L Italia e l euro: anno zero

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1 ITALY-JAPAN BUSINESS GROUP L Italia e l euro: anno zero Intervento di Fabrizio Saccomanni Direttore Centrale per le Attività Estere della Banca d Italia Bergamo, 9 ottobre 2002

2 Indice 1. INTRODUZIONE L EURO E LA STABILITÀ MONETARIA L EURO E L INTEGRAZIONE FINANZIARIA EUROPEA CONCLUSIONI...11

3 1. Introduzione Le banconote e le monete in euro sono state introdotte da poco meno di un anno, ma già dal gennaio 1999 undici paesi (un dodicesimo si è aggiunto due anni dopo) hanno una moneta unica e un unica politica monetaria, di cui è responsabile l Eurosistema, l organismo sovranazionale costituito dalla Banca centrale europea (BCE) e dalle banche centrali nazionali di questi paesi. Ancor prima, era stata raggiunta nei paesi membri la convergenza dei fondamentali macroeconomici richiesta dal Trattato di Maastricht ed erano stati messi a punto nuovi strumenti e procedure per l attuazione della politica monetaria, indispensabili per il passaggio all euro. L adozione della moneta unica costituisce un momento fondamentale nel processo di completamento del Mercato unico. La sostituzione delle monete nazionali con l euro ha consentito di eliminare l incertezza dovuta alle oscillazioni dei tassi di cambio e di rimuovere così l ultimo ostacolo alla piena libertà di scambio. Il mantenimento della stabilità dei prezzi, obiettivo primario dell Eurosistema, costituisce il prerequisito per uno sviluppo sostenibile del reddito; è principalmente garantendo questa condizione che la politica monetaria può contribuire al perseguimento dell obiettivo più generale dell Unione europea di promuovere il progresso economico e sociale e un elevato livello di occupazione. Un bilancio sugli effetti dell adozione della moneta unica, pertanto, non può limitarsi all analisi della congiuntura più recente, ma deve al contrario porsi in una duplice prospettiva, da una parte rivolta al percorso che ha reso possibile questo radicale cambiamento di regime, dall altra proiettata sugli sviluppi futuri, non necessariamente immediati. Alcuni importanti effetti dell introduzione della nuova moneta, infatti, si sono osservati già prima del gennaio 1999, altri si sono manifestati negli anni successivi, altri ancora si dispiegheranno pienamente soltanto nel più lungo periodo. È un bilancio che vorrei sviluppare su due principali linee di riflessione. La 3

4 prima riguarda la politica monetaria dell Eurosistema, i suoi obiettivi, le difficoltà affrontate in questi anni, i risultati conseguiti in termini di stabilità monetaria. La seconda concerne gli effetti dell introduzione dell euro sul grado di integrazione e di sviluppo dei mercati monetari e finanziari europei. 2. L euro e la stabilità monetaria La politica monetaria dell Eurosistema ha per obiettivo primario la stabilità dei prezzi, definita come un aumento medio annuo dell indice armonizzato dei prezzi al consumo inferiore al 2 per cento, da conseguire nel medio termine. Da questa definizione di stabilità deriva che sia l inflazione sia la deflazione sono patologie da contrastare. Per conseguire la stabilità dei prezzi, l Eurosistema si avvale di una strategia che, tenendo conto della complessità dei fattori che influenzano l inflazione, incorpora più schemi teorici e modelli econometrici di riferimento. Essa si basa sull analisi dell andamento della moneta (in particolare dell ampio aggregato monetario di riferimento M3) e di un ricco insieme di altri indicatori, reali e finanziari, sull andamento recente e prospettico dell economia. Questa analisi comporta necessariamente un elemento di giudizio; spetta quindi al Consiglio direttivo della BCE esercitare la discrezionalità nella valutazione dell adeguatezza della politica monetaria. Non vi sono meccanismi automatici di aggiustamento in relazione agli andamenti dei prezzi e degli aggregati monetari. Dall inizio dell unione monetaria l inflazione dell area dell euro è stata pari, in media, al 2,1 per cento e si è collocata al di sopra del 2 per cento in circa la metà dei mesi compresi in questo periodo (con un massimo del 3,4 per cento nel maggio dello scorso anno). Questi dati potrebbero a prima vista indurre a ritenere che l obiettivo primario dell Eurosistema non sia stato conseguito. Un esame più attento 4

