maggior frequenza: 191 uomini (età media 62,6±15,8) e 88 donne (età media 71,2±13,7). I decessi sono stati 33 (11,8% dell intero gruppo): la letalità è risultata maggiore nel sesso femminile [17 casi = 19,3%, versus 16 casi = 8,4% (tabella 3)]. Per quanto riguarda la distribuzione dei due sessi per classi di età, è risultato che mentre per gli uomini vi è una frequenza sostanzialmente uniforme nelle tre classi 51-60, e anni, per le donne il maggior numero è contenuto nelle ultime due classi (71-80 e oltre 80). Passando ad esaminare i diversi trattamenti adottati in sede di PS, osserviamo che le procedure di riperfusione, coronarografia con angioplastica (PTCA) o senza (CVG) e trombolisi, sono state adottate in 189 casi (67,7%), mentre procedure conservative (altra terapia non trombolisi) in 90 casi (32,3%). Tra le procedure di riperfusione, quelle invasive sono state quindi 143, le non invasive 46. Nel dettaglio vediamo che in 119 pz è stata effettuata con successo la PTCA primaria (nella maggior parte dei casi con applicazione di stent), mentre in 23 non è stato possibile per motivi anatomici e 1 paziente è stato trasferito dall emodinamica in cardiochirurgia per eseguire un by-pass aorto-coronarico d urgenza. Tra i pz che hanno ricevuto un trattamento farmacologico, in 46 casi è stata eseguita la trombolisi e in 90 diversa terapia medica. La degenza media, calcolata separatamente per le diverse procedure effettuate, è risultata di 10,3±3,81 giorni per i pz sottoposti a PTCA primaria e di 13,8±5,76 per quelli trattati con trombolisi: la differenza è risultata statisticamente significativa. La letalità ospedaliera (numero di decessi in corso di ricovero sul totale dei pazienti trattati con la medesima terapia) è risultata del 5,9% nei casi sottoposti a PTCA primaria e del 13% in quelli trattati con trombolisi, ma la differenza non è significativa al test c2. Se si confrontano i risultati ottenuti con le diverse terapie invasive (PTCA, CVG senza PTCA e BPAC) rispetto a quelle non invasive (trombolisi) si perviene ad analoghe conclusioni: la degenza media risulta essere di 10,9±3,67 giorni per le prime e di 13,8±5,76 per le seconde (p<0,001); anche la letalità è più ridotta nei casi trattati con procedure invasive, ma le differenze non sono statisticamente significative (tabella 4).

3 P. Salvini et al.: Trattamento in Pronto Soccorso dell infarto acuto del miocardio 525 Particolare interesse presenta il confronto tra questi dati e quelli che si riferiscono a tutti gli ospedali italiani: nel 1995, anno nel quale le terapie invasive dell IMA iniziavano ad essere utilizzate soltanto in alcuni grandi ospedali e in un numero limitato di casi, la durata media di degenza era di 11,54 giorni e la letalità durante il ricovero del 13,36%. Le differenze rispetto agli analoghi valori ottenuti con le procedure invasive sui pazienti ricoverati all Ospedale San Camillo sono piuttosto limitate per quanto riguarda la durata media di degenza, ma molto evidenti (e significative al test t di Student) per la letalità ospedaliera (rispettivamente 13,36 e 7,7; t=1,99; p<0,05) (tabella 5). Tabella 1. - Distribuzione dei pazienti afferiti al DEA dell Ospedale San Camillo secondo il motivo di accesso. Anno Motivo di accesso Pazienti Pazienti afferiti al PS ricoverati n % n % * DT , ,5 Altri motivi , ,1 Totale , ,2 * % Sul totale dei pazienti afferiti per il motivo indicato. Tabella 2. - Distribuzione dei pazienti afferiti al DEA dell Ospedale San Camillo per DT secondo la diagnosi al PS. Anno Diagnosi Pazienti Pazienti afferiti al PS ricoverati n % n % IMA* 291 6, ,6 Angina , ,6 Altre diagnosi** 133 2, ,5 DT n.s.