Stefano Vezzani. Scacchi e psicologia

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1 Stefano Vezzani Scacchi e psicologia

2 Messaggerie Scacchistiche Via Galvani Brescia ISBN Messaggerie Scacchistiche 2011 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta, immagazzinata in un sistema di archiviazione o trasmesso in qualsivoglia forma o mezzo elettronico, elettrostatico, magnetico, fotocopie, registrazioni o altro senza il previo permesso in forma scritta dell editore. Immagine di copertina: The Warped Chessboard (La scacchiera deformata) Sandro Del Prete Stampato a Rende (Cosenza) da Universal Book Srl. Luglio 2011

3 Indice Introduzione pag. 7 Capitolo 1. Talento e pratica deliberata 9 Capitolo 2. I bambini prodigio 17 Capitolo 3. L intelligenza 22 Capitolo 4. I Grandi Maestri 27 Capitolo 5. Il gioco alla cieca 35 Capitolo 6. Il gioco blitz e rapido 41 Capitolo 7. Le scacchiste 45 Capitolo 8. Personalità e motivazioni 53 Capitolo 9. Gli scacchi nelle scuole 59 Capitolo 10. Il cervello degli scacchisti 66 Conclusioni 71 Bibliografia 72 5

4 5 - Il gioco alla cieca L analisi si basa sulla visualizzazione delle posizioni, ed è strettamente legata alla capacità di giocare alla cieca, cioè senza guardare la scacchiera. Come scriveva Tarrasch nel 1893, una qualche parte di qualsiasi partita a scacchi è giocata alla cieca. Per esempio, ogni combinazione di cinque mosse è effettuata nella testa con la sola differenza che si è seduti di fronte alla scacchiera. Tarrasch aggiungeva: La visione dei pezzi di frequente disturba i calcoli. In effetti è ben noto che molti grandi giocatori preferiscono in alcuni momenti non guardare la scacchiera mentre giocano; ne sono esempi Shirov, Svidler e soprattutto Ivanchuk. La capacità di visualizzazione, e quindi di analisi, si sviluppa nel tempo. Quando si inizia a giocare si ha bisogno assoluto di vedere la scacchiera, ma in seguito il supporto sensoriale rappresentato dalla scacchiera diventa sempre meno necessario, fino a quando si riesce a giocare alla cieca; parallelamente la capacità d analisi aumenta. La progressiva indipendenza dalla percezione si verifica in tutti i campi, non solo negli scacchi: più si diventa esperti e meno il supporto sensoriale è necessario, fino a diventare quasi superfluo. Tutti sanno che Beethoven compose anche dopo essere diventato sordo, servendosi di una rappresentazione puramente mentale della musica; ci riuscì grazie alla sua enorme esperienza musicale. Un altro esempio è quello dei maestri d abaco orientali. L abaco è ancora utilizzato in certi paesi asiatici e ci sono persone estremamente esperte nel suo uso. Tali persone sono in grado di memorizzare sequenze di numeri molto più lunghe rispetto a una persona normale, e ci riescono servendosi di un abaco mentale, di natura visuo-spaziale 40. Capacità di questo tipo sono alla portata di chiunque si prenda la briga di diventare esperto in un certo campo, eppure i non esperti le considerano miracolose, inesplicabili e quindi segni sicuri di un dono rarissimo e innato. Philidor sbalordì il mondo quando, nel 1744, giocò due partite alla cieca simultaneamente, tant è che della sua impresa si parlò perfino nell Encyclopedie di Diderot e D Alembert, e molti si chiesero se altri sarebbero mai stati in grado di ripetere quell impresa. Oggi però centinaia o migliaia gli scacchisti italiani saprebbero fare almeno altrettanto, e nessuno dubita, dato il loro numero, che vi riescano in virtù della propria esperienza. Eppure anche una capacità così comune tra gli esperti continua ad ap- 40 Tanaka e coll. (2002). 35