5 dell andamento delle principali variabili economiche negli ultimi anni, tuttavia, smentisce questa impressione. L economia dell area è stata esposta a una serie di shock con un forte potenziale inflazionistico. Tra il gennaio 1999 e il novembre del 2000 il tasso di cambio dell euro ha subito un marcato deprezzamento nei confronti del dollaro. Nello stesso periodo si è registrato un brusco e continuo aumento del prezzo del petrolio. Come risultato della combinazione dei due fenomeni, le quotazioni petrolifere espresse in euro sono quasi quadruplicate, passando (in base alle medie mensili) da poco meno di 10 euro a 38 euro per barile. Tali andamenti si sono riflessi sui prezzi al consumo dell area sia in maniera immediata, attraverso il rincaro dei prodotti energetici, sia indirettamente, mano a mano che gli effetti di quegli aumenti si trasmettevano alle varie fasi della catena produttiva. Nel frattempo, durante il 2001, l economia dell area veniva colpita da un ulteriore shock ai prezzi dei beni alimentari, determinato dalle emergenze sanitarie che hanno interessato gli allevamenti di bestiame in diversi paesi dell area (l epidemia della mucca pazza ). Al fine di evitare che gli shock appena descritti avessero un effetto durevole sulle aspettative inflazionistiche degli agenti economici, il Consiglio direttivo della BCE ha aumentato a più riprese i tassi ufficiali: tra il novembre 1999 e l ottobre del 2000 il tasso di rifinanziamento è stato innalzato di 2,25 punti percentuali, al 4,75 per cento. L azione della politica monetaria ha consentito di salvaguardare la moderazione salariale e di mantenere su livelli contenuti l inflazione al netto delle componenti più variabili (alimentari freschi e beni energetici), che tra il gennaio 1999 e l agosto del 2002 si è collocata in media all 1,7 per cento. L andamento delle aspettative sull inflazione a lungo termine conferma che la credibilità della politica monetaria non è mai stata messa in dubbio. Indicazioni su 5

6 tali aspettative possono essere ricavate sia indirettamente dalle variabili finanziarie (in particolare dalla differenza tra i rendimenti nominali e quelli indicizzati su alcune tipologie di titolo di Stato), sia direttamente dai sondaggi di opinione presso gli operatori economici. Entrambe le fonti indicano che dall inizio del 1999 a oggi le attese sull inflazione di lungo periodo nell area dell euro sono state, in media, inferiori al 2 per cento. La più recente indagine disponibile, quella di Euro Zone Barometer dello scorso settembre, indica un aspettativa di inflazione per il 2006 pari all 1,8 per cento. È infine necessario riportare su un piano di chiarezza e di rigore il recente dibattito sugli effetti del passaggio all euro. I forti rincari osservati nei primi mesi dell anno in alcuni comparti del settore dei servizi (ad esempio quello della ristorazione), nel nostro e in altri paesi dell area, sono probabilmente da mettere in relazione con la sostituzione del contante. A livello aggregato, tuttavia, l evidenza disponibile indica che l impatto è stato molto modesto: secondo stime dell Eurostat esso avrebbe contribuito per meno di 0,2 punti percentuali all aumento registrato dall indice armonizzato dei prezzi al consumo dell area nel primo semestre del 2002 (1,4 per cento rispetto al semestre precedente); sulla base dei dati aggregati finora disponibili, in Italia l impatto sarebbe stato lievemente superiore. In quasi tutti i paesi dell area la percezione da parte dei consumatori è stata di un inflazione molto maggiore di quella misurata dalle statistiche ufficiali. Ciò ha riflesso verosimilmente la difficoltà di valutare correttamente l aumento medio dei prezzi a fronte di forti rincari di specifici beni e servizi, alcuni dei quali (alimentari, giornali, servizi dei pubblici esercizi) acquistati molto frequentemente. Va notato, al riguardo, che alcuni di questi rincari sono in gran parte indipendenti dal passaggio all euro, come nel caso dei beni alimentari freschi, i cui prezzi hanno risentito di fattori meteorologici sfavorevoli. Le prospettive a breve termine confermano il graduale riassorbimento delle tensioni sui prezzi manifestatesi nei primi mesi dell anno. Si prevede che l inflazione dell area (pari al 2,1 per cento in agosto) continui a oscillare intorno al 2 per cento nei prossimi mesi e che torni stabilmente al di sotto di questa soglia nel corso del prossimo 6