*** , ,9 Totale ,5 * Sono compresi 5 pazienti deceduti in PS e 7 trasferiti in altri ospedali. ** Tromboembolia polmonare, pneumotorace, pericardite, dissezione dell aorta toracica. *** Pazienti con DT ed Ecg non significativo. Tabella 4. - Pazienti afferiti al DEA dell Ospedale San Camillo con IMA: degenza media e letalità secondo le singole procedure terapeutiche. Anno Procedura n % degenza media letalità (%) 2 (gg) 1 PTCA ,6 10,3±3,81 7 (5,9) CVG 23 8,2 14,6±9,89 3 (13) BPAC 1 0,4 3 1 (100) Tot.invasive ,2 10,9±3,67 11 (7,7) Trombolisi 46 16,5 13,8±5,76 6 (13) Altra terapia 90 32,3 12,8±6,73 16 (17,8) Totale ,0±5,31 33 (11,8) 1 Calcolata sui pazienti dimessi vivi; 2 Calcolata sul totale dei pazienti sottoposti alla medesima terapia. Test di significatività per la degenza media: PTCA vs trombolisi t=4,52 p<0,001. Procedure invasive vs trombolisi t=3,87 p<0,001. Test di significatività per la letalità: PTCA vs trombolisi c2=2,32 n.s Procedure invasive vs trombolisi c2=1,21 n.s. Tabella 5. - Pazienti dimessi per IMA negli ospedali italiani. Anno 1995 *. N totale dimessi per IMA (DRG 121,122,123) N totale giornate di degenza nei dimessi per IMA Durata media di degenza 11,54 N dei morti in corso di ricovero Quoziente di letalità 13,36% * Fonte: Sistema Informativo Italiano. Ministero della Sanità. Scheda di dimissione ospedaliera anno 1995 (pubblicazione non in commercio, dicembre 1996). La differenza tra il quoziente di letalità negli Ospedali italiani (13,36%) e quello rilevato all Ospedale San Camillo per i pazienti sottoposti a trattamenti invasivi (7,7%) è risultata significativa al test t con p<0,05. Tabella 3. - Pazienti afferiti al DEA dell Ospedale San Camillo con IMA secondo il sesso, l età media e la letalità ospedaliera. Anno Sesso Vivi Morti Totale (intra-osp.) n (%) n (%) n età media±d.s. M 175 (91,6) 16 (8,4) ,6±15,08 F 71 (80,7) 17 (19,3) 88 71,2±13,71 M+F 246 (88,2) 33 (11,8) ,3±15,17 Test di significatività per: pazienti morti M vs F; c2= 5,91; p<0,05 età media M vs F; t=4,54; p<0,001; quozienti di letalità (su 100 pazienti): grezzi: M=8,4; F=19,3 standardizzati: M=8,4; F=12,43 - M vs F c2=1,68 non significativo N.B. I quozienti standardizzati sono stati ottenuti applicando ai pazienti di sesso femminile la distribuzione per età di quelli di sesso maschile. La frequenza di ricorso alle diverse terapie cambia secondo il sesso e l età: tra i pazienti di sesso maschile il 56,5% è stato trattato con terapie invasive, il 15,7% con trombolisi e il 27,8% con altre terapie; nel sesso femminile i valori sono stati rispettivamente 39,8%, 18,2% e 42%. Per quanto riguarda l età, il ricorso alla terapia invasiva è più frequente nella classe fino a 60 anni (54,4%), diminuisce di poco nella classe anni (52,5%) e raggiunge la minor frequenza oltre i 70 anni (46,2%). La terapia non invasiva (trombolisi) presenta la maggior frequenza nella classe (20,8%), mentre per le altre terapie ciò avviene oltre i 70 anni (39,4%). I quozienti di letalità variano sensibilmente secondo il sesso e la terapia praticata: nel sesso maschile il valore più elevato corrisponde alla trombolisi (15,1%), mentre nel sesso femminile la maggiore letalità si riscontra nelle altre terapie (25%). Se però si prendono in considerazione i quozienti di letalità tra i pazienti della medesima età (oltre 70 anni), si osservano i valori più bassi in entrambi i sessi tra i pazienti trattati con trombolisi (tabella 6).