5 parire stupefacente a chi non sa giocare. A cosa è dovuto l incremento, con l esperienza, della capacità di visualizzazione? Vi sono ottime ragioni per pensare che esso sia determinato, almeno in buona parte, da un aumento della conoscenza scacchistica. Per esempio, per studiare il gioco alla cieca Saariluoma (1991) lesse a giocatori di varia forza le mosse di tre partite (una mossa e una partita per volta) e il compito dei soggetti era ricostruire la posizione su una scacchiera una prima volta dopo che erano state lette 15 mosse e una seconda dopo che ne erano state lette 25. Le mosse di una delle partite erano normali, quelle della seconda erano legali ma del tutto casuali (le prime erano 1. a4 h6 2. b4 a5 3. g4) e quelle della terza erano non solo casuali, ma anche illegali, cioè non rispettavano le regole degli scacchi (per cui, ad esempio, un Alfiere poteva essere mosso da c1 a b1). Si trovò che la capacità di ricostruire la posizione era massima nella partita normale, minore in quella con mosse legali ma casuali e minima in quella con mosse illegali (i soggetti più forti erano migliori in tutti i tre tipi di partita, anche se in quella con mosse illegali la differenza era molto piccola). Questi risultati possono essere spiegati solo dall esperienza: la capacità di seguire una partita alla cieca era tanto migliore quanto più quella partita, e le posizioni raggiunte, erano simili a partite e posizioni già note. Naturalmente ciò va messo in relazione con quanto si è detto nel capitolo precedente a proposito dei chunk. Se da un lato l abilità scacchistica migliora la capacità di giocare alla cieca, dall altro pare che a sua volta il gioco alla cieca migliori l abilità scacchistica. Molti forti giocatori e allenatori, come lo psicologo e Grande Maestro Nikolai Krogius (1976), raccomandano di praticare gli scacchi alla cieca per perfezionare la propria capacità d analisi. Il Grande Maestro J. Tisdall sostiene che analizzando posizioni senza l aiuto di una scacchiera si può aumentare di molto il proprio livello di gioco, tant è che lui stesso è riuscito a diventare Grande Maestro grazie a questo tipo di allenamento, e ci informa che tra un torneo e l altro Alexander Beliavsky rigioca e analizza alla cieca almeno 5 partite al giorno 41. È interessante che anche la conoscenza perfetta della scacchiera sembra essere molto utile nell analisi; essa, infatti, va di pari passo con la forza di gioco: più l elo è elevato e più si è veloci nel dire, senza guardare, di che colore è una certa casa, ad esempio c7. Inoltre, solo i giocatori molto forti vedono il colore della casa direttamente, senza nessuno sforzo, mentre gli altri devono risalirvi con qualche strategia particolare 42. Già Emanuel Lasker (1932) era ben consapevole di ciò: È importante che chi studia gli scacchi conosca la scacchiera molto accuratamente; egli dovrebbe essere in grado di visualizzare ogni casa nella sua posizione particolare così come le sue relazioni con le case confinanti [ ] Lo studente dovrebbe tentare di acquisire l abitudine 41 Tisdall (1997). 42 Saariluoma (1991). 36

6 di nominare le case e di visualizzare la loro posizione. Ci sono molti giocatori di scacchi che falliscono soltanto per la loro incapacità di padroneggiare questo compito geometrico, non sospettando il suo valore 43. Di che natura sono le immagini mentali di cui ci si serve nel gioco alla cieca e nell analisi? Viene spontaneo pensare che quanto più la scacchiera e i pezzi mentali sono simili alla scacchiera e ai pezzi reali tanto più facile sia usarli mentalmente per analizzare con precisione. Dunque, quanto più il giocatore è forte tanto più concreta e vicina al vero dovrebbe essere la sua rappresentazione mentale della scacchiera e dei pezzi. Pare invece che si verifichi proprio il contrario: la rappresentazione mentale delle posizioni è molto concreta nei principianti, e si fa sempre più astratta man mano che si diventa esperti, fino a non conservare quasi più niente di autenticamente visivo nei giocatori molto forti, tanto che si continua a parlare di visualizzazione solo per mancanza di un termine migliore. Per esempio, i pezzi non hanno né un colore né una forma ben definiti; di essi vengono soprattutto visualizzate le potenzialità d azione, le case che controllano, i pezzi che attaccano, etc. Il Cavallo non ha la forma di un Cavallo, e non è nemmeno di colore bianco o nero, ma è solo un entità che può muoversi saltando alcuni pezzi e minacciandone altri 44. Ciò è ben espresso da V. Nabokov, il quale nel romanzo La difesa di Luzin scrive a proposito del Grande Maestro suo protagonista: Giocando alla cieca [ ] non vedeva né la criniera tornita del Cavallo né le testine lustre dei pedoni, ma percepiva nettamente che questa o quella casella immaginaria era occupata da una forza precisa e concentrata, di modo che il movimento di un pezzo gli si presentava come una scarica, una scossa, un colpo di fulmine 45. Alfred Binet (1894) fu il primo psicologo a studiare gli scacchi alla cieca, in un lavoro rimasto classico a cui parteciparono, tra gli altri, Tarrasch, Blackburne e Janowski. Binet partì dall ipotesi che le immagini mentali dei giocatori alla cieca fossero molto concrete, fotografiche, ma dovette ricredersi completamente. Trovò, in generale, quanto si è detto sopra, e cioè che nei giocatori al di sopra di un certo livello la rappresentazione dei pezzi e della scacchiera era astratta. 43 Che questo fattore, forse inaspettatamente, sia rilevante sembra confermato da un altro piccolo fatto. In genere si riesce a giocare alla cieca soltanto dopo una lunga pratica di gioco, ma lo psicologo K. M. Dallenbach (1917) riferisce di essere stato in grado di giocare la sua prima partita di questo tipo dopo sole sei settimane dall aver imparato a muovere i pezzi. Questo notevole risultato deve essere probabilmente messo in relazione col fatto che Dallenbach era un forte giocatore di dama, per cui conosceva molto bene la scacchiera. 44 Naturalmente il giocatore esperto può visualizzare le posizioni in modo molto concreto, se vuole, ma non lo fa quando è assorto nell analisi. 45 Nabokov (1964/2001). 37