7 anno. 3. L euro e l integrazione finanziaria europea L introduzione dell euro ha dato un forte impulso al processo di integrazione monetaria e finanziaria europea. Il complesso degli strumenti e delle procedure per l attuazione della politica monetaria si è fondato sull accentramento nel Consiglio direttivo della BCE delle funzioni politico-strategiche e sul decentramento alle banche centrali nazionali delle funzioni esecutive. Questa struttura ha operato efficacemente anche grazie al sostegno di nuovi sistemi informatici. Essa ha consentito di fornire al mercato segnali chiari sulla stance corrente della politica monetaria. Essa ha consentito soprattutto di governare, attraverso il mercato, le condizioni monetarie in un area molto vasta e caratterizzata da difformità nei fattori di creazione e di assorbimento di liquidità, dovute ad esempio alle operazioni effettuate dai Tesori nazionali. Si è assicurata la convergenza dei rendimenti a breve, e quindi la sostanziale unicità delle condizioni monetarie in tutta l area dell euro, da Lisbona ad Atene, da Helsinki a Roma. Ciò è stato realizzato grazie al buon funzionamento del sistema di regolamento lordo in tempo reale TARGET, attraverso cui transitano larga parte dei flussi volti a colmare eccessi e carenze di fondi nei sistemi bancari nazionali. Per avere un idea della dimensione dei flussi intermediati e della numerosità delle transazioni sottostanti basterà citare gli ultimi dati disponibili: nel secondo trimestre di quest anno, si è registrata su TARGET una media giornaliera di oltre pagamenti transfrontalieri (cross border), corrispondenti a un valore di 489 miliardi di euro. La quota dei pagamenti interbancari sul totale dei pagamenti transfrontalieri è stata pari al 96 per cento in valore e al 54 per cento in volume. Il processo di standardizzazione e integrazione del mercato monetario 7

8 dell area si è già compiuto pienamente in alcuni segmenti del mercato, come quello dei prestiti non garantiti e degli swap; ha invece fatto progressi minori in altri comparti, come quello dei pronti contro termine e dei titoli a breve termine (buoni del Tesoro, carta commerciale e certificati di deposito) nei quali le transazioni sono state sinora orientate essenzialmente al versante domestico. Ciò può essere messo in relazione con le differenze nelle prassi di mercato e nel quadro normativo e fiscale. La politica monetaria unica influisce sulla struttura e sull ampiezza del mercato obbligazionario dell euro. Questo fornisce la materia prima per l esercizio della politica monetaria in quanto tutte le operazioni di creazione di liquidità dell Eurosistema devono essere assistite da garanzie in titoli. L Eurosistema ha individuato un ampio ventaglio di titoli obbligazionari sia pubblici sia privati che possono essere utilizzati a fini di garanzia e ritiene una priorità essenziale per la condotta della politica monetaria che vi sia un mercato di titoli denominati in euro efficiente, spesso e liquido. Questo interesse è condiviso non solo dai governi ma anche dagli altri emittenti, ossia le banche, gli intermediari finanziari, le imprese, che possono accedere ai finanziamenti a più lungo termine e a tasso fisso con maggiore facilità e a condizioni più vantaggiose, ora che il venir meno delle segmentazioni valutarie ha aperto un mercato di dimensioni potenzialmente comparabili a quello degli Stati Uniti. L effetto dell introduzione della moneta unica sul mercato dei titoli obbligazionari denominati in euro è stato notevole: ne ha aumentato il grado di integrazione, lo spessore e la liquidità. Sulla base di statistiche comparabili per tutti i paesi dell area disponibili per il biennio , le consistenze di titoli in euro emesse da residenti dell area sono cresciute in media del 7 per cento all anno. L incremento è stato particolarmente elevato (26 per cento annuo, in media) per i titoli emessi dalle imprese, il cui ricorso a questa forma di finanziamento è stato sospinto dall intensa attività di fusione e acquisizione, in particolare nel settore delle telecomunicazioni. 8