4 526 Recenti Progressi in Medicina, 93, 10, 2002 Allo scopo di evitare l influenza notevole esercitata dall età sui risultati della terapia e, in particolare, sulla letalità, si è proceduto a calcolare i quozienti standardizzati per l età e la terapia e si è così osservato che pur persistendo una letalità superiore nel sesso femminile (11%) rispetto a quello maschile (8,4%), la differenza in punti percentuali tra i due valori è molto più ridotta (2,6 invece di 10,9) e non significativa; i quozienti standardizzati per sesso e per età presentano i valori più elevati di letalità tra i pazienti trattati con altre terapie (12,4%), rispetto a quelli che hanno praticato la trombolisi (9,5%) o la terapia invasiva (8,4%), ma le differenze non sono significative. Infine, se si considerano i quozienti di letalità standardizzati per sesso e terapia, si osservano valori sensibilmente più elevati nelle classi di età più avanzate (fino a 60 anni=0,59; 61-70=13,57; ol- tre 70=20,27) e le differenze risultano molto significative (tabella 7). Se si considerano poi le diverse procedure terapeutiche insieme, invasive e non invasive, in relazione alla sede dell infarto, si osserva che le prime sono state praticate prevalentemente nell IMA con ST sopraslivellato (57,5%), e tra questi, nella varietà con sede anteriore (66,4%), mentre quelle non invasive prevalgono nell I- MA senza sopraslivellamento del tratto ST (87,2%).Dal confronto tra le distribuzioni di frequenza per quanto riguarda le procedure terapeutiche in relazione al tipo di infarto e alla sede, sono risultate differenze significative (rispettivamente con p<0,001 e p<0,01, tabella 8). Non sono invece confrontabili i dati di letalità, trattandosi di gruppi di pz non omogenei per quanto riguarda le condizioni cliniche. Tabella 6. - Pazienti afferiti al DEA dell Ospedale San Camillo con IMA: distribuzione secondo il sesso, l età e la procedura terapeutica. Anno Età Invasiva(%)* QL Trombolisi(%) QL** Altre(%) QL Totale QL Maschi <60 48 (57,8) 2,1 13 (15,7) 0 22 (26,5) , (57,4) 0 10 (18,5) 36,4 13 (24,1) ,3 >70 29 (53,7) 25,0 7 (13) 12,5 18 (33,3) 18, ,5 Totale 108 (56,5) 7,5 30 (15,7) 15,1 53 (27,8) 5, ,4 Femmine <60 8 (42,1) 0 5 (26,3) 0 6 (31,6) (41,2) 14,3 4 (23,5) 0 6 (35,3) ,5 >70 20 (38,5) 20,0 7 (13,5) 16,0 25 (48) Totale 35 (39,8) 14,3 16 (18,2) 10,8 37 (42) ,3 * Percentuali sul totale dei pz della medesima età. ** QL = quozienti di letalità sul totale dei pz dello stesso sesso e della medesima età. Tabella 7. - Quozienti di letalità standardizzati. Quozienti di letalità secondo il sesso (standardizzati per l età e la terapia) M = 8,4 F = 11,0 M+F = 9,7 (c2 morti maschi vs morti femmine = n.s.) Quozienti di letalità secondo la terapia praticata (standardizzati per il sesso e l età) Invasiva = 8,4 trombolisi =9,5 altre = 12,4 (c2 morti vs vivi secondo la terapia = n.s.) Quozienti di letalità secondo l età (standardizzati per sesso e terapia) Fino a 60 = 0, =1 3,57 oltre 70 = 20,27 (c2 morti vs vivi secondo l età = p<0,001) Tabella 8. - Pazienti afferiti al DEA dell Ospedale San Camillo secondo il tipo di IMA, la sede e la procedura. Anno Procedure IMA con ST IMA non ST Totale Ant. Inf. Tot. % n % n % Invasive * ,5 5 12, ,2 Non invasive ** , , ,8 Totale * Comprende CVG+PTCA, CVG, BPAC. ** Comprende trombolisi e altra terapia. Test di significatività procedura invasiva vs non invasiva secondo il tipo di IMA: c2=25,07 p<0,001. Test di significatività procedura invasiva vs non invasiva secondo la sede dell IMA: c2=7,72 p<0,01.