7 Un soggetto di Binet cercò di trasferire su carta la sua esperienza, come illustrato nella figura che segue. Il diagramma mostra la posizione reale, il disegno è un tentativo di rappresentare graficamente l immagine mentale che il soggetto se ne formava mentre analizzava alla cieca vVvQvVvZ6 4VvVvVvVx6 4vVvWvVxV6 4VvVwVvVv6 4vVvXvVvV6 4VvDtVvVp6 4pVvVvVpV6 4RvAtVvVv Si noti che la case non si distinguono per il colore, e che i pezzi non sono rappresentati; vi sono solo linee di forza che escono da essi. Il lettore, almeno se è un giocatore esperto, può provare a controllare da sé se quanto si è detto è vero. Deve però prendere la precauzione di non immergersi in un analisi alla cieca con l intenzione di controllare la natura delle proprie immagini mentali, perché in tal caso queste ultime potrebbero avere un aspetto molto concreto; piuttosto, dovrebbe servirsi di quella che un tempo veniva chiamata retrospezione (per distinguerla dall introspezione, che ha necessariamente per oggetto un esperienza presente, del momento): dovrebbe cioè tentare di ricordare le caratteristiche delle proprie immagini mentali immediatamente dopo aver terminato un analisi in cui si è immerso spontaneamente. Dovrà allora chiedersi se la Donna bianca gli appariva veramente bianca, o se i Cavalli avevano davvero la forma di cavalli. Molti lettori potranno pensare che per comprendere la natura delle immagini mentali di cui si servono gli scacchisti non si possa far altro che chiedere agli interessati di descriverle, ma non è così. Al tempo di Binet si chiedeva semplicemente ai soggetti un resoconto delle proprie esperienze, ma oggi la psicologia preferisce metodi sperimentali che procurano dati oggettivi. Ad esempio, Milojkovic (1982) mostrò ai suoi soggetti (parecchi giocatori deboli e un Grande Maestro) diapositive di posizioni che contenevano tre soli pezzi: una Torre e un Alfiere bianchi e una Donna nera. L Alfiere e la Torre potevano catturare la Donna e potevano essere catturati da essa. Le distanze tra i pezzi potevano variare, e ciò era molto importante. Dopo ogni esposizione, la scacchiera veniva rimossa e compariva un istruzione su quale mossa i soggetti avrebbero dovuto visualizzare, ad es. DxA. Subito dopo aver visualizzato la nuova posizione, i soggetti 38

8 dovevano premere un pulsante 46 ; il tempo intercorso tra la comparsa dell istruzione e il momento in cui il pulsante veniva premuto era il tempo di reazione dei soggetti. Milojkovic trovò che i giocatori deboli avevano un tempo di reazione proporzionale alla distanza tra i pezzi, superiore quindi quando la distanza tra D e A era di cinque case rispetto a quando era di una soltanto. I tempi di reazione del Grande Maestro, invece, erano indipendenti dalla distanza tra i pezzi. Milojkovic ne dedusse che le immagini mentali del Grande Maestro erano più astratte di quelle dei giocatori meno abili, perché erano indipendenti dalle caratteristiche fisiche, come appunto la distanza tra i pezzi, delle posizioni che erano state mostrate. Milojkovic riuscì così a chiarire con un metodo oggettivo la natura delle immagini mentali degli scacchisti. Il fatto che le immagini mentali siano tanto più astratte quanto più lo scacchista è esperto è, probabilmente, una forma di economia mentale: rappresentarsi con precisione caratteristiche come la forma dei pezzi consuma risorse mentali (è faticoso), e visto che tali risorse sono limitate ne restano poche da utilizzare per l analisi; man mano che le immagini mentali si fanno più essenziali rimangono disponibili più risorse e l analisi può dunque diventare più accurata. Questa è probabilmente una regola generale: con la pratica, in un compito qualsiasi, si apprende a elaborare solo l informazione rilevante per il compito 47. C è un altro fatto che conferma che le rappresentazioni mentali degli scacchisti competenti sono astratte. Capita occasionalmente di giocare con pezzi di forma non standard, ma ciò disturba molto poco un giocatore esperto, dopo qualche minuto di adattamento. Il Maestro Internazionale William Harston riferisce che, per quanto lo riguarda, giocando con pezzi non-standard all inizio della partita c è una sensazione di scarsa familiarità e di confusione, ma non appena si inizia a giocare la forma dei pezzi viene totalmente ignorata e diventa irrilevante per la percezione della posizione Dopo che i soggetti avevano premuto il pulsante, veniva mostrata una nuova posizione, che poteva essere quella che derivava dalla cattura o una posizione leggermente diversa, e i soggetti dovevano decidere se la nuova posizione era corretta o scorretta. Ai soggetti era stato detto che lo sperimentatore era interessato a quest ultima decisione, mentre a Milojkovic interessava solo sapere quanto tempo ci mettevano i soggetti a formarsi un immagine mentale e quindi a premere il pulsante. 47 Haider e Frensch (1996). 48 Harston e Wason (1983). 39

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