9 Lo spessore e la liquidità del mercato delle obbligazioni in euro ha attirato un numero crescente di emittenti esteri: nel secondo trimestre del 2002, la quota delle obbligazioni in euro sul totale delle obbligazioni internazionali era salita al 39 per cento, al secondo posto dopo la quota del dollaro (45 per cento) e di gran lunga superiore a quella dello yen (6 per cento). Sono ora stabilmente presenti sul mercato obbligazionario in euro emittenti corporate come General Motors, General Electric, Ford, JPMorgan, Tokyo Electric Power Co., Petronas, British Telecom, oltre ad un vasto numero di emittenti sovrani dell Europa orientale e del nord e sud America. Anche le imprese italiane si sono avvantaggiate delle opportunità offerte dal mercato obbligazionario internazionale. Tra la fine del 1998 e quella del 2001 la quota delle obbligazioni internazionali sui collocamenti totali delle imprese non finanziarie italiane è aumentata dal 37 all 88 per cento; più di due terzi delle 36 imprese che hanno utilizzato questo mercato lo hanno fatto in questi anni per la prima volta. Rispetto alle imprese presenti sull euromercato prima del 1999, le imprese nuove entrate hanno in media un fatturato minore ed effettuano collocamenti di ammontare inferiore; tra di esse è minore l incidenza delle imprese quotate in borsa, dotate di rating da parte di un agenzia indipendente e appartenenti ai settori tradizionali. Il loro ingresso è stato favorito dalla presenza di banche italiane nei sindacati di collocamento. Le emissioni nette di obbligazioni a medio e a lungo termine effettuate da banche e imprese italiane hanno continuato a crescere a un ritmo molto elevato anche nel 2001 (79,5 per cento rispetto all anno precedente), a fronte di una flessione del 3,4 per cento nel complesso dell area. Gran parte delle emissioni effettuate da imprese non finanziarie è riconducibile a operazioni di elevato importo unitario di aziende del settore delle telecomunicazioni, per allungare la durata media del debito. È quasi triplicato il valore delle emissioni lorde di titoli obbligazionari effettuate da società italiane a fronte di operazioni di cartolarizzazione dei crediti. La quota italiana nel 9

10 mercato di questo tipo di titoli che negli anni recenti ha registrato uno sviluppo considerevole anche negli altri paesi europei ha raggiunto il 22,2 per cento, inferiore solo a quella del mercato britannico. Le autorità monetarie e finanziarie europee sono state tuttavia ben consapevoli che l introduzione dell euro, pur dando un forte impulso all integrazione finanziaria, non sarebbe stata di per sé sufficiente a creare un mercato unico dei servizi finanziari. Già nel 1999 venne elaborato un Piano d azione per i servizi finanziari che individuava un complesso di 42 direttive da introdurre per realizzare un mercato finanziario pienamente integrato nella dimensione all ingrosso (wholesale) e altamente concorrenziale, efficiente e sicuro nelle sue articolazioni al dettaglio (retail). Il Consiglio Europeo di Lisbona del 2000 ha approvato al massimo livello politico il Piano d azione, fissando al 2005 la data per la realizzazione dei suoi obiettivi. Nonostante la realizzazione di più della metà delle misure previste dal Piano d azione il risultato di un mercato finanziario pienamente integrato è ancora lontano dall essere realizzato. Permangono barriere legali e regolamentari che impediscono di fornire in maniera efficiente servizi finanziari in più paesi dell Unione; il mercato al dettaglio è ancora caratterizzato da una segmentazione nazionale e da costi dei pagamenti transfrontalieri molto più elevati di quelli dei corrispondenti pagamenti domestici; nel mercato all ingrosso, dove è stato raggiunto un livello notevole di integrazione, gli operatori superano gli ostacoli rimanenti sopportando costi elevati, che vengono trasferiti su consumatori e imprese. Il Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002 ha confermato l obiettivo della realizzazione di un mercato unico dei servizi finanziari per il 2005, fissando al 2003 la data per la piena integrazione dei mercati dei titoli e del capitale di rischio. In quella sede si è ancora una volta sottolineato come l integrazione del mercato finanziario sia un fattore cruciale nel processo di realizzazione di un economia europea più dinamica, caratterizzata da crescita e occupazione elevate. Grazie alla concorrenza derivante da una maggiore integrazione, i consumatori 10