5 P. Salvini et al.: Trattamento in Pronto Soccorso dell infarto acuto del miocardio 527 È stato infine calcolato il ritardo intraospedaliero (intervallo di tempo tra ingresso in ospedale e inizio del trattamento) relativo alle due procedure di riperfusione applicate ai pazienti giunti in ospedale entro le 12 ore dall inizio dei sintomi. Per la PTCA è risultato un tempo medio di 73 e 102 minuti a seconda che il paziente sia stato inviato in emodinamica direttamente dal PS o passando per la UTIC. Per la trombolisi l intervallo è risultato rispettivamente di 25 e 50 minuti, a seconda che il trattamento sia stato effettuato direttamente in PS oppure dopo il ricovero in UTIC. Discussione I dati da noi esaminati forniscono elementi di conoscenza importanti poiché si riferiscono ad oltre accessi al servizio di Pronto soccorso di un grande ospedale nei quali sono compresi i 4843 accessi per motivi cardiaci o presunti tali (in particolare dolore toracico). L infarto è stato correttamente diagnosticato in sede di PS nel 61,7% dei pz dimessi nell anno 2000 con tale diagnosi. Nel restante 38,3% era stata formulata la diagnosi di angina, di DT con ecg non significativo o di affezione non cardiaca in cui l evento infartuale si è verificato solo successivamente, come complicanza non prevista nel corso della degenza: se togliamo i pz con quest ultima condizione (28) dal numero totale dei 452 infarti dimessi, la percentuale reale di IMA non riconosciuti all ingresso scende a 34%, valore confrontabile con i dati della letteratura 1,2. Dall esame più dettagliato della nostra casistica rileviamo il dato già noto che questa affezione nelle donne si manifesta in una età mediamente più avanzata rispetto agli uomini e si presenta in forma più grave, così da determinare una maggior percentuale di decessi rispetto al sesso maschile (19,3% versus 8,4%) 3,4. Tuttavia l affermazione che nelle donne l IMA si manifesta in età più avanzata rispetto agli uomini deve essere rivista attentamente, in quanto la differenza potrebbe almeno in parte dipendere dalla maggiore longevità del sesso femminile: se infatti si considerano i quozienti standardizzati applicando alle donne la distribuzione per età degli uomini, si osserva una notevole riduzione della differenza dell età media tra i due sessi (da 9 a 4 anni) e il risultato del test di significatività non consente di escludere che detta differenza sia dovuta al caso (vedi tabella 3 a pagina 525). Esaminando le procedure terapeutiche adottate, si impongono alcune considerazioni preliminari. La scelta delle procedure più idonee nel trattamento dell IMA (PTCA, trombolisi, non trombolisi) dipende, come è noto, da numerosi fattori: la disponibilità delle necessarie attrezzature e competenze, il tempo intercorso tra l esordio della sintomatologia e l arrivo in ospedale 5, le caratteristiche del pz e il grado di rischio 6. Dai nostri dati risulta che la frequenza dei casi nei quali sono state adottate procedure riperfusive (67,7%) corrisponde a quella riportata in letteratura e che tra questi casi la maggior parte (75,6%) è stata trattata con procedure invasive. La trombolisi è stata effet- tuata nei rimanenti casi, generalmente con IMA inferiore o laterale di limitata estensione. Altra terapia medica è stata invece praticata nei pazienti giunti all osservazione con un ritardo al ricovero superiore alle 12 ore, o con particolare tipologia dell infarto (senza sopraslivellamento del tratto ST). I fattori che più hanno influito sulla scelta della procedura terapeutica sono stati, oltre all instabilità emodinamica, il tipo di lesione e la sede. La degenza media nei casi trattati con PTCA è risultata significativamente inferiore rispetto a quella dei pz sottoposti a trombolisi (p<0,01); ne risulta quindi che il costo più elevato per la PTCA è compensato dalla minor durata della degenza ospedaliera con un favorevole rapporto costo/ beneficio come segnalato da diversi Autori 7,8,9. I dati di letalità intraospedaliera per le diverse procedure adottate in relazione alle condizioni cliniche, al tipo e alla sede dell IMA non sono confrontabili, trattandosi di gruppi non omogenei. Per quanto riguarda il sesso, la minore frequenza di ricorso alle procedure invasive nelle donne può essere spiegata con il più ritardato ricorso all Ospedale, ma anche con altri motivi (sede delle lesioni, maggior gravità, età più avanzata). Nel sesso femminile si è osservata una più elevata letalità ospedaliera, ma considerando i quozienti standardizzati per l età la differenza non è significativa. Il confronto della letalità intraospedaliera secondo le procedure terapeutiche con riferimento ai quozienti standardizzati per sesso e per età fornisce risultati non significativi, ma ciò potrebbe dipendere dal numero ridotto di casi di morte. Al contrario, se si considerano i quozienti standardizzati per il sesso e le terapia nelle diverse classi di età, si rilevano differenze molto significative tra la classe fino a 60 anni, quella tra 61 e 70 e quella oltre 70. Per le due principali procedure di riperfusione il calcolo del ritardo intraospedaliero ha mostrato tempi compatibili con quelli indicati dalle linee guida internazionali quando entrambe sono state avviate dal cardiologo operante nel DEA. I tempi si allungano invece per il ritardo dipendente del trasporto quando i pazienti sono inviati in UTIC. È facilmente intuibile quindi il vantaggio di una gestione precoce nel DEA di tutti i casi di IMA, come è ormai raccomandato dalle Società scientifiche internazionali. Conclusioni I dati del nostro studio consentono di formulare alcune osservazioni. 1) I valori elevati di sensibilità e soprattutto di specificità delle diagnosi di IMA accertate in sede di PS dimostrano l importanza di tale attività nell ambito del DEA per evitare ricoveri impropri, dai quali possono derivare oneri economici non giustificati e disagio per i pazienti; d altra parte è lecito aspettarsi che in una determinata quota (38,3%) di casi sia stato possibile effettuare tale diagnosi solo in corso di ricovero.

6 528 Recenti Progressi in Medicina, 93, 10, ) Per quanto riguarda gli interventi terapeutici, si è confermata la maggior frequenza delle procedure riperfusive rispetto a quelle non riperfusive e, tra le prime, delle procedure invasive rispetto a quelle non invasive. Ciò è ovviamente possibile solo nell ambito di grandi complessi ospedalieri dotati delle necessarie attrezzature 10,11. 3) I risultati ottenuti nei pazienti sottoposti a procedure invasive, confrontati con quelli ottenuti nelle procedure non invasive presso lo stesso Ospedale o nel complesso degli ospedali italiani, dimostrano la maggiore efficacia delle prime, sia in relazione al quoziente di letalità in corso di ricovero, sia per quanto riguarda la durata media della degenza 12. Bibliografia 1. Goldman L, Cook EF, Brand DA, et al. A computer protocol to predict myocardial infarction in Emergency Department patients with chest pain. N Eng J Med 1988; 318: Karlson BW, et al. Early prediction of acute myocardial infarction from clinical history, examination and electrocardiogram in the Emergency Room. Am J Cardiol 1991; 68: Lerdner DJ, Kannel WB. Patterns of coronary heart disease morbidity and mortality in the sexes: a 26 year follw-up in the Framingham population. Am Heart J 1996; 111: Wexler LF. Studies of acute coronary sindromes in women. Lessons for everyone (Editorial). N Engl J Med 1999; 341: Berger PB, Ellis SG, Holmes DR, et al. Relationship between delay in performing direct coronary angioplasty and early clinical outcome in patients with acute myocardial infarction. Circulation 1999; 100: Schiele R, Senges J. Acute myocardial infarction: selection of reperfusion strategies in the individual patient. Thromb Haemost 1999; 82 (s1): Parmely WW. Cost-effectiveness of reperfusion strategies. Am Heart J 1999; 138: (s1) Hagmann A, Amann W, Urban P, Pfisterer M. Treatment of acute myocardial infarction in Switzerland: is emergency PTCA more costly than thrombolysis? Schweiz Med Wochenschr 1999; 129: Cannon CP, Gibson CM, Lambrew CT, et al. Relationship of symptom-onset-to-ballon time and doorto-balloon time with mortality in patients undergoing angioplasty for acute myocardial infarction. JAMA 2000; 283: Ryan TJ, Anderson JL, Elliot MA, et al. ACC/AHA guidelines for the management of patients with acute myocardial infarction : executive summary and recommendation. Circulation 1999; 100: Merli M, Paleari G, Paino R. Aspetti organizzativi di un nuovo approccio alla terapia dell infarto miocardico acuto. In: Cardiologia Atti del 33 Convegno Internazionale del Dipartimento Cardiologico A. De Gasperis. Milano: Associazione Amici del Centro di Cardiologia e Cardiochirurgia A. De Gasperis, 2000: Ryan TJ, Ryan TJ Jr, Jacobs AK. Primary PTCA versus thrombolytic therapy: an evidence-based summary. Am Heart J 1999; 138: S96-S104. Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Paolo Salvini Viale Manlio Gelsomini, Roma

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