11 beneficerebbero di prezzi inferiori e prodotti di qualità superiore, gli investitori di rendimenti più elevati, le imprese, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni, di maggiori opportunità di accesso al credito e di costi del finanziamento più contenuti. Ne deriverebbero più investimenti, più progresso tecnico, una più elevata produttività. Secondo un recente studio la maggiore integrazione potrebbe tradursi in un incremento del tasso di crescita annuo del PIL nell ordine di 0,5 punti percentuali. 4. Conclusioni economica recente. Vorrei svolgere, prima di concludere, alcune considerazioni sull evoluzione Il Prodotto interno lordo (PIL) dell area dell euro, dopo essere cresciuto del 2,8 per cento nel 1999 e del 3,5 nel 2000, ha rallentato bruscamente lo scorso anno, quando è cresciuto soltanto dell 1,5 per cento. La decelerazione si è accentuata nel 2002: per il complesso dell anno, secondo le recenti previsioni del Fondo monetario internazionale, la crescita sarà pari allo 0,9 per cento. Anche in Italia l attività ha rallentato bruscamente nel 2001 (quando la crescita è scesa all 1,8 per cento, dal 2,9 dell anno precedente). La decelerazione si è accentuata quest anno: secondo le previsioni del governo, nel 2002 l incremento del PIL nel nostro paese sarà soltanto dello 0,6 per cento. L indebolimento delle condizioni economiche nell area e in Italia ha in larga parte riflesso l indebolimento della congiuntura internazionale. Il rincaro del petrolio nel 2000, l arresto della lunga espansione negli Stati Uniti, il deterioramento economico del Giappone hanno frenato il commercio mondiale, riflettendosi sulle esportazioni dell area e indirettamente sulla domanda interna. Ai segnali di una possibile ripresa emersi nel corso dell estate del 2001 ha fatto seguito, dopo gli attacchi terroristici dell 11 settembre, un nuovo peggioramento del quadro 11

12 congiunturale e un acuirsi dell incertezza, anche in relazione agli andamenti negativi delle maggiori borse azionarie. La crescita, sia nell area che in Italia, è stata negativa nel quarto trimestre del 2001 ed è tornata a crescere a ritmi positivi ma molto modesti nei primi due trimestri di quest anno. Nel corso del 2002 il tasso di cambio dell euro ha registrato un significativo apprezzamento nei confronti del dollaro, recuperando in parte le forti perdite subite nei primi due anni dell Unione monetaria. Anche in questa fase il tasso di cambio tra le due monete ha risentito delle valutazioni degli operatori sulla solidità relativa delle due aree economiche; mentre negli anni precedenti aveva prevalso la convinzione che l economia statunitense godesse, al di là del temporaneo rallentamento congiunturale, di condizioni strutturali molto più favorevoli, gli sviluppi del periodo recente ne hanno evidenziato importanti elementi di squilibrio e di fragilità finanziaria, inducendo a una maggiore prudenza nella valutazione delle sue potenzialità di espansione. Nel corso del 2001, in un contesto caratterizzato da rischi di inflazione decrescenti, il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di ridurre i tassi di riferimento in quattro occasioni, per complessivi 1,5 punti percentuali. Dopo l ultima variazione, dell 8 novembre 2001, il tasso minimo di offerta applicato alle operazioni di rifinanziamento, è stato mantenuto invariato al 3,25 per cento. Per il 2003, secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale (coincidenti per il nostro paese con quelle del governo), il tasso di crescita del PIL si riporterebbe al 2,3 per cento sia nell area dell euro che in Italia. Nel più lungo periodo, il potenziale di crescita dipenderà da una serie di fattori, in primo luogo dall attuazione di riforme miranti a migliorare il funzionamento dei mercati. * * * Vorrei ora concludere, tirando le fila del ragionamento fin qui svolto. Con la moneta unica l Unione Europea ha già colto importanti risultati, realizzando gli 12

13 obiettivi che si era data e ponendo le basi che potranno consentire altri importanti progressi negli anni a venire. È stata garantita, con una politica monetaria attenta, la stabilità dei prezzi: a fronte di spinte sui prezzi intense, persistenti e fortemente concentrate nel tempo, si è riusciti a evitare che si producessero spirali inflazionistiche. L introduzione della moneta unica ha rafforzato il Mercato unico, rimuovendo l ostacolo fondamentale alla piena libertà di scambio rappresentata dalla presenza di oscillazioni tra i tassi di cambio. La piena realizzazione dell Unione monetaria pone tuttavia nuove sfide. Per ampliare il potenziale di crescita dell attività è indispensabile procedere sulla strada delle riforme strutturali, favorendo la crescita della competitività nei mercati dei beni e dei servizi. In alcuni paesi, tra cui il nostro, deve essere completato il risanamento delle finanze pubbliche, ponendo rimedio per tempo agli squilibri derivanti dagli andamenti demografici. È necessario che l integrazione del mercato finanziario, già pienamente compiuta in alcuni settori, progredisca anche nei segmenti per i quali si è sinora realizzata in misura inferiore. L Unione europea ha avviato politiche finalizzate a fronteggiare queste sfide. Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha sottolineato il ruolo che le riforme strutturali possono avere nel favorire la crescita e l occupazione. Negli anni recenti è diminuita la percentuale di direttive relative al mercato interno non ancora adottate dagli Stati membri; è stato adottato lo Statuto della società europea, che consente alle imprese di costituire società operanti in tutta l Unione ai sensi di una normativa comunitaria applicabile direttamente in tutti gli Stati membri; si sono registrati progressi nel campo delle riforme dei mercati, in particolare con le modifiche della regolamentazione in taluni settori dei servizi a rete e con le riforme dei mercati del lavoro attuate da alcuni paesi dell area. Questi progressi, tuttavia, rimangono parziali e disomogenei tra paesi. Come ho ricordato, l integrazione dei mercati finanziari ha fatto notevoli 13

14 progressi negli anni recenti; i segmenti del mercato monetario essenziali per la conduzione della politica monetaria e la redistribuzione della liquidità nell area dell euro sono già pienamente integrati; grazie allo sviluppo del mercato obbligazionario europeo si sono accresciute le opportunità di investimento e di finanziamento. Rimangono tuttavia ostacoli alla piena integrazione del mercato finanziario che ne riducono l efficienza, restringono la gamma dei servizi, ne aumentano i costi. L impegno per la realizzazione di questi obiettivi si avvale di un forte sostegno politico da parte delle autorità monetarie dei paesi dell Unione Europea e della Commissione Europea. Importanti progressi sono stati già realizzati per razionalizzare e semplificare le procedure di regolamentazione e di supervisione dei mercati finanziari europei al fine di accrescerne l efficienza e garantirne la stabilità. Molto lavoro resta da fare, ma molto è stato fatto. E se il 2002 è stato l anno zero per le nuove banconote in euro, esso è stato anche un anno che ha visto progredire con decisione il processo già ben avviato di integrazione monetaria e finanziaria in Europa. 14

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